La plebe, parte III - 34

avrebbe più caro che io fossi al buio... All'erta Pelone!
E la malizia di quel vecchio trincato andava molto presso alla verità.
Il Commissario continuava:
— Or dunque badate bene a quello che si vuole da voi, e per cui vi si è
mandato a chiamare.
— Sì signore.
— Voi avete da intromettervi fra i più caldi che sono sempre i più
imprudenti di quei riottosi; e dovete mostrarvi più caldo e più
imprudente di loro.
— Ah sor Commissario! Avrei da dir cose contro la mia coscienza....
Tofi non gli volse che un'occhiata, ma la fu tale che gli tappò la bocca
meglio di qualunque parola. Pelone parve ringoiare non solo le parole,
ma la lingua; e il Commissario, come se non fosse stato interrotto:
— Di questa guisa vi ficcherete tanto addentro nei loro armeggiamenti da
scoprirne i piani e i mezzi e insomma quanto ci occorre... Avete capito?
— Sì signore.
— Possiamo contare su di voi?
Pelone tornò a mettere la sua manaccia sul curvo stomaco.
— La deve conoscere il mio zelo; le prometto di fare il possibile e
l'impossibile.
Quella promessa era fatta con vera ed assoluta sincerità.
— Sta bene, rispose Tofi: ci conto su. Nomi e cose e propositi, vogliamo
saper tutto appuntino... Badate che le vostre informazioni avranno
riscontro con altre, e non datevi a credere di poterci dar lucciole per
lanterne....
— Oh! esclamò l'oste coll'indignazione dell'onestà calunniata. Ella mi
crederebbe capace?...
— Dunque siamo intesi... Andate. Appena avrete qualche cosa da
comunicarmi, venite; e fate che sia presto. Quando io abbia qualche
istruzione più particolareggiata da darvi, manderò per voi.
Pelone uscì tirando tanto di fiato; non credeva di cavarsene a così buon
patto. Se ne tornò all'osteria dominato da una vera smania di far
meravigliare di sè e dell'efficacia dell'opera sua il terribile
Commissario Tofi: avrebbe denunziato in quell'accesso di ardore anche
suo padre.
Come il signor Tofi fosse stato così sollecitamente e così bene
informato di quanto era successo la sera innanzi nella taverna di
Pelone, sapremo più tardi: ora seguiamo anche una volta sor Commissario
in casa del suo superiore, il conte Barranchi, dove Tofi si reca, rigido
al solito, le mani nelle larghe tasche del lungo soprabito, con passo di
carica a cadenza militare.


CAPITOLO XXVI.

Il conte Barranchi era fra quelli che avevano accolto con crudele
rallegramento la notizia dell'esito del duello fra il marchesino di
Baldissero e l'avvocato Benda. Se n'era egli per più ragioni
compiaciuto, e perchè, come nobile, godeva del sopravvento avuto in
quella contesa da uno della sua casta, sopravvento che a senno di lui e
dei pari suoi doveva essere uno smacco di tutta la borghesia, di tutto
quel liberalume che, a dispetto della cappa di piombo dell'assolutismo,
voleva pure alzare il capo e le spalle; e inoltre perchè ce l'aveva
amara contro quell'insolente di borghesuccio che aveva osato
rispondergli con sicurezza, ch'egli battezzava per arroganza, quella
sera al ballo della Accademia filarmonica, e cui quando egli s'era già
data la soddisfazione di farlo arrestare, aveva dovuto con non poco
rammarico rilasciar tosto in libertà. Di tutto ciò gli cuoceva come di
una grave offesa personale che ne avesse ricevuta, e la palla piantata
nel fianco a Francesco da Baldissero fu per lui come lo strumento
provvidenziale della sua vendetta.
— Ma bene, ma benone, ma benissimo! aveva egli esclamato al caffè Fiorio
gridando forte, fregandosi le mani e guardando intorno a sè con superba
baldanza come per dire: «e se vi ha qualcuno cui le mie parole non
garbino, si palesi se ci vale!» Se non che Baldissero ha fatto troppo
onore a quel _rien-du-tout_ a battersi con lui... Sì, che codesti
galletti hanno bisogno di buone lezioni, ma affè mia vale anche meglio
che i nostri ufficiali fiacchin loro le costure con quattro piattonate,
e se vogliono voltare i denti, _crénom_! tagliar loro la faccia.
