Il Diavolo - 06

Total number of words is 4551
Total number of unique words is 1752
35.7 of words are in the 2000 most common words
50.2 of words are in the 5000 most common words
58.0 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
di tener dietro al formidabile _crescendo_ di quest'altro capitale
esercizio diabolico.
La ossessione più leggiera e più semplice era quella che il demonio
esercitava con solo esser presente. Nè c'era bisogno che la presenza
sua fosse avvertita, che egli la facesse in qualche modo sentire.
L'uomo il quale si credeva assiepato tutto intorno da una gran caterva
di diavoli, che con occhi intenti e spalancati perpetuamente spiavano
l'occasione di tentare e di nuocere, doveva provar l'emozione e il
cruccio di chi si trovi solo in una foresta popolata di ladroni, o in
mezzo a un grande stuolo di nemici poderosi e crudeli. Ma i diavoli
potevano anche lasciarsi vedere, o sotto gli aspetti loro naturali, o
sotto altri aspetti mostruosi e terribili, e per la via degli occhi
gelar gli animi di terrore. Potevano anche farsi udire, e allora
erano angosce d'altra maniera, e noje insoffribili. Infiniti santi, a
cominciare da sant'Antonio, li udirono ruggire come leoni, urlare come
lupi, stridere come aquile, fischiare come serpi, e li videro in figura
di così fatti animali, venir loro incontro, aggirarsi loro d'attorno,
tumultuosamente, rabbiosamente. Santa Margherita di Cortona, nella
sua cella, li udiva cantare a squarciagola canzoni oscenissime. Altre
volte erano invettive furibonde, contumelie atroci, spaventose minacce.
Fuggendo, i diavoli, dopo aver torturato gli occhi e le orecchie,
affliggevan le nari, lasciandosi dietro un odor nauseabondo, a cui
nessun fetore della terra poteva paragonarsi.
Ma questo era nulla ancora. I diavoli non eran gente da rimanersi
con le mani alla cintola, e o prima o poi venivano ai fatti. Qualche
volta se la pigliavano con le cose inanimate, guastando, distruggendo,
sperperando quanto capitava loro sotto; ma questa specie di danno
recavano più volentieri ai profani che ai santi, i quali, o non
possedevano nulla, o delle cose proprie non si curavano punto. Tuttavia
un demonio tentò una volta con una scure di demolire la cella del
santo eremita Abramo, là nel deserto, e un'altra volta diede fuoco
alla stuoja su cui il santo dormiva. Se si trattava di santi, assai più
volentieri che alle cose, i diavoli si attaccavano alle persone.
Per cinque anni continui san Romualdo dovette soffrire che il
diavolo venisse ogni notte a sederglisi sulle gambe e sui piedi. A
sant'Egidio, una volta, il diavolo saltò sulle spalle e ci si aggrappò
così fortemente, che per più tempo non ci fu verso di levarglielo di
dosso. Da questi due si fece sostenere e portare; altri, per contro,
sostenne e portò egli stesso, ma, si può credere, con poco loro gusto.
Più e più volte levò per l'aria, e trasportò da questo a quel luogo,
la buona beghina Gertrude da Oost. Santa Francesca Romana fu da lui
ripetutamente sollevata per i capelli, e una volta tenuta sospesa
sopra carboni ardenti. I diavoli detti dusii avevano in uso di rapir le
persone vive, portarle in luoghi spesso remotissimi da quelli ove prima
avevano stanza, e lasciare in loro luogo immagini ad esse somiglianti.
Santa Francesca Romana ebbe, del resto, a soffrirne di tutti i
colori. Un giorno, non sapendo che altro farle, il diavolo la legò
a un cadavere putrefatto, e cominciò a voltolarla per terra come una
fascina. Ma non so s'ella avesse più ragion di dolersi che la beata
Cristina da Stommeln, che un sozzo demonio imbrattava villanamente di
sterco.
