La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 09

Total number of words is 4463
Total number of unique words is 1813
33.9 of words are in the 2000 most common words
47.4 of words are in the 5000 most common words
54.8 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
dugento cavalli; i quali, scrive Speciale, come avvezzi a dilettoso
vivere, non aspettando le ferite, volsersi in fuga; ma un istorico
men caldo direbbe, che perduto il lor capitano, dopo la sconfitta
delle due ali dell’esercito, anzichè porre giù le armi o dar le vite
senza pro, vollero da savi ritrarsi alla flotta, serbandosi a miglior
uopo; ma loro il tolse l’oste vincitrice che inseguilli, e circondò,
e soperchiò. In questa caccia un memorevol fatto mostrò vivamente
a quali spiriti fosser saliti i Siciliani. Giletto, un soldato de’
nostri, addocchiando tra’ fuggenti Pier Salvacossa, il disertor dalle
siciliane bandiere, il raggiugne, il ghermisce; alza il ferro. Gli
offrì Salvacossa mille once d’oro in riscatto. Ma il soldato: «Gran
fatica, rispose, è a contarle. Serba le mille once ai tuoi figli;
e tu, traditore, tu muori;» e lo scannò. Delle sbaragliate genti,
rari salvaronsi sulla flotta, stata spettatrice, e accostatasi nelle
tenebre della notte a raccor quanti potesse; e indi partita per Napoli
a riportar l’atroce novella. Federigo fe’ cibar le genti sul campo
di battaglia; lasciò ad ogni combattente quantunque avesse preso
di bottino o prigioni, serbando per sè i soli primari baroni; e al
principe di Taranto con molta cura fe’ medicar le ferite, imbandir
mensa, render ogni onore che s’addicesse a tal prigione. A sera entrava
in Trapani; spacciava corrieri a spron battuto per tutta l’isola: che
ne resta la lettera scritta a’ cittadini di Palermo, significando
quella vittoria, ed esortandoli a montare su lor galee, e accozzati
con le genovesi di Egidio Doria, salpare contro la sprovveduta flotta
nemica. Poscia egli stesso vien co’ prigioni e l’oste, come a trionfo,
in Palermo[288]. In merito de’ servigi di questi cittadini, chiama ad
osservanza e riconferma i privilegi di Federigo imperatore, Corrado
e Manfredi, sopra le franchige all’entrata o uscita delle derrate, i
favori ai commerci, e altri di minore importanza[289]: e seguì, girando
per tutti i luoghi in val di Mazzara, a mostrarsi vittorioso, e spronar
gli animi a nuovi sforzi per la patria. La più parte de’ prigioni
assegnò nelle carceri del real palagio di Palermo; il conte Sanseverino
nel castel di Monte San Giuliano; altri in altri luoghi; e il principe
Filippo in quella medesima rocca di Cefalù, ove stette chiuso quindici
anni prima suo padre[290].
Così la battaglia della Falconarìa, la più grossa che si combattesse
a campo aperto in tutta la guerra del vespro, rese a Federigo la
riputazione, ch’è a dir anco la forza, perduta cinque mesi prima al
capo d’Orlando. Il duca Roberto, saputala a mezzo cammino, mentre
marciava a grandi giornate alle spalle di Federigo, incontanente si
tornò in Catania. Erane uscito agli avvisi dell’impresa del principe di
Taranto; quando, ristretti a consiglio i capitani con Roberto stesso
e ’l cardinal Gherardo, tutti esultavano, fuorchè Ruggier Loria, il
quale comprese che Federigo di leggieri potrebbe opprimere il principe;
onde ei consigliò di marciare in fretta su i passi dell’oste siciliana,
metterla in mezzo se si potesse; e a ciò partironsi da Catania in due
punte, l’una dritto per lo mezzo dell’isola, l’altra pel sentiero piano
delle marine di mezzogiorno. Fallito il colpo, non videro altro riparo
che chieder di terraferma novelli aiuti di genti e vittuaglie, perchè
si potesse ripigliar la guerra in primavera. Ruggier Loria dunque in
un legno sottile, con la solita audacia, solo passò lo stretto del
Faro, per apparecchiare ogni cosa a Napoli. Ammonì prima il principe,
che per ninna lusinghevole occasione non si avventurasse a combattere
il nemico, astuto e audace[291].
