Il Professore Romualdo - 04

Total number of words is 4501
Total number of unique words is 1742
34.4 of words are in the 2000 most common words
49.6 of words are in the 5000 most common words
57.3 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
nella stanza tra le stecche delle persiane, venivano a lambire un suo
piedino di rosa che spuntava da un lembo della coperta.
Mentre il dottore contemplava questo spettacolo nuovo per lui, l'uscio
che dal luogo di sbarazzo metteva al cosidetto salotto da ricevimento
si aperse adagino e si richiuse in gran fretta. Non così però, che
il dottor Romualdo non ravvisasse la persona che lo aveva aperto e
richiuso. Quella persona non era nè più nè meno che la signora Dorotea.
Sebbene il Grolli fosse quasi certo di ciò, volle togliersi ogni
dubbio, attraversò lo stanzino e fu tosto nel salotto, ove colse la sua
padrona di casa in piena ritirata.
La signora Dorotea aveva una veste sciolta, il viso cosparso di cipria,
le rade ciocche dei capelli involte in ricciolini di carta. In questo
abbigliamento affatto mattiniero, la signora Dorotea non aveva la più
lontana rassomiglianza con la Venere dei Medici.
— Signora Dorotea! — esclamò il professore.
La buona donna sentì il bisogno di spiegare il suo apparente
spionaggio, e stringendosi con la mano la veste sul petto, si voltò
verso il suo inquilino.
— Ero venuta a vedere se la bimba dormiva ancora — ella disse.
Il dottor Romualdo, visto l'atto pudico della signora Dorotea, stimò
opportuno di passare nell'occhiello il bottone della camicia; quindi
rispose: — Sì, dorme ancora.
La signora Salsiccini tentennò il capo, e parve voler cominciare una
frase che finisse con una interiezione. Si appigliò invece ad un punto
interrogativo. — Dunque la fanciulla è sua nipote?
— Già... mia nipote — replicò il professore, dopo un momento di
distrazione.
— Curiosa! Non sapevo che il professore avesse fratelli.
Le guance del nostro Romualdo si colorarono vivamente. — Avevo una
sorella, che è morta — egli disse con uno sforzo.
— E il padre della bimba?
— Morto anche lui!
— Povera creatura! — esclamò la signora Dorotea, congiungendo le mani
e abbandonando quindi l'atteggiamento verecondo che correggeva il
disordine della sua _toilette_.
Il dottor Romualdo guardò pudicamente da un'altra parte e sospirò: — Ma!
— Creda pure — riprese la signora Dorotea, e non pareva più la
medesima donna che il giorno prima s'era mostrata tanto inviperita
col suo pigionale — creda pure, signor professore, se fossi più
giovane, se avessi un quartiere meno ristretto, vorrei continuare ad
alloggiarli io, vorrei attendere io alla bambina. Ma come si fa?... È
impossibile... proprio impossibile.
Il professore chinò la testa con aria rassegnata.
— Intanto non si dia fretta — seguitò l'altra — c'è tempo... Penseremo
insieme... vedremo... Ho qualche cosa in vista... E adesso non si
affanni per la fanciulla... vada nel suo studio, Lei... starò attenta
io stessa quando si sveglia... la vestirò io...
A questo punto la signora Dorotea si accorse che le conveniva
principiare col vestir sè medesima, e scomparve prima che il professore
potesse ringraziarla.
Il professore seguì il consiglio della sua padrona di casa, e tornò
nella sua camera alquanto rinfrancato. E invero per pochi minuti egli
riuscì ad immergersi nelle sue formule, e vide con soddisfazione gli
_a + b_ e i _b + a_ sgorgare spontanei dalla sua penna; ma ad un punto
la penna gli si arrestò, i pensieri algebrici gli si confusero ed egli
dovette alzarsi dalla seggiola e dare un'occhiata nel gabinetto della
sua pupilla.
— Son qua io — disse a mezza voce la signora Dorotea che lavorava
di calze vicino al letto della Gilda, ancora addormentata. — Studii,
studii... Ho mandato già pel bagaglio... Anzi, mi dia le chiavi.