Innumerevoli sono i santi che ebbero a patire violenze anche più
gravi. San Simeone Stilita, il Giovane, ebbe una volta strappata
dalla barba una man di peli; sant'Everardo fu schiaffeggiato notte e
giorno, senza intermissione, dal Venerdì Santo alla Pentecoste, ossia
cinquantadue giorni di fila. San Niccolò da Rupe fu ravvoltolato ben
bene in un roveto. I santi Romano e Lupicino ricevevano addosso una
gragnuola di sassi quando si mettevano in orazione; san Dunstano fu
ancor egli preso a sassate. Dalle sassate alle legnate poco ci corre.
Una notte sant'Antonio fu assalito da uno stuolo di diavoli, i quali
lo lasciarono mezzo morto a furia di bastonate. A san Romualdo toccò
la stessa disgrazia un giorno che s'era messo a cantare i salmi, e
le busse furono tali che gliene rimasero i segni fin che visse. A
santa Coleta i diavoli non si contentavano di dare le più villane
bastonate di cui si abbia memoria, ma portavano ancora in cella i corpi
degl'impiccati. A Tolentino si conservava, e forse si conserva ancora,
il nodoso bastone con cui il diavolo aveva dato più di un carpiccio a
san Niccolò che appunto si chiama da Tolentino. Il beato Giovanni di
Dio fu ancora legnato in pieno secolo XVI.
Nè la cosa finisce qui. I diavoli minacciavano santa Francesca Romana
di gettarla in un pozzo e di ucciderla; lasciavano mezzo accoppato
san Mosè Etiope; tentavano di uccidere santa Caterina di Svezia;
si studiavano di bruciar vivo in letto san Guglielmo di Roeskilde;
precipitavano dalla cima di un monte sant'Alferio, fondatore della
celebre abbazia della Cava; per poco non istrangolavano sant'Antonio
da Padova. A san Domenico, un giorno che stava pregando in chiesa,
scagliarono dall'alto una grandissima pietra, e poco mancò che il santo
non ci rimanesse sotto. Ai poveri tribolati non sempre mancava, in tali
frangenti, il soccorso del cielo; ma il soccorso del cielo era un po'
come il proverbiale soccorso di Pisa. Il diavolo picchiava la beata
Gherardesca, la stramazzava a terra, tentava di affogarla in Arno, e
quando s'era stracche le braccia in così fatto esercizio, giungevano
la Vergine e gli angeli e picchiavano il diavolo. Figuriamoci in quali
peste dovesse trovarsi la povera santa Cristina da Stommeln, tormentata
da 200,000 diavoli, e qual vita dovesse essere quella di certo prete
di Colonia, del quale racconta Cesario che i diavoli lo inseguivano e
tormentavano persino nella latrina.
Si possono contar sulle dita i santi che, in tutto il corso di vita
loro, non soffrirono dal diavolo offesa e danno alcuno. Uno dei
pochissimi fu san Niccolò, patrono di Trani: egli morì delle gran
legnate che gli fece dare un vescovo. I peccatori erano poco tormentati
dai diavoli, com'erano poco tentati, e spesso anzi ne avevano favori
e carezze; ma pagavan cara qualche volta, anche in questo mondo,
l'apparente immunità loro. Molti di essi furono da ultimo squartati
vivi, fracassati, e abbruciati dai diavoli; molti furono portati via
interi interi.

La ossessione più formidabile era quella a cui andavano soggetti
i moribondi, fossero essi peccatori o santi. Il diavolo aspettava
che l'uomo fosse disteso sopra un letto di dolore, vinto dal male,
angosciato dal pensiero della morte imminente e del giudizio che lo
attendeva, e gli dava allora l'ultimo e più terribile assalto. Secondo
un'antica credenza, Satana aveva assistito, sul Calvario, alla morte
del Redentore, anzi, dicevano alcuni, aveva osato, simile a un uccel
di rapina, posarsi sopra uno dei bracci della croce; non doveva egli
dunque assistere all'agonia delle sciagurate creature per la salute
delle quali il Redentore aveva sparso il suo sangue? Non una, ma molte
ragioni lo inducevano a far così, e non facevano se non confermare una
divulgata opinione i vescovi di Reims e di Rouen, che in una lettera da
essi scritta l'anno 858 a Luigi il Germanico, dicevano essere i demonii
sempre presenti alla morte degli uomini, così dei giusti, come dei
malvagi. In fatti, in quell'ultima ora della vita, i diavoli potevano
sperimentare un'ultima e decisiva tentazione; potevano impedire, o
render manchevole il pentimento; potevano cogliere a volo, e senza
ritardo alcuno, l'anima rea che doveva, per l'eternità, farsi loro
compagna; potevano, quand'altro non era loro concesso, far l'agonia più
angosciosa e più orrenda. Certo, morire in una camera piena di diavoli
arrabbiati e mostruosi, sopra un letto squassato da mani uncinate e
impazienti, doveva essere una tortura ineffabile, ignota agli antichi.
