Il dolce far niente: Scene della vita veneziana del secolo passato - 06

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degli schizzi di quadri futuri, o prendeva il violino e trasfondeva la
sua anima sulle corde armoniose, dalle quali cavava delle espressioni
che mancano alla parola umana, ed erano i suoi lamenti dolorosi, o il
canto delle sue aspirazioni.
Maddalena aveva la sua stanza sopra quella dell'artista, dirimpetto
alla laguna; i suoi balconi erano adorni di vasi di garofani e di
geranei odorosi, e quando udiva le soavi melodie del violino, apriva
la finestra ed ascoltava con religiosa attenzione. L'esalazione dei
fiori, l'aspetto delle acque azzurre che si confondevano col cielo,
e quella musica strana, lamentevole, piangente, agitavano i sensi
della fanciulla innamorata. Erano voci d'amore ch'ella traduceva a
meraviglia, era il linguaggio d'un cuore derelitto, ch'ella intendeva a
perfezione, erano accenti d'un'anima solitaria che vagando per l'aria
andavano a ricadere sopra un'altra anima solinga e non intesa. Le
deliziose armonie ricercavano i più reconditi recessi di quel cuore di
dieciott'anni, ma il pensiero funesto che non erano per lei, rivolgeva
in amarezza l'incanto, e due lagrime furtive uscivano da quegli occhi
dolenti, e irrigavano le fresche guancie della bella fanciulla.
Quante notti al chiarore della luna Valdrigo contemplando il firmamento
sereno, suonava a mezza voce il violino, credendo quelle melodie
trasportate dal vento e perdute nella solitudine, quando invece
penetravano fatali per una finestra dischiusa ed andavano a ferire un
cuore innocente, e a turbare un sonno dianzi tranquillo.
Sarebbe inutile il raccontare i mesi e gli anni trascorsi in varii
progetti, in speranze vaghe e chimeriche, in proponimenti di studio,
svaniti all'indomani; la vita dell'uomo indolente non lascia traccia di
sè, e guardando il suo passato egli non distingue un anno dagli altri
che per rari avvenimenti smarriti in uno spazio vuoto, come il punto
nero d'una barca lontana sull'oceano.
Finalmente dopo ripetuti tentativi abbandonati e ripresi più volte,
il pittore si decise di dar principio ad un quadro. Il soggetto,
apparecchiato in un abbozzo in piccole dimensioni, era una partenza
per la pesca. Vari pescatori apparecchiavano sulla riva le reti, le
corde, gli attrezzi marinareschi, alcune donne assistevano alle ultime
operazioni della partenza, ed esprimevano il dolore del distacco per un
viaggio talora pericoloso; sul fondo si vedeva la barca ed il mare. Il
costume nazionale dei pescatori veneziani, i vari atteggiamenti, e le
diverse espressioni rendevano interessante quella prima composizione
dell'artista meditata da tanto tempo e preparata da studi speciali.
Gli ospiti pregati a volersi prestare in qualità di modelli di buon
cuore aderirono, e Beppo trovò gli altri individui, alcuni dei quali
vennero rifiutati dal pittore, e si dovette sostituirne degli altri
di suo gradimento. La vecchia Marta seduta sulla porta a rattoppare le
reti era una figura degna d'un pennello fiammingo, e la bella Maddalena
che con un'aria dolente dava l'addio al fidanzato il quale le mandava
da lontano l'ultimo bacio, era collocata in modo da far risaltare a
meraviglia le bellezze della espressione e i rari pregi del vezzoso
modello.
Diede mano alla tela in bella proporzione, e i suoi modelli posavano a
vicenda davanti all'artista, ora l'uno ed ora l'altro, secondo il suo
desiderio.
