La freccia nel fianco - 06

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Seduto accanto al letto, spiando nel volto congestionato di suo figlio
il progredire del male, il conte stava assorto e dubbioso.
Fuori scrosciava ancora la pioggia e fischiava il vento, vicino e
lontano.
La camera era illuminata da una candela e nulla pareva più malinconico
che quell'uomo in quella muta stanza, l'occhio fisso nell'occhio
vitreo del suo bambino.
Vico Malerba, riparati i cavalli e datasi una scrollata, salì a
prendere gli ordini.
--Fra mezz'ora splenderà il sole,--disse. Ma visto Brunello a letto e
il conte immobile a scrutarlo, tacque subito.
--Fra mezz'ora!--ripetè Fabiano.--È impossibile ripartire per oggi.
Non vedi che il piccolo è ammalato? Domanda all'ostessa se si può
avere un medico.
--Vado,--rispose il vetturale.--In ogni modo, tengo il legno a
disposizione del signor conte.
E avvicinandosi un poco al letto, soggiunse:
--Sarà cosa da nulla, vedrà.... Il cambiamento del tempo.... E poi i
bambini salgono e scendono con la febbre.
--Va a cercare il medico!--interruppe il conte.
Il vetturale uscì e parlò con l'ostessa. Non v'erano in quel villaggio
nè medico nè farmacia.
Quando fu detto questo a Fabiano, egli tese il pugno verso il cielo e
si lasciò sfuggire una bestemmia.
--Bisogna trovarlo,--rispose.--Mandate a cercarne.
--Otto chilometri d'andata e otto di ritorno, signor conte,--osservò
l'ostessa.
Fabiano le mosse incontro con tal piglio, che la donna uscì senza più
ribattere.
Passarono due, sei, dieci ore; cessò la tempesta, venne il sole,
tramontò. Nella stanza il padre tormentato dallo spavento e dal
rimorso percorreva chilometri in uno spazio di quattro metri, e il
bambino smaniava nel delirio.
Verso le sette di sera giunse il medico; un povero piccolo medico di
campagna, il quale aveva avuto la previdenza di portare seco il
chinino. Non riuscì a fare una diagnosi precisa, parlò d'elmintiasi e
diede il chinino, prescrivendo di ripetere di tre in tre ore la dose.
Scese la notte.
Il conte, che non aveva gustato cibo nè mutato abito, vegliò, seduto
in una poltrona stinta e senza molle. Alle dieci di sera e al tocco
dopo mezzanotte diede nuovamente il chinino; la febbre scemava
rapidamente; al levar del sole era cessata.
--Ebbene, piccolo, che m'hai fatto?--disse Fabiano, chinandosi a
baciare Brunello.
Questi sorrideva, ma era stordito e debole.
Fabiano decise di fermarsi ancora tutto quel giorno all'osteria, e il
vetturale si fermò egli pure, a disposizione del signor conte.
Soltanto l'indomani, con le ossa rotte dalla febbre, le gambe tremanti
pel chinino, una grande lassezza in tutto il corpo, Brunello fu
rimesso in vettura e riprese il viaggio.
Aveva negli orecchi il frinir continuo d'innumerevoli cicale; di tutto
quanto era avvenuto negli ultimi giorni riteneva alcune imagini
confuse, venute in parte dalla realtà, in parte dalla febbre. Rivedeva
Nicla nel suo abito d'acciaio, Duccio Massenti che voleva offenderla,
il papà che l'uccideva, poi lo scoglio della Croda, i fulmini, le
groppe dei cavalli gocciolanti di pioggia.
Ma non diceva parola con suo padre.
Lo guardava di sottecchi, mostrando il broncio, e aspettando d'essere
più forte per tornare da Nicla.
Prima d'abbandonar l'osteria, il conte compensò liberalmente il
medico, l'ostessa, quanti lo avevano servito. Era in dure strettezze
finanziarie, ma quando metteva mano alla borsa, non sapeva più
contare.