Lodovico il Pio cacciava da sè gli avversarii ansando con l'estremo
anelito: “Fuori! fuori!„ Santa Caterina da Siena, essendo già in
transito, ancora contrastava loro e teneva lor testa. La più crudele
battaglia si doveva sostenere in quella appunto che l'ultime forze
mancavano. Morire in tal modo e in tali condizioni doveva essere ardua
e terribil cosa, e perciò non è da meravigliare se nel 1542 Domenico
Capranica, vescovo di Fermo, raccogliendo gli ammaestramenti di molti
suoi predecessori, scriveva un libro ch'ebbe molta fortuna e molte
edizioni, e che s'intitola _Ars moriendi_, l'_Arte di morire_.
Che la tentazione potesse ancora trovar luogo quando l'uomo era ormai
fuor dei sensi e quando sembra dovesse avere tutt'altra voglia che
di peccare, parrà strano a molti, e pure era così. Si racconta di un
povero giovane di Loreto, che avendo sempre menato vita onestissima,
da ultimo s'innamorò di certa donna, ed ebbe con lei peccaminoso
commercio. Infermatosi improvvisamente, e giunto in fin di vita, piange
contrito il suo fallo, e fa una devotissima confessione, tanto che
coloro che lo assistono si tengono sicurissimi della sua salvazione.
Ma all'ultimo momento, quando egli era già per spirare, ecco farglisi
accosto il diavolo, sotto le sembianze della donna amata, e chiedergli
con voce tronca dai singhiozzi: “Adunque mi abbandonerai tu, amor mio?„
Il poveretto, dimenticando a quella vista e a quelle parole sè stesso,
preso da un ultimo spasimo di tenerezza, raccoglie quanto gli rimane
di fiato e mormora: “Mai non ti abbandonerò, mia diletta.„ Muore in
quel punto, e il diavolo se ne porta l'anima all'inferno per tutta
l'eternità. In altri casi il diavolo teneva altro modo: ricordava al
moribondo tutti i peccati commessi e ne esagerava a bello studio la
gravità, gliene imputava anche molti d'immaginarii, e lo assicurava
ch'era irremissibilmente dannato; il tutto per farlo morir disperato
e dannar veramente. Procurava anche di fargli credere che non ci fosse
più tempo a pentirsi, e che il pentirsi era inutile.
Il diavolo finiva spesso i moribondi che sapeva suoi. Il venerabile
Beda e il buon Passavanti narrano la storia di un vizioso cavaliere
d'Inghilterra che, avendo rifiutato di confessarsi, quando era già
preso dal male, morì per le mani di due diavoli che si posero con due
gran coltellacci a tagliarlo, l'uno da capo e l'altro da piede. Cesario
fa menzione di corvi diabolici che ai peccatori strappavano col becco
l'anima dal petto.
Ho detto che quando non potevano, o non volevano altrimenti nuocere, i
diavoli si studiavano di rendere l'agonia più angosciosa e terribile.
I moribondi se li vedevano intorno al letto in sembianza di uomini
smisurati e tetri, fuligginosi e torvi, i quali ficcavan loro nel
viso gli occhi accesi e spalancati; li vedevano in figura di corvi
e di avvoltoi volar per la stanza, in forma di serpenti pendere dal
soffitto, e di rospi saltellare sul pavimento. San Gregorio Magno fa
ricordo di un giovane che, combattendo con la morte, credeva d'essere
divorato da un orribile drago. Spesso ancora i moribondi udivano il
clangor formidabile delle trombe infernali, il frastuono e il fracasso
delle enormi caldaje, delle smisurate graticole, dei ponderosi
martelli, delle tenaglie, delle catene e degli altri stromenti di
tortura senza posa ammanniti, rimescolati e tramestati dai diavoli, e
l'incessante, disperato, spaventoso urlar dei dannati.

