Il Designato: Romanzo - 10

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signora grassa e bionda, vale a dire, facilissima a sciuparsi, come
certe rose tèa, di cui la floridezza eccezionale è, insieme, la
decadenza e lo sfacelo.
Fui interrotto nelle mie considerazioni da Ettore Caccianimico, il
quale si congedava.
--Voi non partirete così presto?--domandò egli a me.
--Quando vorrà Lidia,--risposi, colla formola abituale.
--Decideremo,--dichiarò Lidia, stringendo la mano di Ettore, che s'era
inchinato a salutarla.
Accompagnai il Caccianimico nell'anticamera, fin sulla soglia della
porta.
--Ebbene?--egli chiese a voce bassa.--Sei stato in casa Uglio?
--Giorni sono.
--Hai invitata Laura a far visita alla tua signora?
--Non ne valeva la pena. È ammalatissima povera donna.
--Pare anche a te?... Io la vedo perduta,--concluse Ettore con
indifferenza, mentre se ne andava.
Perduta! Non era dunque un' esagerazione della mia fantasia? Ma
allora, che valeva il rispetto umano? S'ella desiderava di vedermi
vicino a lei, potevo contentarla, senza riguardi per il mondo; perchè
rifiutare quel conforto a un'amica, la quale m'aveva conosciuto
libero, indipendente, e nel turbinìo della vita non s'era dimenticata
di me?
--Andrò da lei, stasera!--mi dissi, rientrando nel salotto.
Il volto calmo di Lidia ebbe la potenza di stornarmi il pensiero
dietro altre idee non meno tristi. In quella medesima notte, Lidia
aveva pianto; adesso era serena, quasi allegra Perchè?
--C'è stato Gian Luigi a trovarti, mentr'ero fuori?--domandai.
--No,--ella rispose un po' maravigliata.--Verrà stasera, forse.--
M'augurai fortemente che Gian Luigi non venisse quella sera: la sua
presenza in casa mia mi avrebbe impedito di recarmi da Laura. Per la
prima volta, non osavo lasciar Lidia sola di fronte a un uomo.


XIV.

A pranzo, ella mangiò con molto appetito, senza accorgersi ch'io
toccava appena le vivande e preferivo il vino al cibo.
Ero troppo solo, nel mondo, circondato da insidie e da cause non mai
stanche di dolore; non avevo amici e mia moglie era un'estranea che
poteva diventare una nemica. Un'estranea, certamente, dacchè i suoi
gusti non somigliavano a' miei, la sua educazione s'era fatta entro le
chiuse pareti d'una casetta borghese, e la mia, viaggiando, sognando,
osservando uomini e luoghi diversi; avevo una donna, la cui speranza
di comprendermi vacillava e cadeva, senza lasciar traccia di
rammarico.
Di tutto quanto ci si poteva aspettare dalla nostra unione, un sol
fatto era incontestabile, per sanzione di legge: la signorina Lidia
Folengo era diventata la signora Lidia Lacava Folengo; nulla più, e
troppo poco al confronto delle nostre libertà perdute.
Geltrude entrò a metà del pranzo, portando a Lidia un viglietto
arrivato allora.
La donna lo aperse, lo lesse, lo mise in tasca, e disse a Geltrude:
--Va bene. Non c'è risposta.--
A me:
--È Angela Tintaro che mi scrive.
--Che esagerazione!--esclamai seccato.--Quando non viene a trovarti,
ti scrive; quando non ti scrive, ti manda dei fiori. Almeno potrebbe
sceglier delle ore più adatte, per annoiare il prossimo!--
Lidia strinse le labbra senza rispondere. Da quella lettera, originò
subito un mutamento in lei, palesissimo, per quanto ella volesse
nasconderlo; cosicchè, fui tratto a domandare, contro le mie
abitudini, che cosa Angela Tintaro le scrivesse.
--Le solite storie,--rispose Lidia con negligenza affettata.
