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La plebe, parte IV - 09

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  — Parli dunque Lei primo, Padre reverendo. Esponga il _credo_ che io
  dovrei avere, perchè i miei congiunti si risolvessero a fare il loro
  dovere: quello di riparare ad un infame delitto onde mi fecero vittima.
  Io le dirò di poi se potrò giurare in quelle _verba magistri_.
  — Ahi! pensò il gesuita: egli è orgoglioso al par di Satana.
  Assunse il contegno più umile e più benigno che e' potesse, congiunse le
  mani, levò gli occhi al soffitto, come per cercare ispirazione dal Cielo
  e cominciò:
  — Quantunque sia la prima volta che noi ci troviamo fronte a fronte, io
  è già da qualche tempo che ho imparato a conoscervi ed apprezzarvi.
  Era una piccola bugia; ma secondo la morale gesuitica l'onestà del fine
  giustificava agli occhi del frate la lieve colpa del mezzo.
  — Che! esclamò Maurilio stupito. Ella mi conosceva?
  Padre Bonaventura confermò con un cenno e con un sorriso il suo detto, e
  continuò:
  — Vi conosco, e noi, che c'interessiamo per tutti quelli che hanno un
  vero valore, che li amiamo più degli altri fratelli nostri in Gesù
  Cristo, vi seguitiamo con isguardo pieno di cura e di sollecitudine,
  deplorando le vostre tendenze e pregando Iddio perchè vi guidi sopra
  sentiero migliore. Voi siete generoso e volete il bene, lo so; ma alla
  vostra età, colla vita che avete vissuto, non si può scerner ancora con
  fondamento, quale sia il bene reale del genere umano; non si conoscono
  tuttavia gli uomini, non si è abbracciato con vista complessiva tutto
  l'organismo degli ordini sociali, per giudicare che cosa al governo di
  questi uomini convenga; si va più facilmente dietro a smaglianti chimere
  che alla meno splendida, ma soda realtà, solo efficace. Anzi per
  provvidenziale decreto di Dio che vuole l'intelligenza umana riconosca
  la sua debolezza, quando abbandonata a sè, l'audacia, la temerità
  giovanile fa scorgere il bene ed il vero nelle strade che nuove sembrano
  aprirsi allo spirito umano. Si crede un generoso impulso il disconoscere
  ciò che è insegnato dall'esperienza del passato, dall'autorità della
  tradizione, ciò che posa sulla base inconcussa della divina rivelazione.
  Ma voi, da quanto io ho potuto apprendere, avete troppo talento per
  ostinarvi a chiudere gli occhi alla luce, quando questa vi sia fatta
  splendere dinanzi....
  Maurilio schiuse la bocca ad un suo sorriso pieno di sì fina ironia, che
  il frate s'interruppe, e mettendo con mossa affettuosa una mano sulle
  ginocchia del giovane, soggiunse con paterna bonarietà:
  — Vedo sulle vostre labbra la punta d'un'obbiezione. Parlate, parlate
  pure liberamente, chè qui siamo per leggerci a vicenda l'uno dell'altro
  nell'anima.
  — Vuole sapere la ragione del mio sorriso? Eccola. Ella vuole farmi
  brillare dinanzi la luce: ma che luce è dessa quella che il suo partito
  e la sua scuola sono disposti a concedere ai miseri mortali? Poichè Ella
  stessa m'invita alla franchezza, dirò che credo loro intendimento e loro
  compito la luce del vero misurarla con tanta parsimonia all'uomo che
  egli trovisi nelle tenebre, costretto a seguire ciecamente per guida i
  loro consigli e voleri....
  — Se questi voleri e consigli lo hanno da guidare al bene ed alla
  maggior possibile felicità, interruppe con qualche calore il gesuita,
  non vi pare opera buona e doverosa il fare che primeggino ed ottengano?