Ciò non di meno, entrato il milletrecento, di carnevale, non seppe
guardarsi Roberto dalla cupidigia d’acquistar senza fatica il castel di
Gagliano. Eravi prigione Carlo Moreletto, nobil francese, preso alla
Falconarìa: teneva il castello un Catalano della corte di Federigo,
Montaner di Sosa per nome. Costui cominciò ad usar col prigione più
umanamente che non soleasi in quel tempo. Poi un dì, ragionando
insieme, il portò ov’ei volle: parlava tra’ denti, come temendo non
altri l’udisse; e, chiesto al prigione se manterrebbegli il segreto,
gli disse pianamente, rimordergli la coscienza di tanto disubbidir la
santa Chiesa di Roma, di combattere per una causa iniqua; volentieri ne
uscirebbe, a rischio anco della vita, e con tal servigio da far ammenda
d’ogni peccato. E il Francese: «Or sì lo spirito del Signore è con
te; or ti ha reso il lume degli occhi. Ma di’, per Dio, quale ammenda
faresti?» Il Catalano promettea schiudere a Roberto l’inespugnabil
castello. Quei gliel credè; e pien d’allegrezza scrissene al duca[292].
Eran testè venuti in Catania, sotto la condotta del conte di Brienne e
di due altri baroni, trecento cavalier francesi, legati tra loro con
giuramento ad affrontarsi con Blasco Alagona e Guglielmo Calcerando,
per vincerli o lasciar la vita in quest’impresa, e chiamatisi da ciò
i cavalier della Morte[293]. Pare che il proponimento di costoro,
facesse deliberare ne’ consigli di Roberto la fazione di Gagliano.
Messone il partito, si divisero tra loro i consiglieri; e chi ammonia
non si fidassero per niente a’ Catalani, inveterati nimici al nome
francese; chi, col medesim’astio, replicava non esser, cosa di che
i Catalani non fossero pronti a far bottega. Il cardinal Gherardo,
all’incontro, tornava a mente i detti di Ruggier Loria; rispondean gli
altri, le guerre non reggersi a preti; diceano il cardinale caparbio,
l’ammiraglio invidioso; e alfine, non vincendosi alcun partito, si
temporeggiò: venisse a Catania il castellano medesimo, a ratificar
la promessa, da non credersi a lettere d’un prigione. Ma tirossene
Montaner, con onesto colore di non poter in tempo di guerra partirsi
egli dalla fortezza; e mandò in vece un nipote suo, ammaestrato e
ingannevole; il quale patteggiò sì scaltro con Roberto, da non lasciar
ombra di sospetto. Indi nella guerriera nobiltà accendeasi un’altra
gara, chi farebbe l’impresa? e ognun brigava ad ottenerla, e facea
ressa a ricordare i suoi meriti; onde Roberto, per toglier discordia,
volle che venisser tutti, ed ei sarebbe il capitano; e allora,
aggiugnea, se pure l’intero esercito siciliano stesse all’agguato,
sen riderebbero. Gualtiero conte di Brienne e di Lecce, il conte di
Valmonte, Goffredo di Mili, Jacopo de Brusson, Giovanni di Joinville,
Oliviero di Berlinçon, Roberto Cornier, Giovan Trullard, Gualtiero de
Noe, Tommaso di Procida[294], con lor uomini d’arme, al nuovo dì si
presentano a castello Ursino, a prender Roberto. L’aveva ei taciuto
alla sposa; e per sua ventura, non era ancor surto di letto, quando il
fecer chiamare i guerrieri; ondechè Iolanda appostasi a ciò ch’era,
tanto ne domandò amorevolmente a Roberto che seppe ogni cosa; tanto
pregò, e disse ingloriosa e temeraria la fazione, che le sue amorevoli
parole vinsero il duca a restarsene. Indi surrogato a condur l’impresa
il conte di Brienne, costui con tutti que’ valorosi e i trecento
cavalli, s’avviava a Gagliano. Il nipote di Montaner li guidava.
Ma d’ogni passo del doppio tradimento il castellano avea ragguagliato
Blasco Alagona, il quale tenea spiatori in que’ contorni; e sapendo in
via i nemici, con Guglielmo Calcerando e le siciliane genti, s’imboscò
presso Gagliano. Temerari, e spensierati per conscio valore, andavano
i Francesi. Forniti due terzi della via, a Tommaso di Procida corse
alla mente un sospetto; e spronando verso il conte, il pregava non si
mettesser così nelle tenebre della notte per greppi e gole ignote;
pensasser ch’erano in terra di nemici; ei cavalcherebbe innanzi ad
esplorare i luoghi, ch’avea tante fiate battuti in cacce, com’ei fu
un tempo signor di Gagliano. E il conte gli die’ del codardo. «Con
cotesti allato, dicea, tutta la Sicilia unita non temo.» Pervenuti tra
sì fatte parole presso all’agguato, la guida li fe’ sostare; disse
andrebbe ei solo al castello, per evitar che il presidio, accorgendosi
d’inganno, non trucidasse Montaner e rovinasse ogni cosa. La schiera
indi fermossi: il traditore andò a trovar Blasco all’agguato.