Ma la lettera le rimase in tasca.
--Tuo padre ha finalmente deciso di partire per Cairo, accettando
l'impiego offertogli,--dissi.
--Ha fatto bene,--mormorò Lidia.--Ecco: Cairo è una città che vedrei
con piacere.
--Niente c'impedisce d'accompagnarvi tuo padre quando vi si recherà,
sui primi dell'anno venturo.
--Resterò ben sola, dopo,--riflette la donna sbadatamente.
Eravamo in due a finger di mangiare, adesso: anche Lidia faceva una
cattivissima accoglienza alle portate che Geltrude recava; attribuii
l'improvvisa svogliatezza al pensiero doloroso di veder partire presto
i Folengo, ed ebbi cura di non domandare spiegazioni.
Tuttavia, il pranzo si trascinò così malamente, che respirai di
sollievo, quando la tavola fu sparecchiata; i giornali costituivano
per noi in quell'ora e nei giorni d'impaccio, una salvezza molto
apprezzata da ambedue.... Stavo per ricorrervi, quando Lidia mi
domandò con voce un po' tremante:
--Sei andato ai Giardini, oggi?--
Mi bastò un'occhiata alla donna per comprendere; ella preparava quella
domanda da qualche tempo, e studiava il modo di lanciarmela quando
meno l'aspettavo, perchè non potessi ricostruirne il movente;
l'impazienza l'aveva però tradita, e troppo breve tempo era scorso
dall'arrivo della lettera all'interrogazione perchè non vi scorgessi
una stretta relazione.
--Sono andato ai Giardini,--risposi.--Mi pare d'avertelo già detto.
--Con chi?--fece Lidia, guardandomi fissa.
--La signora Angela Tintaro si assume dunque l'incarico d'una polizia
segreta?--domandai ironicamente.--Ho trovata la signora Uglio, che si
recava da tua madre, e come io ne veniva appunto, ella ha rimandata la
visita, e chiacchierando l'ho accompagnata ai Giardini, invece.
--La signora Uglio,--disse Lidia, coll'intonazione con cui ci si fa a
raccontare una lunga storia,--è fra le persone che tu m'avevi proibito
di ricevere; anzi, nel caso poco probabile ch'ella mi facesse visita,
mi avevi pregato di non contraccambiarla.... E d'un tratto tu le servi
da cavaliere e ti mostri in pubblico al suo fianco, ai Giardini,
nell'ora più frequentata?
--Sono convenienze a cui un uomo non può sottrarsi,--mormorai
ipocritamente.
--Benissimo. E che cosa avresti detto tu, se le parti si fossero
invertite? se fossi andata io a passeggio col signor Giorgio Uglio?--
Alzai le spalle, irritato.
--Quale assurdità!--esclamai.--Il torto è appunto quello di supporre
che le parti si possano invertire sempre; quanto ho fatto io, era
logico e necessario; ma ciò non sottintende logico e necessario che tu
faccia altrettanto col signor Uglio.... È un modo di ragionare questo,
di cui t'ho mostrata parecchie volte la falsità.... Ormai, dovresti
risparmiarmelo.
--Benissimo,--ripetè Lidia.--Splendida poi l'idea di non dir nulla....
Ciò fa supporre molte cose....
--Per esempio?
--So io,--concluse la donna seccamente, alzandosi.
--Saresti gelosa?--
Lidia si rivolse, come ferita; appuntò le mani sulla tavola, e
avvicinando il viso al mio, dichiarò a bassa voce:
--Gelosa? Vorrei che tu avessi dieci amanti, non una!--
V'era nella frase tutto il disprezzo di cui vibrava la donna per la
mia condotta di quei giorni; e la rabbia frenata e accumulata nelle
notti d'obbedienza sua e di fredda prepotenza mia; l'uno e l'altro
sentimento davano alle parole un significato profondo, che mi colpì in
pieno cuore, come innanzi a qualche cosa di definitivo,
d'irreparabile.
