La freccia nel fianco - 03

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le mani, lo baciò due volte.
--Ti piace, dunque?--ella disse, felice.--Più che le favole, più che
giuocare al cavallo, più che stare sui miei ginocchi a leggere i
viaggi?
--Io quando sarò grande--rispose Brunello solennemente--dirò anch'io
così.
--Sarai anche tu poeta?--domandò Nicla.
E il piccolo, seduto ai piedi del tronco, ignaro che una formica
impertinente gli correva sulla schiena, promise:
--Sì; anch'io!
--Hai dunque trovato la tua professione,--osservò Nicla ridendo.
Lo fece alzare e s'avviò con lui verso la discesa, perchè le campane
da lungi mandavano l'eco dell'avemaria.
--Come sai tu queste belle cose?--domandò Bruno.--Come hai fatto a
impararle?
--Le ho studiate nei libri e mandate a memoria. Non ti ricordi che io
volevo essere attrice?
--Ah, è vero!--esclamò Bruno ridendo.
--E ne sai molte? Perchè un'attrice deve saper dire così bene?
--Non so se dico bene--rispose Nicla.--Ma avevo tanta passione, che
certo sarei riuscita.
--E adesso--constatò fieramente Brunello--non dici che per me. Domani
mi dirai ancora. Io non sapevo che nei libri ci fossero cose tanto
belle, e la musica....
Nicla ebbe un piccolo sorriso.
La musica era ciò che Bruno aveva subito afferrato; la musica del
verso era l'elemento nuovo della sua vita, e su quelle note egli si
lasciava trasportare via, con voluttà.
Ma l'indomani, mentre la fanciulla, alla preghiera incalzante di
Bruno, aveva ripreso a cantare:
Noi coglierem per te balsami arcani,
s'interruppe d'un tratto.
Alle spalle di Bruno era comparso un signore tutto vestito di bigio.
Nicla gettò un'occhiata a lui, gettò un'occhiata a Bruno, e comprese.
--Oh, il mio papà!--disse Bruno volgendo il capo e alzandosi.
Il conte Fabiano s'avvicinò e inchinandosi lievemente, col cappello
nella destra,
--Signorina--disse--non le sia sgradito che io le esprima la mia
riconoscenza per l'affetto che dimostra al mio Brunello.
--Prego--balbettò Nicla confusa.--Egli mi tiene compagnia.
--Se non l'annoia, ne sono contento--seguitò Fabiano.
Nicla ricordò i consigli e gli ordini di suo padre, il cavaliere
Maurizio; bisognava con quell'uomo, con quel personaggio rotto a ogni
vizio, essere freddi e contegnosi. Ma come poteva ella respingere una
parola di ringraziamento, come non esser turbata vedendo colui del
quale tanto si parlava tra i borghesi timorati e guardinghi?
--Oh no, non mi annoia!--esclamò Nicla.--È molto savio!
--Vedi, papà?--disse Bruno con espressione di trionfo.
Il conte e la fanciulla sorrisero.
Ma Nicla era sbigottita.
Il padre di Bruno, alto e slanciato, oltrepassava d'un palmo la snella
figura di Nicla.
Anch'egli come il figliuolo aveva occhi neri in un volto magro e
olivastro; e quantunque non contasse che trentasette anni, già
invecchiava, stretto nella morsa delle sue male abitudini. E ciò
sbigottiva la fanciulla, abituata a veder visi tondi e rosei ed
espressioni di placido contento.
I capelli di Fabiano eran più bianchi che neri; molti fili d'argento
si mescolavano ai morbidi fili della barba corta a punta; e intorno
agli occhi era una rete sottile di rughe, che apparivan quasi
impercettibili screpolature quando i muscoli del suo mobile viso si
contraevano in un'espressione pensosa o ironica.
--Egli è cresciuto selvatico e bizzarro--disse, accarezzando la testa
di Bruno.--Lei, signorina, potrà fargli molto bene.
