La plebe, parte III - 16
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piaceri della vita, tutto che suscita il desiderio, che può soddisfare
ogni passione. Affonderemo fino alle spalle le nostre braccia nell'oro —
anco nel sangue se vogliamo — c'inebrieremo d'ogni voluttà, anche di
quella della vendetta contro chi ci ha tenuti finora sotto il suo
tallone. Saremo noi i re della terra!
Il suo accento appassionato ed eloquente faceva correre un fremito nella
maggior parte de' suoi ascoltatori. Dietro le sue lenti colorate gli
occhi del direttore della _casa di commissione_ brillavano ancor essi
d'un ardore indicibile di cupidigia. Macobaro aveva nel suo sguardo
affondato uno scintillio maligno e sulle sue labbra tirate un sogghigno
più perverso ancora; i due di cui non si è detto il nome, mandarono
un'esclamazione soffocata di avidità che direi quasi feroce, e tesero le
mani innanzi a sè come se già volessero afferrare quell'oro e quei
diletti di cui parlava il _medichino_: soli Stracciaferro e Graffigna
non partecipavano al comune entusiasmo. Il primo stava coi gomiti
appoggiati alla tavola e la testaccia chiusa nelle mani, indifferente a
quel che si diceva, come se non udisse o non comprendesse: il secondo
crollava il capo ed aveva sulla sua faccia furbesca un'aria di
malcontento che era una manifesta benchè silenziosa opposizione.
Gian-Luigi osservò l'espressione di quell'aspetto e cambiando ad un
tratto accento e contegno, disse bruscamente e con imperiosa brevità:
— Tu hai qualche cosa da dire, Graffigna!
Questi fece un gesto come per iscusarsi ed esimersi dal parlare.
— Parla, parla, disse il _medichino_ con autorevole insistenza. Voglio
udire le tue ragioni, e ti comando di esporle.
Graffigna fece un gesto di umile e rassegnata ubbidienza, e disse col
suo tono più insinuante e colla sua voce più esile:
— Ecco qui... Io non la so ragionare tanto per le difficili... Parlo
come vien viene, e se dico delle bestialità conviene perdonarmi, che
sono un povero uomo che il diavolo mi porti... Or dunque, io dico, che
la _cocca_ si è formata e noi vi ci siamo ascritti ed abbiamo lavorato
per essa per questo motivo; che cioè noi che la componiamo potessimo
avere più sicuri e più forti mezzi da mandare innanzi i nostri piccoli
affari, combinare ed eseguire in barba a quella bestiaccia della Polizia
i più bei colpi e i più fruttuosi..... Bene!.... Volerci far uscire di
li, volerci mettere in imprese che noi non comprendiamo bene, che vanno
più in là di quello che ci sia possibile, ho gran paura che non serva ad
altro che a comprometterci. Di quelli che non appartengono alla _cocca_,
miserabili o non miserabili che sieno, non m'importa a me l'anima d'un
bottone, crepino o non crepino di fame quella brava gente che possano
far conoscenza colle pantofole del boia... Dunque sor _medichino_ parla
certamente assai bene... che mi colga un accidente; ma mio avviso è che
si lascii camminare il mondo come cammina, che non saremo noi che
drizzeremo le gambe ai cani, e che continuiamo perciò senza tanti
imbarazzi a sbrigar chetamente i nostri piccoli negozi.
La politica pedestre, ma positiva di Graffigna parve estinguere nei due
birbanti innominati la fiamma dell'entusiasmo che le parole del
_medichino_ avevano suscitata; anche l'uomo dagli occhiali _bleu_ sembrò
recarsi su se stesso e riflettere: Stracciaferro conservava sempre la
sua attitudine torbida ed astratta; Macobaro fu a combattere vivacemente
la opinione di Graffigna.
— E come! diss'egli, dopo aver ottenuto da Gian-Luigi licenza di
parlare: Graffigna, non capite tutta l'estensione e la efficacia del
piano che il nostro egregio e benemerito capo ci ha adombrato? Voi non
volete che quelle imprese le quali possono arrecare a noi un utile
diretto, sicuro ed immediato; ma nissun'altra più di questa che ci viene
proposta varrà mai a darci tanto vantaggio. È un colpo di rapina in
grandi proporzioni, al quale ci facciam complici tutti i miserabili, e
del quale noi profitteremo più di tutti. Riesca o non riesca la cosa,
noi verremo sempre a capo di fare un bottino quale mai non fu fatto.....
Pensate che possiamo avere a nostra discrezione per giorni, per delle
ore almanco tutti i forzieri dei ricchi.....
Gli occhi dei degnissimi soci tornarono a sfavillare di cupidigia.
— Pensate che insieme col guadagno, potremo anche avere quell'altra
dolcissima soddisfazione che è quella della vendetta.
La sua curva persona si ridrizzò alquanto, e nella voce umile sempre e
rimessamente trascinante, vibrò un'energia affatto nuova.
— Che? Non vi sorride, Graffigna, l'idea di poter tenere non fosse che
un solo momento, sotto il vostro piede quegli scellerati che vi hanno
schiacciato fin adesso, che vi schiacciano col loro tallone? Ah veder
calpestati pur una volta chi ci calpesta, oppressi chi ci opprime,
timorosi di noi chi ora ci fa paura, non è questo solo una benedizione
di Dio?...
— Per me codesto poco importa, riprese Graffigna. Miglior modo di
vendicarmi lo credo quello di farmene venire in tasca più che posso dei
loro denari...
— E qui, con codesto, li prenderemo tutti i loro denari a quei birboni
di nobili, di potenti e di ricchi: esclamò con forza di cui non avreste
creduto capace la sua voce da vecchio, Macobaro le cui membra tremavano
dalla profonda emozione: li prenderemo tutti i loro denari, le loro
gioie, i loro argenti...
— Sì, se vincessimo, ma come sperarlo con tanta forza di _arcieri_, di
carabinieri, di soldati che ci manderanno addosso. Sapete che arriverà?
Che saremo schiacciati come rospi sotto una roccia, e tirando sopra la
_cocca_ tutto il furore dell'autorità, la metteremo al puntiglio di
compiutamente distruggerla. Per me posso rassegnarmi benissimo ad andare
a dar calci al vento nel circo dei pioppi a porta Susa[11]; ma mi
sarebbe di soverchio dolore e rimorso vedere per nostra imprudenza
rovinata quella _cocca_ che, già impiantata da tanto tempo, ma scaduta e
quasi dispersa, noi abbiamo avuto il merito di riavvivare, rafforzare,
far prospera, e che vorrei trasmettessimo in ottime condizioni ai nostri
successori.
[11] In codesto luogo avvenivano in quei tempi le esecuzioni
capitali dei malfattori.
Qui il _medichino_ fe' cenno tacessero tutti ch'egli era a voler
parlare. Gli fu prestata da quel fior di galantuomini una sollecita
attenzione.
