La freccia nel fianco - 12

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domestici, sorridere agli amici, osservar che tutto fosse ben
disposto: salire infine nella sua carrozza e guardarsi ancora in giro
per l'ultima occhiata.
--Che brio!--esclamò Gigi.--Che grazia!
--È la sua vita!--osservò Bruno.--Se non ha una brigata da comandare e
un po' di fracasso intorno, sta male.
Assistettero alla sfilata delle carrozze, che passavano sotto l'atrio
con fragore di zoccoli ferrati; e salutarono.
Poi Bruno disse:
--Hai da parlarmi? Vieni su!
Lo fece salire al primo piano e lo introdusse nello studio.
Era una camera quadrata, con tappezzeria d'un colore bigio a righe
verticali; sulle pareti alcune vecchie stampe inglesi in cornici
sottili di mogano e un quadretto, una testa di donna della scuola del
Rembrandt. Pochi mobili, di forma semplice; sulla tavola da lavoro, in
un angolo, una stupenda riproduzione della Giuditta del Botticelli;
presso la tavola, una piccola biblioteca girevole in cui erano adunati
libri di consultazione e autori prediletti. Unico lusso, una grande
larga poltrona di cuoio, nella quale Bruno si stendeva qualche volta a
fumare.
Volle che Gigi prendesse posto in quella poltrona.
--Hai da parlarmi?--ripetè.
--Ma no, caro Brunello!--rispose Gigi sorridendo.--Nulla di grave. Son
venuto a prenderti....
--A prendermi?
--Sì. Perchè non vuoi venire in campagna? Io ti ho invitato più volte;
Nicoletta ti ha scritto a Parigi.... Come hai trovato tuo padre?
Bruno non rispose, ma i suoi occhi s'infoscarono.
--È triste, è orribilmente triste!--esclamò Gigi che aveva
compreso.--Tu hai bisogno di distrarti; e per ciò ti abbiamo pregato e
ripregato di venir da noi.... Forse ci tieni il broncio per qualche
ragione che non sappiamo.
--Oh, amico mio!--disse Bruno, afferrando la mano di Gigi.--Il broncio
con te, con voi?
Si alzò e si mise a passeggiare inquieto.
--Non so che cosa mi tenga lontano!--soggiunse, fermandosi d'un tratto
innanzi a Gigi.--Mi pare che quella campagna, che mi è stata tanto
cara, sia ora tutta lagrime; mi pare ch'io debba piangervi e
disperarmi! Troppi ricordi felici contrastano col presente! Vedi: tu
hai ammirato mia madre per la grazia ed il brio. È una donna
straordinaria; è la sola persona che invidio; trova dentro di sè una
energia e una volontà che mi sbalordiscono ogni giorno come un nuovo
miracolo. Io non trovo nulla.
--Tu troveresti nel lavoro quel che cerchi!--rispose Gigi.--Ma
lavorare non vuoi!...
--Non voglio?--ripetè Bruno.--Vorrei! Soltanto, ho nel cuore un tale
frastuono....
S'interruppe; qualcuno batteva all'uscio.
--Avanti!--disse Bruno.
Il professore Salapolli varcò la soglia, ma vedendo uno sconosciuto,
si ritrasse.
--Vieni, vieni!--gridò Bruno.--Vieni che ti presento!
E a Gigi disse:
--È il mio vecchio maestro, Salapolli!
Il vecchio inoltrò, e Gigi gli strinse vigorosamente la mano.
--Mi aiuti,--disse.--Sto pregando Bruno di lasciar per qualche tempo
questa città infocata e di venir da noi in campagna. Forse gli gioverà
anche pel suo lavoro.
--Ma senza dubbio!--esclamò il Salapolli, deponendo la posta sulla
tavola.--Il signor conte verrà!...
Bruno sorrise.
--Come promettete sicuro per gli altri!--osservò.