Il professore obbedì; poi si rimise al lavoro e trovò, continuando
nello svolgimento della sua tesi, che _a h_ è uguale a _z_, ciocchè
gli diede infinito conforto, come lo darà certamente ai lettori.
Quindi, per distrarsi, egli passò nel suo laboratorio, i cui fornelli
erano spenti da circa una settimana, rivide le sue storte che
parevano invitarlo a metterle in opera, rivide chiusa in un vasetto
di cristallo una sostanza organica di cui egli aveva dieci giorni
addietro intrapreso l'analisi, e pensò di ricominciare la delicatissima
operazione.
Allorchè egli uscì dal gabinetto, la Gilda, già pettinata e vestita, si
trovava nel salotto da pranzo, guardando a bocca aperta una infinità di
oggetti di sua conoscenza che la signora Dorotea tirava fuori da una
cassa appena giunta. Ma la curiosità benevola della fanciulla si mutò
in entusiasmo quand'ella vide emergere dalla cassa una piccola bambola
ornata da capo a piedi con la più sfarzosa eleganza: cappellino di seta
verde con nastri rossi; corpetto giallo; sottana azzurra; scarpine di
raso bianco con una rosetta vermiglia nel mezzo. Ella le saltò addosso
come a una vecchia amica, la prese di mano alla signora Dorotea,
la baciò in fronte e la chiamò più volte col nome di _Mimi_. Questo
nome le era stato imposto, quando, ancora ignuda e disadorna, giaceva
lunghe ore sul letto della signora Elena, che, nei momenti in cui il
suo male rimetteva alquanto della sua intensità, lavorava ella stessa
ad acconciarla, promettendosi di farne un dì un regalo alla figlia.
Poi la bambola era scomparsa, e avendone la Gilda chiesto conto alla
madre, questa le aveva risposto: — Sta' tranquilla, che presto o tardi
l'avrai.
Intanto la bimba era stata condotta via dal capitano Rodomiti, e per
compagna di viaggio ella aveva avuto una pupattola assai più modesta,
che s'era rotta prestissimo e aveva finito i suoi giorni nell'Oceano.
Nè questa era la sola sorpresa riserbata alla Gilda, poichè si
trovarono nella cassa anche due palle elastiche di guttaperca, alcune
microscopiche stoviglie di stagno, e un agnello che, opportunamente
caricato, apriva la bocca e belava.
Nè certo le previdenze della signora Natali si erano fermate ai
balocchi di sua figlia. Era un corredo piccolo, ma compito, quello
ch'ella aveva fatto riporre nella cassa e di cui ella aveva steso
di proprio pugno l'inventario negli ultimi giorni che precedettero
la partenza della fanciulla. A veder quel documento s'indovinavano
le sofferenze del corpo e dell'anima della povera donna, tanto la
scrittura ne era incerta e confusa. In un punto ella aveva interrotto
il suo lavoro, perchè uno spasimo fitto l'aveva colta; in un altro le
era stato forza di sospenderlo, perchè le lagrime le avevano fatto velo
agli occhi.
La signora Dorotea, sciorinata ch'ebbe la roba sopra una tavola,
inforcò le sue grosse lenti e prese in mano l'inventario, verificando
ogni cosa. Tutto era in pieno ordine, e la signora Salsiccini, da buona
massaia, non potè a meno di ripetere più volte: — La sorella del signor
professore deve essere stata una gran brava donna; proprio una donna a
modo.
Intanto la Gilda, che aveva già la sua dose di vanità, di tratto in
tratto abbandonava la sua bambola dal cappello verde, il suo agnello
belante, la sua cucina di stagno, e veniva a pavoneggiarsi davanti
a quella biancheria e a quei vestitini che ella sapeva esser suoi.
