Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 6

Total number of words is 4398
Total number of unique words is 1808
32.1 of words are in the 2000 most common words
45.1 of words are in the 5000 most common words
52.5 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
TRA LA FIAMMA DEGLI ARCHI
NEREGGIA SPARENDO IL SUO MANTELLO
BUIO.
*
* *
(Nel frattempo avrà mutata veste la bellissima etèra Meridiana; ed ella
torna, piacevolmente conversando con quei sorrisi e quelle cortesie che
si pratican nei saloni di ricevimento, — fra molto numero di signore
allettevoli e dolci, le quali nella sceltezza degli abiti e nelle
delicate sembianze quasi gareggiano, benchè non tutte, con lei. Ma la
scena, in luogo di raffigurare una sala, rappresenta un bel giardino
di parco signorile, ove nel fondo tra l'imboschire degli annosi alberi
s'intravvede lontanamente il palazzo.
Quivi è la scena tutta una fioritura di maravigliose ortensie che son
di colori variati e soavissimi, da quelle tutte d'un bianconeve, quasi
enormi piumini per la cipria, a quelle che son d'un roseo nativo come
i più pallidi coralli o d'un cilestre tenue che par soffiato su la
bianchezza dei petali come polvere di turchese.
L'ora è dolce, piove tra gli alberi una rarefazione d'aria che par
risplendere, cammina un ruscello tortuosamente fra l'erbe dei prati.
La Comare, bellissima etèra Meridiana, porta un abito che va con il
tempo e riluce senza possedere in sè alcuna visibile cosa che brilli.
È una stoffa d'un color malva con drappeggi e seterie che si tingono
di viola, ma forse nelle cuciture, forse nelle bottoniere, forse tra
i fronzoli della seta corre una invisibile trama di fili d'oro che
lampeggiano. Camminando trascina con negligenza un mantello di viverra
o di martora, che tra il bruno e il vaio manda un colore quasi rosso,
ed ella seco lo porta caso mai nascesse vento.
Son queste le signore amorevoli, che in tutta la lor vita sempre
peccarono d'amore).

=Il Coro delle Signore che han sempre avuto un amante:=
(_Nell'Orchestra una musica di dedizione, voluttuosa e varia; tutti gli
strumenti._)
Dicono i Quattro Evangeli:
«Molto le sarà perdonato
perchè ha molto amato».
In attesa del pentimento, noi ci chiamiamo tutte Marie Maddalene; donne
povere di virtù ma ricche di sentimento, che demmo gran filo da torcere
alla gelosia dei nostri mariti. Abbiamo avuto un amante non appena ci
fu possibile; tralasceremo solo di avere un amante quando proprio non
ci riesca più.
Fummo curiose, questa è la definizione; ma curiose di noi stesse,
cioè di «conoscere» il nostro corpo attraverso molteplici carezze.
Poichè fermandoci alla prima si può anche ignorarlo, ed il profumo
della nostra carne può tormentarci come l'odore d'un cofano chiuso;
anzi, — e non ascoltino le ragazze da marito, — anzi è molto probabile
che s'ignori... Curiose fummo di sapere se potevamo anche noi, col
nostro semplice corpo, provare quel che provano le eroine dei romanzi
francesi.
Ora, dopo una lunga esperienza, possiamo dirvi che s'arriva tutt'al
più, col nostro semplice corpo, a quello che provano le eroine dei
romanzi italiani...
Fra la letteratura e la vita c'è una sproporzione spaventosa. Ve ne
possiamo accertare noi, che siamo vittime di questa letteratura.