Ma assai più proficua della ossessione, quale l'ho definita e
descritta, tornava ai diavoli la possessione. L'ossessione procacciava
sfogo all'astio e alla invidia loro; ma la possessione era quella che
li faceva padroni veri e assoluti degli uomini. Tanto che dovevano
starsi paghi al tentare e al tormentare, i diavoli erano simili
a soldati che assediino una fortezza, nella quale entreranno, o
non entreranno, secondo i casi; ma quando dalla tentazione e dalla
ossessione venivano alla possessione, erano come soldati vittoriosi,
entrati nella fortezza e diventati padroni d'ogni cosa.
Chi è tentato e tormentato dal diavolo ha ancora di suo, se non
altro, la volontà; ma chi è posseduto da lui, chi è indemoniato, gli
appartiene tutto intero, anima e corpo, e se altri non lo libera, dopo
aver trascinato alcun tempo la più scellerata vita che immaginar si
possa, finisce inevitabilmente in inferno. L'anima dell'indemoniato è
un'anima invasa da Satana, un'anima privata della vita sua propria,
e che non si muove e non opera se non in quanto Satana la stimola,
l'agita, la violenta e la travolge a suo senno.
Come mai poteva il diavolo così cacciarsi dentro l'anima altrui?
Non è facile il dirlo. Sant'Ildegarde afferma che il demonio non
penetra l'anima con la propria sostanza, ma solo l'investe con
l'ombra e la nigredine sua. L'anima s'immergerebbe nella diabolica
tenebra come un astro che si eclissa s'immerge nel cono d'ombra di un
altro. Ma questa opinione si regge male, e giova più credere a una
vera e propria penetrazione e commistione, le quali si compievano a
volte con fulminea rapidità. Ogni pretesto era buono ai diavoli per
invadere chi non si guardava e non si premuniva. Se l'anima non era
più che intera e più che salda, correva pericolo grande e continuo,
giacchè una incrinatura bastava a Satana per penetrarvi. Ogni peccato
commesso, anche se minimo, era come una porta aperta al nemico, e non
solamente ogni peccato, ma ancora ogni più leggiera negligenza, ogni
più piccola sbadataggine. Un fanciullo ha sete e chiede da bere. Appare
subitamente un diavolo travestito e gli porge un bicchier d'acqua:
il povero bambino la beve senza pensare di farci su il segno della
croce, e il diavolo gli entra in corpo. Questo si legge nella storia
della invenzione di San Celso. A questo modo a un di presso una monaca
si cacciò in corpo il diavolo mangiando una lattuga: lo attesta san
Gregorio Magno. Di una puerpera che inghiotti il diavolo Fumareth
bevendo un bicchier d'acqua su cui s'era dimenticata di fare il segno
della croce, si legge nella vita di san Bononio, abate di Lucedio.
Chi poi era in peccato, non si poteva tener sicuro in luogo alcuno,
e di nulla si poteva fare scudo. Nella leggenda di san Costanzo,
arcivescovo di Conturbia, è riferito il caso di certo monaco giovane,
invaso dal diavolo mentre cantava l'evangelo della messa. C'erano poi
gl'indemoniati nati, ed erano tutti coloro i quali, venuti al mondo
col peccato originale, non si erano lavati nelle acque del battesimo;
tant'è vero che molte volte furono veduti i demonii uscir loro di bocca
proprio nel punto che si battezzavano. I Massaliani, eretici del IV
secolo, sputavano continuamente per espellere il demonio che credevano
d'avere dentro.
Non sempre, del resto, l'invasione era improvvisa e subitanea. In una
storia della morte e dei miracoli di Leone IX il diavolo ha la bontà di
dire che molte volte egli, prima d'invadere l'anima, ingombra il corpo,
tenendovisi occulto, ma generando sonnolenza, pigrizia e fame. Era
questo, come si vede, il periodo d'incubazione della possessione. Anzi
il corpo si poteva considerare come un ordinario abitacolo di demonii.