Si recava a trattare con la famiglia, in una mediocre città di
provincia di cui cinque secoli avanti i Traldi di San Pietro avevano
avuto il dominio; e ancora possedevano, oltre parecchie case in città,
vasti terreni e ricche fattorie nei dintorni.
Il conte Fabiano non si dissimulava che la lotta sarebbe stata dura,
perchè la madre e i fratelli non trattavan più con lui se non per il
notaio Clemente Alemanni, amministratore della sostanza; e Fabiano
sospettava che l'Alemanni s'ingegnasse da tempo a fargli più avversi i
fratelli e la madre.
Quanto all'Alemanni, egli conosceva bene il conte, perchè da
giovanetto, in seguito a una disputa per affari. Fabiano lo aveva
inseguito con la rivoltella in pugno, obbligandolo a ricoverarsi in
una soffitta.
Viaggiarono l'intero giorno, parte in vettura, parte in ferrovia.
Quando fu per congedarsi, Vico Malerba rivolse un saluto a Brunello:
--Stai bene, eh, piccolo?--disse familiarmente.--Spero che ci
rivedremo, e tornerai dalla signorina Nicoletta.
Bruno afferrò la mano scarna del vetturale e sorrise.
--È molto lontana?--dimandò.
--Sì, laggiù, dietro i monti; ma con la ferrovia si fa più
presto!--rispose Vico.
Nicla laggiù dietro i monti! Non sì poteva nemmeno udir la sua voce!
--Le dirai che io torno?--riprese il fanciullo.--Le dirai che io sono
qui per gli affari del papà, adesso; ma poi torno; e che mi aspetti.
--Non dubitare!--esclamò il vetturale, mettendosi una mano sul
petto.--Che io muoia qui, se non glielo dico appena sono a casa!
Bruno sorrise ancora, più riposato, come un uomo che ha trovato
intanto un piccolo rimedio a un grosso malanno.
Quella sera le sue impressioni s'arricchirono della visione d'una
città di provincia immersa nel sonno con le persiane tutte chiuse,
d'un omnibus che traballava sul selciato, d'un modesto albergo.
Fabiano diede al fanciullo una tazza di latte caldo; poi lo svestì, lo
lavò, lo mise a dormire.
Stette a guardarlo lungamente, meditabondo.
Brunello dormiva, coi pugni stretti e i capelli sparsi sul guanciale.
Che poteva sognare? La tempesta, la fuga dei cavalli tra fulmini e
rombi, la pioggia, il medico, l'osteria di campagna, lo scotimento del
treno.
Non poteva sognare altro, non aveva più liete imagini che quelle.
Una sì, c'era, fresca e olezzante, l'imagine d'una fanciulla che lo
proteggeva; ma gliel'avevano strappato di mano, per ricondurlo
attraverso il mondo, con la febbre sotto la pioggia crudele.
Il conte ebbe un gesto desolato. Perchè condurre alla rovina anche
l'innocente che non aveva macchia e non chiedeva nulla?
Si scosse al pensiero della battaglia che lo attendeva l'indomani; e
un altro pensiero sopraggiunse, una speranza: la speranza di metter la
mano sopra trenta o quarantamila lire. Allora udì nell'orecchio il
tintinnìo dell'oro fluido, il fruscìo delle carte, lo scalpito di
superbi cavalli ch'erano suoi; e si scostò dal letto, lasciando che il
fanciullo sognasse i suoi tristi sogni.
Sbrigò la corrispondenza arretrata, e preparò un biglietto per Elia
Polacco, personaggio che gli era da più tempo ben noto.


XI.
Il notaio Clemente Alemanni era uomo freddo e risoluto; ma nel fondo
dei suoi occhi cilestri si leggeva un'espressione di dolcezza.
Non alto di statura, quadrato di spalle, indossava abitualmente la
redingote, grigia d'estate, nera d'inverno; e una bella barba in parte
candida come neve, in parte rossa come il fuoco, gli scendeva fino a
mezzo il petto.
