La plebe, parte III - 30
— Allora gambe aiuto: scompariamo per un poco dalla scena, e con quel
tanto che ad ogni modo potremo pure arraffare, andiamo momentaneamente a
beare della nostra industria altre terre più benigne, per tornar poi, ad
acque chete, a riprender qui l'opera nostra.
Il _medichino_ fece, sorridendo, un atto di assentimento, e senz'altre
parole penetrò nel nascosto passaggio, a capo il quale era il
_Cafarnao_.
Giuntovi, al fioco lume della lampada che pendeva dal mezzo della vôlta,
scorse una donna, la quale appoggiati i gomiti alla tavola, nascosta la
faccia tra le palme, appariva immersa in una profonda meditazione di
dolorosi pensieri; le si accostò egli con passo affrettato esclamando: —
Ester!
La donna si riscosse in sussulto, levò vivamente la faccia, quindi si
drizzò in piedi, agitata da un tremito la persona, mandò
un'esclamazione, i suoi occhi balenarono, e Gian-Luigi si vide dinanzi
concitata e fremente la Maddalena.
Dallo stupore il _medichino_ indietrò d'un passo.
— Tu! diss'egli. Sei tu qui?... Ed Ester? Dov'è? che ne hai tu fatto?
— Che ne ho fatto? rispose la fanciulla con un compresso furore: qui è
mia casa, qui è mio regno, qui tu devi essere e ti voglio unicamente
mio... Come aveva ella osato penetrare fin qua la sciagurata?... La
scacciai, come si scaccia un'intrusa.
Nelle scure pupille del _medichino_ balenò terribile il lampo dell'ira.
— Tu hai osato codesto?
La donna con una forza ed un coraggio che solo poteva darle l'impeto
della sua gelosia feroce, stette impavida innanzi a quella tremenda
espressione dell'ira di lui.
— L'ho osato: rispose ella fermamente.
— Tu hai disobbedito ai miei ordini, e non sai tu che da nessuno tollero
questa colpa?
— Fa di me quello che vuoi; ma io neppure non tollererò mai di vedermi
qui sotto gli occhi una rivale.
E la disgraziata digrignava i denti con un aspetto di ferocia da far
paura. Egli la fissava sempre con quello sguardo che era più di
qualsiasi parola una tremenda minaccia e sulla sua fronte s'incavava
sempre più la ruga che era indizio in lui dei sanguinosi propositi
dell'ira. Quelle due collere, quelle due ferocie stavano a fronte
sfidandosi, quasi insultandosi ed incitandosi a vicenda.
— Che hai tu fatto di quella donna? ripetè Gian-Luigi accostandosi d'un
passo alla Maddalena.
E questa sempre colla medesima fierezza di risoluzione:
— Le ho detto ciò che le conveniva: che la era una sgualdrina e peggio;
la presi per un braccio... benedica il suo angelo custode s'io non l'ho
strozzata colle mie mani... la trascinai fino fuori della bottega di
_Baciccia_, la buttai là sulla neve, e faccia la Madonna della Consolata
che ella sia basita di freddo come una infame ed una maledetta che essa
è...
A Gian-Luigi in quel punto venne ad affacciarsi un pungente ricordo: che
la povera Ester era madre. Si ricordò che il giorno innanzi, in quel
luogo medesimo egli ne aveva letto il primo annunzio nel biglietto
scrittogli dall'infelice, e tutti quei pensieri, tutte quelle sensazioni
che aveva avute in quel momento gli tornarono in folla e ad un tratto
nella mente e nell'animo. Pensò alla povera madre abbandonata sulla neve
in una notte invernale, ed alla creatura innocente ch'ella portava nel
seno — e quella creatura era sua!...
— Disgraziata! ruggì egli levando in un parosismo d'ira la mano e
percotendo la Maddalena alla faccia; è il tuo mal genio che ti ha
ispirata.
La ragazza non mandò neppure una voce, ma cadde traverso la tavola, a
cui era vicina, come erba recisa dal ferro del falciatore.
Per conoscere divisatamente in che modo la figliuola del rigattiere
ebreo forse fuggita all'ira di suo padre per cadere in preda alla
gelosia di Maddalena, rifacciamoci alla sera innanzi, quando Jacob Arom,
chiusa in istanza sua figlia, nella cantina la fante, era uscito di casa
per recarsi alla importante conventicola della _cocca_.
CAPITOLO XXIII.
Ester, lasciata sola da suo padre, era rimasta come sbalordita per un
poco, senza quasi saper nemmeno d'essere in vita. Sentiva che tutto era
finito per lei, che l'odio paterno mai più non le avrebbe perdonato, che
la miglior sorte da augurarsi era quella di morir presto; poi un più
acuto spasimo ricresceva in mezzo al suo tormento a lacerarle con più
fiero artiglio il cuore indolorito: il pensiero che Luigi era infedele,
ch'egli adunque nelle sue parole, nelle sue proteste, nei suoi
giuramenti l'aveva ingannata. A quest'idea il suo abbattimento era
interrotto da una vicenda di violenza nel soffrire, quasi di furore.
Sentiva il capo tumultuarle come se la pazzia stesse per invaderle il
cervello; aveva delle fiere smanie di vendetta; poi tornava nella
primiera prostrazione e si diceva per ogni riguardo irrimediabilmente
perduta, non esservi per lei altro più che abbandonarsi rassegnatamente
alla corrente che la travolgeva. Suo padre l'avrebbe uccisa, ella se ne
sentiva la paurosa certezza. Oh almeno non fosse stata troppo lenta a
venire la morte!
Ma ad un tratto il pensiero della fine divenne per lei più spaventoso
d'ogni altro, le divenne insopportabile. Qualche cosa erasi mosso nel
suo seno che l'ammoniva esser ella, dover essere, per un duplice
vincolo, per quello sacrosanto d'un infrangibile dovere, per quello
d'una novella vita d'uno spirito mandato da Dio alle prove terrene,
costretta alla esistenza, obbligata a difendere e salvare in ogni modo
la sua. Non volle più a niun patto morire. E poi voleva ancora una volta
veder Luigi, rimproverargli il suo tradimento infame, confonderlo.. Che
cosa avrebbe dettogli e fatto non sapeva bene ancora. Si levò di dove
stava accasciata con nuovo vigore; si slanciò contro la porta e volle
colle sue deboli mani delicate staccarne i cardini, infrangerne la
serratura, strapparne colle unghie le bandelle; la percosse, la urlò, si
mise a gridare: «aiuto, accorr'uomo,» si fece sanguinose le dita, si
fece rauca la voce nella gola, e tutto inutilmente. Si diede a girare
per quella piccola stanza come belva in gabbia, stringendosi colle mani
convulse la fronte, domandando invano al suo cervello una idea.
Di botto s'arrestò innanzi alla finestra. L'idea più semplice che poteva
nascerle erasele affacciata: quella di salvarsi scendendo di là. Corse
alla finestra e ne aprì con impeto le invetrate. Sappiamo già ch'ella
guardava in un cortile interno del ghetto diverso da quello dov'era la
porta da basso. In quella notte buia, quantunque fosse poca l'altezza di
quel piano, il cortile, a chi si sporgesse a guardarci, appariva
profondo come un abisso. Si ritrasse spaventata a tutta prima; ma il
pericolo del rimanere le sembrava ben maggiore di quello; chiamò in
soccorso tutta la sua energia, prese le lenzuola del suo letto, le
congiunse, legatone un capo alla tavola, le fece pendere giù della
finestra, ed aggrappatavisi colle mani, si lasciò scivolar giù.