Non trovai sùbito una formola di protesta; rimasi sotto lo sguardo di
Lidia, turbatissimo, quasi un colpevole, e quando riuscii a scuotermi
da quel fascino angoscioso, Lidia fu chiamata da Geltrude, che
annunciava la visita del conte Gian Luigi.
Solo nel tinello, in mezzo alla luce grigiastra del dopopranzo, fui
colto a un tratto da un impeto di dolore, dalla sensazione
raccapricciante che deve afferrar l'uomo in mare, chiuso in un'ondata
gigantesca. Quel solo giorno m'aveva portato un séguito di piccole e
grandi angustie, intollerabile; nell'istesso momento, ero combattuto
da opposte idee, da disegni contrarî, i quali sollevavano tutto il mio
sistema nervoso, piombandomi nel dubbio,--malattia orribile di cui non
avevo mai sofferto.
Si poteva la oltraggiante dichiarazione di Lidia collegare al suo
mutamento, che mi pareva derivasse da un'influenza estranea? Intendeva
ella farmi capire la propria indifferenza a qualunque mia colpa, per
assolversi ella medesima d'una simpatia colpevole?
Senza dubbio, senza dubbio alcuno, Lidia sentiva questa simpatia.
Dominato da tal pensiero, m'avvicinai all'uscio, che metteva nella
sala, ove Lidia era con Gian Luigi; una voce fresca, tranquilla, ben
modulata,--la voce della donna--mi riempì di maraviglia. In me, la
breve scena del dopopranzo aveva generato un lungo strascico di
riflessioni; in Lidia era scivolata, quasi sopra un'anima di marmo,
non impedendole di mostrarsi cortese, frivola, anche civettuola, come
potevo capire da certe sue risatine, gorgheggiate argutamente. Se
tutto questo era finzione, meritava ch'io me ne impensierissi peggio
che se fosse stata insensibilità.
Nella sala non erano accesi i lumi ancora, quando io v'entrai.
Lidia e Gian Luigi stavan sul divano, ai lati opposti; ma l'ombra
della sera calante m'impediva di scorgerne bene il viso; chiaro non si
vedeva che l'abito di Lidia. Quando i lumi furono portati, rilevai
qualche cosa d'insolito in Gian Luigi e ne fui impressionato
d'un'impressione confusa, oscillante fra la curiosità e il dispetto.
Gian Luigi era abbattuto e pallido; dacchè era giunto, non avevo
sentita la sua voce che per salutarmi; faceva le spese della
conversazione Lidia, la quale aveva una facondia febbrile, ascoltata
dall'uomo con deferenza, approvata da me con qualche cenno del capo,
ma incapace a snebbiare il corruccio che pareva esistere fra noi....
--Se vuole la rivincita di iersera,--disse Lidia a Gian Luigi,
accorgendosi che da qualche istante era distratto....
Si levarono ambedue e si portarono innanzi al tavolino verde,
prendendone dal tiretto le carte e i gettoni.
--Stasera sono formidabile,--mormorò il Sideri finalmente.--Accetterei
qualunque avversario.
--Non vendere la pelle prima d'ammazzar l'orso,--diss'io.
Trovandomi di fianco a uno specchio, mi vi osservai e mi confrontai
con Gian Luigi, che pareva anche maggiormente pallido, colla testa
curva sulle carte e la fronte illuminata dalla lampada.
Indubbiamente se non fossero state certe rughe agli angoli degli
occhi, e la radezza dei capelli presso le tempia, Gian Luigi avrebbe
dimostrato meno anni di me; la sua testa aveva un'impronta
aristocratica, la quale io non possedeva affatto.... L'essere di
statura piccola non faceva poi grave danno all'estetica, e in ogni
modo, se tal danno si voleva ammettere, era pareggiato in me dalla mia
barba rossastra, che m'invecchiava.