La sua irritazione s'era ancora accresciuta per ciò che il Re, sdegnato
contro il marchesino di Baldissero, aveva voluto che subito fosse
tradotto agli arresti in cittadella. Certo il conte Barranchi non osava
contrastare menomamente ad un ordine di S. M.: ma nell'orecchio di
alcuni fidi amici di sua risma era pur giunto a susurrare che quella del
Re era una inesplicabile accondiscendenza a _ces malheureux_ di
borghesi.
Più tardi quando Tofi medesimo era venuto a riferirgli quel po' di
tumulto che era successo nella fabbrica Benda, egli ci aveva trovato
argomento eziandio di soddisfazione.
— Ah! ah! aveva esclamato ridendo con una malignità che era la più
villana cosa del mondo. Ci ho proprio gusto. Vorrei che quella fabbrica
e la casa di tal gente fossero state sovvertite fin dalle fondamenta.
Non ci avrebbero che il fatto loro. E' si vantano amici del popolo,
codestoro, liberali dei tacchi de' miei stivali; vogliono far libero il
popolo, parlano dei diritti del popolo, e che so io..... Tò ben vi sta:
ecco di che guisa vi concia il vostro _buon popolo_... E sarebbe buono
davvero se ci sbarazzasse affatto di voi.
S'interruppe e stette un istante come sovraccolto da un'idea. Nato per
la nobile missione che compiva di capo supremo degli ammanettatori, che
avrebbe voluto ammanettare financo il pensiero, egli aveva nella mente
corta, ottusa ed ignorante i lampi d'ispirazione del genio crudele che
dettò tutte le infamie dei tiranni dell'umanità, dai Cesari di Roma ai
Torquemada dell'inquisizione: gli balenò di subito al cervello l'orrendo
concetto che guidò la polizia dell'Austria negli eccidi della Gallizia,
appunto in quel torno di tempo: quello di scatenare le turbe ignoranti
de' poveri contro i ricchi nemici dell'oppressione straniera, di far
distrurre dalla plebe aizzata ed acciecata la classe colta fautrice di
libertà.
— Sentite, Tofi: diss'egli dopo una breve pausa, e una mostra di
riflessione apparve sulla sua fronte stretta e fuggente all'indietro. Se
le cose si rimangono a far qualche danno a que' sciagurati dei Benda,
non c'è gran male..... Quando avessero dei fastidii privati e
finanziarii, quei valenti signori liberaloni non penserebbero più alla
politica..... Dunque l'affare restando in quei limiti.... voi mi capite?
Tofi era troppo esperto per non comprendere quanto e più di quello che
il suo superiore sapesse o volesse dirgli; e conosceva per prova che
certi partiti, specialmente nell'ordine di quelle attribuzioni, non si
formulano mai nettamente, e il subalterno accorto e che vuol farsi
merito deve prima ancora indovinarli che capire, non lasciarli che
leggermente adombrare da chi comanda, ed aver l'audacia, se il caso
torni, di eseguirli sulla propria risponsabilità, anche a rischio di
vedersi disconfessato e facilmente punito eziandio. Qui per Tofi si
aggiungeva un'altra considerazione affatto personale, che lo faceva
niente ripugnante al proposito accennato in nube dal comandante della
polizia, di cui era conosciuta per prova in tutto lo Stato la
predilezione pei provvedimenti estremi e feroci. Il Commissario, come ho
già detto, era plebe ancor egli; di là era egli venuto, soffrendo mille
stenti, e la sua esistenza, tutt'altro che piacevole ed agiata, era pure
per lui il risultamento d'una lotta continua, aspra, irritante colle
condizioni del suo stato sociale. Da ciò aveva egli recato seco un
astio, che era un'invidia insieme ed un istinto demagogico di povero,
contro la classe media che vedeva arrivare alla ricchezza e godere di
tutti quei beni onde i suoi erano privi. Per la nobiltà, secondo lui
(non già che si divisasse chiaro nella mente questi pensieri, ma li
aveva in nube ed agiva anche senza saperlo in conformità dei medesimi);
per la nobiltà, dico, quest'ingiustizia aveva ricevuto la sanzione del
tempo, era un diritto storico, poteva supporsi che da principio la fosse
provenuta da un fatto che la legittimasse; eppoi codesto entrava come
elemento di quel regime dello Stato ch'egli serviva, di cui in buona
fede non poteva credere esistesse il migliore, e cui volere anche in una
lieve parte rimutare, era distrurre sciaguratamente tutto l'equilibrio;
ma il ceto medio non poteva agli occhi suoi vantaggiarsi di nessuna di
cotali ragioni. Esso era uscito pur ieri dalla massa comune; esso di
quella somma di fortune che la classe privilegiata non aveva
immobilitate in sè, accaparrava la maggior parte; esso che era uno
spicchio così menomo dell'universalità del popolo, lasciando a tutto il
resto nient'altro più che la miseria; e di più questa medesima classe
ambiziosa ed audace, colle sue aspirazioni politiche minacciava quel
reggimento a cui egli era devoto. Vi ho già detto che nel suo modo di
trattare coi vari individui che gli cascavano fra le unghie, Tofi
adombrava le sue simpatie: coi plebei, fossero pur ladri ed assassini,
la sua ruvidezza scontrosa aveva tuttavia qualche cosa di famigliare,
colle persone vestite di panni fini, qualunque fosse la causa che glie
le menasse dinanzi, era villano, aspro, prepotente senza temperanza di
sorta.
