Il fallo d'una donna onesta - 10

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--Doman l'altro?--ripetè macchinalmente la Teresa.--Che serve
impegnarsi per doman l'altro? Tante cose possono succedere....
--Mi fai ridere.... Che vuoi che succeda? Tutt'al più può cambiare il
tempo.
--Appunto.
--E allora, festa.... O preferisci ch'io salga da te domani a qualche
ora per combinare?
--Domani!--pensò la Valdengo.--Ma domani io sarò morta!
Alla Giulia disse però:--Fa come ti piace... Ma smemorata ch'io
sono!... Perchè ti lascio venir fin qui?....Tu ti svii.
--Oh, importa molto!--esclamò la Orfei.
E insistè per accompagnar la Teresa sino alla porta di casa.


XXVII.

--È stato il conte--disse la cameriera dal pianerottolo.
--Quando?
--Mezz'ora fa, e si mostrò molto dispiacente di non averla trovata.
--Ha lasciato detto nulla?
--Che tornerà verso il tocco.
--Bene. Badate che, tranne il conte, non ricevo altri in tutta la
giornata.
--Nemmeno suo zio, se venisse...?
--Nemmeno. Parlo chiaro. Nessuno.... E che non accada come ieri.
--La contessa Orfei volle a tutti i costi....
--Non avrebbe già sforzato la porta.... Del resto, è inutile tornar
sulle cose vecchie.... C'è posta?
--Un giornale e una lettera.... di là, sulla scrivania.
Quantunque i vestiti le dessero noia ed ella non vedesse l'ora di
mettersi un po' in libertà, la Teresa entrò nel suo salottino senza
neanche levarsi il cappello. La lettera era lì, sopra il giornale.
Portava il bollo di Porto Said.
--Ha bisogno di me?--chiese la Luisa che aveva seguito la sua padrona.
--No, chiamerò.
Quella lettera doveva arrivare. Pur non confessandolo, la Teresa
l'aspettava; non per mutare o raffermare la sua determinazione ch'era
ormai incrollabile, ma perchè il silenzio di Guido di Reana, dopo i
rapporti esistiti tra loro, le sarebbe parso tale un oltraggio da
avvelenarle gli ultimi istanti.
Quella lettera doveva arrivare, e la Teresa l'aspettava. Tuttavia nel
vederla sul suo tavolino, il sangue le dette un tuffo. Sentì come una
voce che le dicesse:--Se ciò che attendevi è giunto, quali ragioni
d'indugio avrai più?
Ella ruppe la busta civettuola chiusa da un elegante monogramma,
spiegò il foglio profumato di muschio. E s'accinse a leggere, turbata
sì, ma non tanto che non le riuscisse di analizzare il suo turbamento,
e di non trovarvi, meravigliata, neanche un briciolo d'amore. C'era la
vergogna del fallo commesso, c'era la pietà del proprio destino, c'era
l'indulgenza, il perdono per chi l'aveva tratta a rovina; amore non ce
n'era. Non un palpito del cuore, non una vibrazione dei sensi; nulla.
Così lontano le pareva quel tempo e non erano trascorse che poche
settimane!
Nè la lettura di ciò che di Reana le scriveva sprigionò una favilla
dalle ceneri spente.
Ella si ricordava di alcune parole di lui.--Ti scriverò un fascicolo
da Porto Said.--Non erano invece che quattro paginette d'una
intonazione sbagliata da cima a fondo. Qua e là una frase inopportuna,
un'allusione sguaiata, e, in mezzo all'espressioni sentimentali,
romantiche, qualche spiritosità di cattiva lega, qualche motto
francese riportato con ortografia malsicura. Non aveva saputo, Guido
di Reana, trasfondere nella sua epistola artificiosa nulla della
grazia spontanea e dell'ardor giovanile a cui egli era andato debitore
dell'insperato trionfo. Anche il _tu_ confidenziale ch'egli doveva pur
credersi in diritto d'usare, anche quel _tu_ offendeva la Teresa. Ella
pensava alle lettere ch'era avvezza a ricevere da Mario Vergalli,
tenere e rispettose ad un tempo, rivelanti un'anima alta e leale, un
cuore pieno di gentilezza, un ingegno robusto, nudrito di studi, atto
a intender tutte le manifestazioni del bello. Che confronto, Dio
buono, che confronto!