Dice santa Brigida nelle sue Rivelazioni che il diavolo sta nel cuor
dell'uomo come il verme nel pomo, nei genitali come un nocchiero in
nave, fra le labbra come un sagittario con l'arco teso.
L'invasione poteva essere di un diavolo solo, o di molti, e i molti
potevano non invadere tutti in una volta, ma a più riprese, in varii
stuoli, secondo chiedeva il bisogno. Di un indemoniato, in cui erano
entrati 6666 diavoli, si legge già nell'Evangelo di San Luca. Gregorio
Magno racconta: Una giovane sposa, in Toscana, doveva recarsi alla
cerimonia della solenne dedicazione di una chiesa a San Sebastiano. La
notte precedente all'andata cercò ed ebbe, in mal punto, le carezze del
marito. Entrata la mattina seguente nel santuario, fu subito invasa
da un diavolo che, scongiurato, saltò addosso al prete. I congiunti
condussero la donna, non bene guarita, sembra, a certi incantatori,
i quali non ottennero altro con l'arte loro se non di farla invadere
da 6666 diavoli nuovi. Questi finalmente cedettero alle preci di un
sant'uomo per nome Fortunato. Una indemoniata, che sant'Ubaldo liberò
con molti stenti, ne aveva addosso 400,000: in altri casi si vide un
diavolo solo posseder più persone. Interrogato, il diavolo diceva di
solito il suo nome, e indicava la ragione e il modo della invasione.

La possessione si rendeva manifesta per un gran numero di fenomeni, o
strani, o prodigiosi, parte fisici e parte psichici. Negli indemoniati
le condizioni e le funzioni tutte della vita erano più o meno alterate
e turbate. In molti una voracità straordinaria era il sintomo più
spiccato della infezione diabolica; e lo storico Teodoreto, nel V
secolo, ricorda il caso di certa donna la quale divorava ogni giorno
non meno di trenta polli. Spesso tale voracità era accompagnata
da perversione profonda dell'appetito e del gusto, e allora si
vedevano gl'indemoniati inghiottire avidamente le cose più sudice e
stomachevoli, il che sembrava del resto convenirsi assai bene alla
sozza natura dei diavoli. Altri indemoniati, per contro, mostravano per
qualsiasi cibo repugnanza profonda, e duravano in digiuni lunghissimi
senza che ne venisse loro danno alcuno. Del resto i diavoli facevano
dei posseduti da loro quello che lor meglio piaceva. Centuplicavano
in essi le forze, o li facevano cadere in deliquio e in catalessia; li
sollevavano da terra, tenendoli sospesi a mezz'aria, o li stramazzavano
al suolo; li piegavano in due, li capovolgevano, li raggomitolavano,
li facevano girare su sè stessi come trottole, ruzzolar come cercini,
capitombolare, gesticolare e contorcersi in mille guise, strane,
ridicole, spaventose. Ancora, li facevano latrare come cani, muggir
come buoi, gracchiar come corvi, fischiar come serpi, urlar com'anime
dannate, e spesso per le loro bocche eruttavano fiamme e fetidissimo
fumo. Governati dai diavoli a questo modo, molti indemoniati avevano
il viso macilento, l'occhio vitreo, la carnagione terrea, il corpo
consunto; ma altri apparivano vegeti, pingui, rubicondi, e davano
così nuovo esempio e nuova prova della molteplicità degli artifizii
diabolici.
Queste erano le meraviglie e le singolarità d'ordine fisico; ma c'erano
ancora, e più notabili, le meraviglie e le singolarità intellettuali e
morali.
La persona morale dell'indemoniato era una persona mutata di pianta,
o in vario modo alterata; non di rado soppressa interamente, oppure
ritagliata e sminuita. In fatti, nell'indemoniato non c'era più
un'anima sola; ma ce n'erano almeno due, e potevano essercene le
centinaja e le migliaja, se a centinaja od a migliaja si contavano i
demonii invasori, e la vita psichica di lui, tanto che la possessione
durava, era il risultamento e il prodotto della sovrapposizione;
dell'intreccio, della fusione di quelle due, o di quelle cento, o mille
anime. L'indemoniato, secondo che variava l'influsso diabolico, secondo
che l'accesso sopravveniva o si dileguava, perdeva o racquistava
coscienza di sè, ricordava o non ricordava il passato, era lui, o non
era lui, o era solamente una parte e un frammento di sè.