Detto questo, s'inchinò ancora, si coperse il capo, e proseguì la sua
passeggiata per il bosco a passo lento.
--Vuoi andare col papà?--chiese Nicla a Bruno.
Egli guardò suo padre che s'allontanava e non si mosse.
--Dimmi la poesia,--rispose.
Nicla disse la poesia; ma andava nel frattempo pensando a
quell'incontro.
Già sapevano in casa che ella aveva conosciuto il piccolo Traldi di
San Pietro; e il cavalier Maurizio e la signora Carlotta ne avevano
avuto occasione per una lunga predica.
Bisognava ormai confessare d'aver conosciuto anche il grande, il
personaggio famoso che veniva da Parigi, come un modello del genere?
O l'incontro non avrebbe avuto seguito, e a Nicla sarebbe stata
risparmiata un'altra ora noiosa di avvertimenti e di rimproveri?
In verità, fino a quel giorno, il conte s'era ben guardato dal
richiedere non chiesto l'amicizia della famiglia Dossena.
Viveva nella sua villa, con un domestico, una cuoca e una governante
vecchia. Riceveva visite di gente che veniva da Milano, uomini e
donne, che eran forse i suoi compagni di piacere. Usciva con questi a
far gite nei dintorni, e sebbene tutti in paese si occupassero di lui,
egli aveva l'aria di non occuparsi d'alcuno.
Con Nicla fu discreto, e non passò più pel bosco.
Dato uno sguardo alla fanciulla, di cui udiva raccontar maraviglie da
Bruno, e giudicatala subito, aveva lasciato il bambino a quelle mani
fidate.
--Il papà ha detto che di mamma ne basta una--raccontò Bruno
l'indomani--, ma che tu sarai mia sorella. E che tu sei come egli
aveva pensato. Aspetta. Tre cose. Ecco: timida, bella, e pura. Allora
tu sarai mia sorella. Lo ha detto il papà. E ha detto anche che il
difetto dei bambini, è che per farli ci vogliono le mamme....
Quando Bruno raccontava, con una loquacità la quale non era del suo
carattere, ma si sfrenava innanzi a Nicla pel bisogno di confidarsi,
la fanciulla lo lasciava andare fino al primo intoppo, fin quando,
cioè, non avesse riferito qualche stravaganza o non avesse esposto
qualche sua opinione zoppicante.
Udendo un così cattivo giudizio sulle mamme, Nicla lo fermò subito:
--Belle cose ti dice il papà!
--Non è vero? Il papà dice sempre belle cose!--confermò Bruno
ingenuamente.
--E la povera contessa?
--Quale contessa?--domandò Bruno.
--La tua mamma.
--Ma egli diceva così per la mamma, non hai capito?
--Ho capito, ho capito: e me ne dispiace molto.
--Egli diceva così perchè la mamma ora è in Isvizzera, ma deve venire
a trovarci uno di questi giorni; e ciò secca molto il papà. La mamma
mi vede, dice che sono magro, che sono malato, e vuole portarmi via.
Il papà non vuole e dice che sono grasso e non sono stato mai così
bene.... La mamma dice che....
--Ma tu preferisci la mamma o il papà?--interruppe Nicla di nuovo.
Bruno si mise il piccolo indice dritto attraverso le labbra.
--Non sta bene domandare queste cose!--dichiarò sottovoce.
--Io non domando per curiosità!--rimbeccò Nicla.--Voglio sapere per
giudicare come o con chi puoi star meglio.
--Finora, proprio, sto meglio con te!--disse Bruno.--Ma tu fa finta di
non saperlo, perchè la mamma vuole che io stia meglio con lei, e il
papà vuole ch'io stia meglio con lui; e se capiscono che invece sto
meglio con te, diventano molto gelosi.
--Allora non dirai nulla della nostra amicizia alla mamma?--domandò
Nicla sorpresa.
--No. Io con la mamma sono un altro.
--Come, un altro?
--Sì, un altro, più piccolo!
