Il ponte del paradiso: racconto - 15

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disegno, imaginando senza dubbio, nel favorire l’amico, d’infondergli il
coraggio che a lui sarebbe per troppe ragioni mancato. Per verità, egli
amava Margherita con tutte le forze dell’anima, e ciò che ardeva
nell’anima sua gli traspariva sicuramente dagli occhi. Di dar moglie al
suo giovine amico, Raimondo Zuliani aveva parlato in presenza della sua
Livia; ed ella aveva sorriso, assentito, perfino aggiunte le sue
esortazioni a quelle del marito. Poteva egli, Filippo Aldini, nel
lasciare che Raimondo Zuliani parlasse per lui, povero innamorato, ai
signori Cantelli, prevedere lo scoppio di una nuova follìa che doveva
esser cagione di tante rovine?
— Rovine! e quali? — pensò il signor Anselmo mentre aguzzava l’orecchio.
Certo, seguitava Filippo, in tutta quella faccenda gelosa, egli non era
stato senz’arte: si era destreggiato in modo da non esser tirato mai a
discorrere del suo matrimonio possibile. Ma questa era arte legittima,
ed anche necessaria. Di certe cose, che sono il dolce futuro, si parla
male, in presenza di certe persone, che rappresentano l’amaro passato; e
sono delicatissime, le dolci cose sperate, e non è prudenza ragionarne,
se non quando siano avviate per modo di non correr più il pericolo di
andare in dileguo. Del resto, se era Raimondo quegli che aveva tutto
ideato e tutto imbastito, se egli ne aveva parlato e molto probabilmente
seguitava a parlarne con sua moglie, se ella appunto in quei giorni era
tutta tenerezza col marito, poteva egli prevedere quella repentina
tempesta di collere, incominciata con un velenoso discorso alle signore
Cantelli; continuata con un assalto diritto a lui, chiamato cacciatore
di doti, e costretto a mendicar pretesti per rinunciare alla propria
felicità; giunta finalmente al suo colmo spaventoso, quella stessa
mattina, colla consegna di un antico carteggio al marito?
— Grave! grave! — borbottava il signor Anselmo, che oramai vedeva
sopraggiungere il dramma.
E il dramma, il dramma, bisognava raccontargli. A frasi rotte, ma non
dimenticando nulla, neanche l’improvvisa e folle apparizione di quella
donna là dentro, dov’essi erano seduti in quel punto, e dove indi a poco
doveva irrompere il furente marito, Filippo Aldini raccontò. Sopraffatto
dall’ira, il signor Zuliani non era stato altrimenti acciecato; le sue
mani vendicatrici non si erano aggravate su quella disgraziata. Bensì a
lui si era rivolto, a Filippo Aldini, per chieder conto dell’onor suo
oltraggiato e dell’amicizia tradita. Lì, per l’appunto, dov’essi
stavano, e mentre la donna, esortata dall’Aldini a fuggire per
quell’uscio segreto, pur rimaneva inavvertita in ascolto, Raimondo aveva
voluto stabilire le condizioni d’un duello mortale, inesorabilmente
mortale. Due nomi scritti, e la sorte decidesse quale dei due, in un
termine inviolabile di tempo, doveva uccidersi, sparire, poichè uno dei
due era di troppo sulla faccia del mondo.
Così voleva Raimondo; forma e condizioni del duello erano in sua balìa,
essendo egli l’offeso; e l’Aldini aveva dovuto giurare di star fermo ai
patti. La sorte era stata contraria a Raimondo, il quale, del resto, a
temperargli il nuovo rimorso, affermava che in nessun modo, anche
vincitore nel giuoco della sorte, avrebbe voluto sopravvivere alla
perdita della sua felicità, alla morte delle sue illusioni.
