Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4 - 15

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Non minori erano i disordini, che cagionava nel Regno di Puglia Corrado
di Marlei creato dal morto Imperadore Conte di Sora, il quale infestava
non solamente Terra di Lavoro, e gli altri circostanti luoghi, ma anche
lo Stato del Pontefice. Di sì miserabile stato d'ambi i Reami a pietà
mosso Innocenzio, determinò navigar in Sicilia, come in fatti nel
dì 30 del mese di maggio del nuovo anno 1208 arrivò egli in Palermo
con molti Cardinali, Arcivescovi ed altri Prelati, e ritrovando già
cresciuto, e d'età di 13 anni il Re Federico, il persuase ad accasarsi;
e propostagli per isposa Costanza sorella di Pietro Re d'Aragona, nè
Federico ripugnando, cominciò a trattar egli con Sancia madre della
sposa il parentado: indi partissi da Palermo, ed a' 23 di giugno venne
in S. Germano[222].
Quivi giunto, ragunò un'Assemblea di Baroni, giustizieri e Governadori
delle città e castella: statuì con loro, che ciascuno badasse a
soccorrere il Re Federico, inviando per tal effetto in Sicilia a loro
spese 200 cavalli, i quali dovessero dimorar colà per un anno intero.
Creò altresì maestri Giustizieri e Capitani nel nostro Regno Pietro
Conte di Celano, e Riccardo dell'Aquila Conte di Fondi, commettendo al
Conte di Celano la Puglia e Terra di Lavoro, ed al Conte di Fondi la
città di Napoli, e l'altre parti di esso. Diede in oltre assetto agli
affari della Giustizia, che per le continue guerre, e per la baldanza
de' Tedeschi poco era conosciuta, con dar altri provvedimenti per lo
suo buon governo, come raccontano Riccardo da S. Germano, e la Cronaca
di Fois. Comandò, che tutti dovessero osservar fra di loro pace, e se
alcuno sarà offeso, che ricorresse a' soprannominati Conti ad esporre
le loro querele: impose gravi pene, e dichiarò che fosse tenuto per
pubblico inimico colui, che avesse ardire di opporsi a quel che avea
ordinato, e di turbar la quiete del Regno[223].
E terminata l'Assemblea, non contento di quanto in essa avea stabilito,
scrisse parimente sopra di ciò a tutti i Conti, Baroni e Popoli di esso
Reame, che non eran venuti al parlamento, esortandogli ad osservar
quel che avea statuito, ed ubbidire a tutto quel, che loro avrebbe
in suo nome imposto Gregorio Crescenzio romano Cardinal di S. Teodoro
suo Legato in campagna di Roma, e Riccardo suo consobrino (al quale in
guiderdone d'aver disfatto, e preso Corrado di Marlei, avea investito
in quest'istesso anno 1208 del Contado di Sora, avendolo tolto a
Corrado[224]) li quali sarebbero passati in Puglia per non potervi
esso passare, stante il gran calore della stagione, come il tutto
potrà vedersi nella sua lettera, che va tra l'altre epistole di questo
Pontefice[225].
Ed avendo a questo modo ordinato il Governo di questo Reame, salì
a Monte Cassino, e visitando quel sacro luogo, gli confermò tutti
i privilegi concessigli da' Pontefici suoi predecessori, e glie ne
concesse altri di nuovo. Ma mentre ancora quivi si tratteneva, ecco che
gli viene avviso, come Filippo Re di Germania e zio del Re Federico da'
suoi era stato ucciso; onde per soccorrere più da vicino a' bisogni
dell'Imperio d'Occidente, per la via di Sora ed Atino partendo di
Terra di Lavoro, con tutti i Cardinali ch'eran seco venuti, ritornò in
Campagna di Roma[226].
