Il Designato: Romanzo - 09

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l'occasione, potevo strappare al Sideri una parola che mi
rischiarasse....
--Una visita innocente,--mormorai.
--Senza dubbio,--rispose Gian Luigi.--Non si può mica principiare
colle visite pericolose....
--Una visita che non ti deve ingelosire,--ripetei.
--Ingelosire!...--esclamò l'amico, alzando la voce
senz'avvedersene.--Posso essere geloso di Laura? Ma se siamo come le
parallele? prolungati all'infinito, non ci toccheremo mai!
--Sei un gentiluomo!--conclusi malignamente, battendogli sulla spalla.
Gian Luigi stava per rispondere, quando Lidia lo chiamò.
--Al posto!--ella diceva.--Prima che la vena mi manchi.--
Angela Tintaro s'era seduta presso Lidia, così vicina a una delle
lampade, che la luce gialla veniva a inondarle il viso e a tradirne
sottilissime rughe. Doveva toccar la quarantina, Angela Tintaro,
quantunque l'impressione generale del suo corpo sinuoso e del volto
bruno, incorniciato da capelli castagni a riccioli, potesse ingannare
d'assai a vantaggio della donna. Spiaceva in lei, tuttavia, la
rigidità dei lineamenti, che parevano scolpiti nel marmo, e di profilo
eran durissimi, senza curve blande; la sua caricatura sarebbe stata la
testa d'una bruna pecora ricciuta. Non ho mai potuto giudicare s'ella
fosse elegante; certi particolari de' suoi abbigliamenti m'avrebbero
deciso per affermarlo; ma nel complesso non trovavo quella spontaneità
di gusto e quell'istinto della semplicità, ch'erano invece una
fortissima attrattiva in Lidia, per esempio, e in Laura.
--Come giuochi bene!--esclamò ella d'un tratto, accarezzando Lidia con
uno sguardo....
L'intimità di quel tono mi ferì e lanciai un'occhiata a Lidia.
--Ah, tu non sapevi,--disse questa,--che noi ci diamo del tu. Sì, l'ha
voluto l'Angela....
--È ben naturale,--risposi ipocritamente.
Non era naturale affatto; anzi, per me era disgustoso, perchè Angela
Tintaro personificava la prima concessione al rispetto umano, la prima
debolezza nell'ammettere in casa mia una donna dei cui disordini ero
persuasissimo; e poichè questa concessione l'avevo fatta senz'alcun
vantaggio,--a differenza della visita a Laura,--senz'alcuna
soddisfazione egoistica, mi sentivo così sfiduciato sulla fermezza de'
miei intendimenti da odiare Angela, che quella sfiducia mi rammentava
e mi rappresentava ad ogni momento.
La vena di Lidia persisteva, e la donna era tutta gioiosa, chinandosi
verso Angela a mostrar le carte propizie, non conosciute da lei, ma
salutate con un sorriso di stima.
Verso mezzanotte, la vittoria di Lidia era compiuta e il suo umore
serenissimo; Gian Luigi rimetteva a posto i due mazzi di carte, ed
Angela Tintaro diceva:
--Sei così fortunata all'_écarté_ che non puoi aver fortuna in
amore!--
Mi fissò gli occhi in faccia, mormorando quelle parole; ma Lidia ed io
avemmo un sorriso concorde e misterioso, che parve ad Angela una
terribile mentita alla sua insinuazione.
Un servo sopravvenne per riaccompagnare Angela a casa; congedandosi,
ella baciò Lidia sulle labbra socchiudendo gli occhi, e una
sottilissima espressione di ribrezzo passò sul viso di Lidia, che si
tolse all'abbraccio con un movimento brusco. Gian Luigi seguì Angela a
distanza di qualche minuto; e noi ci trovammo soli, per un istante
silenziosi, Lidia in piedi avanti alla finestra, dove Gian Luigi aveva
sciaguratamente evocata l'imagine di Laura.