Del resto, Guido adduceva due scuse del non scriver più a lungo: le
esigenze del servizio che gli avevano impedito di prender la penna in
mano durante tutto il viaggio e il desiderio di punir la _mammina_
cattiva che a Porto Said non gli aveva fatto trovar nemmeno una riga.
Ora la _mammina_ (due volte Guido ripeteva la parola malaugurata)
doveva affrettarsi a inviargli sue notizie a Massaua, ove il _Colombo_
si sarebbe trattenuto circa un mese. Da Massaua naturalmente avrebbe
riscritto anch'egli per dir la sua impressione sulla nostra colonia e
sulle donne abissine per le quali i suoi compagni mostravano una
curiosità indiscreta ed incomprensibile. In quanto a lui aveva troppo
impresse nella memoria certe donne bianche per sentir la tentazione
delle negre. Di Reana finiva ringraziando la Teresa d'avergli dato una
felicità di cui egli non era degno e che non avrebbe dimenticato
giammai, e rievocando le memorie dell'ultimo giorno passato insieme.
Egli sentiva che, avesse pur vissuto cent'anni, non si sarebbe più
rinnovato per lui un giorno simile a quello.
La Teresa ripose silenziosamente la lettera nella busta. L'idea che,
nel corso di quella notte, aveva un istante attraversato il suo
spirito la faceva sorridere d'un sorriso amaro. Bene in verità ella si
sarebbe rivolta a questo ragazzo leggero, sensuale, avido di piaceri,
per dirgli:--Bada, caro, la nostra relazione ha avuto conseguenze che
tu non t'immaginavi; prendine anche tu la tua parte.--Bene si sarebbe
rivolta; bene avrebbe provvisto all'avvenire della creatura che
portava in grembo!
Ah no, nemmeno gli avrebbe scritto. Nel suo cassetto, insieme con gli
altri ricordi ch'ella lasciava a conoscenti ed amici ce n'era uno per
lui, un anello di zaffiro ch'egli aveva ammirato. Era in una piccola
scatola suggellata, con l'indirizzo di pugno della Teresa: «Al signor
conte Guido di Reana, sottotenente di vascello, a bordo del
_Cristoforo Colombo_.» Mario Vergalli avrebbe avuto la bontà di
recapitarlo. Tanti sacrifizi ella aveva chiesto a Mario che osava
chiedergliene uno di più.
E ora, infilata ch'ebbe la sua vestaglia e fatto il suo simulacro di
colazione, ella stette ad aspettarlo con un'ansietà maggiore
dell'usato. Perchè aveva egli quella mattina anticipata la visita
quotidiana? Che aveva saputo? Che aveva supposto?


XXVIII.

Mario Vergalli giunse un po' prima dell'una, pallido, stravolto.
--Mi duole che non m'abbiate trovata in casa questa mattina--ella
disse.--La Giulia Orfei ha voluto a tutti i costi trascinarmi a far
quattro passi... Ma che avete?... Siete turbato!... Via, accomodatevi,
parlate.
--Oh sì, molto turbato--egli rispose afferrandole la mano.--Teresa,
Teresa, perchè tanti sotterfugi con me?
Ella impallidì.
--Quali sotterfugi?
--Voi foste a Milano--riprese Vergalli.--C'eravate nel giorno che ci
fui io di passaggio... Vi hanno vista in un _fiacre_. E poichè quella
sera la stessa persona deve aver visto me, si è creduto che fossimo
insieme... Voi sapete pure che non eravamo insieme... Con chi eravate?