Precipitò tramortita sul suolo, dove per sua fortuna la neve caduta e
l'immondizia rammontatavi smorzarono il colpo. Dopo un istante la si
riebbe. Levatasi in fretta, cercò uscire di là; ma non una luce era a
guidarla, e tutto era silenzioso intorno come una tomba. Ella, poco
pratica di quei tragitti, passò di cortiluccio in cortiluccio senza
trovare anima viva a cui domandare la strada; ed avesse ben anco trovato
qualcheduno, la si sarebbe piuttosto nascosta che osare accostarlo.
Girò, girò tanto che pervenne ad un portone d'uscita; ma a quell'ora
esso era chiuso, ed ella non aveva il coraggio di farselo aprire, e non
sapeva manco da cui. Si appiattò in un angolo, tremante di paura, di
freddo, di febbre, spaventata all'idea che suo padre, rientrando in casa
e non trovandocela, si desse a cercarla e la scoprisse colà; ma Jacob,
che abbiamo visto uscire alle dodici dalla taverna di Pelone, quella
notte non si ridusse nel ghetto, e ne sapremo più tardi il perchè.
Che dolorosa notte di morali e fisici patimenti fosse quella per la
infelice ve lo lascio pensare. Giunto finalmente il mattino, che parve
ritardasse un'eternità a venire, ella intirizzita, tutto dolente e
intormentita, confusa la testa, vacillante il corpo, s'affrettò ad
abbandonare il ghetto, e le parve una gran fortuna codesta, e quanto più
potè sollecita se ne allontanò. Non aveva altro scopo dapprima che
quello: andar lontano di là; ma poi tornò più vivo e più intenso il
desiderio, il bisogno di recarsi presso di lui, di vedere Luigi, non
fosse che per gettargli in faccia la maledizione per la sua infamia.
Dove dirigersi ella non sapeva menomamente: andò come una mosca senza
capo qua e là guardando ansiosamente dintorno, come se in ogni
passeggiero avesse da riconoscere lui, come se in ogni cosa che
l'attorniasse avesse da scoprire un indizio a guidarla. Debole ed
affranta dal digiuno, dalla tremenda passione morale, dalla dura notte
passata, sentiva mancarsi le forze oramai; ogni oggetto le girava
dattorno; credeva da un momento all'altro dover cadere, fors'anco morta.
— Oh prima di morire voglio ancora vederlo. si disse ridestando in sè
con uno sforzo della volontà tutta l'energia che ancora le rimaneva.
Ebbe il coraggio di rivolgersi ai passeggeri e pregarli le insegnassero
l'abitazione del dottor Quercia. Alcuni le ridevano in faccia, altri
crollavan le spalle e tiravan dritto; i più la prendevano per pazza e
peggio. Finalmente una guardia municipale n'ebbe compassione.
— Venite meco, le disse, vi condurrò al Vicariato, e colà potranno
certamente indicarvi quel che cercate.
Ester seguì la guardia, e dietro loro s'avviò, come sempre suole, una
frotta di monelli e di sfaccendati che scambiavano quella povera
fanciulla per ben altro da ciò ch'ella era, e la venivano accompagnando
di sciagurati motteggi. Ma la infelice non badava più a nulla, più non
si dava pensiero di nulla; e il solo suo spavento era quello di trovare
per istrada suo padre uso a girovagare per ragione del suo mestiere. Ciò
non le avvenne; condotta innanzi ad un impiegato della Polizia
municipale, che allora chiamavasi Vicariato, ella alle fattele
interrogazioni rispose, assumendo il nome della sua fante, chiamarsi
Debora V...., esser giunta da una città di provincia, non esser pratica
di Torino, ed aver sommo, urgente bisogno di parlare al dottor Quercia.
Nell'essere menata da quell'impiegato Ester ebbe due fortune: una di
trovare un discreto che non la fece aspettare in anticamera più di
mezz'ora, che non la trattò villanamente, benchè avesse le apparenze di
povera e si confessasse ebrea, che non la seccò di domande insistenti e
superflue per soddisfare la sua curiosità; l'altra fortuna fu che quel
medesimo impiegato conosceva appunto l'indirizzo dell'abitazione di
Quercia.
Di questo modo adunque potè essa alla fine pervenire alla dimora di
Luigi; ma colà trovava la desolante risposta di Varullo, che il padrone
era fuori e non si sapeva quando sarebbe rientrato. Ester pregò perchè
la si lasciasse aspettarlo; e il domestico, dopo alcune difficoltà,
indottovi dalla bellezza della ragazza ed anco da un po' di compassione
che gli avevan desta le supplicazioni e l'aspetto quasi disperato di
lei, aveva finito per acconsentire. Più tardi era sopraggiunto
Graffigna, il quale sappiamo che era conosciuto dalla giovane ed era
informato della tresca fra lei e il _medichino_. Egli pensò che questi
avrebbe a grado se gli avesse tolto dal suo alloggio la presenza della
giovane ebrea, e inteso in poche parole da lei come e perchè fosse
fuggita dal padre, e quindi come in ghetto non fosse possibile farla
ritornare, non sapendo dove ricoverarla altrimenti, pensò condurla in
_Cafarnao_, e giovandosi dell'autorità del nome di Luigi e del volere di
lui, tanto seppe fare che indusse la giovane a seguirvelo.
Ricevuti dal _medichino_ gli ordini che abbiamo udito dargli noi stessi,
Graffigna erasi affrettato ad andare alla bettola di Pelone, dove aveva
trasmesso nelle orecchie dell'oste il comando del capo, da comunicarsi a
chi si doveva: nessuno osasse penetrare in _Cafarnao_, finchè un nuovo
cenno tornasse a permetterlo; poi si era munito di alcune provvigioni da
bocca, ed era trottato da _Baciccia_ per ripetere colà l'avuta consegna
ed introdursi nel sotterraneo, mentre nell'osteria di Pelone, secondo
era stato deciso la sera innanzi, s'era distrutta la molla che faceva
aprire l'usciòlo segreto nell'assito, s'era con lastre di ferro
inchiodato l'usciòlo medesimo, e dietrovi otturato il passaggio con una
muratura di oltre cinquanta centimetri.
Maddalena che non aveva udito la comunicazione di Graffigna e che dalla
sua condizione di druda del _medichino_ aveva il privilegio di potersi
introdurre in _Cafarnao_ senza chiederne licenza e senza manco farlo
sapere a Pelone, tentava poco dopo aprire il passaggio segreto della
stanza riposta e trovava sparito perfino il segno dove conveniva premere
la molla; ricorreva all'oste meravigliata, domandandone spiegazione, e
il bravo bettoliere che non ne sapeva meglio di lei non aveva altro da
rispondere che con un uguale stupore. Qui venne il caso di raccontare
alla giovane della commissione di Graffigna, e delle provvisioni da
costui prese per una misteriosa abitatrice, come s'era lasciato scappar
detto, del sotterraneo. La curiosità in Maddalena sorse immensa di
botto, ma nacque ancora maggiore la gelosia. Certo si trattava d'una
rivale. Ella voleva vederla; il pensiero che una donna era colà,
dov'essa ancora la notte innanzi s'era trovata con lui, e stava
aspettandolo, e forse già ne godeva la compagnia, questo pensiero, a
quella violenta quasi selvaggia natura, era insopportabile. Uscì
correndo della bettola, e fu in pochi minuti alla bottega di _Baciccia_.
Colà affermò che essa veniva d'ordine preciso del _medichino_: ch'ella
da parte di lui aveva qualche cosa da dire a quella donna che era stata
lì dentro condotta. _Baciccia_ credette e la lasciò passare.
