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La plebe, parte IV - 09
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— Parli dunque Lei primo, Padre reverendo. Esponga il _credo_ che io
dovrei avere, perchè i miei congiunti si risolvessero a fare il loro
dovere: quello di riparare ad un infame delitto onde mi fecero vittima.
Io le dirò di poi se potrò giurare in quelle _verba magistri_.
— Ahi! pensò il gesuita: egli è orgoglioso al par di Satana.
Assunse il contegno più umile e più benigno che e' potesse, congiunse le
mani, levò gli occhi al soffitto, come per cercare ispirazione dal Cielo
e cominciò:
— Quantunque sia la prima volta che noi ci troviamo fronte a fronte, io
è già da qualche tempo che ho imparato a conoscervi ed apprezzarvi.
Era una piccola bugia; ma secondo la morale gesuitica l'onestà del fine
giustificava agli occhi del frate la lieve colpa del mezzo.
— Che! esclamò Maurilio stupito. Ella mi conosceva?
Padre Bonaventura confermò con un cenno e con un sorriso il suo detto, e
continuò:
— Vi conosco, e noi, che c'interessiamo per tutti quelli che hanno un
vero valore, che li amiamo più degli altri fratelli nostri in Gesù
Cristo, vi seguitiamo con isguardo pieno di cura e di sollecitudine,
deplorando le vostre tendenze e pregando Iddio perchè vi guidi sopra
sentiero migliore. Voi siete generoso e volete il bene, lo so; ma alla
vostra età, colla vita che avete vissuto, non si può scerner ancora con
fondamento, quale sia il bene reale del genere umano; non si conoscono
tuttavia gli uomini, non si è abbracciato con vista complessiva tutto
l'organismo degli ordini sociali, per giudicare che cosa al governo di
questi uomini convenga; si va più facilmente dietro a smaglianti chimere
che alla meno splendida, ma soda realtà, solo efficace. Anzi per
provvidenziale decreto di Dio che vuole l'intelligenza umana riconosca
la sua debolezza, quando abbandonata a sè, l'audacia, la temerità
giovanile fa scorgere il bene ed il vero nelle strade che nuove sembrano
aprirsi allo spirito umano. Si crede un generoso impulso il disconoscere
ciò che è insegnato dall'esperienza del passato, dall'autorità della
tradizione, ciò che posa sulla base inconcussa della divina rivelazione.
Ma voi, da quanto io ho potuto apprendere, avete troppo talento per
ostinarvi a chiudere gli occhi alla luce, quando questa vi sia fatta
splendere dinanzi....
Maurilio schiuse la bocca ad un suo sorriso pieno di sì fina ironia, che
il frate s'interruppe, e mettendo con mossa affettuosa una mano sulle
ginocchia del giovane, soggiunse con paterna bonarietà:
— Vedo sulle vostre labbra la punta d'un'obbiezione. Parlate, parlate
pure liberamente, chè qui siamo per leggerci a vicenda l'uno dell'altro
nell'anima.
— Vuole sapere la ragione del mio sorriso? Eccola. Ella vuole farmi
brillare dinanzi la luce: ma che luce è dessa quella che il suo partito
e la sua scuola sono disposti a concedere ai miseri mortali? Poichè Ella
stessa m'invita alla franchezza, dirò che credo loro intendimento e loro
compito la luce del vero misurarla con tanta parsimonia all'uomo che
egli trovisi nelle tenebre, costretto a seguire ciecamente per guida i
loro consigli e voleri....
— Se questi voleri e consigli lo hanno da guidare al bene ed alla
maggior possibile felicità, interruppe con qualche calore il gesuita,
non vi pare opera buona e doverosa il fare che primeggino ed ottengano?
Io non contesto quanto voi avete detto, e non vi accuso di attribuirci
concetti che non sono i nostri. Vi ho detto che fra di noi doveva
esserci un'assoluta franchezza. Sì, noi vogliamo misurare la luce: ma
quando una pupilla non è capace di sostenere che una data quantità di
chiarore, è prudenza, è carità, è dovere il non dargliene appunto che a
quel grado....
— E chi li fa giudici di questa misura?
— Il nostro santo ministero medesimo.
— No: l'interesse d'una casta, che da quello scuriccio ottiene
l'opportunità e la sicurezza di dominare.
— Sia; ma dominando spinge al vero bene l'umanità.
— La coscienza umana ha acquistato un altro concetto del suo bene, vuole
un altro mezzo di arrivarlo: la libertà.
— Parola ingannatrice! È lo scisma, è l'eresia. In essa appiattasi la
facoltà di fare il male.... Nel mondo, facciasi checchè si voglia, vi
saranno sempre due classi d'uomini: quelli che sanno, che pensano, che
hanno il talento e i mezzi d'istruirsi e di conoscere, e quelli che sono
condannati a vivere nell'ignoranza: i primi sono i pochi, i secondi sono
i molti. Chi può negare che a quelli non appartenga il diritto, anzi il
dovere di guidare gli altri, precisamente come ai genitori quello di
dirigere i loro figliuoli bambini?
Maurilio scosse il capo ed accennò parlare.
— Dite, dite pure: s'affrettò a sclamare il frate interrompendosi.
— Sì è vero, così parlò Maurilio, l'umanità fu divisa, è divisa ancora
in due parti: dei pochi che sanno e che possedono, dei molti che non
hanno ed ignorano. Ai primi tutte le distinzioni, tutti i gaudii
sociali; ai secondi nulla. Ah! loro non suppongono neppure quali sieno
le sofferenze di questa immensa turba di diseredati nella civiltà,
quanta sia e dolorosa la cancrena della miseria e dell'ignoranza nella
plebe. Io lo so che ho vissuto in mezzo ad essa; io lo so che quelle
sofferenze ho provate. E se là in mezzo cadde un'anima più sensitiva,
una intelligenza più sveglia, me lo creda, Padre, i tormenti morali
saranno peggiori e più crudeli ancora dei materiali.
— Voi mi cercate delle eccezioni; disse il gesuita colla medesima
benignità di sorriso e di voce, ma tuttavia con un accento in cui faceva
capolino una lieve impazienza della contraddizione. Sui cento mila ve ne
sarà uno capace di sentire quei tormenti morali che voi dite. E poi non
è vero che ad una eletta intelligenza, caduta per azzardo nelle basse
sfere sociali, sia assolutamente chiuso il cammino. La società è
abbastanza bene organata perchè sappia e possa giovarsi di tutte le
potenti individualità che Iddio mandi al genere umano, in qualunque
classe piaccia al suo alto senno farla nascere. La monarchia, dalla
quale abbiamo la fortuna e l'onore d'esser retti, non sa ella cercare e
scegliere i suoi zelanti servitori anche tra le più infime famiglie per
innalzarli ai primi gradi e favorirli di titoli, di ricchezze e di
onori? E la Chiesa? Non è dessa una madre amorosa che, senza riguardo ai
privilegi di nascita, innalza tutti coloro che se lo meritano, ai più
eminenti seggi della sua gerarchia? Quanti dalle più umili condizioni
non salirono essi fino al più allo fastigio, ad una grandezza «ch'era
follia sperar?» Voi sapete troppo le storie perchè io perda il tempo a
citarvene degli esempi.
— Queste si ch'Ella mi cita: interruppe Maurilio con vivacità;
queste sono eccezioni. Ma la cosa non va riguardata dal lato
dell'individualità, sibbene dal lato delle masse. Poco importa che di
quando in quando, uno della plebe rompa il cerchio fatale che costringe
nella miseria e nell'ignoranza tutti i suoi compagni, e si spinga anco
fino alle splendide aure del potere. Gli è tutta quella classe infelice
che dev'essere redenta dalla fame, dalla superstizione, dall'errore. Il
progresso umano sta tutto in ciò, che anche ai molti s'acquisti una
sempre maggior quantità di beni intellettuali ed economici...