Poteva avere importanza questo per Lidia? No; ma poteva averne
moltissima un altro fatto: il Sideri era un osservatore scrupoloso
della forma, un uomo incapace di dire un'insolenza cruda; le insolenze
le diceva, ma con tal giro di parole da farle rassomigliare a frecce
avvelenate e ricoperte di bambagia....
Simile uomo, se avesse voluto assumersi la missione di confidente,
avrebbe trovate le formalità più rispettose....
--Molto indovinato, molto parigino,--egli diceva in quell'istante a
Lidia, accorgendosi allora ch'ella portava una vestaglia nuova, e
gettandole un'occhiata sintetica, da conoscitore.
L'osservazione mi parve audace, se non sconveniente; forse perchè un
lampo di vanità soddisfatta brillò negli occhi di Lidia. Che Gian
Luigi potesse risvegliare nella donna la tendenza alle frivole
soddisfazioni, già in lei così viva sui primi tempi, e dispersa nelle
angustie del matrimonio? Qualunque ne fosse il valore, questo avrebbe
adombrato un predominio dell'uomo sull'animo di Lidia e m'avrebbe
fornito un mezzo di studiare fin dove il predominio arrivasse.
Contento e quasi riposato da tale induzione, m'accomiatai da Lidia e
dall'ospite, raggiunsi la mia camera, mutai d'abiti, e uscii di casa.
La serata era placida; il corso Venezia, male illuminato, staccava
anche meglio nello sfondo il corso Vittorio Emanuele, dove le lampade
elettriche spandevano una luce piacevole, qua e là più viva per il
concorso d'altre lampade nelle vetrine.
Quantunque avessi una meta e il desiderio di giungervi, mi dilungai
prendendo la via più allegra; m'internai sotto i portici, ove la
memoria e l'abitudine mi ricordavano come tre correnti vi passassero
in tre ore diverse del giorno; al mattino, una fiumana di ragazze che
si recavano al lavoro; nel pomeriggio, una fiumana di signore che
ostentavano in sè l'opera manuale di quelle ragazze; nella sera e
nella notte, una fiumana di perdute. Un formicolar vasto e romoroso di
gente era nella Galleria; poi, piazza della Scala diminuiva sùbito
l'intensità di quel movimento, che andava spegnendosi sul corso
Alessandro Manzoni, ove la luce non era sì viva, e la gente era poca.
Innanzi alla casa di Laura Uglio, mi fermai; certo, il marito di Laura
non c'era; egli aveva l'abitudine d'uscir presto e di tornar tardi,
dacchè Laura s'era ammalata e aveva così interrotto l'idillio, che
formava la mia sarcastica ammirazione a Pallanza.... Io sarei dunque
salito a prender notizie, narrando insieme come una lettera d'Angela
Tintaro avesse svelata a Lidia la nostra gita innocente di quel
giorno; mi sarei trattenuto poco, se Laura non insisteva. Se Laura
insisteva, mi sarei trattenuto molto.... Chi sa? Laura era bruna e mi
amava ancora.... Nel frattempo, Giorgio Uglio.... Sorridendo,
considerai la reciprocità fatale cui dava luogo un primo adulterio,
senza ricordarmi che tale reciprocità minacciava anche la mia casa,
dove avevo lasciato Gian Luigi con Lidia.
Quando, inoltrandomi sotto l'atrio, pensai rapidamente alle infedeltà
comode e vili, cui un salotto chiuso e l'occasione propizia potevan
dar luogo,--m'arrestai di colpo, quasi m'avessero piantato un coltello
nel fianco; voltai le spalle, tornai in istrada, e mi gettai in una
carrozza da nolo che passava.
Ero così offuscato, da non ammetter divario fra Laura e Lidia; perchè
ammetterlo, se non ne ammettevo fra me e Gian Luigi?... Le notizie di
Laura l'avrei prese l'indomani; ella mi amava e non a lei, quindi,
doveva esser rivolta specialmente la mia attenzione,--bensì a Lidia,
che non mi amava più.... Per ora, bisognava sfuggissi al destino dei
mariti, i quali creano essi medesimi le occasioni alle mogli.