— Le parole di Graffigna, diss'egli, hanno il loro valore; ma credete
voi che quelle osservazioni ed obiezioni io non me le sia fatte fin da
prima che ho concepito questo mio disegno e che ho risoluto di metterlo
in atto? Le ho meditate e discusse meco stesso, le ho pesate una per
una; e se mi sono deciso dopo ciò a tentare la impresa — imperocchè
sappiate che tutto oramai è disposto — gli è perchè ho trovato buone
ragioni a combatterle, valevoli rimedii ad antivenire ed impedire quei
danni. Questa nostra associazione, non lo dico per vantarmi, ma per amor
della verità cui conviene qui accertare, se arrivò al grado di potenza e
di prosperità al quale si trova, lo deve per la maggior parte a me: ora
come potreste voi credere che io fossi tanto poco sollecito dell'opera
mia da comprometterla con leggerezza ed esporla a facili sconfitte? No,
compagni miei, non credetemi nè sì cieco, nè sì incauto, nè sì
colpevole, perchè codesta sarebbe una vera colpa. Se io ho pensato di
far della nostra _cocca_ la molla principale della rivoluzione che
voglio suscitare, la parte direttiva e quella perciò che ci avesse
poscia il profitto migliore, ho pensato eziandio a cingerla ed
avvalorarla della forza di molti altri complici che senza saperlo,
credendo anzi muoversi per proprio interesse, lavorassero ad esclusivo
di lei vantaggio, e in mezzo ai quali la cocca medesima sparisse
nascosta, come la forza segreta che anima l'organismo vivente, cui
nessuno può afferrare, per venire a galla soltanto allora che il trionfo
le desse l'opportunità di saltar fuori ed afferrare la preda. Credete
voi forse che questo sia un progetto sbocciato d'improvviso nel mio
cervello, e voluto attuare colla foga del primo trasporto
dell'immaginazione che non tien conto degli ostacoli? No; così non è.
Questo progetto gli è da anni ed anni che io lo vo rivolgendo meco
stesso nella mente; gli è da anni ed anni che s'è impadronito di tutto
l'esser mio e che mi comparisce sotto ogni sua faccia e che mi s'impone
colla sequela delle sue difficoltà per far travagliarsi il mio spirito a
meditarle e sciorle l'una dopo l'altra: gli è fino dalla mia
adolescenza, quando, affacciatomi appena alla soglia della vita, vidi
così iniquamente distribuite le parti nel mondo, e in quel tirannico
ordinamento non un posto per me... Quando le circostanze, i miei
bisogni, le mie passioni mi gettarono in mezzo a voi, — ve lo confesso
aperto — io mi vi diedi tutto, perchè all'anima mia era balenata di
subito la speranza che questo sarebbe stato un saldo punto d'appoggio
per quella leva ch'io voleva muovere a scuotere e rovesciare l'ingiusto
assetto sociale presente: quando la mia audacia e la forza della mia
volontà mi fecero vostro capo, giudicai che la sorte voleva darmi
l'eccelsa contentezza di effettuare il mio sogno. Avevo già incominciato
l'opera in umili e ristrette proporzioni; la continuai con più ardire,
con più speranza, con più mezzi in un più vasto ambito, con più certi e
più ampi successi.
«Nel mondo oltre i nostri, ci sono altri odii, altre ambizioni, altre
passioni che imprecano alla società attuale e la vorrebbero modificata a
loro profitto e ne minacciano alcuna parte. Non è solo qui da noi che ci
sono poveri che soffrono, e ricchi che vivono empiamente del sudore del
popolo; pensai che lo scoppio dell'ira dei pezzenti negli altri paesi
potesse aiutarsi, eccitarsi, combinarsi per venire in soccorso e
assicurare il trionfo del nostro. Avvisai che noi potevamo sfruttare
eziandio e il maltalento e le invidie del ceto medio che altrove, mercè
la ricchezza, è arrivato già alla cima della scala e qui è tenuto basso
dai privilegi accordati dalla monarchia assoluta alla nobiltà, gli
sdegni e le aspirazioni delle intelligenze ora soffocate, le ambizioni
di coloro che si accorgono d'essere schiavi perchè non son essi a
comandare, le generose follie di chi, volendo avere una patria, vorrebbe
costituire dell'Italia una nazione indipendente dallo straniero. Tutto
questo ho raggruppato insieme e dei varii, molteplici fili, tengo i capi
nella mia mano.
«Domenica ventura — date ben retta — fra pochi giorni adunque, domenica,
di sera, quando piene affatto le tenebre la gran lotta ha da
incominciare. Giovani dalla fantasia accesa e dal cuore in cui batte un
sangue concitato, studenti, artisti, commercianti, insorgeranno armati
nel nome della patria e della libertà; noi da nostra parte lancieremo
nelle strade le scure e torbide legioni della miseria che grideranno
«abbiamo fame e vogliamo del pane e dell'oro.» Quelli assaliranno
l'arsenale, le caserme, le dimore delle autorità, — anche della prima di
tutte: questi — i nostri — si precipiteranno sulle case e sui forzieri
dei ricchi. Le truppe saranno occupate dalla rivoluzione politica, noi
avremo il campo libero, ed il saccheggio sicuro.»
Pronunciò queste due ultime parole con accento spiccato, con espressione
tentatrice come l'iniquo soffio del demone, con isguardi lucenti di
passione profonda. Tutti i suoi uditori si riscossero, fin anco
Stracciaferro, che levò dalle palme delle sue manaccie il suo volto
animalesco e mostrò un lampo d'intelligenza nelle sue pupille offuscate.
— Ah sì, il saccheggio: grugnì egli a suo modo colla voce rauca e
avvinazzata: questo mi va.
— Il popolo avrà delle armi: i nostri che faranno da capi alle turbe
saranno più armati degli altri. Abbiamo oltre alle armi materiali quella
morale più potente di tutte, il danaro. Pagheremo se non tutti una gran
parte degli operai perchè facciano causa comune con noi contro i loro
padroni. Più ancora del danaro possono in essi le ragioni e le idee che
da tempo ho procurato si spargessero fra di loro.
Qui il direttore della _casa di commissioni_ fece un lieve cenno che
pareva significare aver egli alcuna cosa da dire.
— Parlate pure, gli disse il _medichino_ interrompendosi.
— Voglio dire, poichè Lei me lo permette, che da questo lato le cose
camminano il meglio che si possa desiderare. Dietro suoi ordini e
secondo le sue istruzioni, ho continuato ad agire e far agire sì
direttamente che indirettamente sui principali operai di tutte le
officine.
Qui Graffigna interruppe dimenticando per un momento il suo rispetto
alla disciplina.
— Questo è vero. Nella fabbrica Benda che è una delle primissime, so io
di sicuro che non si starebbe guari ad avere dalla nostra buona mano di
quei lavoratori. Marcaccio insusurrato da me va gonfiando le orecchie a
certo Tanasio che ha molta influenza sui suoi compagni, e per suo mezzo
quel caro uomo degno della galera ha messo assai bene il baco fra quegli
operai... Non basta; testè quel Marcaccio medesimo — bravo capitale d'un
assassino va! — ci ha fatto acquistare una preziosa recluta che ci sarà
utilissima in molte occasioni, essendo che gli è un eccellente
fabbro-ferraio, e che ci potrà aiutare assai bene anche in questa,
perchè fu già negli opifizi del signor Benda, ne fu scacciato, ed oggi
stesso, avendo mandato la moglie a supplicare d'esservi riammesso, si
ebbe un bel no, di che sentì un'ira maledetta e giurò l'avrebbe fatta
pagare al suo antico principale.
— Benone! esclamò l'agente d'affari. Quella è delle fabbriche più
importanti e che abbiano maggior numero d'operai.
— Senza contare che il padrone di essa è uno dei più ricchi di Torino e
che c'è da fare un _leva ejus_ ne' suoi scrigni proprio co' fiocchi.
— È vero: esclamarono con avidità di desiderio gli altri, meno il
_medichino_ e Stracciaferro sempre assorto nel suo torpore.
— Ma il guaio si è, soggiunse finemente Graffigna, che sor _medichino_
non vuole che alla famiglia Benda si tocchi.
Tutti si volsero a Gian-Luigi come aspettandone una spiegazione.
— Gli avevo suggerito questa mattina medesima un simil colpo, continuò
Graffigna, ed egli me ne rimbrottò come un cane.