--Dodici e mezzo!--esclamò Lidia con un'occhiata alla pendola.--È
tardi!--
Rimasi muto, aspettando ch'ella aggiungesse:--«Sono stanca; mi sento
male; ho una terribile sfinitezza; l'anemia.... la malaria....»--Ella
proseguì invece:
--Come mai non ho sonno?
--Vuoi uscire a passeggio?--dimandai.--È una notte splendida.
--Che idea! Come due amanti?... No: preferisco andare a letto. Il
sonno verrà.--
Ma aveva nella voce un tono giocondo, d'eccellente significato.
--Buona notte, dunque,--finì Lidia, avvicinandosi.
--Troppo presto,--risposi, senza prendere la mano ch'ella mi stendeva.
Lidia avanzò la testa curiosamente per capir l'intenzione delle parole
e scorgendomi impassibile, colle braccia incrociate sul petto, diede
in una risata argentina...
--Che cosa vuol dire?...--domandò.
Poi, senz'aspettar la risposta, premette il bottone elettrico a fianco
della porta, e vi tenne l'indice finchè non comparve Geltrude col
lume.
--Arrivederci,--concluse Lidia, incamminandosi.
E l'eccellente significato delle parole non era minore del tono
eccellente con cui le usciron di bocca.
Due cose tosto mi colpirono quand'io raggiunsi nella sua camera Lidia,
ch'era già coricata: la poltroncina dov'io mi sedeva, ricollocata da
Geltrude presso il letto, certo per ordine di Lidia; e l'acconciatura
de' suoi capelli. Abitualmente, ella li portava disciolti e trattenuti
appena da un nastro a metà; ciò cresceva fede alle sue costanti
emicranie e compiva la muta preghiera di riposo.... Ora, al contrario,
ella se li era fatti annodare in due grosse trecce attorno alla testa;
il qual vezzo aveva la singolar potenza di ricordarmi Lidia fanciulla,
quando la vedevo in casa sua e tutto non aveva avuto ancor principio.
Ma la nota curiosa di quest'apparato si era ch'esso non aveva scopo
alcuno, non era un invito, non derivava da intuizione del mio
desiderio di pace; Lidia m'aveva preparato il posto vicino a lei e
s'era acconciata la testa, così per capriccio.... Chinatomi a
baciarla, sentii che mi sfuggiva e le sue labbra restavano immote,
come le braccia, stese lungo i fianchi....
Mi sedetti nella poltroncina, e dissi:
--Noi siamo incamminati sopra una pessima strada.--
Lidia quella notte aveva un'assoluta necessità di ridere; non meno
irritante necessità che quella di piangere, e tutt'e due sentite da
Lidia quando appunto non convenivan nè l'una, nè l'altra. Onde, non
era ancor finita la mia frase, che la donna principiò il suo ilare
gorgheggio.
--Ma senza dubbio,--proseguii.--Sopra una pessima strada, perchè noi
viviamo di dispettucci e ci addestriamo alla guerriglia più
ridicola.... Infine, a che scopo ci siamo uniti?--
Vidi con terrore Lidia alzar le spalle e atteggiare il viso come
dicesse:--«Chi lo sa?»--quindi prorompere non più in una risala
allegra, ma in un piccolo ghigno sarcastico, il quale giovò a darle
una magnifica espressione di scetticismo artificiale.
--Non certo,--continuai,--per tenerci il broncio e per sbadigliare....
--Neanche quando si ha sonno?--ella domandò improvvisamente.--Perchè
io ho molto sonno, ora.
--Tu non capisci dunque nulla?--esclamai irritato.--Non capisci che io
ti voglio bene e che se ho dei torti, sono pronto a chiedertene
scusa....
--Sì, perchè io ti chieda scusa de' miei? Soltanto, le tue scuse hanno
un interesse, e le mie dovranno essere accompagnate dalle.... dalle
prove del mio pentimento... Voi altri uomini non intendete nulla,
senza.... una conclusione...»