Ed egli, l’Aldini, aveva dovuto inchinarsi; più ancora, fatto schiavo di
quell’uomo per forza di cose, per rispetto ad una sventura ond’egli era
stato in tanta parte cagione, aveva dovuto sottomettersi ad un’altra
volontà di Raimondo. Questi, la cui parola era impegnata con Anselmo
Cantelli, aveva già fatto del matrimonio tra l’Aldini e Margherita una
questione d’onore; voleva adunque che il matrimonio seguisse; quanto a
sè, fatte le nozze, avrebbe provveduto, secondo il decreto della sorte,
e secondo l’istesso disgusto, invincibile omai, della vita. Ma questa
volontà di Raimondo metteva l’Aldini in una condizione assai triste.
Doveva egli tacere? Era una viltà, e la sua coscienza gli avrebbe sempre
rimproverato quel tradimento alla buona fede dei signori Cantelli, che
sulla testimonianza di Raimondo Zuliani lo avevano per un gentiluomo
senza macchia. Doveva egli parlare? Era una slealtà, poichè con questo
egli tradiva i segreti di casa Zuliani, quei segreti dolorosi che la
magnanimità di Raimondo aveva voluto coprire del velo più fitto,
abbracciando il partito d’un duello alla sorte. Ma se il parlare fosse
stato ristretto in certi confini di prudenza, e nella misura della
necessità, ristretto sopratutto all’unica persona che aveva poi il
diritto di sapere ogni cosa, perchè d’ogni cosa era liberale a lui, come
avrebb’egli meritata la taccia di sleale?
La coscienza gli diceva che nel discreto orecchio di Anselmo Cantelli
egli poteva deporre il suo segreto e l’altrui. Senza dubbio, tra due
mali era da sceglier sempre il minore; e il minore consisteva per
l’appunto nel non commettere una viltà così grande, come sarebbe stato
il tacere. Un cacciatore di doti, certificato ed autenticato un portento
di delicatezza, poteva tacere e lasciar correre: un uomo onesto davvero,
non tale per attestati antichi o recenti, doveva parlare, fosse pure
nella angosciosa certezza di rinunziare con ciò al bene supremo, alla
mano ed al cuore di Margherita. Il danno era immenso; ma non sarebbe
lungamente durato. Solo in ciò confidava.
— Là! là! — disse il signor Anselmo, commosso, un po’ stendendo la mano
per battergli amorevolmente sul braccio, un po’ tirandola a sè per
rasciugarsi una lagrima. — Non si lasci trasportare dalla vivacità dei
suoi sentimenti. Ragioniamo, se è possibile. Intendo ch’Ella abbia
voluto aprirsi intieramente con me: intendo, ed ammiro. Ma le cose non
mi paiono così gravi, com’Ella le fa. La sua storia, se non si trattasse
di quell’ottimo Zuliani, che c’è di mezzo, e al cui caso bisognerà
provvedere, non mi farebbe, creda, nella mia veste di padre, nè caldo nè
freddo. Quando ella si lasciava involgere, sconvolgere, travolgere....
ricordo la sua frase, vede?... Ella, dico, non conosceva ancora mia
figlia. Del passato non ci può esser colpa per noi. L’uomo è nato
cacciatore; si può dirlo qui.... nel suo paretaio; — soggiunse
maliziosamente il signor Anselmo, che non rinunziava alla burletta,
quando la sentiva germogliare sul labbro; — e bisognerebbe interrompere
il corso della specie umana, ivi inclusa la discendenza di Nembrot, se
si dovessero ricusare per generi gli uomini che sono stati a caccia. —
Qui il signor Anselmo fece una brevissima pausa, come l’oratore che
dall’esordio sta per passare al vivo dell’argomentazione, poi ripigliò:
— Non induca da ciò che io sia stato un gran cacciatore nel cospetto del
Signore; no, ma buon Dio! quando Eleonora Langosco non era comparsa
ancora sul mio modesto orizzonte, creda che ho fatte le mie sciocchezze
pur io, come ogni fedel cristiano. E del resto, voglia ricordarsi di
quel comico latino; Terenzio, mi pare: “son uomo„ ha fatto dir egli ad
uno dei suoi personaggi; “son uomo e mi accollo la parte mia di tutte le
umane debolezze„. Dunque, niente paura, signorino; pensi in quella vece
che la mia stima per lei è cresciuta a mille doppi. —
Filippo Aldini levò la fronte, e lo guardò trasognato.