L'insinuazione contenuta in questa domanda fece salire una fiamma al
viso della Valdengo. Pur si frenò. Non erano più i tempi in cui ella
poteva fulminare col suo disprezzo chi dubitava di lei.
--Hanno ardito sostenere ch'io ero con qualcheduno?--ella chiese.
--No... almeno non credo... Ma è vero dunque che voi foste a Milano?
--È vero.
--E perchè tacerlo?
--Non si presentò l'occasione di discorrerne.
--Come? La mattina che venni da voi vi avevo detto che arrivavo da
Milano, appunto allora. Voi eravate giunta con una corsa prima, e non
vi pare che fosse naturale il discorrerne?
--Dovreste ricordarvelo, amico mio--replicò la Teresa--il nostro
colloquio di quella mattina. C'era qualche cosa di più importante e
più grave che la combinazione d'essere stati tutti e due a Milano con
poche ore d'intervallo.
--Non lo nego... ma...
La Teresa continuò:
--E non fui schietta, non fui leale con voi quella mattina?
Confessandovi le mie debolezze, rivelandovi, a costo di farvi tanto
soffrire, ciò che una donna è così restia a rivelare, non vi ho dato
la miglior prova della mia sincerità?
--Ebbene... in tal caso dev'esservi facile spiegarmi quella vostra
gita.
Bisognava mentire, e la Teresa ripetè a Vergalli la storia della
sarta.
--Per questo siete andata a Milano?--proruppe il conte Mario.
--Sì, qual meraviglia? Non lo sapevate che una parte de' miei vestiti
li ordino a Milano?... Per solito la sarta vien lei un paio di volte
all'anno a Venezia; quest'autunno non poteva venire; sono andata
io.... Ecco, anche per la _toilette_ sono come le altre donne.
Vergalli tentennò la testa con aria scettica.
--Vi siete messa in viaggio sola, senza nemmeno la vostra cameriera...
mentre stavate già poco bene?... No, no, Teresa, dite ch'io non ho il
diritto d'interrogarvi, dite che siete padrona assoluta di voi stessa,
ch'io non sono nè vostro marito, nè vostro padre, nè vostro fratello,
nè vostro amante; ma non mi trattate come un bambino al quale si dà a
credere quello che piace.
Egli chinò la testa sul petto, schiacciato sotto un peso
intollerabile.
--In nome del cielo--esclamò la Valdengo--che supponete? Ch'io fossi a
Milano con un uomo, con un amante... un secondo amante... perchè il
primo era ormai...?
Fece con la mano quel gesto che si fa per accennare a cosa molto
lontana. E seguitò con amarezza:--A qualche giorno di distanza sarei
passata dalle braccia dell'uno alle braccia dell'altro?....
Vergalli le troncò le parole a mezzo.--No, Teresa, non mi attribuite
questo pensiero... Mai, mai esso mi è balenato nella mente.
--E allora?
--Allora... non so... che volete?... Sono un pazzo, sono un
visionario... Perdonatemi, Teresa, perdonatemi... Era proprio partito,
colui?
--S'era partito? Ne dubitate? Non è ufficiale del _Cristoforo
Colombo_? Non deve seguire il suo bastimento?... Procuratevi i
giornali, confrontate le date, e vedrete crollare il vostro castello
di carte.
--Però di Reana poteva aver ottenuto il permesso di raggiungere la
nave più tardi...
--Ed essere intanto a Milano con me?.... O perchè non sarebbe rimasto
a Venezia?
Vergalli trasse un profondo sospiro dal petto.--Sì, sì, avete
ragione... Ma in ogni caso, se pur i miei dubbi fossero fondati, di
che avrei a lagnarmi? Che ci sarebbe di peggio di quello che è stato?
Benchè la Teresa dovess'esser contenta che i sospetti di lui si
sviassero dietro una falsa traccia, ella non potè trattenersi dal
protestare energicamente.