Oh, non saprete mai quante ragazze, un po' turbate sotto il velo di
spose, pensino già involontariamente a un nome, — il nome della Rue
de la Paix, che vuol dire Parigi, — o al nome d'una di quelle tante
strade, un po' antiche, un po' morte, ove s'annidano i quartierini
dell'adulterio, dove si consumano tutte le disgrazie o tutte le fortune
dei mariti di Francia, dove si può dire che «avvenga l'amore», in
quell'ora grigia sottile nascosta che piove su l'inverno parigino,
fra le quattro e le sei... Sì, non c'è bisogno d'aver letto molto; il
romanzo francese ormai s'è sciolto nell'aria, fluttua per l'atmosfera
di tutto il mondo civile; ogni ragazza lo respira quando cominci a
sentirsi donna, ogni sposa lo vive leggermente quando si spoglia, e
la signora onesta lo subisce ogni volta che vede il marito uscir di
casa con tranquillità. La sua potenza è tanto straordinaria, che noi
cerchiamo per anni l'amante il quale ci dica una tal cosa letta in un
tal libro, forse una cosa da nulla, ma che piace come piace un profumo
insolito, come piace un fiore strano...
Non si trova quasi mai l'uomo che ce la dica, e sarebbe così facile
suggerirla... ma come nessuna di noi vorrebbe sciupare una musica
delicata, così nessuna di noi vuol suggerirla... — e si tace. Se per
caso accade che su le labbra d'un amante fluttui quel profumo insolito,
sbocci quel fiore strano... oh, allora si aprono gli occhi grandi
grandi, e questa volta... è l'amore!
Purtroppo non è quasi mai l'amore, per la ragione semplice che
ridiventiamo curiose. Il nostro peccato fondamentale vince il
sentimento, e siamo ancora quelle che si chiameranno per sempre Marie
Maddalene.
Non dovete credere che questo peccato c'impedisca d'essere madri
ottime dei nostri bambini, talvolta buone mogli per i nostri mariti.
Vi racconteremo d'alcune fra noi che si sono spogliate, sacrificate,
sottomesse da martiri al bene d'un ragazzo cattivo o d'un marito
ingiusto, e che pure non sapevano impedirsi, verso quell'ora grigia e
nascosta, la loro piccola curiosità...
Nel matrimonio v'è qualcosa che non è ben risolto ancora, qualcosa
di forse irrimediabile, che noi stesse non sappiamo riconoscere nè
definire con esattezza. Ma certo il matrimonio del giorno d'oggi non è
ancor tale che risponda pienamente allo spirito ed ai sensi della donna
qual essa è venuta formandosi nella nuova società. Come si guarda in
una lontananza, così a noi pare confusamente che la vita possa essere
più bella di così, più viva per i nostri sensi femminili e per la
nostra mente che si apre. Su dieci donne venute al loro tramonto, ve
ne son nove che si fanno buie con il cuore insoddisfatto, con la carne
persuasa d'aver sciupata una grande voluttà.
Ora, vedete, questo indefinibile rimedio, questa vaga lontananza, è la
cosa che noi cerchiamo nell'Amante.
Egli può non comprenderlo; infatti non lo comprende quasi mai. Succede
allora che si muti, e si muti sempre con una curiosità più acre,
con una fiducia meno forte, finchè il bisogno d'un amante assume per
noi qualcosa di molto simile al bisogno che abbiamo di andare dalla
sarta, o forse, — quando gli anni passano, — al bisogno di trovare
sempre un uomo che sappia col suo fresco desiderio coltivare la nostra
femminilità.
Egli non è più l'Amante; è «un amante», ossia nient'altro che la
derivazione, la complicazione, della parola: marito.
Dunque in noi, fra molto peccato, v'è pure un piccolo senso di dolore;
per questo, anche prima del pentimento, chiamateci sempre con il bel
nome di Marie Maddalene.
*
* *
(In questo vago giardino, così di belle ortensie come di belle donne
fiorito, il Cavalier Damo ritorna con molti uomini di sua conoscenza, i
quali vengono per discorrere del più e del meno in compagnia di queste
amorevoli signore che, per non fare le lucrezie, sono appunto le più
dilettose agli uomini.
