La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 15

Total number of words is 4321
Total number of unique words is 1814
32.5 of words are in the 2000 most common words
45.6 of words are in the 5000 most common words
51.7 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
Lo stesso re Carlo non disse di Pier d’Aragona nè di congiura nella
lettera di maggio 1282 a Filippo l’Ardito (Docum. VI); e ne’ trattati
del duello di Bordeaux, non apponeva a Pietro, che vagamente: di
essere entrato in Sicilia «contro ragione e in mal modo.» E fallito
il duello, volendo diffamar l’avversario, ricantò pure che pria
dell’occupazione di Sicilia si trattava un matrimonio tra una sua
figliuola e un figlio di Pietro; spiegò quelle prime sue parole per
pravità, infedeltà, e tradimento; ma tra tanti rimbrotti, non fece mai
parola di trama co’ Siciliani (Diploma in Muratori, Ant. It. Med. Æv.,
Diss. 39, tom. III, pag. 650 e seg.).
Carlo lo Zoppo nel diploma del 22 giugno 1283, contro alcuni tristi
officiali e consiglieri del re suo padre, scrisse: _ipsi quotidie
diversa gravamina et quaelibet extorsionum genera suadebant; ipsi vias
omnes excogitabant per quas insula Sicilie a fide regia deviavit_
(Buscemi, Vita di Giovanni di Procida, Docum. 5).
Nel diploma di Carlo I, dato il 5 ottobre 1284 (Docum. XXIII), ove
sottilmente si discorrono le vicende della siciliana rivoluzione in
quel modo che Carlo amava a presentarla, e si carica di rimbrotti re
Pietro, non si fa parola di congiura nè punto nè poco; ma che Pietro
stato per lo innanzi amico, entrando di furto in Sicilia, gli si era
presentato novello improvviso nemico. Slmilmente ne’ diplomi delle
concessioni feudali a Virgilio Scordia di Catania (Doc. XXXVI), d’altro
non si parla che di: _suborta generaliter in insula nostra Sicilie
guerra.... e di sequens invasio quondam Petti olim regis Aragonam_.
E nel medesimo tempo in un altro diploma del 20 luglio tredicesima
Ind. (1301), che promettea guarentige alla terra di Geraci, disposta a
tornare sotto il nome angioino (r. arch. di Nap., reg. 1299–1300, fog.
71, 82), leggesi: _scrutinio itaque debite meditationis diligentius
advertentes, quod officialium clare memorie domini patris nostri
effrenata concitante licentia, insula nostra Sicilie et subsequenter
postmodum nonnulle universitates civitatum, castrorum, casalium
et villarum oac speciales persone Calabrie, vallis Gratis, terre
Jordane et Basilicate, principatus et aliorum locorum regni Sicilie
citra farum, in rebellionis culpam cadentes, a fidelitate sancte
romane matris Ecclesie atque nostra se turpiter abdicerunt_, etc.
Finalmente la rivoluzione del vespro non si accenna con altre parole
che _Siculorum gravis et periculosa commocio_ nel diploma di Carlo II
(Docum XXXIX).
Tutti questi documenti mostrano ad evidenza che infino a tutto il
secolo xiii, nè la corte di Roma, nè quella di Napoli ebber mai
fronte di parlar di congiura siciliana; anzi, tratte dalla forza
dell’evidenza, accettarono la manifesta cagione della rivoluzione
dell’ottantadue, com’io l’ho ritratto. Ma coll’andar del tempo
pensarono dipinger più nero il fatto, del quale già la verità
s’incominciava a corrompere e dileguare. Il veggiamo in due diplomi,
l’un di re Roberto dato il 2, l’altro di re Federigo II di Sicilia
dato il 3 settembre 1314; mentre Roberto assediava Trapani, Federigo
strignea Roberto. Avvenne allora, che un corsale napolitano prese una
nave delle isole Baleari che mercatava in Sicilia, e che la città
di Barcellona ne domandò a Roberto la restituzione. Costui dunque,
scrivendo al comune di Barcellona, ingegnavasi a sostener buona la
preda; e tra le altre ragioni allegava: _quod homines insulae Siciliae
a longissimis retro temporibus, rebellionis, perfidiae et hostilitatis
improbe spiritum assumentes, contra clarae memoriae progenitores
nostros proditionaliter rebellarunt_, etc.; il quale _proditionaliter_
si può intendere o perfidamente, ovvero con delitto di maestà, che per
la diffalta al giuramento, si volle chiamar tradigione. Ma Federigo,
confutando tutte le ragioni, largamente anco dicea della ingiusta
aggressione di Carlo contro re Manfredi, dell’empia tirannide con
cui condusse a disperazione i popoli del regno preso da Pietro. _Non
igitur_, continua, _scribi debuit quod proditionaliter rebellassent,
cum rebellationem hujusmodi nullum propositum, nullaque factio,
vel conspirans conjuratio praecessisset; et licebat nec minus eis
liberis, quod servilis status hominibus erat licitum, ut confugientes
ad Ecclesiam, saevitiam effugerent, etc ... Quomodo igitur ipsos
Siculos proditores fuisse dici debuti sive scribi?_ etc. Così ribatte
in ambo i sensi questa taccia di tradimento; dimostrando, che non ci
fu cospirazione, e che potea la Sicilia a buon dritto scuotere il
giogo dell’usurpatore. Non ritraggiamo che Roberto avesse replicato.