Maddalena vi si prestava con grazia, e la sua espressione era molto
naturale e diffatti essa non doveva fingere gran fatto per dimostrare
l'affanno d'un distacco dal fidanzato. Il partire, o il non giungere
costituiscono l'assenza che causa il dolore; e se per lei realmente
non partiva un amoroso, certo l'amato non giungeva, o quantunque vicino
colla persona, era lontano col cuore.
Il pittore assorto nel lavoro non vedeva in Maddalena che una bellezza
plastica, un tipo di rara perfezione. Il grazioso modello cercava
nel sorriso del pittore una scintilla dell'anima, egli studiava sul
modello un'ombra della fronte, una sfumatura delle guancie, la luce
delle pupille, l'espressione delle labbra passionate, ed osservando
con uno sguardo d'artista i lineamenti leggiadri e la tinta armoniosa
del volto, egli esclamava con naturale ingenuità: — Cara Maddalena, voi
siete una rara bellezza!...
La fanciulla abbassava gli occhi, diventava tutta rossa, e il pittore
temendo d'averla offesa, soggiungeva: — Scusate, sapete, ma per noi
altri artisti i modelli non sono donne, ma statue, con la durezza di
meno, e la morbidezza di più, ma sempre statue!...
Maddalena sospirava, e taceva.
Egli pensava fra sè: — La gloria vale la nobiltà, ed anche più,
secondo la mia maniera di vedere. Se questo quadro mi riesce, egli
sarà l'equivalente d'un titolo, egli nasconderà la mia origine, egli
mi metterà al pari coi più superbi signori. Silvia non isdegnerà
di compensarmi con uno sguardo, per un'opera che avrà meritati gli
applausi di Venezia, e chi sa!... chi sa!... gli Orseolo andranno
superbi d'aver protetto i primi passi dell'artista.... essi chiederanno
di vedermi, e forse, forse il matrimonio progettato dai parenti non
avrà più il consenso della sposa. Prima di tutto passano gli anni e il
conte Leoni non ritorna. Egli sarà innamorato di qualche principessa
della Corte ove risiede, e non si cura di tornare col pretesto degli
affari diplomatici, e se tornando dopo una lunga assenza, Silvia
dichiarasse di non accettare la sua mano!... Chi sa!... talvolta il
prestigio degli applausi prodigati ad un artista può infondere il
coraggio in una donna, e Silvia non è donna volgare! La vorranno
seppellire in un chiostro.... ma non sarebbe il primo caso d'una
fuga!... Mio Dio! quale ampio compenso alle mie fatiche una parola di
Silvia che dicesse: — Sono vostra pei diritti del cuore! — vi aspetto
— scalate il muro del convento, sarò nel giardino a mezzanotte!...
Una gondola pronta, due valenti rematori, e poche ore dopo si varcano
i confini, e addio Venezia per sempre!... — E viaggiava con Silvia
rapita, e la nascondeva nella capanna d'una valle solitaria fra i monti
lontani, e viveva una vita di delizie vicino alla donna del cuore.
Con questi sogni andava avanti e lavorava con lena. Arrestato dalle
difficoltà dell'arte, pensava alla gloria, e alle conseguenze della
gloria; copiava esattamente Maddalena, ma coll'immagine di Silvia
davanti agli occhi, e colla speranza nel cuore.
Ogni giorno riprendendo i pennelli e la tavolozza trovava qualche
difficoltà per rimettersi al lavoro, tanto l'abitudine dell'ozio
è difficile a lasciarsi vincere, guardava fuori dalla finestra gli
uccelli marini che svolazzavano sulle acque, poi si stirava le membra,
sbadigliava, osservava il quadro in distanza, ma la presenza della
modella che aspettava un suo cenno per mettersi al posto, lo scoteva
dall'inerzia, e si sedeva davanti al cavalletto. Allora continuava
materialmente il lavoro, ma col pensiero rivolto a Silvia tornava
a rimuginare il progetto della fuga, ne prevedeva le peripezie, e
sfidando audacemente i pericoli incorsi si compiaceva immensamente
dell'esito finale dell'avventura.