Blasco avea al chiaror della luna veduto luccicare le armi, sventolar
le insegne; avea disposto i suoi; ma il generoso animo non soffrì
d’assaltare alla sprovveduta, notte tempo, da masnadiere. Fa dar fiato
a’ corni; fa gridar presso all’ordinanza nemica: «Blasco Alagona.»
A tal nunzio nacque uno scompiglio ne’ traditi. I Siciliani ch’eran
con essi e aspettavansi assai peggior sorte da una prigionia, diersi
alla fuga. Tommaso di Procida, tornando al conte, scongiuravalo ch’il
seguisse almen ora; si ritirerebbero alquanto; ei li condurrebbe
innanzi dì allo aperto, sì ratto da non poterli seguir tutti i nostri
fanti, onde con avvantaggio avrebber da fare contro i soli cavalli.
«No, disse il conte» non volgeran le spalle i cavalieri di Francia.
«Ch’è infine la morte?» E Goffredo Mili: «Se tutti fuggan, ripigliava,
io sol rimango. Chi scordar può la esecranda giornata di Catanzaro,
ove l’orecchio m’ingannò, e n’ebbi vitupero d’avanzo per me e tutto il
mio sangue! Ormai ho vivuto abbastanza.» Con questa franchezza d’animo
s’apparecchiavano al disperato conflitto. Strinsersi a schiera, ov’era
un po’ di piano rilevato; e Blasco lasciolli stare infino all’alba.
Con sottil arte egli avea ordinato in battaglia i suoi fanti, in
due file, poste a forbice, da chiudere in mezzo il nemico; con
l’avvantaggio alsì del terreno, che non potesservi caricare i cavalli;
e anco della luce, che i nascenti raggi del sole ferissero i suoi
alle spalle, in viso il nemico. Appena raggiornato, questi, per
suprema temerità, non aspettando l’affronto, scese dalla collinetta a
ingaggiarsi: e pria di giugnere alle file dei nostri, fu lacerato con
un nembo di sassi e giavellotti, drizzati la più parte a’ cavalli,
perchè mal potean passare i cavalieri, tutti vestiti di ferro; ma
uguale era il danno, quando gli animali o uccisi cadeano, o feriti
dando a sprangar calci, gittavan l’uomo, e incontanente, saltavangli
addosso gli almugaveri e spacciavanlo. Pur que’ forti giungono ad
abbattere la bandiera di Calcerando; e i nostri, rattestatisi sotto
quella di Blasco, percosserli con un impeto estremo. Diradavasi il
fitto nodo; cominciava lo sbaraglio e la strage; restava il solo
conte di Brienne, con pochissimi intorno, salito sopra un gran sasso,
difendendosi come lione, e a niun patto non volle dar la spada ad uom
plebeo. Chiamato Blasco, a lui la rese. Ma il suo alfiere, che pien
di ferite e di sangue, tenendo sempre in pugno la bandiera, cercava
il signore per rendergliela pria di spirar l’ultimo fiato, vistolo
prigione, gittò in aria l’insegna da farla ricadere su la testa del
conte, e, sguainando la spada, si cacciò tra le punte de’ nostri. Tal
fu la fine della più parte; pochi andaron prigioni col conte; niuno
scampò.
E ’l castellano, com’oscena belva, uscì a veder la carnificina de’ suoi
traditi, a brancicare i cadaveri; scelse quei de’ più nobili, e li
cuocea, dice Speciale, a modo pagano, per mercatarne colla pietà de’
congiunti. Moreletto, in catene, da una finestra vide la battaglia;
e per disperato dolore d’aver chiamato a morte i suoi Francesi, die’
col capo alla parete della prigione, ricusò cibo e bevanda, e in pochi
giorni perì miseramente. Mentr’ei si consumava di questo volontario
supplizio, percossi di spavento stavano i guerrieri e i partigiani
dello straniero; tutto il rimagnente dell’isola tripudiava senza modo
della seconda vittoria, che tanto scemò le forze di Roberto. Donde,
seguita lo Speciale, i Siciliani rialzaron le creste a loro usanza, e
scordate le vicende della fortuna, ricominciarono a superbire[295].


CAPITOLO XVIII.