Fu con decisa impazienza, questa volta, che Padre Bonaventura esclamò:
— Il progresso! il progresso!... Davvero che me l'aspettavo questa
parola.... La è sempre in bocca dei moderni novatori.... È un'assurda
teoria che prende l'uomo alla rovescia. Voi vedete nell'avvenire quello
stato di perfezione che fu nel passato prima della caduta dell'uomo; e
sperate superbamente arrivarlo, colle vostre misere e spesso empie
pseudo-conquiste della scienza. Tutto il progresso umano è contenuto
nella rivelazione. Fuori di li sono illusioni superbe e tenebre.
— Scusi. Il progresso è la legge che comanda a tutte le cose
dell'universo. Tutto progredisce, perchè tutto si muove, e muovendosi si
muta, e mutandosi sarebbe fare un oltraggio alla sapienza di Dio il dire
che non migliori. Guardi la storia medesima della terra, le successive
creazioni delle successive epoche cui ha percorso la vita del nostro
globo, e vedrà un continuo sforzo evidente della natura a raggiungere ed
estrinsecare sempre più perfette e più nobili forme e più intelligenti
creature, finchè arriva all'uomo.
Il gesuita, con quel suo atto di affettuosa domestichezza, pose di nuovo
la mano sul ginocchio del giovane.
— Non perdiamoci in così vasto ambito di considerazioni: diss'egli col
suo solito sorriso; e restringiamoci al nostro caso particolare.
Comprendo che voi, caro figliuolo, appartenendo finora di fatto a quella
classe che voi chiamate dei diseredati, voleste e vi proponeste di
tentare — usando sempre le vostre espressioni — la redenzione della
medesima, per ottenere con quella la vostra esaltazione...
Maurilio scosse il capo, come per protestare che quello non era stato
mai suo proposito; ma fra' Bonaventura, o non vide, o fe' mostra di non
vedere, e continuò:
— Avevate torto, perchè, sentendo ed apprezzando il valor vostro,
dovevate dirvi che eravate della razza degli uccelli dall'alto volo e
non di quella destinata a chiocciare nel fangoso suolo del pollaio; e
quindi, senza cercare di levare ad un volo impossibile i vostri compagni
senz'ali, dovevate pensare ad imbrancarvi voi alla schiera de' pennuti e
slanciarvi nelle serene aure del cielo....
— Oh come poterlo? Non seppe tanto frenarsi Maurilio che non
interrompesse. Ma tutto intorno abbiamo una fitta grata che ce lo
contende.
— Per chi non sa scegliere l'acconcio modo d'uscita: ribattè lesto il
frate. Se voi aveste saputo cercare validi protettori: se foste venuto,
per esempio, a picchiare alle porte di questo convento. L'umile tonaca
che mi vedete addosso avrebbe potuto aprirvi meglio d'ogni vostra
audacia di pensiero e d'azioni, il cammino. La predicazione,
l'insegnamento, la composizione di buoni libri, la paterna protezione
della nostra Compagnia vi avrebbero scorto anche ad una cattedra
vescovile. Ma, come dicevo, comprendo che per l'addietro queste idee non
sieno nate in voi; ora però, se voi uscite da quella sfera in cui foste
relegato finora, se voi arrivate in più felice lido e ponete il piede in
più splendida regione, spero che troverete anche voi opportuno, che
sentirete anzi il bisogno di cambiare opinioni e parere, che vedrete con
diverso aspetto le cose del mondo, appunto perchè le esaminerete da un
altro punto di mira, che riconoscerete in voi l'obbligo di difendere
quegli ordini religiosi, politici e sociali che volevate, ed avevate
anzi già cominciato assalire; che vi giudicherete della parte dei pochi
illuminati a cui è affidata la guida del gregge umano, e invece di
osteggiare e rendere difficile l'opera loro, vorrete aiutarla.
Padre Bonaventura tacque un momento, come per lasciar agio al giovane di
manifestare il suo pensiero; ma il nostro eroe, immobile, colle braccia
incrociate sul petto, non aprì bocca e stette aspettando la conclusione
con uno sguardo che sfavillava vivissimo nel fondo delle occhiaie, dalle
sue pupille color del mare.
Il gesuita s'ingannò sulla significazione di quello sguardo: credette
scorgervi la cupidigia dell'ambizione, e riprese a dire con più calore:
— A quali destini possiate arrivare, lo lascio pensare a voi. Colla
protezione d'una famiglia potente, col favore dell'aristocrazia,
coll'appoggio di noi, lo strenuo, eloquente, ispirato difensore dei
buoni principii otterrà quello che vuole.
Gli strinse come prima, ma più forte, il ginocchio, e tendendogli
l'altra mano dinanzi, come per mostrargli nella penombra della stanza le
cose che stava per evocare all'immaginazione del giovane, soggiunse col
tono di perorazione d'un buon predicatore:
— Nella vita secolare le prime cariche dello Stato, tutte le
distinzioni, tutti gli onori, tutto il potere; e nel clericato, se mai
Dio vi fosse così benigno da ispirarvi a vestire l'abito del nostro
ordine, i primi gradi, le infule vescovili e forse forse....
Abbassò la voce:
— Anche la tiara!... Sisto V era meno di te, figliuol mio!
Maurilio aveva sulle labbra un sogghigno pieno di tanta ironia, che fra'
Bonaventura, vedendolo, agghiacciò di subito. Levò vivamente la sua mano
dal ginocchio del giovane, spense il suo rettorico entusiasmo, e si tirò
indietro sul sofà, quasi con moto di sgomento improvviso.
Il giovane sorse in piedi con tutta freddezza, e disse lentamente:
— Io non sono punto ambizioso. Nelle mie sofferenze ho sentito le
sofferenze di tutta una classe: non aspiro al mio solo vantaggio: voglio
lavorare per quello di tutti gl'infelici, per quello in conseguenza di
tutto l'umano consorzio, della civiltà. O che ha ella creduto la
famiglia — ch'io non so se giungerò mai a chiamare mia — ha creduto
potermi imporre una condizione per compir essa il dovere che le incombe
di riconoscermi? Ed una scellerata condizione, qual è quella di
rinnegare le mie opinioni, di mutare dall'oggi al domani convinzioni e
credenze, cui non il particolare interesse, glie lo giuro, ma
l'apprezzamento del vero, ma la matura riflessione del mio intelletto mi
ha ispirate? La s'è ingannata; la s'inganna ancor Ella, Padre, nel
credermi capace di ciò. Fosse anche una madre che mi tendesse le braccia
a questi patti, io sarei disposto a farle la nobile risposta di
D'Alembert.
Il gesuita s'alzò egli pure. La sua faccia smise ad un tratto ogni
espressione di benignità per assumerne una di riserbata freddezza: aveva
capito che ogni ulteriore insistenza sarebbe stata inutile, che quella
volontà non si smoveva nè per blandizie, nè per offerte; pensò un
momento ricorrere alle minaccie e ne fece un lieve tentativo.
— Ella dunque, disse tornando a più cerimoniose forme di discorso, è un
nemico sfidato della Chiesa e del Trono, e vorrebbe combattere queste
due istituzioni sacrosante in qualunque condizione si trovasse?