Ester da parecchie ore stava aspettando, e la sua ansietà, una vaga
paura venivano in lei accrescendosi sempre più. L'oscurità di quel luogo
in cui la si trovava, le cose che in esso poteva scorgere al fioco
chiarore di quell'unica lampada non erano acconcie a rassicurare ed
invigorire la pover'anima della infelice abbattuta da tanto fisico e
morale patimento. Eterno le sembrava il tempo a trascorrere, e via via
si facevano strada nell'anima sua i più strani sospetti. Se Luigi era
stato capace di tradirla, ella doveva crederlo capace di qualunque
scelleraggine. Graffigna non era egli un cieco e devoto strumento di
lui? Conducendola in quel sotterraneo luogo dov'ella era segregata da
tutto il resto del mondo, non obbediva forse ai cenni dell'infedele e
traditore amante, lieto di sbarazzarsi di lei? Non era ella fuggita alla
ferocia dell'ira paterna che per cadere in potere alla crudeltà
dell'amante voglioso di liberarsi d'ogni fastidio?
Mentre essa era nel peggio di questi tormentosi pensieri, la sentì
vicino a sè un fruscio, un suono di passi, un soffio di respiro
affannato, e levò gli occhi con un sussulto quasi di sgomento: innanzi
si vide lo sguardo acceso d'odio, la faccia improntata di furore, le
labbra dall'ira contratte d'una donna fieramente minacciosa.
Ester si alzò spaventata e si trasse indietro d'un passo. Maddalena
avanzò il capo verso di lei, allungando il collo, guardandola sempre con
ghigno feroce ma in silenzio, esaminandone con indagine maligna le
sembianze, affondandole negli occhi i suoi acuti come lame di pugnale,
tenendola sotto il fascino dello sguardo come fa la tigre alla sua preda
prima di slanciarsele addosso a sbranarla.
— Chi siete?... Che volete? domandò alla fine Ester tremante.
— Ah! voi lo domandate a me? ruggì Maddalena afferrandola ad un braccio
e stringendola come con una morsa di ferro. Gli è voi che dovete
rispondere a me... Che cosa siete venuta a far qui?... Che audacia è la
vostra d'introdurvi qui, di ardire sfidare ed affrontare la mia collera,
il mio furore?
Ester liberò a gran pena il braccio dalla stretta della donna furibonda
e traendosi indietro esclamò sempre più spaventata:
— Lasciatemi... Voi mi fate male... Io non vi conosco, voi; io non vi ho
fatto nulla a voi.
— Ah! non mi avete fallo nulla?... Sciagurata!... Voi venite fin qui a
contendermi il mio Luigi.
La figliuola di Jacob, a queste parole, si riscosse: levò più fieramente
il capo e osò guardare con fermezza la donna in cui capiva ora d'avere
una rivale.
— Il vostro Luigi! esclamò ella con una potente, oltraggiosa ironia.
E la Maddalena scoppiando:
— Sì mio, più che vostro di certo, perchè io ho dato a lui tutto di me,
anche la coscienza, anche la vita futura, ed egli mi ha aperto più che
la sua anima, i suoi segreti... Mio qui soprattutto dove abbiamo passate
insieme ore di paradiso... e dove non lascierò, per Dio! non lascierò
mai che un'altra venga a disputarmelo.
Ester provò profondissimo il dolore, ma più profonda ancora la vergogna.
Essa lo amava tanto, essa lo aveva amato tanto quell'uomo, a cui aveva
sacrificato il suo onore, la sua intiera esistenza; ed egli la tradiva
così infamemente! Le parole dettegli dal padre avevano la più piena
conferma. Non bastava adunque ch'e' si spergiurasse nelle braccia d'una
contessa; doveva eziandio ingannarla per costei cui l'aspetto, il
vestire, il linguaggio dicevano a quale schiera d'infelici creature
appartenesse. La povera tradita mandò un'esclamazione soffocata, curvò
la testa e si coprì colle mani la faccia.
— Fate bene a vergognarvi: continuava Maddalena, che la vostra è davvero
una impudente sfacciataggine... E non so proprio indovinare che cosa in
voi abbia potuto piacergli...
La giovane ebrea stette immobile, colla faccia nascosta. La sua
vergogna, la sua umiliazione erano tante che ogni forza era smarrita in
lei; non era più capace nè di pensare, nè di volere, nè di desiderare
nulla al mondo.
Maddalena continuava:
— Ch'egli fuori di qua faccia tutto quello che più gli talenta,
pazienza, lo tollero, glie la perdono... Sì: l'amo talmente da
perdonargli ogni cosa... Qui dentro, però, voglio esser sola e padrona:
questi luoghi che hanno veduto i nostri amplessi non debbono vederne
altri, per Dio!... A questo solo pensiero, mi sento qui qualche cosa che
mi fa perdere la ragione... sono sempre statagli sottomessa come un
cane... un povero cane che per una carezza dimentica ogni torto ed ogni
battitura, ma ora..... al veder voi qui.... mi sento diventare una
tigre... Sono capace di tutto, sapete! Sono capace di tutto.
E s'avanzò vieppiù verso Ester con volto illuminato davvero dalla più
trista fiamma della più trista passione. La si vedeva capace d'ogni
eccesso, di ogni delitto: se avesse avuto un coltello all'arrivo di
mano, la non si sarebbe trattenuta di certo dal piantarlo nel seno della
rivale.
La figliuola di Jacob guardò intorno sgomenta, come cercando un mezzo di
scampo.
— Non son io, diss'ella, che volli venir qua..... Mi vi condussero senza
ch'io sapessi dove..... Non ci voglio stare... Se sapessi partirmene...
Maddalena tornò ad afferrarla pel braccio.
— Ebbene venite: diss'ella con impero: a niun costo vi avrei qui
lasciata aspettarlo, avessi dovuto portarvi fuor di qua cadavere...
Venite.
La trascinò fino nella strada e per commiato, con uno spintone, le gettò
queste feroci parole:
— E pregate Iddio che mai più non vi troviate innanzi a me, che mai non
mi cadiate sotto le unghie: non ne uscireste più a così buon mercato, ve
lo giuro.
Ester si trovò di nuovo un'altra notte senza ricovero, abbandonata nel
mondo, senza sapere a cui rivolgersi, senza che si presentasse alla sua
mente più nessun mezzo di salute, senza volerne più cercare nemmanco. Si
sentiva spoglia affatto di ogni vigore di vita: non poteva reggersi in
piedi, aveva un immenso bisogno di riposo al corpo, di oblio alla mente,
questo riposo e quest'oblio fossero pure stati quelli del sepolcro. Si
lasciò cadere sopra un mucchio di neve in cui inciampò al primo passo
che volle fare; e stette là ingranchita, sfibrata, presso a perdere la
cognizione. Le parve di essere vicina a morire, e invece che paura
questo pensiero le ispirò un'intima amara mestizia. Almeno tutto sarebbe
finito!
In quello stato che non era sonno, e che non era di veglia, ma in cui le
impressioni erano strane e quasi direi travelate, la infelice dopo un
po' di tempo, che non sapeva dir quanto, sentì una mano posarsele sulla
spalla ed una voce — ah! una voce che ben conosceva, una voce che le
arrivò sino ai più intimi penetrali a riscuoterla come una forte
corrente di elettricità — le disse:
— Ehi quella donna, che cosa fate costì?
La sventurata allargò gli occhi con ispavento; di botto fu tornata
pienamente in sè: la vista delle sembianze di quell'uomo che era curvo
su di lei la atterrì talmente che fu dritta in piedi con un balzo, ed
una esclamazione, un grido di terrore partì dalle sue labbra.
L'uomo che l'aveva toccata, che le aveva parlato, che le stava dinanzi —
era suo padre.
