Il fallo d'una donna onesta - 08

Total number of words is 4419
Total number of unique words is 1821
35.0 of words are in the 2000 most common words
49.8 of words are in the 5000 most common words
56.0 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
--Nemmen per sogno... Si parla accademicamente, per l'interesse che
portiamo tutti e due alla Teresa Valdengo... Dicevo quale sarebbe,
secondo me, la linea di condotta ch'ella dovrebbe tenere.
--Donna Teresa non è una bambina--notò il conte Mario.--Sa regolarsi
da sè.
--Bene, bene--fece Venosti a modo di conclusione.--Se ve ne lavate le
mani voi, tanto più posso lavarmele io. E sarà quel che sarà...
Davvero partite?
--È probabilissimo.
--Allora buon viaggio, e grazie d'esser venuto fin qui.
Senza porvi mente Mario Vergalli aveva accompagnato il barone Amedeo
alla porta di casa.
--Vado a far _toilette_--disse questi.--Sono a cena dai Marvesi che
festeggiano le loro nozze d'argento... Gran brava donna quella
contessa Silvia! Ha saputo conservarsi il marito e gli amanti.
Il barone, ch'era d'umore espansivo, soggiunse, con un sorriso fatuo e
misterioso:
--Saremo in cinque stasera, e se non fosse morto il povero Castellini
si farebbe la mezza dozzina.
--Compreso il marito?
--Senza.


XXI.

Vergalli continuò a girar solo per strade poco frequentate, in preda a
un'agitazione vivissima. Mai egli avrebbe creduto che un colloquio col
barone Venosti Flavi potesse turbarlo così. Quell'uomo mediocre,
vanitoso, volgare, mondano, che aveva sempre in bocca le sue relazioni
titolate, i suoi príncipi forestieri, quell'uomo che per solito Mario
non istava nemmeno a sentire, era riuscito oggi con le sue parole a
insinuargli nel sangue un veleno sottile che gli bruciava le vene.
Aveva destato in lui gli scrupoli della coscienza, aveva inasprito le
smanie della gelosia, lo aveva reso più incerto che mai sulla via da
seguire. Partire, e lasciar la Teresa malata, affranta d'animo e di
corpo; partire perch'ella morisse senza di lui, o, peggio ancora (sì,
peggio, giacchè gli amanti sono profondamente egoisti), perchè
stringesse nuove amicizie, perchè, accettando il suggerimento dello
zio commendatore, si decidesse a prender marito? Non bastava
ch'ell'avesse appartenuto a quel di Reana? Ce n'era in serbo un
secondo, uno sposo legittimo? Se almeno, allontanandosi, Mario avesse
potuto ignorare! Ma la notizia di quelle nozze lo avrebbe raggiunto
ovunque egli fosse, gli sarebbe forse venuta dalla Teresa medesima!
Restare invece? Ma era concepibile di restare a Venezia e non andar da
lei, e non vederla più che a caso, come una estranea, in compagnia
d'altri, col rischio, s'ella si maritava, d'incontrarla per via
insieme al consorte?... C'era sì un mezzo termine: quello di restare
fingendo d'aver tutto perdonato, tutto dimenticato, e intanto
vigilarla come una prigioniera, chiudere ogni spiraglio da cui potesse
entrare un soffio d'aria nuova nella sua vita! Ma era una cosa
ignobile, era una cosa vile, era il vero modo di guadagnarsi l'odio
della persona di cui s'era invocato ardentemente l'amore!... Ah no,
questo Mario Vergalli non lo avrebbe mai fatto; piuttosto.... Qui, al
punto di fermar la mente sopra una soluzione eroica che lo avrebbe
ricondotto ai piedi della Teresa, implorante ancora la grazia di farla
sua moglie, egli sentì un impeto di rivolta nel sangue.... No, no, non
era da pensarci.... tanto più che, chi sa, a questo forse miravano i
discorsi tortuosi e avviluppati di Venosti Flavi.... Sua nipote s'era
compromessa, sua nipote non era donna da portare con disinvoltura una
così piccola disgrazia.... bisognava cercare un pietoso Cireneo, e se
il Cireneo tentennava, farlo decidere eccitando la sua gelosia,
agitandogli dinanzi lo spettro di altri pretendenti possibili....