Nel mio salotto, non si giuocava; i gettoni e le carte erano
abbandonate sul tavolino, qualcuna per terra. Lidia sedeva sullo
sgabello innanzi al piano-forte; Gian Luigi sopra una poltrona,
all'angolo estremo della camera.
--Mi manca l'ultima strofa,--diceva Gian Luigi.--Volevo trovare un
pensiero grazioso, un po' francese, sa, una specie di birichinata
elegante; ed è difficile....
--Sì,--rispondeva Lidia,--bisognerebbe armonizzar le parole colla
musica. Finora, quel che ha fatto, mi piace molto.
--Hai composta una romanza?--domandai.
--Una cosetta delle solite,--disse Gian Luigi, senza stupirsi pel mio
ritorno.--Una cosetta press'a poco così....--
Prese posto al piano, mentre Lidia ed io restavamo in piedi, ai
fianchi di lui; guardò in alto un istante, quasi per ricordarsi,
annunciò:
--Ecco....--
e cominciò la romanza, canticchiandone sottovoce le parole con una
passione man mano più accentuata....
Lidia non lo guardava, ma lo guardavo io, dicendomi che in quel
momento Gian Luigi m'era di gran lunga superiore, comechè procurasse
alla donna un compiacimento intellettuale, ch'ella sembrava apprezzar
molto, anche perchè noi eravamo i primi a conoscere quella
composizione inedita, anzi non ancor finita.
--Molto buona,--dichiarai, quando Gian Luigi concluse.
--Bello specialmente quel passaggio dell'esordio alla prima
parte,--confortò Lidia.
--Oh, una cosina francese, di nessuna importanza,--fece modestamente
Gian Luigi, richiudendo il piano.
Egli restò accoccolato sullo sgabello; Lidia ed io prendemmo posto
innanzi al tavolino verde, rivolgendoci verso il Sideri.
--E di letteratura non ti occupi più?--domandai.
--Ora son troppo nervoso; a mala pena riesco a buttar giù le strofette
che t'ho cantate. Vedremo poi....
--Eppure il successo del tuo romanzo avrebbe dovuto
infiammarti,--mormorai di mala voglia, perchè il romanzo di Gian
Luigi, letto di recente, non m'era piaciuto in nulla.
--Un artista non è un operaio,--sentenziò Lidia.--Non si può
pretendere un lavoro fisso.--
Quali delicati riguardi per la produzione letteraria di Gian Luigi! E
tuttavia, s'io avessi tentato d'emularlo, mi sarebbe accaduto di
sentir Lidia esclamare:--«Ancora queste sciocchezze per la
testa?»--come già l'aveva esclamato.
--Lavorerò in campagna,--promise Gian Luigi.--L'anno scorso a
Saint-Moritz ho appunto preparato il materiale....
--A Saint-Moritz!--ripetè Lidia, quasi ascoltasse quella notizia per
la prima volta.--Ella era poco lontano da noi....
--Poco lontano.... relativamente,--fece Gian Luigi.
--C'era anche la signora Uglio, a Saint-Moritz, l'anno scorso, con dei
parenti,--aggiunse Lidia.
--Non ve l'ho mai vista,--rispose il Sideri senza batter ciglio.
Le parole di Lidia mi fecero riflettere.... Dopo un anno ella
ricordava, forse con desiderio, gli splendidi paesi testimoni della
nostra più intima esistenza, e li ricordava per rimpiangere quasi che
tale intimità non fosse stata interrotta da un estraneo.... Inoltre,
rilevando il soggiorno di Laura e Gian Luigi nel medesimo luogo, aveva
Lidia uno scopo? dubitava ella di qualche intesa fra i due? e se
dubitava, che cosa poteva importargliene?
Quanto a me, credevo Gian Luigi in perfetta buona fede; se avesse
incontrata Laura a Saint-Moritz, Laura non me l'avrebbe taciuto a
Pallanza, ov'ella era in tutto il vigore della salute e della
sfrontatezza.