--Fatemi il favore,--disse a un cameriere che passava nel
corridoio,--di presentare questo biglietto di visita al signor conte
Traldi di San Pietro.
Il cameriere prese la carta, entrò nella camera segnata col numero
dieci, e indi a poco tornò dicendo che il signor conte aspettava il
signor notaio.
L'uomo trasse un sospiro, e drizzandosi sul busto come un lottatore
che sta per comparir nell'arena, seguì il cameriere.
Avrebbe preferito in verità di trovarsi altrove; ma fedele alla antica
famiglia, per un'alta idea del proprio dovere, si riprometteva di
comportarsi degnamente e di condurre a termine la sua missione
fermamente e tuttavia col più scrupoloso rispetto e con serafica
pazienza.
Il conte Fabiano stava seduto, nella camera da letto, in una larga
poltrona, innanzi alla tavola su cui si vedevano ancora il vassoio con
le chicchere, il piattino del burro e il vaso del miele. Si
accarezzava nervosamente la barba brizzolata e fumava una sigaretta.
--Oh, caro Alemanni!--esclamò sarcasticamente alla vista del
notaio.--Siamo alle solite. Io chiedo di parlare con mia madre e coi
miei fratelli, e mia madre e i miei fratelli mi spediscono un
impiegato con pieni poteri. Sono le corbellerie, per non dire le
sconvenienze, della mia amabile famiglia.
Il dottor Alemanni s'inchinò profondamente, mentre Fabiano seduto lo
squadrava con occhio freddo.
--Sua Signoria la contessa e le Loro Signorie i conti Francesco, Guido
e Giovanni....
--Lasciamo stare l'araldica,--interruppe Fabiano.
--.... mi mandano da Vostra Signoria per sentire i suoi
desiderii,--continuò l'Alemanni imperturbabile.
--A sentire i miei desiderii?--ripetè Fabiano.--Soltanto per questo
l'hanno mandata qui? Caro Alemanni, lasciamo da banda gli scherzi. Io
ho bisogno di danaro, subito, oggi stesso, o sono perduto.
--Sua Signoria la contessa mi ha incaricato di presentare al signor
conte l'espressione di un vivo rammarico,--disse il notaio.
--Oh bravo!--esclamò Fabiano ridendo.--Dacchè ho l'età della ragione,
mia madre non ha mai altro espresso che vivo rammarico... Sentiamo
anche questo....
--Sua Signoria....
--Lasci andare, per carità!--interruppe Fabiano.--Ciò prolunga la
conversazione, che vorrei fosse breve. Dica «il conte», «la contessa»,
e tiriamo via!
--La signora contessa si lagna di non aver notizie del signor conte
che quando il signor conte ha bisogno di denaro. In tutti gli altri
giorni dell'anno, il signor conte non dà segno di vita ad alcuno della
famiglia.
--Questa è un'insolenza!--esclamò Fabiano, lanciando un'occhiata
penetrante all'uomo che a pochi passi dalla soglia stava ancor dritto
in piedi.--E quando la incaricano di dirmi un'insolenza, lei dovrebbe
rispondere che la sua posizione d'impiegato non glielo permette,
perchè io non posso raccoglierla.
Il dottore Alemanni battè presto le palpebre, ma toccò il colpo
bravamente in pieno petto, senza dare altro segno di commozione.
Seguì una pausa.
Fabiano guardò il soffitto, verso il quale lanciò il fumo della
sigaretta; ma vide per la prima volta che il soffitto era dipinto a
colori, verde con giallo, che si aggrovigliavano in arabeschi atroci
mal sicuri e mal finiti, e ritorse lo sguardo sdegnato.
--Alle corte,--riprese d'un tratto.--Mia madre è disposta ad
aiutarmi?...
--Io sono incaricato....--cominciò l'Alemanni.
--Non parlo di lei, parlo di mia madre e dei miei
fratelli,--interruppe Fabiano.--Dunque: sì o no?