L'idea era degna del barone Venosti, che probabilmente non l'aveva
nemmeno comunicata alla Teresa troppo orgogliosa da prestarsi ad un
giuoco simile.... Troppo orgogliosa? Tale era certo prima del
fallo.... Se non fosse più tale ora? Se fiaccata dalla caduta, si
piegasse ad artifizi già ripugnanti alla sua natura?... Ebbene, egli
non avrebbe messo a repentaglio la sua dignità, egli, dei vari partiti
che gli si offrivano, avrebbe adottato quello che, sebbene doloroso,
lo difendeva meglio dalle insidie altrui e dalle debolezze proprie,
avrebbe, l'indomani, lasciato Venezia.
Con questo proposito ritornò a casa ch'erano quasi le dieci. Avrebbe
detto al cameriere di rifargli subito le valigie e di chiamarlo presto
la mattina. Voleva prender la corsa delle dieci per Roma e Napoli. A
Napoli si sarebbe imbarcato per l'Egitto.
Ma mentre stava per dar gli ordini i suoi occhi si posarono sopra una
lettera ch'era sulla scrivania. Non ebbe bisogno di chiedere chi
l'avesse mandata; chiese soltanto con emozione repressa:
--Quand'è venuta?
--Un paio d'ore fa--rispose il servo.
--Va bene.... Andate pure.
--Desidera nulla?
Mario restò dubbioso un istante; poi disse guardando
l'orologio:--Aspettate di là.... Se prima delle dieci e mezzo non vi
chiamo, potete coricarvi.
Appena fu solo, Mario Vergalli ruppe con mano tremante la busta
ch'esalava il noto profumo di violetta.

Amico mio--gli scriveva la Teresa,--_Probabilmente riparto_, mi
dicevate oggi nel lasciarmi. Non oso cercar di rimovervi dalla vostra
idea, non voglio discuterla. Può darsi che abbiate ragione; può darsi
che, dopo quanto è successo, la vostra risoluzione sia la più savia.
Ma in nome dell'affetto che mi avete portato e che meritava migliore
ricambio, vi supplico, Mario, prima della vostra partenza, di passare
un'altra volta, un'ultima volta, da me.... Passate domani a qualunque
ora vi piaccia. Sarò sempre in casa e non ci sarò che per voi. Non
temete di nulla. Non voglio che vedervi, non voglio che domandarvi
perdono d'aver spezzata la vostra esistenza.... Per colpevole ch'io vi
sembri, esaudite questa preghiera suprema. V'aspetto, Mario.
TERESA.

Così ella scriveva, e Mario Vergalli, divorando le poche righe di cui
la commozione aveva resi incerti e confusi i caratteri, sentiva
fondersi la sua collera in una grande tenerezza, in una grande pietà.
Povera e buona Teresa, che non sapeva se non accusare sè stessa e
chieder perdono agli altri! E quest'era la donna ch'egli insozzava co'
suoi sospetti, ch'egli, un momento prima, aveva creduto capace di
bassi artifizi, ella che, spontanea, confessava il suo unico fallo, e
non aveva una parola acerba pel vile abbandono dell'amico di quasi
vent'anni? Ma, in verità, che diritto aveva Vergalli d'essere
inesorabile con lei? Che diritto hanno gli uomini d'imporre al sesso
più debole un'austerità di costumi ch'essi non si sognano di avere?