Dopo la morte d'Errico Imperadore, ancorchè l'Imperio s'appartenesse
al suo figliuolo Federico, tanto più che l'istesso Errico in vita avea
proccurato, che quasi tutti li Principi della Germania lo eleggessero
in Re e gli giurassero fedeltà, come dice l'Abate Uspergense[227],
nulladimanco, morto Errico sursero due fazioni infra di lor contrarie
per l'elezione del successore e la maggior parte degli Elettori
elessero Filippo Duca di Svevia fratello del morto Imperadore, e dalla
sua fazione fu coronato Re di Germania in Magonza nell'anno 1197: altri
d'inferior numero elessero Ottone Duca di Sassonia e lo coronarono in
Aquisgrana. Ma con tutto che Innocenzio III favoreggiasse il partito
d'Ottone ed avesse confermata la sua elezione[228], nulladimanco
prevalse il partito di Filippo, il quale per dieci anni tenne
l'Imperio, ed al quale finalmente cedè l'istesso Ottone, con cui dopo
una crudel guerra venne a concordia, e nel 1207 Filippo diede Beatrice
sua figliuola per moglie ad Ottone, con patto che morto Filippo,
al Regno di Germania egli vi succedesse. Tenendo adunque l'Imperio
Filippo, in quest'anno 1208 fu ucciso a tradimento entro il proprio
palagio nella città di Bamberga da Ottone Conte Palatino suo fiero
inimico: onde Ottone Duca di Sassonia aspirò di nuovo all'Imperio,
nel che ebbe anche questa seconda volta il favore d'Innocenzio, che
nell'anno seguente, calato egli in Italia lo incoronò in Roma, ed
Ottone IV fu nomato.
Ma dopo la partenza del Papa da Terra di Lavoro, nacquero in questa
provincia nuovi disordini, poichè Riccardo dell'Aquila Conte di Fondi
unitosi col Conte Diopoldo s'insignorì della città di Capua, chiamatovi
dagli stessi Capuani, togliendola al Conte Pietro di Celano[229] sotto
il cui governo si trovava, perciocchè suo figliuolo Riccardo, che vi
era Arcivescovo, era fieramente odiato da que' cittadini.
Aveva intanto il Pontefice Innocenzio chiuso già il parentado tra il
Re Federico e Costanza vedova di Alberico Re d'Ungheria figliuola
d'Alfonso II Re di Aragona e di Sancia sua moglie. Narra il Zurita
avveduto ed incorrotto Istorico negli Annali d'Aragona che la
Reina Sancia, dopo la morte del Re suo marito, inviò in Roma un suo
Secretario detto Colombo, offerendo ad Innocenzio, se tal matrimonio si
conchiudesse, d'inviar 200 cavalli a sue spese in Sicilia in soccorso
del genero; ovvero se così fosse paruto convenevole, di condurgliela
ella stessa con 400 cavalli, purchè fosse assicurata che le sarebbero
rifatte le spese, che farebbe guerreggiando in quel Regno, in caso che
il parentado fosse impedito da' Siciliani, che tenevano in lor podere
la persona del Re; chiedendo in oltre, che se Federico fosse morto
prima di effettuare il matrimonio con Costanza, dovesse investire
de' suoi Reami D. Ferdinando fratello di Costanza, che il padre
avea dedicato alli sacri Ordini[230]. Innocenzio dopo tal imbasciata
inviò suoi Ambasciadori in Aragona, e questi insieme con quelli, che
parimente inviò Federico, dopo vari trattati conchiusero il parentado.
Ma prima, che Costanza partisse da Aragona, morì la Regina Sancia;
ed ella fu poi in Sicilia nel mese di febbraio del nuovo anno 1209
da D. Alfonso Conte di Provenza suo fratello su le galee de' Catalani
accompagnata da grosso numero di Cavalieri spagnuoli e provenzali; ma
queste nozze mentre con pompose feste si celebravano in Palermo, furono
sturbate per la morte di D. Alfonso e di molti di que' Cavalieri,
che seco avea portati; poichè attaccatosi per le malvagità dell'aria
un contagioso male in Palermo, avea menati molti al sepolcro; tanto
che costrinse il giovanetto Re, che non avea più che 14 anni, tra le
allegrezze dello sponsalizio, e tra le lagrime del morto cognato ad
uscir da Palermo, ed andar girando per molte città di quell'Isola.