Ed è il Cavalier Compare in abito a dorso moltissimo attillato e chiuso
in cintola da un sol bottone, cosicchè la bianchezza prodigiosa del
panciotto gli forma tra i rovesci un'apertura ovale, dove scorre il
nodo esiguo della cravatta scura. La tuba lucente, la mazza in legno
di malacca, gli stivalini a ghetta, l'occhialetto arguto, il capzioso
fiore d'orchidea, il ciuffo del fazzoletto che gli traspare dal
taschino, tutto questo insieme conferisce alla sua pieghevole persona
il vero brio, la genuina compiutezza del cavaliere moderno. Con lui
vengono l'autore drammatico più fortunato nelle alcove comitali che su
le ribalte infide; lo studentello che fa le sue prime armi con qualche
filosofo nubiloso e con qualche dama svaporata; l'uomo di mondo che non
neglesse fra le cure galanti una sua cavillosa erudizione; l'uomo di
governo che protegge con il suo portafogli qualche marito indulgente;
il principe o re in esilio, che i fornitori citano per via d'usciere
ma le nobildonne ossequiose chiamano ancora Maestà; lo scienziato non
del tutto austero, che rivela con affabilità le sorprese mirifiche de'
suoi laboratori, o trascina per i divani delle sale qualche ossigenata
chioma di cometa; il medico di nervi bello e grigio, carezzato assai
dalle signore, cui si compiace di scoprire, nonchè di mettere a nudo
prima o poi, la fonte recondita d'ogni nevrastenia... l'uomo garbato,
ch'essendo poco, adula molto; l'uomo che arriva con le tasche imbottite
d'episodii gustosi, e quello che n'è vittima; colui che nel mondo si
ama per la sua virtù d'eccitatore, d'ingaudiatore, d'abbellitore della
vita, e colui che agli spossati nel desiderio, come alle anime ancor
prese di paura, vende una voluttà più rara, che si chiama penitenza.
Ecco, entrano.)

=L'autore fischiato:=
Il pubblico dei teatri non è la folla passiva che assiepa le arene
gl'ippodromi le assemblee le piazze le chiese; il pubblico dei teatri
diventa un personaggio attivo che nessun autore drammatico ha mai
saputo conoscere a fondo.
Decidere qual'è il cavallo che tagli per primo il traguardo, non è —
almeno in massima, — un'opinione; decidere invece qual sia la commedia
che meriti applausi e quale fischi è nettamente un caso di suggestione
collettiva, d'arbitrio veloce, d'istantanea psicologia.
Il buon successo, è la commedia che dispiace ad uno contro due;
il cattivo successo, è la commedia che dispiace a due su tre;
le commedie che mandano in delirio sono con indifferenza capolavori
d'astuzia o di poesia;
le commedie che fischiano tutti, sono — certamente — irreparabili
asinità.
Osservando bene la sala d'un teatro nelle sere di prime
rappresentazioni ci si accorge che l'autore si dà l'aria d'un
giudice, il pubblico l'aria d'un giudicato. Mi spiego: l'autore cita
il pubblico, giuria pagante, a risolvere un dramma; l'autore, solo e
terribile nella sua toga declamatoria, sta su la scena per vedere cosa
ognuno sappia rispondere alle sue domande stringenti. Lo spettatore ha
paura di compromettersi, tentenna, tergiversa, guarda volentieri quel
che fa il vicino, ripete volentieri quel che affermano i commentatori
più loquaci.
Benchè la faccia complessiva del pubblico sia truccata e mobile come
quella del comico, su questa faccia corrono momenti vivi di rossore,
d'angustia, di vergogna, di perplessione, finchè per un fenomeno oscuro
la forza dei più numerosi vince, la lacrima diviene pianto, il riso
ilarità.
Se fossi un pittore vorrei dipingere la faccia delle platee.
Ma non sono che un povero autor fischiato, e non ho ancor veduta, se
non per il buco del telone, la faccia delle platee.

=L'uomo di governo:=
L'uomo viene al mondo con la mania di salire al governo, perchè il
piacere della vita è di stare sopra gli altri.
Nel sistema metrico decimale vi sono due numeri importanti: Uno e
centomila.
Dai giorni di Babele sino a quelli di Bebel tutta la cronistoria
del genere umano si riduce alla perpetua contesa dell'Uno contro i
centomila, dei centomila contr'Uno.
