Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 5

Total number of words is 4341
Total number of unique words is 1697
35.0 of words are in the 2000 most common words
48.7 of words are in the 5000 most common words
56.5 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
divenisse mia. Mentre le tue parole cercan d'essermi un conforto, io
non cesserò dal volgere nello spirito questo enigma insoluto: — perchè
non vollero amarmi le donne, che amarono te?

=Interviene la Voce dell'Indefinibile:=
Fra voi che siete germani, stava, o germani, la mia vasta Ombra.

=Il Parassita che torna da una visita di digestione:=
A momenti mi usciva un tale sbadiglio, povera baronessa, che l'avrei
fatta inorridire! Oh, la noia suprema di ringraziare la gente che ci
ha dato da mangiar male! Queste famiglie ricche non hanno palato,
trangugiano qualsiasi cosa, ed io mi guasterò lo stomaco se non
cambiano i cuochi. L'ho fatto capire alla baronessa con bella maniera.
Conosco tre sole case dove s'imbandisce una buona tavola, ma nel
mio giro non vengono che tre volte al mese. Per fortuna ho potuto
provvedermi d'un buon sigaro e di qualche sigaretta egiziana mentre
aspettavo la vecchia baronessa. Temo però che il maggiordomo se ne sia
accorto, — questa volta oppure un'altra, — perchè nell'anticamera m'ha
guardato male. Questi lacchè non perderanno mai il vizio di spiare
traverso le serrature!
Stasera sono invitato a pranzo da un rimbambito che mangia solo
carni bianche, — mi farò prestare cento franchi, — e in teatro da una
vedova che affligge il prossimo con tre orribili signorine. Il palco
è d'angolo, avrò dunque la delizia di non vedere un bel niente! Questi
sono inviti che si chiamano passività...
Oh, la bella veste! la bella veste!

=L'Uomo che arriva dal giro del mondo:=
I negri ballano il tango e pagano le tasse; i gialli ballano il tango e
pagano le tasse; agli antipodi si balla il tango e si pagano le tasse;
qui si balla il tango e si pagano le tasse. La sterlina, il dollaro, il
franco, la peseta, il rublo, la rupia, il peso, il reis, il sen: ecco
la mia storia del giro del mondo.
Per vedere questo potevo starmene a casa mia...
Oh, la bella veste! la bella veste!

=Il Caricaturista:=
Quando l'uomo non si vigila somiglia a sè stesso; quando si vigila
somiglia a chi lo guarda. Nelle facce più tetre io vedo — poichè so
penetrare i lineamenti, — una grande allegria.
Sotto la faccia d'ogni uomo ve n'è un'altra che in qualche momento
traspare; il buon caricaturista è quegli che sa disegnarle tutt'e
due...
Oh, la bella veste! la bella veste!

=L'«Interwiewer»:=
Ho intervistato 46 regnanti; 142 scrittori celebri; 716 glorie della
scena; 17 anarchici; 9 miliardarii; tutti i delinquenti; 16 animali; 8
cadaveri; 11 persone che non son mai esistite. Se l'arte è creazione,
dell'arti l'Intervista è la prima. L'«interwiewer» è insistente come
l'assicuratore su la vita, ma infine gli si apre la porta perchè
assicura la notorietà.
Io lascio credere volentieri che le belle cantanti mi abbiano ricevuto
nel loro «boudoir»...
Oh, la bella veste! la bella veste!

=Il Gran Rabbino:=
Vi sono certi individui che sono brava gente, buona gente, magari
ottima gente, ma fanno in modo che il loro prossimo non li possa
vedere...
Questo sono gli Ebrei.
Vi sono certi individui che non mancan di nulla per esser felici,
fuorchè d'una piccola cosa...
Questo manca agli Ebrei.
Vi sono certi individui che sono molto intelligenti, ma pensano ancor
oggi col cervello dei tempi di Salomone...
Questo accade agli Ebrei.
Io sono il Gran Rabbino antisemita...
Questo è il dovere degli Ebrei.
Oh, la splendidissima veste!