  Io non contesto quanto voi avete detto, e non vi accuso di attribuirci
  concetti che non sono i nostri. Vi ho detto che fra di noi doveva
  esserci un'assoluta franchezza. Sì, noi vogliamo misurare la luce: ma
  quando una pupilla non è capace di sostenere che una data quantità di
  chiarore, è prudenza, è carità, è dovere il non dargliene appunto che a
  quel grado....
  — E chi li fa giudici di questa misura?
  — Il nostro santo ministero medesimo.
  — No: l'interesse d'una casta, che da quello scuriccio ottiene
  l'opportunità e la sicurezza di dominare.
  — Sia; ma dominando spinge al vero bene l'umanità.
  — La coscienza umana ha acquistato un altro concetto del suo bene, vuole
  un altro mezzo di arrivarlo: la libertà.
  — Parola ingannatrice! È lo scisma, è l'eresia. In essa appiattasi la
  facoltà di fare il male.... Nel mondo, facciasi checchè si voglia, vi
  saranno sempre due classi d'uomini: quelli che sanno, che pensano, che
  hanno il talento e i mezzi d'istruirsi e di conoscere, e quelli che sono
  condannati a vivere nell'ignoranza: i primi sono i pochi, i secondi sono
  i molti. Chi può negare che a quelli non appartenga il diritto, anzi il
  dovere di guidare gli altri, precisamente come ai genitori quello di
  dirigere i loro figliuoli bambini?
  Maurilio scosse il capo ed accennò parlare.
  — Dite, dite pure: s'affrettò a sclamare il frate interrompendosi.
  — Sì è vero, così parlò Maurilio, l'umanità fu divisa, è divisa ancora
  in due parti: dei pochi che sanno e che possedono, dei molti che non
  hanno ed ignorano. Ai primi tutte le distinzioni, tutti i gaudii
  sociali; ai secondi nulla. Ah! loro non suppongono neppure quali sieno
  le sofferenze di questa immensa turba di diseredati nella civiltà,
  quanta sia e dolorosa la cancrena della miseria e dell'ignoranza nella
  plebe. Io lo so che ho vissuto in mezzo ad essa; io lo so che quelle
  sofferenze ho provate. E se là in mezzo cadde un'anima più sensitiva,
  una intelligenza più sveglia, me lo creda, Padre, i tormenti morali
  saranno peggiori e più crudeli ancora dei materiali.
  — Voi mi cercate delle eccezioni; disse il gesuita colla medesima
  benignità di sorriso e di voce, ma tuttavia con un accento in cui faceva
  capolino una lieve impazienza della contraddizione. Sui cento mila ve ne
  sarà uno capace di sentire quei tormenti morali che voi dite. E poi non
  è vero che ad una eletta intelligenza, caduta per azzardo nelle basse
  sfere sociali, sia assolutamente chiuso il cammino. La società è
  abbastanza bene organata perchè sappia e possa giovarsi di tutte le
  potenti individualità che Iddio mandi al genere umano, in qualunque
  classe piaccia al suo alto senno farla nascere. La monarchia, dalla
  quale abbiamo la fortuna e l'onore d'esser retti, non sa ella cercare e
  scegliere i suoi zelanti servitori anche tra le più infime famiglie per
  innalzarli ai primi gradi e favorirli di titoli, di ricchezze e di
  onori? E la Chiesa? Non è dessa una madre amorosa che, senza riguardo ai
  privilegi di nascita, innalza tutti coloro che se lo meritano, ai più
  eminenti seggi della sua gerarchia? Quanti dalle più umili condizioni
  non salirono essi fino al più allo fastigio, ad una grandezza «ch'era
  follia sperar?» Voi sapete troppo le storie perchè io perda il tempo a
  citarvene degli esempi.
  — Queste si ch'Ella mi cita: interruppe Maurilio con vivacità;
  queste sono eccezioni. Ma la cosa non va riguardata dal lato
  dell'individualità, sibbene dal lato delle masse. Poco importa che di
  quando in quando, uno della plebe rompa il cerchio fatale che costringe
  nella miseria e nell'ignoranza tutti i suoi compagni, e si spinga anco
  fino alle splendide aure del potere. Gli è tutta quella classe infelice
  che dev'essere redenta dalla fame, dalla superstizione, dall'errore. Il
  progresso umano sta tutto in ciò, che anche ai molti s'acquisti una
  sempre maggior quantità di beni intellettuali ed economici...