--Mio Dio,--mormorai,--se di queste conclusioni è formato il
matrimonio, ne sono io responsabile?--
Allora, la risata allegra di Lidia scoppiò; ella sembrava più felice
d'aver fatto un piccolo discorso a sottintesi, che esilarata dalla mia
risposta del medesimo genere. M'accorgevo con piacere come la sua
infantilità persistesse tuttavia; evidentemente, ella aveva avuti
capricci e graziose crudeltà, pel gusto di far da donnina, per
giuocare alla signora, come a dodici anni...
--Del resto, io rinuncerò a infastidirti più oltre,--aggiunsi, facendo
l'atto di levarmi dalla poltrona.
--No,--ella rispose, trattenendomi.--Se hai qualche cosa da dirmi
ancora....--
La fissai negli occhi con tale insistenza, ch'ella arrossì, e rispose
a bassa voce:
--Va bene. E poi?
--Senti. Il matrimonio non è la più felice delle istituzioni; tu te ne
sei accorta; ma noi possiamo correggerne i difetti e ripararne le
lacune....
--Ah, se fosse vero!--esclamò Lidia in uno slancio di sincerità, che
non mi piacque soverchiamente.--Ma in che modo, in che modo?
--Dimenticando di essere sposati.... vivendo come amanti, pensando che
uno di noi due potrebbe benissimo stancarsi dell'altro....
--Aspetta,--fece Lidia stendendo la mano, e chiudendo gli occhi.--No;
non cambia nulla....
--Come, non cambia nulla?--esclamai.--Ma se è tutto diverso....
--Per giudicarne,--rispose Lidia ad occhi aperti,--bisognerebbe sapere
che cos'è un amante.... Infine,--continuò colla sua voce beffarda,--tu
mi tieni dei discorsi immorali, ed io ho sonno....--
Il congedo così improvviso mi fece veramente male. Allontanai la
poltrona, levandomi, e rimasto colle braccia appoggiate al piano del
letto, sopra Lidia, dissi con lentezza:
--Tu ti dimentichi che noi siamo legati per tutta la vita.--
L'effetto di quelle parole fu straordinario nella donna: ella mi gettò
le braccia al collo, mi attirò sul petto, e baciandomi con emozione,
ripetè:
--Per tutta la vita! Lo so bene, e ne ho paura.--
Credetti capire, ch'ella ridonandosi alfine, godesse non già d'una
voluttà materiale, ma del piacere amarissimo di sentirsi schiava e
privata d'ogni volontà; e che la sua anima femminile soffrisse al
punto da comunicare al corpo spasimi e sussulti, i quali la rendevan
più sensibile di qualunque donna io abbia mai conosciuta.... Onde, non
ebbi la forza di rinunciare a quel possesso, che mi feriva tanto, ed
era pur così nuovo nel sentimento e così ricordevole nelle sensazioni.
Qualche cosa d'inesplicabile giaceva in fondo a simile risurrezione
d'amore. Io ne ritrassi una lunga eco di turbamenti, come fossi uscito
dalle braccia di Lidia insanguinato; e il pensiero grottesco non
cessava di dominarmi; invece d'aver riavuta mia moglie, mi pareva
d'aver fatto male, d'aver chiusi gli occhi allo spettacolo della sua
sommissione, d'avere esercitato brutalmente un diritto stupido e
vile.... Perchè, se Lidia non avesse vibrato di dolor morale, certo
non avrebbe palpitato di piacere fisico; se l'angoscia di sentirsi
schiava non avesse reso quel corpo biondo più tremante d'un'asta
d'acciaio, io avrei trovato quel corpo immobile, freddo, prostituito
dalla necessità della pace nel focolare domestico.... Era chiaro che,
non appena la malvagità della conquista fosse cessata in me, sarei
rimasto disgustato dalla mia insistenza....