Egli, Vergalli, il giudice inflessibile, dacchè conosceva la Teresa
Valdengo, non aveva nulla a rimproverarsi? Sicuro.... per gli uomini
la cosa è diversa;... ciò ch'essi dànno non importa il sacrifizio
della loro dignità.... Eppure.... eppure questa disuguaglianza, che la
natura ha iniziata, non fu ingigantita artificialmente dalle ipocrisie
sociali, quelle ipocrisie medesime che tutto permettono e assolvono
tutti, maschi e femmine, sol che si salvino le apparenze? Ah che mondo
di tristi e codardi! Ecco, la Teresa Valdengo, libera, padrona delle
sue azioni, era umiliata, reietta per un istante di oblio, mentre
intorno a lei si pompeggiavano inchinate, invidiate le mogli adultere,
le ragazze corrotte, le avventuriere che non furono mai nè ragazze nè
mogli.... E a quante non aveva anch'egli in gioventù, schivo e
sdegnoso com'era, a quante non aveva baciato la mano; a quante non
aveva offerto il braccio per condurle trionfalmente in mezzo alla
folla pigiata negli eleganti salotti!... Ah valeva proprio la pena di
essersi emancipato a poco a poco dalle menzogne convenzionali, valeva
la pena di far professione di filosofia per non trovare in sè che la
severità del fariseo nel giorno in cui più sarebbe occorsa la
equanimità dello stoico!...
Ohimè, questa equanimità calma e serena Mario Vergalli la invocava
senza frutto. Egli amava troppo per poter essere equanime. Nella lunga
notte insonne egli fu continuamente palleggiato da pensieri diversi.
Ora tornava all'idea di partire, di partir subito, senza veder la
Teresa, tutt'al più accommiatandosene con un bigliettino per iscusarsi
s'evitava un colloquio che li avrebbe fatti soffrire tutti e due, per
dirle ch'egli non le serbava rancore, per assicurarla che dovunque
egli andasse l'avrebbe rammentata con dolcezza; ora invece la sua
titubanza gli pareva un delitto e affrettava col desiderio il momento
di poter essere ai piedi dell'amica; e avrebbe voluto balzar dal letto
e correre sotto le finestre di lei e gridare:--Teresa, Teresa, son qui
umiliato, contrito, pronto a morire per voi.--E intanto egli, l'uomo
forte, egli giunto ormai all'età in cui si quetano le passioni,
singhiozzava, gemeva, inzuppava di lacrime il capezzale. Quando la
mattina si alzò e si guardò nello specchio, aveva la fisonomia sfatta,
scomposta.--Oh, il bel damerino!--egli disse fra sè, contraendo le
labbra a un sorriso doloroso. E, involontariamente, il suo pensiero
corse _all'altro, all'altro_ che aveva poco più di vent'anni e co'
suoi vent'anni aveva trionfato. O giovinezza, giovinezza! Come
presumere di gareggiar teco? Tu hai l'ali che volano, hai la luce che
splende, hai la fiamma che brucia....


XXII.

La Teresa era sdraiata sull'ottomana. Al suono del noto passo ella si
mise a sedere, annodò rapidamente la vestaglia, si ravviò con la mano
i capelli, e un rossore fuggevole si dipinse sulle sue guancie smorte.
--Grazie, Vergalli--ella disse... E lo guardò... Era pallido anche
lui, aveva le palpebre gonfie dall'insonnia e dal pianto, e il suo
aspetto rivelava una sofferenza assidua e profonda.
Ella riprese, fissandolo con occhi dolci e pietosi:--Vi ho dato un
gran dolore, non è vero, amico mio?
Mario Vergalli scosse il capo come chi vuol cacciar da sè una cura
molesta.--Non parliamo del mio dolore.... Avevate ragione. Non posso
partire senza avervi rivista.
--Quando partite?--ella chiese.
--Non so.
--Per dove?
--Non so--egli ripetè con voce sorda.
Ella congiunse palma a palma le mani diafane e sottili, ed
esclamò:--Per colpa mia!
--Non lo dite.... Forse non ha colpa nessuno.... È il destino....
Dovevo non volere una cosa impossibile.... Allorchè vi proposi
d'essere mia moglie e m'avete risposto di no, dovevo avere il coraggio
di fare uno strappo e allontanarmi da voi.
Con le pupille fisse a terra, con le mani intrecciate sulle ginocchia,
ella mormorava:--Perchè ho risposto di no?... Perchè?
Mario trasalì. Agitato da affetti contrari, il cuore gli martellava
nel petto. Che senso avevano le parole di lei? Si offriva ella adesso,
si offriva con le labbra calde del bacio d'un altro? E avrebb'egli
accettato l'offerta? Sì, diceva il cuore. No, dicevano l'orgoglio, la
vanità, i pregiudizi sociali.