Intanto il quadro andava avanti, e l'artista incominciava a sentire le
intime soddisfazioni dell'opera avanzata, delle vinte difficoltà, dei
mirabili effetti ottenuti, e si compiaceva nel contemplare quelle arie
naturali dei volti, quelle movenze spontanee, e l'insieme armonioso dei
vari gruppi. Quando usciva un'ora a prender aria non si allontanava
molto da casa, ma girava in quegli estremi confini della città, ove
nessun rumore distraeva il suo spirito, e l'aspetto della laguna lo
teneva nel soggetto del quadro.
Beppo approfittava delle corte assenze di Valdrigo per introdurre in
casa gli amici e mostrare il dipinto ai vicini. Le comarelle della
calle entravano chete chete, coi gondolieri della riva, i facchini e i
fanciulli. Collocati davanti alla tela, la loro ammirazione non aveva
confini, e le loro esclamazioni di sorpresa rallegravano Beppo in tal
modo, che sembrava che il pittore fosse lui, ed era tanto superbo di
vedersi esattamente riprodotto sulla tela che non sapeva frenare il
suo giubilo. — Guardate, egli diceva, guardate Tita Bosi e Nane Orada
che tirano la corda, dite se non sono vivi e parlanti?... e quell'altro
lo conoscete?... e accennava al suo ritratto; e tutti rispondevano in
coro: guarda Beppo, guarda Toni, guarda Nane.... e la Maddalena, e la
nonna Marta.... e quella cesta, e quelle reti! oh che bellezza, oh che
meraviglia, oh che bravura! — poi uscivano ad uno ad uno lodando il
lavoro, e congratulandosi con Beppo e colle donne. La Maddalena godeva
in suo cuore del trionfo dell'artista, e ansiosa aspettava il termine
dell'opera colla speranza di udire gli applausi di tutta Venezia in
favore dell'uomo che stimava.... ed amava.
Valdrigo ignorando le visite clandestine dei suoi ammiratori non sapeva
spiegarsi le straordinarie sberrettate, e le profonde riverenze che da
qualche giorno gli venivano prodigate dai vicini. Il popolo d'allora,
avvezzo a rispettare ogni superiorità, aveva il buon senso di onorare
specialmente le qualità personali, e di tenerle come un giusto titolo
alla stima del pubblico; e la stessa aristocrazia rendeva giustizia al
merito, e vantava fra le glorie della patria gli artefici insigni che
l'avevano illustrata colle loro opere.
Un giorno, di quelli che s'erano fatti più rari, ma che non erano
intieramente scomparsi dalla esistenza del pittore, Valdrigo si sentì
un irresistibile bisogno di far niente.
La ragione voleva ritenerlo al lavoro, il capriccio resisteva, e
cercava pretesti per vincere.
Una voce arcana gli ripeteva: — Sta in guardia!... Un passo sul
declivio, e il fondo t'inghiotte! — Un'altra voce soggiungeva: — Il
riposo è necessario all'uomo, esso rimonta le forze, e giova al lavoro
— infatti il capriccio sosteneva che la ragione aveva torto; La ragione
soccombette alla lotta, perchè lo spirito d'inerzia si era alleato un
desiderio d'amore; Valdrigo sentiva un'altra voce che con irresistibile
attrattiva lo chiamava da lontano, e gli diceva: — Vieni ad ispirarti
davanti al santuario che rinchiude la tua divinità, l'aspetto di quelle
mura infonderà nuove fiamme al tuo genio! — Chi avrebbe resistito a
quella voce?... Rimandò i suoi modelli, e preso il cappello se ne andò
fantasticando per la strada, e cercando lo scioglimento d'un problema
che gli tornava importuno allo spirito: — Se Silvia, egli pensava fra
sè, fosse un giorno costretta dalla spietata severità de' suoi parenti
di vestire l'abito monacale, è evidente che nel giorno della fuga non
potrebbe conservare quelle vesti, che renderebbero ardua e pericolosa
l'impresa!... Quale sarebbe il modo più opportuno per evitare questo
ostacolo?...
