La freccia nel fianco - 04

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visetto pallido e fine coi grandi occhi appassionati che le avevano
così benevolmente sorriso.--E dove è andata ora?
--Ma perchè l'interroga tanto?--interruppe Duccio con
prontezza.--Finirà con lo stancarlo.
--Egli sostiene una conversazione meglio d'un grande!--affermò Nicla.
--Lo credo; ma guardi il tramonto,--riprese Duccio, indicando con un
gesto il cielo opalescente e le acque che rabbrividivano alla
brezza.--Guardi che meraviglia!
--Le dispiace che io parli con Bruno?--domandò Nicla.
--No no, la prego!--rispose Duccio.
--Poichè lei mi tiene il broncio e non dice parola....--seguitò Nicla.
--Non le tengo il broncio,--ribattè il conte.--Sono triste; e sarebbe
strano che non fossi....
--La mamma è tornata in Isvizzera!--dichiarò Bruno, levando ancora gli
occhi in faccia alla sua amica.
--Dov'era prima di venire a trovarti?--interrogò questa.
--Sì, dov'era prima di venire a trovarmi! E io so dove è. È su, in
montagna; e si vede un lago, un lago grande, più grande del nostro. Un
lago che si chiama come quel giuoco, sai?
--Quale giuoco?--domandò Nicla ridendo.
--I quattro cantoni!
--Ah, il lago dei Quattro Cantoni!--ripetè la fanciulla, corrugando le
sopracciglia.--Allora è a Lucerna, la mamma.
--Vuole che torniamo?--interruppe il conte.--Temo che facciamo troppo
tardi, e che la signora ci aspetti....
La fanciulla lo guardò, e le parve un poco aggrondato.
Senza rispondere, volse la barca, fece descrivere alla lancia una
larga curva, e diresse verso la spiaggia.
Spronata da una curiosità repentina che le faceva male e di cui non
sapeva rendersi ragione, stava china sulla testa di Brunello
accovacciato ai suoi piedi, e lo interrogava, fissandolo negli occhi.
Seguitò:
--Allora è a Lucerna, la mamma?
--Ma che cosa le importa, signorina?--disse bruscamente Duccio.--Non
so perchè insista.
Nicla sentì che la voce di lui non era ferma.
--No,--rispose Bruno.--Ha detto Lucerna, sì, ma ha detto più in alto.
--Più in alto!--ripetè Nicla.--Ci si va con la funicolare?... Di',
Brunello, rammentati! Ci si va con la funicolare?
Bruno, assorto, non rispondeva.
--Rispondi, caro!--incalzò Nicla fremente.--A che cosa pensi?
--Penso al nome,--egli rispose,--perchè la mamma me lo ha detto....
--Non ci pensare. Il nome lo troveremo. Dirami: ci si va con la
funicolare?
--Sì, con la funicolare!--consentì il fanciullo.
Nicla tacque un istante, poi annunziò:
--Sonnenberg!... È Sonnenberg?
--Sì, sì, sì!--gridò Bruno, battendo le mani.--Proprio! Me lo ha detto
la mamma! Come hai indovinato?... Tu indovini tutto?...
Nicla si raddrizzò sul busto, pallidissima, e piantò in faccia al
conte gli occhi scuri.
--Perchè questa commedia?--disse.
--Ebbene?--egli rispose, cercando di vincere la sua irritata
agitazione.--Che è avvenuto? che vuole significare il suo sguardo di
rimprovero?
Ma Nicla insisteva a fissarlo, con sì disperato stupore dentro gli
occhi, che Duccio abbassò un istante i suoi.
--Tu indovini tutto?--ripetè sottovoce Bruno, alzandosi un poco e
comprendendo che avveniva qualche cosa di eccezionale.
Nicla lo afferrò e lo strinse fra le braccia.
--Ahimè, sì!--proruppe.--Sì, amore, indovino tutto!
Poi con le mani convulse adagiò quel capo innocente sul seno, che un
singhiozzo mal rattenuto sollevava in tumulto.
