Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4 - 11

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abbandonando il suo Stato si fuggì in Campagna di Roma: e Tancredi
volendo gratificar _Aligerno_ napoletano per li servigi resigli nella
difesa di Napoli, donogli il Contado di Fondi, che a Riccardo era stato
confiscato.
Ma tutti questi progressi niente sbigottirono Adenolfo Decano
Cassinense, il quale non ostante, che Papa Celestino l'avesse perciò
scomunicato, ed avesse parimente interdetto il suo monastero[144], pur
volle ostinatamente co' suoi Monaci mantenersi nella parte imperiale.
Tutto al contrario de' Salernitani, i quali volendo ricuperar la grazia
del Re Tancredi, gli dieron presa la Imperadrice _Costanza_, la quale
egli con animo generoso avendo a grand'onore raccolta in Palermo, non
molto da poi a richiesta del Papa in libertà la ripose, e con molti
doni in compagnia d'Egidio Cardinal d'Aragona al suo marito in Alemagna
la rimandò[145].
Fu però con dubbia sorte lungamente guerreggiato in Terra di Lavoro;
poichè Adenolfo Decano di Monte Cassino, unite alquante truppe de'
suoi, e de' Tedeschi, ricuperò tutte le terre sottoposte al suo
monistero; ed avendo da poi l'Imperadore Errico rimandato in Italia
l'Abate Roffredo col Conte Bertoldo, e buona mano di soldati Tedeschi,
si congiunse l'Abate col Decano, ed insieme uniti fecero notabili
progressi; ed entrato poscia il Conte Bertoldo nel Reame con molti
soldati Alemanni e Fiorentini, che 'l seguirono, pose sossopra questa
provincia, ed il Contado di Molise, con distruggere la città di
Venafro, e gli altri castelli intorno, ove fecero prigionieri molti
soldati del Re Tancredi.
Mentre in cotal guisa si travagliava nel Regno, Riccardo Re
d'Inghilterra, il quale con Filippo Re di Francia era passato in Soria,
ed avea preso Accone[146], venuto in discordia col detto Re Filippo, fu
di tutti il primiero a concordarsi col Saladino, facendovi tregua per
tre anni: il che conchiusero nell'anno 1192. E dato il titolo di Re di
Gerusalemme al nipote Errico, ed a Guido da Lusignano, invece del detto
Reame, che a lui apparteneva, l'isola di Cipri, sciolse l'armata da
que' lidi per ritornare al suo paese; ma sopraggiunto da grave tempesta
nel mare Adriatico, corse rischio di sommergersi, ed appena con pochi
de' suoi giunse a salvamento in terra. E camminando occultamente per
Alemagna per passare in Inghilterra, fu vicino Vienna per revelazione
de' suoi familiari conosciuto, e da Leopoldo Duca d'Austria fu dato
prigioniere in poter dell'Imperadore, ch'era suo nemico, dal quale,
dopo varj avvenimenti, essendo dimorato un anno, e poco men che due
mesi prigione, per mezzo di molta moneta, ch'egli pagò, fu riposto
in libertà, e rimandato nel suo Regno. Non aveva intanto mancato il
Pontefice Celestino per tal presura scomunicare così l'Imperadore, come
il Duca d'Austria, pretendendo non poter essere da quella assoluti, se
non restituivano i denari, che per isprigionarlo aveano estorti dal
Re; onde non volendo quelli rendergli a patto veruno, amendue così
scomunicati com'erano si morirono.