Il _medichino_ stette un momento in silenzio reggendo colla sua mano
bianca e sottile la bella fronte; poi scuotendo la testa, come per
gettarne via alcun molesto pensiero, disse sorridendo d'uno strano
sorriso:
— Sì, è vero..... Questa mattina ho parlato così: ma ero allora sotto
l'impressione di certi sentimenti..... che gli è inutile spiegarvi.....
Adesso quell'impressione è superata, e ragiono diversamente. Come tutte
le altre, anche la fabbrica del signor Benda sarà sconvolta dalla
sommossa.
— Così va bene: esclamò Graffigna. — E conto d'esserci io colà al
momento buono: soggiunse fra i denti.
Gian-Luigi rimase di nuovo un istante riflessivo, poi riprese
coll'accento di prima:
— Tutte le officine adunque insorgeranno. Noi sceglieremo accuratamente
fra i nostri uomini quelli che per ciascuna dovranno ficcarsi in mezzo
agli operai ad istigarli prima, a capitanarli nel momento dell'azione.
Quando una massa di popolo trasmoda in tumulto, chi è più esagerato in
parole, più audace nei fatti agevolmente se ne impadronisce, e nelle vie
della violenza la volge a suo senno. I nostri uomini, cui un per uno voi
comunicherete le istruzioni che vi darò testè io stesso, parleranno ed
agiranno da imporsi come capi alla sommossa. Ciascuno di essi riceverà
prima del fatto una somma; del bottino poi, obbligato a renderne conto a
noi e recare in comune, avrà promessa solenne di ottenere
considerevolissima porzione. Le varie parti del disegno, le fasi della
rivolta, i modi e l'ora degli assalti diviseremo accuratamente capo per
capo, e ciascuno di voi sarà incaricato di provvedere all'esecuzione di
ciò che a lui sarà stato assegnato, concertandosi cogli uomini che da
lui dipenderanno. Ai principali di questi agenti subalterni parlerò
ancor io medesimo. Essi però non dovranno conoscere il piano generale e
riceveranno poscia man mano, quando impegnata l'azione, gli ulteriori
ordini ed istruzioni. La massa comune degli affigliati alla _cocca_ non
saprà nulla di nulla e si caccerà nella riotta come a profittare d'una
buona occasione di rapina che si presenti, senza avere il menomo
sospetto che quest'occasione noi abbiamo lavorato a farla venire. I
capi-squadra poi, trascelti per avere comunicazione di quella parte del
disegno che occorra loro far nota affinchè possano utilmente servirci,
ripeteranno il solito giuramento di morire piuttosto che rivelar nulla,
se mai cadono negli artigli della polizia. — Ed ora, compagni,
procediamo, senza ritardo alla scelta importantissima di questi
individui.
Il direttore dell'agenzia d'affari trasse fuori un elenco di quei fiori
di galantuomo, e lo scellerato sinedrio si pose con infinita attenzione
a pesare nome per nome affine di sceverare dal mazzo i più degni
dell'alto ed onorevole ufficio.
Quando codesta delicata operazione, che durò lungo tempo, ebbe termine,
Gian-Luigi accennò di sciogliere l'adunanza ordinando ai sei accoliti di
passare nella taverna di Pelone per cominciare ad impartire a chi si
doveva le informazioni ed i comandi opportuni; ma Graffigna colla sua
voce di falsetto domandò che lo si ascoltasse ancora un momento.
— Tutto questo va benissimo, diss'egli: quello del nostro _medichino_ è
un piano grandioso, che mi venga un accidente, degno di quel testone
tanto fatto che ciascuno deve riconoscergli, un piano che con una sola
retata ci può dare in mano più di quanto un centinaio di bei colpetti
non possa fare. Non dico mica diverso, miei cari compagni ed amici: io
non l'avrei saputa pensare una cosa simile: se dessi retta soltanto al
mio piccolo comprendonio, direi che ci cacciamo in uno spineto da
lasciarci non soltanto i brandelli dei calzoni, ma benanco della nostra
p.... d'una pelle che non vale un botton frusto, siamo d'accordo, ma che
pure ci è cara a tutti quanti, o che il diavolo mi porti.
Gian-Luigi fece un atto d'impazienza, l'omicciattolo s'affrettò a
soggiungere:
— Non dico questo per oppormi in nessun modo all'affare. Le parole del
_medichino_ hanno trasportato anche me. Facciamo pure a suo senno: mi ci
metterò di buona voglia, e quella frotta che avrà la mia compagnia,
state pur sicuri che vorrà far per benino la sua bisogna....
— Insomma, lo interruppe Gian-Luigi impaziente: a qual conclusione vuoi
tu venirne?
— A questa: il gran colpo esploderà domenica. Bene; ma da oggi a
quell'ora ci abbiamo un quaternario di giorni in cui pare a me si
potrebbe pur compiere qualche altro buon colpettino ammodo che ci
aiutasse sempre meglio ad ugnere le carrucole. Io ce ne ho due belli e
preparati, che sono come frutti maturi, i quali non si ha che da
allungar la mano per coglierli....
— Sentiamoli, sentiamoli: dissero in coro gli altri.
— Eccoli qua, mia cara brava gente di galeotti. L'uno sarebbe pel
marchese di Baldissero, nella cui casa è affare di poca difficoltà
l'introdursi una notte in parecchi bravi amici, e di cui la _Gattona_
saprà spiegarci per bene com'è diviso l'appartamento perchè vi ci
possiamo cavare i piedi.
Al nome della _Gattona_ Stracciaferro volse uno sguardo quasi
intelligente al suo compagno di delitti e d'infamia.
— La _Gattona_! diss'egli: lasciala stare quella sciagurata di mia
sorella. Ella è più trista di tutti noi.
— Giusto appunto! La ci può servir benissimo. L'altro colpo sarebbe
verso quel birbone matricolato, senza fede nè legge, mio buon amico,
l'avaro usuraio, strozzino scellerato di Nariccia. Qui la cosa è ancor
più semplice. Il miserabile alloggio in cui quel vecchio esoso sta colla
sua vecchia sudicia di fante, io lo conosco come il fondo della mia
tasca: sor _medichino_ lo conosce al pari di me: e per introdurci colà
ci abbiamo le chiavi fatte a meraviglia dall'uomo procuratoci da
Marcaccio e che apriranno benissimo, chete come olio.
Gian-Luigi interruppe vivamente:
— Ah! quelle chiavi ci sono?
— Sor sì: eccole qua.
— Bene! Mi fa piacere lo averle.
— E dunque: soggiunse col suo solito accento insinuante la voce
squarrata di Graffigna: il colpo si fa?
— No... per adesso: rispose fermamente il _medichino_: nè questo nè un
altro. Per questa settimana tutti ci conviene raccogliere i nostri
spiriti e i mezzi nostri a preparare la grandissima lotta — forse finale
— e non bisogna disperdere le nostre forze, nè chiamare di soverchio
l'attenzione della Polizia sui fatti nostri. Se nella lotta di domenica
riusciremo, non occorrerà più ricorrere a questi parziali delitti: se
non vinceremo, allora, di poi, si potrà riprendere la nostra opera
tenebrosa..... Or basti. Andate da Pelone e comunicate ai capisquadra le
cose convenute.
Due minuti dopo Gian-Luigi era solo in quel misterioso ridotto. Egli
aprì l'uscio del gabinetto a lui riserbato esclusivamente, accese il
lume che era colà e lasciandosi cader seduto nella poltroncina che stava
innanzi alla scrivania, appoggiò i gomiti al piano di questa, resse
nelle mani la fronte e parve immerso di subito in profondi pensieri.