  Fu con decisa impazienza, questa volta, che Padre Bonaventura esclamò:
  — Il progresso! il progresso!... Davvero che me l'aspettavo questa
  parola.... La è sempre in bocca dei moderni novatori.... È un'assurda
  teoria che prende l'uomo alla rovescia. Voi vedete nell'avvenire quello
  stato di perfezione che fu nel passato prima della caduta dell'uomo; e
  sperate superbamente arrivarlo, colle vostre misere e spesso empie
  pseudo-conquiste della scienza. Tutto il progresso umano è contenuto
  nella rivelazione. Fuori di li sono illusioni superbe e tenebre.
  — Scusi. Il progresso è la legge che comanda a tutte le cose
  dell'universo. Tutto progredisce, perchè tutto si muove, e muovendosi si
  muta, e mutandosi sarebbe fare un oltraggio alla sapienza di Dio il dire
  che non migliori. Guardi la storia medesima della terra, le successive
  creazioni delle successive epoche cui ha percorso la vita del nostro
  globo, e vedrà un continuo sforzo evidente della natura a raggiungere ed
  estrinsecare sempre più perfette e più nobili forme e più intelligenti
  creature, finchè arriva all'uomo.
  Il gesuita, con quel suo atto di affettuosa domestichezza, pose di nuovo
  la mano sul ginocchio del giovane.
  — Non perdiamoci in così vasto ambito di considerazioni: diss'egli col
  suo solito sorriso; e restringiamoci al nostro caso particolare.
  Comprendo che voi, caro figliuolo, appartenendo finora di fatto a quella
  classe che voi chiamate dei diseredati, voleste e vi proponeste di
  tentare — usando sempre le vostre espressioni — la redenzione della
  medesima, per ottenere con quella la vostra esaltazione...
  Maurilio scosse il capo, come per protestare che quello non era stato
  mai suo proposito; ma fra' Bonaventura, o non vide, o fe' mostra di non
  vedere, e continuò:
  — Avevate torto, perchè, sentendo ed apprezzando il valor vostro,
  dovevate dirvi che eravate della razza degli uccelli dall'alto volo e
  non di quella destinata a chiocciare nel fangoso suolo del pollaio; e
  quindi, senza cercare di levare ad un volo impossibile i vostri compagni
  senz'ali, dovevate pensare ad imbrancarvi voi alla schiera de' pennuti e
  slanciarvi nelle serene aure del cielo....
  — Oh come poterlo? Non seppe tanto frenarsi Maurilio che non
  interrompesse. Ma tutto intorno abbiamo una fitta grata che ce lo
  contende.
  — Per chi non sa scegliere l'acconcio modo d'uscita: ribattè lesto il
  frate. Se voi aveste saputo cercare validi protettori: se foste venuto,
  per esempio, a picchiare alle porte di questo convento. L'umile tonaca
  che mi vedete addosso avrebbe potuto aprirvi meglio d'ogni vostra
  audacia di pensiero e d'azioni, il cammino. La predicazione,
  l'insegnamento, la composizione di buoni libri, la paterna protezione
  della nostra Compagnia vi avrebbero scorto anche ad una cattedra
  vescovile. Ma, come dicevo, comprendo che per l'addietro queste idee non
  sieno nate in voi; ora però, se voi uscite da quella sfera in cui foste
  relegato finora, se voi arrivate in più felice lido e ponete il piede in
  più splendida regione, spero che troverete anche voi opportuno, che
  sentirete anzi il bisogno di cambiare opinioni e parere, che vedrete con
  diverso aspetto le cose del mondo, appunto perchè le esaminerete da un
  altro punto di mira, che riconoscerete in voi l'obbligo di difendere
  quegli ordini religiosi, politici e sociali che volevate, ed avevate
  anzi già cominciato assalire; che vi giudicherete della parte dei pochi
  illuminati a cui è affidata la guida del gregge umano, e invece di
  osteggiare e rendere difficile l'opera loro, vorrete aiutarla.
