I rossi e i neri, vol. 1 - 30
vita; e se non avessimo a vederci più, dite alla gentile Maria che mi
perdoni questa diserzione della custodia che m'aveva affidato mio
padre; ed ella, e voi, e l'Assereto, amate un pochino la memoria del
vostro, infelice ma non immemore,
«LORENZO SALVANI.»
Ciò scritto, rasciugò due lagrime che erano venute fuori ad
offuscargli la vista; chiuse il foglio nella sopraccarta, e vi scrisse
sopra:
«_Al marchese Aloise di Montalto. Sue mani._»
In quel mentre, capitava sull'uscio dello studio il Pietrasanta, già
vestito a mezzo, anzi per due terzi, poichè aveva già fatto il nodo
della cravatta, opera capitale nella acconciatura d'uno zerbinotto par
suo.
--Così presto?--chiese Lorenzo.
--O che, credete ch'io non sappia fare alla svelta, quando occorre?
Son venuto in maniche di camicia, temendo che aveste già finito da un
pezzo e vi annoiaste ad attendermi.
--No; appunto ora ho finito di scrivere.
--Tanto meglio. Venite dunque; metto la corazza, il sorcotto, e il
cimiero, e sono ai vostri comandi.--
La corazza era il panciotto, come i lettori avranno già indovinato; il
sorcotto era una attillata giacca di velluto; il cimiero un cappellino
di paglia, fasciato d'una larga fettuccia nera, i cui capi pendevano
svolazzanti fuor della tesa, ma non tanto da nascondere la
discriminatura delle chiome, che scendeva diritta e sottile fino al
basso della nuca.
Come si fu vestito di tutto punto, prese dalle mani del servitore la
sua mazzetta di giunco indiano, col pomo d'argento, e il fazzoletto
imbevuto d'acque odorose; quindi dalle mani dell'amico la lettera, che
ripose accuratamente nel portafoglio, ed ambedue uscirono sulle scale.
Giù nel portico era già la carrozza ad attendere, col suo cocchiere
gallonato a cassetta, collo staffiere allo smontatoio, e una coppia di
cavalli rovani che scalpitavano, aspettando il segnale del loro
automedonte.
--A rivederci, dunque, se non venite anche voi per un tratto di strada
con me.
--No, debbo scendere verso Banchi; a rivederci, e grazie!
--Che! che! faccio un po' di moto. A stasera, Salvani.
--Stasera!--ripetè macchinalmente Lorenzo. E fatto un ultimo saluto
all'amico, se ne andò pedestre verso una delle strade inferiori della
città.
--Eccellenza, dove si va?--chiese lo staffiere che era salito a
cassetta, daccanto al cocchiere.
--Veh che bestia! Io, s'intende, non tu! A Quinto, villa Vivaldi; e di
buon trotto!--
XXXVIII.
"Amor che a nullo amato amar perdona".
Fornita quella importantissima bisogna, Lorenzo Salvani aveva da
tornare a casa, sebbene per pochi minuti. Quel giorno egli fingeva di
dover contentare l'amico Assereto, facendo una scampagnata con lui, e
non gli rimaneva più altro a fare che accennar la cosa a Maria, perchè
non avesse da attenderlo per desinare.
Il pensiero della fanciulla era l'unico rimorso che avesse in cuore
Lorenzo. Quando l'angelico sembiante di Maria gli si parava dinanzi
agli occhi della mente, egli bene intendeva che il suo disegno, in
apparenza così generoso e tale da meritargli lode e rimpianto presso
l'universale, era un delitto bello e buono al cospetto della sua
coscienza, ch'egli non poteva ingannare. Ed erano allora combattimenti
feroci nell'anima sua travagliata.--Ma, infine, dovrò io vivere a
questo modo? Sarò io incatenato, come Prometeo, alla rupe
dell'esistenza, col rostro dell'avvoltoio nel cuore, e senza il
conforto di tornar utile in alcuna maniera ad anima nata?--
Quella mattina, un poco di calma gli era pur derivato, non sapremmo se
più dalla istessa vicinanza della catastrofe, o dal pensiero di aver
provveduto, come si poteva meglio, al futuro.
--Vivo,--pensava egli, in quella che uscito dal palazzo Pietrasanta si
avviava al basso della città,--non tornavo di alcun giovamento a lei.