CAPITOLO XIII.
Andrea aveva finito l'empio lavoro di fabbricar le chiavi false, animato
sempre dall'eccitamento dell'ira, dal desiderio della vendetta e dai
vapori dell'ebrietà, sotto gli occhi di Graffigna, il quale lo era
venuto via via lodando e incoraggiando nell'opera, anche mercè frequenti
libazioni di quelle bottiglie ch'e' s'era fatto dar da Pelone; ma quando
il compito fu terminato, i vapori del vino dal cervello e i bollori
della collera dall'animo erano dati un po' giù, e la coscienza ebbe
campo a ridestarsi alquanto e fargli sentire il rimbrotto della sua
voce.
Graffigna nella premura di afferrare e posseder quelle chiavi, le prese
con mano sollecita da quella di Andrea che le teneva quasi esitante, e
le due destre in quell'atto si toccarono. Per tutte le membra
dell'operaio pochi momenti prima scioperato, ma tuttavia onesto, ed ora
colpevole, corse una scossa, una specie di brivido, di ripulsione al
contatto di quella mano del galeotto evaso dalle galere. Gli parve che
codesto tocco fosse come una spinta che lo cacciasse giù nella strada
del male; ed egli trasse indietro vivamente non solo la sua destra, ma
la persona, come chi si vede giunto improvviso all'orlo d'un abisso e si
ricaccia indietro con ispavento per non precipitarvi. La voce della
coscienza che s'era levata formolò il suo rimprovero colla semplice
domanda seguente:
— Che direbbe Paolina, se sapesse codesto?
Guardò le chiavi che aveva nella sua mano callosa ed annerita dal
lavoro, e l'idea gli nacque di gettarle su quel fuoco che ardeva
tuttavia, al quale egli le aveva costrutte, per farle ridiventare un
pezzo innocente di ferro.
— No, no, diss'egli a Graffigna che gli si era avvicinato di quanto egli
erasi tratto in là e che tendeva di nuovo la destra per prenderle; no,
codesta in fin fine è una scelleraggine ch'io non devo fare.
Graffigna lo interruppe colla sua voce in falsetto:
— Che è ciò? Che storie son queste? Non mi fate il ragazzo adesso,
stupidaccio che siete, mio caro galantuomo da forca. Oh che vi vengono
gli scrupoli sul migliore? Quel fior di birbante di Nariccia, mio buon
amico, che sì che li ha avuti gli scrupoli per cacciar voi sulla strada
e vostra moglie a crepar sulla neve!...
A queste parole che rincrudivano la piaga dell'anima sua Andrea ebbe un
fremito in tutta la persona.
— Animo, via, soggiunse l'omiciattolo che s'accorse aver ottenuto
l'effetto che voleva, lasciate che l'acqua vada alla sua china e
Nariccia abbia il fatto suo, e perciò a me quei bravi e carini ordegni
che avete così bene fabbricati.
E prese le chiavi di mano ad Andrea che lasciò fare.
— Benone, continuava Graffigna, ora vi rimettiamo in libertà, e potete
tornarvene all'osteria di Pelone con Marcaccio che vi attende; e non vi
mancheranno più denari da scialarla quanto vi pare e piace in quella
caverna del mio buon amico, lo strozzino avvelenatore, degno della
corda, il bravo Pelone... E siccome noi non ci contentiamo di dar
parole, ma facciamo bravamente dei fatti, eccovi qui alcuni _ritondini_
che vi aiuteranno a passare in buona allegria la sera.
Pose in mano d'Andrea un pizzico di monete. Il marito di Paolina che non
aveva un centesimo più da sostentar la vita, nè mezzo alcuno per
guadagnarsene, arrossì sino alla fronte, ma ritenne entro il cavo della
mano quei danari che l'omiciattolo vi fece sgusciare.
— Ed ora, continuava quest'ultimo, conviene partirsi di qua collo stesso
modo e per la medesima strada come siete venuto. Perciò abbiate pazienza
di lasciarvi bendar di nuovo gli occhi e venire dietro me tratto dalla
mia mano.
Andrea si dispose a fare a senno di Graffigna.
— Un momento però: disse questi ancora dando alla sua voce fessa e
stridula un'intonazione minacciosa e più ingrata ancora del solito;
prima di imbarcarci per la via del ritorno, mio caro collega, bisogna
ancora che vi ricordi una volta il giuramento che avete fatto prima di
entrare. Ricordatevi che di quanto vi è successo quest'oggi con me,
dell'esser venuto qui, di quel che ci avete visto e di quel che ci avete
fatto, voi non direte parola nessuna con anima viva, fosse pur anche il
Papa che venisse ad interrogarvi, ci fosse pur anche lì il boia col
capestro per farvi sfringuellare.... Avete capito? Altrimenti vi ho già
mostrato quel piccolo stromentino che sarebbe incaricato di mandarvi ad
imparare la prudenza e la discrezione all'altro mondo.
Ad Andrea invece che paura, com'era accaduto prima, queste parole
destarono ora una viva irritazione di sdegno: misurò con uno sguardo
sprezzante le membra sottili di quell'omiciattolo, paragonandole alle
sue robuste e muscolose; un subito impulso, una specie di tentazione gli
venne di schiacciare senz'altro quel miserabile rettile velenoso che
ardiva minacciarlo; fece un passo verso Graffigna con un'espressione di
volto che rivelava il suo interno sentimento; l'omiciattolo con un
guizzo fu all'altro capo dello stanzone, ponendo fra lui ed Andrea la
tavola che stava in mezzo.
— Non le vi paian ciancie codeste, brav'uomo, che vi colga un accidente:
soggiunse Graffigna. Questo piccol uomo che vedete in me, ne ha già
fatto stare di parecchi, sapete, che erano più grandi e più grossi di
voi della bella guisa..... E se anche poteste scappare al vostro
umilissimo servitore e buon amico Graffigna — cosa che credo un po'
troppo impossibile per esser facile — di questi giocattoli qui (e trasse
fuori il suo pugnale) con altre mani risolute al par della mia che li
tengono, ne trovereste più d'uno, più di due, più di cento, ve lo dico
io; ed uno di quelli che son pronti a maneggiare tal ordegno sulla
vostra pelle, dove la sgarriate d'un punto, potete vederlo ora stesso,
se vi date la pena di voltarvi, in quel bravo Stracciaferro, gloria
della _cocca_, celebrità delle galere, mio degno compagno ed eccellente
amico.
Andrea voltatosi vide nella penombra d'un angolo dello stanzone
drizzarsi le forme madornali e la faccia imbestialita di quel gigantesco
individuo, entrato poco prima chetamente, mentre il fabbro era tutto
intento al suo lavoro. Capì che ogni velleità bellicosa era una follia,
e chinò la testa in atto come di rassegnata sommissione.
Graffigna tornò ad accostarglisi con un sorriso trionfatore.
— Avete intesa l'antifona, e voglio sperare che non la dimentichiate:
diss'egli. Bene!... saremo amiconi allora, amiconi per questa tristaccia
di pelle che non vale un botton frusto... Ma ora abbastanza
chiacchere... _filiamo_, chè di qui conviene sgomberare.
L'operaio si lasciò bendare gli occhi senza più una parola, e colle
medesime precauzioni usate nell'introdurlo in quel segreto covo, fu egli
ricondotto nella retrobottega di Baciccia, dove, prima di levargli la
fascia dagli occhi, fu fatto girare ancora in lungo ed in largo, di su e
di giù, dandogli l'idea di aver percorso un lunghissimo tratto di
cammino.