Una specie di febbre s'era comunicata improvvisamente a noi.... La
suscettibilità estrema di Lidia si vedeva presa, dominata, dilaniata
ogni notte, e quando ponevo piede nella camera, leggevo sul viso della
donna un'ansia, che doveva tramutarsi in tortura; ella temeva ch'io la
volessi, e lo desiderava nel medesimo tempo, per quell'eccitazione che
si propagava sùbito in lei e sembrava più forte d'un piacere.... Aveva
insieme odio ed amore per quelle notti; odio ed amore per la sua
debolezza e per la mia prepotenza tranquilla, celata sotto la maschera
del non supporre nemmeno quanto avveniva in lei.... Mi sentivo così
dominatore di quella volontà sbigottita, che qualche volta domandavo a
bella posta:
--Vuoi che rimanga?
E Lidia rispondeva:
--Sì, mio signore e padrone!--con un accento, con un sorriso, con un
passaggio d'ombra e di luce, i quali erano straziantemente
irreproducibili.
Di giorno, Lidia ridiventava un po' sarcastica; non so, ma credo che
ripensando alla propria angoscia, ella facesse ogni mattino questa
promessa a sè medesima:
--Stanotte, mi rifiuto!--
E la notte, desiderata da ambedue con sì diversi intendimenti, si
ripeteva eguale alle altre....
Rimaneva per me difficile lo stabilire come Lidia fosse stata veemente
di passione, voluttuosa, pronta al piacere, sui primi tempi del nostro
matrimonio, quando ora m'avvedevo ch'ella non era fatta per l'amore
più che non fosse una statua.... Senza dubbio, il prorompere della
giovanezza, la gratitudine per averla tolta a una casa dove tutto era
imbecille, la sensibilità morale meglio che la fisica, me l'avevano
gettata fra le braccia con tanto impeto da farmi scambiar Lidia per la
più amabilmente sensuale delle donne.... L'abitudine era sopraggiunta,
e Lidia aveva ripresa la sua indole, peggiorandola.
Noi giuocavamo a un bruttissimo giuoco: finito il quale, io avrei
trovata in Lidia assai maggiore obbedienza, poichè l'avevo persuasa
d'una volontà più forte della sua, ma un'obbedienza costretta, non
discompagnata da un intimo rancore, che poteva avviarsi a mille
diverse e perniciosissime soluzioni. Quanto a me, esaurivo l'ultima
curiosità fisica, mi familiarizzavo con quelle rosee carni, mi
stancavo anche una volta di quei capelli biondi, e mi mettevo nella
condizione di giustificare in Lidia una rivolta.
Occupato da quel presente e da quell'avvenire, non m'ero accorto che
dal circolo dei corteggiatori s'avanzava verso Lidia colui che, in
fondo, avevo sempre atteso, ma quando il circolo tutto si teneva
ancora a rispettosa distanza....
Il bruttissimo giuoco al quale giocavamo Lidia ed io, finì in quel
punto in cui ne cominciava un altro peggiore....


XIII.

L'irritazione che m'aveva preso al rinascer della primavera, s'era
infiltrata nello spirito e nel corpo come un letargo triste e pesante,
dovuto al sole, al tepore inusato, alla folla che usciva per le strade
a sorbir l'aria mite.
Io vedeva ripetersi in Lidia l'identico processo d'inerzia, facendola
debole e apatica.
S'alzava presto la mattina perchè il letto le diveniva intollerabile,
e sonnecchiava distesa sul divano, parlando a monosillabi; o ingannata
dall'aspetto fallace del giorno, voleva uscire a passeggio e ne
ritornava colle membra rotte, pensando forse che la nostra vita
senz'angustie finanziarie, senza obblighi eguali, senza occupazioni
grevi, era infinitamente più odiosa di quella che conducevan le
famigliuole incontrate per via, beate del sole, gaudenti di poche ore
libere.