Or mentre il contagioso male costringeva il Re Federico a far dimora
fuori di Palermo, il Conte Pietro di Celano per opra dell'Arcivescovo
suo figliuolo riebbe Capua; e nell'istesso tempo Ottone Re di Germania
per la morte di Filippo suo socero, anelando all'Imperio d'Occidente
venne in Italia con poderoso esercito, e giunto in Roma, ricevuto dal
Pontefice Innocenzio gli fu nella chiesa di S. Pietro a' 7 settembre di
quest'anno data la Corona imperiale; e narra Riccardo da S. Germano,
che il coronò _praestito juramento de conservando Regalibus S. Petri,
et de non offendendo Regem Siciliae Fridericum_. Ma dimorando in Roma
Ottone col suo esercito, avvenne, che s'attaccò grave briga fra' suoi
soldati ed i Romani, i quali, prese da per tutto le armi, uccisero gran
quantità di Tedeschi: sdegnato di ciò Ottone partissi da Roma, e ne
andò nella Marca ove per alcun tempo dimorò, danneggiando e prendendo
a forza, non ostante il giuramento fatto, le terre e le città della
Chiesa.
Intanto l'Abate Roffredo, avendo per molti anni governata la Badia di
Monte Cassino, passò di questa vita l'ultimo giorno di maggio in S.
Germano[231]; dopo la cui morte il Conte Diopoldo e Pietro Conte di
Celano rappacificatisi insieme ed uno fatto Signor di Capua, e l'altro
di Salerno ambedue persuasero Ottone, ch'era in Toscana, che venisse
ad occupare il Reame con dargli in suo potere Diopoldo Salerno ed il
Conte di Celano Capua, sicchè l'Imperadore, non ostante il giuramento
fatto al Pontefice di non travagliar Federico, accettata lietamente
l'impresa ed assembrato il suo esercito entrò per la via di Rieti e di
Marsi in Appruzzi, donde passato in Terra di Lavoro, Pietro Abate di
Monte Cassino, ch'era succeduto al morto Roffredo, temendo delle terre
della sua Badia, contro il voler de' suoi Padri, gli inviò per suoi
messi a chieder pace, e poco stante egli medesimo andò riverentemente
ad incontrarlo, ponendosi in suo potere; per la qual cosa non furono
i suoi luoghi, nè i beni del monastero in menoma parte da' Tedeschi
danneggiati.
Giunto poscia a Capua creò Duca di Spoleto il Conte Diopoldo[232], il
quale oltre all'avergli dato Salerno, s'era congiunto seco con tutti
i suoi partigiani. Andarono indi amendue ad assediare Aquino, ma ne
furono con lor notabil danno ributtati da Tommaso, Pandolfo e Ruberto
Signori di quella Piazza. Napoli in onta degli Aversani si rese ad
Ottone; il quale ad istanza de' Napoletani andò a porre l'assedio
ad Aversa; ma gli Aversani con pagargli molta moneta, e raccorlo
amichevolmente entro la lor città, sottoponendosi al suo dominio, non
riceverono altro danno[233]. Passò poscia Ottone in Puglia, ove tra
per lo timore e per la forza, buona parte ne occupò, e lo stesso fece
nella Calabria, ponendo a sacco ed a ruina i luoghi, che gli facean
resistenza.
Il Pontefice Innocenzio vedendo in cotal guisa perdute le più belle
province di questo Reame, tentò prima con ogni suo potere di distorre
Ottone dall'impresa: inviò per tanto ben cinque volte l'Abate
Uspergense, com'e' narra, da Roma a Capua, a trattar con l'Imperadore
tal concordia, ma invano; poichè Ottone, reputando che tutte queste
province, siccome tutto il resto d'Italia s'appartenessero all'Imperio,
non solo a patto alcuno non volle lasciar ciò che avea conquistato
contro il Re di Sicilia, ma tentò di occupare tutto il rimanente
d'Italia.