  Padre Bonaventura tacque un momento, come per lasciar agio al giovane di
  manifestare il suo pensiero; ma il nostro eroe, immobile, colle braccia
  incrociate sul petto, non aprì bocca e stette aspettando la conclusione
  con uno sguardo che sfavillava vivissimo nel fondo delle occhiaie, dalle
  sue pupille color del mare.
  Il gesuita s'ingannò sulla significazione di quello sguardo: credette
  scorgervi la cupidigia dell'ambizione, e riprese a dire con più calore:
  — A quali destini possiate arrivare, lo lascio pensare a voi. Colla
  protezione d'una famiglia potente, col favore dell'aristocrazia,
  coll'appoggio di noi, lo strenuo, eloquente, ispirato difensore dei
  buoni principii otterrà quello che vuole.
  Gli strinse come prima, ma più forte, il ginocchio, e tendendogli
  l'altra mano dinanzi, come per mostrargli nella penombra della stanza le
  cose che stava per evocare all'immaginazione del giovane, soggiunse col
  tono di perorazione d'un buon predicatore:
  — Nella vita secolare le prime cariche dello Stato, tutte le
  distinzioni, tutti gli onori, tutto il potere; e nel clericato, se mai
  Dio vi fosse così benigno da ispirarvi a vestire l'abito del nostro
  ordine, i primi gradi, le infule vescovili e forse forse....
  Abbassò la voce:
  — Anche la tiara!... Sisto V era meno di te, figliuol mio!
  Maurilio aveva sulle labbra un sogghigno pieno di tanta ironia, che fra'
  Bonaventura, vedendolo, agghiacciò di subito. Levò vivamente la sua mano
  dal ginocchio del giovane, spense il suo rettorico entusiasmo, e si tirò
  indietro sul sofà, quasi con moto di sgomento improvviso.
  Il giovane sorse in piedi con tutta freddezza, e disse lentamente:
  — Io non sono punto ambizioso. Nelle mie sofferenze ho sentito le
  sofferenze di tutta una classe: non aspiro al mio solo vantaggio: voglio
  lavorare per quello di tutti gl'infelici, per quello in conseguenza di
  tutto l'umano consorzio, della civiltà. O che ha ella creduto la
  famiglia — ch'io non so se giungerò mai a chiamare mia — ha creduto
  potermi imporre una condizione per compir essa il dovere che le incombe
  di riconoscermi? Ed una scellerata condizione, qual è quella di
  rinnegare le mie opinioni, di mutare dall'oggi al domani convinzioni e
  credenze, cui non il particolare interesse, glie lo giuro, ma
  l'apprezzamento del vero, ma la matura riflessione del mio intelletto mi
  ha ispirate? La s'è ingannata; la s'inganna ancor Ella, Padre, nel
  credermi capace di ciò. Fosse anche una madre che mi tendesse le braccia
  a questi patti, io sarei disposto a farle la nobile risposta di
  D'Alembert.
  Il gesuita s'alzò egli pure. La sua faccia smise ad un tratto ogni
  espressione di benignità per assumerne una di riserbata freddezza: aveva
  capito che ogni ulteriore insistenza sarebbe stata inutile, che quella
  volontà non si smoveva nè per blandizie, nè per offerte; pensò un
  momento ricorrere alle minaccie e ne fece un lieve tentativo.
  — Ella dunque, disse tornando a più cerimoniose forme di discorso, è un
  nemico sfidato della Chiesa e del Trono, e vorrebbe combattere queste
  due istituzioni sacrosante in qualunque condizione si trovasse?