--E dove vuol vivere meglio che in campagna,--ribattè il
Salapolli,--meglio che in casa Barbano, tra amici fidati? Che cosa fa
qui, se non passeggiare nervosamente nel suo studio e nella biblioteca
l'intero giorno? Dicono che i vecchi sono ostinati; eppure tra il
signor conte e me, il più ostinato è ancora lui!
--Verrai?--incalzò Gigi.
--Vada, vada!--insistette il Salapolli.--Lei che è tanto cortese, non
si faccia pregare!... E poi, già, devo confessarle che lei
m'ingombra....
--Ti pare che sia abbastanza insolente?--disse Bruno a Gigi, ridendo.
--Io voglio cambiar l'ordine della biblioteca,--seguitò il
Salapolli,--e con l'aiuto d'un domestico, in pochi giorni le faccio
trovare qualche cosa di nuovo. La libreria antiquaria da una parte; i
classici dall'altra; i moderni in una terza.... Ho già pensato.... Ma
se sta qui, non farò nulla, perchè non voglio che mangi polvere.
--E tu non la mangi?--osservò Bruno.
--Io non ho mangiato altro in tutta la mia vita!--disse il
Salapolli.--E la polvere dei libri mi fa bene!...
Bruno esitava, combattuto tra il timore di ritornare a quei luoghi e
il desiderio di non essere scortese: il bisogno di riveder Nicla, di
udirne la voce, d'ammirarne gli occhi e la bocca, di lasciarsi cullar
dalla sua voce, gli bruciava le vene.
Gigi Barbano diede l'ultimo colpo.
--È deciso, allora?--disse a maniera di conclusione.--Troverai in
villa anche la zia, che non conosci. La zia Amelia ha udito parlar
tanto spesso di te, che desidera vederti. E nessuno ti lega; prova.
Starai un giorno, due, tre; e se non ti troverai a tuo agio, scapperai
subito! Non ti sembra?... Starai sette giorni, ecco: sette giorni....
Il vecchio Salapolli borbottò tra i denti:
--Sette giorni! «Sette paia di scarpe ho consumate--Di tutto ferro per
te ritrovare».
--È inteso!--disse Bruno, stendendo la mano all'amico.--Sarò da voi
domani!...
E quando egli ebbe varcata la soglia. Bruno si volse al Salapolli, e
gli annunziò:
--Domani! Vado da Nicla domani. Hai capito? Tu credi ch'io sarò
felice?
--Sarà felice lei e sarà felice la signora!--rispose il Salapolli.
E finì lo stornello, ch'egli aveva le mille volte cantato a Bruno
quand'era bambino a Parigi:
--«Tu dormi alle mie grida disperate--E il gallo canta e non ti vuoi
svegliare!».
--Silenzio!--interruppe Bruno, scosso da un brivido subitaneo.


XXIV.

Quando la zia Amelia, una vecchietta di circa settant'anni che si
appoggiava a un bastoncino d'ebano per civetteria perchè non ne aveva
alcun bisogno, vide Brunello balzar dalla vettura del treno, esclamò:
--Che bel ragazzo!
Nicla celò il volto in un mazzo di rose perchè gli altri non
s'accorgessero che arrossiva.
Erano andati tutti incontro a Brunello con la carrozza; dalla stazione
alla villa v'eran cinque minuti di strada in discesa.
--Una valigia così piccola?--osservò Gigi, guardando la valigia che il
giovane aveva affidato al domestico.
--Per sette giorni,--rispose Bruno sorridendo.--Ma a Milano è pronto
un baule.
Baciò la mano alla vecchia signora e a Nicla, i cui occhi parevano più
grandi nella gioia.
E salirono in carrozza
--Tutti mi hanno parlato di te,--disse la zia Amelia a Bruno.--Tu mi
permetti di darti del tu? Io posso essere la nonna! E mi dicevano che
sei bravo e gentile e colto.... Ma come sei fine! Un poco magro; a
vent'anni il sangue arde e smagrisce.... Sei un bel ragazzo, d'una
gentile bellezza!...