Molti han parlato d'anarchia come d'una efferata e nuova bellezza
del pensiero moderno. Ma Bruto, — sebbene la storia gli abbia dato un
altro nome, — Bruto era più nudo anarchico di Caserio, e nell'esercito
d'Alessandro il Grande conquistatore dell'Asia militavano tanti
anarchici petrolieri quanti oggi non ne raduna la santa Moscovia di
Niccolò.
Assourbanipal, autocrate di tutte le Assirie, questo grandioso
plagiario padrone del mondo conosciuto che fece copiare le Piramidi
e il Tempio di Rhâ da' suoi architetti decadenti, questo magnifico e
dolce Nerone ch'ebbe tutta la vita l'ossessione di somigliare a Ramsete
II, poche leghe fuori dalla vertiginosa Ninive, per la bassa valle
del Tigri, aveva nel riottoso Elam i suoi filosofi nichilisti e la sua
piccola Patterson.
Dunque l'anarchia non distruggerà i Governi.

=Il re in esilio:=
La piccola valigia che porto è piena di calze rattoppate; cammino come
Diogene con una lanterna in mano; però non cerco l'uomo, io cerco il
Diritto Divino.

=Entra il Dialogo fra Calunniatore e Calunniato.=
— O Egesippo, che male ti feci mai, perchè tu vada spargendo ai quattro
venti la mia diffamazione? Tu racconti ch'io trovo da vivere vendendo
agli amici danarosi l'onestà della mia legittima consorte: questo è
sì poco vero che, se un uomo le facesse affronto, io gli sparerei nel
petto a bruciapelo!
— Buon Demetrio, giuro sui Sette Sacramenti che questa chiacchiera
non l'ho bandita io per le strade. Apollione, truffatore impenitente,
figlio di falliti e marito d'una ragazza che gli andò al talamo come
si esce da un lupanare, Apollione il quale oggi vive coi denari che
il suocero guadagna esercitando in anonimo una bisca, Apollione tuo
concorrente in commercio è forse una delle fontane onde scorrono le tue
calamità. Fammi la grazia di non tradire questa confidenza perchè sono
padre di famiglia.
— O Egesippo, non dirò nulla, stanne certo. Sono troppi anni che mi
dibatto contro la calunnia; citarmi un nome di più significa solo
accrescere il mio dolore. Qualsiasi cosa io faccia non uscirò dalla mia
veste di calunniato perpetuo, come tu, qualsiasi cosa tu faccia, non
potrai toglierti la fama d'essere un calunniatore. Nasce la calunnia
intorno all'uomo incolpevole come il bozzolo in torno al baco da seta;
quando il bozzolo è fatto, come si potrà mai ritrovare il bandolo del
primo filo?
— Buon Demetrio, la calunnia, quest'arma forte e sicura che uccide gli
uomini a distanza, non fu mia ne' tuoi riguardi, e mi puoi credere per
quello che ti dirò. Me ne sono infatti armato parecchie volte, quindi
la conosco. M'hai creduto l'origine della maldicenza che ti tormenta
perchè a tutti son noto come un terribile calunniatore. Infatti lo
sono; mi piace avere in mia mano l'onestà degli altri, nella quale
non credo; ma su te, buon Demetrio, forse per avventura non apersi
bocca. Inoltre senti: non c'è mai nessuno che inventi una calunnia, le
calunnie volano in giro da sè. Guarda, io cammino per le strade con
un fiore all'occhiello, con la sigaretta in bocca, e nel camminare
ascolto. Ascolto; l'aria mi viene a dire: quella tale è l'amante del
tale; Tizio truffa Sempronio; Caio sodomizza Martino. L'aria mi viene a
dire che c'è un sotterfugio nella tal faccenda, un'ambiguità nel tale
testamento, un ricatto nella tal lettera d'amore... Non puoi credere
come l'aria conosca tutti i segreti della sua città! Mi osserverai che
i tre quarti, se vogliamo, di questi episodii non sono cose vere? E sia
pure, te lo accordo; ma corrono, volano, l'aria li sa. Puoi chiudere
tutte le finestre all'aria? Puoi soffocare la sua voce volubile, vasta,
che filtra per ogni serratura? E chi le inventa queste calunnie?