--Fai l'impostore, insomma!--spiegò Nicla.
--Sì, faccio l'impostore!--confermò Bruno.
--Un bambinetto ingenuo, un po' tardo, mezzo addormentato, mezzo
scemo?--incalzò Nicla, non potendo trattenere un sorriso.
--Proprio così!--dichiarò Bruno, battendo le mani.
--E perchè, povera mamma, perchè ingannarla?
--A lei piace che i bambini siano un poco scemi. E se si accorge che
io sono intelligente mi domanda che cosa facciamo, chi conosciamo,
dove andiamo, e se il papà giuoca, e se ci sono in casa le istitutrici
giovani e se spendiamo molto. Una volta, io che non sapevo, le ho
raccontato tutto....
--Che cosa le hai raccontato?
--Le ho raccontato....
Esitò un istante, per chiamare in aiuto la sua memoria e ordinarla,
poi seguitò:
--Le ho raccontato che c'era in casa, a Parigi, una governante che si
chiamava mademoiselle Praline e vestiva sempre la sera con gli abiti
scollati, coi capelli biondi e lunghi e con belle scarpette di
vernice. E cantava tutto il giorno e aveva il naso voltato in su. Poi
alla sera veniva a pranzo con gli abiti scollati. Ma il papà l'ha
mandata via perchè quando non cantava, era sempre in cucina a farsi
fare il tè e poi la bistecchina e poi ancora il tè, e mangiava tutti i
biscotti; e io l'ho vista nello specchio che intascava i cucchiai
d'argento, e l'ho detto al papà. E allora il papà l'ha mandata via,
dicendo che voleva salvare almeno i coltelli e le forchette.
--E tu hai raccontato tutto questo alla mamma?--esclamò Nicla.
--Sì, io non sapevo che non bisogna raccontare tutto.
--La colpa non è tua,--mormorò la fanciulla col cuore stretto.--E
allora?
--E allora la mamma ha raccontato tutto, anche lei, all'avvocato, e il
papà ne ebbe molti dispiaceri.
--E da quel giorno, hai fatto lo stupido per prudenza?--interrogò
Nicla, accarezzando lievemente la testa del fanciullo.--E ora andrai
di nuovo con la mamma?
--No; ora la mamma viene soltanto a vedermi. Il papà la aspetta, e per
ciò la governante è vecchia.
Nicla non trovò la forza di sorridere.


V.

Bruno mancò infatti per alcuni giorni al solito convegno sulla riva
del lago, e Nicla lo vedeva passar dal giardino insieme a una signora
giovane e sottile, vestita con semplicità costosa.
La contessa Clara Dolores aveva capelli castani, volto pallido e
piccolo in cui ardevano lunghi occhi scuri. S'indovinava in lei subito
un temperamento impressionabile, mobilissimo, fantastico, alla
rivelazione del quale la bocca dalle labbra rosse un po' tumide
aggiungeva una nota di passione.
Era scesa all'albergo Bellevue e si recava ogni giorno alla villa
Florida, di là dalla villa Dossena, a prendersi Bruno per condurlo a
spasso e poi a colazione e a pranzo.
Nicla evitava d'incontrarli, ma quella giovane dritta, magra, nervosa,
una frustata nell'aria, le aveva, appena intravista, prodotto una
sensazione di piacere e di meraviglia.
La psicologia di Bruno le si chiariva, pensando a suo padre,
volontario e ostinato schiavo di tutti gli appetiti, e a sua madre,
sul cui volto si leggevano l'estro e l'impulso.
Venuto da quei due, dai quali ereditava, sommati, gusti e inclinazioni
e rare sensibilità, che dovevano essere causa di molti dolori a coloro
che gli volevan bene, Brunello non poteva essere un fanciullo come
tutti gli altri.