=Il bambino che fa le bolle di sapone:=
Quando sarò grande permetterò a' miei bambini di fare fin che vogliono
le bolle di sapone, perchè sono belle, sono rotonde, c'è dentro il
sole, scoppiano, e le macchie sui tappeti con un po' d'acqua si mandan
via.
Papà dice:
— Guai se ti vedo fare le bolle di sapone!
Mammina dice:
— Impara piuttosto a fare il compito bene.
Io dico:
— Non sono mai riuscito a fare la terza bolla prima che scoppino le
altre due.
Taracium! cium! cium!.. Quando sarò grande farò il soldato.
Oh, guarda, che sembra un Albero di Natale
quella bella signora!
*
* *
(Senonchè, già stanca di udir vantare la cerulea sua veste, con quella
instabilità ch'è propria delle donne troppo lusingate la bellissima
etèra Meridiana dice al suo Damo che amerebbe andarsene di bel nuovo a
diporto per la città, e sol le manca di mutarsi l'abito, ciò ch'ella
farà con speditezza mentr'egli cerchi di patrocinare la Commedia
senza che gli ascoltatori languano di soverchia noia. Con bel garbo
il Damo Cavaliere l'accompagna fino al limitare dello spogliatoio, e
veduta quivi una lavatrice di panni la manda in scena perchè faccia
ridere. Ma costei non è loquace, ond'egli, affacciatosi al corridoio,
vede passarvi una mascheretta che già l'uditorio accolse con qualche
mormorio benevolo durante la sua prima e rapida parlata. Non essendovi
per di lì a quell'ora maschere molto allegre, il Cavalier Compare
crede opportuno di mandarla una seconda volta in scena, e con brio la
riconduce.)

=La lavandaia:=
Gli uomini somigliano alle proprie mutande, le donne al loro copribusto.

=La signora che i francesi chiamano «cocotte»:=
Domando scusa del disturbo se vengo a parlare due volte, mentre tutti
non parlan che una; ma son tanta parte nella vita sociale, che per
questo — se non per cavalleria — mi si perdonerà.
Le mie lagnanze non riguardan soltanto il nome; pur troppo ne ho ben
altre!
Sono da tutti maltrattata, io che faccio la dispensatrice di bene. Ho
cura di non scontentare mai nessuno fra i signori che si rivolgono
a me. In cambio questi signori mi denudano, — anche nelle loro
conversazioni, — con tanta libertà che diventa una sconcezza! Mentre
ad ogni donna si deve un poco di rispetto, nessuno vuol serbarne
un briciolo per me; raccontano come faccio e come sono fatta; lo
raccontano sopratutto a quelli che potrebbero, se li interessa, venire
a domandarlo di persona. Espongono la mia stanza da letto come una di
quelle piccole vasche dove nuotano i pesci; vi si può guardare da tutte
le parti... questo mi sembra indelicato.
Inoltre m'accusano di fingere la commedia del sentimento, — la commedia
del godimento, — e questo è un poco vero, ma non è d'altra parte
ammissibile ch'io debba innamorarmi una, o magari due volte al giorno!
Credano i signori uomini che quando posso — quando non è umanamente
impossibile... — sono sincera.
Nella mia vita non c'è niente di bello: siccome sono una donna d'amore
non ho l'amore; siccome sono una donna di gioia, non ho la gioia;
da ultimo, poichè si dice che appartengo a tutti, non ho nessuno. E
per quel piccolo denaro che mi danno con tanta difficoltà, credono i
signori uomini che sia lecito non solo disprezzarmi, — cosa discutibile
del resto, — ma dirmelo anche in faccia, — cosa brutale. Siccome però
il mio mestiere è quello di rider sempre, queste parole un po' gravi le
dico ridendo. Anzi, non ho rancore contro nessuno, e mi dispiace solo
di non essere tanto ricca da poter fare come faccio, ma un poco più di
rado, e scegliendo io stessa quelli che garbano a me.
*
* *
(Quivi, con rapidità non lontana dalla promessa che fece, torna pronta
per uscir col suo Damo la bellissima etèra Meridiana. Veste ora un
abito da passeggio di squisitissimo taglio e pur semplice, con un
cappello scelto forse tra mille, di così fina ed insolita eleganza che
veder non si potrebbe in verità il più raro, nè quello che meglio col
suo viso e con la sua foggia dell'abito s'accompagni.
«In un battibaleno, dice il Damo Compare, muto io stesso d'abito e sono
con voi.»
La Comare s'abbottona i guanti, poi nell'attendere si sporge fuori
dalla finestra narrando all'uditorio quel che vede.
Una rondinella trasvola cinguettando sopra l'arco della finestra, ed
ella traduce quel che la rondinella nel suo chiacchierìo canta.)