Altro mistero. Non io certo, buon Demetrio, non io che faccio il
calunniatore!
— O Egesippo, e dunque perchè lo fai?
— Buon Demetrio, per molte ragioni. Talora per inavvertenza. L'aria
m'ha soffiato nei timpani una favoletta graziosa, ed io senza troppo
esaminarla, così, tra il fumo d'una sigaretta, la ripeto. Altre volte
perchè non conosco la persona designata nè mi preoccupo del male che
possa venirle; oppure perchè appunto la conosco, non è di quelle che
amo, e calcolo fumando la mia piccola vendetta. Se bene osservi, o buon
Demetrio, ti accorgerai che due persone le quali parlan insieme oltre
i cinque minuti van sempre calunniando qualcosa o qualcuno, perchè
nella vita c'è un istinto di sopraffare gli altri che non dorme quasi
neanche nel sonno e, secondo le battaglie, afferra l'arma che può.
Nelle conversazioni degli uomini l'argomento è sempre uno solo: parlare
«di sè» o parlare «per sè», quindi, rovesciare gli altri. Esamina la
tua coscienza, buon Demetrio, e vedrai che forse, tu vittima, sei stato
sovente il sacrificatore.
— O Egesippo, talvolta mi son difeso con impeto, e per difendermi
dovetti assalire.
— Buon Demetrio, hai fatto bene; hai fatto solamente quel che faccio
anch'io.

=Lo studente mondano:=
Mi mette in un grave imbarazzo, bella signora! Trovarle un aforisma,
una sentenza, un pensiero d'uomo celebre per il suo album d'autografi?
Ne so tanti che non saprei quale scegliere... ecco, le scriverò un
motto di Niszche: — l'imperativo categorico sono Io!

=L'erudito:=
Questo motto non è di Federico Nietzsche, ma di Federico Hebbel un
genio appena scoperto e che pare abbia creata la Germania.
Tanto per mettere le cose a posto, Nietzsche si scrive con
ti-zeta-esse-ci-acca (ovverossia: tzsch).
«Niet», in russo, vuol dire: no; «zsche», non vuol dir niente.
Sono sicuro che non vuol dir niente in nessuna lingua, (viva nè morta),
salvo forse in esquimese, idioma che mi dolgo d'ignorare.
NB. Per me l'ignoranza è un dolore, per altri una beatitudine; non
credo quindi ozioso aggiungere che Federico Hebbel (— con due b —) è
nato a Wesselburen nell'Holstein, il giorno 11 di Febbraio dell'anno
1813; verso — (pare) — le nove di sera. Quel giorno — (anzi quella
sera) — nevicava.

=L'adulatore:=
Il signore di La Rochefoucauld ha detto: «L'amor proprio è il più
grande di tutti gli adulatori.»
Io sono dunque «l'amor proprio» degli altri. Quando mi vedete adulare
il mio prossimo, voi credete sempre che vada chiedendogli qualcosa
per me. Non sempre. L'adulazione è anche una gentilezza dell'animo,
una gentilezza servile, ma gentile. Io vedo con molta evidenza i
meriti del mio prossimo, anche i più piccoli, anche quelli che sono
solamente un desiderio, — e li lodo. Fra il pessimista che vi critica
a tutt'oltranza e me che scopro il vostro valore più insignificante,
non son forse nella vita un compagno più benefico io? Sì credetemi, c'è
nell'adulatore uno spirito servidoresco e da ruffiano ma v'è anche un
segno impercettibile di nascosta bontà.

=L'astronomo:=
Più che una scienza, l'astronomia è un istinto della razza umana,
perchè non v'è creatura che passi nel mondo senza chiedersi cosa mai
sono le stelle.
Sono i vertici dell'infinito, lo spazio che non finisce mai. Ma v'è
qualcosa che va più lontano, che giunge anche al di là dall'essere:
il nostro pensiero; e forse le stelle brillano solamente nel nostro
pensiero.