— No: rispose con forza Maurilio protestando. Non penso che la Chiesa e
il Trono sieno ostacoli assoluti al progresso che vagheggio; spero
quindi che anche con essi possa il vantaggio delle plebi ottenersi. Sono
forme anche quelle istituzioni, e col moto del tempo ancor esse debbono
modificarsi. Credo che le si salveranno appunto modificandosi, secondo
il progresso sociale.
— Niente affatto. Chi le vuol toccare, vuol farle perire. Le sono come
la nostra benemerita Compagnia: e il motto che si disse di noi, deve
applicarsi anche a quelle istituzioni che noi colle nostre deboli forze
difendiamo: _sint ut sunt aut non sint_.... E saranno! _Portae inferi
non praevalebunt_. Crede Ella che le si lasceranno assalire dalle
temerità dei novatori moderni, senza difendersi e senza riagire? Hanno
dalla parte loro il comando, l'autorità, la forza sociale, la parola di
Dio, val quanto dire la verità e la potenza. Le temerarie idee e i loro
più temerarii profeti rimarranno schiacciati.
Maurilio sollevò la sua vasta fronte intelligente.
— I profeti, sia; può essere: esclamò egli, e questa volta la sua voce
vibrava coll'emozione ond'è dominato l'uomo il quale bandisce una
coraggiosa verità contrastata: ma le idee no. Soffocate per qualche
tempo soltanto, esse non muoiono, per dolori e tormenti di coloro che le
patrocinano non rinunziano, nel sangue anche dei loro proclamatori non
si spengono. Aspettano: si nascondono forse, ripostamente serpeggiano
fuor dell'arrivo delle polizie e delle predicazioni e della propaganda
del clero; e un bel dì sorgono in uno scoppio che è un trionfo, padrone
del campo, dominatrici del mondo. Guardi nella storia del passato, e
vedrà sempre essere avvenuto così, cominciando dalla più grande delle
idee, dall'idea cristiana....
— Ah! Ella bestemmia! Oserebbe paragonare le temerità delle malvagie
passioni demagogiche alle sacrosante cose della divina nostra religione?
— Anche le idee del Cristo erano temerità demagogiche pei gaudenti del
mondo pagano.... Io sono un nulla nel mondo; ma tutte le mie poche forze
ho consecrato al servizio di certi principii a cui ho dato
irrevocabilmente l'acquiescenza dell'animo mio e il consentimento del
mio pensiero; e quali che sieno le seduzioni onde mi si voglia
allettare, qualunque le minaccie che mi si facciano trasparire, non
muterò, se Dio mi assiste, per tutta la vita. Ho pensato sempre a quel
momento che mi pareva pure impossibile, in cui la mia famiglia potrebbe
riaprirsi per me, che ne fui, non so per qual cagione, spietatamente
reietto, ed ho sperato parecchie volte eziandio, glie lo confesso, che
questa famiglia potrebbe non essere nè spregevole, nè disonorata, avrei
dato qualunque cosa per giungere a questo risultamento; mi dicevo che
non la menoma recriminazione, non il menomo lamento avrei mosso contro
quella barbarie che mi ha condannato al supplizio di tanti anni di
miserabil vita, di disprezzata condizione; ma non avrei creduto mai che
questa famiglia volesse ancora impormi un sacrifizio cui non posso e non
debbo sopportare: quello della coscienza, quello di ciò che l'uomo ha di
più sacro, le proprie convinzioni. Se codesto pretende da me, le dica,
signore, che preferisco rimanermi nell'oscurità del mio nulla.
S'avviò per andarsene; il gesuita non lo trattenne; prese anzi la
lampada e gli fece lume fino al cominciar delle scale, dove, appena
chiamato, venne il frate laico per guidar fuor del convento il
visitatore.
— Addio: gli disse Padre Bonaventura. Non dispero che veniale a migliori
pensamenti. Se mai crederete d'aver qualche cosa da dirmi poi, se vi
sentirete in migliori disposizioni, venite a trovarmi....
Maurilio fece risolutamente un segno negativo, come per dire che non
sarebbe venuto mai. Il gesuita mandò un sospiro.
— Dio vi guidi ed illumini! Colla vostra famiglia, se pur sono veri i
sospetti che se ne hanno, se la Provvidenza vuole porvi in presenza di
lei, tratterete voi medesimo senza intermezzo; io ho fatto quello che ho
creduto bene per tutti, e mio dovere.
Rientrò nella sua cella, e intanto pensava:
— Se non ci fosse immischiato quello stupido di un onest'uomo che è Don
Venanzio, il meglio sarebbe lasciar tutto ignorare al marchese e trovar
modo di fare sparire ogni traccia.... Ciò non potendo più oramai, è
meglio svelare io stesso la verità al marchese e disporlo in guisa che
stimi dover suo non riconoscere il figliuolo di sua sorella.
CAPITOLO VI.
Battevano appena le nove quando il padre gesuita presentavasi al palazzo
Baldissero e veniva tosto introdotto presso il marchese, il quale, dopo
una notte insonne, stava ansiosamente aspettandolo. Invitato a parlare
sollecitamente, fra' Bonaventura incominciò, con aria compunta e mani al
petto intrecciate, un lungo esordio sulle vie imperscrutabili della
Provvidenza, cui il marchese finì per interrompere:
— Scusi.... Il fatto, a cui Ella fece allusione nella sua lettera di ier
sera, è desso la trista avventura della fu mia povera sorella?
— Eccellenza sì: rispose il frate inchinandosi.
— Le confesso che molto mi punge la sollecitudine di sapere qual cosa
mai, dopo tanto tempo, possa avvenire che abbia ancora attinenza a
quelle disgraziate vicende. La prego dirmi senza ambagi, senza indugi e
senza circonlocuzioni ciò di che si tratta.
Il gesuita fece col capo un segno di umile assentimento, ed abbassando
la voce ed accostando vieppiù la sua seggiola alla poltrona in cui stava
il marchese, come se avesse voluto che manco l'aria potesse cogliere le
parole che stava per pronunziare, disse:
— Il figliuolo, frutto di quel condannato matrimonio, fu creduto dalla
marchesina Aurora, e da Lei medesima, signor marchese, morisse pochi
giorni dopo la sua nascita.
Baldissero si riscosse in violento, ma tosto frenato sussulto; il suo
sguardo s'affondò negli occhi del gesuita che teneva la placida faccia
tonda a pochi centimetri dalle orecchie del marchese.
— Così affermarono, e con giuramento, diss'egli pesando sulle parole,
coloro che assistettero in quella circostanza mia sorella: Nariccia, la
cameriera Modestina... e Lei stessa, Padre Bonaventura.
Questi fece comparire sulle sue labbra rubiconde un sorriso tutto
amenità, levò la destra bianca e grassotta in un atto di mite protesta e
scotendo negativamente il capo, soggiunse con una cortese vivacità
d'accento:
— Perdoni, perdoni.... Io no!... Io non contraddissi le parole degli
altri.... Ecco tutto!
— Le confermò col suo silenzio.
— La permetta.... Il silenzio non conferma nulla.
Il marchese, con moto vivace, rivolse la poltrona e se stesso verso il
suo interlocutore così da rimanere con lui proprio faccia a faccia.
— Quel bambino non morì dunque allora, in fascie?
Bonaventura scosse gravemente la testa.
— No, signor marchese.
— E perchè fu detto morisse?
— Perchè tale fu la volontà, tale il comando di S. E. il marchese, padre
di V. E.
Baldissero si trasse indietro nella sua poltrona, impallidì leggermente,
e mandando un'esclamazione, interruppe con tono quasi di minacciosa
ammonizione:
— Badi bene!...