— Ora, gli disse poi Graffigna togliendogli la benda, potete andare alla
bettola dove vi aspetta Marcaccio... E ricordatevi sempre il vostro
ogni passione. Affonderemo fino alle spalle le nostre braccia nell'oro —
anco nel sangue se vogliamo — c'inebrieremo d'ogni voluttà, anche di
quella della vendetta contro chi ci ha tenuti finora sotto il suo
tallone. Saremo noi i re della terra!
Il suo accento appassionato ed eloquente faceva correre un fremito nella
maggior parte de' suoi ascoltatori. Dietro le sue lenti colorate gli
occhi del direttore della _casa di commissione_ brillavano ancor essi
d'un ardore indicibile di cupidigia. Macobaro aveva nel suo sguardo
affondato uno scintillio maligno e sulle sue labbra tirate un sogghigno
più perverso ancora; i due di cui non si è detto il nome, mandarono
un'esclamazione soffocata di avidità che direi quasi feroce, e tesero le
mani innanzi a sè come se già volessero afferrare quell'oro e quei
diletti di cui parlava il _medichino_: soli Stracciaferro e Graffigna
non partecipavano al comune entusiasmo. Il primo stava coi gomiti
appoggiati alla tavola e la testaccia chiusa nelle mani, indifferente a
quel che si diceva, come se non udisse o non comprendesse: il secondo
crollava il capo ed aveva sulla sua faccia furbesca un'aria di
malcontento che era una manifesta benchè silenziosa opposizione.
Gian-Luigi osservò l'espressione di quell'aspetto e cambiando ad un
tratto accento e contegno, disse bruscamente e con imperiosa brevità:
— Tu hai qualche cosa da dire, Graffigna!
Questi fece un gesto come per iscusarsi ed esimersi dal parlare.
— Parla, parla, disse il _medichino_ con autorevole insistenza. Voglio
udire le tue ragioni, e ti comando di esporle.
Graffigna fece un gesto di umile e rassegnata ubbidienza, e disse col
suo tono più insinuante e colla sua voce più esile:
— Ecco qui... Io non la so ragionare tanto per le difficili... Parlo
come vien viene, e se dico delle bestialità conviene perdonarmi, che
sono un povero uomo che il diavolo mi porti... Or dunque, io dico, che
la _cocca_ si è formata e noi vi ci siamo ascritti ed abbiamo lavorato
per essa per questo motivo; che cioè noi che la componiamo potessimo
avere più sicuri e più forti mezzi da mandare innanzi i nostri piccoli
affari, combinare ed eseguire in barba a quella bestiaccia della Polizia
i più bei colpi e i più fruttuosi..... Bene!.... Volerci far uscire di
li, volerci mettere in imprese che noi non comprendiamo bene, che vanno
più in là di quello che ci sia possibile, ho gran paura che non serva ad
altro che a comprometterci. Di quelli che non appartengono alla _cocca_,
miserabili o non miserabili che sieno, non m'importa a me l'anima d'un
bottone, crepino o non crepino di fame quella brava gente che possano
far conoscenza colle pantofole del boia... Dunque sor _medichino_ parla
certamente assai bene... che mi colga un accidente; ma mio avviso è che
si lascii camminare il mondo come cammina, che non saremo noi che
drizzeremo le gambe ai cani, e che continuiamo perciò senza tanti
imbarazzi a sbrigar chetamente i nostri piccoli negozi.
La politica pedestre, ma positiva di Graffigna parve estinguere nei due
birbanti innominati la fiamma dell'entusiasmo che le parole del
_medichino_ avevano suscitata; anche l'uomo dagli occhiali _bleu_ sembrò
recarsi su se stesso e riflettere: Stracciaferro conservava sempre la
sua attitudine torbida ed astratta; Macobaro fu a combattere vivacemente
la opinione di Graffigna.
— E come! diss'egli, dopo aver ottenuto da Gian-Luigi licenza di
parlare: Graffigna, non capite tutta l'estensione e la efficacia del
piano che il nostro egregio e benemerito capo ci ha adombrato? Voi non
volete che quelle imprese le quali possono arrecare a noi un utile
diretto, sicuro ed immediato; ma nissun'altra più di questa che ci viene
proposta varrà mai a darci tanto vantaggio. È un colpo di rapina in
grandi proporzioni, al quale ci facciam complici tutti i miserabili, e
del quale noi profitteremo più di tutti. Riesca o non riesca la cosa,
noi verremo sempre a capo di fare un bottino quale mai non fu fatto.....
Pensate che possiamo avere a nostra discrezione per giorni, per delle
ore almanco tutti i forzieri dei ricchi.....
Gli occhi dei degnissimi soci tornarono a sfavillare di cupidigia.
— Pensate che insieme col guadagno, potremo anche avere quell'altra
dolcissima soddisfazione che è quella della vendetta.
La sua curva persona si ridrizzò alquanto, e nella voce umile sempre e
rimessamente trascinante, vibrò un'energia affatto nuova.
— Che? Non vi sorride, Graffigna, l'idea di poter tenere non fosse che
un solo momento, sotto il vostro piede quegli scellerati che vi hanno
schiacciato fin adesso, che vi schiacciano col loro tallone? Ah veder
calpestati pur una volta chi ci calpesta, oppressi chi ci opprime,
timorosi di noi chi ora ci fa paura, non è questo solo una benedizione
di Dio?...
— Per me codesto poco importa, riprese Graffigna. Miglior modo di
vendicarmi lo credo quello di farmene venire in tasca più che posso dei
loro denari...
— E qui, con codesto, li prenderemo tutti i loro denari a quei birboni
di nobili, di potenti e di ricchi: esclamò con forza di cui non avreste
creduto capace la sua voce da vecchio, Macobaro le cui membra tremavano
dalla profonda emozione: li prenderemo tutti i loro denari, le loro
gioie, i loro argenti...
— Sì, se vincessimo, ma come sperarlo con tanta forza di _arcieri_, di
carabinieri, di soldati che ci manderanno addosso. Sapete che arriverà?
Che saremo schiacciati come rospi sotto una roccia, e tirando sopra la
_cocca_ tutto il furore dell'autorità, la metteremo al puntiglio di
compiutamente distruggerla. Per me posso rassegnarmi benissimo ad andare
a dar calci al vento nel circo dei pioppi a porta Susa[11]; ma mi
sarebbe di soverchio dolore e rimorso vedere per nostra imprudenza
rovinata quella _cocca_ che, già impiantata da tanto tempo, ma scaduta e
quasi dispersa, noi abbiamo avuto il merito di riavvivare, rafforzare,
far prospera, e che vorrei trasmettessimo in ottime condizioni ai nostri
successori.
[11] In codesto luogo avvenivano in quei tempi le esecuzioni
capitali dei malfattori.
Qui il _medichino_ fe' cenno tacessero tutti ch'egli era a voler
parlare. Gli fu prestata da quel fior di galantuomini una sollecita
attenzione.