=La Rondinella:=
Son qui su la gronda
che canto gioconda...
e vedo, nelle contrade strette, la gente nera, in lunghe file, che
va piano — piano — piano — e si muove come l'acqua buia nel fondo dei
crepacci.
Quello che più mi stupisce degli uomini è la loro pazienza. Chissà
mai cosa fanno con tanta pazienza? Li vedo sempre schiacciarsi l'uno
addosso all'altro, e li sento cantare con una brutta voce; poi quando
fa notte, accendono il fuoco.
Ma perchè, se possono coi loro nidi venire così alto nell'aria dove sto
io, perchè rimangono sempre laggiù nei buchi dove si trema di pericolo?
Talvolta per una finestra entro nei loro nidi e guardo cosa c'è nei
loro nidi... Vedo solamente alcuni di questi uomini, che strisciano
piano... piano... piano...
*
* *
(Sotto la finestra un vecchio semicieco suona l'organetto di Barberia,
mentre il suo can barbone con un berretto rosso fra i denti va in giro
chiedendo l'elemosina. — Ed ella racconta quel che pensano il vecchio
semicieco, ed il suo provvido barbone.)

=L'Uomo che vive con un organetto e con un can barbone:=
Tutte le più belle canzoni vengono a morir d'asma nel mio macinino;
quando sono così decrepite che nessuno più le ricorda, povere belle
canzoni, me le riportano via!...

=Il can barbone:=
Io sono il vero altruista: domando l'elemosina per mantenere un tale
che non è neanche un cane.
*
* *
(Ma ecco il Damo già torna, ed è vestito con un abito che s'accompagna
gradevolmente anzi rassomiglia quasi all'abito di lei. Un simil fiore
di gardenia immacolata biancheggia perfettamente nell'occhiello della
giacca d'entrambi, ma ella porta guanti che son colore del vin del
Reno, egli che son grigi come le perle grigie, con tre sottili frecce
nere.
Gli archi elettrici per breve attimo spenti dan mezzo allo scenario di
raffigurare la lor passeggiata.
Ecco, e per istrada incontrano anzitutto gran folla di commessi
viaggiatori che vanno a proporre o tornano dall'aver profferite le lor
merci svariatissime, delle quali camminan sovraccarichi a simiglianza
di muli. Poi qui con gente lieta e là con gente cupa s'incontrano,
della quale a vicenda osservando le sembianze tentano per darsi qualche
svago di sorprendere i pensieri.)