--Sarà verissimo; quel viaggio galante non avrebbe reso nè più grave,
nè più lieve il mio fallo... Ma non fu così.
--Poichè lo assicurate voi...--fece Mario con piglio rassegnato.
--Dubitate sempre, lo vedo--diss'ella--dubitate che Guido di Reana sia
rimasto in Italia, ch'egli abbia chiesto un congedo, che la nostra
tresca non sia interrotta che momentaneamente.
--No, no.
La lettera di Porto Said che la Teresa aveva collocata sotto un
calcafogli esalava il suo profumo di muschio.
--Vi occorre una prova autentica, irrecusabile--ripigliò la Valdengo.
--Quale prova?
--Eccola.
La Teresa mostrò la lettera a Vergalli.
Egli comprese.--È di _lui_?
--Da Porto Said... È arrivata questa mattina... Verificate il bollo
postale.
--Vi ha scritto?--balbettò il conte.
--Vi mostrerò anche la data, anche la firma, se sarà
necessario--insistè la Valdengo.
--Perchè mi torturate così? Perchè?
--Dio mio! Siete voi che mi tirate per i capelli.
--Vi ha scritto!--ripetè Vergalli con voce sorda.--Naturalmente gli
scriverete anche voi.
Senza rispondere, ella lo pregò di dar un'occhiata alla stufa.
Vergalli esitava, non intendendo a che cosa ella mirasse.
La Teresa rinnovò la preghiera:--Usatemi la cortesia di guardare se
c'è foco.
Egli si chinò e aperse lo sportello.--C'è un po' di brace.
--Allora prendete questa lettera e bruciatela voi.
--Io?
--Sì... voi... Prendete... L'odore mi fa male.
--Che significa ciò?
--Significa che fra me e di Reana è finito tutto... M'avete pur
creduta quando vi confessai il mio fallo; credetemi anche adesso...
Coraggio, prendete questa lettera e bruciatela.
Vergalli si decise finalmente a ubbidire. Strinse fra le dita tremanti
la busta lucida, profumata, e dopo aver consultato ancora una volta
con lo sguardo la Teresa, la gettò nella stufa. La carta s'arricciò,
si contorse, s'ingiallì, si carbonizzò a poco a poco senza dar fiamma.
--Oh--disse la Teresa--non è già ch'io presuma distruggere il passato.
Le lettere si possono distruggere, non i fatti.
Il conte Mario, che s'era rimesso a sedere, con gli occhi
ostinatamente fissi al suolo, alzò il viso trasfigurato. Aveva
l'aspetto dell'uomo che ha fermato la mente in un'eroica risoluzione.
--È vero, Teresa, i fatti non si distruggono. Ma a quelli che ci
addolorano e ci avviliscono altri se ne possono sovrapporre che
scancellino le impressioni dei primi.
Ella accennava di no col capo.
--Sì, amica mia, da noi dipende... Pur di non irrigidirci nel nostro
orgoglio, pur di non respinger sdegnosamente l'aiuto che ci si
offre... L'orgoglio, ecco l'avversario implacabile... Anch'io ho
lottato con esso, ma ora, grazie al cielo, ho vinto.
La Teresa sentì gelarsi il sangue. Che voleva egli dire con queste
parole?
--Nella vostra vita bella, nobile, pura--egli proseguì--vi fu un
giorno di debolezza e d'oblio... Può quel giorno annullar tutto il
resto? Può rendervi men degna dell'affetto, della stima dei buoni,
della stima di voi stessa?... Vile chi l'ha pensato!... E se l'ho
pensato io, mille volte più vile degli altri!... Ma io non l'ho
pensato, io ho ceduto ad un impeto di gelosia, perchè vi amavo, perchè
vi amo.
--Per carità!--interruppe la Teresa.--Non parlate d'amore.