— Già — riprese il signor Anselmo; — proprio così. Sa Lei, conte Aldini,
che un discorso come il suo non lo fanno due uomini? Almeno, — volle
concedere il buon vecchio, — almeno, a cercarli tra le mie conoscenze.
Ella rinunzia, per delicatissimo sentimento d’onore, ad una donna che
ama profondamente; ad una donna che vale assai.... Lascio stare i
quattrini; — soggiunse il banchiere, a mo’ di parentesi; — sono la
nostra miseria! Parlo delle qualità morali, che conosco ben io, anche
superiori alle fisiche, visibili a tutti. Ci rinunzia, e son certo che
ciò potrà costarle la vita. Ora io.... gliel ho a dire? Venga qua,
poichè tanto è già mezzo ginocchioni davanti al suo confessore.... Si
accosti bene! —
Così dicendo, venne ad aver tra le palme la testa di Filippo Aldini. Lo
baciò allora sulla fronte, poi si curvò per dirgli all’orecchio, ma
forte, ben forte:
— Ora, io.... non rinunzio a Lei. Ha capito? —
Filippo mise un grido; afferrò le mani del signor Anselmo, e le baciò,
inondandole di lagrime.
— Si calmi, si calmi! — esortava il buon vecchio. — Che c’è egli di
strano, in ciò che le ho detto, o che ella non meriti, per la sua bella
sincerità? Le ho parlato per conto mio, s’intende; — aggiunse egli
poscia; — e perchè ella sappia bene fin d’ora con che animo parlerò a
Margherita.
— A Margherita! — esclamò Filippo, sussultando.
— Eh, niente si può fare, concederà, senza che venga da lei una parola
di gradimento. Ella stima mia figlia, signor conte; la crederà degna di
ricevere in deposito, e capace di custodire gelosamente un segreto. —
Filippo assentiva col capo, ma contorcendosi anche un pochino, e
stringendo le labbra, al pensiero che del segreto non tutto suo, dovuto
confidare al signor Anselmo per troppo gravi ragioni, andasse a parte
anche un’altra persona. Quell’altra era bensì Margherita, la divina
creatura; ma proprio era fatto per lei, quel segreto?
— Pensi un po’; — riprese il signor Anselmo, che si era facilmente
avveduto di quel contrasto di pensieri. — Se io non ci fossi, Ella,
quest’oggi, trovandosi al bivio crudele di cui mi ha fatta una così viva
pittura, si sarebbe pur confidato d’ogni cosa con Margherita; ne
conviene? Dunque, procediamo. Margherita ha senno maturo in giovane età;
Margherita è una donna forte, sa? Non la giudichi da un po’ di
stordimento che ha in questi giorni sofferto. Era naturale. La poverina
stimava lei come il più leale degli uomini, e lì, senza preamboli, ne ha
sentito dir corna. Capirà.... Ciò doveva colpirla nel mezzo del cuore; e
ciò va ad onor suo, come a testimonianza della stima che aveva concepita
per Lei. Ma infine, sa padroneggiarsi, distinguere, e giudicare con
calma. Le aggiungerò che io mi fido molto del suo retto giudizio; e in
certe faccende, poi, nelle matrimoniali, ad esempio, non la contrario
mai. Non sono già io, che ho da prender marito; è lei, e perciò giudica
lei, decide lei in prima ed ultima istanza. Per un nugolo di
pretendenti, finora, ha detto di no: per Lei, così poco pretendente, lo
vedo bene! ha detto di sì. Vuole che si disdica? Io non lo credo.