Forze di Federigo e de’ nemici, e pratiche di Bonifazio. Trattato di
Carlo II con Genova. Pratiche di lui in Sicilia. Armamenti navali;
battaglia di Ponza; trattamento de’ prigioni siciliani, e morte di
Palmiero Abate. Continua con poco frutto la guerra. Naufragio della
flotta di Roberto. Congiura contro la vita di Federigo. Blocco di
Messina; orribil carestia; e virtù del re. Tregua. Dalla primavera del
1300 a quella del 1302.

Nondimeno queste due vittorie poco fruttarono a Federigo, come nè la
sconfitta del capo d’Orlando l’avea spogliato al tutto delle Calabrie.
E fu per cagione della difficoltosa espugnazion delle terre, secondo
l’arte militare d’allora; e assai più pe’ vizi dell’ordinamento
feudale, ai quali, per ben comprendere questi avvenimenti, dobbiamo
spesso tornar col pensiero, noi che in questo secolo, in vizi contrari
viviamo. A un assalto nemico, lo stato mal connesso tutto si sgomenava;
si spicciolavan le armi per ogni terra, pensando ciascuno a guardarsi
dassè, più che a rinforzar l’oste regia; e assai lenti sviluppavano
tutti i casi della guerra: ondechè, se ne togli alcun subito sforzo,
d’altronde nè universale nè durevole, picciola parte delle forze dello
stato restava a maneggiarsi dal principe.
E così parrà men temeraria quella ostinazione di Federigo a ricombatter
sul mare, con disparità di numero, e Loria a fronte; perchè in mare
almen potea adoprare unite e ristrette tutte le forze, e scansava lo
scompiglio al di dentro. Che se allo sbarco del principe di Taranto,
s’infiammaron tanto gli abitanti di val di Mazzara, che popolarmente
seguiano il re a rituffar in mare il nemico, e guadagnavan la battaglia
della Falconarìa, tornaronsi a’ consueti esercizi delle industrie,
quando non videro altra occasione a far oste, che in tediose e aspre
espugnazioni. Indi gli stanziali restavan soli in arme quando si pugnò
a Gagliano. Eran gente mescolata; Spagnuoli, Siciliani, e pochi altri
Italiani di parte ghibellina; leggendosi tra’ condottieri un Farinata
degli Uberti[296], e che molti Colonnesi, nello sterminio di lor casa,
rifuggironsi a Federigo[297]. Maggior aiuto gli davan di Genova i
Doria, gli Spinola, i Volta, e lor consorti, padroneggianti i consigli
della repubblica, e armanti navi agli stipendi di Sicilia[298]. Donde
avea Federigo forti ma poche schiere, alimentate da scarsi danari,
per trovarsi la nazione esausta da diciott’anni di guerre, menomata
dall’occupazione straniera, e ordinata con leggi assai gelose sopra
i sussidi alla corona, i quali anco s’erano assottigliati per le
franchige concedute alle più grosse città ed ai militi, in merito di
segnalati servigi nella guerra. Ma la ferma volontà de’ popoli al
mantener libertà e independenza, suppliva a tutto, e tenea la bilancia,
che incredibil sembra, contro la smisurata potenza de’ nemici.