I Pontefici romani aveano già in questi tempi preso il costume, non
pur di scomunicare gl'Imperadori, ma deporgli anche dall'Imperio, con
assolvere i vassalli dal giuramento, e di vantaggio di deporgli non
pur per cagion d'eresia, ma anche per cagioni meramente temporali,
se essi tentassero d'occupare i beni della Chiesa, o di qualche
altro Principe lor amico e federato. In fatti Innocenzio in questa
occasione, conosciuta l'ostinazione d'Ottone di non voler lasciare
ciò ch'avea occupato nella Marca delle terre della Chiesa, e ciò che
avea conquistato contro il Re Federico lo scomunicò, e lo dichiarò
nemico di S. Chiesa. Interdisse ancora la Chiesa di Capua, perchè
que' ministri aveano avuto ardimento di celebrare i divini Uffici
in sua presenza[234], e scomunicò ancora tutti i di lui fautori: e
convocato un Concilio in Roma il privò dell'Imperio; ma perchè questi
fulmini invano si lanciano, se non vengono accompagnati e sostenuti
dai Principi Elettori, scrisse perciò Innocenzio in questo medesimo
anno 1210 sue lettere a' Principi tedeschi, nelle quali esagerando i
danni fatti da Ottone alla Chiesa contro il tenor dell'accordo e del
giuramento da lui fatto, quando l'incoronò in Roma, gli esortava per
ciò, ch'essendo egli spergiuro e scomunicato, e caduto dall'Imperio,
ne creassero un altro in suo luogo. Il perchè mossi molti di loro a
prendergli l'armi contro, si cagionò guerra e rivoltura in Alemagna,
della qual cosa avuta contezza Ottone, prestamente di Puglia partitosi,
ritornò in Germania; ma non fu perciò bastevole a frastornare
l'elezione; poichè gli Arcivescovi di Magonza e di Treveri, il Re di
Boemia, Ermanno Conte di Turingia, i Duchi di Austria, di Sassonia e
di Raviera ed altri molti Signori tedeschi, i quali oltre all'esser
suoi scoverti nemici, si ricordavano dell'elezione fatta di Federico
in Re de' Romani, mentr'era ancor fanciullo in vita del padre e
del giuramento datogli, crearono Imperadore il Re Federico, che in
quest'anno non era più che di quindici anni.


CAPITOLO III.
_Il Re FEDERICO vien eletto Imperadore da' Principi della Germania.
Va in Alemagna, ed in Aquisgrana è coronato: ed INNOCENZIO intima un
general Concilio in Laterano._

Fatta da' Principi della Germania l'elezione di Federico, prestamente
inviarono due Legati, Anselmo ed Errico, a significargli cotal fatto
e per condurlo in Alemagna; i quali arrivati in campagna sino a
Verona, si rimase colà Errico per fare favorevoli al novello Cesare
i Longobardi, e particolarmente i Veronesi[235]; ed Anselmo venne in
Roma ove di consentimento del Pontefice fece opera, che da' Romani
fosse ancor dato l'Imperio a Federico: indi passato in Sicilia, con
difficoltà ottenne, che Federico passasse in Alemagna; perciocchè
Costanza gelosa della salute del marito, con molti altri Baroni di
Sicilia, temendo non fosse colà da' suoi nemici fatto fraudolentemente
morire, con ogni lor potere glielo dissuaderono. Ma finalmente
dispregiato ogni pericolo ed incoraggiato dai particolari messi
d'Innocenzio, lasciata Costanza in Sicilia con un figliuolo, che di
lei generato avea, in memoria del padre, nomato Errico, imbarcato
su i vascelli de' Gaetani con felice viaggio arrivò a Gaeta; poscia
di nuovo messosi in mare, in aprile di questo nuovo anno 1211
pervenne a Roma[236], ove dal Pontefice, dal Senato, e dal Popolo
romano lietamente accolto, passò similmente per mare in Genova; e
caramente ricevuto da' Genovesi, fu da loro, per tema che i Milanesi
gran partigiani di Ottone non l'assalissero tra via, e cercassero
d'impedirgli il cammino, accompagnato insino a Padua, e nella stessa
guisa fu poi da' Paduani e Cremonesi insieme uniti, non per la diritta
via, ma per la Valle di Trento e per luoghi asprissimi delle Alpi,
temendo l'insidie di Ottone, per lo paese de' Grisoni condotto, e con
ogni onor raccolto dal Vescovo e dall'Abate di S. Gallo, pervenne con
essi a Costanza.