--Forse!--rispose il notaio.
Il conte lo interrogò con lo sguardo.
--È già qualche cosa!--disse.--Non vogliono dunque ridurmi alla fame,
alla disperazione, al suicidio?... E quali sono i motivi di questa
benevolenza improvvisa?
--Se il signor conte mi lascerà parlare, io potrò spiegare
tutto,--rispose l'Alemanni sorridendo,--ma se mi arresta ad ogni
parola, non c'intenderemo.
--Si è che lei fa un abuso deplorevole di circonlocuzioni,--osservò
Fabiano,--e le circonlocuzioni sono utili in diplomazia, cioè sono
utili a niente; quando si trattano affari, bisogna parlar chiaro,
secco e preciso....
Guardò ancora una volta il notaio, poi soggiunse:
--Sieda!
Il dottor Alemanni prese posto in una poltrona di fronte a Fabiano, e
cominciò:
--Ecco: quanto alla cambiale di cui ella ha scritto nella sua lettera,
la famiglia di lei è disposta a pagare ancora per questa volta, purchè
la cambiale sia presentata a Sua Signoria il conte Francesco.
--Non si fidano di me?
--Il signor conte Francesco pensa ch'ella potrebbe venire a una
transazione col creditore, pagare una metà e giuocar l'altra,
lasciando una nuova cambiale di seimila lire.
Fabiano diede in una risata.
--Come si vede,--esclamò,--che il signor conte Francesco Traldi di San
Pietro mio illustrissimo fratello, è un idiota!... Venire a una
transazione!... Ma quel mio creditore è il più feroce, il più avido
strozzino di Milano; e son dovuto scappare (scappare, capisce?) dalla
mia villeggiatura sul lago, perchè non mi mettesse a soqquadro il
paese e non mi facesse qualche scenata per la strada!
Tacque un istante, poi soggiunse:
--Telegraferò oggi stesso a quella canaglia perchè presenti l'effetto
al conte Francesco. Andiamo avanti. Che c'è ancora?
--Il signor conte Francesco la prega di rammentare che questa è
l'ultima, assolutamente l'ultima volta che la famiglia interviene in
suo favore; da ora in poi sarà sorda a ogni considerazione, e lascerà
che i creditori facciano tutti i passi consentiti dalla legge.
--Sta bene. Ma pagate le dodicimila lire, io rimango senza un
centesimo. A questo la mia famiglia non ha pensato?
--Ella sa, signor conte,--disse l'Alemanni con un sorriso,--che la sua
sostanza è stata interamente liquidata. Esiste ancora il fondo della
Tralda, che frutta dalle sei alle ottomila lire l'anno, ma appartiene
al piccolo conte Bruno, il quale potrà disporne il giorno della sua
maggiore età. Le rendite sono ora versate a lei, signor conte, per il
mantenimento e l'educazione del bambino. Non c'è dunque più nulla....
Tuttavia....
--Tuttavia?--interrogò Fabiano ansiosamente.
--Tuttavia la sua famiglia è disposta ad aiutarla, assegnandole una
rendita pari a quella che riscuote ora per il mantenimento del piccolo
conte Bruno.
--Ottomila? Quanto basta per non morir di fame....--osservò Fabiano.
--Diciamo ottomila,--ripetè il dottor Alemanni.--Ma ad una
condizione....
--La condizione sarà impossibile,--disse Fabiano.--Conosco la mia
famiglia!... Sentiamo.
--A condizione che il piccolo conte Bruno sia consegnato al signor
conte Francesco, il quale ne curerà l'educazione e lo terrà seco fino
all'età di ventun anno. In questo caso, il conte Francesco che non ha
figli, aggiungerà al fondo della Tralda, unico patrimonio del conte
Bruno, una larga parte della sua sostanza.
Fabiano si alzò in piedi e lentamente andò alla finestra.