Lo Zodiaco nell'Almagesto era un disegno semplice, ora è diventato un
labirinto come la nostra vita perchè noi complichiamo anche il cielo.
Tolomeo Copernico Keplero Newton sono le spinte per cui l'Universo da
immobile divenne roteante; può darsi che a furia di moto si stanchi e
si torni a fermare.
Bisogna che l'astronomo possieda molta rettitudine per non diventare
un astrologo; noi vediamo infatti succedere cose tanto sublimi ed
inverosimili che siamo tratti ad immaginarne di più inverosimili
ancora. L'universo è appena microscopico per l'uomo che non conosce
l'astronomia; nel cervello d'un uranologo v'è tanto infinito quanto
non ne contenne il sogno d'un popolo morto, l'anima d'una età spenta;
eppure viviamo anche noi delle vostre cotidiane miserie, vicini,
assidui, senza che questo si veda.

=Il frenologo, medicatore di nervi:=
In tutti gli uomini c'è un pazzo; badate che non si svegli. Quando
l'uomo sano fa un ragionamento il suo pazzo interiore cerca di capirlo,
poi gli dice: — Non è vero. Quando l'uomo sano è molto triste il suo
pazzo interiore scoppia dal ridere. Il pazzo interiore ha una grande
ammirazione per l'uomo sano e cerca d'imitarlo, però se questi non
si sorveglia prende il sopravvento ed è il pazzo che crede d'essere
diventato l'uomo sano.
Vi avverto che il ragionamento è un segno di pazzia; l'uomo sano agisce
con istinti ragionativi ma riflette poco. L'amore della gloria è anche
una pazzia.
Vi avverto che la mancanza di ragionamento è anche segno di pazzia; la
donna sana agisce con istinti irragionevoli, ma riflette molto. L'amore
della donna per il sacrificio è anche una pazzia.

=Entra il Dialogo fra il Mercante d'afrodisiaci ed il Maestro di
penitenze.=
Cantaride! fosforo! zenzero!
Cilicio... preghiera... pietà...
— Dioniso ardente, rosso celebratore della vita, ghirlanda barbara e
folle della vittoria primordiale, io Antonio re della Tebaide, re dei
taciturni, ti saluto.
— Antonio angoscioso, nemico acerrimo della parola Voluttà, squallido
epicureo, satrapo della rinunzia, ti saluto.
— Dioniso ardente, forse tu vieni dal Convito che uccide nutrendo, che
ubbriaca i sensi di torpore; lo spirito dell'orgia ti vive nella carne
come la fiamma nei tulipani rossi. Hai sentito gemere la nudità nelle
tue braccia con un grido che non ti parve mai forte, hai voluto che la
gioia ti desse con delirio il suo dolore più vuoto.
— E tu, angoscioso Antonio, forse vieni dall'Astinenza che nutre
spossando, che ubbriaca i sensi di tentazione. Forse vieni da un
sacrario pieno di silenzio, dove il profumo che arde negl'incensieri
è il profumo della colpa, dove la grande ombra dei colonnati è sonora
di musica, dove la parola più casta è gonfia di voluttà. Hai messo
i tuoi nervi nudi a contatto con le frenesie della vita e mentre li
recidi quel gemito che ne sgorga è gioia. Vieni forse dal predicare
che la colpa sia nel desiderio, affinchè nella ricerca dei desiderii da
uccidere la diligenza iscopra fin quelli che non sarebbero stati mai.
Salutami, o suo profeta lontano, il Cavaliere Cristo!
— E tu, suo pertinace coribante, salutami Pan!