Gl'indemoniati mostravan di solito profondo pervertimento morale.
Bestemmiare Iddio, la Vergine, i santi; deridere le verità della fede,
e le cerimonie del culto; mostrare una ripugnanza estrema, anzi un vero
ribrezzo pei sacramenti e per tutto quanto appartiene alla religione
e ai suoi ministri, erano portamenti e atti che assai sovente, se non
sempre, li facevano riconoscere a primo aspetto. Essendo il diavolo
padre di menzogna, gli è naturale che gl'indemoniati di consueto
mentissero, ma giova pure avvertire che non mentivano sempre, e
che qualche volta dicevano la verità, spontaneamente, senza esservi
sforzati. Anzi, cosa più notabile ancora, la verità da essi detta
tornava sovente in danno lor proprio, cioè di quel demonio che avevano
in corpo, e in onor della Chiesa e della religione. Così si ricordano
indemoniati i quali molto sanamente argomentarono contro l'idolatria e
l'eresia; indemoniati che indicarono sepolcri ignoti di uomini santi;
indemoniati che svelarono le altrui turpitudini occulte, e le altrui
ignorate virtù; indemoniati che designarono la persona che con frutto
poteva esorcizzarli. Non si dimentichi poi che la possessione poteva
anche in certi casi accompagnarsi con la pietà più profonda e con le
pratiche tutte di devozione.
Le facoltà mentali dell'indemoniato ora apparivano depresse ed ottuse,
ora invece, ed era questo il caso più frequente, esaltate ed acuite;
c'era l'indemoniato muto, e c'era l'indemoniato loquace. Infiniti
parlarono lingue non mai apprese, rivelarono segreti occultissimi,
indicarono i luoghi dove si sarebbero ritrovate cose perdute o rubate,
diedero conto, come se le avessero presenti, di cose che avvenivano in
remoti paesi, predissero alcuna volta persino l'avvenire. Una smania
degli indemoniati fu spesso quella di palesare i peccati non confessati
delle persone che capitavano loro dinanzi: più di un esorcista, mentre
attendeva al malagevole suo officio, ebbe la sgradita sorpresa di
sentirsi così recitare in pubblico la lunga e poco edificante litania
dei peccati commessi.
La possessione, la quale era più frequente assai tra le donne che non
tra gli uomini, assumeva alle volte carattere contagioso. Un primo
indemoniato ne suscitava un secondo, un terzo, e ne poteva suscitare
altri cento. Così è che si videro più di una volta gli abitanti di
un intero villaggio, o i frati, e più spesso le suore, di un intero
convento essere invasi in brevissimo tempo dai diavoli. Basterebbe
ricordare a tale proposito il celebre esempio delle Orsoline di Loudun,
uno dei meno antichi e dei più noti. A cominciare dalla badessa, suor
Giovanna degli Angeli, le diciassette suore del chiostro furono tutte
invase dal diavolo, e le rivelazioni ch'esse fecero agli esorcisti
e ai magistrati costarono la vita al povero Urbano Grandier, che
era stato loro confessore, e che fu arso per mago. L'esempio delle
monache di Loudun può dirsi in certo modo recente, perchè del secolo
XVII; ma esempii molto più antichi non mancano. Nel 1490, le suore
del monastero di Quercy, nel Belgio, furono invase dai diavoli, e
rimasero indemoniate quattr'anni. Nel 1124 furono invasi dai diavoli
i religiosi del monastero di Prémontré, fondato da san Norberto. Le
danze epidemiche, le quali a più riprese, e in varie province d'Europa,
apparvero nel corso del medio evo, erano ancor esse fenomeni di
possessione generale e contagiosa.