Ma ritornando agli avvenimenti del nostro Reame, il Conte Bertoldo
proseguendo i suoi acquisti in Terra di Lavoro e Contado di Molise, e
concorrendo a lui ogni giorno grosso numero di Regnicoli, che bramavano
il dominio de' Tedeschi, tutte queste cose obbligarono il Re Tancredi
per dubbio, che non si mettesse in rivoltura tutto il Regno, di
passare da Palermo di nuovo in Puglia; onde avendo ragunato numeroso
esercito, andò a fronteggiar il Conte[147]; ed affrontatosi amendue
sotto Montefuscolo, furono per venire a battaglia; ma consigliato
il Re, che non era convenevole arrischiar la sua persona reale in un
fatto d'arme contro Bertoldo, che non era che un semplice condottiere,
sfuggì di combattere[148]; la qual cosa al Conte, che avea gente men
di lui, sommamente aggradì, e partitosi da Montefuscolo ritornò nel
Contado di Molise, dove campeggiando il castel di Monte Rodano, fu,
mentre il combattea, ucciso da una palla scagliata da que' di dentro
con una manganella, ch'era una macchina da trar pietre, che in vece
dell'artiglierie s'usava in que' tempi, e fu in suo luogo eletto lor
Duca da' Tedeschi Mosca in Cervello. E Tancredi partito anch'egli da
Montefuscolo riprese la Rocca di S. Agata, e tutti i luoghi di quella
provincia, e passato poscia in Terra di Lavoro tosto a lui si resero
Guglielmo Conte di Caserta, e la città d'Aversa con alcuni altri
luoghi. Ed avendo in cotal guisa ridotti in pace i confini di Puglia
e di Campagna ritornò in Sicilia, con aver prima del suo partire con
ogni suo potere, ma invano, tentato di trarre alla sua parte Roffredo
Abate Cassinense, che quasi presago di quel che poi avvenne, nè per le
preghiere del Re, nè per le minaccie del Pontefice volle a patto alcuno
scompagnarsi da' Tedeschi.
Ma tosto si rivoltarono in lutto questi fortunati avvenimenti di
Tancredi; poichè non guari dopo questo suo ritorno in Palermo,
s'infermò Ruggiero suo figliuol primogenito, dal quale, quando
attendeva numerosa prole, avendolo ammogliato con Irene, per esser
sano, ed ajutante della persona, essendo fallaci i disegni di questa
vita, con pur troppo acerba ed immatura morte fugli involato. Una
perdita cotanto grave trafisse sì amaramente l'animo del Re suo
padre, che poco stante, avendo fatto coronar Re Guglielmo suo secondo
figliuolo[149], infermò anch'egli per grandissimo dolor d'animo,
nè ritrovando rimedio valevole a superar la forza del male, uscì
medesimamente di vita in Palermo l'anno 1193 secondo Riccardo da S.
Germano Scrittor contemporaneo, e fu con pompose esequie nel Duomo
sepolto nello stesso avello, ove era in prima stato seppellito il
figliuolo Ruggiero, siccome egli, avanti che morisse, comandato avea.
Fu il Regno di questo Principe non men breve, che pieno di travagli e
di rivolture; nè gli fu dato spazio, che avesse potuto d'altre leggi in
miglior forma ristabilirlo, non permettendogli gli affari più premurosi
della guerra di poter pensare a quelli della pace; perciò leggi di
questo Principe non abbiamo; nè se pure ne avesse promulgate, avrebbe
sofferto Federico II d'unirle colle sue, e con quelle di Ruggiero,
e de' due Guglielmi. Riputò egli così Tancredi, come Guglielmo suo
figliuolo che gli succedette, per intrusi, e volle che qualunque
concessione, privilegio o donazione, che si trovasse de' medesimi, come
di tiranni ed invasori, non avessero niun vigore, nè fermezza[150];
non altrimenti che stabilì Giustiniano Imperadore dei Re goti, il
quale approvò tutti gli atti e le gesta di Teodorico, e d'Atalarico
suo figliuolo, ma non già quelli di Teodato, Vitige e degli altri Re
successori, i quali reputò tiranni, ed invasori del Regno d'Italia.
Ebbe Tancredi, di Sibilia di Medania figliuola di Roberto Conte della
Cerra fratello uterino di Ruggiero da Sanseverino figliuolo di Trogisio
normanno, i due maschi che di sopra abbiam mentovati, ed alquante
femmine; delle quali sopravvissero al Re solamente Albirnia e Mandonia,
che col fratello Guglielmo, e con la madre Sibilia languirono lungo
tempo in Alemagna prigioniere di Errico, come appresso diremo; e
secondo che rapporta Inveges[151], ebbene una altra chiamata Costanza
moglie di Pietro, zio del Doge di Venezia.