Lidia non parve della mia opinione, ma non volle insistere; Gian Luigi
parlò d'altre cose, e si accomiatò un'ora prima del solito,
riprendendo quella tristezza che l'_écarté_ e il chiacchierio di Lidia
avevano alcun poco scemata.


XV.

Bisognava stringerla in un cerchio di ferro, spiarla attentamente,
interpretarne i pensieri, accumulare delle prove, dimostrarle come
tutto io sapessi comprendere....
Notai in quei giorni: la serenità piena e indifferente di Lidia (noi
ci parlavamo di rado e ciascuno dormiva nella propria camera, da poi
che la donna s'era dichiarata estranea a quanto mi riguardava; forse
la visione di Laura ammalata non era ultima causa di noncuranza in me
per Lidia); un lieve ma crescente desiderio d'eleganza (la sarta aveva
fatta la sua ricomparsa melliflua, inviando a intervalli di qualche
giorno parecchie grandi scatole misteriose); un rinascente piacere per
i trattenimenti mondani (m'aveva pregato di condurla alle corse,
ov'ella s'era divertita assai, scommettendo e vincendo mercè felici
consigli di Ettore Caccianimico, il quale si vantava di esatte
cognizioni ippiche); una cura minuziosissima di tutta la sua persona e
qualche posa studiata, innanzi agli indifferenti.
Nulla, frattanto, aveva potuto snebbiare i miei sospetti sopra Gian
Luigi; anzi, li avevo confermati osservando come egli mancasse ai
martedì abituali, in cui non era possibile la conversazione intima e
gustosa. Aveva saputo dispensarsi da quelle visite, adducendo a scusa
occupazioni, che lo lasciavan libero soltanto la sera; strane
occupazioni, a mio credere, le quali giovavano a renderlo triste, ogni
dì meglio, molto inquieto, nervoso, incoerente, distratto.
Se Ettore Caccianimico non si fosse presa la briga di venire
quotidianamente da noi, le ore di insopportabile a viso a viso fra me
e Lidia sarebbero state pesantissime anche per la frequenza loro.
Ettore interessava Lidia colla molteplicità degli argomenti che in un
solo discorso sapeva sfiorare o approfondire, a seconda della
curiosità risvegliata nell'ascoltatrice; conosceva gli autori di
grido, e perciò ogni avvenimento, ogni pubblicazione letteraria e
artistica gli servivan per un aneddoto, spesse volte sconosciuto anche
a quelli i quali vi figuravan come attori.
Ettore irradiava a poco a poco una sapienza di vita, sua particolare;
non si poteva negargli il fascino che deriva agli uomini dall'età
matura; fascino di confidenza, fiorita da passioni morte, non più
capaci d'appannare il terso specchio dell'equilibrio intellettuale.
Io era perciò assai tranquillo, quando vedevo Ettore presso Lidia;
e li lasciavo, recandomi a prender notizie di Laura e attardandomi
poi con amici alla passeggiata delle cinque. Le notizie di Laura me
le fornivano dei viglietti chiusi, rilasciati in portineria, con
queste parole scritte in lapis:--_Il medico è contento. Sto meglio.
Oggi ho peggiorato. Non venire a trovarmi perchè Giorgio è in
casa._--Alternative continue di bene e di male, di meglio e di
peggio, che m'irritavano e m'eccitavano nel medesimo tempo.
Un giorno, il viglietto diceva:--_Sono quasi guarita: esco a passeggio
con Giorgio._--La cosa mi sembrò di poco rilievo, anzi uggiosa,
comechè venisse a scemar l'aureola di sofferenza, che m'era consueto
vedere intorno alla figura di Laura.