--Vede,--disse al dottor Alemanni, che lo aveva seguito,--vede questa
finestra? Io sono pronto a scaraventarlo di qui il mio Brunello,
piuttosto che consegnarlo a quel pazzo imbecille!... La prima
educazione che gli si darebbe, sarebbe quella d'odiare e disprezzare
suo padre; poi si farebbe di lui un gesuita. Lei non ignora che la
famiglia Traldi di San Pietro è molto benevisa in Vaticano e ha
protezioni potentissime. Il mio Bruno abbraccerebbe la carriera
ecclesiastica, diventerebbe Cardinale e morirebbe Papa.... È un
avvenire stupendo, ma a me non piace.... Intendo che mio figlio sia
uomo.... E del resto, son follie che possono passar pel capo di
quell'asino di Francesco.
Rise ironicamente, e proseguì:
--_Perinde ac cadaver_, il motto dei gesuiti, s'attaglierebbe giusto
al mio Brunello!... Egli ha tutta la fierezza, la tenacità, il
coraggio, l'orgoglio della sua razza e nemmeno la Compagnia di Gesù
riuscirebbe a piegarlo.... Non sono punto impensierito per lui....
Sarà un lottatore di gran tempra e spezzerà gli ostacoli che non potrà
girare....
Il notaio s'inchinò.
--L'ho visto or ora sulle scale. Andava alla ricerca del
cane,--disse,--per uscire a passeggio. È un fanciullo incantevole.
--Non è vero?--esclamò Fabiano, tocco nel vivo del suo amor
proprio.--Sono certo che non m'inganno.
--Vostra Signoria non s'inganna,--confermò il dottore.--Basta
osservare il portamento del capo, lo sguardo che vi cerca lo sguardo,
la piega sdegnosa all'angolo delle labbra... L'ho guardato bene.
--E non si lamenta mai, parla poco, non vuole essere baciato, è pronto
a tutto. Vive già come un piccolo uomo e ha un'intelligenza che avanza
di gran lunga la sua età,--soggiunse Fabiano.
Andò a sedersi di nuovo nella poltrona.
--Dunque,--seguitò rivolto al notaio, che gli stava di fronte, in
piedi,--non ne facciamo nulla.
--Io scongiuro il signor conte a prender tempo a rispondere. Vorrei
recare una parola di speranza....
Ma dopo quel breve intermezzo di sentimento paterno, durante il quale
s'era trovato d'accordo miracolosamente con le idee del notaio,
Fabiano s'era come ripreso e allontanato, e il suo sguardo era tornato
freddo.
--Bella figura ci farebbe, Lei, col ramoscello d'olivo nel
becco,--esclamò, guardando il naso un po' ricurvo del dottor
Alemanni.--Dica pure che non ne facciamo niente.... Me l'imaginavo che
doveva trattarsi d'un agguato o d'un trucco. Il mio buon fratello non
è capace d'altro.
--Ma, mi perdoni signor conte,--insistette il notaio.--Lei potrebbe
vedere suo figlio ogni qual volta desiderasse. E potrebbe inoltre
stabilire certe condizioni; condizioni scritte: per esempio, il
divieto assoluto d'avviarlo alla carriera ecclesiastica....
Fabiano squadrò il notaio sarcasticamente.
--Non mi faccia l'allocco!--disse ridendo.
--Il divieto assoluto.... Ma Brunello non ha che otto anni; e un bel
giorno mi si dirà che a poco a poco gli si è sviluppato un poderoso
bernoccolo per il Seminario o per il chiostro o per le missioni....
Vada lei a dimostrar che non è vero....
--Io la supplico, signor conte....--incalzò il dottore.
Ma si arrestò a un'occhiata scintillante d'ira.
--Facciamola finita!--annunziò Fabiano.--Io mi tengo mio figlio....
Lei ha eseguito con fedeltà gli ordini avuti, e non deve aggiungere
parola.... Dica a Francesco che Brunello non lo vendo nè per ottomila
lire l'anno, nè per un milione. E impari, egli che è ricco, ad essere
anche onesto!... Può andare!...