--Zia,--interruppe Nicla,--egli crederà che tu voglia sedurlo....
La vecchia rise.
--Lasciami direi--esclamò.--Poter dire ciò che si pensa è il solo
privilegio della vecchiaia!
--Abbiam dovuto mandare a prenderlo!--osservò Nicla.--Egli non ci
voleva più, non ci amava più!...
Nicla era tutta vestita di bianco, e attraverso una camicetta leggera
trasparivano la sommità del petto e le braccia arse dal sole, dorate
dalla luce violenta.
Bruno la guardava.
Egli l'aveva vista così, già molti anni addietro; e nella svelta linea
della figura, nella freschezza delle carni, nella limpidezza dello
sguardo pareva ch'ella contasse ancora diciotto anni; perdendo
l'impaccio timido della fanciulla, aveva acquistato splendore e
flessuosità.
Quando furono alla villa, Gigi disse a Bruno:
--Spero che non ti annoierai. Ritroverai qui tutta la tua vita di
ieri. E farai venire subito il baule.
Bruno sorrise.
Aveva visto, aveva sentito venirgli incontro un mondo di ricordi che
lo agitavano e lo portavano lontano; la strada gli era nota. Dalla
finestra della sua camera si scorgeva la spiaggia; e più là, a
oriente, la villa Carlotta, e poi la villa Florida; dalla torretta
dell'una e dal frontone dell'altra sventolava la bandiera.
Mutò d'abito, si vestì di bianco.
La colazione fu rapida. Nicla non parlava, e Bruno scoperse più volte
su di sè gli sguardi di lei, che gli dicevano un sentimento, una
felicità, la quale avrebbe cercato invano lo parole.
Fortunatamente la zia Amelia lo interrogava ed egli raccontava con
brio febbrile ciò che aveva visto a Parigi; perchè Parigi era stato
sempre il grande sogno d'Amelia, la città incantata nella quale non
era mai riuscita a mettere piede. Ed ella ascoltava avida, come s'egli
le avesse avvicinato il sogno, e presala per mano l'accompagnasse per
vie rombanti.
Dopo colazione, subito, Nicla balzò in piedi dicendo:
--Andiamo! Ho fatto preparare la barca! Andiamo alla Croda.
E volgendosi a Gigi e a zia Amelia, soggiunse tranquilla:
--Lo porto via!... Sapete ch'egli mi appartiene!
--Andate, andate!--fece Gigi sorridendo.--Non volete prendere il
bastimentino sotto il braccio?
Brunello era pallido e sentiva il cuore battere in tumulto.
Uscirono, e non dissero parola.
La barca era approntata in quel punto della riva in cui Brunello
s'incontrava sempre con Nicla. Due barcaiuoli appoggiati al loro remo
aspettavano; a poppa sventolava la bandiera di seta tutta bianca, col
serpentello vermiglio raggomitolato in un angolo.
--Vedi?--mormorò Nicla.
Brunello accennò col capo; non poteva parlare.
--La barca non è più quella,--soggiunse Nicla.--Ma è identica
all'altra. Non è vero?
Egli osservò una lancia vicina, sottile e così bassa di bordo, che
s'alzava appena un palmo dall'acqua; tutta nera, col nome in lettere
d'oro: Saetta.
--È mia anche quella!--spiegò Nicla, seguendo lo sguardo del
giovane.--È per me sola, ed esco quando il lago è calmo, perchè
basterebbe un'onda ad ingoiarla.
Salirono: Nicla prese i fiocchi del timone, e ordinò ai barcaiuoli:
--Alla croda!
Bruno taceva, guardando le due ville da cui la lancia si allontanava,
guardando la spiaggia, quel punto della spiaggia, l'acqua cilestre in
cui tuffava la mano furtivamente perchè Nicla non lo scorgesse e lo
sgridasse. E guardava Nicla, che non diceva più parola ella pure, come
si fosse ella pure staccata dal mondo circostante.
Scesero alla Croda, rimandarono la lancia, che stette a girar
lentamente nei dintorni.