Quel buon ragazzo d'Ettore Caccianimico, il quale aveva giudicata
Laura moribonda!... Ci saremmo rivisti a Pallanza, dove la donna
avrebbe riposta a soqquadro la città colle feste, le passeggiate
notturne sul lago, le luminarie alla veneziana, come l'anno prima,
quando col mandolino Ettore serviva da Tremacoldo alla compagnia!
Il negozio nel quale entrai, odorava largamente di profumi stranieri,
di saponi e di cosmetici, di acque e di ciprie; lungo e stretto, era
in giuoco a una diversa luce, che a me, rimasto presso il limitare,
non permetteva di scorgere le persone del fondo; ne venivano voci
confuse. Poi le voci e le persone s'avvicinarono, costringendomi a
volger la testa per un fruscìo di sottane.
Laura usciva a fianco di Giorgio senz'avvertire la mia presenza e il
mio sguardo fisso in lei....
Guarita! con quel pallore spettrale!
Ebbi dentro di me una rivolta di sconforto senza fine per la donna, e
di odio velenoso per tutti gli altri.
Scelsi a casaccio, diedi l'indirizzo, e me ne andai presto, fuggendo
quei profumi che mi sonavano intorno una nenia da funerale, o parevano
elevarsi a nembi di sinistro incenso.
Nessuna esperienza di medico avrebbe potuto constatare meglio della
mia, la sorte irreparabile di Laura Uglio, comechè non fossi tanto
colpito dalla sua palese decadenza fisica, dall'attestazione certa
delle sue torture, quanto dall'orribile cambiamento morale della
donna; ella non doveva più avere nè volontà, nè desideri, nè speranze,
nè ribellioni.... Passava ormai nella vita, come corpo rigido travolto
da un lento fiume.
--Sai bene,--mi disse Ettore Caccianimico, quand'io gli spiegai tutto
questo, incontrandolo per via.--È inutile; essa medesima non ha alcun
riguardo.
--Ma Giorgio, come può farsi delle illusioni?
--Non se le farà, figlio mio. Oppure, se le farà perchè è un
imbecille. In ogni modo, noi non possiamo nulla.
--Pur troppo! E resta a Milano? Dovrebbe mutare aria, andarsene di
qui....
--Ci vuol altro!--fece Ettore con una scrollata di spalle.--_Une femme
à la mer_; doloroso, ma irreparabile e non nuovo.... Sono stato dalla
tua signora....
--Hai fatto bene,--mormorai.--C'era qualcuno?
--Tua suocera, donna Teresa; ci sarà ancora, se torni sùbito a casa. È
contraria al vostro disegno di passar qualche tempo nella sua villa a
Pallanza.
--Perchè?
--Dice che non si usa; che dovete viaggiare per non far parlare il
mondo....
--Ma viaggeremo dopo....
--Pare che non si fidi troppo dei dopo. Io ti consiglio a resistere,
perchè se ne dài vinta una, sei un uomo morto, colle suocere.
--Sai se Laura Uglio viene a Pallanza?
--Senza dubbio, poveretta; una buona ragione per andarvi, non ti
sembra? La campagna ti permetterà di visitarla, quando Giorgio sta a
Milano per affari; ormai, si tratta d'un'opera buona, di renderle meno
pesante la solitudine in cui Giorgio l'abbandona.
--Ma sei certo che non si rechi a Saint-Moritz come l'anno scorso?
--Credo non ve ne sia più lo scopo!--disse Ettore con un rapido
sorriso.
Anche lui, dunque, sospettava Saint-Moritz un nido d'amori per Laura?
Che volgari sciocchezze!
Prima che donna Teresa avesse a convincere Lidia della necessità d'un
lungo viaggio, mi conveniva dichiarare esplicitamente il mio pensiero
in proposito. L'idea d'Ettore era giusta; a Pallanza molte cose
avrebbero preso un aspetto diverso. Strinsi la mano all'amico e
m'affrettai a casa.
Ebbi la ventura di trovar donna Teresa ancora seduta vicina a
Lidia.... Com'erano rosee le due donne! Come si somigliavano, adesso
che Lidia accennava ad ingrassare!