Senza mutare atteggiamento, ella proseguì:--Sciocca che avevo la
fisima di non sacrificare la mia libertà! Come se a una donna che non
sia una civetta la libertà serva a qualche cosa!... Ho rovinato voi,
ho rovinato me irreparabilmente. È vero, per voi sarebbe stato meglio,
assai meglio l'allontanarvi. Ma potevo suggerirvelo io, io che del
vostro affetto andavo superba, io che nella nostra intimità d'anima e
di pensiero provavo la maggior dolcezza della mia vita, io che speravo
che potesse durar sempre così?
--Ma non m'amavate--sospirò Vergalli. E soggiunse, cedendo a una
suggestione cattiva:--È naturale.... L'amore dev'esser giovine....
almeno da una delle due parti.
Ella sentì la punta, ma non s'offese, ma non protestò. Era rassegnata
alle battiture. Sollevando lenta lenta le ciglia, riprese:--L'amore?
Ma che cos'è l'amore?... È quella febbre che invade i sensi, che
offusca il lume della ragione, che in un attimo accomuna la donna più
onesta e più schiva alla più volgar cortigiana, e che lascia dietro di
sè la nausa e il disgusto? O è quel sentimento pieno di soavità che ci
fa cara e preziosa la compagnia d'una persona, non per un minuto, non
per un'ora, ma in ogni ora, ma in ogni minuto; quel sentimento che
esalta, che affina, che nobilita?
Poichè Mario tentennava il capo, ella credette ch'egli negasse.--Non è
questo dunque? È quell'altro?... Voi mi amavate... in quella ma-
niera?
--No, no--egli rispose. Quindi, come pentito della finzione, proruppe
con impeto:--Eppure sì... Anche in quella maniera... Qual'è l'uomo
che, amando, non desidera? Qual'è la donna che tollererebbe di non
esser desiderata?... Ma il mio desiderio era velato da tanto
rispetto... Solo in un modo ammettevo che poteste esser mia.
--Grazie--ella mormorò a fior di labbro, guardandolo in atto pieno di
devozione e di riconoscenza. E soggiunse:--Quale di noi due fu più
punito?
Egli lasciò cader la domanda. Soffriva acerbe torture. I discorsi
della Teresa avevano inasprito la sua gelosia. Quelle febbri dei sensi
le facevano orrore, ma ella confessava d'averle provate e le aveva
provate con un suo rivale... Vergalli non pensava in quell'istante a
ciò che la Teresa aveva dato a lui solo e ch'ella mostrava di pregiar
sopra tutto; pensava a ciò ch'ell'aveva dato all'intruso, al
giovinetto cinico e audace al quale era bastato presentarsi per
vincere e che ora forse ingannava i lunghi ozi del suo bastimento
vantandosi della facil vittoria. Perchè, in verità, di che si vantano
gli uomini? Non già di un affetto casto e profondo, ma di quelle
ch'esse chiamano le loro buone fortune d'un capriccio soddisfatto,
d'una insidia riuscita, d'una violenza coronata dal successo.
--A che giova discutere?--egli sospirò.--Piuttosto... come state?
Siete molto pallida ancora.
--È una fissazione la vostra--replicò la Teresa, dominando a fatica
l'impazienza che le destava ogni richiesta intorno alla sua
salute...--Sto meglio... Ma a forza di volermi ammalata mi farete
ammalare davvero.
--Nessuno vi vuole ammalata, Teresa... E non avrete nulla, lo credo...
Pur chi vi ha conosciuta fiorente non può non notare una differenza in
voi... Anche vostro zio...
--Il barone? L'avete visto?
--Sì, iersera.
--M'aveva onorata della sua visita.
--Ne tornava appunto quando c'incontrammo... E anch'egli dice che
dovreste curarvi...
--Oh, l'oracolo!
--Non occorre essere oracoli per aver ragione qualche volta... In ogni
modo, se non volete badare a lui, badate a me. Datemi retta, chiamate
un medico.