Nessuno fece più parola, fin che la lancia non ebbe toccata la riva.
E solo quando i rematori spalarono perchè la chiglia, scorrendo sulla
rena, approdasse con dolcezza, Duccio rispose:
--Prima di partire avrò bisogno di parlarle. Ne chiederò il permesso a
sua madre.
Nicla lo fermò con un gesto.
--È inutile!--osservò.--So già quello che ha l'obbligo di dirmi.
E soggiunse:
--Lasci a me il diritto di concludere. Poco fa le ho risposto: non so.
Ora le rispondo in tutta coscienza: mai!
Duccio Massenti si fece pallido.
Ma senza curarsene, appoggiandosi al braccio d'un rematore, Nicla
sbarcò; poi Bruno; Duccio per ultimo.
--Salgo a salutare la sua famiglia,--annunziò questi.--Lei, signorina,
non vorrà accompagnarmi?
Nicla allungò la mano verso Brunello e traendolo al suo fianco,
rispose:
--No. Io resto con lui!

VI.

E corsero a rivedere gli alberi amici, che sopra uno sfondo opalino
mescevano e confondevano in magici archi il loro fogliame, su cui il
tramonto gettava un riflesso di luci dorate.
E sotto gli archi si stendeva il terreno molle come una corsia di
velluto cinereo; parevan più dure e determinate le linee dei fusti,
più vaghe e ampie le radure. Tutto il bosco esalava di legno disfatto,
e ai piedi dei tronchi s'ammucchiava il ciarpume di frasche e di
sterpi che sprigionavano un odore umido in quell'ora madida e calda.
Risonava qua e là il crepitare delle vecchie cortecce.
Bruno correva a fianco di Nicla, poi che ella stessa correva più che
non camminasse; e sentendo la mano dell'amica stringere, stringere
forte la sua, il fanciullo tollerava il dolore senza far motto.
Poi la luce intorno cangiò.
Bruno levò il capo a guardar Nicla e la vide tutta rossa. Ella abbassò
gli occhi per rispondergli e anche vide Bruno tutto rosso di
riverberi.
Il tramonto si faceva vermiglio, e sul velluto cinereo del terreno
serpeggiavano larghe chiazze di color del sangue.
Nicla allentò la mano.
Eran giunti a uno spiazzo, su cui giacevano qua e là, disposti a
gradi, tronchi abbattuti, e che tutto in giro era chiuso da grossi
castagni e da cerri poderosi.
Nicla sedette, e presso a lei Bruno.
--Ti ha fatto male,--egli chiese,--quel signore? Ti ha detto brutte
parole?
La fanciulla scosse il capo, negando.
Guardava le vôlte che le fronde formavano e che parevano dilungarsi
fin che si chiudevano lontano con una fitta cortina di rami e di
foglie.
Doveva essere veramente così.
Duccio e Clara Dolores s'eran dato convegno a Sonnenberg, e di là eran
tornati un giorno, ella per rivedere il suo bambino, egli per
corteggiare Nicla e forse chiederne la mano.
Erano scesi allo stesso albergo, insieme.
Duccio dedicava qualche ora a Nicla e alla sua famiglia, e si ritirava
la sera all'albergo: la sera e la notte. Conduceva nello stesso tempo
due intrighi, l'avventura piacevole e il matrimonio solido.
Clara Dolores non aveva colpa alcuna. Libera, mal conosciuta e
abbandonata dal conte Fabiano, aveva disposto del suo cuore come più
le era piaciuto, certo con l'illusione di trovare in Duccio Massenti
l'uomo fedele e degno.
Fino a due giorni addietro, ignorava pur l'esistenza di Nicoletta
Dossena, e ancora ignorava e avrebbe ignorato sempre che la fanciulla
era desiderata dall'uomo al quale ella s'era data.
Poteva essere triste per Brunello apprendere più tardi che anche sua
madre non aveva saputo resistere; poteva essere triste pel giovane che
s'affacciava alla vita non trovar nella vita alcuna fede, e dover
dubitare di suo padre e di sua madre.