«....Delle vecchie signore colle figlie, così identiche alla madre,
sebben giovani, che un amatore del genere poteva, sposando la figlia,
già farsi un quadro di quel che sarebbe diventata fra trent'anni....»
Non era una mia riflessione, questa, fatta durante una passeggiata?
Ecco, la riflessione sarcastica, si mutava in realtà, per mio
conto.... Donna Teresa pareva la caricatura di Lidia, o il suo
ritratto sgorbiato da un monello inesperto; donna Teresa era Lidia a
cinquant'anni, vale a dire in un'età lontana; ma per giungervi, le
tappe non sarebbero state piacevoli, a giudicar dalla prima, da quella
leggierissima pinguedine sopravvenuta in Lidia con l'aggravante di
mutazioni anche psicologiche.
L'odio velenoso per tutti gli altri sentito alla presenza di Laura, mi
dominava, e non appena venne una parola, mi suggerì la risposta
insolita.
--Dunque,---fece donna Teresa rivolgendosi a me,--volete passare un
mese a Pallanza?
--Certamente,--risposi.--Questa è la mia volontà.--
Lidia mi guardò con espressione interrogativa.
--Se noi ti rechiamo disturbo nella tua villa,--continuai verso donna
Teresa,--prenderemo in affitto una cascina.
--Ma no, santo Dio!--esclamò mia suocera, levando le braccia in
alto.--Voi siete i miei figliuoli, e vi aspetterei con tutto il
piacere--Ma pensate che avete annunciata la ripresa del vostro viaggio
in quest'epoca.... Il rimandarlo un'altra volta, si potrebbe
interpretare malamente.
--Io non rimando nulla; dopo il mese a Pallanza, faremo i comodi
altrui; per adesso, faccio i nostri....
--Anche Lidia,--osservò donna Teresa,-è del mio parere.
--Certamente,--disse Lidia, tuttora maravigliata per l'energia con cui
parlavo,--se questo viaggio si deve fare, o prima, o dopo....
--Non ammetto repliche,--interruppi bruscamente.--Fra una settimana
saremo a Pallanza, in una villa d'affitto.--
Donna Teresa gettò uno sguardo a Lidia, quasi per sostenerla
nell'opposizione; ma Lidia mormorò:
--Se vuole così Sergio, non replico più.--
Si vedevano ora i frutti dell'obbedienza imparata nei notturni
colloqui, e il breve episodio rischiarò certamente mia suocera
sull'attitudine che avevamo presa l'uno di fronte all'altra, dopo il
periodo delle prime intimità, durante le quali nessuno comanda e
nessuno obbedisce.
Notai, di passaggio, che i piedini di Lidia erano stretti in babbucce
elegantissime, non mai viste prima; l'abito mi pareva il solito; e
archiviate queste due osservazioni, mi recai nello studio, ove la
finestra spalancata mi attrasse al davanzale.
Da qualche ora, facevo parte d'una piccola categoria d'uomini, la cui
psicologia andò per lungo tempo ignota: da qualche ora facevo parte
degli uomini _che stanno per tradire_; uomini come tutti gli altri in
apparenza, e dagli altri invece così diversi in sostanza, che sarebbe
vano sforzo il volerne rilevare le anfrattuosità sentimentali.
Se quel piccolo gruppo di gente si potesse costituire in un Circolo,
io direi che due condizioni sole possono giustificar la domanda
d'entrarvi come soci: o essere di coloro i quali non hanno mai
tradito; o essere di coloro i quali non hanno abitudine di tradire che
un solo sesso. E direi lo scopo del Circolo potersi stabilire così:
abilitare i primi a tradire, e i secondi a tradire anche il sesso fino
allora rispettato.
Dei secondi facevo parte io; prima e dopo gli amori con Laura Uglio,
non avevo mai esitato a impossessarmi della moglie d'un conoscente,
appoggiato dalla convinzione che uno scapolo è uno scorribanda,
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