Aveano i nemici quanto danaro si potea trarre dal reame di Napoli,
quanto ne sapea fornire la corte di Roma e la fazion guelfa dell’Italia
di mezzo. Avean gente dalle or dette province, dalla Spagna, e dalla
Francia soprattutto, alla cui materna carità la schiatta angioina di
Napoli si volse e prima e poi in ogni suo pericolo. Ond’ecco appena
saputa la sconfitta della Falconarìa, Carlo II scrivere a Filippo il
Bello a dì otto dicembre, attestando che a lui ricorrea, come a capo e
sostegno del suo legnaggio, e prima speranza dopo Dio, e ripregandolo
con le più calde parole che gli fornisse gli aiuti di gente, chiesti
già prima; che se il re di Francia avea altre guerre più vicine,
nondimeno «le sue mani eran sì gagliarde e sì lunghe da poterle,
volendo, stendere a’ suoi, e mandare speditamente un soccorso qual
che si fosse, perchè in oggi il picciolo varrebbe quanto altra volta
il grande; ma tardandosi, ne scenderebber così basso le sorti del
re, che veruno sforzo non basterebbe poi a rialzarle[299].» Un’altra
copia di questa lettera mandò il tre gennaio milletrecento con due
ambasciadori, frate Volfranc de’ predicatori, e Pietro Pilet[300]. Nè
la Francia ricusava quegli aiuti, co’ quali si tentò l’ultima volta il
racquisto della Sicilia. Ma Bonifazio era il più potente aiuto, anzi
il principe dell’impresa, con quel comando pontificale, quel grande
ingegno, e veemente e alto animo. Intende costui nei primi dell’anno
trecento, come re Carlo, per pietà del figliuol prigione, o tedio e
spossamento, abbia dato ascolto ad oratori di Federigo; e prorompe
a scrivergli atroci rampogne; conoscerlo già da lunghi anni, per la
vil tregua di Gaeta, la disennata pace con Giacomo nel novantacinque,
la stolta fazione del principe di Taranto; e così dalla sua pochezza
tornasse danno a lui solo, non alla romana Chiesa o a cristianità
tutta! Che saviezza, che riverenza al sommo pontefice, che gratitudine
ei mostrava, a trattar di soppiatto la pace con Federigo! Perciò,
il pontefice era necessitato ad ingiungere ad uomo sì incapace, non
osasse continuar la pratica, senza comandamento scritto di lui: se
disubbidisse, sentirebbe il peso di scomuniche e processi; e il papa,
ch’aveaci speso tanta fatica e danari, saprebbe allo estremo far pace
egli con Federigo, a danno della sola corte di Napoli, perchè non si
ritardasse il racquisto di Terrasanta. Queste acerbe lettere scrisse il
nove gennaio, replicò poco appresso: e ben mostrano chi fosse in quel
tempo il sovrano di Napoli, se Carlo II o Bonifazio[301].
Carlo allor venne a lui tutto supplichevole, insieme con l’ammiraglio:
l’uno per discolparsi, entrambi per chieder soccorsi, da ristorar la
fortuna precipitata alla Falconarìa. E il papa, che non sapea perdonar
questo rovescio, forte rampognò, ma forte insieme aiutò. Chiama a sè i
cavalieri del Tempio e dell’Ospedale di san Giovanni di Gerusalemme,
che rechino in aiuto di Carlo tutte lor armi stanziate di qua dal mare;
ne richiede anco le città guelfe d’Italia. Esorta con frequenti lettere
Roberto a incalzar la guerra; il cardinal Gherardo a sopravvegliare e
governare ogni cosa; ai Siciliani gittatisi a parte angioina, scrivea
carezzando e piaggiando. Il breve indirizzato a Gherardo, dato di
Laterano il primo febbraio, spiega la gran tela che Bonifazio ordiva
per volger mezza l’Europa contro quest’indomito siciliano scoglio;
e chiudesi con accennare più altre pratiche, che pareagli bene di
passar sotto silenzio, e son indi da giudicarsi men lodevoli assai
delle dette dinanzi[302]. Ben egli è vero che il giubbileo, bandito
appunto in questo tempo, molto aiutava gli sforzi della romana corte
contro Sicilia. Bonifazio l’istituì primo, o confermò con papal decreto
la consuetudine antica di festeggiar con istraordinarie pratiche di
religione il cominciamento del nuovo secolo[303]. Chiuse allora a’ suoi
nemici politici i tesori d’indulgenza, largheggiati a tutto il popol
di Cristo; privonne segnatamente cui desser favore agl’infedeli, o a
Federigo, o ricettassero gli usciti Colonnesi[304]. E attirò in Roma,
in poco spazio di tempo, da due milioni di stranieri, che veniano alle
perdonanze, e con loro spese arricchian la città e ’l contado; e più la
camera apostolica con le limosine, sì larghe, che nella cappella di san
Paolo, due chierici senza mai cessare raccoglievano con rastrelli la
moneta gittata dai fedeli ai piè dell’altare[305].
Grandi somme ne fornì dunque il papa a re Carlo, or in sussidio, or
in nome di prestito, che tornava allo stesso, per la difficoltà di
riaversi[306]; e ne dieron anco Firenze e Lucca e altre cittadi, oltre
i soliti accatti di Carlo da mercatanti stranieri[307], e da’ sudditi
fin delle città occupate in Sicilia[308], e oltre le sovvenzioni che
impetrava da’ suoi fuor da’ termini soliti; come fece co’ prelati e
feudatari di Provenza, che intendendo la presura del figliuolo, gli
si proffersero, ed ei lor chiese danari, armature, navi[309]. In tal
modo sopperiva alle spese della guerra, divenute più esorbitanti per
cagion de’ continui soccorsi di vittuaglie e moneta all’esercito in
Sicilia, ov’era carestia, e ostinato animo de’ popoli, da non lasciar
all’occupatore altro terreno, che quello sul quale posava il piede[310].