Alle parole adunque del Generale, egli ammiccò in un certo modo, e con
prudente riserbo, rispose soltanto:
— Farò che V. E. non abbia ad essere malcontenta della condotta che
terrò in questo affare.
Tofi uscendo dal Capo della Polizia già s'era fatto il criterio del modo
di governarsi, e già si vedeva nella mente non che abbozzato, quasi
colorito il disegno che intendeva seguire; ma le informazioni che aveva
avute di poi, e propriamente quella mattina medesima, lo avevano
chiarito che le cose non si rimanevano in quei limiti che aveva esposti
al conte Barranchi, e che perciò occorreva avere con codestui nuove
intelligenze e provocarne nuovi ordini; ed ecco perchè, assicuratosi il
concorso di Pelone, il Commissario si recava ora di bel nuovo dal
Generale Comandante dei Carabinieri.
Questi, alla relazione, breve, sommaria ma lucidissima, di quanto
importava sapere, fattagli da Tofi, inarcò le sopracciglia, corrugò la
fronte, scosse alquanto la persona impettita nell'uniforme, e parve
affondarsi in una meditazione che doveva esser feconda di opportuni
provvedimenti. Tofi, secondo soleva, stette immobile nella mossa del
soldato senz'armi in presenza del superiore, ad aspettare.
Il Generale non era contento degli spedienti che si presentavano alla
sua immaginativa, e lo mostrava colle smorfie della sua faccia più
scontrosa ed antipatica del solito. Il brav'uomo non aveva che idee
semplici e primitive, non sapeva scorgere in ogni cosa che una strada,
la volgare battuta da tutti; e ciò non per manco di volere, ma di
capacità. Qui egli ben sentiva che il caso era complesso, che vi doveva
essere, che vi era un'occasione da raggiungere in una parecchi fini, da
ottenere più d'un efficace risultamento in beneficio delle proprie
opinioni, dei proprii intendimenti; ma codesto egli lo travedeva in
nube, in digrosso, senza sapere far concreto il concetto ed arrivare a
cogliere nessuna particolarità di mezzi. Se ne arrabbiava seco stesso; e
tanto di più in quanto sentiva, suo malgrado, che quel subalterno, col
suo contegno di subordinazione affatto inappuntabile, colla sua aria
rozza e grossolana, il quale gli stava dinanzi aspettando e fissando su
di lui uno sguardo che era tanto interrogatore da parergliene persino
rispettosamente ironico; quel subalterno, dico, aveva in capo un'idea
del da farsi, e dove fosse stato in luogo del superiore non avrebbe
avuto bisogno, per prendere una risoluzione, nè di sforzi di cervello,
nè di suggerimenti.
— Tofi, diss'egli poi, vedendo che il Commissario impassibilmente
trincerato nella sua attitudine di rispetto, non accennava di venire in
soccorso alla sua perplessità: voi siete uomo da comprendermi e da saper
eseguire i più dilicati còmpiti.
Si fermò a soffiar forte con importanza; il Commissario rimase immobile
come un pezzo di legno.
— Qui, abbiamo un caso... un caso che direi speciale, da cui possiamo
trarne partito per più e varie conseguenze tutte importanti.... Voi mi
capite?
Tofi battè leggermente le palpebre di guisa che voleva dire:
— Continui, chè son qui ad ascoltarla tutto orecchi, e vedrò dopo quel
che ho da capire.