Naturalmente non era tutta roba nuova, ed ella riconosceva ora un
nastro, ora una sottana, ora una cintura che aveva portato quand'era
in casa. Talvolta le si destavano in mente altri ricordi. Quell'abito
bigio coi fioretti celesti ella non lo aveva mai indossato, ma ne aveva
visto uno dell'identica stoffa intorno a sua madre. E allora quella
parola che i bambini pronunciano prima di tutte, e che solo una grande
sventura può far loro disimparare — _mamma_ — veniva sui suoi labbretti
di corallo. — _La mamma_ — ella diceva, alzando verso la signora
Dorotea e verso lo zio Aldo i suoi occhi belli ed intelligenti e
toccando l'abito bigio col suo piccolo dito. E poi si guardava intorno
come se un uscio dovesse aprirsi e la sua mamma correrle incontro. No,
povera Gilda, la tua mamma non la vedrai più.
Poco prima delle dieci il dottore Romualdo si accorse che si avvicinava
l'ora della sua lezione. Egli uscì di casa frettoloso, e dopo esser
passato in un negozio a farsi mettere il bruno al cappello, si avviò
all'Università, tutto confuso in anticipazione pensando alle mille
domande che gli sarebbero indirizzate e alle spiegazioni che dovrebbe
dare.
E infatti egli non tardò ad avvedersi che l'incidente della notte
scorsa aveva avuto un'eco nelle severe aule della scienza. Poichè,
appena il suo arrivo fu notato dagli studenti sparsi nel cortile e
sotto i portici in attesa del suono della campana, essi si affollarono
sul suo passaggio con un bisbiglio simile al ronzìo d'uno sciame
d'api. Ma la vista del cappello abbrunato del professore disarmò i loro
sarcasmi. Anche il rettore, a cui il Grolli si presentò subito, pareva
sulle prime esser disposto alla celia, ma anch'egli se ne astenne
quando avvertì il segno di lutto e disse con accento di simpatia: —
Vedo con dispiacere che Lei fu colpito da qualche sventura domestica.
Allora il dottor Romualdo, così taciturno, così riservato per indole,
dovè raccontare ciò che gli era accaduto.
— Casi della vita — osservò gravemente il rettore, che non aveva
scritto per nulla un libro di psicologia sperimentale. — Casi
della vita — egli ripetè, offrendo una presa di tabacco al giovane
scienziato.
La lezione procedette senza peripezie.
I giovani stettero quieti secondo l'usato, e il Grolli notò con
singolare compiacenza che le inattese vicende dei giorni scorsi non
avevano potuto ottenebrare in alcuna guisa la limpidezza del suo
criterio matematico. Seppur nel più bello di una dimostrazione il
visino della Gilda si affacciava al suo pensiero nel mezzo di un
triangolo isoscele o scaleno, egli andava acquistando man mano la usata
sicurezza, talchè gli studenti non se ne accorgevano e i rapporti degli
angoli fra loro rimanevano inalterati.
Così egli uscì della scuola con animo più tranquillo, e volse le cure
ad altro importantissimo ufficio, a quello cioè di collocare a frutto
i danari della Gilda.
Egli era ormai deciso di non toccar quella somma in alcun modo,
ma di lasciarla ingrossarsi cogli interessi a formar la dote della
fanciulla. Per quanto egli vivesse fuori del mondo, gli era pur giunta
all'orecchio questa grande verità, che le femmine senza dote stentano
a maritarsi. All'educazione, al mantenimento della sua pupilla avrebbe
provveduto egli stesso. Il suo stipendio di assistente era piccolo, ma
egli lo arrotondava un po', collaborando in qualche Rivista scientifica
e prestando l'opera sua per qualche analisi chimica. In tre anni dacchè
aveva una posizione, s'era messo da parte millecinquecento lire: erano
dunque cinquecento lire all'anno ch'egli poteva spender di più, e le
avrebbe spese per la Gilda. Certo, con questa piccola somma non gli era
dato far miracoli, ma possibile che non gli venisse presto la nomina
a professore! Il dottore Romualdo avvertì per la prima volta nel suo
animo un sentimento poco nobile e generoso, tanto è vero che spesso
il male germoglia dal bene, come il bene dal male. Egli pensò che il
titolare della Cattedra di matematica aveva quasi ottant'anni ed era
paralitico, onde la sua morte non avrebbe nè sorpreso, nè addolorato
soverchiamente nessuno.