Ma il gesuita riprendendo con qualche calore:
— Di tutto quel che dico ho sempre buone prove per dimostrarne la
verità. Tengo delle lettere che scrisse a me stesso su tal proposito S.
E.; esistono testimonii Nariccia e la _Gattona_, e quando a Lei non
sembrino guarentigia sufficiente di sincerità, il mio carattere, la mia
parola....
Il marchese fece bruscamente un atto che voleva significare la sua piena
fiducia nelle parole del gesuita.
— E di quel fanciullo adunque, domandò impazientemente, che cosa
avvenne?
Padre Bonaventura narrò ciò che noi già sappiamo: Nariccia specialmente
incaricato di ciò dal vecchio marchese averlo seco portato un giorno, nè
alcun altro di quelli che stavano intorno alla vedova di Maurilio aver
saputo mai che cosa ne avesse fatto.
Sulla nobil faccia del marchese si dipinse l'espressione di un acuto
dolore, d'una penosa vergogna. Che cosa non avrebb'egli dato, perchè non
si fosse potuto accagionar mai di simil fatto suo padre! Pose la fronte
sulla palma della sua mano e stette un istante impensierito, poi
vivamente impugnò la nappa in cui finiva il cordone del campanello che
pendeva presso al luogo dov'egli sedeva e diede una forte tirata: un
lacchè si presentò sollecito all'uscio.
— Si corra tosto in casa di Nariccia: comandò egli: e gli si dica di
venir qui, subito, senza il menomo indugio.
Il domestico sparì con una premura che era indizio di quella colla quale
avrebbe eseguita la commissione.
Baldissero si volse di nuovo al gesuita.
— E come, dissegli con accento di rampogna, potè Ella prender parte a
questo crudele inganno?
— Io non vi ho preso parte diretta, rispose colla sua melliflua
parlantina padre Bonaventura: mi sono rimasto a non dissentire. Ho
considerato d'altronde la specialità delle circostanze che permetteva,
che consigliava una specialità di propositi. L'interesse e la pace di
una nobile stirpe come la sua, signor marchese, sono cose di tal rilievo
che ad ottenerle si può e si deve anco ammettere delle eccezioni a
qualche regola generale. Io sapeva d'altronde che la generosità del fu
signor marchese non avrebbe mancato di provvedere alla sorte futura di
quel bambino, e credo infatti che così abbia egli voluto fare e le
circostanze soltanto abbiano impedito che le sue intenzioni avessero
effetto....
Il marchese, che ascoltava non senza qualche impazienza i gesuiteschi
avvolgimenti di parole del frate, interruppe bruscamente a questo punto,
venendo la sua attenzione richiamata all'argomento principale e più
interessante.
— Ella dunque sa qualche cosa dell'ulteriore destino di quell'infelice?
— Allora io non ne seppi più nulla, nè di poi cercai mai di saperne, o
cosa alcuna venne a mia conoscenza a questo riguardo.... Ma ora
finalmente....
— Finalmente? interruppe con accento d'ansiosa interrogazione il
fratello della povera defunta Aurora: quel fanciullo vive?
Padre Bonaventura fece un cenno affermativo.
— Ella lo conosce?
— Signor sì.
— Dov'è?
Il gesuita si curvò ancora di più verso il marchese, abbassò ancora più
la voce e rispose:
— Qui nello stesso suo palazzo.
Il marchese afferrò una delle mani del frate e gliela strinse forte.
— Si spieghi, la prego: disse con voce vibrata, in cui più che una
preghiera era un comando.
Padre Bonaventura narrò quanto aveva appreso dalla _Gattona_, la
circostanza de' contrassegni, l'intromissione di Don Venanzio e va
dicendo quello che noi sappiamo già.
Il marchese ascoltò tutto ciò con un'agitazione ed un turbamento cui non
cercò in modo nessuno di dissimulare: quando il frate ebbe finito,
rimase un istante immobile, il capo chino, come senza volontà e senza
consiglio. Ancor egli vedeva in questo succedersi e combinarsi
d'avvenimenti la mano della Provvidenza, che voleva riparato un tale
delitto, e si veniva chiedendo che cosa gli toccasse di fare in presenza
di cotali circostanze. Il gesuita che indovinava ciò che si passava
nell'animo di lui, disse col suo accento e co' suoi modi insinuanti:
— Sì, qui è innegabile il Dito di Dio che ha voluto trarle innanzi a Lei
quel disgraziato giovane, perchè Ella lo salvasse.
— Qui!... qui stesso!... esclamò allora il marchese rompendo il
silenzio. Come un estraneo, come un poveretto sono io stesso che l'ho
introdotto nella casa di sua madre! Oh poichè Iddio lo volle fare in
questo modo rientrare sotto questo tetto, gli è perchè ci rimanesse come
a suo posto....
Era la naturale generosità del marchese che si manifestava nel suo primo
impulso; ma l'interruppe l'accortezza delle convenienze che parlò colla
voce melliflua del gesuita.
— Guardiamoci di non interpretare malamente i disegni di Quel di lassù.
Certo a riguardo di questo giovane qualche cosa ha da farsi, ma che sia
questo qualche cosa, converrà deciderlo con matura e ponderata
riflessione.
— Gli furon tolti famiglia e nome: disse con vivacità il marchese:
bisogna rendergli e il nome e la famiglia.
— Sta bene; ma prima bisogna chiarirsi di quale condizione egli sia
degno. V. E. sa meglio di me che se alcuno vien messo in posto a cui non
sia acconcio, ad altro non riesce che a far male per sè e per altrui.
Ella di certo ha qualche obbligo verso quel giovane, quantunque cotali
obblighi non sia un fatto suo ad averglieli dati: ma doveri ben maggiori
e più importanti V. E. ha eziandio verso la dignità della sua famiglia,
verso la causa del bene, verso la patria, verso la società. Ora l'alto
suo senno deve accordare così l'adempimento di questi doveri, che
soddisfacendo agli uni non riesca a ledere gli altri. Badi bene, signor
marchese, che volendo restituire alla sua famiglia un rampollo il quale
in realtà non le appartiene che per indiretto legame, Ella non faccia
poi capo ad altro che a dare al suo lignaggio il disdoro d'un nemico
dell'ordine, della religione e della monarchia, ed a porre questo nemico
in condizioni appunto da poter di meglio nuocere a quelle sacrosante
cose cui osteggia.
— Che sa Ella del come questo giovane pensa e ragiona? domandò il
marchese non senza qualche meraviglia.
— Ho creduto dovermi informare appuntino dell'essere morale e
intellettivo di quell'individuo, prima di fare il menomo passo presso V.
E. a questo proposito. Ho sentito che tale era il dovere di me che avevo
avuta la parte ch'Ella sa in quei funesti avvenimenti, dovere
accresciutomi ancora dal mio lungo ossequio devotissimo alla sua
illustre famiglia, dal mio stesso sacro carattere di sacerdote. Ho
dunque voluto appurare da me stesso chi e che cosa fosse quel giovane;
trovai modo d'averlo a me, lo scrutai con attento esame e ne conchiusi
che in esso vi era un demagogo incorreggibile, un invasato senza più
rimedio dall'iniquissimo spirito rivoluzionario che è lo spirito del
male.
— Ha tanto talento! esclamò quasi involontariamente il marchese.
— Sì; soggiunse con calore Padre Bonaventura, ed è perciò tanto più
pericoloso. A questa capacità volta al male, vorrebbe Ella dare i mezzi
di far più male?
dovrei avere, perchè i miei congiunti si risolvessero a fare il loro
dovere: quello di riparare ad un infame delitto onde mi fecero vittima.