L'indemoniato da sè non si poteva liberare; bisognava che altri lo
ajutasse. La operazione di liberare altrui dal demonio si chiamava
esorcismo, e a così fatto esercizio provvide la Chiesa istituendo
appunto l'ordine degli esorcisti. Vedremo più là quali argomenti
si adoperassero contro il demonio nell'esorcismo; ma voglio dire
subito che la pratica non andava senza difficoltà grandi, e, qualche
volta, senza grande pericolo. Spesso il diavolo, uscito di corpo
all'indemoniato, entrava in corpo all'esorcista.
La possessione poteva essere acuta, con un certo decorso, o cronica: la
beata Eustochia da Padova fu posseduta tutta la vita.
Il diavolo usciva sempre di mala voglia, e più tardi che poteva, e
quando era costretto a far piazza pulita, s'ingegnava ancora di nuocere
e spaventare fuggendo. Spesso metteva urli terribili, e sgusciando
via si portava dietro l'uscio o un pezzo di soffitto, o la cappa del
camino, oppure, lasciato l'uomo tramortito in terra, si cacciava in
corpo a un bue, a una pecora, o ad altro animale. E ora usciva con la
forma sua propria, ora con la forma di un pipistrello, di una biscia,
di un rospo, di un uccello nero, o come un fumo denso e nauseabondo.
Molti indemoniati guarirono subitamente dopo aver vomitato il desinare,
oppur dopo una colica violenta, o un copioso flusso di ventre.
Gl'indemoniati ora non si curano più dagli esorcisti, ma dai medici,
e ciò malgrado che il gesuita Giovanni Perrone abbia nelle sue
_Prælectiones theologicæ_ con molta diligenza enumerati i segni in
virtù de' quali si può sicuramente distinguere la possessione da certe
malattie che hanno con essa alcuni caratteri comuni. In questa materia
il reprobo Charcot sa ciò che nessun teologo ha mai saputo.


CAPITOLO VI.
L'INFESTAZIONE DIABOLICA.

Abbiamo veduto qual fosse la potenza di Satana, e come egli tentasse
e tormentasse gli uomini; ma siam lontani ancora dall'avere un giusto
concetto della parte ch'egli aveva in questo povero mondo, del luogo
ch'egli teneva nella vita del genere umano, delle infinite faccende che
si trovava e delle infinite noje che dava.
Chi non aveva il diavolo addosso, lo aveva dattorno, sempre desto,
pronto sempre a cogliere tutte le occasioni d'importunare o di nuocere.
Ogni più semplice atto della vita poteva dargli pretesto a mal fare.
Gregorio di Tours racconta la storia di un prete Pannichio, che
trovandosi con amici a tavola, e stando per recarsi il bicchiere alle
labbra, si accorse di una mosca, la quale gli ronzava importunamente
d'intorno, e pareva volesse imbrattargli il vino. Pratico di tali
faccende, Pannichio capì quella non esser mosca, ma diavolo, e con un
segno di croce pose fine allo scherzo. Vero è che il vino si sparse
miracolosamente in terra, e il buon prete non lo bevve per quella
volta.
Figuriamoci che vita dovesse essere quella di coloro che, non di tanto
in tanto, ma sempre, così di notte come di giorno, così nel sonno come
nella veglia, si trovavano esposti a queste insidie, a queste burle,
a queste soperchierie. Il più perseguitato dei perseguitati fu forse
un certosino, a nome Ricalmo, abate di Schoenthal nel Vürtemberg, non
si sa precisamente in qual tempo. Questo dabben uomo compose, o fece
comporre, in latino, un _Libro delle insidie, degli inganni e dei
dispetti che i diavoli fanno agli uomini_, il quale è per certo uno dei
più curiosi documenti delle credenze del medio evo che sieno pervenuti
sino a noi. Egli racconta i dispetti fatti a lui e quelli fatti agli
altri. I diavoli, senza un rispetto al mondo pel suo carattere e la
sua età, lo chiamavano immondo sorcio pelato, gli gonfiavano e movevano
il ventre, gli davan nausea e capogiri, gli appesantivano le mani per
modo che non poteva quasi più farsi il segno della croce, lo facevano
addormentare in coro, e poi russavano per far credere agli altri monaci
ch'egli fosse colui che russava. Parlavano con la sua voce, lo facevano
tossire, lo stimolavano a sputare, si cacciavano in letto con lui,
gli tappavano il naso e la bocca per modo da non lasciargli avere il
fiato, lo forzavano ad orinare, lo pungevano a guisa di pulci, e se
per combattere il sonno egli esponeva al freddo le mani, essi gliele
tiravano sotto le vesti per riscaldargliele. Qualche volta a tavola gli
facevano passar l'appetito, ed egli allora cercava di ajutarsi con un
granello di sale, che ha grande virtù contro i demonii. Tutte queste
cose, ed altre assai, racconta Ricalmo a un discepolo. Il fruscio che
le sue vesti pajono fare, quand'egli si muove, è cicalio di demonii.