E considerando quanto dubbia fu l’accusa, quanto asseverante e
particolareggiata la risposta, possiam conchiudere, che trentadue
anni dopo il fatto, quando si era potuto conoscere appieno tutta la
macchina, se la corte di Napoli pur la fingea, non mancavano ragioni da
confutarla e negarla.
Ma la tradizione popolare, altri dice, porta infino ai nostri dì
Procida e la congiura; e in un avvenimento nazionale sì grande, la
tradizione non erra. Rispondo, che fallace è sempre; e di niun peso
contro le maggiori autorità istoriche. Di più la tradizione verbale,
presso i popoli barbari è guasta da bizzarria e ignoranza; presso i
popoli inciviliti da bizzarria, da ignoranza e dalle istorie scritte.
Queste scendono infino al volgo, più ripetute quanto più strane;
il volgo e gli scrittori le alterano a gara. La tradizione genera
la istoria scritta, e questa talvolta genera la tradizione. Così,
volgendoci a’ nostri racconti volgari del vespro, troviamo la uccisione
di tutti i Francesi per tutta l’isola in un dì; Giovanni di Procida,
infintosi matto, girar la Sicilia con una cerbottana, susurrando a
tutti all’orecchio, per dire ai Francesi pazze cose, ai Siciliani il
segreto della congiura; e, mescolati a queste grosse fole, alcuni fatti
ch’han sembianza di vero, come la prova della pronunzia a sceverar
Francesi da nazionali nell’eccidio, e il rifiuto di Sperlinga. E
l’eccidio contemporaneo è prettamente la favola di fra Francesco
Pipino, della Cronaca d’Asti, ec,, penetrata appo noi per cronache
scritte o per tradizione di ciarle, quando la genuina tradizione
nazionale con l’andar de’ tempi si diradò. A contrastar dunque la
testimonianza di scrittori gravissimi o documenti, non si porti innanzi
ciò che il volgo dice.
Riflettendo poi sulle sembianze politiche della sommossa di Palermo
e de’ fatti che ne seguitavano, parrà inverosimile, e direi quasi
assurdo, il supposto della congiura. Giovanni di Procida, nobil uomo,
fidatissimo del re d’Aragona, mosso da amor di patria, odio a Carlo,
o devozione all’Aragonese, praticava, secondo il Villani e gli altri
della sua parte, perchè Pietro salisse al trono di Sicilia. Praticava
con Niccolò, col Paleologo, e co’ baroni siciliani. Or lasciati
da parte gli accordi con potentati stranieri, che tendean solo ad
aggiugnere riputazione e forze a re Pietro, e poteano servir sempre,
data o non data la congiura in Sicilia; il trattato di Procida coi
nostri baroni dovea mirare a questi due effetti: che scacciassero i
Francesi; e che chiamassero il re d’Aragona. I baroni dall’altro canto
doveano, pria di gittare il dado, esser certi che Pietro stesse pronto
in sull’armi, per aiutarli nel primo principio, o nei primi pericoli;
dopo il fatto doveano, o gridar lui re, o almeno prender essi lo
stato. Tutto il contrario si ricava dalle testimonianze degli stessi
cronisti raccontatori della cospirazione, non che degli altri. Cominciò
in Palermo il 31 marzo, si consumò in Messina il 28 aprile questa
siciliana rivoluzione; e Pier d’ Aragona tuttavia faceva spalmar navi
e scriver soldati in Catalogna, infino al 3 giugno. Partito allora, si
drizza alle isole Baleari; vi soggiorna due settimane; indi fa vela,
e il 28 giugno approda in Affrica; trattenendovisi a guerreggiare co’
barbari fin oltre mezz’agosto: mentre re Carlo, che avea in punto
l’esercito per la impresa di Grecia, strignea già fieramente Messina;
e si dovea aspettar sopra la Sicilia più spedito e più pronto ch’ei
non fu. Se dunque a re Pietro eran mestieri due mesi più di tempo ad
allestire l’armata, non è credibile per niun modo, che i congiurati
scelto avesser la pasqua per cominciare il gran fatto, come Malespini e
Villani portano espressamente.