Nicla s'era illusa. Sarebbe stato meglio o peggio: più suscettivo, più
intelligente, più sensuale, straordinariamente aristocratico, cioè
lontano dalla folla e dai suoi talenti; uno di quegli uomini il cui
destino sta come in cima a una fiamma, che l'aria fa tremare e volgere
a capriccio, o lancia ebbra in alto con impeto.
E staccata a un tratto dalle abitudini quotidiane per le quali aveva
fatto della propria e della vita di Bruno quasi una cosa sola,
chiedendosi perchè si fosse tanto stranamente occupata d'un ragazzo
che non le apparteneva, Nicla doveva convenire seco stessa che sarebbe
stato meglio lasciarlo a quel suo destino, a quei parenti che se lo
disputavano, a quelle diversità il cui aspetto l'aveva subito colpita.
Fu distratta in quei giorni anche dall'arrivo improvviso del conte
Duccio Massenti.
Veniva dalla Svizzera, era sceso egli pure all'albergo Bellevue, e
s'era tosto recato a far visita alla famiglia Dossena.
La signora Carlotta e il signor Maurizio lo vollero alla loro tavola
per il poco tempo che si sarebbe trattenuto; e Nicla lo accolse
ridendo, perchè egli subito l'assicurò che avrebbe presto ripreso la
via dell'esilio al quale ella lo aveva condannato.
--Esilio, esilio,--ripetè la fanciulla, arrossendo un poco innanzi a
suo padre.--Le ho detto di star lontano da questo villaggio, sapendo
che non si sarebbe divertito. E confessi, infatti, che a Lucerna....
--A Sonnenberg,--precisò Duccio.--È un poco più su di Lucerna, e vi si
arriva con la funicolare.
--A Sonnenberg si sta meglio, lo confessi!--concluse Nicla.
--C'è un solo grande albergo, e c'è più gente, ecco tutto, e tutta la
gente è in quell'albergo, e ci si conosce tutti,--rispose il
giovane.--Dall'alto, la vista del lago dei Quattro Cantoni, invece che
del nostro. Per tutto il resto, la solita vita.
E parlarono d'altro, dei forestieri che dimoravano in paese e della
contessa Clara Traldi di San Pietro.
--È una signora molto fine,--osservò Nicla.--Lei forse l'ha
conosciuta, conte?
Duccio parve esitare.
--Io?--disse.--Conosciuta dove?
--Al suo albergo; dev'essere arrivata lo stesso giorno in cui è
arrivato lei: una signora esile, coi capelli castani, elegantissima:
una vera signora, in una parola.
--Sì, mi sembra d'averla intraveduta,--rispose Duccio come distratto.
--È venuta a trovare Brunello, un suo figliuolo di sette o otto anni,
che sta qui, alla villa Florida.
--Eh sì, sì, pur troppo!--soggiunse il cavaliere Maurizio.--Oltre il
bambino, c'è il padre, uno scavezzacollo; e la villa Florida è a cinta
a cinta col nostro giardino. E Brunello è amico intimo di Nicoletta.
Non è vero, Nicoletta?
--Inseparabile!--dichiarò Nicla.
Duccio Massenti parve subitamente curioso.
--Conosce il fanciullo, signorina?--domandò.--E allora anche la
contessa, forse?
--No,--rispose Nicla.--Finora non l'ho che intravista; la vedo passare
ogni mattina col fanciullo e un gran cane di Terranova.
--Purchè tutto vada a finir bene!--osservò il cavaliere Maurizio,--e
questo non ci procuri la conoscenza di suo padre!
--Non ce la procurerà!--assicurò Nicla.--Il conte non ha alcun piacere
nè alcun bisogno di conoscerci....
--Ma sono io,--protestò Maurizio,--che non ho bisogno nè piacere di
conoscere lui!
--Allora andate perfettamente d'accordo!--constatò Nicla con un
sorriso.
E volgendosi a Duccio, seguitò:
--Quando torna all'albergo, la osservi, la contessa. Mi pare una donna
molto interessante....
--Crede?--mormorò Duccio con negligenza.