E cercando uno stratagemma plausibile camminava attraverso il labirinto
delle calli che conducono in Piazza, da ove pensava indirizzare i
suoi passi verso i balconi del palazzo Orseolo, da qualche tempo non
visti. Giunto sotto la torre dell'orologio la gente s'era accalcata
davanti una bottega di caffè, e impediva il passaggio. La curiosità è
contagiosa, ed egli divenuto curioso fra i curiosi, si spinse avanti
per iscoprire l'oggetto della pubblica attenzione. Alcune carte
stampate pendevano alle invetriate della bottega, e sovra d'esse gli
parve di vedere il nome di Silvia, ma una nube gli offuscava la vista,
e il sangue gli montava dal cuore al cervello con tale rapidità che non
fu in caso di leggere più oltre. Fattosi animo alquanto, e facendosi
largo fra la folla, giunse alfine davanti alle carte e vide una serie
di sonetti e canzoni, che portavano la seguente intestazione: — Per
le inclite nozze della nobile donzella Silvia degli Orseolo, con sua
Eccellenza il nobile signor conte Alberto Leoni.
Una fiamma repentina gli tolse la vista, lo colse un capogiro, e
barcollando come un briaco uscì da quella folla, ad uno pestando i
piedi, ad un altro lasciando andare i gomiti nello stomaco, urtando
e rovesciando ogni cosa che gli si parasse d'innanzi, e gesticolando
per la strada scomparve, sollevando dietro a sè i lamenti delle sue
vittime che lo guardavano fuggire indispettite e sorprese, come chi
s'imbatte a caso in un matto. Ristabilito l'ordine nella folla, i
curiosi continuarono a deliziarsi nella lettura dei versi di Don Lio il
quale celebrava le auspicate nozze mettendo a contribuzione il Parnaso,
e facendo nuove vittime fra le stanche Muse, il vecchio Apollo, il
decrepito Imeneo, e gli altri suoi martiri dell'Olimpo.


XXI.

Valdrigo, quasi uscito di senno, rientrava in casa cogli occhi
stralunati, ribaltando l'arcolajo della nonna che seduta pacificamente
sull'uscio, stava dipanando una intricata matassa. Rientrato in stanza
diede un calcio così potente al cavalletto che mandò in aria la tela
la quale ricadde sull'armadio sopra alcune tazze di caffè che volarono
in mille scheggie, ribaltò un tavolo che sosteneva i colori e i suoi
libri; l'olio da dipingere andò ad allagare le sue carte, le sedie
andarono a cadere sulle sedie, e v'ebbe un tale baccano indiavolato
che tutti i vicini si gettarono alle finestre per vedere se cascava il
mondo.
La Maddalena spaventata corse precipitosamente nella stanza, e vide una
specie di caos, e Valdrigo ai piedi del letto privo di sensi. Chiamò
aiuto; Beppo giunse dalla riva, e vedendo il quadro rovesciato lo levò
dall'armadio, e l'osservò attentamente; per fortuna era salvo meno
qualche striscia, se lo prese con molte precauzioni, e lo trasportò in
una stanza più sicura.
Maddalena spruzzava con acqua fresca il pallido volto del giovane,
Marta apportava dell'aceto, Beppo ritornava nella stanza, e levando
da terra Vittore, lo spogliava, e lo collocava nel letto. Ma tutte
le loro cure non valsero a fargli riavere i sensi smarriti. Beppo
corse alla più vicina farmacia, e poco dopo ritornò con un medico il
quale esaminato attentamente il malato lo dichiarò in grave stato per
violenta congestione cerebrale, gli fece un abbondante salasso, ordinò
dei senapismi alle gambe, ed il riposo assoluto.