--Ecco il solito ritornello!... Quando vi dico che non ho bisogno di
medici... Fui un po' indisposta; adesso sto meglio... Del resto, in
campagna vidi il dottor Sauri.
Le parole le bruciavano la lingua... Se Mario venisse a scoprire da
altra parte il suo viaggio a Milano?
--Ora siete a Venezia--insistè Vergalli.--Permettetemi di mandarvi il
medico mio, Dalla Bruna, un ometto di garbo, colto, attento... Ve lo
mando oggi stesso... Va bene?
Ella s'oppose recisamente.--Questo poi no... Diavolo!... Come se fossi
una bimba... Chiamerò il vostro Dalla Bruna, ci tenete proprio?... lo
chiamerò fra alcuni giorni, se non sarò guarita del tutto...
--Voi non confesserete mai di non esser guarita.
Ella parve raccogliersi alquanto; indi riprese:--Ebbene, facciamo
così. Di qui a una settimana, se non avrete mutato idea, verrete voi
col dottore... Forse non sarete ancora partito, di qui a una
settimana...
--Ma... veramente...
--In tal caso sarà pur necessario che vi fidiate di me.
--No, per una settimana resterò.
--Si capisce che non vi fidate--ella soggiunse con dolce rimprovero.
Ma con lo sguardo lo ringraziava di rimanere.
Chiuse un istante gli occhi, evocando la scena tragica. Di lì a una
settimana ella sarebbe morta, ed egli piangerebbe presso al suo
cadavere.
--A che pensate?--egli chiese, prendendole delicatamente la mano. Un
bottone della vestaglia si slacciò; la manica s'aperse e lasciò vedere
il polso esile e il principio del braccio nudo. Mario posò la bocca
avida su quella pelle candida e delicata sotto cui appariva il fine
intreccio delle vene cerulee.
Si scosse ella dalla funebre visione, con moto rapido tirò indietro il
braccio e si riabbottonò la manica.
--Quanto vi pesano le _mie_ carezze!--egli disse. E nell'accento
ond'egli pronunziò queste parole c'era un misto di collera, d'ironia,
di dolore.
Ella non rispose, ma gli occhi le si gonfiarono di lacrime, nella
coscienza dell'irreparabile ch'era sorto fra loro. Mai più, se pur
ella fosse vissuta, mai più la loro affezione si sarebbe svolta
limpida e calma come l'acqua d'un gran fiume che corre tra due rive
fiorite; mai più nelle placide sere, seduti l'uno accanto all'altra,
avrebbero discorso tranquillamente d'arte, di letteratura, di musica;
mai più ell'avrebbe suonato per lui i pezzi ch'egli preferiva. La
battaglia, ch'ella lo aveva aiutato a vincere sopra sè stesso,
ricominciava. Poich'egli conosceva il suo fallo, che ragione aveva di
rispettarla?
Anche in lui era il vano, angoscioso rimpianto di ciò che non poteva
tornare. Egli guardava quella stanza piena dei ricordi del loro
affetto, quei libri che avevano sfogliato insieme e tanti dei quali
erano stati comperati e offerti da lui, guardava quel cembalo chiuso,
quei quaderni di musica di cui egli le aveva voltate le pagine, quelle
tappezzerie, quelle stampe, quei mobili, quei gingilli, quei quadri,
tutte forme note e care, parlanti al suo cuore un linguaggio
domestico. Mai più, esse gli dicevano adesso, mai più.
Ed egli, ribellandosi alla cruda sentenza, era tratto
irresistibilmente a pensare all'unico modo per cui il _mai più_
avrebbe potuto mutarsi in _sempre_. Poichè non c'era altra via: o
sposarla o partire.
Pur non ancora osava fare il gran passo. Lo tratteneva l'idea del
ridicolo. Che si sarebbe detto di lui? E come avrebbe trionfato
Venosti Flavi a vederlo così presto abboccare all'amo!
Per non cedere alla tentazione, Vergalli si accommiatò.
--Quando ci rivedremo?--chiese la Teresa, tendendogli la mano.
--Ma... anche stasera, se credete.