  — No: rispose con forza Maurilio protestando. Non penso che la Chiesa e
  il Trono sieno ostacoli assoluti al progresso che vagheggio; spero
  quindi che anche con essi possa il vantaggio delle plebi ottenersi. Sono
  forme anche quelle istituzioni, e col moto del tempo ancor esse debbono
  modificarsi. Credo che le si salveranno appunto modificandosi, secondo
  il progresso sociale.
  — Niente affatto. Chi le vuol toccare, vuol farle perire. Le sono come
  la nostra benemerita Compagnia: e il motto che si disse di noi, deve
  applicarsi anche a quelle istituzioni che noi colle nostre deboli forze
  difendiamo: _sint ut sunt aut non sint_.... E saranno! _Portae inferi
  non praevalebunt_. Crede Ella che le si lasceranno assalire dalle
  temerità dei novatori moderni, senza difendersi e senza riagire? Hanno
  dalla parte loro il comando, l'autorità, la forza sociale, la parola di
  Dio, val quanto dire la verità e la potenza. Le temerarie idee e i loro
  più temerarii profeti rimarranno schiacciati.
  Maurilio sollevò la sua vasta fronte intelligente.
  — I profeti, sia; può essere: esclamò egli, e questa volta la sua voce
  vibrava coll'emozione ond'è dominato l'uomo il quale bandisce una
  coraggiosa verità contrastata: ma le idee no. Soffocate per qualche
  tempo soltanto, esse non muoiono, per dolori e tormenti di coloro che le
  patrocinano non rinunziano, nel sangue anche dei loro proclamatori non
  si spengono. Aspettano: si nascondono forse, ripostamente serpeggiano
  fuor dell'arrivo delle polizie e delle predicazioni e della propaganda
  del clero; e un bel dì sorgono in uno scoppio che è un trionfo, padrone
  del campo, dominatrici del mondo. Guardi nella storia del passato, e
  vedrà sempre essere avvenuto così, cominciando dalla più grande delle
  idee, dall'idea cristiana....
  — Ah! Ella bestemmia! Oserebbe paragonare le temerità delle malvagie
  passioni demagogiche alle sacrosante cose della divina nostra religione?
  — Anche le idee del Cristo erano temerità demagogiche pei gaudenti del
  mondo pagano.... Io sono un nulla nel mondo; ma tutte le mie poche forze
  ho consecrato al servizio di certi principii a cui ho dato
  irrevocabilmente l'acquiescenza dell'animo mio e il consentimento del
  mio pensiero; e quali che sieno le seduzioni onde mi si voglia
  allettare, qualunque le minaccie che mi si facciano trasparire, non
  muterò, se Dio mi assiste, per tutta la vita. Ho pensato sempre a quel
  momento che mi pareva pure impossibile, in cui la mia famiglia potrebbe
  riaprirsi per me, che ne fui, non so per qual cagione, spietatamente
  reietto, ed ho sperato parecchie volte eziandio, glie lo confesso, che
  questa famiglia potrebbe non essere nè spregevole, nè disonorata, avrei
  dato qualunque cosa per giungere a questo risultamento; mi dicevo che
  non la menoma recriminazione, non il menomo lamento avrei mosso contro
  quella barbarie che mi ha condannato al supplizio di tanti anni di
  miserabil vita, di disprezzata condizione; ma non avrei creduto mai che
  questa famiglia volesse ancora impormi un sacrifizio cui non posso e non
  debbo sopportare: quello della coscienza, quello di ciò che l'uomo ha di
  più sacro, le proprie convinzioni. Se codesto pretende da me, le dica,
  signore, che preferisco rimanermi nell'oscurità del mio nulla.
  S'avviò per andarsene; il gesuita non lo trattenne; prese anzi la
  lampada e gli fece lume fino al cominciar delle scale, dove, appena
  chiamato, venne il frate laico per guidar fuor del convento il
  visitatore.
  — Addio: gli disse Padre Bonaventura. Non dispero che veniale a migliori
  pensamenti. Se mai crederete d'aver qualche cosa da dirmi poi, se vi
  sentirete in migliori disposizioni, venite a trovarmi....