Molta anco fu la cura a ingrossare l’esercito, che struggeasi, ora per
battaglia, or nei casi della guerra guerriata; e spesso anco vedeansi
i mercenari lasciar le bandiere, o neghittosi e disobbedienti seguirle
a ritroso, e voltar faccia al primo scontro; talchè fu necessitato re
Carlo a dar illimitata balìa a Ruggier Loria, di punirli nella persona
e nei beni[311]. Condottieri inoltre ricercava per ogni luogo, con
grandi promesse, larghi stipendi: richiese Carlo di Valois e Roberto
conte di Artois[312]; ebbe gente di Spagna, con l’opera di Loria,
che non solamente scrivea i soldati, ma obbligatasi al pagamento se
il re fallisse[313]. Firenze mandavagli dugento cavalli[314]; e tra’
capitani suoi leggonsi Tommaso di Procida, il conte di Fiandra, il
delfino di Vienna, Ranieri Grimaldi uscito di Genova[315], e altri
condottier venduti di gente a lor vendute, pestilenza che per molti
secoli poi invilì e distrusse l’Italia. Nelle Calabrie re Carlo
armava contro i nostri acquisti le milizie feudali[316], e masnade
leggiere raccolte a mo’ degli almugaveri, senz’altra legge nè soldo
che ’l bottino[317]. Ma que’ disciplinati mercenari fea traghettare
in Sicilia[318], misurando le speranze dagli stipendi; e falliangli
ancora, come tutt’armi venderecce. De’ cavalli toscani porta l’istoria
che fur quattrocento, capitanati da Ranieri Buondelmonte, e congiurati
tra loro contro quel Blasco Alagona, ch’avea tanto rinomo tra i
capitani di Federigo. Ruggier Loria con l’armata li pose a terra in vai
Demone; indi passarono in Catania, ove chiudeasi l’angioino esercito;
e braveggianti ivan per vie e piazze domandando ove trovar potessero
Blasco. Ma quando sepper da vicino chi egli era, e quali i suoi,
scrive Speciale, cessaron l’inchiesta, come pronti alle parole non a’
fatti; talchè scherniti da’ lor consorti e da’ nemici, in breve ora si
sciolsero[319].
Al medesimo effetto di far gente per l’esercito, e più per la flotta,
e per toglier anco gli aiuti che occulti ne veniano a Federigo, la
casa d’Angiò ripigliava gli sforzi per tirarsi Giacomo e i popoli
suoi. E prima Carlo concedette a’ Catalani, Aragonesi e altri sudditi
di Giacomo, ch’avessero per lui militato in Sicilia sulla flotta,
la terra d’Agosta, e la città di Patti, abbandonate dagli abitatori
negli atroci casi di queste guerre; dando lor anco quei contadi, co’
privilegi medesimi de’ Provenzali coloni nel reame, e altre immunità,
come paresse allo ammiraglio[320]. Oltre questo allettamento,
fortissimo ad uomini di mare, per la bellezza de’ porti e importanza
delle colonie, non fu avaro di concessioni feudali a’ capitani
spagnuoli più segnalati[321]. Il papa ritentava Giacomo per mezzo del
cardinal Gherardo d’illibato nome, e per altri messaggi[322]; e alfine
scrìssegli, affettando stil tra amorevole e severo, con che toccava
quella biasimevole partita dopo la battaglia del capo d’Orlando, lo
scandalo, i sospetti indi nati: purgasseli con richiamar sotto pene
rigorosissime i suoi sudditi dalle bandiere di Federigo; vietar che
altri vi corresse; e, al contrario, procacciar armamento di uomini e
navi al servigio della Chiesa[323]. Dettegli Bonifazio, per miglior
argomento, due anni più di decime ecclesiastiche[324]: e nello stesso
tempo re Carlo facea assai viva dimostrazione a soddisfargli i crediti
della passata impresa, con investir su entrate certe e spedite delle
contee di Provenza e Forcalquier once duemila annuali, già promessegli
sugli acquisti che si speravano in Sicilia[325]. Ma sia per fuggir
novella vergogna, sia per conoscere il peso di tai promesse, o per
altra cagione che taccian le memorie del tempo, Giacomo non si lanciò.
Rispose al papa aver già fatto abbastanza: e sol rinnovò le inibizioni
a’ condottier catalani di Federigo; e lasciò armar ne’ suoi porti per
casa d’Angiò, che poi, con questi aiuti, guadagnava la battaglia di
Ponza[326].