Non ricamava più; leggeva spesso i libri inviatile da Ettore
Caccianimico, ma saltandone molte pagine per seguire il nudo fatto
raccontatovi, come un viaggiatore che fra l'erba folta cerchi il
sentiero diritto e meno faticoso, poco importandogli d'osservare il
verde circostante.
Le finestre spalancate l'infastidivano; per di là entravan la luce, i
romori, l'accidia fino al dopopranzo, non confortato dai lumi se non
tardi, e segnato invece da odiosi tramonti, schiacciati sui muri a
illividirli e a renderli più volgari.
Avevo lasciati i signori Folengo da un istante, e uscendo da quella
casa, pensavo come nessuna stagione avesse la potenza di mutarvi
l'umore e le abitudini. Donna Teresa era inalterabile, agucchiando
d'inverno e d'autunno, e in villa d'estate e di primavera; Pietro
amava i suoi registri e vi spendeva attorno la vita, quando nevicava e
quando v'era il sole di luglio.
Essi non soffrivano alcuna esterna influenza più che gli animali
imbalsamati del loro salotto; il matrimonio aveva finito per cementar
le due indifferenze, costituendone un solito ordine di vita; ma con
molto rammarico cercavo invano nel mio spirito un'ammirazione per
quegli eccellenti campioni della monogamia.
Mi rasentavan sul marciapiede le signore eleganti; qualcuna
accompagnata dallo sposo, sorridendogli compostamente e sbirciando se
l'equilibrio del suo sorriso fosse notato all'intorno; delle vecchie
signore colle figlie, così identiche alla madre sebben giovani, che un
amatore del genere poteva, sposando la figlia, già farsi un quadro di
quel che sarebbe diventata fra trent'anni; e tipi esotici, come
inglesi dal passo chilometrico, seguìti da qualche orribile cane,
dilettissimo al padrone.
C'eran più donne che uomini, a zonzo. (V'è mai stato un giorno
dell'anno in cui una signora non trovi la necessità d'uscire a
guardare le vetrine, e a furia di guardarle, non finisca per entrar
nel negozio a far delle spese inutili?) Mi ricordavo che già mia madre
m'aveva raccontato come a' suoi tempi le donne, le fanciulle
specialmente, restassero tappate in casa tutta la settimana e non si
permettessero passeggiate se non alla domenica, a fianco del marito o
del padre; ma con quella cognizione del domestico focolare che avevo
ultimamente acquisita, dubitavo qual moglie fosse più sopportabile: se
l'antica, sempre innanzi al cuscinetto da lavoro, o la moderna, sempre
innanzi ai magazzini di mode....
Là dove la gente era fitta, sul corso Manzoni pel quale m'avviavo, era
un'allegria di colori vivaci, che, man mano avvicinandosi, prendevan
forma d'abiti chiassosi e di cappellini insolenti, più notevoli delle
signore che li portavano....
A un tratto, da un gruppo d'incognite, vidi uno di questi abiti, uno
di questi cappellini, farmisi incontro lentamente; e dentro l'abito e
sotto il cappellaio riconobbi Laura Uglio, senza dubbio incamminata
essa pure a una passeggiata inutile ma dispendiosa.
--Andavo dai vostri suoceri,--ella disse, mentre rispondeva al mio
saluto.
--Io ne vengo ora; stanno benissimo, e non sentono la primavera....
--Allora risparmio la visita. Mi accompagnate fino ai giardini?--
Nell'atto in cui s'incamminava, l'osservai con attenzione,
mettendomele a fianco.
L'insolita espressione d'umiltà era cresciuta in Laura, fino a
diventar dolorosa; in quel volto bianco non vedevo che le occhiaie,
assolutamente livide, incavate; occhiaie prodotte da sofferenze
indicibili, continue, roditrici. Quand'ella si mosse, potei rilevare
che Laura procedeva curva, ma così insensibilmente da non esser notato
se non da chi sapeva tutta l'elastica sveltezza di quell'andatura,
tutta l'abituale superbia di quel portamento....