--Sarà la vittima di quel conte indemoniato,--seguitò la signora
Carlotta.--Dicono che egli ne abbia fatte e ne vada facendo di tutti i
colori.
--E che si mangi il più bel patrimonio del mondo nella più sciocca
maniera possibile!--incalzò Maurizio.
Duccio Massenti credette opportuno stringersi nelle spalle e alzare le
sopracciglia per deplorare i trascorsi del conte Fabiano.
--Come si chiama il bambino?--interrogò poi.
--Brunello!--disse Nicla.--Bruno Traldi di San Pietro.
E d'improvviso, a dispetto dei suoi savii ragionamenti, un acuto
desiderio la prese di rivedere il suo piccolo fedele amico.
Egli era in quel momento con la mamma, e faceva l'impostore.
La fanciulla sorrise, al ricordo.
E ripensando alla giovane signora dai lunghi occhi scuri nel piccolo
volto pallido, su cui spirava un'intelligenza sempre attenta, le
sembrò che il mestiere d'impostore dovesse essere di fronte a lei
singolarmente difficile.
Ma Duccio cambiò discorso, chiedendo notizie delle famiglie che
possedevano ville in paese; e non si parlò più per quel giorno del
conte e della contessa e di Bruno.
Soltanto l'indomani, a una nuova domanda di Nicla, egli annunziò
d'aver conosciuto Clara Dolores.
--Oh, due parole, stamane, durante la prima colazione!--soggiunse.
--È bella, non è vero?--disse Nicla.
--È strana!--rispose Duccio.--Bella, veramente, non direi. Io ho della
bellezza un altro concetto.
E i suoi occhi squadrarono la fanciulla da capo a piedi, con
involontaria audacia. Ma subito ridivennero calmi.
Rammentava ciò che Nicla gli aveva detto: occorreva ch'egli sapesse
farsi tollerare; e diligentemente studiava di non importunarla e di
rispettarne la libertà ch'ella godeva in campagna. Non mancava mai di
portar fiori e dolci a lei e a sua madre, ma si guardava
dall'accompagnarla nelle sue passeggiate e dallo starle troppo
accosto.
Dopo colazione s'intratteneva col cavalier Maurizio a parlar di
terreni, d'industrie e di politica, o giuocava a carte con la signora
Carlotta pazientemente.
Nicla aveva finito per guardarlo con occhio benevolo, quantunque fosse
ancora lontana dal partecipare all'ammirazione che per il giovane
avevano e dichiaravano il padre e la madre di lei.
--Sì, è un buon ragazzo! ~ ella diceva, come estrema concessione.
--Compìto, attento, gentile, generoso, intelligente,--seguitava sua
madre,--serio, avveduto, probo....
E la fanciulla prendeva il suo grande cappello carico di papaveri e
usciva a cantare per il bosco.
Ma un giorno, tornando dalla solita passeggiata, le toccò una grande
emozione. Vide venire a lei correndo il piccolo Bruno, seguìto da un
grosso cane di Terranova, e poco lungi, ferma sulla strada, la
contessa.
--Vieni!--disse Bruno, gettandole le braccia al collo.--La mamma vuole
conoscerti....
E Brunello e il cane ritornarono ancora correndo verso la signora che
attendeva.
Nicla affrettò il passo, mentre Clara Dolores le andava incontro.
Dappresso il suo volto era anche più gentile; intorno agli occhi aveva
certe venette appena percettibili, delicatamente azzurre, le quali
svelavano la straordinaria finezza della sua carnagione.
--Signorina,--disse, schiudendo le labbra a un piccolo sorriso,--Bruno
mi ha raccontato che lei gli vuol tanto bene e gli dedica tanto del
suo tempo. Io parto questa sera, e desidero ringraziarla con tutta
l'anima per la sua bontà.
--Ma contessa,--mormorò Nicla, il cui volto s'era fatto di porpora, e
la sua voce tremava,--è impossibile non voler bene a Brunello. Egli è
venuto un giorno a cercarmi, come....