Vergognandosi seco medesimo di questo calcolo indecoroso, il dottor
Grolli eseguì quel giorno una duplice operazione presso la Banca
locale. Egli prelevò una piccola somma sulla partita che teneva
aperta colà, e nello stesso tempo, con immenso stupore del cassiere
signor Bernardo Bernardini, versò a titolo di deposito vincolato lire
10,674 50 in nome della signora Gilda Natali minorenne, di cui egli si
costituiva rappresentante.
Sollevato così da un grave pensiero, il nostro Romualdo ritornò a casa,
fermo nel proposito di rinchiudersi nella sua stanza e di non uscirne
fino al momento del desinare. Poichè, egli saviamente rifletteva, se la
responsabilità, se gl'impegni mi si sono così d'improvviso accresciuti,
è indispensabile ch'io lavori con maggior lena di prima, che rassodi
ed estenda la mia fama, che mi faccia conoscere in Italia e fuori...
Purchè la Gilda non mi disturbi co' suoi strilli!...
E invero la Gilda non strillava punto, ma questa tranquillità era
stata acquistata ad un prezzo che al Grolli parve assai caro. Perchè
la fanciulla aveva trovato che di tutte le stanze della casa quella
del professore era la più allegra e ridente. E vincendo le deboli
resistenze della signora Dorotea, ella vi si era trasportata coi suoi
balocchi, aveva addossato a una parete la bambola, aveva deposto per
terra l'agnello, aveva sciorinato sopra una sedia il suo servizio
da cucina. E con molta serietà conduceva l'agnello a belare davanti
alla pupattola, la quale s'inchinava in segno di gradimento; poi la
pupattola era condotta alla sua volta davanti alla cucina, ove fingeva
di rifocillarsi con grande appetito. Come pennellata finale, i due
gatti _Mao_ e _Meo_, che da anni ed anni non penetravano nella stanza
del professore, attratti, per quanto sembra, dalle grazie della Gilda,
avevano stimato opportuno di rompere la consegna e russavano l'uno
vicino all'altro sulla poltrona ove aveva l'abitudine di sedere il
dottor Romualdo.
— Signora Dorotea, signora Dorotea — egli gridò, abbracciando con un
rapido sguardo il desolante spettacolo.
— Che vuol che ci faccia?... La bambina gridava come iersera e non ho
potuto quietarla altrimenti che lasciandole fare il piacer suo.
— Ma io...
— Ma Lei, caro signor professore — interruppe la signora Dorotea in un
accesso del suo umore bisbetico, del giorno innanzi, se vuol tenersi
sua nipote a dovere, rimanga a casa a custodirla, o le pigli una
governante... Capisco anch'io che così non può durare.
E ciò detto, afferrò la gruccia dell'uscio e abbandonò la stanza,
seguìta dalla Gilda che le si era aggrappata alle falde del vestito e
che lasciava armi e bagagli sul campo di battaglia.
— Signora Dorotea — gridò di nuovo il dottore Romualdo, scotendo
forte la poltrona su cui si trovavano i gatti. Ma la signora Dorotea
non sentì o non volle sentire; invece _Mao_ e _Meo_, turbati nei
loro riposi, spiccarono un salto, passarono sopra la scrivania del
professore scompigliandone le carte, e calatisi giù dall'altra parte
sgusciarono via per l'uscio socchiuso.
— E vero, così non può durare — esclamò il professore. E si lasciò
cadere sfinito sulla poltrona.


IX.

— _Così non può durare_, — avevano detto con mirabile accordo la
signora Dorotea e il professore Romualdo uno degli ultimi giorni del
maggio 1861; ma si sa che le umane previsioni sbagliano spesso, e
non parrà quindi troppo singolare che durasse così per alcuni anni.