--Più adagio,--ella disse con un fievole sorriso.--Non posso
affrettarmi io.
--Perdonate,--risposi, rallentando il passo.--Non siete guarita?
--Colle vostre cure assidue?--mormorò Laura in tono di corruccio.--Non
sono guarita; faccio la disperazione del mio medico.--
Tornai a guardarla, preso da un senso di paura. Laura decadeva con
rapidità; nelle due settimane scorse dalla mia visita, aveva dato un
terribile tracollo, anche meglio accentuato dall'abito nero ch'ella
portava.
--Sono brutta, non è vero?--domandò. E senza lasciarmi il tempo di
rispondere, aggiunse:--Ho da dirti una cosa. Giorgio pare geloso di
te; s'è messo a fare il geloso, dacchè sono malata, per rendermi più
allegra l'esistenza. Quando sei venuto a trovarmi ultimamente, egli
t'ha visto mentre uscivi e lui tornava dal suo ufficio; mi ha fatta
una scenata; ha detto che non dovevo riceverti, dopo le scortesie di
Pallanza.... Non aveva torto, in fondo, ma io ho capito che tu gli dài
ombra....--
Il passaggio repentino dal voi al tu mi spiacque; la notizia
m'indispettì....
--Io lo imaginava,--risposi.--Ecco perchè non son venuto oltre da
voi....
--Eppure, poichè sono sempre sola, bisognerà che tu venga a trovarmi,
almeno quando c'è Giorgio....
--Brava!--esclamai ridendo.--È affatto impossibile. Io parto a
giorni....
--Per dove?--chiese Laura, con tale accento d'apprensione, che l'idea
d'essere amato da lei soverchiò l'angoscia di vederla sofferente e mi
richiamò un fugace sorriso di trionfo.
--Per dove, non so. Me l'hanno rammentato or ora i miei suoceri: colla
primavera si doveva riprendere il viaggio in Italia....
--Il viaggio? Quale viaggio?
--Il viaggio di nozze,--mormorai a denti stretti.
Eravamo giunti all'entrata dei giardini. Passammo i cancelli
senz'aggiungere parola, io guardando la gente, Laura a testa bassa.
--C'è la musica laggiù,--diss'ella accennando una folla immobile di
persone.
Piegammo verso sinistra, dov'era il piccolo lago, per un viale
disadorno e povero di piante. Sùbito, un'aria più dolce sembrò spirare
beneficamente.
Laura sedette sopra una banchina a ridosso d'un gruppo di tufo e segnò
per terra delle orribili teste colla punta dell'ombrellino. Io restai
in piedi, innanzi a lei, appoggiandomi col bastone al tronco d'una
pianta.
--Allora, questa è l'ultima volta che ci vediamo?--domandò Laura
sollevando il capo all'improvvisa.
Ormai, ero certo. Laura mi riamava, per una di quelle recrudescenze di
passione, che afferrano talvolta anche le anime stanche: me lo
dicevano la sua voce non sicura, i suoi occhi, nei quali, s'io avessi
continuato a indagare, avrei scorte delle lagrime rattenute.
La vanità del maschio, assai più adescabile della vanità femminile,
ebbe un giocondo sobbalzo nel mio animo.
--Ci rivedremo al ritorno,--dissi.
--Oh.... al ritorno!--esclamò Laura tristemente.--Chi sa?...
Colla punta dell'ombrellino cancellò sulla sabbia le teste orribili
disponendosi a tracciarne delle peggio; ma aveva appena preparato lo
spazio, che richiese le ore.
--Sono le tre!--risposi, guardando l'orologio.
--Ho un appuntamento alle tre e mezzo colla sarta,--ella fece,
alzandosi con qualche fatica.--Vuoi riaccompagnarmi?--
Notai di nuovo l'andatura incerta e greve della donna; osservandola
bene, io la vedevo adesso veramente curva, e il sentimento d'angoscia
mi riprese, fugò qualunque altro pensiero.