Rivide nella memoria Brunello balzarle innanzi e domandarle aiuto,
appoggiandosi alla sua canna alta e flessibile; e trovò la
similitudine:
--....come un piccolo Amore!--disse
Poi aggiunse, premurosa:
--Noi abitiamo poco più innanzi. Vuole concedermi di presentarla alla
mia mamma?
La contessa si schermì con un lieve cenno del capo.
--Grazie, signorina,--rispose.--Ma per partire oggi stesso, devo
rientrare subito all'albergo e aiutare la cameriera a fare le valigie.
Tornerò; e al mio ritorno sarò lieta di conoscere la sua famiglia.
--Sì, torni presto!--disse Nicla.
--Arrivederci,--seguitò Clara Dolores,--Il pensiero che Bruno ha
un'amica, una sorella, mi conforterà molto....
--Oh, una sorella!--esclamò Nicla.--Come potrei essere sua figlia?
La contessa, tenendo la mano nella mano di Nicla, la trasse a sè e la
baciò leggermente sulle guance.
--Arrivederci!--ripetè poi.
--Arrivederci, contessa! Buon viaggio!... Non tardi troppo!
--Addio, Nicla! A domani!--gridò Bruno alla fanciulla, riprendendo la
mano di sua madre.
Ma allontanandosi, le due giovani si volsero più volte e si sorrisero.
Ciascuna portava in cuore un'imagine dell'altra, dolce e grata.
Nicla era anche intenerita per la bellezza fragile e l'amabilità
signorile della contessa; e pensò che quel conte Fabiano doveva essere
veramente un famoso briccone per mancar di fede a una donna che
chiunque avrebbe potuto invidiargli.
--Bruno non ha saputo tacere!--ella si disse.--Mi vuole troppo bene, e
l'amore gli deve essere scappato fuori dagli occhi.
L'indomani il conte Duccio Massenti chiese alla signora Carlotta il
permesso di fare con Nicla una gita sul lago. Egli aveva pronta la
lancia dell'albergo con due rematori. Sarebbe ripartito la sera
medesima per la Svizzera, e prima di allontanarsi desiderava rubar
finalmente un'ora alla selvatica abitatrice dei boschi.
Dicendo questo, un poco alla signora Carlotta, un poco al cavalier
Maurizio, un poco a Nicla, egli sorrideva con qualche timidezza.
La signora aveva già notato, presso la riva, la lancia con due
barcaiuoli in assisa bianca e fascia azzurra.
--Non allontanatevi troppo!--raccomandò con familiarità insolita.--Il
tempo è incerto!
--Gironzeremo al largo, sotto i suoi occhi--promise
Duccio.--Signorina, mi dice di sì?
--Ecco!--rispose Nicla.--Vado a mettermi il cappello.
Era vinta dall'attitudine sommessa del conte, che cominciava ad
ispirarle qualche simpatia e che sapeva pregare molto per le più
piccole cose.
Ma quando fu nella lancia, seduta sugli stessi cuscini a fianco di
lui, capì d'un tratto che probabilmente il colloquio sarebbe stato
decisivo per la sua vita, e si fece diffidente, mentre il cuore le
batteva forte nel petto.
--Ho saputo dunque farmi tollerare?--chiese Duccio, non appena la
lancia prese il largo sotto la spinta vigorosa delle quattro braccia.
--Mi dia la barra del timone,--pregò Nicla senza rispondere.--Voglio
guidare io, perchè i suoi barcaiuoli non ci portino troppo lontano.
E prendendo la barra con la destra, levò il capo a sorridere.
A una finestra della villa s'era affacciata sua madre, la quale
osservava i due giovani belli che partivano nella lancia tutta candida
come per un felice viaggio. Ma Duccio trovò in Nicla una resistenza
sorda e ostile.