Invero, nei primi tempi, la signora Dorotea si era accinta molto
coscienziosamente all'ufficio di cercare un quartierino che potesse
convenire al professore, ma per quanti ella ne avesse visitati non
gliene era andato a genio nessuno. E il professore aveva sempre accolto
con la massima rassegnazione le risposte sconfortanti della sua padrona
di casa. Finalmente, in via provvisoria e verso un moderato aumento
di pigione, la signora Dorotea s'era determinata a cedere al dottor
Grolli anche il salotto da ricevimento, affine di collocarvi la Gilda
togliendola dal bugigattolo ov'era stata posta al suo arrivo. — È una
cosa che non può tirare in lungo più di qualche settimana — dichiarò
un giorno la vedova Salsiccini alla portinaja, che le rinfacciava
sarcasticamente la sua debolezza. La signora Gertrude non si degnò
di rispondere, ma le sue labbra si atteggiarono ad un sorriso di
compassione.
E i fatti dimostrarono che la signora Gertrude aveva le sue buone
ragioni di sorridere. Prima che passasse un mese, la combinazione
provvisoria era diventata una combinazione stabile, il professore non
pensava ad andarsene, la signora Dorotea non pensava a cacciarlo via, e
la Gilda Natali mostrava le migliori disposizioni a menar per il naso
così il dottissimo zio come la padrona di casa. — È una birichina —
diceva la vedova, conducendo seco la bimba nelle sue peregrinazioni e
presentandola alle infinite sue conoscenze — una birichina. Ma io la
farò stare a dovere.
— Viene dall'America? — chiedeva qualcheduno.
— Sicuro. Non è vero, Gilda, che vieni dall'America?
— E parla italiano?
— Già, parlava italiano con la sua mamma. Sa anche l'_americano_ però.
Dice qualche volta delle parole da far ridere. Di' buon giorno, Gilda,
di' buon giorno in _americano_.
— _Buenos dias_ — rispondeva in spagnuolo la fanciulla sorridendo, e
mostrando i suoi bei dentini bianchi come l'avorio.
— Eh, non deve poi mica esser tanto difficile l'_americano_. Somiglia
alla nostra lingua... Ih che occhietti vispi!
— E sapete come si dice _bambina_ in _americano_? — ripigliava la
signora Dorotea, superba di poter dare una lezione di lingua straniera.
— Sentiamo, via.
— Si dice _nigna_.
— Oh _nigna_! _nigna_!
Ella pareva fatta d'argento vivo, la Gilda, e il dottor Grolli,
con tutta la sua riputazione d'uomo rigido e austero, non riusciva
a domarla. Avvezzo a esercitare la sua autorità su giovani maturi,
egli si trovava sconcertato di fronte alle graziette e alle malizie
infantili della sua pupilla, e non sapeva mai quando fosse il momento
di allentare e quando quello di stringere il freno. Inoltre egli stesso
era inetto a rendersi conto di ciò che provasse verso la Gilda. Talora
lo vinceva un prepotente desiderio dell'antica quiete e lo infastidiva
questa fanciulla ch'era venuta a turbarla, ma più spesso prevaleva nel
suo animo un senso di compassione per l'orfanella che non aveva altri
al mondo che lui.
Era pieno di queste contraddizioni. Usciva talvolta dalla sua camera
a intimar silenzio alla bimba che disturbava i suoi studi, e poi, se
stava una mezz'ora senza udir la sua voce, gli pareva che gli mancasse
qualche cosa, e s'arrestava con la penna sospesa fra l'indice e il
pollice, e tendeva l'orecchio, nè ripigliava il lavoro finchè il
noto suono non tornasse a ferirlo. Del resto, quando la Gilda era in
casa, i momenti di silenzio assoluto erano estremamente rari. Ella
s'intratteneva ora coi due gatti _Mao_ e _Meo_ a cui aveva infuso una
insolita vivacità, ora con due cardellini ch'ella aveva indotto lo zio
a comprarle, ora con la sua pupattola _Mimi_, ora con la sua cucina di
stagno. Nelle grandi occasioni si arrampicava sui mobili, provocando
acutissime strida da parte della signora Dorotea, la quale non lasciava
sfuggirsi il destro di dichiarare solennemente: — Ancora uno o due
giorni, e poi la faccio finita io.