E sia pure che una impazienza, o un pericolo de’ cospiratori li
avesse affrettato; e suppongasi che Pietro, per tenere un poco più
la maschera, avesse voluto rischiar tutta l’impresa con differir
tuttavolta la sua venuta; non si negherà che in Sicilia gli autori
della rivoluzione doveano prender essi lo stato. Ma noi non solamente
non veggiam punto nè poco Giovanni di Procida nel fatto del vespro,
nè tra i capitani di popolo del primo periodo incontriamo alcuno
de’ nomi riferiti da Malespini, da Villani e dall’anonimo scrittor
della cospirazione; ma nè anco alcuno de’ grandi feudatari siciliani;
nè delle famiglie più cospicue in que’ tempi. In un luogo popolani
senz’alcun titolo di nobiltà; in un altro son fatti capitani di popolo
uomini senza vassallaggio, fors’anco senza grande avere, e soltanto
militi, ossia cavalieri, ch’era onoranza della persona, non già stato
politico; i quali furon trascelti, come usi alle armi, o per altra
loro riputazione personale. Così in Palermo Ruggier Mastrangelo con
due cavalieri e un popolano; in Corleone Bonifazio, e altri in altri
luoghi: e così anche de’ consiglieri, tra i quali si notano molti
giurisperiti, cioè uomini del popolo, che la plebe infelicemente suol
porre volentieri al reggimento delle sue rivoluzioni, credendoli
dello stesso suo sangue e di mente molto maggiore. Veggiam di più
la sollevazione propagata nell’isola secondo il corso delle armi
palermitane, non già per movimenti spartiti che si potessero attribuire
ai feudatari; veggiamo assai comuni mettere a fil di spada i Francesi,
e pur tentennare al chiarirsi ribelli, cioè abbandonarsi all’impeto
dell’ira e della vendetta, senza saperne altro scopo; veggiam la
sollevazione in Messina cominciata dalla plebe, contrastante anzi una
parte dei nobili; e per ogni luogo gridato il governo a comune sotto la
protezion della Chiesa, ch’era escluder Pietro e i feudatari, i quali
non avean parte nel reggimento a comune. Gli adunati sindichi delle
città e terre deliberano delle cose pubbliche; i comuni si strìngono
con reciproci vincoli di federazione; Palermo e Messina tengon la
somma delle cose, e a pien popolo prendon le loro deliberazioni. Ove
son dunque «i baroni e’ caporali» del Malespini? Se le forze della
congiura cagionavano il 31 marzo e le sollevazioni delle altre città;
se de’ baroni cospiratori era la riputazione della vittoria; dovean
essi compier lo intento, non venirne al dominio della Chiesa e alla
repubblica, nè lasciar questa costituirsi con ordini popolani e uomini
o popolani o della nobiltà minore e cittadinesca, Aggiungasi, che
il dominio della Chiesa portava ostacol maggiore al re d’Aragona,
che non più all’usurpator francese, ma al sommo pontefice veniva a
togliere il reame: onde niuno mi persuaderà che Pietro, o uomini che
praticavan con lui, avessero mai scelto tal partito. Aggiungasi, che
con questi ordini, più debole tornava la rivoluzione; mancando un
nome di re, una sembianza di legittimità monarchica, un centro di
forze da accrescere riputazione, rapire i timidi come gli animosi,
gl’interessati come i generosi. Non era infine senza sospetto gridar la
repubblica in un’isola sì vicina alle repubbliche italiane, che potea
assodarsi in quegli ordini popolani. Impossibil è, per natura umana e
necessità sociale, che principe ambizioso, congiurato con baroni del
secol decimoterzo, vincendo, abbandonasser lo stato in quell’andare. E
basterebbe sol questo a disdire tutti gl’istorici del tempo, se tutti
dicessero il vespro effetto immediato della congiura. Raccogliendo
dunque il detto fin qui, abbiamo, che portano il vespro effetto
immediato della congiura pochissimi cronisti francesi, d’altronde non
molto gravi, la istoria dei guelfi Malespini, seguita dal più guelfo
Villani, e dalla Cronaca siciliana d’incerto autore, d’incerto tempo;
alla narrazion de’ quali aggiugneano incredibil favola la Cronaca