Presso l'uscita dei giardini, mormorò:
--Te beato, che dopo un anno puoi ancora intraprendere un viaggio di
nozze!--
Con quale sarcastica inflessione avrebbe ella pronunciate quelle
parole, pochi mesi addietro! Ora, non vi trovai che il desiderio
spossato.
S'apriva il giorno lentamente a una serenità profonda, col
disciogliersi delle nuvole bianche, scoprenti all'occhio nuovi azzurri
infiniti ed eguali; di là veniva il sole tepido che c'intorpidiva,
quasi svegliati da una notte amorosa fra caldissime piume.
Quando fummo presso una carrozza chiusa, domandai a Laura:
--Volete dirmi l'indirizzo?
--Piazza del duomo,--ella rispose, mentre saliva nella vettura.--Poi,
indicherò io....--
M'inchinai salutando.
Un collegio di fanciulle, numerosissimo, mi passava accanto in lunga
colonna; quante si preparavan là dentro al martirio della vita? quante
avrebbe perdute l'amore e sciupate il matrimonio?
Avevano illanguidita la loro tinta nell'ombra delle camerate; sotto
abiti senza linea avevano contraffatta la loro freschezza; ma dovevano
da quel periodo severo e umile sbucar nella vita, svelare le loro
facoltà, edificare o distruggere una famiglia. In questo senso, la
lunga colonna di fanciulle m'appariva assai interessante; da un'altra
simile colonna femminile, s'eran tolte Laura e Lidia, con sì diverse
idee, con sì diversi intendimenti.... E chi poteva assicurare che i
primi passi dell'una e dell'altra non avessero avuto un oscuro impulso
da memorie di collegio, da circostanze di fatto, dalla vicinanza d'una
compagna o dall'intimità d'una maestra?
Lidie e Laure si preparavano in silenzio, ripetendo per un'ennesima
volta il processo psicologico di altre, e di altre e di altre,
infinite.
Io poteva ben comprendere o almeno intuire il divario fra quelle due
anime di donna, stretto com'era da qualche tempo fra la prima e la
seconda, sovrapponendo o cancellando le impressioni dell'una colle
impressioni dell'altra.
Un quarto d'ora dopo lasciata Laura, ero a casa, dominato dal brusco
urto, che la presenza di Lidia mi produceva. S'era mutata, in quella
breve mia assenza, colla rapidità con cui mutava d'abiti.
La piccola ombra d'umiliazione che le offuscava il viso nel mattino e
l'accidia che ne spossava il corpo, lasciavano il posto a un aspetto
calmo, consolato, sano fisicamente e moralmente, come dopo una
confidenza in cui il cuore avesse rotte per un istante le dighe della
rassegnazione e liberando il dolore, l'avesse diminuito di profondità.
Fenomeno già notato in Lidia, di quei giorni; perciò pericoloso; che
cosa confidava ella, e a chi si confidava?
Non v'era presso di lei, quand'io vi giunsi, che Ettore Caccianimico,
del quale tutto si poteva sospettare, fuorchè d'esser capace di
consolare alcuno.
--Sei stato a passeggio?--domandò Lidia, seduta davanti al tavolino da
lavoro presso la finestra.
--Sono stato da tua madre e poi ai Giardini,--risposi.--Donna Teresa
mi ha rammentato un vecchio debito; quel viaggio interrotto, o meglio
non intrapreso, per l'Italia, e rimandato alla migliore stagione....
--Ah, è vero!--disse Lidia, con voce che pareva uno sbadiglio.
Al fenomeno psicologico s'univa d'un tratto un fenomeno fisico, non
meno degno di nota.
