Il roccolo di Sant'Alipio - 06

Total number of words is 4326
Total number of unique words is 1785
36.5 of words are in the 2000 most common words
51.5 of words are in the 5000 most common words
59.6 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
sue sterili roccie che ascondono orridi precipizi dietro ai verdi
promontori ricoperti di fittissimi boschi, che lo fanno sembrare
ancora più squallido e nudo. La campagna vicina è sguarnita d'alberi,
meno qualche frassino sparso qua e là, che colle sue foglie oscure
spicca sul verde tenero dei larici. Dirimpetto al villaggio, a
destra del Boite, presso alcuni avanzi d'una strada abbandonata, si
trovano traccie di villaggi scomparsi, e si scorge una miniera di
ferro abbandonata, che si scavava al tempo della repubblica veneta.
Nel 1848 le donne di questo paese preferivano ancora il pittoresco
costume antico. Adesso appena qualche vecchia ne conserva le ultime
traccie che stanno per perdersi nella comune uniformità. Vestivano una
sottana nera, increspata di dietro ed orlata al basso da una frangia
scarlatta. Panciotto rosso filettato di nero con sovrapposta pettorina
quadrangolare a fondo rosso, ornata traversalmente da galloncini,
e orlata di frangie d'oro o d'argento secondo il caso di festa o
di lutto. Mettevano al collo una collana di grossi coralli, o una
catenella d'argento, portavano in testa un cappello largo e rotondo in
cima stretto al basso, e senza falde, come quello dei sacerdoti armeni;
usavano calze rosse e scarpe scollate.
Gli abitanti d'Oltrechiusa sono generalmente tenaci dei loro diritti,
laboriosi e interessati; le donne hanno aspetto maschile, fisonomie
gravi, andamento risoluto. Sono molto amanti della vita domestica e
patriarcale, e si conobbero famiglie composte di cinquanta persone, e
di sette matrimoni, che vivevano in perfetta armonia.
Calvi che era grande ammiratore della natura si piaceva assai fra quei
monti, ove ad ogni svolta di strada si presentano nuovi oggetti degni
d'attenzione, e stupendi prospetti. Si arrestava in contemplazione
nei siti più pittoreschi, si animava alla difesa della patria, che
la natura aveva dotata delle Alpi, come formidabili fortezze, ai
confini. Conversava con piacere cogli abitanti, nei quali ammirava la
semplicità unita al buon senso, la sobrietà che risparmia i frutti
del lavoro, la lealtà ardimentosa, la cordiale e franca ospitalità,
virtù indigene d'un paese poco noto, e così degno d'essere conosciuto.
E andava ambizioso d'essere scelto per guidare quella gente nelle
battaglie dell'indipendenza, e di poter vietare agli stranieri la
violazione di quei focolari che raccoglievano famiglie così oneste, e
così degne della libertà. E andava studiando, e indicando tutti i mezzi
più opportuni per resistere all'invasione, con lavori che rendessero
inespugnabili quei passaggi.
I cadorini avevano costruito a pochi passi da Chiapuzza a sinistra del
Boite un lungo fossato, formando un terrapieno col materiale scavato
a guisa di parapetto verso settentrione, che veniva sorvegliato da
sentinelle, ma il luogo parve poco atto ad una lunga difesa, e venne
deciso per consiglio del capitano, di disporre perchè la difesa
maggiore in caso di bisogno si portasse alla Chiusa, presso Venàs.
Uno dei primi lavori, in questa località, fu quello di rompere un
tratto di strada che dal precipizio di Chiusa va verso Peaggio,
rendendo il sito rovinoso e impraticabile, franando con mine la
roccia fino al letto del Boite, e formando, all'altezza di circa 20
metri, sulla rupe che sovrasta la strada, un pianerottolo sul quale
collocarono dapprima un cannone, e più tardi due, levandone uno da
Treponti. Nè vi fu bisogno d'altri lavori, essendo tutta quella linea
perfettamente difesa dalla natura selvaggia, dalle rupi a picco,
irte, scoscese, rotte da dirupi alpestri e franosi. Fatti alla Chiusa
questi apparecchi vennero posti sotto la custodia della guardia Civica
di Venàs, il cui comandante era Federico Albuzzi, antico soldato di
Napoleone, che seppe organizzare perfettamente la difesa di quel punto
importante.