Ella fingeva di non comprendere le allusioni, e spesso rispondeva fuor
di tono; più spesso interrompeva con un'osservazione frivola,
guardando in alto le nuvole rosee o perdendosi a seguir con l'orecchio
il tuffo dei remi.
Fece notare a Duccio la smorfia del primo barcaiuolo che ad ogni
puntata torceva la bocca, e dichiarò che la bandiera a poppa, gialla a
scacchi azzurri, era di pessimo gusto. Domandò s'egli sarebbe tornato
ancora a Sonnenberg, se vi sarebbe rimasto a lungo, e chi vi avrebbe
trovato; scherzò volubilmente, rise quando s'accorse che Duccio stava
per parlare con gravità, fu capricciosa e a bella posta distratta.
Infine Duccio, vedendo ch'ella volgeva il timone pel ritorno, diede il
crollo:
--Signorina,--disse.--Io ho bisogno di sapere che cosa ella pensa di
me.
Nicla lo guardò e rise.
--Io? Nulla!--rispose tosto.
Il conte non potè trattenere un gesto d'impazienza.
Pure, aggiunse con imperturbabile cortesia:
--Mi sono spiegato male. Comprendo benissimo che io non valgo la spesa
di molte riflessioni. Ma devo pure confessarle che, non da ieri, nè da
oggi, ma da quando ho avuto la fortuna di conoscerla a un ballo, io ho
sempre pensato a lei, come alla sola fanciulla che potesse rendermi
felice....
--Ci sono!--pensò Nicla con dispetto.--Ora tocca a me rispondere. E
che cosa rispondo?
Non rispose nulla, e stette ad ascoltare.
--Chiedendole che cosa ella pensa di me,--seguitò Duccio,--intendevo
chiederle semplicemente se la mia assiduità non le dispiace, se
riconosce la nobiltà del mio sentimento....
--Che cosa rispondo? che cosa rispondo?--si domandò Nicla irritata,
volgendo a furia la barra e mandando la lancia a sghimbescio.
--Attenta! Lei ci ribalta in acqua!--osservò Duccio con un sorriso,
credendo la fanciulla commossa e turbata.
Ella si decise a una parola indiretta:
--Sì, mi sono accorta,--disse a mezza voce, guardando i remi che
uscivan dall'acqua.
--Si è accorta?... si è accorta che io l'amo?--interrogò Duccio
ansioso.
--Mi sono accorta che lei pensa a me,--corresse Nicla.
--Dica pure che io l'amo, che l'amo ardentemente!--incalzò Duccio.
--Auf! Adesso piglia fuoco!--riflettè Nicla.--Ho fatto male a
rispondergli.
E per ringraziarlo in qualche modo, volse il capo e gli sorrise un
attimo.
--Posso sperare, Nicoletta?--seguitò il conte.--Posso sperare che il
mio sentimento sia accolto, e che un giorno, più tardi, anche assai
tardi, sia da lei condiviso?... Essere amato da lei! Quale sogno!...
La mia vita non avrà, non potrà avere altro scopo se non quello di
render felice la sua.... Tutte queste grandi speranze aspettano
d'essere confortate da una parola, Nicoletta.... Confortate.... o
distrutte!
A mano a mano che il giovane parlava, l'anima di Nicla andava
chiudendosi.
Nicoletta!... Già la chiamava Nicoletta! E un giorno, anche avrebbe
allungato la mano ad accarezzarla, le labbra a baciarla, le braccia ad
avvincerla intorno al busto....
Lo guardò di traverso, vide ne' suoi occhi una fiamma, sulle sue
labbra un tremito.
E tutto ciò che doveva accenderla, che l'avrebbe forse accesa per un
altro, in quell'istante l'agghiacciò.
--Mi dica, mi dica,--insisteva Duccio, dimentico che i barcaiuoli
potevano comprendere non le parole, ma il gesto,--mi lasci sperare!...
Sarà accolto il mio amore? Sarà forse un giorno condiviso da lei?...
E, fattosi più vicino, stendeva il braccio destro sullo schienale,
quasi a cingerla idealmente.