Ma Ottone, che intanto avea con asprissima guerra travagliato i
partigiani di lui, intesa la sua venuta, prestamente di Turingia, ove
dimorava, partitosi, venne ad Uberlingh presso Costanza per uccidere o
far prigione Federico prima che prendesse maggior potere in Alemagna,
ma abbandonato da molti de' suoi seguaci che al suo nemico passarono,
non potè porre in effetto il suo intendimento. E Federico mentr'era
in Costanza ebbe tosto in suo aiuto grosso numero de' suoi Svevi,
oltre a molti altri Baroni tedeschi dai quali per la memoria del
padre e dell'avolo era grandemente amato. Il perchè Ottone vedutosi
ciascun giorno mancar di forze, il nuovo anno di Cristo 1212 ne andò
a Brisac città di stima posta in riva del Reno, ed ivi tentò con ogni
industria di accrescere il suo esercito; ma perchè da' suoi soldati
erano gravemente afflitti i cittadini di quella città, coloro per
torsi dattorno cotal noia, concordemente e con furia il cacciarono
via dalla città, uccidendogli e ponendogli in rotta tutto l'esercito;
onde gli convenne, per non avere altra strada al suo scampo, con poca
compagnia ricovrarsi colla fuga in Sassonia. Sparsasi questa fama
tra' Tedeschi, tosto ciascun concorse a favorir Federico; il quale,
discendendo per le rive del Reno, fu amichevolmente da tutti raccolto
nell'Annonia; ma alcuni di que' Popoli, come fedelissimi ad Ottone,
chiuse le porte, cominciarono a contrastargli il passo; pure costretti
fra pochi giorni a cedere, passò ad Aquisgrana, ove concorsa la maggior
parte de' Principi di Alemagna, che contro il creder di Federico
passarono lietamente dalla sua parte, fu coronato Imperadore per mano
degli Arcivescovi di Magonza e di Treveri[237] l'anno di Cristo 1213,
il ventesimo della sua età secondo l'Abate Uspergense, il Baronio e 'l
Bzovio, ma secondo Inveges il decimottavo.
Così il deposto Ottone vedendosi abbandonato dai Signori dell'Imperio,
rivolse l'armi contro Filippo Re di Francia, dal quale vinto e
messo in fuga, il vittorioso Franzese, per più abbatterlo fece
tregua coll'Imperador Federico[238], il quale non volendo perdere sì
propizia occasione, con ogni prestezza assaltò le città imperiali,
che favorivano ad Ottone ed in maniera le travagliò, _ut Urbes ad
deditionem_, _et Othonem ad veniam petendam impulerit_, come dice
Gordonio.
Il Pontefice Innocenzio vedendo depresso Ottone, e l'Italia e gli Stati
de' Cristiani già pacificati e che le cose dell'Imperio d'Occidente
pigliavan buona piega ed andavan a seconda del suo impiego, avendo
ancora in questi medesimi tempi ricevuta la lieta novella della
famosa vittoria ottenuta ne' campi di Toledo sopra il Re di Marocco e
suoi Mori dal Re di Castiglia, da D. Pietro II Re d'Aragona fratello
dell'Imperadrice Costanza e da Sancio Re di Navarra, rivolse l'animo a
più gloriose imprese: e veggendo che non solo in Ispagna, ma che anche
in Terra Santa i Turchi aspramente molestavano i Cristiani, prendendo
ogni giorno colà possanza, rivolse l'animo alla ricuperazione di
Terra Santa; onde con sue lettere invitò tutti i Principi cristiani
che deponendo le loro particolari discordie prendessero la Croce,
incorandogli alla guerra sacra, ed inviò due Cardinali Legati, che
adunassero le genti per passare in Soria. Scrisse parimente al Saladino
Soldan di Babilonia e di Damasco, che restituisse Gerusalemme a'
Cristiani, con liberar tutti que' che avea prigioni in suo potere
offerendogli all'incontro, che sarebbero anche liberati da' nostri i
Turchi, ch'erano in nostro potere; ma ciò non servì per nulla, poichè
quel Principe si curò poco de' messi e delle lettere del Pontefice.