CAPITOLO I.
_GUGLIELMO III Re di Sicilia succede al padre TANCREDI. L'Imperador
ERRICO gli muove guerra, gli toglie il Regno e lo fa suo prigione._

Succeduto adunque al morto padre il figliuol Guglielmo, III di questo
nome nell'ordine de' Re normanni, che dopo la morte di Ruggiero suo
fratello avea Tancredi in sua vita fatto incoronare Re di Sicilia, e
pervenuta di ciò la novella in Alemagna, mosse immantenente Errico
a calar di nuovo in Italia per conquistar il Regno, giudicando
(morto Tancredi) non aver altro ostacolo per recare a fine il suo
intendimento. Inviata adunque l'armata nelle maremme del Reame, egli
vi venne per lo cammino di S. Germano, ed andossene a Monte Cassino,
ove fu a grande onor accolto dall'Abate Roffredo, essendo parimente
stato incontrato sino a' confini dello Stato della Chiesa da' suoi
Tedeschi, e dal Conte di Fondi, e da molti altri Baroni regnicoli suoi
partigiani[152].
Passato in Campagna, ed avute in balia tutte le terre circonvicine,
fuor che Atina, Rocca Guglielmo, Capua ed Aversa, le quali nè si
resero, nè furono assalite, n'andò sopra Napoli. Avea questa città,
prima che vi giungesse Errico, patteggiato co' Pisani, che con buona
armata Errico v'avea mandati, di rendersi, onde appena vi sopraggiunse
Errico, che subitamente gli aprì le porte.
Indi campeggiò Salerno, che si volle difendere, temendo della ira di
Cesare, che sdegnato per la prigionia di Costanza, non la distruggesse:
ma non potendo resistere a tante forze, fu da Errico presa e
crudelmente saccheggiata; e degli abitatori alcuni uccise, altri fece
porre in cruda prigione, ed altri mandò in esilio, lasciando in cotal
guisa desolata quella nobil città in vendetta dell'ingiuria a lui
fatta. Così delle città più magnifiche di questo Regno, Benevento,
essendo pervenuta in poter della Chiesa romana, perdè tutto il suo
lustro, e cadde dal suo antico splendore; e quando prima era capo d'un
vasto Principato, da poi il suo territorio non si stese più che poche
miglia fuori delle sue mura. Bari per l'indignazione di Guglielmo I
abbattuta: Salerno ora va in desolazione; e Capua tuttavia scadendo,
avea perduta la sua antica magnificenza. Non dovrà dunque parere
strano, se per la declinazione di quelle illustri città, qui a poco
vedremo Napoli sorgere sopra tutte le altre del Regno, che col favore
di Federico II e più per Carlo I d'Angiò si rese capo e metropoli di sì
vasto e nobil Reame.
Così Errico, trionfando felicemente in queste province, con non minor
felicità entrò nella Puglia, la quale, senza trovar alcun contrasto,
soggiogò tutta; indi spedì in Sicilia l'Abate Roffredo suo fedelissimo,
dandogli autorità di poter ricevere in suo nome tutti i luoghi, che se
gli volessero dare. Questi passando per la Calabria, a gara tutte le
città e castelli di quella regione gli aprirono le porte, e valicato
il Faro, se gli diedero anche Messina, Palermo, e quasi tutte le altre
terre di quell'isola senza trovar alcuno, che se gli opponesse.