d’Asti, e Boccaccio, vivuto mezzo secolo appresso; e la stessa narrava
dubbiamente il favoleggiante frate Pipino: tutti renduti sospetti da
spirito di parte, lontananza di tempo e di luogo, e copia di altri
errori. Non è più valida la tradizione che oggi troviamo in Sicilia,
guasta dal tempo e dagli scrittori. Per lo contrario, lasciando anco
i siciliani Speciale, Neocastro, e l’anonimo, e i catalani Montaner
e D’Esclot, contemporanei e di autorità non lieve, noi leggiam la
sollevazione di Palermo casuale e nata dal più non poterne, in un
Francese, e in nove scrittori di vari luoghi d’Italia, tra’ quali
Auria, Saba Malaspina e Dante, degni tanto di fede, e il secondo più,
perchè famigliare del papa. I documenti del tempo, slmilmente, non
dicono la congiura di Pietro co’ Siciliani, nè il vespro effetto di
essa; ma che quel re facea disegni da lungo tempo sull’isola, e che
seguita la rivoluzione, tanto adoprossi con artifizi e sollecitazioni,
che il vôto soglio occupò. Gli ordini pubblici e gli uomini messi su
nella rivoluzione, provan impossibile la narrazione degli scrittori
guelfi. Ma ben si scorgono gli anteriori disegni di Pietro, dal
Neocastro, dal Montaner, da Saba Malaspina, dal Memoriale de’ podestà
di Reggio; e le sue pratiche col Paleologo da Tolomeo da Lucca e
Ferreto Vicentino; e gli uni e le altre, dalle carte pontificie e
di Carlo di Angiò. Sembra infine che ne porgano il bandolo Tolomeo,
Ferreto e Saba Malaspina; perchè, nella stessa guisa che fanno Montaner
e il Neocastro, dopo un cenno de’ disegni di Pietro sopra la Sicilia,
i detti tre istorici portano, senza legarlo a quelli, il tumulto del
vespro, e ne indican anzi le cagioni. Or se essi furono a tempo a saper
le pratiche col Paleologo, il doveano essere a sapere il rimanente
della cospirazione; e l’avrebbero scritto, se fosse stato pur vero.
Indi tutto qual è si scerne, tra tanto viluppo d’autorità istoriche, il
progresso de’ fatti. La pessima signoria straniera puzzava in Sicilia,
sì che nobile o popolano non v’era che non bramasse uscirne. I grossi
proprietari, che sogliono esser sempre più cauti e lenti, avean forse
dato ascolto alle istigazioni del re d’Aragona; il quale consigliavasi
con parecchi usciti di parte sveva, e adoprava principalmente tra
questi Giovanni di Procida, non patriotta, ma destro, accorto e audace
ministro d’un principe straniero, contro il tiranno della propria
sua patria. Re Pietro, aiutato per comun interesse dal Paleologo, e
connivente papa Niccolò, preparava un’armata e un piccolo esercito;
con le quali forze potrebbe credersi ch’ei divisava dapprima portar la
guerra in Sicilia col favor de’ baroni; perchè se avesse immaginato
infin dal 1281 la finta impresa d’Affrica, con la medesima simulazione
avrebbe fatto le viste di comunicarla a Francia, al papa e a Carlo,
invece di ribadire i sospetti con quel suo silenzio. Mentre Pietro
s’armava, e i nobili bilanciavano, e, concedasi pure, stigavano gli
animi in Sicilia, ma non si dava principio alle opere, nè forse si
sarebbe mai dato; il popolo di Palermo die’ dentro; innasprito per la
nuova stretta di violenze di Giovanni di San Remigio, e acceso dagli
oltraggi alle donne, rapito dalla tenzone che ne seguì. Il popolo
scannò i Francesi; e ordinò lo stato a suo modo, perch’ei fu che
vinse. E qui è da tornare a mente, che la feudalità fu sempre moderata
in Sicilia nelle dominazioni normanna e sveva; che le grandi città
demaniali aveano umori popolani, sì come in Italia, in Alemagna, in
Provenza, in Catalogna, in Inghilterra; che le stesse terre feudali
godean appo noi ordini di municipio non dipendenti dal barone; ch’era
fresca e gradita la memoria della repubblica del cinquantaquattro,
e vicino l’esempio delle città italiane; che infine il baronaggio,
rinnovato in gran parte sotto Carlo, dovea essere odiato vieppiù per