Intimò ancora Innocenzio un general Concilio da tenersi in Roma in
S. Giovanni Laterano nell'anno seguente 1215, siccome in effetto nel
primo di novembre di quest'anno si cominciò a celebrare, nel quale
v'intervennero 70 Arcivescovi, 412 Vescovi e 800 Abati e Priori. Vi
accorsero ancora gli Ambasciadori di tutti i Principi cristiani, ed in
nome di Federico fuvvi Berardo Arcivescovo di Palermo[239]. I Milanesi,
ch'eran ostinati partigiani d'Ottone, non tralasciarono ancora mandarvi
un lor cittadino per difendere in quest'Assemblea le ragioni d'Ottone:
furono dibattuti in questa radunanza molti punti, ed esaminati con
molta contenzion d'animo.
Il principale fu l'espedizione di Terra Santa, e del modo da tenersi
per ricuperar Soria, ch'era ricaduta in mano d'Infedeli, e di comporre
perciò le discordie tra' Principi cristiani, nel che concorsero tutti
gli Ambasciadori de' Principi a prometter in nome de' loro Signori ogni
aiuto.
Fu ancora molto dibattuto sopra la deposizione di Ottone, ed
incoronazione di Federico in Aquisgrana; ed il Legato milanese orò
lungamente per Ottone, il quale fece nel Concilio proporre di voler
tornare alla ubbidienza della Chiesa, e che perciò dovesse esser
restituito nell'antica sua dignità imperiale, e cancellarsi ciò
ch'erasi fatto per Federico. Ma surse dall'altra parte il Marchese di
Monferrato per Federico, e declamando non doversi sentire alcuno che
parlasse in nome di Ottone, recò in mezzo sei capitoli d'accuse contro
il medesimo[240]. Primieramente, non dovea sentirsi, perchè Ottone
ruppe, e violò i giuramenti fatti alla Chiesa romana di non invadere le
sue Terre, e gli Stati del Re Federico. II Perchè non avea restituito
quelle Terre, per le quali era stato scomunicato, ed avea giurato
di restituire. III Perchè favoriva un Vescovo scomunicato. IV Perchè
carcerò un Vescovo Legato della Sede Appostolica. V Perchè in disprezzo
della Chiesa romana chiamava il Re Federico _Re dei Preti_[241]. VI
Perchè distrusse un monastero di Monache, e 'l ridusse in Fortezza.
Poi rivoltandosi contro i Milanesi, che ivi presenti, cominciò a
declamar contro di loro, come nemici di Federico; ma questi di nulla
atterriti, volendo dargli risposta, il Pontefice facendo cenno colla
mano, si alzò dal trono, ed uscì dalla Chiesa lateranense. Fu questo
gravissimo affare di Federico e di Ottone, come narra Riccardo, con
grandissima contenzione combattuto nel Concilio dalla festività di S.
Martino insino al giorno di S. Andrea; nel qual dì finalmente il Papa
approvando l'elezione fatta dai Principi d'Alemagna in Aquisgrana,
confermò Federico in Imperador romano, e fu deliberato di doversi
invitare a prender la Corona in Roma, secondo il costume de' maggiori.
Non minori furono le discussioni intorno a' Sacramenti della Penitenza
e dell'Eucaristia, e sopra tutto intorno alla condannagione dell'eresia
degli _Albigensi_, i quali favoreggiati dal Conte di Tolosa, e da altre
persone di stima avean preso molto potere in Francia.


CAPITOLO IV.