--No... questa sera no... Fin che non mi son rimessa interamente
voglio andare a letto presto... Così non vi lagnerete ch'io non mi
curi.
--E se venissi col medico?--ripigliò il conte Mario.
--Caro amico, osserviamo i patti... Col medico non vi voglio che di
qui a una settimana.
--Come siete ostinata!... Dunque, stasera, niente?...
--No, domani... a qualunque ora... e venite con buone disposizioni.
--Cioè?
Ella si sforzò di celiare.--Intanto venite con una faccia meno
scura... E poichè il peggio ce lo siamo detto, venite a parlarmi
d'altro... del vostro viaggio, per esempio... Nulla mi avete
raccontato del vostro viaggio...
--Oh il mio viaggio!... Io lo abbomino il mio viaggio. Darei dieci
anni della mia vita, se me ne restassero tanti, per non averlo fatto.
Ella chinò il capo in silenzio.


XXIII.

Tutte le sere, dopo il suo ritorno a Venezia, la Teresa Valdengo
fingeva, anche con la servitù, di andare a letto presto, e prima delle
nove si chiudeva nella sua camera. In realtà ella occupava un paio
d'ore a riordinar le sue carte, a far la scelta delle lettere da
distruggere, a rivedere accuratamente i suoi conti, a redigere il suo
testamento. Aveva un'amministrazione semplicissima, che teneva, si può
dire, da sè; solo per le riscossioni ed i pagamenti ricorrendo
all'opera d'un vecchio ragioniere che passava da lei una volta alla
settimana. Del resto, la sostanza non poteva esser più liquida. Un
venticinquemila lire di rendita in titoli dello Stato, depositati
presso una Banca; altre cinque o sei mila lire all'anno fruttavano due
o tre case possedute in città, oltre a quella ch'ella abitava; una
passività era la villa di Mogliano che le assorbiva su per giù il
prodotto degli stabili di Venezia. Sola, di gusti eleganti, ma aliena
da ogni sfarzo, ella sarebbe stata una donna agiata in qualunque parte
del mondo; per Venezia era ricca, e poteva concedersi la soddisfazione
di far del bene. E ne faceva in palese e in segreto, mai così contenta
come quando le riusciva di scoprire e alleviare qualcheduna di quelle
miserie che si nascondono. Onde, a lato delle carità fatte una volta
tanto, ce n'erano di ricorrenti e periodiche: quella Marcella a cui
ella forniva i mezzi di perfezionarsi nella musica; quel Massimo
Scilla ch'ella, insieme con Vergalli, manteneva all'Università;
quell'antica condiscepola che abitava in Polesine e alla quale ella
mandava un centinaio di lire a ogni cambiar di stagione perchè
provvedesse al vestito suo e dei figliuoli; e una vecchia cameriera
inferma e impotente, e un gondoliere che l'aveva servita in passato e
che adesso era condannato all'ozio metà dell'anno da una sciatica, ed
altri ancora che s'erano rivolti a lei e avevano trovato aperta la sua
borsa e il suo cuore. Nessuno di questi beneficati doveva soffrire
della sua morte. Anche a quelli che, per uno scrupolo di delicatezza,
ella non voleva nominare nel suo testamento, anche a quelli ella
avrebbe provvisto, legando fiduciariamente una certa somma a Mario
Vergalli affinchè, ne disponesse secondo le istruzioni particolari
ch'ella gli avrebbe lasciate. Coll'associarlo a questa sua carità
d'oltretomba ella gli dava la miglior prova d'affetto e di stima che
fosse in suo potere di dargli: e l'era dolce il pensiero che la loro
intimità sopravvivesse nella sua parte più nobile e pura. Così dolce,
che sentiva empirsene il cuore di tenerezza e gli occhi di lacrime.
Ma non eran queste le sole lacrime ch'ella spargesse. Ella piangeva
altresì sul proprio destino, e, pur risoluta a morire, piangeva la sua
vita infranta, piangeva tutte le cose buone e belle che doveva
abbandonare, e il suo concetto della giustizia era offeso dall'idea
d'un'espiazione tanto maggior della colpa. Non tentennava però; più
che mai convinta che la morte fosse il suo unico scampo.