— Bisogna renderci conto della nostra situazione, continuava Barranchi
andando evidentemente a caccia delle parole, senza pure aver la fortuna
di cogliere quelle che proprio avrebbe volute: parlo della nostra
situazione, come agenti e difensori del Governo... del principio
monarchico... di tutti i buoni principii politici e religiosi... come
Polizia, insomma... Voi mi capite?
Tofi questa volta accennò del capo.
— La nostra situazione, eccola. Abbiamo lo spirito rivoluzionario della
borghesia che minaccia il trono e l'altare..... Per disgrazia il Re,...
avanzo di suoi umori giovenili, effetto della generosità della sua
grand'anima (s'affrettò a soggiungere)..... ha delle velleità
conciliative, delle propensioni, direi quasi, verso quelle fatali
novità... Che peccato in un Principe così ammodo!... Sotto tutto questo
ci è il popolino, gli straccioni, che salterebbe volentieri addosso agli
abbienti della borghesia per isfamarsi colle loro robe... _Très bien_!
Voi seguite il filo del mio ragionamento?... Sono due parti nemiche, le
quali venendo a collisione fra loro, gioverebbero ad una terza... alla
nostra... Fra due contendenti profitta il terzo... Se si potesse, se si
sapesse sfruttare un movimento, che poi avrebbe ad essere seriamente
compresso, si otterrebbe senza fallo: e che il Re, sgomentato dallo
spettro rivoluzionario, tornerebbe a scostarsi da quella parte
pericolosa verso cui pencola, e che il popolo da quello sforzo
efficacemente represso, come un frenetico dopo una cacciata di sangue,
riuscirebbe per assai tempo ancora più mogio, e che la borghesia
medesima, spaventata da quel tafferuglio, dovrebbe per suo stesso
salvamento gettarsi umiliata nel partito de' buoni... il nostro...
quello del trono e dell'altare. Avete capito?
— Sì, signor conte: rispose allora con accento risoluto il Commissario.
Se lasciassimo, prima d'intervenire, saccheggiar parecchie fabbriche?
— Parecchie no: disse il generale. Il danno sarebbe troppo grave, e il
Re non ce lo perdonerebbe.
— Qualcheduna soltanto? domandò Tofi, guardando con occhio penetrativo
la faccia superba del conte che ora si atteggiava ad una espressione di
macchiavellismo che voleva essere indovinato.
— Il meno possibile: rispose Barranchi.
— Una fors'anco basterebbe? soggiunse il Commissario della maniera
medesima.
Il conte accennò di sì.
— E sarebbe meglio che questa fosse di qualcheduno che va per la
maggiore nel partito rivoluzionario.
— Certo, disse asciutto Barranchi aggiustandosi il collo nel goletto
ricamato d'argento della montura.
— E così sarà rovinata del tutto una famiglia nemica al Governo.
Barranchi si degnò di fare un nuovo cenno affermativo.
— Dunque intervenire a cose compiute: soggiunse il Commissario con
accento metà insinuativo e metà d'interrogazione.
— Ed allora: disse con forza il generale drizzandosi dell'alta persona:
reprimere fortemente per ischiacciare eziandio il capo alla sommossa
onde non conservi altra lusinga di potersi ancora levare altrimenti.
Tofi s'inchinò: aveva capito tutto, e il suo medesimo primitivo disegno
poteva mettersi in atto, secondo ciò che aveva già seco stesso
immaginato. Si partì e in breve ebbe disposto ogni cosa, perchè allo
scoppiar dei tumulti tutti gli altri opifizi fossero efficacemente posti
al riparo dall'ira della plebe, fuor quello di Giacomo Benda. Non
restava che a sapersi il momento in cui la preparata lotta sarebbe
avvenuta, e ciò veniva ad apprendere al signor Tofi quella sera
medesima, il bravo Pelone, il quale non aveva perduto tempo, e per mezzo
di Marcaccio e di Tanasio, mercè alcuni buoni fiaschi di vino, aveva
spillato quanto occorreva per adempire a dovere all'assuntosi impegno.
In quel medesimo mentre Gian-Luigi s'adoperava a salvare la famiglia e
le sostanze dei Benda, contro cui congiuravano tante ire. Ebb'egli per
ciò a sè Graffigna, e senza preamboli, come quegli che non aveva e
andava persuaso di non aver punto bisogno di farne, comandò al mariuolo
che dovesse tener modo (e questo lo lasciava compiutamente alla scelta
di lui), per impedire che alcun guaio più avvenisse, che alcun danno si
recasse alla fabbrica di sor Giacomo.