Compiuta questa prima ispezione e ritornati in Pieve posero mano
ad altre disposizioni non meno gravi e necessarie. Calvi si occupò
particolarmente dei soldati, il suo compagno costituì l'ufficio
del Comitato di difesa nel palazzo della Comunità. Si nominarono
i segretari, i cancellieri, ed un cassiere, e vennero elette varie
commissioni per tutelare l'ordine interno, con l'appoggio della guardia
civica, dispensata dal servizio attivo, ed incaricata di sorvegliare
l'annona e le proviande militari, con facoltà di requisire viveri,
rilasciando viglietti di credito.
Sior Antonio venne utilizzato negli uffici, ove la sua probità lo
rendeva autorevole, e il suo odio per la dominazione straniera gli
era sprone a spingere la resistenza con tutte le forze del paese.
Il Consigliere imperiale vedendolo salito al potere lo trattava con
deferenza marcata, non più come un inferiore, ma come un eguale.
Le amministrazioni dei boschi e della giustizia rimasero affidate alle
autorità che non abbandonarono il loro posto, ma che non ebbero mai
nulla da fare perchè l'amore della patria, come una nuova religione
aveva fatto dimenticare le questioni dei confini privati, erano cessate
le liti, le gare, le discordie, e fino la menzogna, l'ubbriachezza
e la bestemmia. Ogni colpa era giudicata come un offesa a Pio IX,
ogni offesa al creduto redentore d'Italia come un insulto alla patria
risorta. Non si pensava più che a combattere per la salvezza del
territorio sotto la protezione di Dio.
Quando i _Corpi franchi_ furono bastantemente istruiti per stare
in fila e comprendere il comando, vennero passati in rassegna dal
Comandante davanti il Comitato, nella piazza di Pieve, ove la gente
era accorsa in folla da ogni parte per vederli passare. La Maddalena
e la Betta si affrettavano a giungere sul luogo con altre donne del
paese che avevano i loro figli nella milizia. Maria e le sue amiche
volendo vedere gli amanti, i fidanzati, i padri, i fratelli sotto le
armi, accorrevano esse pure. All'ora fissata sfilarono in bell'ordine
colle bandiere spiegate, al suono del tamburo, col viso animato rivolto
al Comandante, e un aspetto così risoluto e marziale che eccitava
l'entusiasmo degli spettatori, i quali applaudivano clamorosamente
coi soliti evviva. Tiziano, Michele e Isidoro erano stati nominati
ufficiali, e marciavano alla testa del loro drappello. Il padre di
Maria aveva passati i quarant'anni, ma la vita di cacciatore e l'amore
di patria gli conservavano il vigore della gioventù. Bortolo era
semplice soldato, ma alla Betta pareva un eroe, e vedendolo passare
colla testa alta in mezzo de' suoi colleghi non potè frenare delle
lagrime di soddisfazione e d'orgoglio che le rigarono le guancie.
Essendo stato fissato il giorno seguente per la partenza dei _Corpi
franchi_, i militi passarono la sera nelle loro famiglie fra teneri
addio, e voti ardenti per la vittoria. Maddalena e la Betta recitarono
il rosario insieme ad altre madri, che invocavano la protezione del
cielo sulla patria, e sui figli.
Sior Antonio incontrando per via sior Iseppo gli offerse una presa di
tabacco, dicendogli:
— Ci siamo... e che il cielo ci aiuti!...
Al che l'altro rispose:
— E ci salvi dai tedeschi.... e dai matti!....
Nel roccolo di Sant'Alipio fu una vera festa. Gli ufficiali vennero
invitati da Isidoro a bere il bicchiere della partenza alla salute
d'Italia. Egli era andato a snidare dalla cantina alcune vecchie
bottiglie di vino di Conegliano, riservate per le grandi occasioni, e
le aveva portate nella loggia ove si erano accesi molti lumi. La bella
Maria faceva gli onori di casa, ma versando il vino nei bicchieri le
sue mani tremavano.