Il dottor Alemanni s'inchinò, e raggiunta la soglia, uscì....
Non era stupito del cattivo esito della sua ambasciata; conosceva il
conte da molti anni e sempre lo aveva trovato superbo e caparbio, e
sempre ne aveva ammirato quasi con timore l'arte del sofisma,
l'abilità del colorire i torti come ragioni, e di dare al capriccio la
parvenza del diritto.
La famiglia stessa aveva preveduto che le sue proposte sarebbero state
respinte, e non s'aspettava affatto che il dottor Alemanni potesse
compiere un miracolo e condurre Brunello a casa.
Il notaio scese le scale, dicendosi che bisognava pur giungere alla
lotta aperta, o il bambino sarebbe stato la prima vittima di quelle
esitazioni.
Brunello era in cortile, dritto vicino a una piccola carrozza con due
cavalli pomellati; in un angolo aveva disposto la scuderia con altri
cavalli, il cocchiere e il mozzo. Ma non giuocava.
Il dottor Alemanni lo sorprese mentre guardava fisso innanzi a sè,
assorto in qualche suo sogno lontano.
Pochi passi più in là un cane danese, il cane dell'albergo, disteso
magnificamente a guisa di un giovane tigre, sonnecchiava lanciando di
tanto in tanto uno sguardo al fanciullo. Doveva essergli compagno,
come gli era stato compagno il povero Tiè, che il conte aveva
affidato, partendo da Parigi, alla portineria della casa che abitava
in via Glück.
--Ebbene?--disse Bruno, scoprendo il dottor Alemanni alle sue
spalle.--Hai parlato col papà?
--Ne torno ora,--rispose il notaio.
--Gli hai portato i denari?
--Come sai tu che si tratta di danari?--domandò il notaio.
--Io so,--rispose Bruno.--Siamo partiti per questo di notte, col tempo
cattivo. Glieli hai portati?
--Glieli porterò.
--Fa presto,--soggiunse Bruno,--perchè io devo tornare in campagna.
Non mi piace star qui: qui è tutto brutto, non ho niente da fare.
Guardò il notaio, chiedendosi se potesse parlargli di Nicla, ma pensò
ch'egli non la conosceva.
--Non è vero che tu non la conosci, Nicla?--disse.
--Nicla? Chi è Nicla?--chiese il dottore Alemanni.
--Vedi, che non la conosci!--continuò Bruno con un senso di
commiserazione.
Il dottor Alemanni si piegò sulle ginocchia come per veder meglio il
piccolo equipaggio che stava presso il fanciullo; e chiese:
--Bruno, se io ti prendessi per condurti da tuo zio Francesco, tu
verresti?
--A far che?--domandò Bruno.
--A viver con lui, con gli altri zii, con la nonna....
--Non ne ho bisogno!--disse il fanciullo.
--Sì, che ne hai bisogno,--insistette il notaio,--per formar la tua
educazione e diventare un uomo.
--Oh,--rispose Bruno, con un'ombra di beffardaggine,--diventerò uomo
lo stesso, anche senza la nonna e gli zii. Io li ho visti, quando ero
piccolo e il papà non aveva fatto lite. Sono brutti e noiosi.
--Ma io so che ti vogliono molto bene,--insinuò il dottor Alemanni.
--Tutti mi vogliono molto bene!--ribattè il fanciullo.--Anche Nicla.
--Io so....--riprese il notaio.
--Tu non sai niente! Porta i denari, presto, che io non voglio star
qui.
Il dottor Alemanni si raddrizzò.
--Ma i denari, appunto, li danno gli zii e la nonna,--rimbeccò
subito.--E se tu non sarai savio, non ne daranno più.
--Non dire bugie!--consigliò Bruno.--Sono i denari di casa, e anche se
faccio il cattivo, tu devi portarceli.
Il notaio sorrise un poco amaro, e si chinò per baciare il fanciullo,
ma questi gli sgusciò di tra le mani e volse il capo bruscamente.