Io le dirò di poi se potrò giurare in quelle _verba magistri_.
— Ahi! pensò il gesuita: egli è orgoglioso al par di Satana.
Assunse il contegno più umile e più benigno che e' potesse, congiunse le
mani, levò gli occhi al soffitto, come per cercare ispirazione dal Cielo
e cominciò:
— Quantunque sia la prima volta che noi ci troviamo fronte a fronte, io
è già da qualche tempo che ho imparato a conoscervi ed apprezzarvi.
Era una piccola bugia; ma secondo la morale gesuitica l'onestà del fine
giustificava agli occhi del frate la lieve colpa del mezzo.
— Che! esclamò Maurilio stupito. Ella mi conosceva?
Padre Bonaventura confermò con un cenno e con un sorriso il suo detto, e
continuò:
— Vi conosco, e noi, che c'interessiamo per tutti quelli che hanno un
vero valore, che li amiamo più degli altri fratelli nostri in Gesù
Cristo, vi seguitiamo con isguardo pieno di cura e di sollecitudine,
deplorando le vostre tendenze e pregando Iddio perchè vi guidi sopra
sentiero migliore. Voi siete generoso e volete il bene, lo so; ma alla
vostra età, colla vita che avete vissuto, non si può scerner ancora con
fondamento, quale sia il bene reale del genere umano; non si conoscono
tuttavia gli uomini, non si è abbracciato con vista complessiva tutto
l'organismo degli ordini sociali, per giudicare che cosa al governo di
questi uomini convenga; si va più facilmente dietro a smaglianti chimere
che alla meno splendida, ma soda realtà, solo efficace. Anzi per
provvidenziale decreto di Dio che vuole l'intelligenza umana riconosca
la sua debolezza, quando abbandonata a sè, l'audacia, la temerità
giovanile fa scorgere il bene ed il vero nelle strade che nuove sembrano
aprirsi allo spirito umano. Si crede un generoso impulso il disconoscere
ciò che è insegnato dall'esperienza del passato, dall'autorità della
tradizione, ciò che posa sulla base inconcussa della divina rivelazione.
Ma voi, da quanto io ho potuto apprendere, avete troppo talento per
ostinarvi a chiudere gli occhi alla luce, quando questa vi sia fatta
splendere dinanzi....
Maurilio schiuse la bocca ad un suo sorriso pieno di sì fina ironia, che
il frate s'interruppe, e mettendo con mossa affettuosa una mano sulle
ginocchia del giovane, soggiunse con paterna bonarietà:
— Vedo sulle vostre labbra la punta d'un'obbiezione. Parlate, parlate
pure liberamente, chè qui siamo per leggerci a vicenda l'uno dell'altro
nell'anima.
— Vuole sapere la ragione del mio sorriso? Eccola. Ella vuole farmi
brillare dinanzi la luce: ma che luce è dessa quella che il suo partito
e la sua scuola sono disposti a concedere ai miseri mortali? Poichè Ella
stessa m'invita alla franchezza, dirò che credo loro intendimento e loro
compito la luce del vero misurarla con tanta parsimonia all'uomo che
egli trovisi nelle tenebre, costretto a seguire ciecamente per guida i
loro consigli e voleri....
— Se questi voleri e consigli lo hanno da guidare al bene ed alla
maggior possibile felicità, interruppe con qualche calore il gesuita,
non vi pare opera buona e doverosa il fare che primeggino ed ottengano?
Io non contesto quanto voi avete detto, e non vi accuso di attribuirci
concetti che non sono i nostri. Vi ho detto che fra di noi doveva
esserci un'assoluta franchezza. Sì, noi vogliamo misurare la luce: ma
quando una pupilla non è capace di sostenere che una data quantità di
chiarore, è prudenza, è carità, è dovere il non dargliene appunto che a
quel grado....
— E chi li fa giudici di questa misura?
— Il nostro santo ministero medesimo.
— No: l'interesse d'una casta, che da quello scuriccio ottiene
l'opportunità e la sicurezza di dominare.
— Sia; ma dominando spinge al vero bene l'umanità.
— La coscienza umana ha acquistato un altro concetto del suo bene, vuole
un altro mezzo di arrivarlo: la libertà.
— Parola ingannatrice! È lo scisma, è l'eresia. In essa appiattasi la
facoltà di fare il male.... Nel mondo, facciasi checchè si voglia, vi
saranno sempre due classi d'uomini: quelli che sanno, che pensano, che
hanno il talento e i mezzi d'istruirsi e di conoscere, e quelli che sono
condannati a vivere nell'ignoranza: i primi sono i pochi, i secondi sono
i molti. Chi può negare che a quelli non appartenga il diritto, anzi il
dovere di guidare gli altri, precisamente come ai genitori quello di
dirigere i loro figliuoli bambini?
Maurilio scosse il capo ed accennò parlare.
— Dite, dite pure: s'affrettò a sclamare il frate interrompendosi.
— Sì è vero, così parlò Maurilio, l'umanità fu divisa, è divisa ancora
in due parti: dei pochi che sanno e che possedono, dei molti che non
hanno ed ignorano. Ai primi tutte le distinzioni, tutti i gaudii
sociali; ai secondi nulla. Ah! loro non suppongono neppure quali sieno
le sofferenze di questa immensa turba di diseredati nella civiltà,
quanta sia e dolorosa la cancrena della miseria e dell'ignoranza nella
plebe. Io lo so che ho vissuto in mezzo ad essa; io lo so che quelle
sofferenze ho provate. E se là in mezzo cadde un'anima più sensitiva,
una intelligenza più sveglia, me lo creda, Padre, i tormenti morali
saranno peggiori e più crudeli ancora dei materiali.
— Voi mi cercate delle eccezioni; disse il gesuita colla medesima
benignità di sorriso e di voce, ma tuttavia con un accento in cui faceva
capolino una lieve impazienza della contraddizione. Sui cento mila ve ne
sarà uno capace di sentire quei tormenti morali che voi dite. E poi non
è vero che ad una eletta intelligenza, caduta per azzardo nelle basse
sfere sociali, sia assolutamente chiuso il cammino. La società è
abbastanza bene organata perchè sappia e possa giovarsi di tutte le
potenti individualità che Iddio mandi al genere umano, in qualunque
classe piaccia al suo alto senno farla nascere. La monarchia, dalla
quale abbiamo la fortuna e l'onore d'esser retti, non sa ella cercare e
scegliere i suoi zelanti servitori anche tra le più infime famiglie per
innalzarli ai primi gradi e favorirli di titoli, di ricchezze e di
onori? E la Chiesa? Non è dessa una madre amorosa che, senza riguardo ai
privilegi di nascita, innalza tutti coloro che se lo meritano, ai più
eminenti seggi della sua gerarchia? Quanti dalle più umili condizioni
non salirono essi fino al più allo fastigio, ad una grandezza «ch'era
follia sperar?» Voi sapete troppo le storie perchè io perda il tempo a
citarvene degli esempi.
— Queste si ch'Ella mi cita: interruppe Maurilio con vivacità;
queste sono eccezioni. Ma la cosa non va riguardata dal lato
dell'individualità, sibbene dal lato delle masse. Poco importa che di
quando in quando, uno della plebe rompa il cerchio fatale che costringe
nella miseria e nell'ignoranza tutti i suoi compagni, e si spinga anco
fino alle splendide aure del potere. Gli è tutta quella classe infelice
che dev'essere redenta dalla fame, dalla superstizione, dall'errore. Il
progresso umano sta tutto in ciò, che anche ai molti s'acquisti una
sempre maggior quantità di beni intellettuali ed economici...