Nei vaneggiamenti della febbre egli mormorava delle parole confuse fra
le quali l'attenta Maddalena udì sovente il nome di Silvia.
La malattia perseverava nella sua gravità e quindi i poveri pescatori
pensarono di avvertirne la madre col solito mezzo del curato, indicato
da Valdrigo. Beppo andò a prenderla a Mestre, e la buona Rosa accorse
al letto del figlio che la riconobbe e mostrò coi cenni il contento
di averla vicina e con uno sguardo commosso ringraziò Maddalena alla
quale attribuì la delicata attenzione. La Rosa e Maddalena vegliavano
al letto dell'infermo e gli prodigavano tutte quelle cure che i più
nobili affetti ispirano alla donna e che sono i validi ausiliari della
scienza. La buona madre chiedeva alla fanciulla le origini della
malattia di suo figlio, ed essa rispondeva che il medico accusava
il sole di aver causato l'accesso, ma non si mostrava convinta del
giudizio; le rivelazioni raccolte l'avevano persuasa che se Vittore
era vittima delle funeste influenze d'un astro, quell'astro non dovea
essere il sole.
La bellezza di Maddalena, e le sue attente e perseveranti prestazioni
convinsero ben tosto la chiaroveggenza della madre dell'affetto della
fanciulla per suo figlio, e la andava studiando col più vivo interesse
cercando di scoprirne le diverse qualità, i pregi e i difetti per
trarne partito a suo tempo. Le loro reciproche confidenze a mezza
voce servivano all'intento: e in pochi giorni la Rosa fu convinta che
Maddalena era una buona ed onesta ragazza, che avrebbe potuto formare
la felicità di Vittore.
A poco a poco il male diminuiva d'intensità, e il medico nelle sue
visite aveva cessato di far quei cenni colla testa che volevano dire
— affar grave! — Il malato incominciava a parlare, e quando la Rosa si
trovava sola con lui lo interrogava da lontano sugli ospiti. Non tardò
ad avvedersi, con sua grande sorpresa, che il figlio non pensava punto
a Maddalena, o l'amava colla riconoscenza d'un amico, colla affezione
d'un fratello.
Valdrigo teneva chiuso in seno il segreto del suo amore infelice,
e della fatale sorpresa che lo aveva colpito, egli spiegava i
sintomi provati, i capogiri, l'esaltazione cerebrale e la successiva
spossatezza, ma ne taceva le cause.
Maddalena custodiva il segreto delle confidenze della febbre, forse
per delicato sentimento, forse per iscoprire più facilmente le traccie
della possente rivale. Ma il suo amore rinchiuso cresceva d'intensità
in ragione della pressione sofferta e le sue guancie impallidivano, e
i begli occhi illanguiditi rivelavano le interne lotte d'una passione
agitata dalla gelosia.
La Rosa attribuiva l'abbattimento di Maddalena alla veglie prolungate,
e le ne faceva un merito presso Vittore, il quale voleva pagare il suo
debito di riconoscenza colle più dolci espressioni, cogli elogi più
eloquenti che inacerbavano la piaga; e credendo di recare il balsamo
apportavano il fiele.
Il medico propose che la convalescenza si facesse in campagna, e questo
consiglio piacque al malato ed alla madre; dispiacque a Maddalena.
Ma la Rosa se ne avvide e trovò un pronto rimedio. Essa voleva
ricompensare in qualche modo le cure che gli ospiti avevano prodigate
a suo figlio, e si proponeva in pari tempo di secondare l'affetto di
Maddalena, e di ottenere da Vittore un sentimento pari che li avrebbe
resi entrambi felici. Invitò dunque Maddalena ad accompagnarli a
Saltore, e a rimanersi qualche tempo con loro. A questo invito un
lampo di felicità brillò negli occhi della amorosa fanciulla, tanto più
lieta quanto più Vittore ne sembrava soddisfatto. Qualche difficoltà
insorta per le opposizioni di Beppo e della vecchia Marta venne presto
appianata dalla volontà di Maddalena, e dalle promesse della Rosa, e
prese le opportune disposizioni partirono per Mestre nella barca di
Beppo. Colà presero a nolo una vettura che li condusse felicemente a
Saltore.