Per solito verso le undici si decideva a coricarsi... sebbene fosse
certa di non chiuder quasi occhio in tutta la notte. Sul comodino
presso il letto l'attendeva la boccettina del cloralio che l'avrebbe
fatta dormire, ma ogni sera ella ne versava il contenuto in una
bottiglia che l'era rimasta in seguito ad una cura. E ogni sera, dopo
aver visto il livello del liquido alzarsi, ella riponeva la bottiglia
in un piccolo armadio a muro che si trovava nel suo spogliatoio, e di
cui custodiva gelosamente la chiave... Quando la bottiglia fosse
piena, ella sapeva quel che le restasse da fare.
A letto si sforzava di leggere. Aveva due o tre volumi, mandati dai
librai per esame durante la sua assenza, aveva alcuni numeri di
Riviste, e sfogliava questi e quelli senza poter fermar la mente sulle
cose lette. Solo seguiva con qualche attenzione un romanzo della
_Revue des deux mondes_ ch'era giunto alla seconda parte e che aveva
un punto d'analogia con la sua storia. Si trattava anche lì di una
donna matura che s'era data in braccio a un uomo assai più giovine di
lei. Ma l'analogia non andava più oltre; i caratteri, gl'incidenti del
racconto erano affatto diversi. Nondimeno il romanzo l'interessava e
si doleva di non poter conoscerne la fine. Prima che arrivasse il
prossimo fascicolo della _Revue_ ella non sarebbe più a questo
mondo... E allora perchè leggeva?... In verità, non questo solo, ma
ogni suo atto era vano. Tutto è vano per chi sa che deve morire a una
scadenza fissa, vicina... E pur la vita va innanzi, meccanicamente,
come un orologio fin che la molla sia esausta. La vita va e si
continua a parlar del domani, e a iniziare cose che non si compiranno
e a dar ordini che non si vedranno eseguiti.
Appena verso la mattina la Teresa trovava un'ora di riposo. Si
svegliava poi in sussulto, con un'inquietudine, con un'ambascia, con
un malessere indescrivibile. Pareva che si accumulassero tutti in
quell'ora i sintomi del suo stato anormale, che la calma relativa
della giornata avrebbe potuto farle dimenticare. Talvolta, nella sua
agitazione, nel terrore che il suo segreto venisse scoperto, ella
pensava se non fosse meglio per lei di affrettar la catastrofe. Ma in
qual modo? Armi non ne possedeva, e pur possedendone, non sarebbe
stata capace d'usarne; l'asfissia col carbone esige preparativi che
non sarebbero rimasti celati: una cosa forse non le sarebbe stata
difficile: uscire inosservata nel cuor della notte e gettarsi nella
laguna ch'era a due passi dalla sua porta di casa; ma poichè era buona
nuotatrice non era ben sicura che nel momento supremo il naturale
istinto della vita non prendesse in lei il disopra condannandola al
ridicolo onde son coperti i suicidi che non voglion morire. Cosicchè
ella, di necessità, si raffermava nel suo primo proposito; chieder la
morte al farmaco che in piccola dose le avrebbe dato il sonno, e
chiederla soltanto quando di quel farmaco avesse raccolto una quantità
sufficiente da non fallire allo scopo.
Comunque sia, dopo le undici, ricomposta alquanto, ell'era nel suo
salottino ad aspettarvi Mario Vergalli che veniva appunto sul
mezzogiorno. Lo aspettava con un misto d'impazienza e di paurosa
inquietudine. Temeva le sue domande, le sue offerte, i suoi scatti;
temeva il suo sguardo acuto, penetrante, ove di tratto in tratto
passava l'ombra di un dubbio, il lampo di un desiderio.
Com'era mutato anche lui! Com'era piena di tempeste quella fisonomia
un tempo così nobilmente calma e serena! Si vedeva ch'egli era in
lotta con sè medesimo; ora soffocando qualche basso impulso, ora
frenando qualche slancio donchisciottesco.