Comunque sia, quella savia figliuola merita tutta la mia confidenza, ed
io mi rimetto intieramente alle sue decisioni. Pel suo segreto, signor
conte, non dubiti; Margherita saprà farne buon uso. Ella vada
tranquillo, e non mi dica altro, se mi ama. — Filippo chinò la fronte,
persuaso.
— Sarei uno sciocco, — diss’egli, — se non riconoscessi quanta bontà c’è
in Lei, sopra ogni merito mio: sarei un essere indegno di vivere, se
dubitassi della signorina Margherita, della sua delicatezza di sentire e
della sua nobiltà di pensare. Ah, quante cose aggiungerei, — gridò
Filippo, animandosi, — se non mi ritrovassi in questa dolorosa
condizione!
— Bravo! io le immagino tutte; — ripigliò il signor Anselmo, levandosi
da sedere; — speriamo di averne presto un bel saggio. Fa così piacere ai
babbi sentirsi lodare il sangue loro! Ma veda come ci siamo sbrigati; —
soggiunse, guardando il suo Patek. — Sono appena le due e mezzo.
Ritornerò all’albergo; Ella mi metta sulla buona strada per San Marco,
perchè non mi fido troppo dell’indirizzo proverbiale: _La vaga drio a la
zente_. E restiamo intesi fin d’ora ch’Ella verrà come ha promesso, alle
nove, e magari alle otto.
— Ma.... — disse Filippo, perplesso; — se la signorina Margherita mi
avesse condannato? —
Il signor Anselmo lo guardò con una tale espressione di tenerezza, che
il povero Filippo non avrebbe potuto augurarsene di più nel cuore della
sua bella figliuola.
— In questo caso l’avvertirei con due righe di biglietto; — rispose. —
Dove pranza lei? Al Quadri, mi han detto.
— Sì, è il mio luogo solito. Ma ne avrò voglia, quest’oggi?
— Non perda l’appetito, mio caro Aldini; è una tra le prime
raccomandazioni della scuola di Salerno. Un boccone inghiottito è poi,
davanti alle nostre malinconie, come la provvista d’aria di cui si
rinnovano i nostri polmoni; lavoro inavvertito, quasi meccanico. Si
continua a respirare, anche nei momenti più tristi, quando si dispera di
tutto, e s’invoca la morte. Ma non filosofiamo; se no, perdo il
treno.... voglio dir l’ora buona per ragionare con quella cara
figliuola. Stia di buon animo, su! Resta inteso ad ogni modo che Ella
viene senza aver aria di saper nulla, di aspettar nulla, trattandosi
d’una visita di presentazione alla mia modesta persona. Le cose van
fatte da cavalieri molto sbadati, molto ignoranti, anche e più
coll’amico Zuliani, il quale fra un’ora e mezzo mi darà l’annunzio della
visita sullodata, che noi dal canto nostro non potremo dirne di aver già
ricevuta. Quanto a Margherita, che crede? ch’essa non voglia più
riconoscere il conte Aldini, neanche per prossimo? Comunque sia, mio
caro, per levarla di pena, le invierò il mio bigliettino, e sperando di
poterci scrivere una frase, del genere di questa: “il ponte del Paradiso
è in ottimo stato di conservazione; ci si può passare senza pericolo„.
— Dio voglia! — esclamò Filippo Aldini.
— Ella ha intanto la mia assoluzione; — aggiunse il signor Anselmo.
Erano arrivati frattanto in capo alla Merceria. Di lì il signor Cantelli
poteva andare da solo a San Marco; e Filippo Aldini lo lasciò, per non
correre il pericolo di farsi vedere a quell’ora con lui.


XVII.

La donna forte.