La Reina Sibilia veggendo l'infedeltà de' Siciliani e temendo di se
stessa, e de' suoi figliuoli, uscita dal regal palagio, si ricovrò nel
castel di Calatabellotta luogo fortissimo, ed atto a far lunga difesa;
ed intanto i Palermitani prestamente invitarono l'Imperadore, che in
questo mentre era passato anch'egli in Sicilia, ad entrar nella loro
città. Ma Errico non volendo perder tempo in combatter Calatabellotta,
si dispose di voler con frode ottener il suo intendimento; onde
inviati suoi Messi alla Regina, patteggiò con lei che cedendogli ella
le ragioni del Regno, egli a lei darebbe il Contado di Lecce, ed al
figliuolo Guglielmo il Principato di Taranto; la quale, vedendosi
abbandonata da ciascuno, si contentò di tale accordo; ed essendo Cesare
entrato con gran pompa in Palermo, non guari da poi venne a' suoi piedi
l'infelice Guglielmo a cedergli la Corona di Sicilia, come appunto
scrivono la Cronaca che si conserva in Monte Cassino, e Riccardo da S.
Germano.
Ecco come questi Regni da' Normanni passarono ai Svevi, non per
conquista, come passarono da' Greci e da' Longobardi a' Normanni,
ma per successione, per la persona di Costanza ultima del legnaggio
legittimo de' Normanni. Egli è vero, che niente avrebbe giovato
ad Errico questa ragione, se non l'avesse sostenuta colle armi;
ma non potrà negarsi, che Federico suo figliuolo, non per altro
titolo, che per quello, sovente nelle sue Costituzioni si dichiara
esserne egli padrone. Perciò il Regno di Sicilia lo chiama suo Regno
_ereditario_[153]; ed altrove[154] _eredità sua preziosa_.
Errico avendo trionfato de' suoi nemici, e posto in cotal guisa sotto
la sua dominazione i Regni di Puglia e di Sicilia, con imprudente
consiglio si volse, per meglio stabilirsi in quelli, alla crudeltà ed
al rigore; poichè avendo prima rimunerato l'Abate Roffredo con donar
al suo monastero il castel di Malveto, e concedergli di nuovo Atino, e
la Rocca di Guglielmo, congregò nel giorno di Natale nel regal palagio
di Palermo una general Assemblea, ove avendo a coloro, che ivi s'erano
ragunati, esposto, che per lettere di Pietro Conte di Celano, era stato
avvertito d'una congiura, che si meditava contro di lui, contro il
tenor dell'accordo, e della fede data, fece prigionieri il giovanetto
Guglielmo, la Reina Sibilia, e le sue figliuole, Niccolò Arcivescovo
di Salerno, con Riccardo Conte d'Ajello, e Ruggiero suoi fratelli,
tutti e tre figliuoli di Matteo Gran Cancelliero, da lui fieramente
odiato, per essere stato cagione, come si disse che fosse da' Siciliani
creato lor Re Tancredi; ma ritrovandosi Matteo già di questa vita
passato, il mal talento, che contro il padre avea conceputo, volle
sfogarlo co' suoi figliuoli. Prese parimente i Vescovi di Ostuni e di
Trani con altri molti Prelati, Conti e Baroni. E vie più infierendo;
con crudeltà barbara fece molti di loro abbruciare, ed altri impiccar
per la gola, e fece abbacinare, e tagliare i testicoli all'infelice
Guglielmo. Ebbe Papa Celestino notizia di queste crudeltà, e gli spedì
un Legato appostolico, affinchè si trattenesse di tante crudeltà, a
preghiere anche di Eleonora Reina d'Inghilterra, madre della nostra
vedova Regina Giovanna, che scrisse all'istesso Celestino[155]; ma
l'Imperadore dispregiò questi avvisi; ed aggiunge Ruggiero ne' suoi
Annali, che non bastandogli l'aver co' vivi sfogata la sua barbarie,
non volle nemmeno perdonare a' morti; poichè fece trar di sotterra i
cadaveri del Re Tancredi, e del figliuolo Ruggiero, e fece lor torre
le corone reali, con le quali erano stati sepolti, dicendo che l'avean
prese illegittimamente. Non difformi sentimenti ebbe l'Imperador
Federico suo figliuolo, il quale per ciò annullò tutti gli atti,
privilegi, concessioni, ed ogni altro contratto fatto sotto nome di
questi Principi, riputandogli per Tiranni, ed invasori del Regno, non
già per Principi legittimi, come all'incontro ebbe Ruggiero, ed i due
Guglielmi, i quali soli perciò chiama sempre suoi predecessori.