XXII.

Era di primavera. Le prime fogliette spuntavano dagli alberi, e l'aria
tiepida esalava il soave profumo delle prime violette. La giovane
veneziana non era mai uscita dal suo nido, la sua infanzia s'era
passata sulle rive della laguna, in un'aria pregna di emanazioni
saline, commista all'ingrato tanfo dei canali ed alle esalazioni
di pece delle barche. I suoi occhi avvezzi all'azzurra superficie
dell'acqua, o al freddo aspetto dei muri, non si erano mai posati sopra
una vasta campagna. Essa non aveva mai contemplato la natura rurale che
nei prodotti degli orti delle isole, esposti nei cestoni dell'erberia;
e i pochi alberi dispersi fra le case, e i modesti vasi di garofani
e geranei della sua finestra, erano per lei i soli rappresentanti del
regno vegetale.
Il movimento continuo della città, il canto dei gondolieri, le ciarle
delle donnicciuole, le baruffe dei facchini, le diverse grida dei
pescatori e dei vari venditori ambulanti che annunziano per le strade
le loro merci avevano sole risuonato alle orecchie della fanciulla, con
l'accompagnamento delle musiche dei menestrelli vagabondi, e del suono
delle campane, tutti rumori che confusi fra loro danno un certo suono
generale che si potrebbe chiamare la voce delle calli di Venezia.
Al Saltore la scena era affatto diversa, il silenzio della notte non
era interrotto che dal canto dei grilli e da qualche latrato dei cani,
al giorno era la canzone degli uccelletti fra gli alberi, le varie voci
degli animali domestici, lo stormire delle fronde agitate dagli aliti
della primavera.
Il verde tappeto dei prati si smaltava di bianche margherite, e gli
armenti vaganti per la campagna mandavano i loro muggiti, come un
saluto alla pace che regnava dovunque.
Nella rustica dimora, l'abbondanza prodigava i suoi doni. Non era più
come a Venezia, ove ogni cosa si misurava in proporzioni meschine, ove
sul tavolo della cucina si vedeva una libbra di farina, un bicchiere
di latte, un cavolo, un pollo, un piattello d'insalata; nella cucina
del colono entravano ampi catini di latte, cesti ricolmi di erbaggi,
il farinaio riboccava di farina, gli scaffali di formaggi, e dalle
travi affumicate pendevano i salami ed il lardo. Il cortile brulicava
di polli, e il bravo Osvaldo aveva introdotto sotto al portico alcuni
alveari che gli davano ogni anno un miele dorato, eccellente.
Rosa faceva gli onori della casa alla sua ospite meravigliata di tanta
agiatezza, sorpresa del nuovo spettacolo dei costumi campagnuoli.
Durante l'assenza della moglie, Zammaria era un uomo impacciato e
disperato. La casa gli pareva un deserto, i polli erano inquieti, il
majale grugniva dalla fame, il gatto miagolava, il cane da guardia
giaceva malinconico in un angolo del cortile, dopo d'aver invano
cercato la sua padrona da ogni parte. Il ritorno di Rosa fu una vera
festa per tutti, il cane le saltava addosso urlando ed abbajando dalla
gioia, tutti gli animaletti le correvano incontro, il maiale dava
segni evidenti di soddisfazione, i figliuoli la baciavano, e Zammaria
sbalordito rimaneva immobile in mezzo del cortile, si cavava la beretta
di lana per inchinare Maddalena, e rideva colla bocca, mentre due
grosse lagrime di consolazione gli correvano giù per le guancie.