Lidia ingrassava; l'abito chiaro di quel giorno svelava il fatto assai
meglio di quel che non potesse la mia continua esperienza. Sì, m'era
parso di non abbracciar più le forme sottili ed esatte, tanto amate in
Lidia fanciulla; m'era parso che il suo seno fiorisse, che i suoi
fianchi s'espandessero lievemente, che la gola avesse un'insolita
rotondità; lento trapasso da una Psiche a una Giunone.... Ma, alla
luce sfacciata del sole, questa mutazione si rivelava d'un colpo, non
lasciandomi più dubbio; forse il confronto istintivo fra Lidia e
Laura, debole, divorata dal male,--cooperava a rendere più perspicuo
lo sboccio formoso della prima....
Perchè era così sana e lieta di giovanezza Lidia quando Laura moriva?
Uscii bruscamente dal salotto, lasciandovi mia moglie e il
Caccianimico, nella ridicola speranza che un'altra camera, un'altra
luce, potessero calmarmi.
Passai dalla stanza da letto; il letto di Lidia, bianco e vuoto, con
un raggio di sole che cadeva diritto sui guanciali, mi lievitò in
mente un substrato di amare riflessioni; passai dalla sala, ove rividi
quelle signore brune, le quali mi compiacevo a desiderare, fra il
convenzionale chiacchierio dei mariti; passai dal tinello, ch'era già
stato testimonio di paci e di guerre, di pranzi muti o afflitti dalla
retorica di Pietro e di donna Teresa; la mia camera mi rammentò quella
prima notte in cui aspettavo l'ora di presentarmi a Lidia, mia ancora
soltanto per un apparato di formole; e lo studio, ove m'ero arrestato,
strideva di sogni artistici svaniti, di buoni propositi più deboli
delle abitudini, di rinuncia al lavoro per l'inutile speranza della
felicità nella famiglia.
Tutto l'appartamento aveva uno strano sapore di gioie irrancidite.
Ritornai nel salotto. Ettore Caccianimico s'era posto di faccia a
Lidia; s'egli avesse inclinata avanti la sedia, le sue ginocchia
avrebbero toccate quelle della donna. Diceva:
--Si potrebbe appunto far così. Ella avrebbe la compagnia di mia
moglie, quella de' suoi parenti....--
Fece una pausa, e rivoltosi a me, soggiunse quasi spiegando:
--Proponevo alla tua signora di fare un breve soggiorno con sua madre,
prima di lasciarci. Il tempo è bello e a Pallanza ci dev'essere già
molta gente.
--Non ho nulla in contrario,--risposi,--quando ciò piaccia a Lidia.
Tu, vieni pure laggiù?
--Sì, a Pallanza, con Clara....--disse Ettore, nominando sua moglie
per la seconda volta, cosa affatto insolita e curiosa.
Allora, fra Lidia ed Ettore si studiarono i vantaggi d'un soggiorno
sul lago; c'era la compagnia piacevole, la vita calma e tuttavia
allegra, il buon clima.
M'ero disteso in una larga poltrona, con un libro fra le mani,
assolutamente deciso a non prender parte alla conversazione; Lidia
volgeva il capo di tanto in tanto dal mio lato, con quell'espressione
di riposo, che mi dava qualche sospetto.
Perchè Lidia era così sana e lieta di giovanezza, quando Laura moriva?
Passando lo sguardo al disopra del libro, osservavo meglio le linee
del viso e del busto; linee di profilo, leggierissimamente, ma
indubitabilmente avvantaggiate da qualche tempo; le mani di Lidia,
ch'ella posava sul tavolino, avevan pure una forma più grassoccia, non
aristocratica di soverchio.
Ella m'era piaciuta da fanciulla perchè era fragile e sottile; certo,
m'era piaciuta per altri motivi spirituali; ma anche perchè da
fanciulla era fragile e sottile. Quest'attrattiva stava per vanire,
nella donna?
Ricordando la signora Folengo, sua madre, ebbi un sussulto: a
trent'anni, Lidia sarebbe stata una bella matrona; a quarantacinque,
una signora grassa.... Frode nel contratto matrimoniale!... Una
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