È detto innanzi quali interessi politici avvicinassero Genova alla
Sicilia in tutto il corso della guerra del vespro, e come Federigo
ne traesse aiuto. Favorivanlo i Ghibellini o Rampini, com’anco
diceansi, che in quel tempo tenner lo stato in Genova. I Mascarati o
Guelfi, tra’ quali qran primi i Fiaschi e’ Grimaldi d’antica nobiltà,
ritentarono invano nel novantadue portar la repubblica a collegarsi
con casa d’Angiò; e peggior prova fecero con le armi, tra ’l fine del
novantacinque e il cominciamento dell’anno appresso. Contaminaron di
sangue e arsioni la misera patria; e soverchiati e scacciati fuggendo,
affortificaronsi nella città di Monaco; donde armaron poi a tentar
disperati colpi su Genova, o ad aiutare di qualche naval forza re
Carlo, che favoreggiavali dalle sue terre di Piemonte e di Provenza,
ma non osava altro contro la repubblica, ancorchè desioso di voltarla
a parte guelfa, e dispettoso degli aiuti a Sicilia[327]. Ma papa
Bonifazio, men rispettivo assai, l’anno trecento, tra le altre pratiche
dette, si volse a questa assai vivamente; pria sollecitando Giacomo
di Aragona che distogliesse Genova da quella amistà; poi sforzandosi
a parlar benignamente ai legati di Genova e ad abbacinarli con molte
promesse, e anco richiedendo Filippo il Bello, che insistesse e
minacciasse di chiudere ai Genovesi ogni commercio in Francia[328].
Alfine il dì della cena del Signore, che fu quest’anno il sette
aprile, innanzi l’innumera moltitudine di fedeli accorrenti in Roma
al giubbileo, promulgava la scomunica contro Oberto e Corrado Doria,
Corrado Spinola e lor case e amistà, e con essi tutta Genova e ’l
contado; sotto la solita sanzione, che se infino all’Ascensione non si
spiccassero dagli aiuti della ribelle Sicilia, alle pene spirituali
s’aggiugnerebbe lo spogliamento de’ beni tenuti dalla Chiesa, e ogni
roba loro sarebbe del primo occupante, chiunque potrebbe prendere le
persone, sol che non le mutilasse o spegnesse[329]. A questo bando
dalla cristianità, Genova tentennò; mandò oratori al papa; e appiccossi
una pratica con re Carlo, Bonifazio l’incalzava per mezzo del re
d’Aragona, del re di Francia, e d’epistole a’ Genovesi; minacciando
l’ira del Cielo, con seguito di mali terreni; promettendo benedizioni
e prosperità se ubbidissero. Al medesimo fine ingaggiò Porchetto
Spinola, arcivescovo di Genova, uomo di gran riputazione per pietà
e dottrina[330] pur da lui offeso l’anno innanzi, all’entrar di
quaresima, allorchè dando le ceneri a’ prelati, in luogo delle usate
parole, disse allo Spinola il papa: «Rammenta che se’ ghibellino, e co’
Ghibellini in polvere tornerai!» e gliene buttò in sugli occhi[331].
Ma la debole umana razza, il più delle volte, a questi impeti trema e
obbedisce.
Per tal violenza di Bonifazio, di mezz’aprile del trecento,
cominciarono a trattare Genova e Carlo; prima in parole tra amici,
poi per due legati del re; e la somma fu questa: ch’ei procaccerebbe
la dedizione di Monaco, togliendole tutt’aiuto di Nizza e Provenza,
e intanto darebbe in sicurtà le castella di Torbia e Sant’Agnese, da
riaverle quando Monaco s’arrendesse; e che Genova richiamerebbe di
Sicilia, facendone caso di stato, Corrado Doria e tutt’altri Genovesi
militanti con re Federigo, nè permetterebbe nuovi armamenti per esso,
ma sì per lo re Carlo. Ma, appiccata la pratica, Genova si mettea in
sul tirato: desse il re, in luogo di Sant’Agnese, Esa, fortissima
sopra una rupe in mare; aggiognesse in ogni modo la torre d’Albegio;
fossero benvisti a’ Genovesi il vicario del re in Nizza e ’l siniscalco
di Provenza: e poco appresso, che Genova non darebbe statichi per la
restituzione delle castella, ma solo la fede di Niccolò e Albertazzo
Spinola, Niccoloso e Federigo Doria; nè dalla parte della repubblica
si facea altra nuova concessione che rimettere gli usciti ne’ lor
beni e anco nella città, da’ Grimaldi e pochi altri all’infuori. E
Carlo, perch’avea maggior bisogno, non ostante la mediazione del papa,
calavasi a questi patti; nè pur ultimava la negoziazione, saltando
i Genovesi, or alla resa di Monaco senza accettar sicurtà d’altre
castella, or ad altri ripieghi. Ond’è manifesto; che que’ capi di
parte ghibellina, mal combattuti da’ fautori del papa e di re Carlo,
volean temporeggiando scansar gli effetti materiali delle scomuniche;
ma più amavano tardar l’acquisto di Monaco, che rimettere in patria i
Grimaldi, e strignersi tanto con re Carlo, da rinnalzar parte guelfa
nella repubblica. Anzi non si restavan essi d’armare per Federigo.