Certo oramai della strada, poichè la Merceria metteva appunto a quella
nobilissima parte di Venezia che tutti i viaggiatori conoscono anche
prima d’esserci stati, il signor Cantelli si avviò speditamente
all’albergo; pensieroso, e non senza ragione, così per il triste caso
dell’amico Zuliani, come per il discorso malagevole che avrebbe dovuto
fare alla sua cara figliuola. Ma nell’animo di quel babbo soverchiava un
sentimento di viva simpatia per quel conte Aldini, il quale, ora più che
mai, colla sua nobile sincerità, meritava di diventare suo genero. Tutta
la difficoltà consisteva nel modo come la confessione generale del
giovinotto sarebbe stata intesa da Margherita: quanto a lui, lo
confortava abbastanza la sua vecchia massima: “l’uomo è nato
cacciatore„; alla quale poteva anche aggiungere che nel caso concreto il
cacciatore era stato trascinato, più che dalla imprudenza sua, dalla
follìa della selvaggina. Una vera fatalità! e tanto più fastidiosa, in
quanto che l’errore lontano portava conseguenze vicine.
Ed ora, come dire tutte queste cose a Margherita? Erano discorsi da
farsi a ragazze? Ma sì, pur troppo, viene il momento che anco alle
ragazze bisogna parlare l’aspro e volgare linguaggio del brutto mondo in
cui vivono, povere anime ignare! Del confidarsi alla moglie, perchè
facesse lei il discorso, gli era pur venuta l’idea; ma subito l’aveva
messa in disparte. Anzitutto il segreto rischiava di non esser più tale,
passando per troppe orecchie; ed egli non ne aveva preso licenza dal suo
penitente. Poi, l’effetto buono o cattivo di quella confessione generale
sull’animo di Margherita poteva dipendere, più che dalla esposizione di
alcuni fatti dolorosi, da quella di molti particolari che li
accompagnassero, ora aggravandoli, ora attenuandoli, spiegandoli sempre.
Come se la sarebbe cavata, da questo passo, la signora Eleonora? E non
sarebbe poi stato il caso di ricorrere a lui, per aggiunte e commenti?
Tutto ciò si evitava, parlando egli diritto diritto a sua figlia.
Mentre veniva innanzi, pensando queste cose con tanto giudizio, il
signor Anselmo s’imbattè in sua moglie, che in compagnia di Federigo
andava girando botteghe.
— Oh bravi! — diss’egli. — E Margherita?
— In camera, a scrivere le sue lettere; — rispose la signora Eleonora. —
Hai lasciato il conte Aldini?
— Sì, poco fa. E a proposito di lui, ricordiamo che verrà questa sera
col signor Zuliani. Non bisognerà dunque lasciarci sfuggire ch’egli sia
venuto prima; e ciò per lasciare all’amico Raimondo il piacere di averlo
presentato egli stesso a me. Sarà un atto di delicatezza verso di lui,
non vi pare? Il signor Zuliani ne è degno. —
Così disposte le cose, e felicissimo di trovar Margherita sola, affrettò
il passo verso l’albergo. Era appena arrivato nel suo appartamento, che
Margherita lo udì, e tosto gli mosse incontro serena e sorridente.
— Ahi, ahi! — pensò egli. — Come si fa ora a dirle tante brutte cose, a
questa cara figliuola? —
Margherita non gli aveva ancora letto negli occhi.
— Ebbene, — gli disse, — come sei rimasto contento del signor Filippo?
— Io, molto. Così ne fossi contenta tu!
— Oh, babbo! A me non c’è bisogno di augurarmelo. — Il signor Anselmo
colse la palla al balzo, entrando subito nel vivo dell’argomento.
— Neanche se nel suo passato ci fosse.... qualche taccherella? —
domandò.
— Come sarebbe a dire, taccherella?
— Ma sì, qualche scappata, qualche impennata, come può fartela il
cavallo più generoso. Intendimi per discrezione.... qualche antica
passioncella, via!... Sai bene; l’uomo è nato.... un po’ leggero di
testa. E se una fiammatella ci fosse stata.... anche fuoco di paglia....
specialmente fuoco di paglia.... che ne diresti! come vedresti la
cosa? —
Margherita stette alquanto sovra pensiero, guardando il suo babbo negli
occhi.
— Tu sai qualche cosa. — gli disse, — sai.... della signora Zuliani! —
Figurarsi l’atto di stupore del signor Anselmo, a questa scappata della
sua dolce figliuola!