— Pan, — forse non lo ignori, — è morto. «Parce sepulto quibusque
cecinerunt!» Io, Voluttà dionisiaca, vivevo prima della sua nascita,
come tu. Voluttà rinunziatrice, prima di Colui che cantò nel mondo i
poemi della tentazione. Noi siamo, l'uno e l'altro, i due fondamentali
colori della vita; l'uomo non può chiamarsi che Antonio o Dioniso,
Dioniso l'inebbriato oppure Antonio il santo. Alle cose del mondo
bisogna ministrare lo zenzero o infliggere il cilicio, altrimenti
sono la morte. Chi di noi sia più voluttuoso, nessuno, mio squallido
avversario, ben sa. E nemmeno chi vi metta più cerebro e chi più
sensi. L'uomo vivendo cerca l'eccitazione, perchè nelle sue midolle
v'è qualcosa che perpetuamente si spegne. Ad alimentare la fiamma
vacillante vi son due materie che brucian come resine: lo zenzero e
quella che tu inghiottivi nel deserto polvere di locuste.
— L'una e l'altra, o Dioniso ardente, le son droghe terribili che
affrettano la morte.
— Ma regalano agli uomini, o Santo, la delizia del piacere artificiale.
I nostri sensi, ahimè, come natura li fece sono povera cosa, quando
il cerebro in essi non scenda e con divini malefizî non li esalti. O
Santo, e la gioia dell'uomo è una finestra pallida che s'apre davanti
all'incendio... l'anima è l'ala dei sensi, il volo di tutto l'essere
verso un impossibile godimento. Noi siamo appunto i Maestri che al
bivio insegnano le Due Strade. Il parossismo è ciò che seduce gli
uomini; ma siccome la natura foggia esseri calmi, per giungere al
parossismo è necessaria, come ti dissi, la droga; i folli son coloro
che in addietro, dal sangue atavico, ricevettero troppa droga. Epoche
intere vanno per la tua sparsa di rovi, o per la mia ricca di pampini
e vendemmiata strada; ma la meta che invano si cerca è sempre una,
chiamala se vuoi salvazione, se vuoi felicità.
— Ben dici, o Dioniso ardente; ambedue traversiamo la Fiera umana,
la rumorosa ondeggiante Fiera ove s'ergono di contro la Basilica ed
il Teatro, dicendo agli uomini dubitosi: «Volete voi vivere con più
respiro e con più sete?» Noi diciamo: «Ecco la droga!» Tu vendi,
o Dioniso, il tuo zenzero caldo, muscoso, profumato, che provoca
delirii fosforici e spossa come l'uccisione; io vendo i miei cilici
freddi aridi aspri, che ognuno da prima respinge finchè l'abuso del
tuo zenzero non gli scopra come il dolore possa divenir gioia. Noi
siamo, hai detto con evidenza, i due colori della vita: perchè una
bellezza sia bellezza, una passione passione, un vizio vizio, bisogna,
o Dioniso ardente, che s'accenda nel colore d'uno di noi. Se l'Umanità
ci mettesse a morte, avrebbe rinunziato a vivere o scoperto Dio.
Cantaride! fosforo! zenzero!
Cilicio... preghiera... pietà.
*
* *
(Ma d'improvviso, mentre nel giardino delle ortensie, di così
variate amenità si conversa, un leggero velario di nuvole scende su
la bocca d'opera ed al proscenio rimangono soli presso la nicchia
del Suggeritore il Compar Damo, Cavaliere della Films, e la Comare,
bellissima etèra Meridiana. Costei dice:
«Fra un attimo il giardino sarà distrutto e su gli sterri delle vaghe
ortensie vedrete correre il marciapiede, il marciapiede formicolante
frettoloso e tardo, pieno di forza e d'indecisione, che serpeggia come
un cavo d'acciaio nel cuore delle capitali camminanti. Sarà verso
quell'ora della sera, quando le vetrine lanciano a gara su l'ombra
della folla su gli asfalti neri la loro luce violenta e livida, mentre
infuria sotto il telaio dei fili elettrici l'ira dei campanelli fra
lo stridore delle cigolanti rotaie, l'ansia delle cornette rauche, lo
schiocco e il sibilo delle fruste, il rumore ondoso delle moltitudini,
lo strillo monotono de' giornalai. E vedrete passare in questa
fantasmagoria di vita crepuscolare, le povere mercantesse di voluttà
che per la strada vendono l'amore. Il marciapiede formidabile come un
torrente in piena le ha prese nella sua corsa torbida, e finchè non
vacillino tramortite, finchè non cadano morte, il marciapiede non le
lascerà.