_Macobaro_, come già fu accennato, per ragioni che sapremo più tardi,
non era tornato più a casa sua, dopo la fatale scena avuta colla
figliuola, che il giorno appresso a mattina già inoltrata. Al vedere la
finestra spalancata, le lenzuola pendenti al di fuori e la figliuola
sparita, il vecchio ebreo rimase il più stupito ed indignato uomo del
mondo. Gli rincrescevano del pari e la cosa in sè, e lo andar essa per
la bocca della gente, come pur troppo temeva non mancherebbe d'avvenire,
divulgandosi la fuga di Ester, e volendosene cercare, e sicuramente
indovinandosene la ragione. Ritrasse egli frattanto di fretta le
lenzuola nella stanza, guardò se in quel cortile alcuno fosse ad
osservare quella novità, e non vedendoci anima viva, sperò che, tutte le
finestre pel rigore della stagione tenendosi accuratamente chiuse, ed
essendovi in quel luogo assai poco passaggio di gente, nessuno avrebbe
ancora notato quel fatto, richiuse le invetrate, e sedutosi a mezzo di
quella stanza, ove trovavasi ora solo, stette il capo serrato fra le
scarne mani a meditare sul partito da prendersi.
La sua figliuola, egli la voleva riavere; non poteva rinunziare così al
suo scellerato desiderio di vendicarsi su lei tormentandola; gli pareva
una nuova offesa l'essergli di quel modo sfuggita la colpevole. Nella
rabbia che lo corrodeva, pensò alla povera, disgraziata, vecchia Debora
cui teneva chiusa in cantina, ed ebbe il crudele impulso di andare da
lei a torsi almanco uno sfogo.
— La vecchia strega non mi sarà fuggita essa: si disse con feroce
ironia, e prendendo seco un tozzo di pane inferigno, discese nella
sotterranea stanza, dove aveva gettata la fante.
L'infelice creatura, pel soverchio patimento di quella notte passata
senza coperture in quel freddo ed umido luogo, dopo tanto spavento e
spasimo, tutta intirizzita, giaceva raggomitolata in un angolo sul nudo
terreno, più morta che viva. All'entrar del padrone non si mosse, nè
diede segno veruno d'averlo pur sentito; occupata da una febbre mortale
non dinotava la vita che per certe scosse di brivido che le correvan di
quando in quando le membra.
— Debora! gridò Jacob camminando verso l'angolo dove l'aveva scorta,
vecchia infame, alzati, su, ho da parlarti.
La donna rimase immobile.
— Debora! gridò più forte il ferravecchi, curvandosi su di lei: questa
sciagurata è capace di dormire...
Le vide in vero le palpebre abbassate, ma il color livido delle guancie
e delle occhiaie, il respiro affannoso ed interrotto bene indicavano che
quello non era sonno tranquillo e naturale.
— Odi tu o non odi, mala femmina che ti maledica l'Eterno? Vuoi tu
aggiungere alle tue tante malizie anco quella di far la sorda? Olà! olà!
ti farò sentire ben io... Hai da dirmi tutto.... tutto, capisci?... come
successe la tresca infame... voglio saperne ogni circostanza... e tu me
l'hai da narrare per filo e per segno.
Così dicendo, col piede scuoteva quella massa inerte che stava buttata
come un sacco di cenci. Debora a quegli urti aprì gli occhi; ma nelle
pupille che apparvero non c'era più intelligenza di sorta.
— Mi odi tu? ripetè _Macobaro_ curvandosi ancora di più verso la
cadaverica faccia di lei.
Ella non diede segno alcuno di risposta. Il padre di Ester si ridrizzò
della persona, incrociò le braccia al petto, e la guardò un istante in
silenzio; ma nel suo aspetto non c'era la menoma ombra di compassione.
— La è un po' sbalordita, diss'egli poi: bah! gli è nulla; questa razza
di gente ha la pelle dura e la vita tenace: la si rimetterà presto, e
tornerò allora a interrogarla.
Le gettò vicino al capo il tozzo di pan nero che aveva recato seco e le
disse:
— To'; dovrei lasciarti crepar di fame come ti meriti, più trista delle
triste femmine, che tu sei, corruttrice infame della mia figliuola,
ladra d'uno dei miei tesori, rovina della mia vecchiaia; ma ho bisogno
ancora che tu parli... e ti lascio vivere... A rivederci stassera.
Uscì richiudendo accuratamente la forte imposta della porta e tornò al
suo precedente proposito: quello di rintracciare la figliuola. Era
troppo naturale che Ester cercasse ricovero e protezione presso il suo
amante, perchè a Jacob non venisse primo il pensiero che insieme con lui
si ritrovava sua figlia. Certo gli sarebbe stato difficile poterla
toglier di là e ridurla di nuovo in poter suo, ed egli non sapeva come
avrebbe fatto per ciò; ma nella sua mente si andavano agitando e
maturando i più gravi e niquitosi disegni di vendetta, cui avrebbe, in
dipendenza degli avvenimenti, eseguiti in tutto o in parte, e da cui
anche la colpevole figliuola, che ora gli pareva odiare quanto aveva
amata dapprima, sarebbe stata raggiunta e fieramente colpita. Per ora
l'importante era sapere dove Ester fosse riparata, e decise mettere
tutto il suo impegno a scoprirlo. Conosceva egli abbastanza le abitudini
e la vita del _medichino_ per sapere come in quel quartiere che era la
sua dimora ufficiale, se anco la ragazza si fosse recata colà a
trovarlo, egli non l'avrebbe tenuta; era quindi molto più facile, anzi
quasi sicuro, che Ester si trovasse o nella palazzina del viale, di cui
Arom, come uno dell'alto sinedrio della cocca, conosceva i misteri,
oppure in qualcun'altra delle camere che Luigi affittava in città per
più comodo convegno nelle sue tante avventure amorose.
Pensò prima di tutto cercar di chiarirsi se sua figlia fosse nella
palazzina: corse sul viale, e giunse in faccia alla porta del murello
che non erano ancora le dieci del mattino. La casetta aveva il suo
solito aspetto deserto, e non un indizio appariva che fosse in essa
qualcheduno. _Macobaro_, non iscoraggiato per questo, decise di stare
colà in osservazione un po' di tempo. Ben presto ebbe da lodarsi del suo
proposito e della sua accortezza, perchè vide di lontano coi suoi occhi
di falco il conosciuto legnetto del _medichino_ venire di trotto a
quella volta. Si nascose dietro il grosso tronco d'una pianta, così da
non essere veduto nè dal cocchiere, nè da chi era dentro la carrozza. Di
colà scorse Gian-Luigi medesimo uscir del legno, traversare il
cortiletto ed entrar nella casa.
— Essa è costà: si disse: ed egli è venuto a vederla.
Siccome il _brougham_ non partì, ma, fermatosi a poca distanza dalla
porta del muricciuolo, stette ad aspettare, Jacob ne argomentò che il
_medichino_ non si sarebbe colà trattenuto lunga pezza, e rimase per
vedere ciò che succedesse.
Dopo alcuni minuti dovette ricredersi dalla sua prima opinione. Vide
sopraggiungere una carrozza di piazza e da essa discendere una signora,
cui, quantunque accuratamente velata, egli riconobbe assai bene per la
contessa di Staffarda.
— No, diss'egli, Ester non c'è... Non ci avrebbe dato ritrovo a
quest'altra..... Si trova adunque in qualcun altro de' suoi ricettacoli;
ma dove?... dove?
Stette pur tuttavia fermo ad aspettare ancora, finchè vide la contessa
uscir prima a piedi, e dieci minuti dopo partirsi egli eziandio colla
sua carrozza. Allora _Macobaro_ s'avviò a passo lento verso l'interno
della città, riflettendo profondamente.
tanto che ad ogni modo potremo pure arraffare, andiamo momentaneamente a
beare della nostra industria altre terre più benigne, per tornar poi, ad
acque chete, a riprender qui l'opera nostra.