Graffigna colla sua aria d'ipocrita umiltà e di ostentata soggezione
rispose grattandosi in capo:
— Ah sor _medichino_, io nulla desidero di più che obbedirla ciecamente,
possano le mie spalle servir d'appoggiatoio alle pantofole di mastro
Impicca; ma quello che Lei ora mi comanda, affè mia che gli è proprio
difficile, tanto difficile quasi come fermare una palla di cannone una
volta sparato: e far intendere ragione a que' birboni di tre cotte,
nostri buoni amici, che hanno da essere dell'impresa, ed a quelle c...
di operai, brava gente, tutt'oro di coppella, ma ciuchi ed incapati come
non si può di peggio... E poi, e poi... La mi permetta, sor _medichino_,
di parlare senza peli sulla lingua, come la sa che è mia usanza, da
onest'uomo qual sono che possa frustarmi la pelle alle galere. Dunque le
dico, che in quel luogo c'è un troppo buon colpo da fare perchè ci
pensiamo e due, e tre, ed anco quattro volle, prima di dare così un
calcio alla pignatta...
— Ci ho pensato quanto occorre: interruppe seccamente Gian-Luigi: e
basta.
Graffigna non si mosse e continuò a grattarsi in capo, schiudendo ad un
sorriso tra melenso e tra malizioso le sue labbra sottili sotto il suo
naso appuntato.
— Non dovrei parlar più: diss'egli: non parlo più.... Sa bene
Vossignoria se gli è quel buon diavolo di Graffigna che è capace di
contrastare a un ordine del suo superiore. È un brigante di tre cotte,
un famoso arnesaccio quel galantuomo, ci sto; ma per la subordinazione,
per l'adempimento dei suoi doveri verso chi è da più, oh oh! non c'è chi
gli vada a paro.... Ma con tutto ciò il _busille_ si trova nella maniera
di fare a senno di Vossignoria. Qui sta l'intoppo! Pensi che nella cassa
di ferro.... nelle casse di ferro devo dire, perchè so di buona fonte
che ce n'è un'altra nello studiòlo particolare del principale,
nell'alloggio della famiglia.... in quelle casse di ferro adunque pensi
che vi sono le belle centinaia di migliaia di lire: tutti denari
lampanti e sonanti che la è una benedizione il solo vederli.
Gli occhietti del tristo omaccino scintillavano come carboni accesi.
— Pensi che gusto cacciarvi dentro le mani! E come avere il coraggio di
dire a quella brava gente dei nostri uomini, fior di ladri ed assassini:
«Alto là, e' non vi si ha da toccar più?» Sì eh! va a levare dalle zanne
della gatta il topo acchiappato! Io la capisco, sa, sor _medichino_. Oh!
io non sono come quegli arfasatti, grossolani più che una pialla: sono
capace di capirla io! Quella infelice famiglia è degna di compassione e
di riguardo: l'unico figliuolo moribondo.... una ragazza giovane e
bella.
Gian-Luigi si riscosse e corrugò la fronte; Graffigna s'affrettò a
soggiungere:
— Ma il sentimento è una cosa e l'interesse è un'altra; e la _cocca_
vive di quest'ultimo.... Se rinunziamo a tutti i bei colpi che ci si
affacciano, possiamo addirittura vestire il saione da frati e farci
beatificare. Si ricorda che ho avuto l'onore di dirle, come dopo avere
studiato maturamente in proposito, avevo trovato fuori la possibilità di
tre bei colpi: Benda, il marchese Baldissero e Nariccia.
Il _medichino_ fece un soprassalto.
— Ah! Nariccia, diss'egli con qualche esitazione: mi hai pur detto
qualche cosa di più, riguardo a lui.
E Graffigna sollecito, avvicinandosi di più ed abbassando la voce,
quantunque fossero fuori dell'arrivo di ogni udito umano.
— Le ho detto che ci avevamo le chiavi da penetrare nel covo di quel
bestione selvatico, miserabile avaraccio d'un usuraio, quando che sia.
— Ah!
Questa esclamazione di Gian-Luigi aveva tanto significato che Graffigna,
con un vivo lampo di gioia negli occhi soggiunse:
— E dunque la cosa si ha da fare... (E più basso ancora) stanotte se
vuole...