  Maurilio fece risolutamente un segno negativo, come per dire che non
  sarebbe venuto mai. Il gesuita mandò un sospiro.
  — Dio vi guidi ed illumini! Colla vostra famiglia, se pur sono veri i
  sospetti che se ne hanno, se la Provvidenza vuole porvi in presenza di
  lei, tratterete voi medesimo senza intermezzo; io ho fatto quello che ho
  creduto bene per tutti, e mio dovere.
  Rientrò nella sua cella, e intanto pensava:
  — Se non ci fosse immischiato quello stupido di un onest'uomo che è Don
  Venanzio, il meglio sarebbe lasciar tutto ignorare al marchese e trovar
  modo di fare sparire ogni traccia.... Ciò non potendo più oramai, è
  meglio svelare io stesso la verità al marchese e disporlo in guisa che
  stimi dover suo non riconoscere il figliuolo di sua sorella.
  
  
  CAPITOLO VI.
  
  Battevano appena le nove quando il padre gesuita presentavasi al palazzo
  Baldissero e veniva tosto introdotto presso il marchese, il quale, dopo
  una notte insonne, stava ansiosamente aspettandolo. Invitato a parlare
  sollecitamente, fra' Bonaventura incominciò, con aria compunta e mani al
  petto intrecciate, un lungo esordio sulle vie imperscrutabili della
  Provvidenza, cui il marchese finì per interrompere:
  — Scusi.... Il fatto, a cui Ella fece allusione nella sua lettera di ier
  sera, è desso la trista avventura della fu mia povera sorella?
  — Eccellenza sì: rispose il frate inchinandosi.
  — Le confesso che molto mi punge la sollecitudine di sapere qual cosa
  mai, dopo tanto tempo, possa avvenire che abbia ancora attinenza a
  quelle disgraziate vicende. La prego dirmi senza ambagi, senza indugi e
  senza circonlocuzioni ciò di che si tratta.
  Il gesuita fece col capo un segno di umile assentimento, ed abbassando
  la voce ed accostando vieppiù la sua seggiola alla poltrona in cui stava
  il marchese, come se avesse voluto che manco l'aria potesse cogliere le
  parole che stava per pronunziare, disse:
  — Il figliuolo, frutto di quel condannato matrimonio, fu creduto dalla
  marchesina Aurora, e da Lei medesima, signor marchese, morisse pochi
  giorni dopo la sua nascita.
  Baldissero si riscosse in violento, ma tosto frenato sussulto; il suo
  sguardo s'affondò negli occhi del gesuita che teneva la placida faccia
  tonda a pochi centimetri dalle orecchie del marchese.
  — Così affermarono, e con giuramento, diss'egli pesando sulle parole,
  coloro che assistettero in quella circostanza mia sorella: Nariccia, la
  cameriera Modestina... e Lei stessa, Padre Bonaventura.
  Questi fece comparire sulle sue labbra rubiconde un sorriso tutto
  amenità, levò la destra bianca e grassotta in un atto di mite protesta e
  scotendo negativamente il capo, soggiunse con una cortese vivacità
  d'accento:
  — Perdoni, perdoni.... Io no!... Io non contraddissi le parole degli
  altri.... Ecco tutto!
  — Le confermò col suo silenzio.
  — La permetta.... Il silenzio non conferma nulla.
  Il marchese, con moto vivace, rivolse la poltrona e se stesso verso il
  suo interlocutore così da rimanere con lui proprio faccia a faccia.
  — Quel bambino non morì dunque allora, in fascie?
  Bonaventura scosse gravemente la testa.
  — No, signor marchese.
  — E perchè fu detto morisse?
  — Perchè tale fu la volontà, tale il comando di S. E. il marchese, padre
  di V. E.
  Baldissero si trasse indietro nella sua poltrona, impallidì leggermente,
  e mandando un'esclamazione, interruppe con tono quasi di minacciosa
  ammonizione:
  — Badi bene!...