=Entra il Coro dei Commessi Viaggiatori.=
(_Nell'Orchestra in sordina, romore di sonagli lungo e monotono._)
Oh, che dolore
fare il commesso
vïaggiatore!
Noi cerchiamo di dare lo sgambetto a chi va innanzi, un calcio a chi
vien dietro; portiamo, come i cani, un collare col nome della Ditta e
indosso bubboliere sonagliere campani, per essere uditi.
Oh, che dolore
fare il commesso
vïaggiatore!
«Viaggiare in un articolo», sembra che voglia dire starvi dentro come
in una gabbia; invece significa tentare d'ingabbiarvi un cliente. Così,
«fare la piazza», par che indichi la professione d'un selciatore o per
lo meno d'un architetto; invece vuol dire traversarla cento volte al
giorno, quand'è fangosa nevicosa o rovente, portandosi addosso tutto
quello che si può, con un palmo di lingua fuor dai denti e scotendo a
tutta forza le bubboliere, sempre con lo scopo medesimo d'ingabbiare,
nella ressa, un cliente.
Ma il cliente è l'uccello più refrattario a lasciarsi mettere in gabbia.
Oh, che dolore
fare il commesso
vïaggiatore!

=Entra il Coro di Quelli ch'ebbero una buona giornata.=
(_Nell'Orchestra, tintinni fischietti motivi d'operette gaie._)
Noi ci freghiamo le mani!
Come si sta bene al mondo! Schopenhauer, filosofo pessimista,
meriterebbe d'essere messo al palo. Giacomo Leopardi non è il nostro
poeta. Noi sentiamo quei poeti, quei musicisti, quei pittori, quegli
autori drammatici che hanno messo nell'arte un poco d'allegria!
Stasera andremo a teatro. Sì, andremo a teatro, ma vogliamo ridere:
drammi niente; il Ferro nemmeno, Parsifal meno che mai! Ecco: la
Presidentessa, oppure la divetta Colibrì!
Noi ci freghiamo le mani!
Spiegateci voi cos'è l'Allegria, se lo sapete? Niente: una ballerina
impalpabile che balla nel sangue, una spuma di sciampagna che
scoppietta e sprizza nel cervello! Non pare neanche un riso dell'animo
nostro, ma una bellezza che da tutte le cose venga verso di noi.
Oggi fa quasi freddo, ma l'inverno è piacevole; questa città nella
quale viviamo è piena di gente simpatica; tutto potrebbe andar meglio,
si capisce, ma bisogna esser nevrastenici per parlar male della vita.
Noi ci freghiamo le mani!

=Entra il Coro di Quelli ch'ebbero una cattiva giornata:=
(_Nell'Orchestra note plumbee, boati d'organo; accidia, nevrastenia._)
E noi tentenniamo il capo...
Cos'è il Malumore? Niente; uno sbadiglio invincibile che sembra venir
su dai piedi e propagarsi per tutto il corpo; una lente affumicata che
gira intorno al cervello. Forse abita in noi, ma soffia pure da tutte
le cose; è una specie di vento, muto lungo filtrante, che annuvola
intorno alla nostra persona; è il buio della vita che viene a galla.
*
* *
(Ma non son lungi ancora, che già il messo del teatro sopravviene
di corsa per dir loro che tornino in fretta, poichè il Suggeritore
Mascherato che improvvisa la Commedia sta per essere senza personaggi,
l'uditorio strepita per le melensaggini che si dicono ed Egli vuol
anticipare la sua parlata venendo, ma nell'assoluto buio, al proscenio.
Balzano perciò in un tassametro e tornati con furia verso il teatro
vi trovan alla ribalta un assessore municipale scevro di spirito che
blátera, con un giornale in mano, dicendo cose a vanvera le quali
scontentan il pubblico, ed un avventuriero magniloquente ma ridicolo
che manda in furore la platea.)

=L'assessore municipale:=
I giornali dicono che le strade sono in cattivo stato. Veh, si
capisce!... un dì nevica, l'altro fa sole, così di neve con sole
nasce fango. Poi la circolazione di mille migliaia d'individui bestie
carri eccetera, lascia un sedimento inevitabile che cresce quanto più
lo si gratta. In ogni modo non posso mica scoparle io! Gli spazzini
fanno quel che si riesce a fare con una scopa, com'io vado sin dove
può giungere la fantasia d'un assessore sovrintendente agli spazzini!
Oh, questi giornali! quando non sanno come ingraziarsi gli abbonati
attaccano il Municipio. Ma il rimedio lo trovo subito: mandatemi ogni
notte una pioggerella che lavi le strade, ogni mattina un bel sole
che le asciughi, si vieti la distribuzione dei manifestini, si metta
nell'avena dei cavalli qualcosa per produrre la stitichezza... come
dice? qualche filo della mia barba? sia pure... ma in questo modo
avranno le strade lucide come specchi!
Alle volte i meriti d'un uomo dipendono perfino dal tempo che fa.