--Del _mio_ amore ho diritto di parlarvi... Non vi domando il
vostro... Ma se in quest'ora di supremo sconforto voi provate il
bisogno d'un braccio che vi difenda, d'un petto su cui riposarvi, se
una dolorosa esperienza vi avvertì dei danni, dei pericoli della
solitudine, accettate, Teresa, accettate quello ch'io v'offro... la
mia mano, il mio nome.
Ella fece un gesto per trattenerlo.
Mario non le diede retta, trascinato dall'onda della passione.
--Se vorrete, non sarò vostro marito che in faccia alla legge, che in
faccia al mondo... Sarò per voi un amico come prima... Studieremo
insieme... viaggeremo insieme... Ma io vi avrò presso di me...
sempre... sempre... perchè, vedete, a tante cose posso rassegnarmi...
non a esser diviso da voi...
Egli era caduto a' suoi piedi, cercava le sue mani, baciava l'orlo
della sua veste.
Che strazio, che supplizio per lei, e com'ella avrebbe voluto esser
già morta e sepolta!... È vero, sarebbe morta domani, poteva finger
oggi d'acconsentire... Ma no, nelle condizioni in cui ella si trovava,
anche il finger l'assenso le pareva codardo.
--Alzatevi, Mario--ella supplicò. E per dargli l'esempio si alzò ella
stessa, svincolandosi dolcemente.--Voi siete nobile e buono, Mario.
Egli pestò il piede con impazienza.--Non voglio lodi.
--Meritereste d'essere, non che amato, adorato in ginocchio--continuò
la Teresa.
--Non vi chiedo nè adorazione, nè amore--ribattè Mario Vergalli.--Vi
chiedo d'esser la compagna della mia vita... Ho fede in voi... A occhi
chiusi vi darei da custodire il mio onore. Nulla vi domanderei del
passato, di quel breve passato che fu come una nube improvvisa e
fuggevole in un cielo sereno... E vi cingerei di tante cure, che, se
non l'amore, l'affetto vostro saprei conquistarmelo.
--Non si conquista quello che si ha--ella rispose.--Voi l'avete da
anni il mio affetto. Ma in nome di questo affetto, vi scongiuro,
Mario, abbandonate la vostra idea.
--No, dunque? Voi dite no?
La voce del conte s'era fatta dura e cupa; la sua fisonomia esprimeva
una sofferenza atroce.
La Teresa gli posò una mano sulla spalla.--Mario...
Egli la respinse.--Non perifrasi... Sì o no?
--Ascoltatemi, Mario--ella cominciò con dolcezza. Ma che poteva dire?
Che le restavano poche ore da vivere e che tutto era vano? O doveva
spogliarsi dei suoi ultimi pudori, rivelargli il suo stato?... O,
infine, doveva, per guadagnar tempo, accatastar nuove menzogne?
--Lo vedete--egli proruppe--il vostro labbro non riesce a trovar scuse
all'incomprensibile rifiuto... O se vi sono motivi seri, son tali che
non osate manifestarli.
Ella taceva.
Vergalli l'afferrò per un braccio.--Ma parlate, per Dio... Dite una
ragione... una ragione che abbia almeno un'apparenza di fondamento, e
vi prometto che vi lascerò in pace oggi e per sempre... che partirò
stasera...
--No... non stasera.
--Ch'io non parta?... Badate, Teresa, s'io rimango non sarà che per
scoprire ciò che vi ostinate a nascondermi... E lo scoprirò, ve lo
giuro.
--Un inquisitore, voi?... Non vi riconosco più, Mario--ella disse con
mite rimprovero.
--Di chi la colpa?... Siete tanto mutata voi... E come non capite che
il vostro silenzio autorizza qualunque sospetto?
Le dita di Mario Vergalli stringevano l'esile polso di lei come in una
morsa d'acciaio.
Ella cercò di liberarsi.--Mi fate male, Mario.
Senza lasciarla, egli allentò alquanto la stretta,--Parlate. Perchè
avete respinta la mia offerta, perchè?... È forse l'idea del
matrimonio che vi ripugna così?