la gente nuova e per gli abusi nuovi. Perciò il popol di Palermo gridò
la repubblica: e com’egli armato corse l’isola, l’esempio, la forza,
la influenza delle stesse cause, portaron rapidamente tutta l’isola
alla repubblica. Ci avea in Sicilia ottimati e popolo; nè i primi
amavan forse reggimento democratico, ma per l’impeto e la riputazione
della rivoluzione si stettero. Lasciaron fare; e insieme strinsero le
loro pratiche con Pietro, non potendo nè metter su una oligarchia, nè
soffrir la repubblica a popolo: e per la influenza delle proprietà, per
la riputazione della prosapia e degli uomini, in un paese, scosso sì
da movimento popolano, ma avvezzo da lunghissimo tempo al baronaggio
moderato, s’impadronirono alfine de’ consigli pubblici. Pietro, che non
potea dritto venir sopra l’isola, perchè ciò sarebbe stato apertamente
portar guerra alla Chiesa e alla repubblica, non all’usurpatore,
immaginò la impresa d’Affrica, per mostrarsi armato e vicino. Allora i
nobili valser tanto nel parlamento, da farlo chiamare al trono: e così,
supposta anche la congiura aristocratica estesa quanto si voglia, si
argomenterebbe che la medesima, sviata dai suoi primitivi disegni per
la rivoluzione del vespro, li consumasse civilmente dopo cinque mesi,
nel parlamento.
Ma i racconti del vespro, della esaltazione di Pietro, de’ disegni
di costui, delle pratiche col Paleologo e coi Siciliani, molti anni
corsero per tutta Italia e oltremonti, senza stampa, nè comunicazioni
agevoli nè frequenti, guasti da uomini parteggianti, ignoranti, avvezzi
a credere il falso, e non credere il vero, perchè troppo semplice.
In Francia e nell’Italia guelfa la narrazione, com’avviene, prese
colore dalle opinioni, e peggio si alterò. Di que’ che avean praticato
con Pietro, alcuno, vantando sè medesimo e i suoi, in un trattato
tenebroso per sua natura, portò innanti vero e bugia, e tutto gli si
credea: si ravvicinarono congiura, vespro, venuta di Pietro. Ma pure
gli uomini più diligenti e informati seppero il vero in que’ primi
principi. Di lì a pochi anni, la tradizione di voce si corruppe; le
cronache niuno leggeale, o credea alle più strane; si sapea grandissima
la potenza di re Carlo, e parea «quasi cosa maravigliosa e impossibile»
(Giovanni Villani, cap. 56) ed «opera divina ovvero diabolica» (Paolino
di Pietro, loc. cit.) questa ribellione di Sicilia; onde la si cominciò
ad attribuire ad una causa non meno maravigliosa: la cospirazione
di tre potentati coi maggiori baroni di Sicilia. I partigiani della
corte di Napoli, trovando più onesto essersi perduta la Sicilia per
una pratica sì infernale, che per sollevazione, propagarono via più
quella voce. La rissa di Santo Spirito divenne scoppio della congiura;
i ventotto dì che penò la rivoluzione a compiersi in tutta l’isola, si
strinsero a due ore; il tocco del vespro fu il segno; si fece cospirare
per tre anni tutto il popolo di Sicilia. Così pervennero i fatti ai
raccoglitori d’istorie ne’ secoli d’appresso; e per caso, o seduzione
della lingua e dello stile, le cronache di Malespini e Villani si
trovaron le più divulgate.
Indi, per tacere di tanti altri, Angelo di Costanzo, autore del secol
xvi, senza citazioni di contemporanei, e tenendosi alla favola non pur
narrata da’ due scrittori fiorentini, portava l’eccidio in due ore per
tutta l’isola (Storia del regno di Napoli, lib. 2); e non par vero come
Denina (Rivol. d’Italia, lib. 13, cap. 3, 4) rimandi a lui; e come
Giannone (Storia civile del regno di Napoli, lib. 20, cap. 5), segua
questa favola, e presti più fede al racconto inverosimile del Costanzo,
che al Malespini, al Villani, ec., da lui d’altronde citati. Nello
stesso errore cadde il Capecelatro (Storia di Napoli, parte 4, lib. 1),
anche dopo citata la storia in dialetto siciliano, che contien quello
della congiura, non la fola dell’eccidio contemporaneo.