— O come? Già eri informata?
— Eh, ci voleva poco a capirlo. Quella graziosa signora ci ha sempre
veduto volentieri come il fumo negli occhi. Appena una visita, in tutto
il dicembre passato, e ci ha lasciate sole a far la nostra vita di
forestiere. Finalmente, perla notte del capo d’anno, c’è stato l’invito,
e neanche fatto da lei, ma dal signor Raimondo, che, evidentemente per
salvar le apparenze, metteva innanzi il nome della sua agrodolce metà. E
là, a quella cena, mio caro, ho inteso tutto, ho tutto indovinato.
Guardava me con aria di volermi sorbire come un uovo fresco: poi covava
quel povero Aldini con gli occhi, mettendolo in uno stato d’angustia e
d’impazienza da far veramente pietà. Dio, com’era seccato! e come si
vedeva che l’avrebbe tanto volentieri mandata a quel paese! Vecchie
lune, è questo il vostro destino. Ed era una vecchia luna, quella lì,
molto vecchia; non c’era da prendere abbaglio.
— Quante cose hai osservate in una notte!
— Seconda vista, babbo; e si ha sempre, per le cose che premono. Ed
anche ho notato l’atto della signora, quando suo marito destinò il conte
Aldini per accompagnarci in gondola fino alla riva degli Schiavoni.
Avrei avuto compassione di lei, te lo confesso, se non avessi veduto, e
prima e poi, che il signor Filippo pensava a lei, com’io al Gran Turco.
Ah, la stizza, che la prese cinque giorni dopo, quando capitò qui e
trovò il signor Filippo intento a disegnare il ponte del Paradiso, per
ricordo d’una passeggiata artistica, che avevamo fatta quarantott’ore
prima! È vero che se ne vendicò da sua pari, distillando veleni
nell’orecchio della mamma. Così li avesse distillati in presenza mia!
Ero donna da risponderle, sai? come va che lei lo riceve, un uomo
simile? E ne parla così a noi, ora, ch’egli è appena appena uscito di
qui? Permette che ci lagniamo a suo marito, di averci presentato un tal
uomo? Avrei voluto vederla, allora, che cosa mi sapesse rispondere. —
Il signor Anselmo sorrideva, sentendosi un po’ più sollevato.
— Dunque, non ti dai pensiero di quella vecchia luna?
— Nè di quella, nè d’altre, le cui fasi son da lasciarsi dormire negli
antichi almanacchi. D’una sola cosa potrei darmi pensiero; come sei
venuto a saper tu, appena arrivato, di quella vecchia luna?
— Appagherò subito la tua legittima curiosità. Quel bravo giovinotto mi
ha voluto condurre in casa sua; e là, con grande effusione di cuore, mi
ha fatta la sua confessione generale.
— E ti ha detto che si trattava di una vecchia luna?
— Sì, ed io l’ho assolto col proverbio; acqua passata non màcina. È un
onest’uomo; è stato tale anche in quella debolezza passeggera, in cui la
minor parte di colpa è stata certamente la sua. Fu involto, sconvolto,
travolto: mi servo delle sue stesse parole. Ma in verità, il parlare di
queste cose ad una ragazza come te....
— Babbo, non sarò io tra poco Margherita Aldini?
— Eh, Dio sa se mi farebbe piacere! Vorrei che fosse oggi la vigilia e
domani la festa. Ma tu la fai liscia più che non sia veramente. Se ci
fosse ancora qualche difficoltà da superare? —
Margherita impallidì a quelle parole del babbo.
— Tu non me la dici giusta; — esclamò.
— E tu, bambina, non sei tranquilla come vorrei.
— Vediamo di contentarti; — ripigliò Margherita, facendo uno sforzo
visibile, per padroneggiare la sua inquietudine. — Viene da lui, la
difficoltà?
— Non da lui; egli ti ama pazzamente.... disperatamente...