--Ecco--ella rispose aggrappandosi a questa tavola di salvamento.--Può
darsi che abbiate indovinato. Vi basta adesso?
Ma la fronte di Vergalli non si rischiarò e e le sue labbra si
atteggiarono a un amaro sarcasmo.
--Una volta poteva bastarmi--egli disse.--Quando credevo che a nessun
altro deste più di quello che davate a me, allora poteva bastarmi...
Oggi no... È troppo crudele il torto che mi avete fatto, il torto che
mi fate... Come?... Avete consentito d'esser l'amante d'un libertino
qualunque e ricusate d'esser mia moglie?... E vi amo da anni, e voi da
anni accettate questo culto come una Madonna inaccessibile nel suo
tabernacolo... Ora l'altare è vuoto... Voi ne siete discesa... Non
avete più il diritto di esigere un'adorazione mistica... Io, io ho il
diritto di dirvi: Che idea vi fate di me? Perchè ho la barba e i
capelli grigi, perchè la mia giovinezza è tramontata da un pezzo, voi
mi credete decrepito addirittura, voi credete che tutti i miei sensi
sian morti, anche quello della mia dignità? V'ingannate, Teresa... Non
sono nè così vecchio nè così santo da aver cessato d'essere un uomo...
Di nuovo ella sentì stringersi il polso; sentì ch'egli tentava di
attirarla a sè, gli vide una strana fiamma nella pupilla, e n'ebbe
terrore. Le tornò alla mente il ricordo d'un'altra violenza patita, e
quell'altra violenza le parve meno ignobile di questa che l'era
minacciata: men vile le parve il giovinetto lontano, cagione d'ogni
sua sventura, men vile dell'amico rivelantesi d'improvviso tanto
diverso dal solito. Colui soccombeva a una forza cieca della natura;
in Mario c'era un'eccitazione artificiale premeditata, alimentata
dalla fantasia e dal ragionamento.
Ella si svincolò con uno strappo, e ritta, addossata al tavolino, con
un'espressione di ribrezzo, di sdegno, di dolore nello sguardo, con le
labbra livide, esangui, balbettò:--Voi, Mario... voi mi costringereste
a chiamare la mia cameriera?
Simile a un ubbriaco sul cui capo si rovescia una secchia d'acqua
gelata, Vergalli si ridestò alla coscienza della brutalità commessa.
Un rossore intenso gli salì al viso; le braccia gli ricaddero inerti
lungo i fianchi.--Perdonate--egli bisbigliò in un soffio.
Alzò lento lento gli occhi verso di lei... Oh com'ell'era pallida,
come ansava!--Teresa--egli soggiunse con voce affannosa--ma voi
soffrite...
--Un poco.
Egli si voltò verso l'uscio.
--No--ella disse vivamente, lasciandosi ricader sulla sedia--non
voglio nessuno... non ho bisogno di nulla... Ossia... datemi un
gocciolo di cognac... il servizio dei liquori è lì sulla mensola...
Una volta non ne bevevo mai... vi ricordate?... Appena di quando in
quando un dito di curaçao.
Celiava, mossa a pietà di lui, desiderosa di cancellar l'impressione
delle parole dettegli pur dianzi.
Beato di servirla, egli le mescette il cognac e glielo porse. La sua
mano tremava.
Ella accostò il bicchierino alla bocca, ma non potè trangugiar che
poche stille. Socchiuse gli occhi, arrovesciò la testa sulla spalliera
della seggiola.
--Teresa! Teresa!--gridò Vergalli raccogliendo il bicchierino che le
scivolava tra le dita, mentre il liquore le si spargeva sulla
vestaglia.
Indi corse alla finestra e l'aprì, corse al campanello elettrico e ne
premette con forza e ripetutamente il bottone.
Vennero in due, la cameriera e la cuoca, attratte dalla violenza della
scampanellata.
--Presto, presto--disse il conte--la signora è caduta in deliquio.