Fu con decisa impazienza, questa volta, che Padre Bonaventura esclamò:
— Il progresso! il progresso!... Davvero che me l'aspettavo questa
parola.... La è sempre in bocca dei moderni novatori.... È un'assurda
teoria che prende l'uomo alla rovescia. Voi vedete nell'avvenire quello
stato di perfezione che fu nel passato prima della caduta dell'uomo; e
sperate superbamente arrivarlo, colle vostre misere e spesso empie
pseudo-conquiste della scienza. Tutto il progresso umano è contenuto
nella rivelazione. Fuori di li sono illusioni superbe e tenebre.
— Scusi. Il progresso è la legge che comanda a tutte le cose
dell'universo. Tutto progredisce, perchè tutto si muove, e muovendosi si
muta, e mutandosi sarebbe fare un oltraggio alla sapienza di Dio il dire
che non migliori. Guardi la storia medesima della terra, le successive
creazioni delle successive epoche cui ha percorso la vita del nostro
globo, e vedrà un continuo sforzo evidente della natura a raggiungere ed
estrinsecare sempre più perfette e più nobili forme e più intelligenti
creature, finchè arriva all'uomo.
Il gesuita, con quel suo atto di affettuosa domestichezza, pose di nuovo
la mano sul ginocchio del giovane.
— Non perdiamoci in così vasto ambito di considerazioni: diss'egli col
suo solito sorriso; e restringiamoci al nostro caso particolare.
Comprendo che voi, caro figliuolo, appartenendo finora di fatto a quella
classe che voi chiamate dei diseredati, voleste e vi proponeste di
tentare — usando sempre le vostre espressioni — la redenzione della
medesima, per ottenere con quella la vostra esaltazione...
Maurilio scosse il capo, come per protestare che quello non era stato
mai suo proposito; ma fra' Bonaventura, o non vide, o fe' mostra di non
vedere, e continuò:
— Avevate torto, perchè, sentendo ed apprezzando il valor vostro,
dovevate dirvi che eravate della razza degli uccelli dall'alto volo e
non di quella destinata a chiocciare nel fangoso suolo del pollaio; e
quindi, senza cercare di levare ad un volo impossibile i vostri compagni
senz'ali, dovevate pensare ad imbrancarvi voi alla schiera de' pennuti e
slanciarvi nelle serene aure del cielo....
— Oh come poterlo? Non seppe tanto frenarsi Maurilio che non
interrompesse. Ma tutto intorno abbiamo una fitta grata che ce lo
contende.
— Per chi non sa scegliere l'acconcio modo d'uscita: ribattè lesto il
frate. Se voi aveste saputo cercare validi protettori: se foste venuto,
per esempio, a picchiare alle porte di questo convento. L'umile tonaca
che mi vedete addosso avrebbe potuto aprirvi meglio d'ogni vostra
audacia di pensiero e d'azioni, il cammino. La predicazione,
l'insegnamento, la composizione di buoni libri, la paterna protezione
della nostra Compagnia vi avrebbero scorto anche ad una cattedra
vescovile. Ma, come dicevo, comprendo che per l'addietro queste idee non
sieno nate in voi; ora però, se voi uscite da quella sfera in cui foste
relegato finora, se voi arrivate in più felice lido e ponete il piede in
più splendida regione, spero che troverete anche voi opportuno, che
sentirete anzi il bisogno di cambiare opinioni e parere, che vedrete con
diverso aspetto le cose del mondo, appunto perchè le esaminerete da un
altro punto di mira, che riconoscerete in voi l'obbligo di difendere
quegli ordini religiosi, politici e sociali che volevate, ed avevate
anzi già cominciato assalire; che vi giudicherete della parte dei pochi
illuminati a cui è affidata la guida del gregge umano, e invece di
osteggiare e rendere difficile l'opera loro, vorrete aiutarla.
Padre Bonaventura tacque un momento, come per lasciar agio al giovane di
manifestare il suo pensiero; ma il nostro eroe, immobile, colle braccia
incrociate sul petto, non aprì bocca e stette aspettando la conclusione
con uno sguardo che sfavillava vivissimo nel fondo delle occhiaie, dalle
sue pupille color del mare.
Il gesuita s'ingannò sulla significazione di quello sguardo: credette
scorgervi la cupidigia dell'ambizione, e riprese a dire con più calore:
— A quali destini possiate arrivare, lo lascio pensare a voi. Colla
protezione d'una famiglia potente, col favore dell'aristocrazia,
coll'appoggio di noi, lo strenuo, eloquente, ispirato difensore dei
buoni principii otterrà quello che vuole.
Gli strinse come prima, ma più forte, il ginocchio, e tendendogli
l'altra mano dinanzi, come per mostrargli nella penombra della stanza le
cose che stava per evocare all'immaginazione del giovane, soggiunse col
tono di perorazione d'un buon predicatore:
— Nella vita secolare le prime cariche dello Stato, tutte le
distinzioni, tutti gli onori, tutto il potere; e nel clericato, se mai
Dio vi fosse così benigno da ispirarvi a vestire l'abito del nostro
ordine, i primi gradi, le infule vescovili e forse forse....
Abbassò la voce:
— Anche la tiara!... Sisto V era meno di te, figliuol mio!
Maurilio aveva sulle labbra un sogghigno pieno di tanta ironia, che fra'
Bonaventura, vedendolo, agghiacciò di subito. Levò vivamente la sua mano
dal ginocchio del giovane, spense il suo rettorico entusiasmo, e si tirò
indietro sul sofà, quasi con moto di sgomento improvviso.
Il giovane sorse in piedi con tutta freddezza, e disse lentamente:
— Io non sono punto ambizioso. Nelle mie sofferenze ho sentito le
sofferenze di tutta una classe: non aspiro al mio solo vantaggio: voglio
lavorare per quello di tutti gl'infelici, per quello in conseguenza di
tutto l'umano consorzio, della civiltà. O che ha ella creduto la
famiglia — ch'io non so se giungerò mai a chiamare mia — ha creduto
potermi imporre una condizione per compir essa il dovere che le incombe
di riconoscermi? Ed una scellerata condizione, qual è quella di
rinnegare le mie opinioni, di mutare dall'oggi al domani convinzioni e
credenze, cui non il particolare interesse, glie lo giuro, ma
l'apprezzamento del vero, ma la matura riflessione del mio intelletto mi
ha ispirate? La s'è ingannata; la s'inganna ancor Ella, Padre, nel
credermi capace di ciò. Fosse anche una madre che mi tendesse le braccia
a questi patti, io sarei disposto a farle la nobile risposta di
D'Alembert.
Il gesuita s'alzò egli pure. La sua faccia smise ad un tratto ogni
espressione di benignità per assumerne una di riserbata freddezza: aveva
capito che ogni ulteriore insistenza sarebbe stata inutile, che quella
volontà non si smoveva nè per blandizie, nè per offerte; pensò un
momento ricorrere alle minaccie e ne fece un lieve tentativo.
— Ella dunque, disse tornando a più cerimoniose forme di discorso, è un
nemico sfidato della Chiesa e del Trono, e vorrebbe combattere queste
due istituzioni sacrosante in qualunque condizione si trovasse?
— No: rispose con forza Maurilio protestando. Non penso che la Chiesa e
il Trono sieno ostacoli assoluti al progresso che vagheggio; spero
quindi che anche con essi possa il vantaggio delle plebi ottenersi. Sono
forme anche quelle istituzioni, e col moto del tempo ancor esse debbono
modificarsi. Credo che le si salveranno appunto modificandosi, secondo
il progresso sociale.