--Va, va!--disse.--Non perdere tempo!
--Razza di prepotenti!--borbottò il dottor Alemanni, allontanandosi.


XII.

Il colloquio col notaio non aveva punto scoraggiato il conte Fabiano.
Abituato a vivere con una folle imprevidenza, animato da una
sragionevole fiducia nell'avvenire e da un irrefrenabile desiderio di
godimenti, considerava già come vittoria cospicua il pagamento della
cambiale di dodicimila lire, che gli dava fastidio da troppo tempo.
Al resto avrebbe provveduto per conto proprio, con altri aiuti.
E nel pomeriggio di quel medesimo giorno, in un quarto d'ora di liete
speranze, fece chiamare Brunello e gli offerse una battaglia coi
soldatini di piombo.
La tavola nel mezzo della camera fu in un lampo coperta di cannoni, di
tende, di uomini a piedi e a cavallo, in chiassose uniformi.
All'un capo della tavola era Bruno, all'altro Fabiano, e la battaglia
si svolgeva con rapidità fulminea.
Brunello stava per perdere una fortezza; le sue linee di difesa erano
sfondate dalle artiglierie di Fabiano, e la cavalleria s'avanzava a
disperdere i resti d'un esercito in fuga disordinata.
Si udì battere discretamente all'uscio, con le nocche delle dita.
--Avanti!--disse Fabiano.
Elia Polacco entrò.
Era un ometto basso, nasuto, dagli occhi jàlini penetranti, il mento
raso e le basette fulve e dure. Camminava così lestamente che pareva
saltellasse.
--Buon giorno al signor conte!--proferì.--Ho ricevuto stamane il
biglietto del signor conte e sono accorso.
--Sta bene attento,--disse Fabiano a Brunello, senza levare il
capo.--Bisogna che tu raduni l'artiglieria intorno al forte, perchè i
tuoi fantaccini sono in rotta, e io muovo ora a conquistarlo con le
mie truppe.
--Con tutti i cannoni, papà?--domandò Brunello.
--I cannoni innanzi, che appoggeranno la cavalleria e la fanteria; non
perdere tempo!
--Ecco tutti i miei cannoni pronti!--annunziò Bruno, spingendo con
ambo le mani ogni sorta d'artiglieria sulla tavola, piccole
mitragliatrici e grossi obici e cannoni da costa.
Elia Polacco col cappello floscio sotto il braccio sinistro si
avvicinò alla tavola e stette a guardare, piuttosto sorpreso
dell'attenzione che il conte prestava al giuoco, che dell'accoglienza
ricevuta.
--Sei tu, Polacco?--disse Fabiano, senza volgersi.
--Per servirla, Eccellenza!
--Credo che c'intenderemo in poche parole. Ho bisogno di denaro.
Brunello guardò suo padre.
Ancora danaro! Non doveva portarlo il notaio della nonna?
Ma mentre stava per interrogare, suo padre gli si rivolgeva.
--I tuoi cannoni giungono in ritardo,--disse.--Io allargo il fronte
del mio esercito e la mia artiglieria è rapidissima.
--Di danaro ce n'è poco, ed è caro!--rispose Elia Polacco, guardando i
cannoni che si avvicinavano alla fortezza.
--Non cominciamo con le frottole!--rispose Fabiano.--Apro il fuoco: la
tua artiglieria non può resistere. La cavalleria fa una brillante
evoluzione a sinistra....
--Apro il fuoco anch'io!--dichiarò Brunello,--Pim, pum, e pum!
--Se è caro, lo pagherò quanto vale,--dichiarò il conte a Elia
Polacco.
E rivolto al figlio, seguitò:
--Dopo la brillante evoluzione di cavalleria, la fanteria si avanza
sparando....
--Ciò dipende dalla somma che le occorre, signor conte!--rispose Elia.
--Pim, pum, e pum, e poi ancora pum!--gridò Brunello.