Il _medichino_ fece, sorridendo, un atto di assentimento, e senz'altre
parole penetrò nel nascosto passaggio, a capo il quale era il
_Cafarnao_.
Giuntovi, al fioco lume della lampada che pendeva dal mezzo della vôlta,
scorse una donna, la quale appoggiati i gomiti alla tavola, nascosta la
faccia tra le palme, appariva immersa in una profonda meditazione di
dolorosi pensieri; le si accostò egli con passo affrettato esclamando: —
Ester!
La donna si riscosse in sussulto, levò vivamente la faccia, quindi si
drizzò in piedi, agitata da un tremito la persona, mandò
un'esclamazione, i suoi occhi balenarono, e Gian-Luigi si vide dinanzi
concitata e fremente la Maddalena.
Dallo stupore il _medichino_ indietrò d'un passo.
— Tu! diss'egli. Sei tu qui?... Ed Ester? Dov'è? che ne hai tu fatto?
— Che ne ho fatto? rispose la fanciulla con un compresso furore: qui è
mia casa, qui è mio regno, qui tu devi essere e ti voglio unicamente
mio... Come aveva ella osato penetrare fin qua la sciagurata?... La
scacciai, come si scaccia un'intrusa.
Nelle scure pupille del _medichino_ balenò terribile il lampo dell'ira.
— Tu hai osato codesto?
La donna con una forza ed un coraggio che solo poteva darle l'impeto
della sua gelosia feroce, stette impavida innanzi a quella tremenda
espressione dell'ira di lui.
— L'ho osato: rispose ella fermamente.
— Tu hai disobbedito ai miei ordini, e non sai tu che da nessuno tollero
questa colpa?
— Fa di me quello che vuoi; ma io neppure non tollererò mai di vedermi
qui sotto gli occhi una rivale.
E la disgraziata digrignava i denti con un aspetto di ferocia da far
paura. Egli la fissava sempre con quello sguardo che era più di
qualsiasi parola una tremenda minaccia e sulla sua fronte s'incavava
sempre più la ruga che era indizio in lui dei sanguinosi propositi
dell'ira. Quelle due collere, quelle due ferocie stavano a fronte
sfidandosi, quasi insultandosi ed incitandosi a vicenda.
— Che hai tu fatto di quella donna? ripetè Gian-Luigi accostandosi d'un
passo alla Maddalena.
E questa sempre colla medesima fierezza di risoluzione:
— Le ho detto ciò che le conveniva: che la era una sgualdrina e peggio;
la presi per un braccio... benedica il suo angelo custode s'io non l'ho
strozzata colle mie mani... la trascinai fino fuori della bottega di
_Baciccia_, la buttai là sulla neve, e faccia la Madonna della Consolata
che ella sia basita di freddo come una infame ed una maledetta che essa
è...
A Gian-Luigi in quel punto venne ad affacciarsi un pungente ricordo: che
la povera Ester era madre. Si ricordò che il giorno innanzi, in quel
luogo medesimo egli ne aveva letto il primo annunzio nel biglietto
scrittogli dall'infelice, e tutti quei pensieri, tutte quelle sensazioni
che aveva avute in quel momento gli tornarono in folla e ad un tratto
nella mente e nell'animo. Pensò alla povera madre abbandonata sulla neve
in una notte invernale, ed alla creatura innocente ch'ella portava nel
seno — e quella creatura era sua!...
— Disgraziata! ruggì egli levando in un parosismo d'ira la mano e
percotendo la Maddalena alla faccia; è il tuo mal genio che ti ha
ispirata.
La ragazza non mandò neppure una voce, ma cadde traverso la tavola, a
cui era vicina, come erba recisa dal ferro del falciatore.
Per conoscere divisatamente in che modo la figliuola del rigattiere
ebreo forse fuggita all'ira di suo padre per cadere in preda alla
gelosia di Maddalena, rifacciamoci alla sera innanzi, quando Jacob Arom,
chiusa in istanza sua figlia, nella cantina la fante, era uscito di casa
per recarsi alla importante conventicola della _cocca_.
CAPITOLO XXIII.
Ester, lasciata sola da suo padre, era rimasta come sbalordita per un
poco, senza quasi saper nemmeno d'essere in vita. Sentiva che tutto era
finito per lei, che l'odio paterno mai più non le avrebbe perdonato, che
la miglior sorte da augurarsi era quella di morir presto; poi un più
acuto spasimo ricresceva in mezzo al suo tormento a lacerarle con più
fiero artiglio il cuore indolorito: il pensiero che Luigi era infedele,
ch'egli adunque nelle sue parole, nelle sue proteste, nei suoi
giuramenti l'aveva ingannata. A quest'idea il suo abbattimento era
interrotto da una vicenda di violenza nel soffrire, quasi di furore.
Sentiva il capo tumultuarle come se la pazzia stesse per invaderle il
cervello; aveva delle fiere smanie di vendetta; poi tornava nella
primiera prostrazione e si diceva per ogni riguardo irrimediabilmente
perduta, non esservi per lei altro più che abbandonarsi rassegnatamente
alla corrente che la travolgeva. Suo padre l'avrebbe uccisa, ella se ne
sentiva la paurosa certezza. Oh almeno non fosse stata troppo lenta a
venire la morte!
Ma ad un tratto il pensiero della fine divenne per lei più spaventoso
d'ogni altro, le divenne insopportabile. Qualche cosa erasi mosso nel
suo seno che l'ammoniva esser ella, dover essere, per un duplice
vincolo, per quello sacrosanto d'un infrangibile dovere, per quello
d'una novella vita d'uno spirito mandato da Dio alle prove terrene,
costretta alla esistenza, obbligata a difendere e salvare in ogni modo
la sua. Non volle più a niun patto morire. E poi voleva ancora una volta
veder Luigi, rimproverargli il suo tradimento infame, confonderlo.. Che
cosa avrebbe dettogli e fatto non sapeva bene ancora. Si levò di dove
stava accasciata con nuovo vigore; si slanciò contro la porta e volle
colle sue deboli mani delicate staccarne i cardini, infrangerne la
serratura, strapparne colle unghie le bandelle; la percosse, la urlò, si
mise a gridare: «aiuto, accorr'uomo,» si fece sanguinose le dita, si
fece rauca la voce nella gola, e tutto inutilmente. Si diede a girare
per quella piccola stanza come belva in gabbia, stringendosi colle mani
convulse la fronte, domandando invano al suo cervello una idea.
Di botto s'arrestò innanzi alla finestra. L'idea più semplice che poteva
nascerle erasele affacciata: quella di salvarsi scendendo di là. Corse
alla finestra e ne aprì con impeto le invetrate. Sappiamo già ch'ella
guardava in un cortile interno del ghetto diverso da quello dov'era la
porta da basso. In quella notte buia, quantunque fosse poca l'altezza di
quel piano, il cortile, a chi si sporgesse a guardarci, appariva
profondo come un abisso. Si ritrasse spaventata a tutta prima; ma il
pericolo del rimanere le sembrava ben maggiore di quello; chiamò in
soccorso tutta la sua energia, prese le lenzuola del suo letto, le
congiunse, legatone un capo alla tavola, le fece pendere giù della
finestra, ed aggrappatavisi colle mani, si lasciò scivolar giù.
Precipitò tramortita sul suolo, dove per sua fortuna la neve caduta e
l'immondizia rammontatavi smorzarono il colpo. Dopo un istante la si
riebbe. Levatasi in fretta, cercò uscire di là; ma non una luce era a
guidarla, e tutto era silenzioso intorno come una tomba. Ella, poco
pratica di quei tragitti, passò di cortiluccio in cortiluccio senza
trovare anima viva a cui domandare la strada; ed avesse ben anco trovato
qualcheduno, la si sarebbe piuttosto nascosta che osare accostarlo.