E quasi volesse giustificarsi, soggiunse:--L'è capitato così da un
punto all'altro... mentre si discorreva... Aveva desiderato lei una
goccia di cognac.
--Eh, non istà bene la mia signora--sospirò la Luisa.
--Ma che cos'ha, in nome del cielo?
La Luisa si limitò a tentennare il capo; poi si rivolse alla
cuoca.--Senta, Edvige, la regga lei un momento finch'io vado di là a
prendere una boccetta di sali.
Entrò nella camera da letto e ne uscì tosto con la boccetta che fece
fiutare alla sua padrona. Questa ritorse il viso con una smorfia.
--Ecco... rinviene...
--Pare... sì...
La Teresa mosse le braccia, sollevò alquanto le palpebre e girò
intorno le pupille incantate.
--Potrei andar per un medico--disse piano Vergalli.
La cuoca, che fino allora non aveva aperto bocca, fece una
spallucciata, e non badando agli occhiacci della Luisa, borbottò con
un pronunciato accento tedesco:--Importa molto il medico per questi
mali!
--Insomma, che mali sono? Che mistero c'è?--esclamò il conte Mario. E
mentre formulava la domanda, rapida come il tuono che succede al
lampo, gli s'affacciava un'idea terribile, dolorosa, umiliante, e pur
naturale... così naturale che lo stupiva il non averci pensato prima.
--Roba da nulla.... nervi....--rispose la Luisa.--Signora, signora,
come sta?
--Meglio--susurrò la Teresa con un filo di voce.--Perchè siete qui
voialtre?... Chi vi ha chiamate?... Non c'era il conte?
--Ci ha chiamate lui--replicò la cameriera. E si voltò per cercarlo.
Ma il conte s'era dileguato.


XXIX.

Erano le nove di sera. Nonostante le prove fisiche e morali della
giornata, nonostante l'imminenza della catastrofe, la Teresa era
calma, padrona di sè. Della tempesta, che aveva agitato così
fieramente la sua anima nella notte scorsa, non rimaneva la minima
traccia; gli ultimi tenui fili che la univano alla vita s'erano
spezzati dopo la scena dolorosa con Mario. Non ch'ella gli serbasse
rancore; ma nella passione senile di lui ella trovava una ragione di
più per morire. Adesso, già da un'ora, ella stava scrivendogli, e
vinte le difficoltà dell'esordio la sua penna correva sicura sopra la
carta. Quell'esordio diceva così:

«Avrei voluto che solo da questa lettera voi apprendeste ciò che non
ho ardito confessarvi a voce; avrei voluto che foste l'unico
depositario di questa parte del mio segreto; vedo pur troppo che il
mio desiderio fu vano; _sento_ che avete indovinato _tutto_. Me lo
dice la vostra improvvisa scomparsa dopo il mio breve malessere d'oggi
(e vi ringrazio d'aver mandato a prendere mie notizie); me lo dice il
linguaggio pieno di reticenze delle mie donne; le quali, ormai ne son
certa, avevano indovinato prima di voi. Ebbene, amico mio, se sapete
_tutto_, avrete già compreso e perdonato il rifiuto che opposi alla
vostra offerta. Potevo forse accettare?»

Dopo questa introduzione, la Teresa veniva a spiegare i punti della
sua condotta che, per forza di cose, erano dovuti rimanere oscuri, e
si diffondeva a parlare della sua gita a Milano che prima ell'aveva
cercato di nascondere e di cui poi aveva dissimulato il motivo reale.