La Rosa gli corse fra le braccia, lo baciò in viso e tutti entrarono in
cucina. Allora disfatti i bagagli saltava fuori una bella giacchetta
pel marito, una berretta col fiocco per Osvaldo, e fazzoletti rossi e
variopinti per gli altri. Poi vennero i rinfreschi, il latte, le frutta
per la bella veneziana, che tutti guardavano colla bocca spalancata e
gli occhi sorridenti.
Maddalena osservava quel quadro di felicità, e pensava come sarebbe
bella la vita in questa pace, accanto all'uomo amato, in mezzo ad
una famiglia contenta! La Rosa presso a poco pensava egualmente, e
rifletteva che per Vittore una signora sarebbe una vera disgrazia,
una contadina troppo poco, e faceva i suoi castelli in aria. Si
potrebbe, diceva fra sè, restaurare la casa con poca spesa, Vittore
farebbe dei bei santi per le chiese, Maddalena lo renderebbe felice,
e mi assisterebbe nelle faccende di famiglia, saremmo tatti uniti!
e si proponeva di mandare alcune candele alla Madonna della Neve per
ottenere questa grazia.
Vittore per sua parte pensava: — Silvia è la più divina creatura che
abbia vissuto sulla terra, i suoi sguardi mi sono fitti nel cuore con
indelebile fermezza, mi par sempre di vedere quell'occhio limpido e
profondo, azzurro come il cielo, veggo sempre la sua bocca soave, ahimè
la sento ancora sulle labbra!
Orgoliosi! egli ripeteva fra sè, orgoliosi! gettare un fiore del
paradiso fra le braccia d'un vecchio consumato dagli stravizi,
soffocare le aspirazioni di quel cuore innocente per considerazioni
ambiziose!... No! essa non può essere rea d'un oblìo contro natura,
essa fu vittima d'un pregiudizio fatale!... — E la sua mente lottava
e si agitava fra l'amore e l'odio, fra l'affetto per Silvia, fra il
disprezzo pei nobili inumani, e quella violenta passione dominava
tutte le facoltà di quell'anima esaltata dalle aspirazioni del cuore e
amareggiata dai disinganni della vita!
Nelle ore della solitudine, Valdrigo viveva concentrato in sè stesso
coi pensieri condensati dall'affetto, evocava le immagini del passato,
riviveva nei giorni felici, conversava col suo idolo, lo circondava
d'un prestigio fantastico, lo adorava con tutte le forze del cuore.
Richiamato alla vita reale da qualche accidente volgare, chiudeva
nel cuore e nella mente le sensazioni e i pensieri reconditi, come
si chiudono le lettere d'una amante riamata entro ad una cassettina
segreta per rileggerle e ribaciarle a suo tempo; e usciva dalla sua
stanza col volto sereno, coll'aspetto tranquillo, avendo preso il
partito di dissimulare le interne agitazioni con una superficie calma,
di vivere con lei sola nella segreta intimità dell'anima, e di vivere
con tutti secondo le convenienze della comune esistenza.
La gratitudine che provava verso Maddalena per le cure ricevute lo
obbligava a mostrarsi cortese ed affettuoso, ed a renderle gradevole
e lieto il soggiorno di Saltore. Quindi scherzava con lei, e le
indirizzava sovente quei complimenti abituali, che i giovani usano
con le ragazze, e sono parole che spuntano spontanee sulle labbra
all'aspetto della gioventù e della bellezza. Ma essa le ascoltava con
grande attenzione, se le metteva da parte, le pesava colle bilancie
dell'oro, e se le teneva come tante dichiarazioni mascherate d'un amore
incipiente e forse troppo timido, per manifestarsi a volto scoperto. In
fondo non erano che paglia, ma vicino al fuoco del cuore, sollevavano
un incendio.