Ma sebbene la signora Dorotea non la facesse finita mai, e la Gilda
continuasse a stringere il suo piccolo scettro, è facile immaginarsi
che l'ambiente in cui la fanciulla cresceva non era il più propizio
alla sua tempra e ai bisogni dell'età sua. Ella era la sola vita
giovane che si agitava in quel ritiro, era una rosa sbocciata per un
capriccio del caso sopra un dorso di monte che alimenta appena qualche
abete solitario. Nessun canto rispondeva al suo canto, nessun visino
allegro s'incontrava col suo sul pianerottolo o per la scala. Tutta la
casa albergava gente seria e taciturna, ma il quarto piano poi aveva
per inquilini tre vere mummie. Un colonnello in pensione, terrore dei
giovani di _restaurant_ a cui gli accadeva spesso di gettare i piatti
nel viso; una vecchia galante, che disingannata del mondo passava la
giornata a snocciolar rosari; un signore misantropo, che raccoglieva
monete antiche senza permettere a nessuno di vederle: ecco i tre
personaggi esotici nei quali la Gilda si imbatteva talvolta uscendo
a prender aria sulla ringhiera. Le scorrerie della bimba parevano ai
tre fossili una enormità; essi avrebbero fatto volentieri una protesta
cumulativa al padrone di casa, se il farla non avesse reso necessario
di riunirsi e d'intendersi prima. Ma poichè le riunioni non formavano
parte del loro sistema di vita, s'eran contentati di rivolgere
isolatamente le loro lagnanze alla portinaja, la quale aveva un po' in
uggia la Gilda, dopo che un giorno, mentr'ella attraversava il cortile,
una palla di guttaperca caduta dal quarto piano era venuta a piombarle
sopra il _chignon_.
Per trovare un amico ed un alleato la Gilda doveva scendere tutte le
scale, uscir dal portone e recarsi nel magazzino del signor Gedeone
Albani. Ivi spadroneggiava per un paio d'ore al giorno il figlio del
signor Gedeone, Mario, ragazzo che aveva cinque anni più della piccola
Natali, e che, fin dal primo vederla, le aveva fatto a bruciapelo una
dichiarazione di simpatia. — Sei proprio bella; mi piaci.
Mario passava due ore il giorno nel magazzino per volontà espressa
del padre, il quale desiderava iniziarlo nel commercio e diceva che
l'essenziale era d'imparar presto a _conoscere i generi_. A raggiunger
l'intento, il fanciullo cacciava le mani nei campioni di zucchero e
se ne riempiva la bocca, sbucciava le mandorle e pronunziava il suo
autorevole giudizio sulla loro qualità, ma non si mostrava mai tanto
appassionato per _la conoscenza dei generi_ quanto all'arrivo delle
cassette dei datteri di Tunisi. Pel caffè, pel grano, pel pepe egli
aveva uno scarso trasporto; non isdegnava invece di assaggiar la gomma
arabica e il sugo di liquirizia. Sempre allo scopo di far confidenza
con le mercanzie, Mario ora sedeva, come sopra un trono, sopra una
balla di baccalà, ora si metteva a cavallo di un bariletto di aringhe
gridando _hop, hop_, come se si trattasse di un cavallo in carne ed
ossa. Ma ove i suoi meriti brillavano di luce più viva si era nel
mettere la marca G. A. sopra i colli che si facevano in magazzino. Qui
egli sfoggiava realmente una rara sicurezza di mano e un senso squisito
delle proporzioni, e il signor Gedeone rimaneva spesso estatico dinanzi
all'opera di suo figlio.