Essa restava sola, con una vecchia serva, nel suo romitaggio; suo
padre, il suo fidanzato, e i loro amici partivano per la guerra. In
tutte le case non rimanevano che le donne, i vecchi, e i fanciulli,
e per quanto sia grande l'amore del paese, il momento d'una partenza
per affrontare pericoli non può a meno di affliggere grandemente le
anime affettuose. Tutti non ritornano mai, chi avrebbe mancato?... Tale
preoccupazione velava il volto della fanciulla di profonda mestizia,
e qualche lagrimetta furtiva spuntava da' suoi begli occhi, mentre le
labbra tentavano invano di sorridere. Tiziano voleva farle coraggio,
ma egli stesso non si sentiva abbastanza forte per infonderle quella
sicurezza che gli mancava.
Michele colla solita spensieratezza raccontava ai colleghi i suoi
stratagemmi per cavare un po' di denaro dallo zio, ma osservava che
gli orsi sono troppo sobrii per comprendere e compatire i bisogni degli
altri animali. Solitari, selvaggi, non vorrebbero mai uscire dalla loro
caverna. Ad ogni domanda ragionevole oppongono un ruggito, e bisogna
prenderli col miele.
Quella sera parlarono molto di Calvi, delle sue belle qualità, della
simpatia che ispirava a quanti lo avvicinavano. Maria che lo aveva
veduto alla rassegna osservò che aveva una fisonomia dolce e giovanile,
e gli pareva impossibile che potesse avere l'energia necessaria alla
sua missione.
— Lo vedremo davanti il nemico... soggiunse Isidoro — l'ardire viene
dal pericolo e dalla responsabilità.
Passeggiarono lungamente sotto agli alberi al chiaror della luna,
Tiziano e Maria poterono ritirarsi in disparte per qualche istante
senza essere osservati, e ripetersi quelle eterne parole d'amore, le
più antiche e le più nuove del mondo, sempre eguali in apparenza, ma
applicate ad infinite varietà di sensazioni, brevi ed ardenti, che
sono ricordi e promesse, sante come le preghiere che si innalzano agli
esseri superiori, insidiose come le tentazioni del diavolo, divine e
pericolose ad un tempo.
Ad ora avanzata ciascheduno si ritirò alla propria dimora per prendere
un po' di riposo; ma quella notte fu vegliata da molti sull'insonne
letto; madri, amanti, sorelle, versarono molte lagrime nel segreto
della solitudine e del silenzio.
Ma il sole nascente non vide che entusiasmi, ardore di battaglie,
uomini vigorosi che partivano decisi di dar la vita per la salvezza e
l'onore del paese, e donne rassegnate ad ogni sacrifizio.
Il primo fatto d'arme ebbe luogo in Oltrechiusa. La mattina del 2
maggio, duemila uomini circa del reggimento Provaska, con 52 Ulani
a cavallo, insieme con molti _Jegher_ e gran numero di Sizzeri
dell'Ampezzano, e dei vicini comuni tedeschi, messisi in marcia
comparvero improvvisi sul confine, e uccisa la sentinella cadorina, lo
varcarono, disponendosi in lunga fila dal Boite alla strada, e dalla
strada più in su sulle roccie.
Dato il segnale d'allarme al presidio, i cadorini si avanzarono verso
il nemico, e gli abitanti di Chiapuzza e di San Vito data mano alle
campane si misero a suonare a stormo per avvertire la popolazione
dell'imminente pericolo. Intanto un ufficiale austriaco si era avanzato
con bandiera bianca domandando di parlamentare cogli avversari. Ignazio
Galeazzi, comandante d'uno dei corpi franchi, gli andò incontro.
L'ufficiale tedesco mostrando la capitolazione di Udine invitava i
Cadorini a sgombrare il passo, consigliandoli ad accettare gli stessi
patti.
Il comandante italiano gli rispose che i Cadorini avevano giurato
d'impedire agli austriaci di varcare le Alpi, che erano al loro posto
per la difesa del paese, e che sarebbero morti prima di mancare al
dovere.