--Badi!--ammonì la fanciulla, indicando con gli occhi i due uomini.
--Non ci ascoltano!--rispose Duccio.
I rematori allentavano sciando; l'imbarcazione s'avvicinava alla
proda, e il barcaiuolo di poppa tirò i remi nella lancia.
--Oh, chi si vede, chi si vede!--esclamò giocondamente Nicla, volgendo
lo sguardo alla riva.
--Ebbene?--supplicò ancora Duccio, senza staccar gli occhi dal viso di
lei.--Posso sperare?
La fanciulla era ormai veramente distratta da ciò che vedeva sulla
sponda; ma diede uno sguardo al giovane e rispose, per finirla:
--Non so!
Poi aggiunse:
--Non creda che io voglia giuocar d'astuzia e farle desiderare una
parola. Sarebbe indegno. Oggi non posso dirle, con onestà e con
lealtà, che questo: non so!
La barca scorrendo sulla sabbia toccava proda.
--Nicla, Nicla, Nicla!--risonò la voce esultante di
Brunello.--Prendimi con te! Fammi fare un giro!...
Egli stendeva le braccia, caracollando lungo la riva, come un piccolo
puledro ritornato in libertà.
--Le dispiace che lo faccia salire con noi?--chiese Nicla al conte.
Duccio si scosse, quasi uscendo da un velo di malinconia, e si guardò
intorno.
--Il bambino?--disse.--Come vuole!
E diede ordine a uno dei rematori di prendere il fanciullo dalla
spiaggia.
Bruno, balzato nella barca, si slanciò al collo di Nicla.
E la baciò, l'accarezzò con tanto fervore, con tanto improvviso
brivido, ch'ella lo fissò un poco sorpresa.
--Ma da dove vieni?--chiese, mentre i barcaiuoli vogavano a
sciaroga.--Che è questo furore? Non ci siamo visti ieri?
I suoi occhi sorpresero lo sguardo fosco e dubbioso del fanciullo, che
scrutava il mesto volto allungato di Duccio.
E capì. Era geloso.
Ella disse:
--Facciamo le presentazioni. Il conte Bruno Traldi di San Pietro. Il
conte Duccio Massenti....
--Ah è questo, l'inseparabile?--chiese con indifferenza il giovane,
squadrando Bruno senza muoversi.
--È lui!--affermò Nicla.--L'indispensabile
E rivolta al fanciullo, seguitò:
--Vuoi sederti qui, tra il conte Duccio e me? C'è un bel posto....
--No, no!--rispose Bruno prontamente, come avessero minacciato di
gettarlo in acqua.
--Allora a cuccia?--domandò Nicla. Egli sorrise e s'accovacciò ai
piedi dell'amica.
E sentendo che il conte non aveva più voglia d'aprir bocca, e che il
piccolo e il grande si odiavano di tutto cuore, ella riprese:
--La tua mamma è partita?
--Sì: iersera!--affermò Bruno alzando gli occhi in faccia a Nicla.
E questa, per togliere l'ombra che andava addensandosi tra Duccio e
Bruno, seguitò:
--Sai che anche il conte Duccio conosce la tua mamma?
--La conosce?--ripetè Bruno senza voltare il capo dalla parte
dell'altro.--E gli piace?
Nicla diresse l'occhio inavvertitamente al viso di Duccio e fu stupita
di cogliergli sulle labbra un sottile ambiguo sorriso, ch'egli
s'affrettò a dissimulare.
--Domandaglielo!--rispose, malamente impressionata.
--Le piace la mia mamma?--interrogò Bruno, guardando fisso innanzi a
sè.
Nicla dovette stupirsi di nuovo.
Ecco Bruno che dava del lei, freddo e contegnoso, a quel signore che
gli piaceva poco!
--Sì,--rispose Duccio.--È una bella e gentile signora.
--Molto bella, molto cara, la tua mamma!--rincalzò Nicla pensando al
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