A questa non si appiglia alcun altro scrittore di nome.
Il Suromonte (Storia di Napoli, lib. 3) segue al tutto Villani: così
anche Surita (Annali d’Aragona, lib. 4, cap. 17), ch’era diligente e
non altro.
De’ nostri, Maurolico (Lib. 4, an. 1282), e Fazzello (Deca 2, lib.
8, cap. 4), raccontan ambo i modi di spiegar la rivoluzione, cioè
la congiura e l’odio concepito per la mala signoria, e sfogato per
l’occasione dell’oltraggio di Droetto. Mugnos (Ragguagli del vespro
siciliano) affastella senza discernimento congiura, oppressioni,
ingiuria di Droetto, che fa soffrire alla figliuola di Ruggiero
Mastrangelo, secondo lui, un de’ congiurati più grossi; e reca, con
nomi e giorni e con tutti i particolari, le occasioni per le quali si
sollevò ciascun’altra città dell’isola; che son favole mal tessute.
Al solito non cita contemporanei; nè noi ci dobbiamo affaticare
alla confutazione di questo vanitoso oriundo spagnuolo del secento.
Burigny, francese, ma storico di Sicilia, tenuto per l’ordinario in
minor conto che non merita, narra la congiura e ’l caso di Droetto; e
comechè presti fede agli autori più recenti e allo stesso Mugnos, ne
trae una giusta conchiusione: che l’eccidio fosse stato accidentale
(Storia di Sicilia, Parte 2, lib. 1, cap. 2). Il Caruso, Inveges,
Aprile, Gallo, Bonfiglio e i tanti altri annalisti che ingombrano le
nostre biblioteche, tengon lo stesso metro dei nominati di sopra. E
il semplice e laborioso di Blasi s’avvicina al segno, conchiudendo:
«che la preparata congiura, che dovea scoppiare in un giorno in tutta
l’isola, per un improvviso accidente anticipò;» nel qual modo gli parve
avere accordato tutti i racconti diversi.
Ma gli storici stranieri di maggior polso, o sostengono l’opinione
ch’io ho seguito, o se le avvicinano assai. Quel sobrio Muratori
(Annali d’Italia, 1282) raccontata la congiura, come scrissero
Villani e Malespini, continua: Ora avvenne che nel dì 30 di marzo,
e secondo altri nel 31, i Palermitani, prese le armi, ec., e narra
il fatto senza altrimenti connetterlo con la congiura. Dalle stesse
fonti Sismondi, con più immaginativa, trae che Procida procurasse la
rivoluzione di Sicilia «non congiurando, ma eccitando le passioni del
popolo; e mandando in Palermo i nobili e i militari (così interpreta
la voce caporali di Giachetto Malespini) per poter governare il
movimento, sicuro che l’occasione non sarebbe mancata.» Nondimeno egli
attribuisce la sollevazione all’insulto; non parla altrimenti dei
soci di Procida; e narra la uccisione successiva nel resto dell’isola
(Hist. des Répub. ital. du moyen Age, ch. 22). Prima del Sismondi il
Bréquigny, avvezzo alle più pazienti ricerche, e a quell’esame rigoroso
che diffida di tutt’autorità, avea notato in poche pagine i fatti del
vespro siciliano, ricavati da’ documenti; ne avea conchiuso, «vedersi
chiaramente che la rivoluzione della Sicilia non fu una congiura, e
che non v’ebbe punto congiura.» (Magasin Encyclopèdique, tom. II.
Paris, an. iii, 1795, pag. 500 a 512). La stessa opinione tiene M.
Koch (Tableau des Rèvolutions de l’Europe, tom. I. Paris, 1823, pag.