Ma mentre in quest'anno 1195 tal cose s'adoperavano da Errico in
Sicilia, Costanza, che da Alemagna era partita per trovar suo marito,
per essergli consorte anche nel Regno, eredità sua paterna, giunta
in Italia e propriamente in _Esi_ città posta nella Marca d'Ancona,
partorì un figliuol maschio, al quale per presagio forse di quel che
dovea riuscire, ovvero per maggior stimolo di virtù, posero due nomi
de' suoi grand'avi, e lo chiamarono _Federico Ruggiero_, ed altri
_Ruggiero Federico_. Nacque quest'Eroe in quest'anno 1195[156], ed in
questa oscura città della Marca anconitana, come scrivono la Cronaca,
che si conserva in Monte Cassino, Riccardo da S. Germano, ed Alberto
Abate di Stada; ed in ciò fu eguale il destino del luogo della nascita,
a quello della morte, che fu Fiorentino, città parimente oscura della
Puglia. Inveges[157] come che per tutti i versi lo vuol nato nel suo
Palermo, ha voluto seguitar l'opinione de' moderni contro l'autorità di
Riccardo da S. Germano, e de' più antichi Scrittori; e sopra un falso
supposto, che Costanza insieme con Errico fossero stati incoronati in
Palermo l'anno 1194 gli par incredibile, che avesse di questo parto
potuto sgravarsi in Esi nell'anno seguente. E certamente direbbe vero;
ma Costanza non passò in Sicilia, se non in questo anno 1195 come
questi antichi Autori rapportano. Egli nacque mentre Costanza sua madre
non avea che 37 o al più 39 anni; e nato tra gl'incomodi del viaggio,
per non esporlo a maggiori perigli, fu dalla madre dato ad allevare
alla Duchessa di Spoleti, e lasciato sotto la cura della medesima,
e d'Alberto, da altri chiamato Corrado, Duca di Spoleti e Conte
d'Assisi suo marito[158], il quale tre anni da poi lo fece battezzare
solennemente nella città d'Assisi in presenza di quindici Vescovi, e di
molti Cardinali, e fu nominato _Federico Ruggiero_, in memoria de' suoi
grand'avoli. E questa celebrità così tardi usata nel suo battesimo con
tanto concorso di Cardinali e di altri Prelati, e la voce che vanamente
era insorta nel volgo, che vi fosse stata frode nel parto, e che fosse
stato supposto, diede cagione alla favola scritta dal _Cranzio_ nel
libro composto da lui della metropoli di Sassonia, e seguitato poi da
altri moderni Scrittori, che per la vecchiezza dell'Imperadrice, non
essendo atta a generar figliuoli, per essere, secondo ch'egli scrisse,
di 55 anni, o come altri han detto di sessanta, quando generò Federico,
partorisse in mezzo la piazza entro un padiglione, in presenza di
tutte le donne della terra, che vi vollero intervenire, e ch'ella poi
per la città di Palermo, per tor via ogni sospetto, andasse con le
mammelle nude e discoverte distillando latte, come non si è ritenuto di
scrivere l'Autor della prefazione de' Capitoli del Regno di Sicilia.
Per togliere tra il volgo questo sospetto d'essere il parto supposto,
bisognò, che il Pontefice Celestino, prima d'investir Federico del
Regno di Sicilia, ricercasse da Costanza, ch'ella giurasse, che l'avea
procreato dal suo marito Errico; e la cagion di questo giuramento
non fu perchè non era riputata allora abile per vecchiezza a generar
figliuoli, ma per torre tra il volgo la fama disseminata di supposizion
di parto; e quando Malcovaldo da Menuder, guerregiando contro Federico
in Sicilia, scrisse perciò a Papa Innocenzio, a Celestino succeduto,
che volea tal frode far chiaramente provare: il buon Pontefice, che
giudicò pruova bastante il giuramento della madre, non volle far
mettere tal cosa in giudicio, e rifiutò l'offerta di Marcovaldo. E
quindi ebbe poscia origine la novella, che Costanza era d'età canuta,
e non atta a generare quando partorì Federico, e che per essere stata,
mentr'era fanciulla, ne' primi anni, educata nel monastero delle
Monache greche Basiliane di Palermo, fosse stata Monaca sacrata, con
altre favole, che abbiam riprovate di sopra.