— No: disse bruscamente il _medichino_. Se mai occorresse..., più
tardi..... non parliamo di ciò adesso.
— Come le piace.
Dopo una brevissima pausa, Gian-Luigi con accento di comando che vuol
essere indiscusso, riprese a dire:
— Siamo dunque intesi, e ricordati bene le mie parole: ai Benda non ha
da succeder nulla, e se la mia volontà non sarà obbedita guai a te!....
Ora vattene.
Il mariuolo avrebbe ancora voluto aggiunger qualche cosa, ma il tono con
cui il _medichino_ l'aveva congedato e l'aspetto del volto di lui erano
tali che Graffigna, espertissimo conoscitore dalle mostre esterne delle
disposizioni dell'animo nel suo superiore, non credette per nulla
conveniente l'avventurarsi a parlare ancora e rimanere. Si allontanò
adunque; ma seco stesso pensava:
— Giusto! Bravo! Aspetti ch'io vada a serrarmi innanzi il più bel campo
di raccolta, ad impedirmi la più fruttuosa rivalsa che io abbia avuto
mai dinanzi.... Già! Gli è un uomo prezioso questo medichino, ma delle
volte il gran bizzarro.... Eh! so ben io dove il basto lo ammacca....
C'è una ragazza per colà.... Poh! gran che!... Le cose avverranno come
devono avvenire, e il povero Graffigna proverà chiaro come la luce del
sole che non ci ha potuto cica, e quella ragazza medesima sarà mezzo a
placare la collera di questo matto.... Sicuro!... Quando la si prenda e
glie la si porti nella sua casetta, ed e' se la trovi colà a sua
disposizione, oh che la collera gli vorrà sfumare senz'altro....
Gian-Luigi pensava da parte sua:
— Sì, voglio ch'e' sien salvi....
Fece un amaro sorriso, in cui si sarebbe potuto notare un certo
disprezzo di se medesimo.
— E le loro sostanze eziandio.
Prese il capo fra le mani, e stette immobile come se l'anima gli fosse
fuggita dal corpo.
— Sono alla vigilia d'un gran momento che ho preparato con tanto
travaglio, che ho agognato con tanta passione, che ho aspettato con
tanta ansietà: ed ora, presso all'effettuamento, non mi sorride più
lusinga alcuna di speranza! Mi sento mancare le forze di sotto mano.
Saremo vinti: è inevitabile; ed io e le mie idee vinti e perduti!.....
Debbo io lanciarmi nella voragine e lasciarmi rapire dalla bufera della
catastrofe?... E perchè?... L'avvenire, un prossimo avvenire è forse per
noi... Mario mi disse che la questione sociale non è matura tuttavia per
ottenere l'anelata soluzione nell'ordine dei fatti. Ciò può esser vero;
ah sì, è vero pur troppo per l'oggi; ma domani?... Perchè non mi
conserverei per questo domani? Tutto questo ribollir di passioni nelle
plebi di tutta Europa avrebbe da finire come un fuoco fatuo, come una
fiammata di paglia che un po' d'acqua smorza? La repressione dell'oggi
farà formarsi in segreto, concentrata e tanto più forte, nuova lava
nella cavità del vulcano popolare... Sì, sì, sì per dio! Un giorno o
l'altro eromperà tremendo.
Sorrise d'un orribil sorriso, quale un pittore potrebbe mettere sulle
labbra di Satana ch'e' dipingesse in atto di superbamente allietarsi nel
pensiero della sua ribellione contro Dio. Trasse di sotto i panni un
fine, affilato pugnale di antica fabbrica fiorentina, un gioiello
archeologico del medio evo ed una terribil arma in un pugno audace, nel
delitto, e si pose a tempestare di piccoli colpi della sua punta la
tavola che aveva dinanzi.
— E aspettando questo giorno, che farò io? Continuerò ad aggirarmi in
questo mondo sotterraneo, scavando sempre più la mina sotto l'edifizio
sociale?... Ah! quella pure è una schiavitù al mio libero spirito: di
questa terribile associazione io sono capo, ma essa a sè mi lega con
istretti vincoli che in fin de' conti duramente mi costringon le
membra... Potessi sciormene!...
Tornò ad appoggiare il capo alle mani colle cui palme si stringeva la
vasta fronte.