--Vieni!--disse Nicla, prendendo Bruno per la destra.--Guarda qui; il
laghetto che tu formavi con le tue mani; qui, dietro questo rialzo,
era la capitale; in questa baia ricoveravi la goletta; e qui disponevi
i tuoi soldatini. Ricordi, amore, ricordi tutto? Dimmi che ricordi
tutto, bambino mio! Dimmi che sei ancora mio come in quei giorni!...
--Sono tuo, più che in quei giorni!--rispose Bruno.--Assai più che in
quei giorni, Nicla!...
La giovane ebbe un lampo negli occhi.
--E anch'io!--disse.--Tutta tua, perdutamente. E ripensando al mio
passato, m'accorgo che non sono stata mai d'altri che di te, e che il
mio pensiero, la mia anima, non hanno appartenuto mai ad altri che a
te.
Andò a sedere sul più elevato rialzo dello scoglio: e Bruno le si mise
ai piedi. Ella continuò:
--Avevo promesso di cogliere per te balsami arcani. E ti ho dato il
balsamo arcano di tutta la mia anima di fanciulla. Tu l'hai bevuta
nelle mie carezze. Nessuno conosce la mia anima come tu la conosci; e
da allora non si è mutata più....
Bruno le prese le mani e le baciò dentro il palmo, a occhi chiusi.
--Come tu sai essere forte!--egli osservò.--Tu sai parlare: io non
posso....
--È vero!--disse Nicla.
--Sei più fredda di me!--rispose Bruno.
Un sorriso, uno strano sorriso sfiorò le labbra della donna.
--Credi?--domandò.--Io ho pensato molte cose in questi giorni, che mi
hanno resa felice.
--Dimmele!--pregò Bruno.
--Non posso!--rispose Nicla scuotendo il capo.--Le capirai più tardi.
E da quando ho pensato così, sono diventata calma, e posso parlare.
--Io soffro orribilmente!--disse Bruno.
--Lo so,--riprese Nicla.--Ma io voglio inebbriarti di ricordi....
--Perchè?--domandò Bruno.
--Lo saprai più tardi!--ripetè Nicla. Stettero in silenzio qualche
tempo; e Bruno levò gli occhi a fissar la donna, che appariva tutta
candida sul turchino compatto del cielo.
--Come sei bella!--disse.
--Ti piaccio?--ella rispose.
--Nicla, non torturarmi!--esclamò Bruno, abbassando il capo.
Ella gli rialzò il volto perchè la guardasse ancora.
--Vedi?--osservò Bruno.--Tutto ritorna, tutto può ritornare; noi siamo
ridiventati fanciulli.... Ma c'è chi non tornerà mai più e non godrà
mai più questa luce.
--Ahimè,--disse Nicla.--È vero! E noi non possiamo nulla per lui....
Anche se gli dessimo tutto il nostro sangue, egli non guarirebbe....
Si scosse, come per gettar lontano un pesante mantello di dolore, e
soggiunse con voce mutata, quasi gaia:
--Ma io posso altro. Egli mi ha detto «lei potrà fargli molto bene,
signorina». E io gli farò molto bene, al suo fanciullo selvatico.
Bruno non ascoltava.
Aveva visto l'ombra di suo padre passare, la curva ombra senza denti,
coi capelli bianchi e lunghi, con lo sguardo attonito spalancato nel
vuoto.
Nicla comprese e lo toccò su una spalla.
--Brunello!--mormorò.--Ora tornando, andremo a vedere il giardino
della mia villa....
--Dove io sono venuto a cercarti?--chiese Bruno.
--Ma sì; dove tu mi hai detto: «Signorina, vieni ad aiutarmi!».
--E chi c'è ora laggiù?
--Il mio papà e la mia mamma....
--E alla villa Florida?
--Una famiglia inglese.
--E vedremo anche la villa Florida...?
--Non ti ho detto che voglio inebbriarti di ricordi?
--Che folle idea!--esclamò Bruno.