Girò, girò tanto che pervenne ad un portone d'uscita; ma a quell'ora
esso era chiuso, ed ella non aveva il coraggio di farselo aprire, e non
sapeva manco da cui. Si appiattò in un angolo, tremante di paura, di
freddo, di febbre, spaventata all'idea che suo padre, rientrando in casa
e non trovandocela, si desse a cercarla e la scoprisse colà; ma Jacob,
che abbiamo visto uscire alle dodici dalla taverna di Pelone, quella
notte non si ridusse nel ghetto, e ne sapremo più tardi il perchè.
Che dolorosa notte di morali e fisici patimenti fosse quella per la
infelice ve lo lascio pensare. Giunto finalmente il mattino, che parve
ritardasse un'eternità a venire, ella intirizzita, tutto dolente e
intormentita, confusa la testa, vacillante il corpo, s'affrettò ad
abbandonare il ghetto, e le parve una gran fortuna codesta, e quanto più
potè sollecita se ne allontanò. Non aveva altro scopo dapprima che
quello: andar lontano di là; ma poi tornò più vivo e più intenso il
desiderio, il bisogno di recarsi presso di lui, di vedere Luigi, non
fosse che per gettargli in faccia la maledizione per la sua infamia.
Dove dirigersi ella non sapeva menomamente: andò come una mosca senza
capo qua e là guardando ansiosamente dintorno, come se in ogni
passeggiero avesse da riconoscere lui, come se in ogni cosa che
l'attorniasse avesse da scoprire un indizio a guidarla. Debole ed
affranta dal digiuno, dalla tremenda passione morale, dalla dura notte
passata, sentiva mancarsi le forze oramai; ogni oggetto le girava
dattorno; credeva da un momento all'altro dover cadere, fors'anco morta.
— Oh prima di morire voglio ancora vederlo. si disse ridestando in sè
con uno sforzo della volontà tutta l'energia che ancora le rimaneva.
Ebbe il coraggio di rivolgersi ai passeggeri e pregarli le insegnassero
l'abitazione del dottor Quercia. Alcuni le ridevano in faccia, altri
crollavan le spalle e tiravan dritto; i più la prendevano per pazza e
peggio. Finalmente una guardia municipale n'ebbe compassione.
— Venite meco, le disse, vi condurrò al Vicariato, e colà potranno
certamente indicarvi quel che cercate.
Ester seguì la guardia, e dietro loro s'avviò, come sempre suole, una
frotta di monelli e di sfaccendati che scambiavano quella povera
fanciulla per ben altro da ciò ch'ella era, e la venivano accompagnando
di sciagurati motteggi. Ma la infelice non badava più a nulla, più non
si dava pensiero di nulla; e il solo suo spavento era quello di trovare
per istrada suo padre uso a girovagare per ragione del suo mestiere. Ciò
non le avvenne; condotta innanzi ad un impiegato della Polizia
municipale, che allora chiamavasi Vicariato, ella alle fattele
interrogazioni rispose, assumendo il nome della sua fante, chiamarsi
Debora V...., esser giunta da una città di provincia, non esser pratica
di Torino, ed aver sommo, urgente bisogno di parlare al dottor Quercia.
Nell'essere menata da quell'impiegato Ester ebbe due fortune: una di
trovare un discreto che non la fece aspettare in anticamera più di
mezz'ora, che non la trattò villanamente, benchè avesse le apparenze di
povera e si confessasse ebrea, che non la seccò di domande insistenti e
superflue per soddisfare la sua curiosità; l'altra fortuna fu che quel
medesimo impiegato conosceva appunto l'indirizzo dell'abitazione di
Quercia.
Di questo modo adunque potè essa alla fine pervenire alla dimora di
Luigi; ma colà trovava la desolante risposta di Varullo, che il padrone
era fuori e non si sapeva quando sarebbe rientrato. Ester pregò perchè
la si lasciasse aspettarlo; e il domestico, dopo alcune difficoltà,
indottovi dalla bellezza della ragazza ed anco da un po' di compassione
che gli avevan desta le supplicazioni e l'aspetto quasi disperato di
lei, aveva finito per acconsentire. Più tardi era sopraggiunto
Graffigna, il quale sappiamo che era conosciuto dalla giovane ed era
informato della tresca fra lei e il _medichino_. Egli pensò che questi
avrebbe a grado se gli avesse tolto dal suo alloggio la presenza della
giovane ebrea, e inteso in poche parole da lei come e perchè fosse
fuggita dal padre, e quindi come in ghetto non fosse possibile farla
ritornare, non sapendo dove ricoverarla altrimenti, pensò condurla in
_Cafarnao_, e giovandosi dell'autorità del nome di Luigi e del volere di
lui, tanto seppe fare che indusse la giovane a seguirvelo.
Ricevuti dal _medichino_ gli ordini che abbiamo udito dargli noi stessi,
Graffigna erasi affrettato ad andare alla bettola di Pelone, dove aveva
trasmesso nelle orecchie dell'oste il comando del capo, da comunicarsi a
chi si doveva: nessuno osasse penetrare in _Cafarnao_, finchè un nuovo
cenno tornasse a permetterlo; poi si era munito di alcune provvigioni da
bocca, ed era trottato da _Baciccia_ per ripetere colà l'avuta consegna
ed introdursi nel sotterraneo, mentre nell'osteria di Pelone, secondo
era stato deciso la sera innanzi, s'era distrutta la molla che faceva
aprire l'usciòlo segreto nell'assito, s'era con lastre di ferro
inchiodato l'usciòlo medesimo, e dietrovi otturato il passaggio con una
muratura di oltre cinquanta centimetri.
Maddalena che non aveva udito la comunicazione di Graffigna e che dalla
sua condizione di druda del _medichino_ aveva il privilegio di potersi
introdurre in _Cafarnao_ senza chiederne licenza e senza manco farlo
sapere a Pelone, tentava poco dopo aprire il passaggio segreto della
stanza riposta e trovava sparito perfino il segno dove conveniva premere
la molla; ricorreva all'oste meravigliata, domandandone spiegazione, e
il bravo bettoliere che non ne sapeva meglio di lei non aveva altro da
rispondere che con un uguale stupore. Qui venne il caso di raccontare
alla giovane della commissione di Graffigna, e delle provvisioni da
costui prese per una misteriosa abitatrice, come s'era lasciato scappar
detto, del sotterraneo. La curiosità in Maddalena sorse immensa di
botto, ma nacque ancora maggiore la gelosia. Certo si trattava d'una
rivale. Ella voleva vederla; il pensiero che una donna era colà,
dov'essa ancora la notte innanzi s'era trovata con lui, e stava
aspettandolo, e forse già ne godeva la compagnia, questo pensiero, a
quella violenta quasi selvaggia natura, era insopportabile. Uscì
correndo della bettola, e fu in pochi minuti alla bottega di _Baciccia_.
Colà affermò che essa veniva d'ordine preciso del _medichino_: ch'ella
da parte di lui aveva qualche cosa da dire a quella donna che era stata
lì dentro condotta. _Baciccia_ credette e la lasciò passare.