— Perchè ho visto le sembianze ingenue di quella ragazza?... Avrei
creduto io forse d'essere tuttavia così novellino?... Que' miti sguardi,
mi condussero il pensiero alla soglia d'un paradiso terrestre, di cui
non avrei pensato mai ch'io potessi desiderare le gioie modeste: quello
della domestica felicità.... Ma la mia anima inquieta è dunque
condannata ad aver bramosa sete di tutto? ad anelare a tutto? a tutto
volere stringere e possedere?... Voglio penetrare in quell'orto Esperide
a dispetto del mio passato. E se volessi romperla davvero con questo mio
passato, lo potrei?... Sì, sento in me tanta forza anche da ciò...
L'uomo dev'essere padrone sempre del suo destino... Io riconquisterei la
libertà intera, assoluta del mio essere, a prezzo anche d'un...
La parola che doveva seguire non pronunziò più: parve essa rifiutarsi
alle sue labbra che lievemente si contrassero.
— Libertà, libertà!... È egli l'uomo libero mai?... Noi siamo i
giocattoli d'un balordo o d'un burlone di destino, che ci mena dove
forse non sa neppur egli, tirandoci i fili colle circostanze... È ella
libera l'anima umana nella vita tranquilla e monotona della famiglia?
Oibò! L'inevitabile sempre vi afferra e vi tiene in ogni dove,
ognisempre, legati alla fatalità inesplicabile. Ci ho un esempio nella
famiglia Benda. Eppure... ah gli è vero che l'uomo è un continuo essere
diverso che si viene scambiando dì per dì, e diventando altro ora per
ora; e da ciò il supremo bisogno di cambiamento a lui connaturato.....
Eppure ora mi sorride così lieta al pensiero la gioia d'una domestica
pace, d'un amore senza rimorsi!...
A quest'ultima parola si riscosse e fece un atto di dispetto, quasi di
scherno.
— Rimorsi! esclamò. Che vocabolo ho io pronunziato cui ho voluto ed ho
detto tante volte cancellato dal mio linguaggio come l'idea che
rappresenta dal mio pensiero? Lasciamo quelle debolezze alla femminetta
in cui la carne lottò colla paura del confessore e vinse. Un uomo che,
in presenza delle vicende della vita, assecondò arditamente l'impulso
della sua natura, quindi le leggi dell'esplicamento del proprio
individuo, non deve avere nè pentimenti nè rimpianti. Incontrò nel suo
cammino la necessità del male e dovette con essa procedere come con un
compagno di viaggio... Il male? (Crollò le spalle con una disdegnosa
impazienza). Una parola di convenzione anco quella. È una relatività
delle nostre apprensioni. Esiste esso il male nell'assoluto?... Incontrò
delle difficoltà al suo passo, e dovette superarle affine di proseguire.
Alcuno rimase schiacciato. E con ciò? Tutta la natura è una lotta per la
vita. L'animalità è un immenso fratricidio. L'uomo al fastigio della
piramide di questa creazione organica, che nella sua stessa distruzione
attinge gli elementi della vita, è condannato, più ancora d'ogni altro
animale, per vivere, per pensare, per esplicarsi, a servire, invocare,
gridare la legge di morte. Non ho rimorsi; non voglio averne. Posto di
nuovo al principio della mia giovinezza, pressato dalle circostanze che
mi spingevano, io sceglierei ancora la medesima strada. Fu fatale; anche
i Numi della Grecia subivano il Fato.
«Ed ora una nuova forza, nata non in me, ma che in me si ripercuote,
vuole spingermi fuori di questa via che gli uomini chiamano del delitto.
È fatale anche ciò? Sì certo sarà, dove io ci riesca.»
Fece una nuova pausa: la ruga della sua fronte si mostrava profondamente
incavata, e dalle ciglia abbassate usciva pur tuttavia una fiera luce
dagli occhi suoi.
— La natura, che è nostra grande maestra universale, ci dà un terribile
insegnamento. Quando un mezzo qualunque le è diventato inutile..... non
aspetta nè anco che sia diventato dannoso... certe volte, per una specie
di capriccio, soltanto quando esso le torna meno gradito, spietatamente
lo distrugge. L'uomo forte, l'uomo superiore, nella sua azione sul mondo
ambiente, ha il còmpito della natura, attua ancor egli un'opera
creativa, nell'ordine materiale, così bene come, e più, in quello
intellettivo e morale. È un coadiutore consciente della madre natura; ha
diritto, ha dovere d'imitarla. Io, la cocca, non dovrei con atto