Ma di fronte a Nicla, la contessa non aveva macchia.
Lo sciocco, il fatuo, l'immorale era egli solo, quel Duccio Massenti,
già così slombato a ventisei anni da non sentire l'indelicatezza e la
vergogna della sua condotta; melenso e maligno, trattava Clara Dolores
come una facile avventura e Nicoletta come una più facile preda.
--Non mi ha fatto alcun male, vedi?--esclamò Nicla
riprendendosi.--Voleva offendermi, e non vi è riuscito.
Il volto di Brunello si rabbuiò. D'un subito s'era ricordato che poco
lungi di là, un giorno in cui leggevano un viaggio al paese delle
pellicce, anch'egli aveva offeso Nicla, ed ella, gettatolo dalle
ginocchia con rabbia, lo aveva rimandato a casa prima del consueto.
Nicla non gli aveva detto nulla allora, ma egli aveva capito ch'era
offesa, perchè aveva voluto baciarla come le ragazze di Parigi, che si
rotolavan con lui sul divano.
E si levò repentinamente, affannato e sospettoso.
--Come?--disse.--Voleva baciarti dietro le orecchie?
--Sei pazzo?--esclamò Nicla arrossendo.--Chi ti ha detto mai questo?
Bruno respirò, e tornò a sedere, in silenzio; ma i suoi occhi andarono
più volte agli occhi di Nicla, interrogativi e solleciti.
--Io,--dichiarò infine,--sarò sempre savio. Con te sarò sempre savio.
--Va bene!--disse Nicla gravemente.--Tengo la tua promessa.
E Brunello confermò ancora, con un cenno del capo.
S'era messo a ginocchi innanzi alla sua amica e restava così a
guardarla, mentre ella pensava. Ella pensava all'inopinato avvenimento
che d'improvviso stringeva anche meglio il legame spontaneo fra lei e
il figlio di Clara Dolores.
Non era più una simpatia, non un'amicizia fresca e rara, ma una
simiglianza di casi per la quale lo stesso uomo faceva male e al
bambino e alla fanciulla. Questa involontariamente era venuta in
possesso di un segreto che toccava il piccolo Traldi e ch'ella non
avrebbe detto mai.
Nicla allungò la mano ad accarezzare Brunello, guardando lontano, tra
le luci del fondo che si smorzavano a poco a poco e si facevano
argentee.
--Se tu vuoi,--disse Bruno a un tratto,--io racconterò al papà che
quel signore ti ha offesa, ed egli lo punirà. Io sono ancora troppo
piccolo. Come si chiama: Duccio?
Nicla fece un gesto di paura.
--Tu non racconterai nulla!--ordinò.--Quel signore è già punito.
--Ma il papà....--insistette Bruno.
--Il tuo papà non è il mio. Io ho un altro papà!--rispose Nicla.
--Oh, il tuo non vale niente!--osservò Bruno sorridendo.--Egli non sa
sparare con la pistola e far la scherma come il mio. Non sa uccidere!
La fanciulla fissò Bruno con la fronte corrugata.
--Ma tu credi che bisogna uccidere per valer qualche cosa?--esclamò.
--E che dobbiamo fare d'un uomo che ti ha offesa?--disse Bruno
placido.--Io lo dico al mio papà, e il papà gli spara contro, come fa
con quelle tavole che sono in giardino e che il papà adopera pel
bersaglio. Sopra c'è dipinto un uomo grande; e il papà mi ha fatto
vedere che lo ha tutto bucato nella testa e nel cuore. Non sbaglia
mai....
--Duccio Massenti non è una tavola di legno,--rimbeccò Nicla.
--Ohi--disse Bruno alzando le spalle.
--Ed è così,--proruppe Nicla,--che tu fai il savio? Dicendomi che il
mio papà non vale niente e ostinandoti a voler far uccidere Duccio?