— Le parole di Graffigna, diss'egli, hanno il loro valore; ma credete
voi che quelle osservazioni ed obiezioni io non me le sia fatte fin da
prima che ho concepito questo mio disegno e che ho risoluto di metterlo
in atto? Le ho meditate e discusse meco stesso, le ho pesate una per
una; e se mi sono deciso dopo ciò a tentare la impresa — imperocchè
sappiate che tutto oramai è disposto — gli è perchè ho trovato buone
ragioni a combatterle, valevoli rimedii ad antivenire ed impedire quei
danni. Questa nostra associazione, non lo dico per vantarmi, ma per amor
della verità cui conviene qui accertare, se arrivò al grado di potenza e
di prosperità al quale si trova, lo deve per la maggior parte a me: ora
come potreste voi credere che io fossi tanto poco sollecito dell'opera
mia da comprometterla con leggerezza ed esporla a facili sconfitte? No,
compagni miei, non credetemi nè sì cieco, nè sì incauto, nè sì
colpevole, perchè codesta sarebbe una vera colpa. Se io ho pensato di
far della nostra _cocca_ la molla principale della rivoluzione che
voglio suscitare, la parte direttiva e quella perciò che ci avesse
poscia il profitto migliore, ho pensato eziandio a cingerla ed
avvalorarla della forza di molti altri complici che senza saperlo,
credendo anzi muoversi per proprio interesse, lavorassero ad esclusivo
di lei vantaggio, e in mezzo ai quali la cocca medesima sparisse
nascosta, come la forza segreta che anima l'organismo vivente, cui
nessuno può afferrare, per venire a galla soltanto allora che il trionfo
le desse l'opportunità di saltar fuori ed afferrare la preda. Credete
voi forse che questo sia un progetto sbocciato d'improvviso nel mio
cervello, e voluto attuare colla foga del primo trasporto
dell'immaginazione che non tien conto degli ostacoli? No; così non è.
Questo progetto gli è da anni ed anni che io lo vo rivolgendo meco
stesso nella mente; gli è da anni ed anni che s'è impadronito di tutto
l'esser mio e che mi comparisce sotto ogni sua faccia e che mi s'impone
colla sequela delle sue difficoltà per far travagliarsi il mio spirito a
meditarle e sciorle l'una dopo l'altra: gli è fino dalla mia
adolescenza, quando, affacciatomi appena alla soglia della vita, vidi
così iniquamente distribuite le parti nel mondo, e in quel tirannico
ordinamento non un posto per me... Quando le circostanze, i miei
bisogni, le mie passioni mi gettarono in mezzo a voi, — ve lo confesso
aperto — io mi vi diedi tutto, perchè all'anima mia era balenata di
subito la speranza che questo sarebbe stato un saldo punto d'appoggio
per quella leva ch'io voleva muovere a scuotere e rovesciare l'ingiusto
assetto sociale presente: quando la mia audacia e la forza della mia
volontà mi fecero vostro capo, giudicai che la sorte voleva darmi
l'eccelsa contentezza di effettuare il mio sogno. Avevo già incominciato
l'opera in umili e ristrette proporzioni; la continuai con più ardire,
con più speranza, con più mezzi in un più vasto ambito, con più certi e
più ampi successi.
«Nel mondo oltre i nostri, ci sono altri odii, altre ambizioni, altre
passioni che imprecano alla società attuale e la vorrebbero modificata a
loro profitto e ne minacciano alcuna parte. Non è solo qui da noi che ci
sono poveri che soffrono, e ricchi che vivono empiamente del sudore del
popolo; pensai che lo scoppio dell'ira dei pezzenti negli altri paesi
potesse aiutarsi, eccitarsi, combinarsi per venire in soccorso e
assicurare il trionfo del nostro. Avvisai che noi potevamo sfruttare
eziandio e il maltalento e le invidie del ceto medio che altrove, mercè
la ricchezza, è arrivato già alla cima della scala e qui è tenuto basso
dai privilegi accordati dalla monarchia assoluta alla nobiltà, gli
sdegni e le aspirazioni delle intelligenze ora soffocate, le ambizioni
di coloro che si accorgono d'essere schiavi perchè non son essi a
comandare, le generose follie di chi, volendo avere una patria, vorrebbe
costituire dell'Italia una nazione indipendente dallo straniero. Tutto
questo ho raggruppato insieme e dei varii, molteplici fili, tengo i capi
nella mia mano.
«Domenica ventura — date ben retta — fra pochi giorni adunque, domenica,
di sera, quando piene affatto le tenebre la gran lotta ha da
incominciare. Giovani dalla fantasia accesa e dal cuore in cui batte un
sangue concitato, studenti, artisti, commercianti, insorgeranno armati
nel nome della patria e della libertà; noi da nostra parte lancieremo
nelle strade le scure e torbide legioni della miseria che grideranno
«abbiamo fame e vogliamo del pane e dell'oro.» Quelli assaliranno
l'arsenale, le caserme, le dimore delle autorità, — anche della prima di
tutte: questi — i nostri — si precipiteranno sulle case e sui forzieri
dei ricchi. Le truppe saranno occupate dalla rivoluzione politica, noi
avremo il campo libero, ed il saccheggio sicuro.»
Pronunciò queste due ultime parole con accento spiccato, con espressione
tentatrice come l'iniquo soffio del demone, con isguardi lucenti di
passione profonda. Tutti i suoi uditori si riscossero, fin anco
Stracciaferro, che levò dalle palme delle sue manaccie il suo volto
animalesco e mostrò un lampo d'intelligenza nelle sue pupille offuscate.
— Ah sì, il saccheggio: grugnì egli a suo modo colla voce rauca e
avvinazzata: questo mi va.
— Il popolo avrà delle armi: i nostri che faranno da capi alle turbe
saranno più armati degli altri. Abbiamo oltre alle armi materiali quella
morale più potente di tutte, il danaro. Pagheremo se non tutti una gran
parte degli operai perchè facciano causa comune con noi contro i loro
padroni. Più ancora del danaro possono in essi le ragioni e le idee che
da tempo ho procurato si spargessero fra di loro.
Qui il direttore della _casa di commissioni_ fece un lieve cenno che
pareva significare aver egli alcuna cosa da dire.
— Parlate pure, gli disse il _medichino_ interrompendosi.
— Voglio dire, poichè Lei me lo permette, che da questo lato le cose
camminano il meglio che si possa desiderare. Dietro suoi ordini e
secondo le sue istruzioni, ho continuato ad agire e far agire sì
direttamente che indirettamente sui principali operai di tutte le
officine.
Qui Graffigna interruppe dimenticando per un momento il suo rispetto
alla disciplina.
— Questo è vero. Nella fabbrica Benda che è una delle primissime, so io
di sicuro che non si starebbe guari ad avere dalla nostra buona mano di
quei lavoratori. Marcaccio insusurrato da me va gonfiando le orecchie a
certo Tanasio che ha molta influenza sui suoi compagni, e per suo mezzo
quel caro uomo degno della galera ha messo assai bene il baco fra quegli
operai... Non basta; testè quel Marcaccio medesimo — bravo capitale d'un
assassino va! — ci ha fatto acquistare una preziosa recluta che ci sarà
utilissima in molte occasioni, essendo che gli è un eccellente
fabbro-ferraio, e che ci potrà aiutare assai bene anche in questa,
perchè fu già negli opifizi del signor Benda, ne fu scacciato, ed oggi
stesso, avendo mandato la moglie a supplicare d'esservi riammesso, si
ebbe un bel no, di che sentì un'ira maledetta e giurò l'avrebbe fatta
pagare al suo antico principale.
— Benone! esclamò l'agente d'affari. Quella è delle fabbriche più
importanti e che abbiano maggior numero d'operai.
— Senza contare che il padrone di essa è uno dei più ricchi di Torino e
che c'è da fare un _leva ejus_ ne' suoi scrigni proprio co' fiocchi.
— È vero: esclamarono con avidità di desiderio gli altri, meno il
_medichino_ e Stracciaferro sempre assorto nel suo torpore.
— Ma il guaio si è, soggiunse finemente Graffigna, che sor _medichino_
non vuole che alla famiglia Benda si tocchi.
Tutti si volsero a Gian-Luigi come aspettandone una spiegazione.
— Gli avevo suggerito questa mattina medesima un simil colpo, continuò
Graffigna, ed egli me ne rimbrottò come un cane.