Ester da parecchie ore stava aspettando, e la sua ansietà, una vaga
paura venivano in lei accrescendosi sempre più. L'oscurità di quel luogo
in cui la si trovava, le cose che in esso poteva scorgere al fioco
chiarore di quell'unica lampada non erano acconcie a rassicurare ed
invigorire la pover'anima della infelice abbattuta da tanto fisico e
morale patimento. Eterno le sembrava il tempo a trascorrere, e via via
si facevano strada nell'anima sua i più strani sospetti. Se Luigi era
stato capace di tradirla, ella doveva crederlo capace di qualunque
scelleraggine. Graffigna non era egli un cieco e devoto strumento di
lui? Conducendola in quel sotterraneo luogo dov'ella era segregata da
tutto il resto del mondo, non obbediva forse ai cenni dell'infedele e
traditore amante, lieto di sbarazzarsi di lei? Non era ella fuggita alla
ferocia dell'ira paterna che per cadere in potere alla crudeltà
dell'amante voglioso di liberarsi d'ogni fastidio?
Mentre essa era nel peggio di questi tormentosi pensieri, la sentì
vicino a sè un fruscio, un suono di passi, un soffio di respiro
affannato, e levò gli occhi con un sussulto quasi di sgomento: innanzi
si vide lo sguardo acceso d'odio, la faccia improntata di furore, le
labbra dall'ira contratte d'una donna fieramente minacciosa.
Ester si alzò spaventata e si trasse indietro d'un passo. Maddalena
avanzò il capo verso di lei, allungando il collo, guardandola sempre con
ghigno feroce ma in silenzio, esaminandone con indagine maligna le
sembianze, affondandole negli occhi i suoi acuti come lame di pugnale,
tenendola sotto il fascino dello sguardo come fa la tigre alla sua preda
prima di slanciarsele addosso a sbranarla.
— Chi siete?... Che volete? domandò alla fine Ester tremante.
— Ah! voi lo domandate a me? ruggì Maddalena afferrandola ad un braccio
e stringendola come con una morsa di ferro. Gli è voi che dovete
rispondere a me... Che cosa siete venuta a far qui?... Che audacia è la
vostra d'introdurvi qui, di ardire sfidare ed affrontare la mia collera,
il mio furore?
Ester liberò a gran pena il braccio dalla stretta della donna furibonda
e traendosi indietro esclamò sempre più spaventata:
— Lasciatemi... Voi mi fate male... Io non vi conosco, voi; io non vi ho
fatto nulla a voi.
— Ah! non mi avete fallo nulla?... Sciagurata!... Voi venite fin qui a
contendermi il mio Luigi.
La figliuola di Jacob, a queste parole, si riscosse: levò più fieramente
il capo e osò guardare con fermezza la donna in cui capiva ora d'avere
una rivale.
— Il vostro Luigi! esclamò ella con una potente, oltraggiosa ironia.
E la Maddalena scoppiando:
— Sì mio, più che vostro di certo, perchè io ho dato a lui tutto di me,
anche la coscienza, anche la vita futura, ed egli mi ha aperto più che
la sua anima, i suoi segreti... Mio qui soprattutto dove abbiamo passate
insieme ore di paradiso... e dove non lascierò, per Dio! non lascierò
mai che un'altra venga a disputarmelo.
Ester provò profondissimo il dolore, ma più profonda ancora la vergogna.
Essa lo amava tanto, essa lo aveva amato tanto quell'uomo, a cui aveva
sacrificato il suo onore, la sua intiera esistenza; ed egli la tradiva
così infamemente! Le parole dettegli dal padre avevano la più piena
conferma. Non bastava adunque ch'e' si spergiurasse nelle braccia d'una
contessa; doveva eziandio ingannarla per costei cui l'aspetto, il
vestire, il linguaggio dicevano a quale schiera d'infelici creature
appartenesse. La povera tradita mandò un'esclamazione soffocata, curvò
la testa e si coprì colle mani la faccia.
— Fate bene a vergognarvi: continuava Maddalena, che la vostra è davvero
una impudente sfacciataggine... E non so proprio indovinare che cosa in
voi abbia potuto piacergli...
La giovane ebrea stette immobile, colla faccia nascosta. La sua
vergogna, la sua umiliazione erano tante che ogni forza era smarrita in
lei; non era più capace nè di pensare, nè di volere, nè di desiderare
nulla al mondo.
Maddalena continuava:
— Ch'egli fuori di qua faccia tutto quello che più gli talenta,
pazienza, lo tollero, glie la perdono... Sì: l'amo talmente da
perdonargli ogni cosa... Qui dentro, però, voglio esser sola e padrona:
questi luoghi che hanno veduto i nostri amplessi non debbono vederne
altri, per Dio!... A questo solo pensiero, mi sento qui qualche cosa che
mi fa perdere la ragione... sono sempre statagli sottomessa come un
cane... un povero cane che per una carezza dimentica ogni torto ed ogni
battitura, ma ora..... al veder voi qui.... mi sento diventare una
tigre... Sono capace di tutto, sapete! Sono capace di tutto.
E s'avanzò vieppiù verso Ester con volto illuminato davvero dalla più
trista fiamma della più trista passione. La si vedeva capace d'ogni
eccesso, di ogni delitto: se avesse avuto un coltello all'arrivo di
mano, la non si sarebbe trattenuta di certo dal piantarlo nel seno della
rivale.
La figliuola di Jacob guardò intorno sgomenta, come cercando un mezzo di
scampo.
— Non son io, diss'ella, che volli venir qua..... Mi vi condussero senza
ch'io sapessi dove..... Non ci voglio stare... Se sapessi partirmene...
Maddalena tornò ad afferrarla pel braccio.
— Ebbene venite: diss'ella con impero: a niun costo vi avrei qui
lasciata aspettarlo, avessi dovuto portarvi fuor di qua cadavere...
Venite.
La trascinò fino nella strada e per commiato, con uno spintone, le gettò
queste feroci parole:
— E pregate Iddio che mai più non vi troviate innanzi a me, che mai non
mi cadiate sotto le unghie: non ne uscireste più a così buon mercato, ve
lo giuro.
Ester si trovò di nuovo un'altra notte senza ricovero, abbandonata nel
mondo, senza sapere a cui rivolgersi, senza che si presentasse alla sua
mente più nessun mezzo di salute, senza volerne più cercare nemmanco. Si
sentiva spoglia affatto di ogni vigore di vita: non poteva reggersi in
piedi, aveva un immenso bisogno di riposo al corpo, di oblio alla mente,
questo riposo e quest'oblio fossero pure stati quelli del sepolcro. Si
lasciò cadere sopra un mucchio di neve in cui inciampò al primo passo
che volle fare; e stette là ingranchita, sfibrata, presso a perdere la
cognizione. Le parve di essere vicina a morire, e invece che paura
questo pensiero le ispirò un'intima amara mestizia. Almeno tutto sarebbe
finito!
In quello stato che non era sonno, e che non era di veglia, ma in cui le
impressioni erano strane e quasi direi travelate, la infelice dopo un
po' di tempo, che non sapeva dir quanto, sentì una mano posarsele sulla
spalla ed una voce — ah! una voce che ben conosceva, una voce che le
arrivò sino ai più intimi penetrali a riscuoterla come una forte
corrente di elettricità — le disse:
— Ehi quella donna, che cosa fate costì?
La sventurata allargò gli occhi con ispavento; di botto fu tornata
pienamente in sè: la vista delle sembianze di quell'uomo che era curvo
su di lei la atterrì talmente che fu dritta in piedi con un balzo, ed
una esclamazione, un grido di terrore partì dalle sue labbra.
L'uomo che l'aveva toccata, che le aveva parlato, che le stava dinanzi —
era suo padre.