--Io ho visto due ufficiali degli ussari,--dichiarò Bruno,--che
giuocavano a carte col mio papà; e tutti e due avevano ucciso un uomo
in duello.
--E allora?--interrogò Nicla.
--Allora vedi che si può uccidere; perchè gli ufficiali montavano a
cavallo, pranzavano con noi, ridevano, e facevano tutto come gli
altri.
--Talchè,--seguitò Nicla--se tu fossi più grande, tu andresti a
uccidere Duccio Massenti in duello?
--Certo!--rispose Bruno.--Mi piacerebbe!
--Ma egli potrebbe uccidere te,--osservò Nicla.
--Tu credi?--fece Bruno sorridendo con lieve ironia.
--Per carità!--esclamò la fanciulla presa da un freddo.--Non dirmi
queste cose, non dirmi queste cose mai più! Che sei tu dunque? con
queste idee pel capo, mi metti paura! Io pensavo che tu fossi buono e
caro per la tua Nicla, e invece sei crudele e quasi feroce.... Bisogna
proprio che non pensi più a te, non ti dia più la mia amicizia e ti
lasci solo.
E a mano a mano che parlava, s'attendeva che il fanciullo s'accorasse,
e andava studiandone l'espressione per fermarsi a tempo e non farlo
piangere.
Ma egli s'inviperì, e rizzatosi, stese le mani al volto di Nicla,
gridò infuriato:
--E allora io lascerò che tu vada in barca con quel signore e che poi
ti dica le brutte cose? e allora ti lascerò offendere? E anche quando
sarò grande, se Duccio ti avrà offesa, io dovrò essere savio? allora
egli sarà il padrone e io sarò niente?
--Ma no, ma no, ma no!--interruppe Nicla con dolcezza.--Nessuno mi ha
offesa e nessuno mi offenderà. Ti ho detto che Duccio voleva; voleva
offendermi, e non vi è riuscito. Non ti ho detto così?
Bruno assentì con un cenno del capo.
--Vedi che dico sempre la verità!--aggiunse Nicla con un trapasso
ardito di logica.--E non occorre muovere il papà e le sue pistole e le
sue spade.
--Ma non andrai più in barca con lui?--interrogò Bruno ansioso.
--Sta tranquillo!--promise Nicla.
--Io so che veniva sempre a mangiare a casa tua....
--Non verrà più.
--Me lo giuri?
--Come?--esclamò Nicla.--Quale brutta abitudine! Non si deve abusare
del giuramento. La promessa basta.
Bruno s'acquetò; e rimettendosi a sedere, posò il capo sulle ginocchia
di Nicla.
--Dimmi la poesia!--pregò.
Sommessamente, curva su di lui, sfiorandone la chioma e la guancia con
lieve mano di sorella, in una malinconica tenerezza, Nicla intonò:
Io vo' da questa rupe erma cantare,
Te fra le braccia avendo e via lontano
Calar vedendo l'agne bianche al mare
Sicilïano.
E guardava le lunghe ciglia e la bocca fresca del fanciullo, che per
chiamar le carezze fingeva dormire, e spalancava gli occhi non appena
le carezze tardavano.
Povero piccolo uomo; povero piccolo uomo, perduto nel mondo vasto e
tremendo; debole e mal difeso e male sorretto nel cammino; ma già
pieno d'ira, d'orgoglio e di passione; già vendicativo e tirannico,
audace e geloso; lupatto tra i lupi.
Ti rapirò nel verso; e tra i sereni
Ozi de le campagne a mezzo il giorno,
Tacendo e rifulgendo in tutti i seni
Ciel, mare, intorno,
Io per te sveglierò da i colli aprichi
Le Driadi bionde sovra il piè leggero
E ammiranti a le tue forme gli antichi
Numi d'Omero.
E non poteva nulla per lui; domani forse avrebbe dovuto lasciarlo.
Egli s'era abbandonato nelle sue braccia, credendola una fata
onnipossente; ma ella stessa era debole e mal difesa e male sorretta
nel cammino pel mondo vasto; e di lei pure, scampata appena a un
agguato, il destino era impenetrabile.