Intanto l'Imperador Errico avendo investito del Contado di Molise Mosca
in Cervello, che tolto avea a Ruggiero Mandra, il quale scacciato
dal Reame poco da poi se ne morì, volendo tornarsene in Alemagna,
giunto in Puglia fece ivi convocar un'Assemblea, ove anche intervenne
Costanza, la quale poco da poi passò in Sicilia, ed Errico prese il
cammino per Alemagna, conducendo seco Guglielmo, e tutti gli altri
prigionieri nomati di sopra, per la cui liberazione s'era adoperato
indarno il Pontefice Celestino. Portossi ancor seco tutto l'oro e le
gemme che potè raccogliere; avendo rapiti i tesori ed il mobile della
casa regale consistente in vasi d'oro e d'argento purissimo, e panche
e lettiere e tavole dell'istesso metallo, e panni intessuti di porpora
e d'oro, ragunati in molti anni dalla magnificenza de' passati Re; de'
quali caricò centocinquanta somieri con grave rammarico de' Siciliani,
che vedeano in cotal guisa condur via le spoglie del soggiogato Reame
da genti nemiche e rapaci nella lor terra straniera. Questi mali de'
Siciliani, ed altri maggiori, che poscia gli avvennero per opera de'
Tedeschi e d'Errico lor Signore, ben a lungo descrisse e compianse
Ugone Falcando nel proemio della sua istoria, che indirizzò a Pietro
Arcivescovo di Messina.
Partito che si fu Errico per Alemagna, Riccardo di Medania Conte della
Cerra, cognato del morto Re Tancredi, volendo passar in Campagna di
Roma per campar dalla crudeltà di lui, fu in cammino per tradimento
d'un Frate fatto prigione da Diepoldo Alemanno, il quale, fattolo
custodire strettamente nella Rocca d'Arce, attendeva il ritorno
dell'Imperadore in Italia per darlo in poter del medesimo[159].
Aveva intanto Errico mandato nel Regno per suo Legato il Vescovo di
Vormazia, il quale venuto in Napoli con l'Abate Roffredo, e con molti
soldati regnicoli e tedeschi fece abbattere a terra le sue mura, ed
il simigliante fece alla città di Capua, siccome scrive Riccardo da S.
Germano. E ragunata poi Cesare una grande e poderosa oste in Alemagna
di Svevi, Bavari e Franconi, e di altre Nazioni, di ben sessantamila
soldati, sotto pretesto d'inviargli all'impresa d'oltre mare, ma in
effetto, secondo che dice Arnoldo Lubecense, per isterminare tutti i
Normanni, e particolarmente quelli, che avean favoreggiato contro di
lui il Re Tancredi, se ne calò in Italia; e dimorato alcuni giorni
a Ferentino, ne andò poi a Capua, dove essendo ragunati tutti i
Baroni regnicoli per celebrare una generale Assemblea, gli fu dato
in balìa da Diepoldo Alemanno il Conte Riccardo, il quale egli fece
obbrobriosamente legare alla coda d'un cavallo, e strascinare per
tutte le strade più fangose, ed alla fine impiccar per i piedi;
nel qual tormento vivuto il Conte due giorni, gli fu per ordine
dell'Imperadore da un suo buffon tedesco legato al collo una fune,
da cui pendeva una grossa pietra, ed in cotal guisa fu iniquamente
strangolato[160]. Celebrato poi il Parlamento, impose una taglia a
tutti i Popoli del Reame, e creò Diepoldo Alemanno Conte della Cerra,
ed inviò Oddo fratello di Diepoldo ad espugnar Roccasecca, ove si eran
ricoverati Rinaldo e Landolfo due fratelli della famiglia Aquino per
difendersi da così crudo nemico, ed egli se ne passò in Sicilia, ove
fece aspramente morire con inaudite maniere di morte, non perdonando
nè anche a' fanciulli di tenera età, tutti i Normanni, e que'
particolarmente ch'eran di più stima, e di real sangue, ad alcuni de'
quali, in vendetta, che avean fatto coronar Re Tancredi, fece porre
una corona in testa, e conficcarla con chiodi di ferro acutissimi,
privandogli in cotal guisa acerbamente di vita. Fece anche imprigionare
Margaritone famoso Capitano, Duca di Durazzo, Principe di Taranto, e
Grand'Ammiraglio, e gli fece cavar gli occhi, e tagliare i testicoli.