Il _medichino_ stette un momento in silenzio reggendo colla sua mano
bianca e sottile la bella fronte; poi scuotendo la testa, come per
gettarne via alcun molesto pensiero, disse sorridendo d'uno strano
sorriso:
— Sì, è vero..... Questa mattina ho parlato così: ma ero allora sotto
l'impressione di certi sentimenti..... che gli è inutile spiegarvi.....
Adesso quell'impressione è superata, e ragiono diversamente. Come tutte
le altre, anche la fabbrica del signor Benda sarà sconvolta dalla
sommossa.
— Così va bene: esclamò Graffigna. — E conto d'esserci io colà al
momento buono: soggiunse fra i denti.
Gian-Luigi rimase di nuovo un istante riflessivo, poi riprese
coll'accento di prima:
— Tutte le officine adunque insorgeranno. Noi sceglieremo accuratamente
fra i nostri uomini quelli che per ciascuna dovranno ficcarsi in mezzo
agli operai ad istigarli prima, a capitanarli nel momento dell'azione.
Quando una massa di popolo trasmoda in tumulto, chi è più esagerato in
parole, più audace nei fatti agevolmente se ne impadronisce, e nelle vie
della violenza la volge a suo senno. I nostri uomini, cui un per uno voi
comunicherete le istruzioni che vi darò testè io stesso, parleranno ed
agiranno da imporsi come capi alla sommossa. Ciascuno di essi riceverà
prima del fatto una somma; del bottino poi, obbligato a renderne conto a
noi e recare in comune, avrà promessa solenne di ottenere
considerevolissima porzione. Le varie parti del disegno, le fasi della
rivolta, i modi e l'ora degli assalti diviseremo accuratamente capo per
capo, e ciascuno di voi sarà incaricato di provvedere all'esecuzione di
ciò che a lui sarà stato assegnato, concertandosi cogli uomini che da
lui dipenderanno. Ai principali di questi agenti subalterni parlerò
ancor io medesimo. Essi però non dovranno conoscere il piano generale e
riceveranno poscia man mano, quando impegnata l'azione, gli ulteriori
ordini ed istruzioni. La massa comune degli affigliati alla _cocca_ non
saprà nulla di nulla e si caccerà nella riotta come a profittare d'una
buona occasione di rapina che si presenti, senza avere il menomo
sospetto che quest'occasione noi abbiamo lavorato a farla venire. I
capi-squadra poi, trascelti per avere comunicazione di quella parte del
disegno che occorra loro far nota affinchè possano utilmente servirci,
ripeteranno il solito giuramento di morire piuttosto che rivelar nulla,
se mai cadono negli artigli della polizia. — Ed ora, compagni,
procediamo, senza ritardo alla scelta importantissima di questi
individui.
Il direttore dell'agenzia d'affari trasse fuori un elenco di quei fiori
di galantuomo, e lo scellerato sinedrio si pose con infinita attenzione
a pesare nome per nome affine di sceverare dal mazzo i più degni
dell'alto ed onorevole ufficio.
Quando codesta delicata operazione, che durò lungo tempo, ebbe termine,
Gian-Luigi accennò di sciogliere l'adunanza ordinando ai sei accoliti di
passare nella taverna di Pelone per cominciare ad impartire a chi si
doveva le informazioni ed i comandi opportuni; ma Graffigna colla sua
voce di falsetto domandò che lo si ascoltasse ancora un momento.
— Tutto questo va benissimo, diss'egli: quello del nostro _medichino_ è
un piano grandioso, che mi venga un accidente, degno di quel testone
tanto fatto che ciascuno deve riconoscergli, un piano che con una sola
retata ci può dare in mano più di quanto un centinaio di bei colpetti
non possa fare. Non dico mica diverso, miei cari compagni ed amici: io
non l'avrei saputa pensare una cosa simile: se dessi retta soltanto al
mio piccolo comprendonio, direi che ci cacciamo in uno spineto da
lasciarci non soltanto i brandelli dei calzoni, ma benanco della nostra
p.... d'una pelle che non vale un botton frusto, siamo d'accordo, ma che
pure ci è cara a tutti quanti, o che il diavolo mi porti.
Gian-Luigi fece un atto d'impazienza, l'omicciattolo s'affrettò a
soggiungere:
— Non dico questo per oppormi in nessun modo all'affare. Le parole del
_medichino_ hanno trasportato anche me. Facciamo pure a suo senno: mi ci
metterò di buona voglia, e quella frotta che avrà la mia compagnia,
state pur sicuri che vorrà far per benino la sua bisogna....
— Insomma, lo interruppe Gian-Luigi impaziente: a qual conclusione vuoi
tu venirne?
— A questa: il gran colpo esploderà domenica. Bene; ma da oggi a
quell'ora ci abbiamo un quaternario di giorni in cui pare a me si
potrebbe pur compiere qualche altro buon colpettino ammodo che ci
aiutasse sempre meglio ad ugnere le carrucole. Io ce ne ho due belli e
preparati, che sono come frutti maturi, i quali non si ha che da
allungar la mano per coglierli....
— Sentiamoli, sentiamoli: dissero in coro gli altri.
— Eccoli qua, mia cara brava gente di galeotti. L'uno sarebbe pel
marchese di Baldissero, nella cui casa è affare di poca difficoltà
l'introdursi una notte in parecchi bravi amici, e di cui la _Gattona_
saprà spiegarci per bene com'è diviso l'appartamento perchè vi ci
possiamo cavare i piedi.
Al nome della _Gattona_ Stracciaferro volse uno sguardo quasi
intelligente al suo compagno di delitti e d'infamia.
— La _Gattona_! diss'egli: lasciala stare quella sciagurata di mia
sorella. Ella è più trista di tutti noi.
— Giusto appunto! La ci può servir benissimo. L'altro colpo sarebbe
verso quel birbone matricolato, senza fede nè legge, mio buon amico,
l'avaro usuraio, strozzino scellerato di Nariccia. Qui la cosa è ancor
più semplice. Il miserabile alloggio in cui quel vecchio esoso sta colla
sua vecchia sudicia di fante, io lo conosco come il fondo della mia
tasca: sor _medichino_ lo conosce al pari di me: e per introdurci colà
ci abbiamo le chiavi fatte a meraviglia dall'uomo procuratoci da
Marcaccio e che apriranno benissimo, chete come olio.
Gian-Luigi interruppe vivamente:
— Ah! quelle chiavi ci sono?
— Sor sì: eccole qua.
— Bene! Mi fa piacere lo averle.
— E dunque: soggiunse col suo solito accento insinuante la voce
squarrata di Graffigna: il colpo si fa?
— No... per adesso: rispose fermamente il _medichino_: nè questo nè un
altro. Per questa settimana tutti ci conviene raccogliere i nostri
spiriti e i mezzi nostri a preparare la grandissima lotta — forse finale
— e non bisogna disperdere le nostre forze, nè chiamare di soverchio
l'attenzione della Polizia sui fatti nostri. Se nella lotta di domenica
riusciremo, non occorrerà più ricorrere a questi parziali delitti: se
non vinceremo, allora, di poi, si potrà riprendere la nostra opera
tenebrosa..... Or basti. Andate da Pelone e comunicate ai capisquadra le
cose convenute.
Due minuti dopo Gian-Luigi era solo in quel misterioso ridotto. Egli
aprì l'uscio del gabinetto a lui riserbato esclusivamente, accese il
lume che era colà e lasciandosi cader seduto nella poltroncina che stava
innanzi alla scrivania, appoggiò i gomiti al piano di questa, resse
nelle mani la fronte e parve immerso di subito in profondi pensieri.
CAPITOLO XIII.