=L'avventuriero:=
Datemi per complice l'amore d'una principessa, e le donne d'un regno
mi ricameranno la bandiera; datemi per complice una guarnigione che la
porti, e ne farò il sudario d'una grande morte o la bandiera d'un re!
*
* *
(Per calmar l'uditorio messo a rumore dalle due non gradite maschere,
Compare e Comare vengono alla ribalta, e mentre l'una sorride per
conquidere, l'altro così parla:
«Giustissima è la vostra ira, Nobili Uomini e Dame Compiute che noi
veniamo per servire! Ma non si faccia portar la pena di quel che
dissero due maschere infeconde all'intera e numerosa nostra famiglia
di comici che pur ebbe sin qui l'onoratezza, o la buona sorte, di
sollevare qualche risata. Inoltre voi sapete che una sol Voce qui
parla: questo ambiguo e mascherato Suggeritore, che, venuto fra noi
dall'inizio della Commedia volle a noi stessi rimanere ignoto. Aveva
la morettina su gli occhi e non disse che un nome: — «Io mi chiamo il
Cavaliere dello Spirito Santo. Parlerò per voi, per tutti voi, per
ognuno dei centotrenta personaggi che compongono la Commedia, e vi
lascerò intero l'incasso. Ma non vogliate sapere chi sono, e studiatevi
bene di non profferir parola ch'io non dica. Reciterò la mia parte
mascherato, ammantellato, nel buio, nell'assoluto buio, e in tante
riprese quante mi piaccia. Siete una famiglia di comici della quale
già noto è il repertorio in questa città: vi farò dire cose un poco
dissimili dal consueto, le quali appresi nel girare il mondo. Solo,
vi basti conoscere ch'io mi chiamo il Cavaliere dello Spirito Santo. E
nient'altro.»
Dame Compiute, Nobili Uomini, Egli è dunque per venire al proscenio;
domate la vostra inquietudine perch'io temo che, forse a bella posta,
Egli mettesse cose ridicole in bocca delle due maschere precedenti
col fine poco nobile a vero dire che la sua propria parlata sembri più
concettosa. Ora Egli sta vestendosi del suo mantello buio; mi prega di
annunziarvi che il suo motto è questo: «Vale nec parce». Ha dunque una
certa fierezza, poichè vi augura salute ma rifiuta fin d'ora il vostro
perdono. Dirà cose anche lontane dalla Commedia. Disse frattanto per la
mia bocca tutte le cose che finora vi parlai...
Con me la bellissima etèra Meridiana si licenzia e vi saluta.»)

Pausa.
L'Orchestra in sordina
tace.
Gli Archi elettrici di colpo
sono spenti.
Ammantellato,
nel buio perfetto,
entra
il Cavaliere dello Spirito Santo.