_Origine dell'Inquisizione contra gli Eretici; e morte di Papa
INNOCENZIO III._

Il particolar uffizio dell'Inquisizione contra gli Eretici ebbe a
questi tempi il suo principio. Prima gli Appostoli per rimedio di
questo male non adoperavano altro, che d'ammonire una, e due volte
l'eretico; il quale se perseverava nell'ostinazione, era scomunicato,
e s'imponeva a' Cattolici, che si separassero dal suo consorzio. Nè
si passò più oltre, sino ai tempi, che Costantino Magno abbracciò la
religione cristiana. Allora tra le altre cose furono da' Padri della
Chiesa, Costantino e suoi successori ammaestrati, che portando essi due
qualità, l'una di Cristiani, l'altra di Principi, con ambedue erano
obbligati a servir Iddio. In quanto Cristiani, osservando i precetti
divini, come ogni altro privato; ma come Principi, servendo S. D. M.
con ordinar bene le leggi, indirizzando bene i sudditi alla pietà,
onestà e giustizia, castigando tutti gli trasgressori de' precetti
divini e del decalogo massimamente. Ma essendo quelli, che peccano
contra la prima Tavola, che riguarda l'onor divino, assai peggiori
di quelli, che peccano contra la seconda, la qual ha rispetto alla
giustizia tra gli uomini: perciò erano più obbligati i Principi a punir
le bestemmie, l'eresie e gli spergiuri, che gli omicidj e i furti.
Per questa cagione stabilirono diverse leggi contro gli Eretici, e
con maggior severità contro i loro Dottori, e contro coloro, i quali
eccitano perciò turbe e sedizioni nella Repubblica. _Costantino Magno_
ne fece due[242]. _Costanzo_ suo figliuolo non ne stabilì, perch'egli
fu eretico. _Valentiniano il vecchio_ una[243]. _Valente_ non ne
fece, perchè ancor egli era eretico. _Graziano_ ne promulgò due[244].
_Teodosio Magno_ quindici[245]. _Valentiniano il giovane_ tre[246].
_Arcadio_ dodici[247]. _Onorio_ diciotto[248]. _Teodosio il giovane_
dieci[249], e _Valentiniano III_ tre[250].
Le pene, che contro coloro stabilirono non furono uguali, ma secondo
le circostanze, ora il rigore era cresciuto, ora mitigato; nè vi fu
legge, che punisse di pena di morte tutti generalmente. I _Manichei_,
i _Priscillianisti_, i loro Dottori, ch'eccitavano turbe, erano più
aspramente puniti. Le più comuni ed usate erano d'essere sbanditi,
esiliati, dichiarati infami, privati della milizia, e di tutti gli
onori e dignità. Essere dichiarati _intestabili_, proibiti di donare,
di vendere e di far altri contratti. D'essere multati, e confiscate
le loro robe, o in tutto o in parte secondo le circostanze de' loro
delitti; la pena dell'ultimo supplicio in alcuni casi singolari era
solamente dagl'Imperadori minacciata, come contro i _Manichei_, i
concitatori di sedizioni e di turbe, e contro altri Eretici, secondo
la gravità delle circostanze, e loro protervia ne' casi rapportati
nel Codice Teodosiano[251], e noverati da Giacomo Gotofredo ne' suoi
Paratitli in quel titolo.
Ma poichè in ogni giudicio criminale sono considerate tre parti, che lo
compongono: la cognizione della ragione del delitto; la cognizione del
fatto; e la sentenza; perciò nel giudicio dell'eresia, la cognizione
del diritto, cioè se tal opinione sia eretica o no, fu riputata
sempre ecclesiastica, nè per alcun rispetto apparteneva al Magistrato
secolare; onde a que' tempi quando nasceva difficoltà sopra qualche
opinione, gli Imperadori ricercavano il giudicio de' Vescovi, e se
bisognava, congregavano Concilj. Ma la cognizione del fatto, se la
persona imputata era innocente o colpevole, per darle le pene ordinate
dalle leggi, siccome la sentenza d'assoluzione o condannazione, tutta
apparteneva al Magistrato secolare.