Intanto che aveva luogo questo dialogo, l'annunzio dell'avvicinarsi
dei tedeschi si era diffuso in tutto il Cadore, e le campane di tutte
le parrocchie rispondevano al primo segnale, sollevando in massa gli
abitanti, che correvano al luogo minacciato. L'ufficiale austriaco,
udendo il suono delle campane che echeggiava dovunque, domandò al
giovane avversario che cosa significasse quello scampanio, al che egli
rispose:
— Le campane suonano o la vostra o la nostra agonia....
E si vedeva da lontano scendere dalle montagne quelle popolazioni
decise di contendere il passo agli invasori. Gli abitanti di Venàs
avevano portato fuori dalla loro chiesa un antico vessillo di S.
Marco, che nel cinquecento aveva condotto alla vittoria i loro padri;
e da ogni parte spuntavano le guardie civiche seguite da turbe armate
ove c'erano giovani e vecchi, ricchi e poveri, donne e fanciulli,
accompagnati dai loro preti, e si vedevano avanzarsi rapidamente,
minacciosi, perchè quantunque non avessero che schioppi da caccia,
lancie conficcate in bastoni, forche e falci da fieno, spiedi, scuri e
coltelli, tuttavia quelle armi agitate in aria luccicavano da lontano
confusamente con strani bagliori.
A quella vista il nemico aveva sospesa la marcia, e s'era disposto in
ordine di battaglia un miglio distante dalla linea di difesa.
Calvi con una rappresentanza del Comitato era accorso sul luogo,
accompagnato dai Corpi franchi, che fece schierare in due ali per
un gran tratto della strada, sul grande declivio che si distende
lungo le pertinenze dell'Antelao, attraversando anche il Boite, e
penetrando oltre il fiume nei boschi che dominano la strada. Era uno
spettacolo stupendo: da una parte le truppe regolari austriache, le
assise uniformi, i migliori fucili, gli ufficiali esperti al comando,
i soldati disciplinati ed avvezzi al maneggio delle armi; dall'altra
parte i Corpi Franchi, e le guardie Civiche, vestiti in varie forme
paesane, e seguiti da un'accozzaglia disordinata di gente, tutta
una popolazione sollevata in massa, ed accorsa colle sue donne, i
bambini, ed i vecchi, intorno alle loro bandiere ed agli stendardi
della parrocchia, che gridavano, urlavano, mandavano esclamazioni di
entusiasmo ed evviva, anelanti di slanciarsi sui tedeschi, mentre le
campane continuavano il loro lugubre scampanio.
I tedeschi stavano immobili nella loro posizione, i cadorini
attendevano con impazienza l'ordine di assalire gl'invasori.
Quest'ordine non si fece attendere lungamente.
Erano circa le due pomeridiane, quando il capitano Calvi comandò
all'unico tamburino che aveva al fianco di dare il segnale della
marcia, e gridò:
— Avanti!... — ed egli primo colla sciabola sguainata s'avanzò sulla
strada verso il nemico, accompagnato dal rappresentante del Comitato.
Al primo tocco del tamburo, la voce — avanti avanti — era passata di
bocca in bocca, e si era fatta il grido universale. L'ala destra dalle
alture fino al Boite fu la prima a dare l'attacco. La fucilata cominciò
nel sito più alto sotto le roccie, dove alcuni esperti cacciatori erano
saliti rapidamente per sorprendere un drappello di tirolesi che stavano
su quelle alture a bivacco, e con fucilate ben dirette li posero in
fuga. Gli austriaci risposero con una scarica di plotone, ma i cadorini
gettandosi a terra scansarono le palle, e ricaricando i fucili,
continuarono ad avanzare a passo di corsa.
La popolazione quasi inerme seguiva la marcia dei militi con grida
spaventose, con ululati selvaggi, che echeggiavano sinistramente pei
monti. La fuga dei tirolesi aveva animato maggiormente i cadorini, che
raddoppiarono le scariche, cercando di mirare diritto cogli _stutzen_,
di colpire con precisione, e di avanzare sempre con coraggio.