La Gilda, quantunque non fosse destinata al commercio e non avesse
alcun bisogno di acquistar _la conoscenza dei generi_, si divertiva
moltissimo in mezzo al movimento del fondaco, e non ricusava di
accettare qualche dattero da Mario, le cui birichinate la esilaravano
fuor di misura. Ma ciò ch'ella ambiva sopra tutto si era di porgergli
il pennello quand'egli si accingeva alla delicata operazione di _far
le marche_. Le pareva in questo modo di diventare collaboratrice
dell'amico suo. Gli uomini del magazzino, avvezzi ormai a trovarsela
sempre fra i piedi, la chiamavano scherzosamente _la Trottola_, e il
signor Gedeone non la vedeva neppur lui di mal occhio, e le permetteva
di assistere alle sapienti manipolazioni delle sue mercanzie. Poichè
il signor Albani aveva adottato a questo proposito un principio
tecnologico assai profondo, che si riassumeva così: _Ogni articolo nel
suo stato naturale è difettoso, ma ogni articolo può rendersi perfetto
mercè opportune mescolanze._ Ligio a una massima tanto ragionevole,
l'egregio negoziante temperava con qualche spruzzo di farina la
dolcezza nauseante dello zucchero, e diminuiva l'aroma esagerato del
tè coll'introdurre nelle cassette chinesi qualche po' di camomilla e di
malva.
Le lunghe dimore della Gilda nel magazzino Albani non andavano punto
a genio alla signora Dorotea, la quale si lagnava che i vestiti della
bimba s'impregnassero di un acuto odore di baccalà e di sardelle
salate, e scendeva talvolta dall'altezza del suo quarto piano a
impadronirsi della piccola ribelle. Nè per solito la Gilda cedeva senza
opposizione, che anzi Mario Albani l'aizzava e l'aiutava a resistere.
Un giorno fra gli altri, giorno nefasto per la signora Dorotea, mentre
la buona vedova era curva sulla Gilda che si rotolava sul pavimento, il
terribile ragazzo afferrò il suo pennello e in un batter d'occhio le
dipinse sulla schiena un magnifico G. A. che provocò le sonore risate
di tutti i presenti. È facile immaginare lo scandalo che ne successe.
La signora Dorotea chiese al signor Albani _seniore_ una soddisfazione
immediata dello sfregio fattole dall'Albani _juniore_; indi Mario
s'ebbe tosto una tiratina d'orecchi, e alla Gilda fu vietato l'accesso
nel magazzino. Però la proibizione non istette molto a diventar lettera
morta, e i due fanciulli tornarono a vedersi quasi ogni giorno.
Del resto, pareva destino che la Gilda non dovesse avere che de' gusti
bislacchi. In casa, quando suo zio voleva usarle una finezza, egli
non aveva che da condurla nel suo laboratorio chimico. Ella rimaneva a
bocca aperta dinnanzi ai suoi esperimenti, voleva saper tutto e capir
tutto, e andava superba se il professore le ordinava di portargli
una boccettina di sali, di chiudere una chiavetta, di soffiare in un
fornello.
— Non ci mancava che questa... proprio — brontolava la signora Dorotea.
— Son matti, zio e nipote, matti tutti e due... Guardate un po' se
una ragazza deve stare in quei luoghi lì a insudiciarsi le mani e il
vestito... Stia piuttosto in cucina, impari a metter la pentola al
fuoco, e non s'immischi in quelle diavolerie... Oh i dotti!... Che
piaga!... Non sono contenti di guastarsi da sè l'anima e il corpo...
vogliono guastare anche gli altri...
La Gilda aveva sette anni allorchè il suo amico Mario fu mandato in
un collegio della Svizzera. Le disposizioni commerciali del ragazzo
sembravano assai mediocri. Egli continuava ad approfondirsi nella
_conoscenza dei generi_, continuava a dipingere sui colli di mercanzie
la marca G. A., ma aveva una negativa assoluta pei conti e ripeteva
sempre che voleva fare il pittore o il soldato. Il signor Gedeone non
dubitava, però, che alcuni anni di soggiorno in un convitto commerciale
avrebbero corretto il figliuolo da queste ubbie.