Noi coglierem per te balsami arcani....
Il fanciullo sorrise al ritorno della vecchia strofe, quella che prima
gli aveva dato l'impressione della musica in un mondo di mistero.
Noi coglierem per te balsami arcani
Cui lacrimâr le trasformate vite,
E le perle che lunge a i duri umani
Nudre Anfitrite.
L'aria s'era fatta violacea.
I grossi alberi, i rami, le foglie, i fantastici archi e le cortine
che parevan chiudere in fondo, in fondo, le imaginarie gallerie
fronzute, il terreno cinereo, la radura coperta di sterpi e di
tronchi, andavano confondendo linee e profili.
Stendeva la sera un manto d'ametista, che aveva pei meandri del bosco
le infinite gradazioni del rosso, del pavoniccio, del gridellino;
s'alzava il vento con un mormorio che aleggiava di fronda in fronda.
Bruno circondò delle braccia il collo di Nicla, ed ella delle braccia
circondò i fianchi di lui; accostarono le tempie, confusero le rosee
bocche, e restarono con l'anima tesa ad ascoltare il battito del
cuore, il quale aveva un linguaggio profondo, senza parole,
nell'ombra.


VII.

La signora Carlotta osservò a Nicla ch'ella s'era comportata male.
Finito il pranzo, stavano nella grande sala prospiciente il giardino a
prendere il caffè.
Nicla guardava fuori, da quella porta sul cui limitare era comparso un
giorno Brunello Traldi. Il cavalier Maurizio centellava, dopo il
caffè, un bicchierino di liquore giallo; e la signora Carlotta si
faceva aria col ventaglio, sfogliando con la sinistra sulla tavola una
rivista di arte, di cui non comprendeva niente, nè figure, nè termini,
nè scopi.
Nicla girò la poltrona verso sua madre.
Tornata a casa tardi, ancora agitata da quell'ora di tenerezza che il
tramonto aveva chiuso, come una perla in un monile, in un cerchio
delicato di viola e di porpora, ancora i capelli e le vesti odoranti
di musco e d'umido e di molli cortecce cadenti, Nicla aveva trovato i
suoi già a tavola, e aveva sentito intorno una silenziosa
riprovazione.
--Il povero Duccio,--seguitava sua madre,--è venuto a salutarci prima
di partire. E tu non c'eri. Dov'eri?... A spasso, pel paese, con
quell'altro....
--Quale altro?--domandò Nicla.
--Il figlio del conte Traldi.
La fanciulla rise.
--Oh!--disse.--Che temibile rivale, un bambino di otto anni!
--Non si parla di rivali,--spiegò il cavaliere Maurizio, occhieggiando
in giro per veder dov'era andata a finire la bottiglia faccettata del
liquore giallo.--Si vuol dire che il tuo posto era qui.
--Il conte mi aveva già salutato al ritorno dalla gita sul
lago,--rispose Nicla, scoprendo la bottiglia sopra un minuscolo
tavolino di lacca, e alzandosi per prenderla e portarla a suo
padre.--C'era bisogno di tornar daccapo in casa?
--E anche della gita,--seguitò Maurizio, prendendo la bottiglia dalle
mani di Nicla e mescendosene un altro bicchierino,--che tua madre ha
permesso, potresti raccontarci qualche cosa.
--Mi sembra,--confermò la signora Carlotta, allungando la mano per
riprender la bottiglia e piantarla sulla tavola, sotto il naso, con
un'occhiataccia a suo marito,--mi sembra che un poco di confidenza ci
vorrebbe!
--Ah, la gita!--ripetè Nicla.
E pensò che valeva meglio dare battaglia subito, poichè battaglia
doveva essere; e con espressione scherzosa, quasi beffarda, soggiunse.
--È stato così. Il conte mi ha chiesto se mi sono accorta del
rispettoso sentimento ch'egli nutre per me. E io gli ho risposto che
me ne sono accorta.