_Macobaro_, come già fu accennato, per ragioni che sapremo più tardi,
non era tornato più a casa sua, dopo la fatale scena avuta colla
figliuola, che il giorno appresso a mattina già inoltrata. Al vedere la
finestra spalancata, le lenzuola pendenti al di fuori e la figliuola
sparita, il vecchio ebreo rimase il più stupito ed indignato uomo del
mondo. Gli rincrescevano del pari e la cosa in sè, e lo andar essa per
la bocca della gente, come pur troppo temeva non mancherebbe d'avvenire,
divulgandosi la fuga di Ester, e volendosene cercare, e sicuramente
indovinandosene la ragione. Ritrasse egli frattanto di fretta le
lenzuola nella stanza, guardò se in quel cortile alcuno fosse ad
osservare quella novità, e non vedendoci anima viva, sperò che, tutte le
finestre pel rigore della stagione tenendosi accuratamente chiuse, ed
essendovi in quel luogo assai poco passaggio di gente, nessuno avrebbe
ancora notato quel fatto, richiuse le invetrate, e sedutosi a mezzo di
quella stanza, ove trovavasi ora solo, stette il capo serrato fra le
scarne mani a meditare sul partito da prendersi.
La sua figliuola, egli la voleva riavere; non poteva rinunziare così al
suo scellerato desiderio di vendicarsi su lei tormentandola; gli pareva
una nuova offesa l'essergli di quel modo sfuggita la colpevole. Nella
rabbia che lo corrodeva, pensò alla povera, disgraziata, vecchia Debora
cui teneva chiusa in cantina, ed ebbe il crudele impulso di andare da
lei a torsi almanco uno sfogo.
— La vecchia strega non mi sarà fuggita essa: si disse con feroce
ironia, e prendendo seco un tozzo di pane inferigno, discese nella
sotterranea stanza, dove aveva gettata la fante.
L'infelice creatura, pel soverchio patimento di quella notte passata
senza coperture in quel freddo ed umido luogo, dopo tanto spavento e
spasimo, tutta intirizzita, giaceva raggomitolata in un angolo sul nudo
terreno, più morta che viva. All'entrar del padrone non si mosse, nè
diede segno veruno d'averlo pur sentito; occupata da una febbre mortale
non dinotava la vita che per certe scosse di brivido che le correvan di
quando in quando le membra.
— Debora! gridò Jacob camminando verso l'angolo dove l'aveva scorta,
vecchia infame, alzati, su, ho da parlarti.
La donna rimase immobile.
— Debora! gridò più forte il ferravecchi, curvandosi su di lei: questa
sciagurata è capace di dormire...
Le vide in vero le palpebre abbassate, ma il color livido delle guancie
e delle occhiaie, il respiro affannoso ed interrotto bene indicavano che
quello non era sonno tranquillo e naturale.
— Odi tu o non odi, mala femmina che ti maledica l'Eterno? Vuoi tu
aggiungere alle tue tante malizie anco quella di far la sorda? Olà! olà!
ti farò sentire ben io... Hai da dirmi tutto.... tutto, capisci?... come
successe la tresca infame... voglio saperne ogni circostanza... e tu me
l'hai da narrare per filo e per segno.
Così dicendo, col piede scuoteva quella massa inerte che stava buttata
come un sacco di cenci. Debora a quegli urti aprì gli occhi; ma nelle
pupille che apparvero non c'era più intelligenza di sorta.
— Mi odi tu? ripetè _Macobaro_ curvandosi ancora di più verso la
cadaverica faccia di lei.
Ella non diede segno alcuno di risposta. Il padre di Ester si ridrizzò
della persona, incrociò le braccia al petto, e la guardò un istante in
silenzio; ma nel suo aspetto non c'era la menoma ombra di compassione.
— La è un po' sbalordita, diss'egli poi: bah! gli è nulla; questa razza
di gente ha la pelle dura e la vita tenace: la si rimetterà presto, e
tornerò allora a interrogarla.
Le gettò vicino al capo il tozzo di pan nero che aveva recato seco e le
disse:
— To'; dovrei lasciarti crepar di fame come ti meriti, più trista delle
triste femmine, che tu sei, corruttrice infame della mia figliuola,
ladra d'uno dei miei tesori, rovina della mia vecchiaia; ma ho bisogno
ancora che tu parli... e ti lascio vivere... A rivederci stassera.
Uscì richiudendo accuratamente la forte imposta della porta e tornò al
suo precedente proposito: quello di rintracciare la figliuola. Era
troppo naturale che Ester cercasse ricovero e protezione presso il suo
amante, perchè a Jacob non venisse primo il pensiero che insieme con lui
si ritrovava sua figlia. Certo gli sarebbe stato difficile poterla
toglier di là e ridurla di nuovo in poter suo, ed egli non sapeva come
avrebbe fatto per ciò; ma nella sua mente si andavano agitando e
maturando i più gravi e niquitosi disegni di vendetta, cui avrebbe, in
dipendenza degli avvenimenti, eseguiti in tutto o in parte, e da cui
anche la colpevole figliuola, che ora gli pareva odiare quanto aveva
amata dapprima, sarebbe stata raggiunta e fieramente colpita. Per ora
l'importante era sapere dove Ester fosse riparata, e decise mettere
tutto il suo impegno a scoprirlo. Conosceva egli abbastanza le abitudini
e la vita del _medichino_ per sapere come in quel quartiere che era la
sua dimora ufficiale, se anco la ragazza si fosse recata colà a
trovarlo, egli non l'avrebbe tenuta; era quindi molto più facile, anzi
quasi sicuro, che Ester si trovasse o nella palazzina del viale, di cui
Arom, come uno dell'alto sinedrio della cocca, conosceva i misteri,
oppure in qualcun'altra delle camere che Luigi affittava in città per
più comodo convegno nelle sue tante avventure amorose.
Pensò prima di tutto cercar di chiarirsi se sua figlia fosse nella
palazzina: corse sul viale, e giunse in faccia alla porta del murello
che non erano ancora le dieci del mattino. La casetta aveva il suo
solito aspetto deserto, e non un indizio appariva che fosse in essa
qualcheduno. _Macobaro_, non iscoraggiato per questo, decise di stare
colà in osservazione un po' di tempo. Ben presto ebbe da lodarsi del suo
proposito e della sua accortezza, perchè vide di lontano coi suoi occhi
di falco il conosciuto legnetto del _medichino_ venire di trotto a
quella volta. Si nascose dietro il grosso tronco d'una pianta, così da
non essere veduto nè dal cocchiere, nè da chi era dentro la carrozza. Di
colà scorse Gian-Luigi medesimo uscir del legno, traversare il
cortiletto ed entrar nella casa.
— Essa è costà: si disse: ed egli è venuto a vederla.
Siccome il _brougham_ non partì, ma, fermatosi a poca distanza dalla
porta del muricciuolo, stette ad aspettare, Jacob ne argomentò che il
_medichino_ non si sarebbe colà trattenuto lunga pezza, e rimase per
vedere ciò che succedesse.
Dopo alcuni minuti dovette ricredersi dalla sua prima opinione. Vide
sopraggiungere una carrozza di piazza e da essa discendere una signora,
cui, quantunque accuratamente velata, egli riconobbe assai bene per la
contessa di Staffarda.
— No, diss'egli, Ester non c'è... Non ci avrebbe dato ritrovo a
quest'altra..... Si trova adunque in qualcun altro de' suoi ricettacoli;
ma dove?... dove?
Stette pur tuttavia fermo ad aspettare ancora, finchè vide la contessa
uscir prima a piedi, e dieci minuti dopo partirsi egli eziandio colla
sua carrozza. Allora _Macobaro_ s'avviò a passo lento verso l'interno
della città, riflettendo profondamente.
- Parts
- La plebe, parte III - 01
- La plebe, parte III - 02
- La plebe, parte III - 03
- La plebe, parte III - 04
- La plebe, parte III - 05
- La plebe, parte III - 06
- La plebe, parte III - 07
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