Ave
ai giorni della vita che sono morti,
ai giorni della morte che son per nascere,
a voi presenti
da me _invisibile_
ave.
Dico male di tutti e di me stesso, non tanto per amor del bene
quanto per ludibrio della verità. Ho parlato e parlo nella voce di
tutti quelli che vanno dal confessore, sia questi prete o laico,
assolva condanni o rida. Ma confessarsi è una sciocchezza; più grande
sciocchezza è credere che ognuno porti un confessore in sè. Noi solo
portiamo il nostro Pagliaccio e lo portiamo con serietà; quel giudice
interiore nostro che si chiama coscienza è un altro Pagliaccio: lo
portiamo con spavento.
Più che nemico degli altri, sono terribilmente il mio; gli altri mi
fanno pena, laddove di me stesso mi sdegno. Quando avrete imparato
a guardare, imparato a pensare, imparato a leggere nel libro della
vita non solo i frontespizi ma i sottintesi, non le sole declamazioni
retoriche ma quei nodi ambigui di parole dove si chiude il senso della
parodia lugubre e del grottesco universale, quando avrete insomma
capito che si può far a meno degli altri e perfino di sè stessi, quel
giorno mi darete ragione.
Il rivolo del bene, il torrente del male confluiscono insieme dentro un
lago morto che ha nome: Sarcasmo. Badate ch'io non predico la parola
del Budda, e nemmeno, traverso i lirismi del divin folle Federico, la
parola di Zoroastro. Il Nirvâhna del Parco delle Gazzelle mi sembra
impossibile come il Paradiso delle Vigne di Galilea.
Non predico nulla perchè odio sopratutto i predicatori, nè voglio
agitare scintille davanti agli uomini, ai quali è necessario, per
vivere, vivere di cecità.
Non vogliate peraltro ch'io mi nomini Cavaliere del Buio! Nell'ombra
sto, perchè nell'ombra nascono i pensieri. Ma ho bisogno di spezzar
lance contro il mio mulino; ho bisogno d'udire il fischio de' miei
staffili, se anche, dopo aver battuto, rimbalzino contro di me. Poichè
nulla è voluttuoso come percuotere, quando si sappia che all'infuori
d'ogni calcolo e d'ogni prudenza la percossa è giusta!
Col dir «giusta» voglio esprimere sopratutto un atto genuino, semplice,
istintivo dell'uomo; poichè non crediate che ami, con i criterii del
pretore urbano, la giustizia. Essa è, come tante altre parole, un
brillante chimico, fabbricato nei crogiuoli degli alchimisti millenarii
che frodano l'umanità. Son riusciti a faccettarlo così bene, a dargli
tanto fuoco, a illimpidirlo di tanta luce, che alle volte inganna
perfino me. Solamente «io so guardare», e quando l'ho nel palmo,
per quanto bello sia lo riconosco. Il brillante vero non si chiama
giustizia; o miopi, si chiama: Ideale.
Non lo troverete mai nel mondo, mai, mai! Quindi sappiate accendere
un falò e ballare intorno alla vampa dove bruciano i vostri sogni;
sappiate gettare via voi stessi come un sacco vuoto nell'ora e nel
momento preciso in cui siete vicini a sentirvi dii! Questa non è
disperazione, è logica.
Io mi sono affacciato a tutte le finestre della vita, e da tutte le
finestre ho veduto bruciare falò. Popoli e creature, secoli ed istanti
rosseggiarono di questa fiamma; la cenere cala sui cimiteri, soffia
su le cune, come piace al vento. Questo non impedisce che si viva, che
si operi, che si distingua dal bene il male, dal bello il brutto, con
entusiasmo e con assurdo; anzi rende più lieve l'anima l'aver intuito
quanto grande sia nelle metafisiche dell'uomo il regno dell'assurdità.
Io non son perfido, come voi mi chiamerete. Ho due giardini a casa
mia, che non d'uguali piante coltivo; nell'uno cresco vincigli sterpi
gramigne ortiche, spalliere irte d'aculei, piante gonfie di veleni;
l'altro, poichè amo le rose, non è che un giardino di fragranti rosai.
Quel primo è lo sterpaio dal quale non può districarsi il mio pensiero;
l'altro è dove lascio con oblìo che mi si avvolga di profumo il cuore.
Presso la casa d'ogni uomo «che volle comprendere» crescono questi due
giardini, e se mi volete confesso, vi dirò che sono mortalmente triste
quand'è la stagione che non fioriscono i rosai.
Io non sono indifferente, come voi mi chiamerete. Se vi occorre