Ella si guardò in giro per istinto, e poi rapida, afferrò tra le mani
il volto di Bruno e lo baciò sulla bocca. Egli n'ebbe una scossa che
parve sospendere i battiti del cuore.
--Sei molto crudele!--disse.
Nicla sorrise senza rispondere, e col fazzoletto fe' cenno alla lancia
di avvicinarsi.
--Sai?--riprese Bruno, trovando per un attimo un poco di gaiezza.--Ho
fatto cacciar di casa Duccio Massenti....
--Non ischerzi?--esclamò Nicla stupefatta.
--Non ischerzo. Ho raccontato alla mamma qualche cosa, la gita in
barca, la nostra conoscenza di dodici anni or sono. E la mamma è
rimasta molto colpita da quell'episodio. Non so che cosa sia avvenuto
poi; ma Duccio Massenti non si vede più....
--Te ne sei fatto un nemico mortale!--osservò Nicla.
--Mi duole che tu mi dica questo; dovevo dunque temerlo e accoglierlo,
per non avere il suo odio?
--Hai ragione!--disse Nicla.--Tu non hai paura.
Diresse la lancia verso la riva, per discendere presso la villa
Carlotta.
La villa era ancora abitata dai genitori di Nicla; essi vi passavano
l'intero anno; al cavalier Maurizio era stata data la commenda della
Corona d'Italia, non si sapeva perchè; probabilmente perchè non
l'aveva, dicevano i maligni.
Ma rimasti soli l'uno e l'altra, la signora Carlotta e il commendatore
Maurizio, s'eran dati a curare tremendamente il loro egoismo.
leggevano libri d'igiene e si scambiavano le scoperte che andavano
facendo.
Prima era stata la signora Carlotta la quale aveva letto che per
conservarsi arzilli e svelti bisognava mangiar molto; e tutt'e due
mangiavano molto, fin che potevano, e a tutte le ore. Poi il
commendator Maurizio aveva letto che il segreto della longevità stava
nel mangiar poco; e tutt'e due s'eran messi a mangiar poco, fino a
patir la fame.
Un igienista illustre sosteneva che le fregagioni vigorose dopo il
bagno erano salutifere; e tutt'e due dopo il bagno si facevan fregar
dal domestico e dalla cameriera fino a diventar rossi come gamberi
cotti.
Era poi venuto il giorno della ginnastica svedese: e di tanto in tanto
si vedeva il commendator Maurizio tirar pugni all'aria, lanciar calci,
sbuffare, piegarsi innanzi e indietro; e la signora Carlotta allargar
le braccia, buttarle avanti, alzarle al cielo, contando: «uno, due;
uno, due»! E nelle ore di quiete, si rallegravano.
--Io, già, da quando mangio poco, sto meglio!
--Quella ginnastica! È un portento! Dormo tutta la notte!...
--E le fregagioni? Non so come ci sia gente che possa vivere senza
farsi fregare!
--E le docce tepide?
--E il riposare con la testa bassa e le gambe alte?...
Si estasiavano sui varii trovati che andavano seguendo con vero
scrupolo. La ginnastica svedese li faceva sudare a catinelle, perchè
erano ambedue corpulenti; ma non l'avrebbero trascurata a nessun
patto; e la mattina s'incontrava la signora Carlotta, che percorreva
le stanze del primo piano, contando «uno, due; uno, due» e roteando le
braccia e allargandole e alzandole, seguita a breve distanza dal
commendatore, che tirava calci da mulo e soffiava come un mantice.
I domestici li osservavano indifferenti. Avevano finito col credere
che fossero diventati pazzi ambedue, d'una pazzia dolce ed innocua. E
si scansavano al loro passaggio per non toccar qualche calcio, che li
avrebbe mandati a ruzzolare molto lontano.
D'ogni altra cosa al mondo i due vecchi non si occupavano più.
Sapevano che Nicla era felice, e puntualmente la domenica andavano a
trovar lei e il genero.