— Allora, son tranquillissima; — diss’ella, respirando. — Vedi che
effetto produci, con un paio di avverbii? — aggiunse tosto, ridendo. —
Sono una donna forte più che tu non creda, e poco mi basta a farmi
riavere, purchè quel poco sia buono....
— Ed abbondante; — conchiuse il signor Anselmo, ridendo più gustosamente
di lei.
— Sentiamo dunque; — ripigliò Margherita. — Donde viene la difficoltà a
cui accennavi?
— Da un caso spiacevole di cui egli non ha colpa veruna, e che mi ha
dovuto raccontare, confessandosi a me.
— Se egli si è confessato a te, la sua confessione era sicuramente per
me. Dunque, sentiamo tutto. —
Tutto! Faceva presto a dirlo, quella cara figliuola. Il babbo impacciato
non ne disse neanche la metà. Nondimeno, ce ne fu d’avanzo per lei,
quando ebbe sentito brevemente del vecchio errore, dei pronti rimorsi,
delle oneste esortazioni, che erano sembrate efficaci per rimetter
quell’anima in pace, ma che tutto ad un tratto, in quei giorni, avevano
perduto ogni forza. Non era divampata da capo una fiamma d’amore, che
più non poteva davvero, e che ad ogni modo non avrebbe trovato propizio
il terreno; era stato un incendio di orgoglio offeso, di collera feroce,
all’udire che un certo matrimonio era imminente, e che Raimondo Zuliani
sarebbe andato quella mattina alla stazione per aspettare l’arrivo d’un
padre, d’un padre già persuaso di quelle nozze e dispostissimo ad
affrettarle. Qui, in breve spazio di tempo tutta una rovina, un
precipizio di cose; la donna, vera furia scatenata, che scopre sè stessa
al marito, per nuocere altrui, anche a suo rischio di vita, e sempre poi
a suo danno; il marito che corre a chiedere ragione all’amico traditore,
ma precorso dalla donna impazzita, che va a dare avviso della commessa
follìa, ed anche a consigliare la viltà d’una fuga, avendo appena il
tempo di trafugarsi lei in un andito, presso un uscio segreto, donde
ascolta il colloquio terribile tra i due uomini ch’ella ha messi l’un
contro l’altro, e donde si ritira anche male, imprudentemente facendo
rumore nel chiudersi l’uscio dietro alle spalle; onde avrebbe potuto
accadere di peggio, se il signor Zuliani, sospettando il vero, fosse
corso ad inseguire quella donna nella scaletta di servizio.
Margherita ascoltava fremendo la rapida esposizione di quel viluppo di
casi. E più doveva farla fremere il racconto di ciò che era seguito tra
i due, così posti di fronte. Raimondo Zuliani era l’offeso; dettava egli
le condizioni della sua vendetta; imponeva la sua volontà, con un duello
alla sorte. La sorte aveva favorito l’Aldini; lo Zuliani perdente,
doveva uccidersi entro un termine di tempo già stabilito tra loro. Ma
egli, da galantuomo, confessava al suo avversario che si sarebbe ucciso
egualmente, vincendo, poichè aveva perduta la sua felicità con tutte le
illusioni della sua vita. Amava ancora, pur disprezzandola, quella donna
infedele, che già era stata cagione del suo dolore più acerbo. Per far
sua ad ogni costo quella donna, il poveretto aveva perduto l’affetto di
una madre adorata.
— La signora Adriana che vive a Belluno; — disse Margherita,
ricordandosi. — Infatti, veneziana com’è, non si lascia più vedere a
Venezia. Si vede ora che conosceva bene la sua futura nuora. Povero
signor Raimondo! Ed è tanto un brav’uomo!