— Niente affatto. Chi le vuol toccare, vuol farle perire. Le sono come
la nostra benemerita Compagnia: e il motto che si disse di noi, deve
applicarsi anche a quelle istituzioni che noi colle nostre deboli forze
difendiamo: _sint ut sunt aut non sint_.... E saranno! _Portae inferi
non praevalebunt_. Crede Ella che le si lasceranno assalire dalle
temerità dei novatori moderni, senza difendersi e senza riagire? Hanno
dalla parte loro il comando, l'autorità, la forza sociale, la parola di
Dio, val quanto dire la verità e la potenza. Le temerarie idee e i loro
più temerarii profeti rimarranno schiacciati.
Maurilio sollevò la sua vasta fronte intelligente.
— I profeti, sia; può essere: esclamò egli, e questa volta la sua voce
vibrava coll'emozione ond'è dominato l'uomo il quale bandisce una
coraggiosa verità contrastata: ma le idee no. Soffocate per qualche
tempo soltanto, esse non muoiono, per dolori e tormenti di coloro che le
patrocinano non rinunziano, nel sangue anche dei loro proclamatori non
si spengono. Aspettano: si nascondono forse, ripostamente serpeggiano
fuor dell'arrivo delle polizie e delle predicazioni e della propaganda
del clero; e un bel dì sorgono in uno scoppio che è un trionfo, padrone
del campo, dominatrici del mondo. Guardi nella storia del passato, e
vedrà sempre essere avvenuto così, cominciando dalla più grande delle
idee, dall'idea cristiana....
— Ah! Ella bestemmia! Oserebbe paragonare le temerità delle malvagie
passioni demagogiche alle sacrosante cose della divina nostra religione?
— Anche le idee del Cristo erano temerità demagogiche pei gaudenti del
mondo pagano.... Io sono un nulla nel mondo; ma tutte le mie poche forze
ho consecrato al servizio di certi principii a cui ho dato
irrevocabilmente l'acquiescenza dell'animo mio e il consentimento del
mio pensiero; e quali che sieno le seduzioni onde mi si voglia
allettare, qualunque le minaccie che mi si facciano trasparire, non
muterò, se Dio mi assiste, per tutta la vita. Ho pensato sempre a quel
momento che mi pareva pure impossibile, in cui la mia famiglia potrebbe
riaprirsi per me, che ne fui, non so per qual cagione, spietatamente
reietto, ed ho sperato parecchie volte eziandio, glie lo confesso, che
questa famiglia potrebbe non essere nè spregevole, nè disonorata, avrei
dato qualunque cosa per giungere a questo risultamento; mi dicevo che
non la menoma recriminazione, non il menomo lamento avrei mosso contro
quella barbarie che mi ha condannato al supplizio di tanti anni di
miserabil vita, di disprezzata condizione; ma non avrei creduto mai che
questa famiglia volesse ancora impormi un sacrifizio cui non posso e non
debbo sopportare: quello della coscienza, quello di ciò che l'uomo ha di
più sacro, le proprie convinzioni. Se codesto pretende da me, le dica,
signore, che preferisco rimanermi nell'oscurità del mio nulla.
S'avviò per andarsene; il gesuita non lo trattenne; prese anzi la
lampada e gli fece lume fino al cominciar delle scale, dove, appena
chiamato, venne il frate laico per guidar fuor del convento il
visitatore.
— Addio: gli disse Padre Bonaventura. Non dispero che veniale a migliori
pensamenti. Se mai crederete d'aver qualche cosa da dirmi poi, se vi
sentirete in migliori disposizioni, venite a trovarmi....
Maurilio fece risolutamente un segno negativo, come per dire che non
sarebbe venuto mai. Il gesuita mandò un sospiro.
— Dio vi guidi ed illumini! Colla vostra famiglia, se pur sono veri i
sospetti che se ne hanno, se la Provvidenza vuole porvi in presenza di
lei, tratterete voi medesimo senza intermezzo; io ho fatto quello che ho
creduto bene per tutti, e mio dovere.
Rientrò nella sua cella, e intanto pensava:
— Se non ci fosse immischiato quello stupido di un onest'uomo che è Don
Venanzio, il meglio sarebbe lasciar tutto ignorare al marchese e trovar
modo di fare sparire ogni traccia.... Ciò non potendo più oramai, è
meglio svelare io stesso la verità al marchese e disporlo in guisa che
stimi dover suo non riconoscere il figliuolo di sua sorella.
CAPITOLO VI.
Battevano appena le nove quando il padre gesuita presentavasi al palazzo
Baldissero e veniva tosto introdotto presso il marchese, il quale, dopo
una notte insonne, stava ansiosamente aspettandolo. Invitato a parlare
sollecitamente, fra' Bonaventura incominciò, con aria compunta e mani al
petto intrecciate, un lungo esordio sulle vie imperscrutabili della
Provvidenza, cui il marchese finì per interrompere:
— Scusi.... Il fatto, a cui Ella fece allusione nella sua lettera di ier
sera, è desso la trista avventura della fu mia povera sorella?
— Eccellenza sì: rispose il frate inchinandosi.
— Le confesso che molto mi punge la sollecitudine di sapere qual cosa
mai, dopo tanto tempo, possa avvenire che abbia ancora attinenza a
quelle disgraziate vicende. La prego dirmi senza ambagi, senza indugi e
senza circonlocuzioni ciò di che si tratta.
Il gesuita fece col capo un segno di umile assentimento, ed abbassando
la voce ed accostando vieppiù la sua seggiola alla poltrona in cui stava
il marchese, come se avesse voluto che manco l'aria potesse cogliere le
parole che stava per pronunziare, disse:
— Il figliuolo, frutto di quel condannato matrimonio, fu creduto dalla
marchesina Aurora, e da Lei medesima, signor marchese, morisse pochi
giorni dopo la sua nascita.
Baldissero si riscosse in violento, ma tosto frenato sussulto; il suo
sguardo s'affondò negli occhi del gesuita che teneva la placida faccia
tonda a pochi centimetri dalle orecchie del marchese.
— Così affermarono, e con giuramento, diss'egli pesando sulle parole,
coloro che assistettero in quella circostanza mia sorella: Nariccia, la
cameriera Modestina... e Lei stessa, Padre Bonaventura.
Questi fece comparire sulle sue labbra rubiconde un sorriso tutto
amenità, levò la destra bianca e grassotta in un atto di mite protesta e
scotendo negativamente il capo, soggiunse con una cortese vivacità
d'accento:
— Perdoni, perdoni.... Io no!... Io non contraddissi le parole degli
altri.... Ecco tutto!
— Le confermò col suo silenzio.
— La permetta.... Il silenzio non conferma nulla.
Il marchese, con moto vivace, rivolse la poltrona e se stesso verso il
suo interlocutore così da rimanere con lui proprio faccia a faccia.
— Quel bambino non morì dunque allora, in fascie?
Bonaventura scosse gravemente la testa.
— No, signor marchese.
— E perchè fu detto morisse?
— Perchè tale fu la volontà, tale il comando di S. E. il marchese, padre
di V. E.
Baldissero si trasse indietro nella sua poltrona, impallidì leggermente,
e mandando un'esclamazione, interruppe con tono quasi di minacciosa
ammonizione:
— Badi bene!...