  Ma il gesuita riprendendo con qualche calore:
  — Di tutto quel che dico ho sempre buone prove per dimostrarne la
  verità. Tengo delle lettere che scrisse a me stesso su tal proposito S.
  E.; esistono testimonii Nariccia e la _Gattona_, e quando a Lei non
  sembrino guarentigia sufficiente di sincerità, il mio carattere, la mia
  parola....
  Il marchese fece bruscamente un atto che voleva significare la sua piena
  fiducia nelle parole del gesuita.
  — E di quel fanciullo adunque, domandò impazientemente, che cosa
  avvenne?
  Padre Bonaventura narrò ciò che noi già sappiamo: Nariccia specialmente
  incaricato di ciò dal vecchio marchese averlo seco portato un giorno, nè
  alcun altro di quelli che stavano intorno alla vedova di Maurilio aver
  saputo mai che cosa ne avesse fatto.
  Sulla nobil faccia del marchese si dipinse l'espressione di un acuto
  dolore, d'una penosa vergogna. Che cosa non avrebb'egli dato, perchè non
  si fosse potuto accagionar mai di simil fatto suo padre! Pose la fronte
  sulla palma della sua mano e stette un istante impensierito, poi
  vivamente impugnò la nappa in cui finiva il cordone del campanello che
  pendeva presso al luogo dov'egli sedeva e diede una forte tirata: un
  lacchè si presentò sollecito all'uscio.
  — Si corra tosto in casa di Nariccia: comandò egli: e gli si dica di
  venir qui, subito, senza il menomo indugio.
  Il domestico sparì con una premura che era indizio di quella colla quale
  avrebbe eseguita la commissione.
  Baldissero si volse di nuovo al gesuita.
  — E come, dissegli con accento di rampogna, potè Ella prender parte a
  questo crudele inganno?
  — Io non vi ho preso parte diretta, rispose colla sua melliflua
  parlantina padre Bonaventura: mi sono rimasto a non dissentire. Ho
  considerato d'altronde la specialità delle circostanze che permetteva,
  che consigliava una specialità di propositi. L'interesse e la pace di
  una nobile stirpe come la sua, signor marchese, sono cose di tal rilievo
  che ad ottenerle si può e si deve anco ammettere delle eccezioni a
  qualche regola generale. Io sapeva d'altronde che la generosità del fu
  signor marchese non avrebbe mancato di provvedere alla sorte futura di
  quel bambino, e credo infatti che così abbia egli voluto fare e le
  circostanze soltanto abbiano impedito che le sue intenzioni avessero
  effetto....
  Il marchese, che ascoltava non senza qualche impazienza i gesuiteschi
  avvolgimenti di parole del frate, interruppe bruscamente a questo punto,
  venendo la sua attenzione richiamata all'argomento principale e più
  interessante.
  — Ella dunque sa qualche cosa dell'ulteriore destino di quell'infelice?
  — Allora io non ne seppi più nulla, nè di poi cercai mai di saperne, o
  cosa alcuna venne a mia conoscenza a questo riguardo.... Ma ora
  finalmente....
  — Finalmente? interruppe con accento d'ansiosa interrogazione il
  fratello della povera defunta Aurora: quel fanciullo vive?
  Padre Bonaventura fece un cenno affermativo.
  — Ella lo conosce?
  — Signor sì.
  — Dov'è?
  Il gesuita si curvò ancora di più verso il marchese, abbassò ancora più
  la voce e rispose:
  — Qui nello stesso suo palazzo.
  Il marchese afferrò una delle mani del frate e gliela strinse forte.
  — Si spieghi, la prego: disse con voce vibrata, in cui più che una
  preghiera era un comando.
  Padre Bonaventura narrò quanto aveva appreso dalla _Gattona_, la
  circostanza de' contrassegni, l'intromissione di Don Venanzio e va
  dicendo quello che noi sappiamo già.