Il commendatore diceva che quel saponaio era un brav'uomo; ma che
anche il conte Duccio sarebbe stato un marito ottimo. Gli anni eran
passati, ed egli era rimasto della sua opinione.
La signora Carlotta, poi, parlando di Duccio, non mancava di dargli
dell'asino, perchè non aveva mai scritto; o domandava ancora a sè
stessa e al marito quale segreto Nicoletta avesse potuto scoprire in
barca.
Poi riprendeva: «uno, due; uno, due»; mentre il marito sparava quattro
calci all'aria, come per punteggiare il discorso.
Nicla raccontava ridendo a Bruno quelle piccole manìe dei due vecchi,
mentre la lancia si avvicinava alla spiaggia.
--E tu,--disse Bruno,--non hai svelato il segreto che avevi scoperto?
--No,--rispose Nicla.
--Neppure a me non hai voluto dirlo,--osservò Bruno.
--Naturalmente: un segreto non è più segreto, se si racconta....
--Per me è stato il segreto di pulcinella!--disse Bruno.
La giovane non aggiunse parola.
Toccata proda, ella scese prima dalla lancia.
--Vieni!--disse a Brunello.--Non troveremo nessuno; a quest'ora stanno
facendo la siesta.
Entrarono nella villa chetamente, facendo segno al portiere di non
muoversi, e volarono nella sala da pranzo, a pian terreno.
--Guarda,--disse Nicla, mostrando a Bruno il limitare della porta che
dava sul giardino.--Io ero qui, seduta in una poltrona; e stavo
pensando che la vita d'una fanciulla è molto noiosa e stupida, e che
io meritavo qualche cosa di meglio: che sapevo io? qualche cosa di non
comune.... In quell'istante tu sei sbucato di laggiù, dietro la siepe,
e mi sei corso incontro, dicendomi: «Signorina!...». Eri tutto vestito
di bianco; anch'io era vestita di bianco....
S'interruppe: guardò Brunello; e soggiunse:
--Come oggi.... E subito io t'ho dato la mano, e tu mi hai ricondotta
alla riva per ripescar la goletta. Era una giornata calda come questa,
ma soffiava il vento. Tu m'hai presa l'anima quel giorno.
--E io quel giorno t'ho data la mia! rispose Bruno.
Istintivamente le loro mani si cercarono e si strinsero.
--Ricordi ancora tutto?--domandò Nicla.
--Ogni più piccolo particolare,--disse Bruno.--Tu avevi un cappello
coi papaveri. Io ti dissi che eri bella, e ti baciai sulle guance. Tu
mi stringesti al petto. Ti chiamai Nicla; e tu mi dicesti di chiamarti
sempre così....
--Sono passati dodici anni, amore mio!--mormorò Nicla.
--Sì; dodici anni per me terribili, tra il fracasso e lo spavento; ma
non ho dimenticato nulla, nè di quel giorno, nè di tutti gli altri che
passammo insieme; nè quella prima parola, nè quelle che dicemmo poi.
--Nessuna donna ha potuto cancellarmi dal tuo cuore?--domandò Nicla.
--Quali donne? Non ne ricordo una!
Tacquero; rimasero a fissar dal limitare il giardino che il sole
dorava; e sul terreno si profilavano qua e là nere le linee dei fusti,
le macchie chiomate delle fronde; nessun soffio alitava; frinivano
sotto i raggi roventi le cicale.
--Ora andiamo,--disse Nicla, che teneva Brunello per mano come un
bambino.--Vuoi vedere la villa Florida?
--Sì,--rispose Bruno.
--Non potremo entrare,--osservò la giovane.--È occupata, e non conosco
quella famiglia.
--Non importa; la vedrò da lontano.
Uscirono sulla strada, e in breve giunsero alla villa Florida.