Appartenendo dunque al Magistrato secolare la cognizione del fatto,
quindi fu, che gl'Imperadori stabiliron molte leggi prescrivendo alcuni
mezzi, e ricerche per questo fine. Dichiararono l'eresia delitto
pubblico, e perciò ammisero tutti ad accusargli, particolarmente
quando il giudicio criminale era indirizzato contro i Manichei, i
Frigj ed i Priscillianisti. Ammisero i delatori; ed in alcuni casi,
per iscoprire gli Eretici occulti, ed i loro Dottori anche ordinarono
gli _Inquisitori_. E Gotofredo[252] osserva, che l'istituto di dar
in questo delitto _Inquisitori_ fu prima introdotto da Teodosio Magno
imitato da poi da Arcadio ed Onorio; ma soggiugne questo Scrittore, che
gl'_Inquisitori_ non erano dati comunemente contro tutti gli Eretici,
ma ne' casi più gravi, e che meritavano maggior asprezza e rigore,
come contro i Manichei, i Dottori, ed Autori delle Sette, contro gli
_Eunomiani_, ed altri Cherici autori di esecrande superstizioni ed
eresie. Per maggiormente favorir la pruova di questo delitto permisero
a' servi accusare i loro padroni[253]; non si perdonò nè alle mogli,
nè a' proprj figliuoli; ed in fine i processi erano dal Magistrato
secolare fabbricati secondo il prescritto delle leggi degl'Imperadori;
nè i Vescovi dopo aver dichiarato l'opinioni eretiche, e separati dalla
Chiesa come scomunicati ed anatematizzati quelli, che tali opinioni
tenevano, s'intrigavano più oltre, nè ardivano darne notizia a'
Magistrati, temendo che fosse opera di non intera carità.
Ma alcuni altri vedendo, che il timor del Magistrato vinceva la
pertinacia degli ostinati, ed operava ciò che non poteva far l'amore
della verità, riputavano che fosse debito loro di denunciare a' Giudici
secolari le persone degli Eretici, e le loro operazioni cattive,
ed eccitargli ad eseguire le leggi imperiali. Ma poichè alle volte
occorreva di doversi procedere contro qualche Dottore eretico, il quale
per la sua perversa dottrina cagionava turbamenti e sedizioni, ovvero
a procedersi in qualche altro consimil caso, ove la pena, per le gravi
circostanze del delitto, poteva stendersi all'ultimo supplicio: gli
Ecclesiastici in questi casi s'astenevano di comparire al Magistrato,
anzi sempre facevano ufficj sinceri co' Giudici, che non usassero
co' delinquenti pena di sangue. S. Martino, in Francia, scomunicò
un Vescovo, perchè avea accusati certi Eretici a Massimo occupatore
dell'Imperio, i quali da lui furono fatti morire: e S. Agostino
ancorchè per zelo della mondezza della Chiesa facesse frequentissime,
e molto sollecite istanze a' Proconsoli, Conti ed altri Ministri
imperiali in Affrica, che eseguissero le leggi de' Principi, notificava
loro i luoghi, dove gli Eretici facevano conventicoli e scopriva
le persone; contuttociò sempre che vedeva alcun Giudice inclinato a
procedere contro la vita, lo pregava efficacemente per la misericordia
di Dio, per l'amor di Cristo, o con altri simili scongiuri, che
desistesse dalla pena del sangue; ed in un'epistola a Donato Proconsole
dell'Affrica gli dice apertamente, che se egli persevererà in castigar
gli Eretici nella vita, li Vescovi desisteranno di denunciargli, e non
essendo notificati da altri, resteranno impuniti, e le leggi imperiali
senza esecuzione; ma procedendo con dolcezza, e senza pene di sangue,
essi avrebbero vegliato a scoprirgli, e denunciargli per servizio
divino, ed esecuzione delle leggi.
In questa maniera furono trattate nella Chiesa le cause d'eresia
sotto l'Imperio romano sin all'anno della nostra salute ottocento;
quando diviso l'occidentale Imperio dall'orientale, questa forma
rimase nell'orientale sino al suo fine, com'è manifesto dal Codice
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