sorridere con una dolcezza che per voi sarà nuova, o guarirvi d'alcun
male che i vostri curatori v'abbiano inflitto, venite nella casa
provvisoria dove abito: questo barbaro vi medicherà.
Ma se volete, ma se volete infine giungere alla mia stessa pace, allora
io conosco un fiume dov'è mestieri che prendiate il battesimo, e poi,
dalla foce fragorosa verso gli oceani, meco risaliate per i suoi gorghi
selvaggi verso la calma inaccessibile sorgente. Questo fiume porta
un nome assai temuto fra gli uomini, poichè si chiama l'Amore; ma i
naviganti che lo scoversero in antico tramandarono sopra di lui molte
false leggende. Non è il basso amore degli Indi, non è il terribile
amore dei Semiti, non è l'amore dionisiaco e lezioso dell'Ellade, ma
neanche l'amore cristiano. È qualcosa di comprensivo e di voluttuoso
che non potrò narrarvi se non quando mi conoscerete, anzi, o Personaggi
della Commedia, è la totale bellezza che regna nella vita, è il nuovo
Spirito Santo per il quale mi battesimo Cavaliere.
Io non sono dunque un paradossale, come voi mi chiamerete.
Ci fu nella mia prima giovinezza un'epoca nella quale mi parve che
l'eroe del mio spirito fosse Don Chisciotte; gli rubai di fatti la sua
lancia e mi piacquero così fortemente i suoi mulini, che dappertutto
ne vedevo; dove non c'erano, li fabbricavo. Più tardi m'avvidi che
Don Chisciotte aveva precisamente il torto di portare una lancia e di
prendersela coi mulini.
A quel tempo Don Giovanni poteva molto su di me; commisi la
ridicolaggine di sceglierlo ad eroe della vita, ma finalmente m'accorsi
che Don Giovanni doveva la sua bellezza non a sè stesso nè a quel che
sapeva esprimere dalle vigne della terra, ma solamente ai novellatori
di molto ingegno che scrissero le sue biografie. Don Giovanni era
una luminosa figura letteraria, ma tra gli uomini diventava sciatto,
pedestre, goffo, ruffianesco, risibile, oltraggioso. Diventava un luogo
comune: lo ricollocai ne' libri e mi riapparve un eroe della vita nella
sua grande mirabilità.
Mi son provato a camminare con i battezzatori usciti fuor dalle
tebaidi a spargere il seme della parola d'un dio; con i maestri della
violenza che insegnarono come si muove, alzando bandiere nei giorni di
ribellione, al saccheggio delle città; mi sono provato a camminare con
gli umili, in silenzio, guardando la polvere; coi lirici che irradiano
su tutto la voluttuosa demenza d'Orfeo; coi negatori che sovvertono
e coi socrati elargitori d'anime, che forse berranno altra volta,
nella coppa davvero mortifera, il veleno ateniese... ma vidi che tutti
costoro non seppero mai districarsi dalle lettere dell'alfabeto per
donare ai popoli della terra qualcosa di meglio nè di più.
Un uomo dissemi un giorno che v'era nell'ironia «più vita».
Un uomo dissemi un giorno che v'era nella rinunzia «più vita».
Un uomo dissemi un giorno che v'era nella sensualità «più vita».
E poi molti mi parlarono del sacrificio, molti mi lodarono
l'evangelismo di questa o di quella fra le passioni che possono
allettare lo spirito umano; molti mi dipinsero come sommo bene
l'ignoranza e la semplicità.
Io li ascoltai tutti ma non potei credere ad alcuno.
Allora supposi che nei libri vi fosse la vita, e trascorsi ad un
incirca tutti que' libri per dove il pensiero dell'uomo fece strada
innanzi di giungere sino a me.
Ho trovato che il primo, qualunque fosse, fu il migliore. Aveva se non
altro il dono di pensare, falsamente come gli altri, ma con una falsità
semplice. Da quando si credeva che il cielo fosse un tendone azzurro
curvo sopra la terra e che nel suo ragnare il buono spirito notturno
v'appendesse le luminarie delle stelle, da quel tempo, dico, infino
ad oggi, se il pensiero ha strappato la tenda non ha rinunziato al
notturno spirito nè ad alcun'altra leggenda, e non fece che mutare i
termini od ampliare le distanze.
Sicchè mi scelsi un poeta per cercare la verità nel lirismo e per
credere almeno, se il falso è inevitabile, in una falsità musicale.
Omero mi parve un po' greco; Virgilio mi venne a tedio per opera