Eppure tanto quei soldati improvvisati, quanto lo stesso loro capitano
non avevano ancora veduto il fuoco d'una battaglia, e Calvi confessò
francamente che sentiva per la prima volta il fischio d'una palla
nemica.
All'ardito avanzare dei cadorini, seguiti da quella massa dall'aspetto
imponente e bellicoso, i tedeschi incominciarono a retrocedere, e
si vedeva da lontano che passavano dietro le valanghe di neve che
ingombravano ancora il terreno, e si ritiravano verso Ampezzo. Tuttavia
le palle piovevano come grandine, ma non arrestavano la marcia di
quegli animosi difensori delle Alpi. Giunti al confine dove la strada
fa una svolta, il nemico collocato in posizione vantaggiosa, si arrestò
e si mise a bersagliare i cadorini con vivissimo fuoco.
Calvi inebbriato dall'ardore della lotta saltò sul parapetto della
strada, e sollevando sulla punta della spada lo stampato della
capitolazione di Udine, ed agitando colla sinistra un fazzoletto rosso,
sfidava il nemico in atto di scherno. Una salva di moschetteria fu
la risposta, ma egli rimase illeso fra le palle che gli fischiarono
intorno.
Quest'atto coraggioso, questa fortunata incolumità fra i proiettili,
infuse tale audacia nei suoi, che cacciatisi dietro di lui che
avanzava, si precipitarono con ardito slancio fra i nemici e li posero
in fuga.
Alle sei della sera i tedeschi erano in piena ritirata; i fucilieri
dell'ala destra dei Corpi Franchi occuparono le posizioni dei nemici,
li bersagliarono dalle loro trincee d'Acquabona, ed assistettero allo
spettacolo del loro ritorno, che mise in fuga ed in iscompiglio gli
abitanti d'Ampezzo.
I cadorini animati dalla lotta avrebbero voluto inseguire il nemico,
e vendicarsi dei traditori Ampezzani, che avendo in altra epoca fatto
parte del Cadore, s'erano poi gettati in braccio dell'Austria, e le
servivano di guida per invadere le terre dei loro fratelli. Ma la
prudenza del Comitato li obbligò a fermarsi e ad attendere il mattino
seguente per prendere una decisione, impiegando la notte a sorvegliare
il confine, ed a guardarsi bene da qualunque sorpresa.
Meno qualche ferito leggermente non si ebbero a deplorare altri danni;
si seppe poi che gli austriaci ebbero morti e feriti, ma in piccol
numero, per la pronta ritirata, che li pose in salvo dal tiro preciso
dei fucilieri delle Alpi.
Durante la notte gli abitanti di Pieve collocarono ingegnosamente
sopra un carro l'unico cannone che restasse disponibile dei cinque
mandati dal governo di Venezia, e trovato a caso un uomo che sapesse
maneggiarlo lo spedirono in Oltrechiusa, scortato da altri drappelli
d'armati accorsi da ogni parte all'annunzio della battaglia.
Al mattino seguente Calvi dispose le due ali come il giorno prima, e
i combattenti pieni di ardore marciarono verso il confine decisi di
dare una buona lezione ai tirolesi, quando con generale sorpresa videro
comparire una bandiera bianca portata da una commissione composta
di un capitano tedesco, del capo comune d'Ampezzo, e da una decina
d'ampezzani che venivano a parlamentare.
Ricevuti dai capi Cadorini giustificarono i fatti del giorno innanzi,
dimostrarono l'inutilità pei destini d'Italia, d'una lotta fra cadorini
ed ampezzani, e mostrandosi desiderosi di vivere in buona armonia coi
vicini, proposero di smettere le armi, riprendendo le usate relazioni
di concordia. I Cadorini aderirono alla proposta e di comune accordo
venne pattuito un armistizio coll'obbligo reciproco di rispettare i
confini. È facile immaginare l'esultanza dei vincitori pei risultati
ottenuti. Gli evviva all'Italia ed a Pio IX accompagnati da canzoni
patriotiche salivano al cielo, ripetuti dagli echi dei monti. Lasciato
uno dei Corpi Franchi a custodia del confine, gli altri ritornarono a
Pieve, e il popolo accorso in massa rientrò alle sue case, soddisfatto.