Partito Mario, la Gilda non ebbe più motivo di scendere nel fondaco
Albani, e le mancò in tal modo la principale fra le sue distrazioni. Le
passeggiate con la signora Dorotea l'annojavano, il laboratorio chimico
dello zio non bastava neppur esso a metterla di buon umore.
Il dottor Romualdo si sentì assalito da uno scrupolo di coscienza. Era
possibile che questa fanciulla esuberante di vita crescesse sempre al
fianco di lui e della buona ma uggiosa signora Dorotea? Nell'accettar
la Gilda dalle mani del capitano Rodomiti non aveva egli implicitamente
assunto l'obbligo di farne una ragazza a modo, atta a divenir col
tempo una moglie saggia, una madre amorosa? E a raggiungere questo
fine non era indispensabile di volger seriamente il pensiero alla sua
educazione?
In forza di così savie considerazioni, una mattina del novembre 1864,
il dottor Grolli accompagnava la sua pupilla nel miglior collegio
femminile della città. La Gilda aveva allora sette anni e mezzo; era
di viso bellissimo ed egregiamente proporzionata di membra. Chi la
vedeva con quei suoi occhi scuri e vivaci, con quei suoi bruni capelli
profusi, con quella sua aria di regina in miniatura, non poteva a meno
di esclamare: — Che amore di bimba! — A ogni modo, inosservata ella non
passava mai.
Quando le si annunziò che sarebbe andata in collegio, ella accolse la
notizia con più curiosità che rammarico. Le dispiaceva separarsi dai
suoi gatti, dai suoi cardellini, dalla sua bambola, e un po' anche
dallo zio Aldo e dalla signora Dorotea, ma il fascino della novità
soverchiava in lei gli altri sentimenti. In fin dei conti era ben
giusto di uscire dal mondo piccino in cui era cresciuta fino allora,
di veder visi diversi dai soliti, di contrarre amicizie con fanciulle
della sua età. Onde, quand'ebbe varcata la soglia della sua nuova
dimora e il professore si accomiatò da lei con un bacio, ella non
tardò a rasciugarsi una lagrimetta, a fare il viso ilare e a seguir
saltellando una giovane sotto-maestra che voleva presentarla alle sue
condiscepole raccolte in giardino.
Egli invece, l'austero ed ispido uomo, poichè ebbe affidata la nipote
alla direttrice del collegio, se ne tornò indietro oppresso da una
malinconia di cui da gran tempo non provava l'uguale. Pensava alla
solitudine della sua casa, alla noia di non veder davanti a sè altri
che la signora Dorotea, di non sentir altre voci che quella di lei,
così stridula e disarmonica. Negli ultimi tre anni aveva spesso
invocato l'antica quiete; adesso l'antica quiete gli era restituita,
ed egli non l'accoglieva senza sgomento. Le dita tenerelle della Gilda
avevano fatto vibrare nell'anima sua una corda non per anco toccata,
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Il Professore Romualdo - 05
  • Parts
  • Il Professore Romualdo - 01
    Total number of words is 4330
    Total number of unique words is 1687
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 02
    Total number of words is 4620
    Total number of unique words is 1690
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    53.8 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 03
    Total number of words is 4485
    Total number of unique words is 1745
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 04
    Total number of words is 4501
    Total number of unique words is 1742
    34.4 of words are in the 2000 most common words
    49.6 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 05
    Total number of words is 4474
    Total number of unique words is 1751
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    52.5 of words are in the 5000 most common words
    60.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 06
    Total number of words is 4506
    Total number of unique words is 1712
    38.0 of words are in the 2000 most common words
    54.3 of words are in the 5000 most common words
    62.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 07
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1801
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    50.8 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 08
    Total number of words is 4474
    Total number of unique words is 1739
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    53.6 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 09
    Total number of words is 4456
    Total number of unique words is 1677
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    53.0 of words are in the 5000 most common words
    60.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 10
    Total number of words is 4547
    Total number of unique words is 1727
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    59.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Professore Romualdo - 11
    Total number of words is 3792
    Total number of unique words is 1451
    39.4 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    63.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.