Dietro queste donne imbellettate, o troppo giovini o troppo vecchie,
derise ma forti, percosse ma brutali, che al volgere di quest'ora fosca
intraprendono la giornata, vedrete alcune maschere del marciapiede
camminar d'un passo frettoloso per inseguirle, o timidamente rispondere
alle lor occhiate procaci.
Ecco, e la Nuvola s'alza.»)

=Entra il Coro delle Belle Ragazze Notturne:=
(_Nell'Orchestra in sordina il rumore della strada, cupo e forte._)
Fernanda Smeralda e Mimì
sono fioraie della via,
vendon ad ogni manigoldo
il fior d'amore per un soldo.
Sciaman fuori all'Avemmaria,
rincasan ch'è già chiaro il dì,
e dicono: — «Bravo signore,
comprate il mio piccolo fiore
che sa odore di pacciulì!»
Un crespo di capelli finti,
un'occhiataccia d'occhi tinti,
fan: psst! al cagnetto Buby...
e son fioraie della via
Fernanda Smeralda Mimì.
Avevamo un protettore: Francesco Crispi. Per sciagura dell'Italia
Francesco Crispi è morto.
Adesso i nostri protettori ci prendono a legnate, vogliono vestirsi
come il Principe di Galles, fumare come il Gran Turco. La squadra
del buon costume ogni tanto ci sfratta in branco ed in malo modo come
bestie contagiose, ma siamo farfalle notturne avvezze a quei trenta
lampioni e torniamo ad una ad una sul nostro marciapiede perchè ci
soffoca tetramente la nostalgia della città.
Abitiamo, ai quarti piani delle case ambigue, certe camerette sinistre
dove c'è una catinella che dondola nel suo cerchio di ferro, un
asciugamano giallo, un canterano mezzo vuoto che scricchiola, con
sopra una boccia di cristallo appannato, un ferro per farsi i ricci,
qualche spillone rotto, una fotografia. Si sente l'odore della
povertà e l'odore tenace dei visitatori che vi rimangono venti minuti.
Qualchevolta sul davanzale della finestra nasce un geranio tisico,
spuntano da un piccolo vaso le foglioline dell'erba ruta. Il nostro
scendiletto, su l'ammattonato ruvido, rappresenta quasi sempre un
geroglifico di pomi od un intreccio di grappoli d'uva.
Quando si muore, i preti hanno schifo di toccare il nostro letto, i
medici guardano attenti se qualche moneta ultima luccichi sul tavolino,
tintinni ancora nelle tasche della borsetta vuota. Così è.
Nei sifilicomî si vede la miseria del mondo, la disperazione del mondo,
assai più che in galera. Così è.
E lo scopo della nostra vita è di salire quante più volte si possa in
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 7
  • Parts
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 1
    Total number of words is 4401
    Total number of unique words is 1793
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    47.0 of words are in the 5000 most common words
    53.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 2
    Total number of words is 4260
    Total number of unique words is 1744
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    47.8 of words are in the 5000 most common words
    54.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 3
    Total number of words is 4354
    Total number of unique words is 1729
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 4
    Total number of words is 4325
    Total number of unique words is 1768
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    45.8 of words are in the 5000 most common words
    52.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 5
    Total number of words is 4341
    Total number of unique words is 1697
    35.0 of words are in the 2000 most common words
    48.7 of words are in the 5000 most common words
    56.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 6
    Total number of words is 4398
    Total number of unique words is 1808
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    45.1 of words are in the 5000 most common words
    52.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 7
    Total number of words is 4364
    Total number of unique words is 1819
    32.3 of words are in the 2000 most common words
    45.4 of words are in the 5000 most common words
    52.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 8
    Total number of words is 4362
    Total number of unique words is 1843
    32.0 of words are in the 2000 most common words
    44.5 of words are in the 5000 most common words
    50.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 9
    Total number of words is 4509
    Total number of unique words is 1691
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    48.5 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 10
    Total number of words is 2366
    Total number of unique words is 1029
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.