di Dante; l'Allighieri, trovai che da cinque secoli troppa gente lo
deificava, il Petrarca mi parve una meravigliosa canzonetta napoletana.
Baudelaire, l'avevano sciupato già tutti coloro che di professione
fanno il decadente; Shelley, che avrei potuto amare se fossi stato un
inglese, in Italia patì l'oltraggio d'una soverchia voga.
Non mi rimaneva che abbracciar Heine; l'abbracciai. Sorpresi nel suo
spirito fustigante qualche segno terribile della potenza d'un uomo;
trovai bellissimo questo cavaliere solitario che crociava contro tutti.
Ma un giorno venni a sapere che il Tedesco flagellatore della Germania
viveva con la pensione pagatagli da un ministro Francese.
Per me non aveva più scritto l'«Idillio di Montagna»; non era più
crociato libero il poeta di Atta Troll! Non pensai che avesse peccato,
il povero e grande Heine, poichè «il perdono verso tutti» è la prima
rosa che mi sboccia ne' rosai; ma non era più il Don Chisciotte senza
Ideale, quegli che ride per ridere o che ferisce per ferire!
Ancor qui debbo dirvi che «il perdono verso tutti» non è punto il
fior soave delle parabole galilee, ma il perdono forte, il perdono che
ride, il perdono che si avventa fin su l'orlo della vendetta... poi la
regala!
E nuovamente nomade, con il mio spirito e co' miei passi, fra i dedali
di questa bella terra ove soltanto per nascere nascono primavere,
vado in cerca dell'uomo che sappia essere quel che Heine non fu: — il
Cavaliere dello Spirito Santo.
Poichè ad ognuno piace parlare per la bocca degli altri nonchè darsi un
bel nome, in voi parlo dietro la maschera, o Personaggi della Commedia,
e con voi ride su la storia d'un giorno
il Cavaliere dello Spirito Santo!
=Vale nec parce, spectator!=
PAUSA.
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 6
  • Parts
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 1
    Total number of words is 4401
    Total number of unique words is 1793
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    47.0 of words are in the 5000 most common words
    53.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 2
    Total number of words is 4260
    Total number of unique words is 1744
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    47.8 of words are in the 5000 most common words
    54.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 3
    Total number of words is 4354
    Total number of unique words is 1729
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 4
    Total number of words is 4325
    Total number of unique words is 1768
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    45.8 of words are in the 5000 most common words
    52.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 5
    Total number of words is 4341
    Total number of unique words is 1697
    35.0 of words are in the 2000 most common words
    48.7 of words are in the 5000 most common words
    56.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 6
    Total number of words is 4398
    Total number of unique words is 1808
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    45.1 of words are in the 5000 most common words
    52.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 7
    Total number of words is 4364
    Total number of unique words is 1819
    32.3 of words are in the 2000 most common words
    45.4 of words are in the 5000 most common words
    52.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 8
    Total number of words is 4362
    Total number of unique words is 1843
    32.0 of words are in the 2000 most common words
    44.5 of words are in the 5000 most common words
    50.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 9
    Total number of words is 4509
    Total number of unique words is 1691
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    48.5 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Il Cavaliere dello Spirito Santo: Storia d'una giornata - 10
    Total number of words is 2366
    Total number of unique words is 1029
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.