  Il marchese ascoltò tutto ciò con un'agitazione ed un turbamento cui non
  cercò in modo nessuno di dissimulare: quando il frate ebbe finito,
  rimase un istante immobile, il capo chino, come senza volontà e senza
  consiglio. Ancor egli vedeva in questo succedersi e combinarsi
  d'avvenimenti la mano della Provvidenza, che voleva riparato un tale
  delitto, e si veniva chiedendo che cosa gli toccasse di fare in presenza
  di cotali circostanze. Il gesuita che indovinava ciò che si passava
  nell'animo di lui, disse col suo accento e co' suoi modi insinuanti:
  — Sì, qui è innegabile il Dito di Dio che ha voluto trarle innanzi a Lei
  quel disgraziato giovane, perchè Ella lo salvasse.
  — Qui!... qui stesso!... esclamò allora il marchese rompendo il
  silenzio. Come un estraneo, come un poveretto sono io stesso che l'ho
  introdotto nella casa di sua madre! Oh poichè Iddio lo volle fare in
  questo modo rientrare sotto questo tetto, gli è perchè ci rimanesse come
  a suo posto....
  Era la naturale generosità del marchese che si manifestava nel suo primo
  impulso; ma l'interruppe l'accortezza delle convenienze che parlò colla
  voce melliflua del gesuita.
  — Guardiamoci di non interpretare malamente i disegni di Quel di lassù.
  Certo a riguardo di questo giovane qualche cosa ha da farsi, ma che sia
  questo qualche cosa, converrà deciderlo con matura e ponderata
  riflessione.
  — Gli furon tolti famiglia e nome: disse con vivacità il marchese:
  bisogna rendergli e il nome e la famiglia.
  — Sta bene; ma prima bisogna chiarirsi di quale condizione egli sia
  degno. V. E. sa meglio di me che se alcuno vien messo in posto a cui non
  sia acconcio, ad altro non riesce che a far male per sè e per altrui.
  Ella di certo ha qualche obbligo verso quel giovane, quantunque cotali
  obblighi non sia un fatto suo ad averglieli dati: ma doveri ben maggiori
  e più importanti V. E. ha eziandio verso la dignità della sua famiglia,
  verso la causa del bene, verso la patria, verso la società. Ora l'alto
  suo senno deve accordare così l'adempimento di questi doveri, che
  soddisfacendo agli uni non riesca a ledere gli altri. Badi bene, signor
  marchese, che volendo restituire alla sua famiglia un rampollo il quale
  in realtà non le appartiene che per indiretto legame, Ella non faccia
  poi capo ad altro che a dare al suo lignaggio il disdoro d'un nemico
  dell'ordine, della religione e della monarchia, ed a porre questo nemico
  in condizioni appunto da poter di meglio nuocere a quelle sacrosante
  cose cui osteggia.
  — Che sa Ella del come questo giovane pensa e ragiona? domandò il
  marchese non senza qualche meraviglia.
  — Ho creduto dovermi informare appuntino dell'essere morale e
  intellettivo di quell'individuo, prima di fare il menomo passo presso V.
  E. a questo proposito. Ho sentito che tale era il dovere di me che avevo
  avuta la parte ch'Ella sa in quei funesti avvenimenti, dovere
  accresciutomi ancora dal mio lungo ossequio devotissimo alla sua
  illustre famiglia, dal mio stesso sacro carattere di sacerdote. Ho
  dunque voluto appurare da me stesso chi e che cosa fosse quel giovane;
  trovai modo d'averlo a me, lo scrutai con attento esame e ne conchiusi
  che in esso vi era un demagogo incorreggibile, un invasato senza più
  rimedio dall'iniquissimo spirito rivoluzionario che è lo spirito del
  male.
  — Ha tanto talento! esclamò quasi involontariamente il marchese.
  — Sì; soggiunse con calore Padre Bonaventura, ed è perciò tanto più
  pericoloso. A questa capacità volta al male, vorrebbe Ella dare i mezzi
  di far più male?
  
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