La signora Carlotta aveva tralasciato di sfogliar la rivista, e il
cavalier Maurizio di assaporar degli occhi il secondo bicchierino.
L'uno e l'altra guardavano la figlia con attenzione non priva di
ansia.
--Egli mi ha detto poi se poteva sperare,--continuò la fanciulla,--che
tale sentimento fosse un giorno condiviso da me. E io gli ho risposto
che non sapevo. Gli ho risposto così perchè in verità non sapevo, in
quel momento. Poi, stando in barca al suo fianco e udendo i suoi
discorsi, ho saputo. E mentre stavamo per lasciarci, gli ho risposto:
mai!...
Una bomba che fosse caduta e scoppiata nel bel mezzo della sala, non
avrebbe sbigottito maggiormente e Maurizio e Carlotta.
Si trovarono in piedi ambedue contemporaneamente, guardandosi
attoniti.
--Santo cielo!--esclamò la signora.
--Tu scherzi!--gridò il cavaliere.
--Una fortuna gettata dalla finestra!--riprese la signora.
--E per questo il conte aveva l'aria malinconica!--aggiunse il
cavaliere.
--Ma è una follia imperdonabile!--affermò la signora.
--Una cattiveria determinata!--rilevò il cavaliere.
--Rispondevi con un'offesa a una parola da gentiluomo!--deplorò la
signora.
--Noi stessi ne subiremo le conseguenze!--concluse il cavaliere.
Non volendo irritarli con un'attitudine di spavalderia inopportuna, e
sapendo bene che qualunque cosa avessero detto e fatto, non sarebbero
riusciti nè a rimediare alla catastrofe nè a smuovere lei dal suo
proposito, Nicla restò con gli occhi bassi, immobile dentro la
poltrona.
Pareva, se non conscia della sua grave azione, almeno dolente pel
disinganno che bruscamente causava ai suoi; e intanto pensava ch'era
inutile accanirsi e che si poteva vincere con dolcezza.
Prima tornò a sedere Maurizio; poi Carlotta.
Seguì un silenzio, durante il quale Maurizio tracannò il secondo
bicchierino, e non sapendo più quel che si facesse, riprese di sulla
tavola e di sotto il naso di Carlotta la bottiglia faccettata, e se ne
versò un terzo.
--Ma i motivi?--interrogò severo.--Capisco un'esitazione, un dubbio,
una ritrosia. Capisco una risposta che chieda tempo. Non capisco un
rifiuto definitivo, e senza discussione. Non capisco, insomma, il mai!
Per questa parola, i motivi devono e non possono non essere che
gravissimi.
Si chinò a sorbire dall'orlo il liquore che traboccava, e ripetè:
--Gravissimi!
A Nicla tornarono in mente i tempi in cui suo padre gridava: «Il
palcoscenico no!».
--Maurizio dice giusto!--incalzò la signora Carlotta.--Per mettere
alla porla un gentiluomo, poichè lo hai messo alla porta, occorrono
ragioni di gravità eccezionale.
--I motivi ci sono, naturalmente!--ribattè Nicla.
Carlotta e Maurizio si guardarono stupefatti. Passavano di maraviglia
in maraviglia. Avevan creduto prima a uno scherzo fanciullesco, poi a
una sventataggine forse ancora rimediabile, e infine, contro ogni
verosimiglianza, si trovavano innanzi a motivi gravissimi che
frustravano le loro speranze e mandavano a rifascio un matrimonio di
prim'ordine.
--Siamo qui ad ascoltare!--disse Maurizio, vedendo che Nicla non
aggiungeva parola.
Ma la fanciulla aveva compreso di non poter aggiungere altro.
Come dire che Duccio Massenti era l'amante di Clara Dolores? Con qual
diritto svelava ella l'intimo segreto d'una donna che non era stata
per lei se non gentile? Chi l'assicurava che sua madre, facile a
chiacchierare, non avrebbe portato attorno la colpa di Clara Dolores
per farsi compiangere, come già aveva portato attorno la vocazione di
Nicla per l'arte drammatica?