Il cancello era chiuso; ma si vedeva di là tutto il giardino, e sul
fondo la villa cinerea, a metà coperta dall'intrico degli alberi che
le stavano innanzi. Nulla era mutato; avevan dipinto in quegli anni
più volte la villa intera e le persiane, sempre conservando il colore
smorto che s'intonava con le gradazioni di verde. Sventolava sul
frontone non più la bandiera azzurra del conte Fabiano, ma la bandiera
bianca e rossa d'una famiglia ignota.
Bruno passò le braccia attraverso le sbarre che formavano il cancello
e rimase immobile, silenzioso, a guardare. Nicla fece lo stesso gesto,
congiunse le mani di là dalle sbarre, e pregò.

XXV.
Verso sera, vincendo l'ebbrezza che l'aveva invaso durante la gita
alla Croda e il pio pellegrinaggio a villa Florida, Brunello si mise
presso la zia Amelia che ricamava; e tenendo nelle mani una matassa di
seta dai varii colori, passava alla vecchietta le gugliate via via
ch'ella le chiedeva.
--Non potrete dire,--osservò zia Amelia ridendo,--che io non ho un bel
cavaliere. Contassi cinquanta, solo cinquant'anni di meno, tutti mi
sarebbero addosso per tenermi lontana!
In un angolo, Gigi Barbano chiacchierava con Nicla.
Quella frase di zia Amelia doveva rammentargli un discorso che la zia
gli aveva tenuto mentre Nicla e Brunello erano fuori.
La vecchietta capiva l'amicizia del ragazzo con la giovane signora; ma
n'era un poco inquieta e ne aveva detto qualche timida parola con
Gigi. Nicoletta era candida e fidente come una fanciulla; Bruno era
onesto e leale; e zia Amelia non temeva nè dell'uno, nè dell'altra; ma
temeva di qualche cosa di più forte dell'uno e dell'altra: della loro
età, dell'amore, della passione che travolge le anime pure a guisa
delle più corrotte; il candore stesso di Nicoletta era un pericolo.
Una donna astuta ed esperta sfugge le occasioni, evita le intimità;
una donna ingenua v'incappa ad ogni passo e non sa nè prevederle, nè
difendersene.
Zia Amelia aveva fatto osservare tutto questo con abili perifrasi,
girando largo, a suo nipote. Non che volesse far vigilare i due
giovani e mostrar diffidenza; ma sarebbe stato prudente non lasciarli
sempre a viso a viso, in una familiarità della quale era difficile
ormai stabilire i confini.
Gigi Barbano aveva risposto ch'era più sicuro di Nicoletta che di se
medesimo; che quel ragazzo gli ispirava una pietà profonda; gli avevan
tolto il padre ch'egli amava teneramente per rinchiuderlo in una casa
di pazzi donde non sarebbe uscito mai più; la madre sua, a dir poco,
leggera e volubile; il patrimonio ridotto a qualche centinaio di
migliaia di lire, le quali sarebbero durate, sì e no, un anno col
malgoverno della contessa. Che rimaneva a Bruno? L'amicizia di
Nicoletta, la fiducia di lui, Gigi. Non altro. Egli aveva promesso a
Bruno d'essere un fratello, ed era; come Nicoletta era una sorella per
lui.
Zia Amelia non aveva insistito.
Ma la frase voleva far presente a Gigi il colloquio di poco prima.
--Un bel cavaliere!--disse Gigi alzandosi e avvicinandosi a
Brunello.--Un bel cavaliere che tutte le donne vorranno disputarsi!
Nicla represse a mala pena un sussulto.
Le parole venivano opportune a rammentar l'audacia di Claudia Viviani;
la quale, respinta, s'era messa a capo d'un gruppo di pettegole per
bene che andavano sparlando di Nicla, di Bruno, di Gigi; e certo aveva
già spedito a quest'ultimo buon numero di lettere anonime.
--Io preferisco esser cavaliere di zia Amelia!...--rispose Brunello
sorridendo.
--E le piccole ragazze di Parigi? e le dame bionde di Vienna?--insinuò
Gigi.
Nicla serrò le mani per angoscia.