VII.

A Pieve la popolazione aspettava in piazza il ritorno dei suoi
difensori, e grandi furono gli applausi, i segni di contentezza e
l'entusiasmo.
Sior Antonio si sentiva ambizioso pel suo paese, portava la testa alta,
e offriva una presa di tabacco agli amici, con l'aria d'un diplomatico
che rappresenta una nazione vittoriosa. Il consigliere imperiale
guardava attraverso le tendine della sua camera il movimento della
piazza, ma non si lasciava vedere all'aperto. Sior Iseppo fumava la
sua pipa alla finestra, ed avendo saputo dalla serva che suo nipote era
rimasto in Oltrechiusa a comandare il drappello che custodiva i confini
faceva l'occhiolino, e con un sorriso maligno rispondeva:
— Adesso l'Italia è al sicuro, e l'Austria in pericolo! — e
sghignazzando rientrava nella sua camera.
Isidoro e Tiziano si ritirarono al roccolo, fecero colazione
con Maria, e suo padre le raccontò coi più minuti particolari le
varie vicissitudini della lotta. Essa lo stava ascoltando con tale
attenzione, che senza avvedersene si atteggiava a vari movimenti,
secondo le impressioni ricevute. Tutti i muscoli del suo volto
presentavano le immagini successive della sorpresa, del terrore,
della ferocia, l'ansia dell'attacco, l'ebbrezza del trionfo. La
sua ammirazione per Calvi la spingeva ad espressioni che colpirono
Tiziano, ed eccitarono in lui un senso di gelosia che non aveva mai
provato. Egli la trovava troppo facile ad esaltarsi, troppo esagerata
nell'ammirazione del coraggio, troppo sensibile a certi fatti naturali,
che non hanno nulla di straordinario. Come mai poteva avere gli
occhi gonfi di lagrime, perchè suo padre le raccontava che le palle
fischiavano intorno al capitano?... Costui l'aveva dunque colpita
con una di quelle impressioni potenti, subitanee ed irresistibili,
che feriscono il cuore d'insanabile piaga, e fanno sembrare fugaci e
volgari tutte le affezioni antecedenti?...
Assorta col pensiero in quei fatti, coll'immaginazione esaltata dal
racconto di quella giornata, essa prestava poca attenzione alle parole
di Tiziano. Quell'occhio ardente d'entusiasmo non penetrava più come al
solito negli sguardi di lui, essa non poteva parlare d'altro argomento,
nè altro la interessava fuori delle gesta del suo eroe del quale
chiedeva al padre perfino le abitudini più insignificanti, volendo
conoscerne gli atti e le parole. E la sua ammirazione si spingeva
fino alle qualità personali, ai suoi biondi capelli, al suo aspetto
giovanile, alla dolcezza de' suoi lineamenti.
Tiziano soffriva terribilmente, e sperava che Isidoro sarebbe andato
a prendere un po' di riposo, per chiedere delle spiegazioni a Maria su
questo strano entusiasmo, quando si udì da lontano il suono del tamburo
che invitava i militi ad accorrere sotto le armi. Isidoro e Tiziano
balzarono in piedi, e si disposero a partire, quando Maria, afferrato
un fucile da caccia di suo padre, con uno slancio ardito esclamò:
— Vengo anch'io, voglio seguir Calvi, e tirare sui tedeschi!...
Questo ardore guerresco in una donna può sembrare strano a chi non
conosce le cadorine, e il loro ardire in quell'epoca, ma le memorie
del quarantotto rammentano che le donne si mostrarono pari ed anche
superiori agli uomini nella difesa delle loro montagne. Un testimonio
occulare, l'inseparabile compagno di Calvi, dalle cui note manoscritte
ricaviamo i fatti precisi della difesa, scrisse che le madri e le mogli
eccitavano i figli ed i mariti ad accorrere sul luogo del pericolo, e
ricorda una donna di Sottocastello che udite le campane che suonavano
a stormo per chiamare gli abitanti alla difesa, vedendo che il
marito esitava a partire, lo rimproverava del ritardo. Egli credette
giustificarsi col dire che non aveva armi, ma essa gli chiese: — «Ci
vogliono delle armi per difendere la patria?!...» e battendosi il
petto soggiunse: — «Questo solo basta per difenderla, contro ingiusti
oppressori!»