Tutti i rumori che escono dal corpo umano, tutti quelli che vengono
dalle cose, sono pure opera di maligni spiriti, meno il suono delle
campane che è opera di spiriti buoni. La raucedine, il dolor di denti,
certi affiochimenti di voce, gli errori commessi nel leggere, i moti e
le smanie degli infermi, i tristi pensieri, i mille piccoli accidenti
della vita del corpo e della vita dell'anima son dovuti a potenza
diabolica. A un certo momento il frate che ascolta si ravvolge tra le
dita un filo di paglia; insidia del demonio anche quella. Tutto ciò
che noi diciamo di buono viene dagli angeli, tutto ciò che diciam di
cattivo viene dai diavoli, così che, confessa il povero Ricalmo, io
non so più quel che mi dica io. Egli aveva almeno questo vantaggio, che
udiva e intendeva tutti i discorsi che i diavoli facevano tra di loro,
ed era informato di tutte le loro trame, e di tutti i loro maneggi. Di
ciò i diavoli si dolevano assai; ma la colpa era loro, perchè, invece
di parlare una lingua incognita a Ricalmo, si ostinavano a parlar
latino, e si sforzavano di parlarlo correttamente. Per difendersi
dagli assalti continui del popolo infernale, Ricalmo si segnava dalla
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Il Diavolo - 07
  • Parts
  • Il Diavolo - 01
    Total number of words is 4613
    Total number of unique words is 1668
    36.3 of words are in the 2000 most common words
    49.6 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 02
    Total number of words is 4566
    Total number of unique words is 1799
    31.7 of words are in the 2000 most common words
    46.9 of words are in the 5000 most common words
    55.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 03
    Total number of words is 4570
    Total number of unique words is 1728
    37.6 of words are in the 2000 most common words
    52.2 of words are in the 5000 most common words
    60.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 04
    Total number of words is 4632
    Total number of unique words is 1715
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    48.6 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 05
    Total number of words is 4587
    Total number of unique words is 1826
    35.3 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 06
    Total number of words is 4551
    Total number of unique words is 1752
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.2 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 07
    Total number of words is 4562
    Total number of unique words is 1916
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    49.0 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 08
    Total number of words is 4677
    Total number of unique words is 1811
    38.8 of words are in the 2000 most common words
    53.8 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 09
    Total number of words is 4633
    Total number of unique words is 1797
    37.7 of words are in the 2000 most common words
    53.1 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 10
    Total number of words is 4550
    Total number of unique words is 1865
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    50.7 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 11
    Total number of words is 4596
    Total number of unique words is 1850
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    49.6 of words are in the 5000 most common words
    56.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 12
    Total number of words is 4522
    Total number of unique words is 1828
    32.3 of words are in the 2000 most common words
    46.3 of words are in the 5000 most common words
    52.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 13
    Total number of words is 4663
    Total number of unique words is 1795
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    50.9 of words are in the 5000 most common words
    59.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 14
    Total number of words is 4603
    Total number of unique words is 1773
    40.5 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    62.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 15
    Total number of words is 4567
    Total number of unique words is 1756
    37.0 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 16
    Total number of words is 4525
    Total number of unique words is 1771
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    48.5 of words are in the 5000 most common words
    55.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Diavolo - 17
    Total number of words is 925
    Total number of unique words is 498
    40.0 of words are in the 2000 most common words
    52.1 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.