Andrea aveva finito l'empio lavoro di fabbricar le chiavi false, animato
sempre dall'eccitamento dell'ira, dal desiderio della vendetta e dai
vapori dell'ebrietà, sotto gli occhi di Graffigna, il quale lo era
venuto via via lodando e incoraggiando nell'opera, anche mercè frequenti
libazioni di quelle bottiglie ch'e' s'era fatto dar da Pelone; ma quando
il compito fu terminato, i vapori del vino dal cervello e i bollori
della collera dall'animo erano dati un po' giù, e la coscienza ebbe
campo a ridestarsi alquanto e fargli sentire il rimbrotto della sua
voce.
Graffigna nella premura di afferrare e posseder quelle chiavi, le prese
con mano sollecita da quella di Andrea che le teneva quasi esitante, e
le due destre in quell'atto si toccarono. Per tutte le membra
dell'operaio pochi momenti prima scioperato, ma tuttavia onesto, ed ora
colpevole, corse una scossa, una specie di brivido, di ripulsione al
contatto di quella mano del galeotto evaso dalle galere. Gli parve che
codesto tocco fosse come una spinta che lo cacciasse giù nella strada
del male; ed egli trasse indietro vivamente non solo la sua destra, ma
la persona, come chi si vede giunto improvviso all'orlo d'un abisso e si
ricaccia indietro con ispavento per non precipitarvi. La voce della
coscienza che s'era levata formolò il suo rimprovero colla semplice
domanda seguente:
— Che direbbe Paolina, se sapesse codesto?
Guardò le chiavi che aveva nella sua mano callosa ed annerita dal
lavoro, e l'idea gli nacque di gettarle su quel fuoco che ardeva
tuttavia, al quale egli le aveva costrutte, per farle ridiventare un
pezzo innocente di ferro.
— No, no, diss'egli a Graffigna che gli si era avvicinato di quanto egli
erasi tratto in là e che tendeva di nuovo la destra per prenderle; no,
codesta in fin fine è una scelleraggine ch'io non devo fare.
Graffigna lo interruppe colla sua voce in falsetto:
— Che è ciò? Che storie son queste? Non mi fate il ragazzo adesso,
stupidaccio che siete, mio caro galantuomo da forca. Oh che vi vengono
gli scrupoli sul migliore? Quel fior di birbante di Nariccia, mio buon
amico, che sì che li ha avuti gli scrupoli per cacciar voi sulla strada
e vostra moglie a crepar sulla neve!...
A queste parole che rincrudivano la piaga dell'anima sua Andrea ebbe un
fremito in tutta la persona.
— Animo, via, soggiunse l'omiciattolo che s'accorse aver ottenuto
l'effetto che voleva, lasciate che l'acqua vada alla sua china e
Nariccia abbia il fatto suo, e perciò a me quei bravi e carini ordegni
che avete così bene fabbricati.
E prese le chiavi di mano ad Andrea che lasciò fare.
— Benone, continuava Graffigna, ora vi rimettiamo in libertà, e potete
tornarvene all'osteria di Pelone con Marcaccio che vi attende; e non vi
mancheranno più denari da scialarla quanto vi pare e piace in quella
caverna del mio buon amico, lo strozzino avvelenatore, degno della
corda, il bravo Pelone... E siccome noi non ci contentiamo di dar
parole, ma facciamo bravamente dei fatti, eccovi qui alcuni _ritondini_
che vi aiuteranno a passare in buona allegria la sera.
Pose in mano d'Andrea un pizzico di monete. Il marito di Paolina che non
aveva un centesimo più da sostentar la vita, nè mezzo alcuno per
guadagnarsene, arrossì sino alla fronte, ma ritenne entro il cavo della
mano quei danari che l'omiciattolo vi fece sgusciare.
— Ed ora, continuava quest'ultimo, conviene partirsi di qua collo stesso
modo e per la medesima strada come siete venuto. Perciò abbiate pazienza
di lasciarvi bendar di nuovo gli occhi e venire dietro me tratto dalla
mia mano.
Andrea si dispose a fare a senno di Graffigna.
— Un momento però: disse questi ancora dando alla sua voce fessa e
stridula un'intonazione minacciosa e più ingrata ancora del solito;
prima di imbarcarci per la via del ritorno, mio caro collega, bisogna
ancora che vi ricordi una volta il giuramento che avete fatto prima di
entrare. Ricordatevi che di quanto vi è successo quest'oggi con me,
dell'esser venuto qui, di quel che ci avete visto e di quel che ci avete
fatto, voi non direte parola nessuna con anima viva, fosse pur anche il
Papa che venisse ad interrogarvi, ci fosse pur anche lì il boia col
capestro per farvi sfringuellare.... Avete capito? Altrimenti vi ho già
mostrato quel piccolo stromentino che sarebbe incaricato di mandarvi ad
imparare la prudenza e la discrezione all'altro mondo.
Ad Andrea invece che paura, com'era accaduto prima, queste parole
destarono ora una viva irritazione di sdegno: misurò con uno sguardo
sprezzante le membra sottili di quell'omiciattolo, paragonandole alle
sue robuste e muscolose; un subito impulso, una specie di tentazione gli
venne di schiacciare senz'altro quel miserabile rettile velenoso che
ardiva minacciarlo; fece un passo verso Graffigna con un'espressione di
volto che rivelava il suo interno sentimento; l'omiciattolo con un
guizzo fu all'altro capo dello stanzone, ponendo fra lui ed Andrea la
tavola che stava in mezzo.
— Non le vi paian ciancie codeste, brav'uomo, che vi colga un accidente:
soggiunse Graffigna. Questo piccol uomo che vedete in me, ne ha già
fatto stare di parecchi, sapete, che erano più grandi e più grossi di
voi della bella guisa..... E se anche poteste scappare al vostro
umilissimo servitore e buon amico Graffigna — cosa che credo un po'
troppo impossibile per esser facile — di questi giocattoli qui (e trasse
fuori il suo pugnale) con altre mani risolute al par della mia che li
tengono, ne trovereste più d'uno, più di due, più di cento, ve lo dico
io; ed uno di quelli che son pronti a maneggiare tal ordegno sulla
vostra pelle, dove la sgarriate d'un punto, potete vederlo ora stesso,
se vi date la pena di voltarvi, in quel bravo Stracciaferro, gloria
della _cocca_, celebrità delle galere, mio degno compagno ed eccellente
amico.
Andrea voltatosi vide nella penombra d'un angolo dello stanzone
drizzarsi le forme madornali e la faccia imbestialita di quel gigantesco
individuo, entrato poco prima chetamente, mentre il fabbro era tutto
intento al suo lavoro. Capì che ogni velleità bellicosa era una follia,
e chinò la testa in atto come di rassegnata sommissione.
Graffigna tornò ad accostarglisi con un sorriso trionfatore.
— Avete intesa l'antifona, e voglio sperare che non la dimentichiate:
diss'egli. Bene!... saremo amiconi allora, amiconi per questa tristaccia
di pelle che non vale un botton frusto... Ma ora abbastanza
chiacchere... _filiamo_, chè di qui conviene sgomberare.
L'operaio si lasciò bendare gli occhi senza più una parola, e colle
medesime precauzioni usate nell'introdurlo in quel segreto covo, fu egli
ricondotto nella retrobottega di Baciccia, dove, prima di levargli la
fascia dagli occhi, fu fatto girare ancora in lungo ed in largo, di su e
di giù, dandogli l'idea di aver percorso un lunghissimo tratto di
cammino.
— Ora, gli disse poi Graffigna togliendogli la benda, potete andare alla
bettola dove vi aspetta Marcaccio... E ricordatevi sempre il vostro
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