Ma il gesuita riprendendo con qualche calore:
— Di tutto quel che dico ho sempre buone prove per dimostrarne la
verità. Tengo delle lettere che scrisse a me stesso su tal proposito S.
E.; esistono testimonii Nariccia e la _Gattona_, e quando a Lei non
sembrino guarentigia sufficiente di sincerità, il mio carattere, la mia
parola....
Il marchese fece bruscamente un atto che voleva significare la sua piena
fiducia nelle parole del gesuita.
— E di quel fanciullo adunque, domandò impazientemente, che cosa
avvenne?
Padre Bonaventura narrò ciò che noi già sappiamo: Nariccia specialmente
incaricato di ciò dal vecchio marchese averlo seco portato un giorno, nè
alcun altro di quelli che stavano intorno alla vedova di Maurilio aver
saputo mai che cosa ne avesse fatto.
Sulla nobil faccia del marchese si dipinse l'espressione di un acuto
dolore, d'una penosa vergogna. Che cosa non avrebb'egli dato, perchè non
si fosse potuto accagionar mai di simil fatto suo padre! Pose la fronte
sulla palma della sua mano e stette un istante impensierito, poi
vivamente impugnò la nappa in cui finiva il cordone del campanello che
pendeva presso al luogo dov'egli sedeva e diede una forte tirata: un
lacchè si presentò sollecito all'uscio.
— Si corra tosto in casa di Nariccia: comandò egli: e gli si dica di
venir qui, subito, senza il menomo indugio.
Il domestico sparì con una premura che era indizio di quella colla quale
avrebbe eseguita la commissione.
Baldissero si volse di nuovo al gesuita.
— E come, dissegli con accento di rampogna, potè Ella prender parte a
questo crudele inganno?
— Io non vi ho preso parte diretta, rispose colla sua melliflua
parlantina padre Bonaventura: mi sono rimasto a non dissentire. Ho
considerato d'altronde la specialità delle circostanze che permetteva,
che consigliava una specialità di propositi. L'interesse e la pace di
una nobile stirpe come la sua, signor marchese, sono cose di tal rilievo
che ad ottenerle si può e si deve anco ammettere delle eccezioni a
qualche regola generale. Io sapeva d'altronde che la generosità del fu
signor marchese non avrebbe mancato di provvedere alla sorte futura di
quel bambino, e credo infatti che così abbia egli voluto fare e le
circostanze soltanto abbiano impedito che le sue intenzioni avessero
effetto....
Il marchese, che ascoltava non senza qualche impazienza i gesuiteschi
avvolgimenti di parole del frate, interruppe bruscamente a questo punto,
venendo la sua attenzione richiamata all'argomento principale e più
interessante.
— Ella dunque sa qualche cosa dell'ulteriore destino di quell'infelice?
— Allora io non ne seppi più nulla, nè di poi cercai mai di saperne, o
cosa alcuna venne a mia conoscenza a questo riguardo.... Ma ora
finalmente....
— Finalmente? interruppe con accento d'ansiosa interrogazione il
fratello della povera defunta Aurora: quel fanciullo vive?
Padre Bonaventura fece un cenno affermativo.
— Ella lo conosce?
— Signor sì.
— Dov'è?
Il gesuita si curvò ancora di più verso il marchese, abbassò ancora più
la voce e rispose:
— Qui nello stesso suo palazzo.
Il marchese afferrò una delle mani del frate e gliela strinse forte.
— Si spieghi, la prego: disse con voce vibrata, in cui più che una
preghiera era un comando.
Padre Bonaventura narrò quanto aveva appreso dalla _Gattona_, la
circostanza de' contrassegni, l'intromissione di Don Venanzio e va
dicendo quello che noi sappiamo già.
Il marchese ascoltò tutto ciò con un'agitazione ed un turbamento cui non
cercò in modo nessuno di dissimulare: quando il frate ebbe finito,
rimase un istante immobile, il capo chino, come senza volontà e senza
consiglio. Ancor egli vedeva in questo succedersi e combinarsi
d'avvenimenti la mano della Provvidenza, che voleva riparato un tale
delitto, e si veniva chiedendo che cosa gli toccasse di fare in presenza
di cotali circostanze. Il gesuita che indovinava ciò che si passava
nell'animo di lui, disse col suo accento e co' suoi modi insinuanti:
— Sì, qui è innegabile il Dito di Dio che ha voluto trarle innanzi a Lei
quel disgraziato giovane, perchè Ella lo salvasse.
— Qui!... qui stesso!... esclamò allora il marchese rompendo il
silenzio. Come un estraneo, come un poveretto sono io stesso che l'ho
introdotto nella casa di sua madre! Oh poichè Iddio lo volle fare in
questo modo rientrare sotto questo tetto, gli è perchè ci rimanesse come
a suo posto....
Era la naturale generosità del marchese che si manifestava nel suo primo
impulso; ma l'interruppe l'accortezza delle convenienze che parlò colla
voce melliflua del gesuita.
— Guardiamoci di non interpretare malamente i disegni di Quel di lassù.
Certo a riguardo di questo giovane qualche cosa ha da farsi, ma che sia
questo qualche cosa, converrà deciderlo con matura e ponderata
riflessione.
— Gli furon tolti famiglia e nome: disse con vivacità il marchese:
bisogna rendergli e il nome e la famiglia.
— Sta bene; ma prima bisogna chiarirsi di quale condizione egli sia
degno. V. E. sa meglio di me che se alcuno vien messo in posto a cui non
sia acconcio, ad altro non riesce che a far male per sè e per altrui.
Ella di certo ha qualche obbligo verso quel giovane, quantunque cotali
obblighi non sia un fatto suo ad averglieli dati: ma doveri ben maggiori
e più importanti V. E. ha eziandio verso la dignità della sua famiglia,
verso la causa del bene, verso la patria, verso la società. Ora l'alto
suo senno deve accordare così l'adempimento di questi doveri, che
soddisfacendo agli uni non riesca a ledere gli altri. Badi bene, signor
marchese, che volendo restituire alla sua famiglia un rampollo il quale
in realtà non le appartiene che per indiretto legame, Ella non faccia
poi capo ad altro che a dare al suo lignaggio il disdoro d'un nemico
dell'ordine, della religione e della monarchia, ed a porre questo nemico
in condizioni appunto da poter di meglio nuocere a quelle sacrosante
cose cui osteggia.
— Che sa Ella del come questo giovane pensa e ragiona? domandò il
marchese non senza qualche meraviglia.
— Ho creduto dovermi informare appuntino dell'essere morale e
intellettivo di quell'individuo, prima di fare il menomo passo presso V.
E. a questo proposito. Ho sentito che tale era il dovere di me che avevo
avuta la parte ch'Ella sa in quei funesti avvenimenti, dovere
accresciutomi ancora dal mio lungo ossequio devotissimo alla sua
illustre famiglia, dal mio stesso sacro carattere di sacerdote. Ho
dunque voluto appurare da me stesso chi e che cosa fosse quel giovane;
trovai modo d'averlo a me, lo scrutai con attento esame e ne conchiusi
che in esso vi era un demagogo incorreggibile, un invasato senza più
rimedio dall'iniquissimo spirito rivoluzionario che è lo spirito del
male.
— Ha tanto talento! esclamò quasi involontariamente il marchese.
— Sì; soggiunse con calore Padre Bonaventura, ed è perciò tanto più
pericoloso. A questa capacità volta al male, vorrebbe Ella dare i mezzi
di far più male?
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- La plebe, parte IV - 47
- La plebe, parte IV - 48
- La plebe, parte IV - 49
- La plebe, parte IV - 50
- La plebe, parte IV - 51