--Cinquantamila lire!--enunziò Fabiano.--Il tuo fuoco è ben nutrito,
fa molti vuoti, ma come vedi, i miei uomini hanno già invaso la
piazza. Il forte si arrende....
--Nespole!--esclamò Elia.
--Innalza bandiera bianca!--ordinò Fabiano.--Sventola il fazzoletto!
Brunello trasse il fazzoletto dalla tasca e lo agitò in aria.
--La battaglia è finita. Sei vinto, e la fortezza è mia!--concluse il
conte.--Adesso giuoca da solo, che io devo parlare.
E alzandosi, guardò finalmente Elia Polacco in faccia.
--Ah, ah! Sei invecchiato, caro Polacco!--esclamò ridendo.--Non hai
più un pelo in testa. Ti sta bene; a furia di pelare gli altri....
--Sono dieci anni che non ho l'onore di trattar col signor
conte,--rispose Elia con un sorriso.--Il tempo è ingeneroso per tutti!
E preso un cannone di sulla tavola, e poi un soldatino, li girò, li
pesò, li guardò attentamente.
--Son molto fini!--disse.--Io non avevo ancora avuto il piacere di
conoscere suo figlio, signor conte!
--È molto fine anche lui!--dichiarò Fabiano.--Ti piace? È un bel
ragazzo? Ne faremo qualche cosa di grande. Ma veniamo agli affari. Hai
inteso quel che ti ho detto? Io ho bisogno di cinquantamila lire,
subito.
Prese posto nella poltrona nella quale s'era seduto la mattina
parlando col dottor Alemanni, e lasciò Elia in piedi.
--Il signor conte avrà anche udito ciò che ho risposto!--osservò Elia.
--Hai risposto: «Nespole!» e questo non significa nulla.
--Significa che è impossibile trovar cinquantamila lire. Le troverebbe
appena un signore.... che non ne avesse bisogno!
Ed Elia fece una risatina, che pareva un mugolìo.
--Io non valgo dunque cinquantamila lire?--esclamò Fabiano.
Elia non rispose, come non avesse udito.
--La mia famiglia non vale cinquantamila lire?--seguitò il conte.
--La famiglia Traldi di San Pietro vale milioni..., se paga. Ma io
temo che non paghi.
--E perchè non dovrebbe pagare?
--Perchè il signor conte non è in buoni termini con la sua famiglia.
--Chi te lo dice?
--Me lo dice Lei stesso, signor conte. Ella è sceso all'albergo; e ciò
spiega tutto.
Bruno aveva riadagiato i soldatini nella scatola e s'era ricoverato
tra le gambe del padre.
--La mia famiglia paga!--dichiarò questi.--Tu vuoi essere sempre furbo
e dici delle sciocchezze. La mia famiglia paga bene. Informati, caro
Polacco.
--Non dubiti, signor conte,--rispose Elia inchinandosi,--che
m'informerò. Tuttavia devo avvertire il signor conte che se la
famiglia paga; la situazione s'aggrava....
--Hai voglia di scherzare?--esclamò Fabiano squadrando l'ometto
impassibile.
--È questione di logica,--ribattè Elia.--La famiglia paga: paga
cambiali con forti interessi; pagherà oggi, pagherà domani, e poi non
pagherà più e farà interdire il signor conte. Conosciamo questa
musica!
--Allora, con la tua logica si viene a concludere che se la famiglia
non paga, non mi dai denaro; e se la famiglia paga, non mi dai denaro.
È una logica stupefacente.... In ogni modo, caro Polacco, non ho tempo
da perdere, e tu puoi andartene....
--Mi dispiace,--rispose Elia senza muoversi.--Mi dispiace perchè con
la sua fretta e la sua arroganza, il signor conte cadrà in mano di
qualche strozzino....
Fabiano diede in una risata.
--La città è piena di gente senza scrupoli,--seguitò Elia,--che
metterà la corda al collo di Vostra Eccellenza per pochi soldi....
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