175); il quale aggiugne non creder più verosimile della uccisione
contemporanea in tutta l’isola, «quella trama con Pietro d’Aragona,
perchè i Palermitani alzarono lo stendardo della Chiesa, deliberati
a darsi al papa, ec.» Nè diversamente pensò Shoell (Cours d’Histoire
des États européens, Paris–Berlin, tom. VI, pag. 49). E per nominare
in ultimo due de’ più vasti ingegni del secolo xviii, finirò il novero
con Voltaire e Gibbon. Il primo, nella rapida corsa sulle vicende delle
società umane, si fermò un istante sul vespro siciliano; seppe scernere
la congiura dal fatto; affermò aver Giovanni di Procida preparato
gli spiriti, ma il caso della donna cagionato l’uccisione (Essai sur
l’esprit et les mœurs des nations, ch. 61). Con esamina forse più
accurata, l’autor della Decadenza e ruina dello impero romano, lasciò
in dubbio la cagione de’ fatti, raccontati d’altronde con la maggiore
esattezza storica (Decline and fall of the Roman Empire, ch. 62). «Si
può chiamare in dubbio, ei disse, se il subito scoppio di Palermo
fosse stato effetto del caso o d’un disegno:» e ciò che il fa rimanere
in questo dubbio, è un errore: la supposta dimora di Pietro sulla
costa d’Affrica al tempo del nostro vespro. Però deride il patriotta
Speciale d’aver dissimulato ogni pratica antecedente, col dir seguita
la sollevazione, _nullo comunicato consilio_, mentre Pietro «per
caso» si trovava con un’armata sulla costa d’Affrica. Se lo storico
inglese avesse riscontrato i tempi, ed avrebbe risparmiato quel frizzo
a Speciale, e deposto ogni dubbio sulla cagione: perchè il 31 marzo
si mosse Palermo; il 29 aprile non v’era città in Sicilia che tenesse
pe’ Francesi; e Pietro non partì di Spagna per Affrica che in giugno,
quando nei consigli siciliani era messo il partito per lui, quando
forse alcun pubblico messaggio gli era giunto di Sicilia.
Degli scrittori recenti che han toccato questo punto d’istoria io non
parlo. Certo diversità di giudizio non è offesa a begl’ingegni. Non
parmi necessario confutar di parola in parola i loro scritti, perch’io
credo che la dimostrazione abbastanza si contenga nel fin qui detto.
FINE DELL’APPENDICE.


DOCUMENTI.

N. B. Ho creduto bene in questa seconda edizione conservar la
ortografia come sta negli originali ma aggiugnere l’interpunzione.
Alcuni documenti hanno un numero progressivo diverso da quel della
prima edizione, per cagion dei nuovi documenti che ho voluto porre
in ordine cronologico coi primi. Il numero progressivo della prima
edizione sarà notato tra parentesi.

I (I).
Stratigotis Salerni fidelibus suis, etc. Ex parte Landulfine uxoris
Johannis de procida de Salerno, fuit nobis humiliter supplicatum,
ut cum ipsa semper erga eccellentiam nostram fideliter et devote se
gesserit; et malitie predicti Johannis viri sui, qui ob proditionis
causam quam erga nostram maiestatem commisisse dicitur se absentavit a
Regno, nequaquam consenserit, licentiam sibi morandi secure in Civitate
Salerni cum aliis nostris fidelibus, concedere de benignitate Regia
dignaremur. Nos igitur suis supplicationibus inclinati, fidelitati
vestre precipiendo mandamus, quatenus si eadem Landulfina fuit
fidelis et de genere fideli orta, et malitie dicti viri sui nequaquam
consenserit, eam morari in Civitate Salerni cum aliis nostris fidelibus
libere permittentes, nullam permittatis sibi occasione proditionis
predicti viri sui inferri ab aliquibus iniuriam molestiam vel gravamen.
Dat. Capue, iij februarii xiij. Ind. Regni nostri anno V (1270).
_Dal r. archivio di Napoli, registro di Carlo I, 1269, C, fog. 214._

II (II).