--Spero avrete compreso, ad ogni modo,--ella disse,--che quei motivi
non vengono da me. Io non amo nessuno, e il mio cuore è libero.
--Sta bene,--dichiarò Maurizio.--E allora, il conte ha una colpa ai
tuoi occhi? Tu sei giovane, inesperta, impressionabile. Devi
confidarti con tua madre e con tuo padre, i quali ti diranno se
veramente quei motivi son tanto gravi, quella colpa è tanto
significativa da giustificare un rifiuto così brusco.
--Qualche amoretto?--insinuò la signora.--Qualche scappata giovanile?
--Giuoca?--riprese Maurizio.
--Beve?--incalzò Carlotta.
Nicla scosse più volte il capo.
--Ma non perdiamo tempo negli indovinelli!--esclamò Maurizio.--Se tu
hai fiducia in noi, devi dirci spontaneamente e chiaramente quale
accusa tu fai al conte.
--Ha qualche debito?--ricominciò Carlotta.
--Non crede in Dio?--riprese Maurizio.
--Vuole stabilirsi in campagna?--arrischiò Carlotta.
Nicla crollava il capo ad ogni domanda.
--Suvvia,--disse infine,--comprendo che mi è assolutamente impossibile
rispondervi. Mi è assolutamente impossibile dirvi quale accusa io
faccio al conte. E non si tratta d'una accusa, ma d'un fatto; d'un
fatto certo, che io so, e che non devo svelare.
--Incredibile!--esclamò Maurizio.--Esistono dunque fatti che possono
essere noti a te, e non devono esser noti a noi? Ci rifiuti dunque la
tua confidenza in un argomento di tanto peso e di tanta delicatezza!
--Caro papà,--rispose Nicla, ferma nel suo atteggiamento sommesso e
rispettoso,--non bisogna veder nulla di male in tutto questo. Se per
un caso disgraziato tu fossi venuto a conoscenza d'un segreto che non
riguarda la tua famiglia, ti sentiresti in diritto di svelarlo alla
mamma e a me? E tuttavia tu hai nella mamma e in me la più grande
fiducia.
--Ma si tratta appunto d'un segreto,--esclamò trionfalmente
Maurizio,--che riguarda la mia famiglia. È il tuo avvenire in giuoco!
Come? Noi vagheggiamo per te un ottimo matrimonio, noi pensiamo che tu
debba essere un giorno felice, noi viviamo nella certezza che la più
brillante delle situazioni ti è assicurata; e d'un tratto questo
edificio precipita, le nostre speranze si disperdono, il tuo avvenire
è messo in forse, perchè tu hai scoperto un segreto.... E vieni a
dirci che questo segreto non ci appartiene e non ci tocca, e non
dobbiamo saperne nulla e non dobbiamo esserne giudici?
--Tuo padre ragiona benissimo!--corroborò la signora Carlotta,
ammirando la logica di suo marito.--Ascoltalo, e non sbaglierai
più!....
--E tu ci lasci all'oscuro,--soggiunse Maurizio, riscaldato
dall'elogio,--tu ci lasci in preda a mille dubbii, i quali possono
anche essere ingiusti, anche essere offensivi, per il gentiluomo che
intendeva chiederci la tua mano? Il tuo silenzio ci dà diritto a
supporre qualunque peggior cosa di lui. Che so io?... Ch'egli sia
ladro o falsario!... Dico per assurdo. Ch'egli sia libertino e beone,
che abbia mancato alle leggi dell'onore, che un delitto macchi la sua
giovinezza.... Tutto questo noi possiamo supporre, e altro. E perchè?
Per tacere un segreto di cui sei venuta involontariamente in possesso?
Per salvare chi? quale nome?
La fanciulla sotto quella raffica s'era ancor più rannicchiata nella
sua poltrona, ma rimaneva imperturbabile e decisa.