Ah sì, aveva accumulato artifizi e bugie ripugnanti all'indole sua, e
ora, in procinto di abbandonar per sempre la terra, la sua anima
cedeva a un bisogno prepotente di verità e di sincerità. Nè si
contentava di chiarire i fatti, ma scendeva con spietata analisi
dentro sè stessa, studiando le deficienze del suo organismo morale
ch'ella aveva avuto il torto di creder sano ed equilibrato. Sana ed
equilibrata lei, ch'era caduta quasi senza lotta, nè dopo la dedizione
repentina e umiliante aveva trovato l'energia di rialzarsi! Sana ed
equilibrata lei che, per quanto avesse scrutato nel proprio cuore, non
vi aveva mai scoperto quella fiamma divoratrice che avrebbe potuto
attenuar la sua colpa; che oggi, pensando al suo seduttore, non
provava nè amore, nè odio, nessuno di quei sentimenti che nelle nature
logiche e vigorose sopravvivono alle grandi passioni? Ah, se il caso
fosse toccato ad un'altra, quanto volentieri ne avrebbe parlato con
lui, col suo sereno filosofo!... Ma ora ella capiva la vanità dei
nostri giudizi. Come giudicare senza conoscere, e come pretendere di
conoscer gli altri, se ognuno di noi riserba a sè medesimo così strane
sorprese? Ecco, anche oggi, guardandosi intorno, le pareva di vedere
una corruzione molto maggior della sua, le pareva ingiustizia suprema
l'essere schiacciata sotto il peso d'un unico fallo, mentre il vizio
cinico e impudente correva le piazze e trionfava nei salotti eleganti.
Pur la fiera protesta le si spegneva sul labbro nell'incertezza delle
leggi che regolano le azioni umane e del grado di responsabilità che
incombe a ciascuno. Solo una cosa ella credeva di aver imparato, oimè
troppo tardi. La donna scelga la sua via. Se ha scelto quella
dell'onestà, sappia che deve percorrerla sino in fondo, senza
un'esitazione, senza una titubanza. Al suo primo scappuccio non
s'aspetti misericordia. È lei, la donna onesta, che sarà chiamata a
pagare anche per quelle che non sono tali.
Proseguendo nella sua lettera, la Teresa esponeva le ragioni che la
spingevano a morire. Vergalli non l'avrebbe condannata, egli che tante
volte aveva compatito con lei ad altri suicidi, egli che aveva
mostrato comprendere come vi possano esser momenti in cui al più
coraggioso degli uomini manchi la forza di vivere. Ed ella diceva che
sarebbe morta prima, appena inteso il verdetto del medico milanese, se
non avesse voluto metter ordine alle sue faccende e riveder l'amico
buono e fidato ch'ella aveva offeso e che meritava di ricevere il suo
atto supremo di contrizione. Indi, accennando ai loro recenti
colloqui, ella ricercava le cause che avevono impedito la pienezza
delle sue confidenze. Piccole cause che non avrebbero dovuto farla
deviare dal suo cammino; ma basta sì poco a gelar talvolta una parola
sul labbro, ad arrestare uno slancio del cuore! Ed ella gliene
chiedeva perdono; gli chiedeva perdono dei malintesi che una sua
maggiore franchezza avrebbe certo evitati. Tanto le premeva di non
offendere, di non ferir Mario Vergalli che quasi accusava sè della
scena penosa d'oggi! Nè gli disse, troppo egli ne avrebbe sofferto,
che s'egli fosse tornato da lei come amico e non altro, egli forse,
egli solo avrebbe potuto salvarla....
Non glielo disse; nell'ultima parte della lettera riassunse, completò,
illustrò il suo testamento, specificando quelle disposizioni che ella
desiderava rimanessero segrete fra loro due, scusandosi di non averlo
esonerato nemmeno dall'incarico, che doveva riuscirgli sì grave, di
far pervenire un suo ricordo a Guido di Reana. E la Teresa conchiudeva
in questi termini:

«Addio, Mario. Non vi dico di dimenticarmi. Nonostante il male che vi
ho fatto, vi dico piuttosto: Ricordatemi senz'amarezza. Pensate a me
come a una povera donna a cui è mancato qualche cosa per esser felice
e per render felici le persone che amava. E non vi lasciate abbattere
nè dalla memoria dei torti patiti, nè dal dolore che vi darà la mia
morte. Non siete giovine più, ma le abitudini austere hanno conservato
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