L'Imperadrice Costanza, veggendo le cattività barbare usato dal marito
contro i suoi Normanni, ed il suo mal talento di voler estinguere il
suo real legnaggio, non potendo più cotal malvagità soffrire, se gli
rivolse contro[161]; e collegatasi co' Grandi del Regno, se n'andò a
Palermo, e posto mano a' tesori reali ragunò soldati contro di lui,
onde divenuti perciò più animosi i Baroni suoi partigiani, fatta
scoverta rivoltura uccisero tutti i Tedeschi, che lor capitarono
alle mani; e sarebbe stato anche l'Imperadore ucciso, se fuggendo non
si fosse salvato in una forte Rocca. Ma volendo di là girsene in un
luogo più sicuro, fu di maniera da tutti i lati cinto d'assedio da'
Siciliani, che non potendo in guisa alcuna campare, gli convenne, per
torsi da quel pericolo, ricever le condizioni, che sua moglie dar gli
volle; che furono, che egli uscendo libero, posta dall'un de' lati la
marital concordia, ne gisse via prestamente in Alemagna. Ma non volendo
poi con la guerra intestina impedir l'imprese straniere, ch'egli
intendea di fare, s'adoperò in guisa tale, che alla fine si racchetò
con sua moglie e co' sollevati Baroni; onde imbarcato il suo grande
esercito sopra molti navili per passar in Soria, pose grandissimo
timore ad Alessio Angelo, il quale avendo tolta la Signoria ad Isaac,
era divenuto Imperador di Costantinopoli; perciocchè fattogli dire
da' suoi Ambasciatori, che voleva che gli desse tutte le terre, che
avea già conquistate in Grecia il Re Guglielmo, che contenevano da
Epidauro a Tessalonica, ovvero gli pagasse un tributo che gli voleva
imporre, il Principe greco non osando rifiutar, per tema della sua
potenza, la condizione offertagli, pregò solo moderarsegli la grossezza
del pagamento chiestogli per ciascun anno; ed inviò per tutto il
suo Imperio uomini sagacissimi per ragunare tutto l'oro, che aver
potessero, togliendolo non solo da' particolari uomini, ma anche da
vasi sacri delle chiese e da' sepolcri de' morti, ove secondo l'uso
di que' tempi non piccola somma in onor di coloro che vi giacevano, si
soleva riporre; e questo per mettere insieme sedici talenti, che tanti
ne volea Errico per tributo.
E mentre tal cosa si trattava in Grecia partì da Messina l'armata
imperiale verso Oriente, essendo suo General Capitano Corrado
Vescovo d'Idelma, e Cancelliere dell'Imperio, il quale in assenza di
Cesare avea governata la Sicilia; e con felice navigazione giunse in
Palestina, e prese porto in Accone[162].
Nel medesimo tempo andò l'Imperadore a campeggiare Castel Giovanni,
il quale con Guglielmo Monaco, che l'avea in governo, se gli era
ribellato, e colà gravemente infermato si ritirò a Messina, ove se
gli aggravò di modo il male, che poco stante, e propriamente a' 29 di
settembre dell'anno 1197 passò di questa vita[163], liberando con la
sua morte dal gravissimo timore, che s'aveva della sua crudeltà, non
solamente l'Imperador di Costantinopoli, ma anche tutti i Popoli di
Sicilia e di Puglia.