Scriptum est Justitiario Basilicate, etc. Cum de novo laborari et cudi
fecerimus ac cotidie faciamus in Sicla nostra auri castri capuani de
Neapoli, novam monetam auri que vocatur Karolenses, quorum quilibet
valet augustale unum, et medietas ipsorum Karolenorum, quorum quilibet
medium augustale, pro bono populi, propter fraudem quam committebant
campsores in aliis monetis recipiendis et expendendis; et beneplaciti
nostri sit quod moneta ipsa predicto modo recipiatur et expendatur,
videlicet Karolenses pro uno augustale, et medalia pro medio augustale,
sicuti valet secundum legalem probam inde factam; fidelitati tue
sub pena omnium que habes, et sub pena mutilationis manus, que pena
manus sit in arbitrio et beneplacitu nostro, firmiter et expresse
precipimus, quatenus non attentes recipere vel expendere pro minori
quantitate Karolensem quam pro uno augustali, et medaliam Karolensis
quam pro medio augustali: quod quidem mandatum per licteras tuas
cum transcripta forma presencium secretis, magistris portulanis, et
procuratoribus statutis super officio salis, magistris massariis, et
aliis officialibus jurisdictionis tue ex parte nostra facias, per eos
sub pena publicationis bonorum suorum et mulilationis manus, quam penam
manus nostro arbitrio reservamus, inviolabiliter observandum; a quibus
officialibus singulis de receptione ipsorum literarum tuarum habeas et
recipias licteras responsales in tuo ratiocinio producendas, ut super
hoc nullam possint causam ignorantie allegare: nihilominus mandatum
ipsum per vocem precontam fieri facias et parte nostra singulis tam
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 16
  • Parts
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 01
    Total number of words is 4310
    Total number of unique words is 1850
    32.5 of words are in the 2000 most common words
    46.4 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 02
    Total number of words is 4456
    Total number of unique words is 1816
    31.7 of words are in the 2000 most common words
    45.1 of words are in the 5000 most common words
    52.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 03
    Total number of words is 4461
    Total number of unique words is 1799
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    56.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 04
    Total number of words is 4433
    Total number of unique words is 1776
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    48.0 of words are in the 5000 most common words
    55.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 05
    Total number of words is 4425
    Total number of unique words is 1914
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    46.4 of words are in the 5000 most common words
    53.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 06
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1804
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    56.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 07
    Total number of words is 4467
    Total number of unique words is 1842
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    47.1 of words are in the 5000 most common words
    54.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 08
    Total number of words is 4490
    Total number of unique words is 1877
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    47.8 of words are in the 5000 most common words
    55.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 09
    Total number of words is 4463
    Total number of unique words is 1813
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    47.4 of words are in the 5000 most common words
    54.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 10
    Total number of words is 4481
    Total number of unique words is 1877
    32.4 of words are in the 2000 most common words
    45.3 of words are in the 5000 most common words
    52.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 11
    Total number of words is 4428
    Total number of unique words is 1816
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 12
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1736
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    47.9 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 13
    Total number of words is 4478
    Total number of unique words is 1687
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    48.3 of words are in the 5000 most common words
    55.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 14
    Total number of words is 4371
    Total number of unique words is 1771
    35.8 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    56.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 15
    Total number of words is 4321
    Total number of unique words is 1814
    32.5 of words are in the 2000 most common words
    45.6 of words are in the 5000 most common words
    51.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 16
    Total number of words is 3554
    Total number of unique words is 1517
    12.2 of words are in the 2000 most common words
    17.9 of words are in the 5000 most common words
    21.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 17
    Total number of words is 3822
    Total number of unique words is 2461
    9.3 of words are in the 2000 most common words
    12.7 of words are in the 5000 most common words
    15.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 18
    Total number of words is 3815
    Total number of unique words is 1999
    12.1 of words are in the 2000 most common words
    16.7 of words are in the 5000 most common words
    20.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 19
    Total number of words is 3816
    Total number of unique words is 1847
    7.9 of words are in the 2000 most common words
    12.1 of words are in the 5000 most common words
    16.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 20
    Total number of words is 3925
    Total number of unique words is 1766
    6.2 of words are in the 2000 most common words
    9.7 of words are in the 5000 most common words
    13.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 21
    Total number of words is 4108
    Total number of unique words is 1724
    6.5 of words are in the 2000 most common words
    10.0 of words are in the 5000 most common words
    14.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 22
    Total number of words is 4020
    Total number of unique words is 1949
    17.9 of words are in the 2000 most common words
    24.5 of words are in the 5000 most common words
    29.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 23
    Total number of words is 3832
    Total number of unique words is 1325
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    52.4 of words are in the 5000 most common words
    59.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 24
    Total number of words is 4113
    Total number of unique words is 1312
    37.7 of words are in the 2000 most common words
    50.4 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 25
    Total number of words is 4113
    Total number of unique words is 1285
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    52.8 of words are in the 5000 most common words
    60.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 26
    Total number of words is 4186
    Total number of unique words is 1322
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 27
    Total number of words is 4188
    Total number of unique words is 1331
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    48.8 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 28
    Total number of words is 4253
    Total number of unique words is 1352
    38.2 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 29
    Total number of words is 4052
    Total number of unique words is 1411
    37.6 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 30
    Total number of words is 222
    Total number of unique words is 155
    45.7 of words are in the 2000 most common words
    55.8 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.