Ogni giorno egli la conduceva al passeggio, e le ingenue sorprese
della fanciulla alla quale tutto era nuovo, gli eccitavano una ilarità
superficiale e burlesca. Ella che lo vedeva sempre cupo, si attribuiva
il merito di scacciare le tetre nubi di quell'anima misteriosa, e di
ricondurre i giorni sereni.
Una mattina passeggiavano per le strade deserte di Vascon, e giunti
davanti al palazzo degli Orseolo, Maddalena voleva entrare per vedere
il giardino. Valdrigo le disse che dopo uscito da quella casa, non vi
aveva più riposto il piede, e non voleva rimetterlo, perchè l'orgoglio
di quei signori, rendeva amaro il beneficio ricevuto. Maddalena
guardava pei cancelli le statue e le ajuole fiorite, e Angelo Rotondo
fingendo di non vedere nessuno faceva segno col gomito a Fiorina,
dicendo: — Guarda un po' se l'ha trovata la sua veneziana, e più
bella della padroncina. Questa è proprio un bel pezzo di ragazza, un
bocconcino che mette in appetito.
— Taci su, birbonaccio, — rispondeva Fiorina, — sei proprio come il
lupo che perde prima il pelo che il vizio.
Maddalena ricondusse in campo la storia degli Orseolo, che Valdrigo
le aveva raccontata a suo modo sotto la cappa del camino a Venezia,
e volle sapere il nome d'ogni singolo individuo componente l'illustre
famiglia. Quando udì il nome di Silvia, sentì come una punta nel cuore,
e il suo volto espresse l'impressione dolorosa, ma Vittore non se ne
avvide, ed essa non osò spingere le ricerche più avanti; ma disse fra
sè: — Ecco trovata la Silvia, che Vittore invocava nei vaneggiamenti
della febbre.
Un'altra volta ritornando sullo stesso discorso, seppe che la nobile
fanciulla era andata a marito, ma questa notizia non valse gran fatto a
calmarla. Ne parlò alla Rosa con aria d'indifferenza, e i suoi sospetti
ebbero nuovo alimento dalle spiegazioni della buona donna che volendo
giustificare suo figlio lo accusava, ed imbrogliava l'intrigo.
Le cose erano a questo punto quando un giorno giunse Beppo da Venezia
all'improvviso. La cucina della Marta non gli andava troppo a sangue,
la buona vecchia gli aveva bruciata una frittura di sogliole, la casa
era in disordine, ed egli richiedeva sua sorella. Non ci fu caso di
protrarre il soggiorno della ragazza, Beppo doveva partire per la
pesca, la nonna Marta era sorda, e non si fidava di lasciarla sola a
Venezia. Maddalena dovette cedere, e lasciò i buoni coloni con dirotte
lagrime; essa sarebbe rimasta per sempre in quel beato soggiorno, Rosa
la baciò colla tenerezza d'una madre, la consolò con future speranze, e
la congedò colle dolci parole: — A rivederci presto.
Partì con Beppo, ma il suo cuore rimase a Saltore; l'ultimo sguardo
dato a Valdrigo avrebbe commosso una pietra: Vittore pensava fra sè: —
Potessi almeno rivedere Silvia, e disse ad alta voce alla fanciulla: —
Addio, buona Maddalena, a rivederci fra pochi giorni a Venezia, che qui
non ci posso più stare.
Queste parole, che essa interpretava a suo modo, furono la sola
consolazione della fanciulla durante il suo viaggio, nel quale
si sforzò a gran fatica di reprimere le lagrime e di soffocare i
singhiozzi.


XXIII.

L'aria pura ed elastica che spira dalle montagne e dal Piave ristabilì
in breve tempo la salute di Valdrigo, che ritornò a Venezia sano di
corpo, ma con l'anima lacerata dall'amore e dall'odio. Nel tempo che
visse in casa Orseolo ebbe agio di conoscere le depravate abitudini
d'una molle nobiltà che decaduta dall'antico splendore aveva deposte
le armi, e s'era data al far nulla ed al vizio. Questa classe
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