Morì _Errico VI_ nel 1197 non senza sospetto, che la Regina _Costanza_
sua moglie lo avesse fatto avvelenare, siccome narrano _Giovanni
Vito Durano_ Chron. pag. 5 ed _Alberico_ ad An. 1197. Ma _Corrado
Wespergense_ pagin. 318 ciò rifiuta, dicendo: _Quod tamen non est
verisimile. Et qui cum ipso eo tempora erant familiarissimi hoc
inficiabantur. Audivi ego idipsum a Domino Chunrado, qui postmodum
fuit Abbas Praemonstratensis, et tunc in seculari constitutus, in
camera Imperatoris extitit familiarissimus_. Vedasi _Struvio_[164].
In questo anno si rapporta da _Goldasto_[165] una Costituzione del
medesimo tratta da _Giovanni_ Monaco, per la quale unì all'Imperio
la Sicilia e la Puglia; ed ottenne da alcuni Principi assenso, che
l'Imperio fosse ereditario, come la Sicilia e la Puglia, e si deferisse
per successione; ma ripugnando i Principi della Sassonia, non ebbe
tal Costituzione alcun effetto, talchè l'istesso Errico assolvè que'
Principi, che gliene avean dato consenso, e gli sciolse dal giuramento,
come rapporta _Gobelino Persona_ riferito da _Struvio_[166]. E _Lunig_
rapporta un Diploma de' Principi di Germania, dato in Francfort
nell'anno 1220 col quale dichiarano, che il Regno di Sicilia non fu mai
annesso all'Imperio: _Ita quod Imperium nihil cum dicto Regno habeat
unionis, vel alicujus jurisdictionis in illo_: come sono le parole del
Diploma, che si legge _Tom. 2 Cod. Ital. Diplom. pag. 814_.
Fu Errico, secondo che scrive Goffredo da Viterbo, di vago e
signoril sembiante; ma per quel che dalle sue laide opere si vede,
di costumi oltre modo biasmevoli e crudeli, spergiuro, e senza fede,
ed avidissimo di moneta, e sopra tutto nemico de' romani Pontefici,
da' quali scomunicato per la presura di Riccardo Re d'Inghilterra,
e per la moneta tolta dal medesimo per riporlo in libertà, e per la
presura di Niccolò d'Ajello Arcivescovo di Salerno, e morto perciò in
contumacia della Chiesa, non si voleva dar sepoltura in terra sacra.
Ma dal testamento che poi si trovò di lui, e dall'aver egli subito che
cominciò ad ammalarsi inviato il Vescovo di Bettane al Re Riccardo a
portargli la ricompensa de' denari, che gli aveva pagati[167], si rese
da poi manifesto, ch'esso si pentisse de' passati misfatti.
L'Imperatrice Costanza, morto suo marito, inviò subito l'Arcivescovo
di Messina al Pontefice, a chiedergli, che avesse data licenza, che si
fosse potuto sotterrare il suo cadavero in chiesa; e di più, che avesse
fatto tor l'assedio d'attorno a Marcovaldo da Menuder tedesco, e Gran
Giustiziero dell'Imperio, il quale era stato strettamente assediato
da' Romani in una terra detta la Marca di Guarniero; e che avesse fatto
parimente coronar il figliuolo Federico Re di Sicilia, con dimandargli
la solita investitura[168]. Alla primiera delle quali domande rispose
il Papa, che non fosse data sepoltura al corpo dell'Imperadore insino
a tanto, che si fosse accomodato il tutto col Re d'Inghilterra. Alla
seconda, rispose, che non potea far liberar Marcovaldo senza il voler
de' Romani; ed alla terza, ch'egli avrebbe fatto coronar Federico Re di
Sicilia, purchè i suoi fratelli Cardinali vi avesser parimente dato il
lor consentimento; i quali non ripugnando, fu l'incoronazione accordata
con pagar mille marche d'argento per servigio de' Cardinali; e volle
di più il Pontefice, che giurasse Costanza sopra i Santi Evangelj, che
Federico era nato di legittimo matrimonio contratto tra lei ed Errico.
Fece l'Imperadore prima del suo morire testamento, parte del quale pone
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