I Grimaldi, non meno ostinati, ricusavano lasciar Monaco, per quanto
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 10
  • Parts
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 01
    Total number of words is 4310
    Total number of unique words is 1850
    32.5 of words are in the 2000 most common words
    46.4 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 02
    Total number of words is 4456
    Total number of unique words is 1816
    31.7 of words are in the 2000 most common words
    45.1 of words are in the 5000 most common words
    52.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 03
    Total number of words is 4461
    Total number of unique words is 1799
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    56.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 04
    Total number of words is 4433
    Total number of unique words is 1776
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    48.0 of words are in the 5000 most common words
    55.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 05
    Total number of words is 4425
    Total number of unique words is 1914
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    46.4 of words are in the 5000 most common words
    53.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 06
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1804
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    56.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 07
    Total number of words is 4467
    Total number of unique words is 1842
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    47.1 of words are in the 5000 most common words
    54.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 08
    Total number of words is 4490
    Total number of unique words is 1877
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    47.8 of words are in the 5000 most common words
    55.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 09
    Total number of words is 4463
    Total number of unique words is 1813
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    47.4 of words are in the 5000 most common words
    54.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 10
    Total number of words is 4481
    Total number of unique words is 1877
    32.4 of words are in the 2000 most common words
    45.3 of words are in the 5000 most common words
    52.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 11
    Total number of words is 4428
    Total number of unique words is 1816
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 12
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1736
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    47.9 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 13
    Total number of words is 4478
    Total number of unique words is 1687
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    48.3 of words are in the 5000 most common words
    55.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 14
    Total number of words is 4371
    Total number of unique words is 1771
    35.8 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    56.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 15
    Total number of words is 4321
    Total number of unique words is 1814
    32.5 of words are in the 2000 most common words
    45.6 of words are in the 5000 most common words
    51.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 16
    Total number of words is 3554
    Total number of unique words is 1517
    12.2 of words are in the 2000 most common words
    17.9 of words are in the 5000 most common words
    21.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 17
    Total number of words is 3822
    Total number of unique words is 2461
    9.3 of words are in the 2000 most common words
    12.7 of words are in the 5000 most common words
    15.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 18
    Total number of words is 3815
    Total number of unique words is 1999
    12.1 of words are in the 2000 most common words
    16.7 of words are in the 5000 most common words
    20.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 19
    Total number of words is 3816
    Total number of unique words is 1847
    7.9 of words are in the 2000 most common words
    12.1 of words are in the 5000 most common words
    16.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 20
    Total number of words is 3925
    Total number of unique words is 1766
    6.2 of words are in the 2000 most common words
    9.7 of words are in the 5000 most common words
    13.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 21
    Total number of words is 4108
    Total number of unique words is 1724
    6.5 of words are in the 2000 most common words
    10.0 of words are in the 5000 most common words
    14.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 22
    Total number of words is 4020
    Total number of unique words is 1949
    17.9 of words are in the 2000 most common words
    24.5 of words are in the 5000 most common words
    29.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 23
    Total number of words is 3832
    Total number of unique words is 1325
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    52.4 of words are in the 5000 most common words
    59.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 24
    Total number of words is 4113
    Total number of unique words is 1312
    37.7 of words are in the 2000 most common words
    50.4 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 25
    Total number of words is 4113
    Total number of unique words is 1285
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    52.8 of words are in the 5000 most common words
    60.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 26
    Total number of words is 4186
    Total number of unique words is 1322
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 27
    Total number of words is 4188
    Total number of unique words is 1331
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    48.8 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 28
    Total number of words is 4253
    Total number of unique words is 1352
    38.2 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 29
    Total number of words is 4052
    Total number of unique words is 1411
    37.6 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - 30
    Total number of words is 222
    Total number of unique words is 155
    45.7 of words are in the 2000 most common words
    55.8 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.