— Tanto bravo, che con tutto quello ch’è accaduto fra lui e il conte
Aldini, vuole che il matrimonio si faccia, e dentro i sessanta giorni
che gli resterebbero da vivere, secondo il patto giurato. Patto segreto,
s’intende, e noi non dobbiamo saper nulla di nulla. Solo la bontà di
cuore del conte Aldini, la sua rettitudine, la sua probità verso di noi,
ci mettono a parte di quel triste segreto. Sicchè, vedi tu a che punti
siamo. Quell’ottimo giovinotto ha pensato che tu dovessi sapere ogni
cosa dei suo passato, per dar giudizio di lui. E qui è da lodare la sua
delicatezza: io gli ho già detto che per questa io lo stimavo mille
volte di più. Ma egli ha voluto raccontarmi ancora tutto l’occorso di
questa mattina, pensando che un matrimonio in queste condizioni potesse
dispiacere a te....
— Ha ragione; — interruppe Margherita.
— Come, ha ragione? — gridò il signor Anselmo, stupito.
— Sì, ha ragione, e per questo lo stimerò io diecimila volte di più. Io
non sposerò il conte Aldini, coll’ombra del suicidio di Raimondo Zuliani
davanti agli occhi. Il nostro matrimonio è stato ideato dal signor
Zuliani, desiderato, preparato, voluto da lui. Con che cuore, dimmelo
tu, con che cuore andrei io all’altare, pensando che dopo la cerimonia,
il padrino delle mie nozze, si toglierebbe la vita?
— Capisco, — rispose il signor Anselmo. — Ma a fargli mutar proposito
non ci adopreremo anche noi? Lo metteremo con le spalle al muro, vedrai;
lo pregheremo, lo piegheremo; ascolterà le voci della ragione.
— Lo credi? Ci vuol altro che esortazioni e preghiere! Ci penserò; —
rispose Margherita con accento risoluto.
— E intanto, cara mia, che si fa coll’Aldini? Egli ha riconosciuta la
necessità di farti sapere tutta la sua confessione, ma soggiungendo che
ne dovevano conseguire due mali; uno, il più grave, e per lui certamente
insopportabile, che il tuo cuore si allontanasse da lui; l’altro, che ne
sarebbe il corollario immediato, di non potersi presentare questa sera
da noi. Lo vedresti tu volentieri, dopo ciò che conosci di lui?
— O babbo, — disse Margherita, — anch’io mi sono confessata a te; più
brevemente, e per un fallo minore. Speravo di aver fatto un giudizio
temerario, sospettando che tra lui e quella donna ci fosse stato....
qualche cosa. In verità, non pensavo di colpir così giusto. Ad ogni modo
ero certa.... il cuore mi diceva, il cuore che non s’inganna mai, che
fossero vecchie lune, tramontate da un pezzo, e che solo per orgoglio
offeso, od altro di simile, quella donna mi odiasse. Quanto a lui,
senti, io ti confesserò candidamente, che non avrei voluto quell’ombra
del passato ad oscurargli la fronte. Mentirei, se ti dicessi il
contrario. E credi ancora, avrei rinunziato a lui, se egli fosse stato
un altro.
— Che sottigliezze!
— Sì, e da capirsi benissimo. Egli era così gentile e buono, così nobile
e colto, così rispondente al mio ideale, che, salvo sempre il tuo
consenso, io non avrei rinunziato a lui per il ricordo di un’ombra
passata sopra i suoi occhi, prima che quegli occhi si fossero posati su
me. Così potevo perdonare il passato; così posso ancora, e perdonarlo e
cancellarlo. Egli è oggi senza colpa, per me. Non lo hai tu confessato,
del resto? — soggiunse la cara fanciulla, sorridendo. — E non gli hai
data la tua paterna assoluzione?
— Con tutta l’anima; — rispose il signor Anselmo, intenerito. — Dunque,
ecco qua; lo riceverai bene. Io gli ho detto, congedandomi da lui:
esplorerò l’animo di Margherita, e le scriverò un bigliettino, con
questa frase, che lo conforti: “il ponte del Paradiso è in ottimo stato
di conservazione; ci si può passare senza pericolo.„
— Babbo cattivo! Tu ascolti, passando....
— Come tu dietro agli usci.
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