Un'altra donna del popolo di Pieve, mentre tutti gli uomini, meno i
vecchi, si trovavano alla Chiusa impegnati al combattimento, udendo
le campane di Calalzo che suonavano a stormo, per chiamare a soccorso
contro una colonna nemica che si avanzava, corse sulla strada gridando:
— Fuori tutte.... accorriamo noi donne a difendere il paese; ho
tre figli esposti alla morte, ma non importa, per la patria moriamo
tutti!...
Nella lotta d'Oltrechiusa il capitano s'era accorto che dalla vecchia
strada d'Ampezzo, a sinistra della nuova, il nemico avrebbe potuto fare
una sorpresa, e i fucilieri essendo tutti impegnati all'assalto, invitò
alcuni uomini armati di sole lancie ad occupare quella strada. Essi si
mostravano alquanto esitanti, ma due donne, una di Valle, e l'altra di
Pieve, pronte gridarono: «verremo noi, signor capitano, verremo noi»
ed essendo accorse rapidamente a quella volta, i lancieri li seguirono
subito nel luogo indicato.
Maria aveva udito raccontare da suo padre questi atti generosi, aveva
sentito l'entusiasmo delle battaglie, ed aveva provato quanto fosse
più penoso per un'anima amante, attendere inerte il ritorno dei suoi
cari esposti al pericolo, che dividerlo al loro fianco, e si era decisa
di accompagnarli, come avevano fatto tante altre donne. Suo padre si
oppose energicamente alla sua volontà, e Tiziano lo secondava, ma essa
rispondeva:
— Ah! se sapeste quanto lunghe ed ansiose sono le ore dell'aspettativa,
quanti fantasmi spaventosi vengono ad assalirmi nella mia solitudine
inerte, mentre odo dovunque il lugubre tuono delle campane, e le
scariche delle armi, e penso che voi siete esposti a quel pericolo,
e non solo a morire, ma forse anche a soffrire feriti senza soccorsi
d'una figlia, o d'un amico. Lasciatemi venire con voi, sarò molto più
felice nell'ardore della battaglia, che nella mia desolante solitudine.
Suo padre le fece osservare che non è nell'ardore della mischia che si
sente la fatica della guerra, ma nelle lunghe marcie, e nelle notti
esposti alle intemperie, e a tutti i disagi ai quali non può reggere
una giovine non avvezza ai lavori faticosi, come le povere donne delle
montagne.
Maria dovette cedere suo malgrado all'autorità paterna, ed alle
preghiere di Tiziano, il quale non solo non poteva tollerare che essa
si esponesse ad ogni pericolo, ma non voleva nemmeno che si trovasse
in presenza del capitano vedendola troppo calda ammiratrice delle sue
gesta. Ed avendola consegnata tutta in lagrime nelle braccia della
vecchia domestica, chiusero la porta del roccolo e corsero in fretta
dove li chiamava il dovere.
Le notizie che giungevano in Cadore erano sempre esagerate, incerte,
e contraddittorie. Chi pretendeva che il generale Durando accorresse
in soccorso, e fosse anche giunto a Ceneda colle truppe pontificie;
chi diceva aver veduto a Feltre truppe italiane che si avanzavano
verso Belluno, chi assicurava che gli austriaci si erano trincierati
sul Piave, chi voleva sostenere che Verona era in mano dell'esercito
piemontese, e Radetzky prigioniero.
Invece la verità era assai dolorosa, e la patria versava in grave
pericolo.
Il generale Nugent dopo riconquistato il Friuli occupava Feltre e
marciava verso Treviso tendendo a ricongiungersi con Radetzky in
Verona. Belluno era caduta egualmente in mano degli austriaci, e i
croati s'incamminavano verso il Cadore, per giungervi da quella parte
dalla quale si attendeva il soccorso.