--Io lo abbomino il mio viaggio--egli aveva detto un giorno alla
Teresa che lo pregava di parlargliene. Tuttavia il giorno appresso la
compiacque e gliene parlò. Le descrisse una rappresentazione del
_Parsifal_ di Wagner al teatro di Beyreuth; le descrisse alcuni
capolavori della galleria di Dresda... Aveva percorso altri paesi,
visitato altre città, ma non gli restava che una gran confusione in
capo; a Dresda appunto, all'ufficio postale, leggendo una lettera
della Teresa, era stato assalito da un triste presentimento che non
aveva potuto cacciar da sè. Una voce gli diceva:--Torna a Venezia.--E
una voce più forte copriva la prima.--È troppo tardi.--E le due voci
l'avevano seguito sempre, da per tutto, in Olanda, in Belgio, davanti
alle tele di Rubens e di Rembrandt, nella quiete raccolta della
campagna fiamminga, nel moto vorticoso degli opifici ov'è più
frequente e febbrile il palpito della vita moderna, sugli epici campi
di Waterloo; da per tutto egli aveva portato quella punta confitta in
cuore. E non si ricordava di nulla, tranne che di lunghe corse in
ferrovia, di polizze d'albergo pagate, di tavole rotonde intorno a cui
sedeva una folla indifferente ed ignota...
--E mi dicevate che qualcheduno alimentò i vostri sospetti?--ella
balbettò, mossa da una istintiva curiosità femminile.--Chi? Chi?...
Una donna?...
Vergalli si schermì dal rispondere.
--Che importa ormai?
Ella assentì sospirando.
--È vero... Non c'è più cosa alcuna che importi.
Così l'argomento voluto evitare penetrava insidioso nei colloqui di
quei due infelici. Quand'egli soffriva troppo, quando s'accorgeva di
farla troppo soffrire, si alzava con uno sforzo.--A domani.


XXIV.

Uno di quei giorni, poco dopo che Mario Vergalli era uscito, la Teresa
si vide comparir dinanzi la sua amica Giulia Orfei, la stessa che un
paio di settimane addietro le aveva scritto dai colli Berici. La
contessa Giulia entrò come un uragano, gettando le braccia al collo
della Valdengo e sprigionando da tutta la persona un acuto profumo
d'_ireos_.
--Lo so, lo so che non vuoi ricever nessuno... Me l'ha detto la tua
cameriera... Ma non la strapazzare... Io le ho risposto: Rompo la
consegna e assumo io l'intera responsabilità... Se mi scaccierà via,
pazienza... Mi scacci?
--No; ma, veramente, potevi avvertirmi con una riga.
--Chè?... Quello non era il modo di riuscire... Avresti trovato una
scusa... E io ci tenevo a darti un bacio... Dopo tanto tempo!...
Perchè sono quattro mesi, lo sai?
--Eh sicuro... Da quando sei andata a Aix-les-Bains.
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Il fallo d'una donna onesta - 09
  • Parts
  • Il fallo d'una donna onesta - 01
    Total number of words is 4402
    Total number of unique words is 1690
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    57.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 02
    Total number of words is 4348
    Total number of unique words is 1760
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    56.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 03
    Total number of words is 4350
    Total number of unique words is 1802
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    48.9 of words are in the 5000 most common words
    55.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 04
    Total number of words is 4288
    Total number of unique words is 1795
    34.1 of words are in the 2000 most common words
    48.6 of words are in the 5000 most common words
    55.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 05
    Total number of words is 4473
    Total number of unique words is 1791
    35.3 of words are in the 2000 most common words
    50.3 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 06
    Total number of words is 4386
    Total number of unique words is 1725
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    49.3 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 07
    Total number of words is 4285
    Total number of unique words is 1728
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 08
    Total number of words is 4419
    Total number of unique words is 1821
    35.0 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    56.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 09
    Total number of words is 4386
    Total number of unique words is 1819
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    56.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 10
    Total number of words is 4347
    Total number of unique words is 1762
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    49.3 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il fallo d'una donna onesta - 11
    Total number of words is 4172
    Total number of unique words is 1738
    34.2 of words are in the 2000 most common words
    48.8 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.