--È giusto!--ella disse.
--Parlerai?--esclamò avidamente Carlotta.
--No. Non posso!--dichiarò Nicla.--Ma è giusto quello che dice papà.
E con la stessa franchezza con cui vi ho detto che so un fatto pel
quale non potrò mai essere la moglie di Duccio, con la stessa
franchezza vi dico ch'egli non ha mancato alle leggi dell'onore, non è
un beone, nè un libertino, nè un ladro, nè un falsario, nè un
delinquente. È un gentiluomo. Ma un gentiluomo che io non voglio per
marito; un gentiluomo di cui non so che farmi.
Maurizio respirò, gettando un'occhiata a Carlotta.
--La cosa non è irrimediabile!--egli disse.
--È irrimediabile!--dichiarò Nicla.
--Rientra nell'ordine dei peccati veniali, se peccato c'è da parte del
conte,--si ostinò Maurizio.
--È impossibile che tu giudichi ciò che non sai!--rimbeccò Nicla.
--Ne riparleremo!--soggiunse Maurizio.
--Non ne riparleremo più!--dichiarò Nicla.
--Ci ripenserai!--disse Carlotta.
--Ci ho già pensato!--rispose la fanciulla.
--Testarda!--esclamò Carlotta, perdendo la pazienza.
Ma suo marito le gettò un'altra occhiata, e la signora tacque.
--Magnifico,--ella disse, dopo un istante, mostrando un
disegno,--questo brucia-profumi! Si potrebbe comperare....
Il cavalier Maurizio si chinò sulla rivista.
--Non vedi,--rispose,--che fa parte di una collezione e costa
venticinquemila lire?
Nicla si alzò per dare la buona notte.
--Addio, mamma!--disse.--Addio, papà! A domani.
Baciò in fronte l'uno e l'altra, e si avviò.
--Del resto,--ella aggiunse d'un tratto,--voi avete torto!
--Io?--esclamò Maurizio.
--Noi?--disse Carlotta.
--Voi, voi!--ripetè Nicla.--Prima di partire da Milano, vi ho detto
che avevo pregato Duccio di non venire a importunarmi in campagna. E
voi mi avete risposto che ciò non vi riguardava. Come mai oggi fate
tanto rumore perchè me ne sono sbarazzata? Non siete logici!
--Ma tu dimentichi,--rimbeccò la signora,--che nonostante il tuo
divieto, egli è tornato; ed è tornato a esporti le sue oneste
intenzioni. Dopo aver parlato con te per sapere se la sua simpatia non
ti riusciva indifferente, avrebbe parlato con noi, per chiederci la
tua mano....
--Nulla di più commovente!--aggiunse Maurizio.--Egli è uomo che sa ciò
che vuole.
Nicla sorrise.
--Ed io,--disse,--so ciò che non voglio!
--Buona notte: col tempo, spero, ci darai ragione!--concluse Maurizio.
--Speriamo!--rispose Nicla, mitemente ironica.--Buona notte, papà!
Buona notte, mamma!
Non appena ella ebbe varcata la soglia, Maurizio e Carlotta ripresero
a discutere. Il padre era d'opinione che la cosa si sarebbe
accomodata; certo, il conte Massenti avrebbe scritto per ringraziare
dell'ospitalità ricevuta; occorreva stringere con lui la più cordiale
amicizia, dando a vedere che dei capricci di Nicla non si sapeva nulla
o non si teneva conto.
--Non si è ravveduta anche sulla questione del palcoscenico?--osservò
Maurizio.--In fondo è una cara e virtuosa figliuola. Si sa; a diciotto
anni, c'è dell'inesperienza, c'è dell'ombrosità....
--Ma tu, che cosa credi di questo grande segreto, di questo grave
fatto, che avrebbe scoperto?--domandò Carlotta.
--Io credo a un malinteso. Qualche amorazzo che Nicoletta non capisce,
a cui dà una importanza esagerata....
La signora strinse le labbra con espressione di dubbio.
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