In quel tempo mancava il telegrafo, tutti gli affari erano sospesi,
nessuno si metteva in viaggio senza gravi motivi, e nel silenzio di
quelle valli solitarie, nella solitudine di quelle montagne si avrebbe
creduto che la pace regnasse profonda nel mondo, mentre gli eserciti
stranieri, irti di baionette, e seguiti da innumerevoli convogli di
cannoni calpestavano il suolo italiano, e apportavano la desolazione e
la morte alla nostra patria.
I cadorini però non si perdevano d'animo, decisi di far pagar caro
agli stranieri il delitto dell'invasione, e sperando che la loro
valorosa resistenza dovesse apportare più felici risultati all'Italia,
chiudevano i passi delle Alpi, decisi di morire al loro posto.
Mancavano però sempre d'armi sufficienti, ed anche di viveri, e
ne chiedevano con insistenza a Venezia, decisa al pari di loro di
resistere allo straniero. Da Venezia si rispondeva che «resistessero
ancora per otto giorni», che poscia sarebbero soddisfatti, ma gli otto
giorni passavano e non si vedevano arrivare nè soccorsi, nè uomini, nè
armi, nè provvisioni.
Le strade intercettate dagli invasori non erano più sicure. Il Comitato
di difesa continuava a tenersi legato al governo centrale, al quale
chiedeva ordini e consigli; per fargli tenere con sicurezza i suoi
dispacci aveva stabilito un servizio di appositi messi, tutti gente
fedele, montanari avveduti, che varcavano le montagne per vie ignote,
attraversavano gli eserciti invasori, deludendo destramente i loro
sospetti, penetravano furtivamente nelle lagune, portavano le carte e
ripartivano colle istruzioni, che giungevano sempre al loro destino.
Tra questi messi si distingueva Giacomo Croda, il contrabbandiere di
Misurina, che aveva condotto in salvo Michele, e che poi si era messo
in relazione coi contrabbandieri delle lagune, percorrendo le paludi
che da Altino alla Cava Zuccherina presentano un gran tratto di terre
fangose coperte di canneti ed altre piante palustri e percorse da
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Il roccolo di Sant'Alipio - 07
  • Parts
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 01
    Total number of words is 4274
    Total number of unique words is 1804
    33.3 of words are in the 2000 most common words
    48.1 of words are in the 5000 most common words
    56.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 02
    Total number of words is 4356
    Total number of unique words is 1767
    38.8 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    62.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 03
    Total number of words is 4381
    Total number of unique words is 1718
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    63.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 04
    Total number of words is 4337
    Total number of unique words is 1844
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    60.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 05
    Total number of words is 4345
    Total number of unique words is 1795
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.6 of words are in the 5000 most common words
    60.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 06
    Total number of words is 4326
    Total number of unique words is 1785
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    51.5 of words are in the 5000 most common words
    59.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 07
    Total number of words is 4346
    Total number of unique words is 1753
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    49.6 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 08
    Total number of words is 4370
    Total number of unique words is 1788
    34.2 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    57.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 09
    Total number of words is 4415
    Total number of unique words is 1769
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    56.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 10
    Total number of words is 4379
    Total number of unique words is 1773
    38.4 of words are in the 2000 most common words
    53.8 of words are in the 5000 most common words
    62.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 11
    Total number of words is 4468
    Total number of unique words is 1768
    37.3 of words are in the 2000 most common words
    53.7 of words are in the 5000 most common words
    62.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 12
    Total number of words is 4434
    Total number of unique words is 1754
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    52.2 of words are in the 5000 most common words
    61.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 13
    Total number of words is 4284
    Total number of unique words is 1821
    32.9 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 14
    Total number of words is 4390
    Total number of unique words is 1660
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    53.7 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 15
    Total number of words is 4409
    Total number of unique words is 1824
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 16
    Total number of words is 4335
    Total number of unique words is 1760
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    53.8 of words are in the 5000 most common words
    62.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 17
    Total number of words is 4321
    Total number of unique words is 1784
    37.0 of words are in the 2000 most common words
    53.7 of words are in the 5000 most common words
    61.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il roccolo di Sant'Alipio - 18
    Total number of words is 3555
    Total number of unique words is 1553
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.