--Ascolta!--esclamò Bruno, abbandonando la matassa e tendendo avido
l'orecchio.
Dalla finestra spalancata entrava un'onda di suoni.
Eran le campane delle reti che affioravano; eran le campane del paese
che annunziavano il vespro; eran da lungi le campane delle mandre che
tornavano alle stalle: una musica lieve portata lievemente sull'aria.
--Com'è bello!--disse Bruno, che s'era affacciato.
Ai colori brillanti del giorno erano subentrati i fragili colori del
tramonto: un morbido color di rosa che sfumava a poco a poco nel color
di perla; un pallido cilestre che a poco a poco sfumava nell'argento:
e l'acqua, riflettendo con delicata armonia le mezze tinte, aveva le
iridescenze dell'opale.
Nicla s'era levata a sua volta e s'era posta a fianco di Bruno presso
la finestra.
Ella ricordava.
Quanto l'avevan fatta piangere quegli spettacoli di mestizia, e quei
suoni che s'intonavano alla dolcezza dell'ora! Il crepuscolo nella
campagna per lei era stato, durante lungo tempo, il più pauroso
momento della vita. Aveva perduto Brunello. Tutto diceva che non
sarebbe tornato mai più; e non aveva persone a cui confidarsi. Le
campane singhiozzavano qua, là, sui monti, in basso, da lungi e da
vicino; il sole calava tra una pioggia di cenere; e Brunello
viaggiava, chiamandola invano com'ella chiamava lui, e le loro voci
andavano disperse nella vastità del mondo.
Ed era tornato, subitamente.
Era a un passo, appoggiato alla finestra, l'occhio velato da soave
tristezza e un incerto sorriso sulle labbra. Era a un passo; e le
apparteneva come cosa sua, nel più profondo del cuore; ella sapeva il
pensiero di lui, ed egli sapeva il suo pensiero; ella poteva fare di
lui ciò che più le fosse piaciuto, ed egli di lei poteva disporre come
d'una schiava.
--Amore!--sussurrò Nicla così piano, che Bruno solo udì, quasi la voce
venisse dal cuore più che dalle labbra d'una donna.
L'eco delle campane si smorzava con lento rintocco. Il cielo era ormai
tutto grigio, e le acque riprendevano il loro color verdastro.
Ma dal giardino sottostante s'innalzavano volute di profumi con una
sinfonia più vasta che non fosse stata tra il cielo e l'acqua.
Erano aromi che venivano dai cespi immersi nell'ombra come in un
mistero; dardi velenosi che ciascun fiore vibrava; parole di voluttà
che esalavano dalle corolle; incitamenti al piacere che traboccavan
dai calici; e tutti insieme si dilatavano nell'aria, ebbri ed
inebbrianti, nell'ultimo spasimo della morte che impendeva,
nell'ultimo brivido che precedeva la notte.
Salivano, oscillavano, si moltiplicavano, si diffondevano, si facevan
più acuti, bagnavano il viso, penetravan le carni di Nicla e di Bruno,
affacciati su quel prodigioso veleno.
E Nicla aveva la visione d'infiniti piccoli mostri lascivi che si
tenevan per mano, superbi di straordinarii colori, armati d'armi
variopinte, chiomati di chiome cangianti, screziati, spruzzati,
gemmati, picchiettati, che le si serravano e le danzavano una tresca
furiosa intorno.
Sentendosi prender dalla vertigine, si ritrasse prestamente e si
rifece a parlare con Gigi e con zia Amelia. Ma Bruno rimase alla
finestra per bere tutto il veleno che i fiori gli prodigavano e
impallidire di desiderio e di passione.
Ogni giorno e per tutti i giorni ch'egli rimase a villa Barbano,
quella sorda tempesta andò in lui e in Nicla imperversando.
L'uno e l'altra resistevano perchè Gigi era tra di loro, e la sua
presenza li richiamava alla realtà; innanzi a lui svanivano i sogni, e
i pensieri obliqui si ritraevano sconfitti.
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