Morto io, conosciuto l'arcano de' suoi nascimenti, un nobil parente,
se non forse sua madre medesima, oggi vedova, ricca e padrona di sè,
avrà cura di lei, tergerà facilmente le lagrime che la perdita di un
fratello d'adozione potrà farle versare. Animo, dunque; ciò che
importa oggi, è di vederla un'ultima volta, senza balenare; di poter
uscire da capo, senza che ella s'insospettisca di nulla.--
Sicuro; andar tranquillamente a casa, annunziare a Maria che quel
giorno egli desinava fuori, star dieci minuti a ragionar di cose da
nulla, uscire da capo e buona notte; questo era il disegno, facile a
concepirsi, facile a mandarsi ad effetto, tranne i casi imprevisti, od
una di quelle cose da nulla, che conducono i casi a farne qualcuna
delle loro, come spesso interviene.
Le cose da nulla c'erano, e attendevano in casa sua l'inconscio
Salvani.
I nostri lettori non ignorano che il servo Michele era nel segreto
della congiura, e rammentano certamente il suo dialogo col Bello
nell'osteria della Piccina, nel qual dialogo s'eran fatte allusioni
parecchie all'impresa, e alla parte che ci aveva da prendere Lorenzo.
Queste cose. Michele non le sapeva soltanto dal Bello, ma dal suo
padrone medesimo, il quale non avrebbe onestamente potuto tacerne a
quel vecchio commilitone di suo padre, legionario d'America e veterano
di Roma. Michele, sebbene in umilissimo stato, era quel che oggi si
direbbe un uomo politico; e Lorenzo Salvani, se non era andato
tant'oltre da lasciargli intendere che cosa aspettasse per sè dallo
scoppio della congiura, aveva pur dovuto chiarire al suo fidato,
com'egli ci fosse a capo fitto, per riuscire a raccomandargli di star
zitto in casa, ed altresì a persuaderlo che volesse tenersi quella
sera in disparte, per custodire la signorina Maria.
A questo non s'era piegato agevolmente il vecchio servitore, Le mani
gli pizzicavano anche a lui, e un po' di governo provvisorio fatto con
quelle sue mani, gli sarebbe parso doppiamente gustoso. Ma Lorenzo gli
aveva dipinto con tanto vivi colori il pericolo di lasciar sola in
casa Maria, e lo sgomento naturalissimo della fanciulla quando ella
avesse udito far le schioppettate per le vie, che Michele, il quale
amava la signorina quanto il signorino, anzi quanto l'Italia e la
repubblica insieme, s'era finalmente rassegnato; e dopo aver promesso
di starsene colle mani in tasca, aveva anche giurato di tenersi la
lingua tra i denti, per non spaventare innanzi tempo la sua
padroncina.
Aveva giurato, diciamo; ma serbava il giuramento a modo suo, sebbene
colle migliori intenzioni del mondo, e col più saldo proponimento di
non mettere la fanciulla in sospetto. Figuratevi che da parecchi
giorni, in casa, mentre accudiva alle sue faccende, non faceva altro
che canticchiare le canzoncine spagnuole. Ora, per Maria era segno di
guerra, quando Michele cantava spagnuolo, e segno di guerra grossa,
imminente, quando erano canzoni di genere gaio e soave. Michele
somigliava in ciò a quel gran capitano che soleva dissimulare la
gravità dei suoi disegni con qualche facile cantilena mormorata tra'
denti. E più Michele era internamente agitato, più dava nell'arcadico;
più era grave il sopraccapo, più gaia la canzone.
Già due o tre volte nei giorni precedenti la giovinetta aveva chiesto
a Michele che cosa volessero dire quelle sue insolite riprese di canto
spagnuolo.
--Nulla, nulla!--aveva risposto il servitore con aria
impacciata.--Canto per distrarmi un tantino, la non ci abbadi!--
E poi, gli uscivano dette, tra una strofa e l'altra, certe frasi di
colore oscuro, le quali non aveano nulla a strigare colle canzoni, nè
con ciò ch'egli andava facendo. Ed ella ad interrogarlo da capo, ma
senza cavarne un costrutto.
--È tempo di finirla!--aveva gridato Michele, proprio la sera innanzi,
in quella che stava in cucina a rigovernare il vasellame da tavola, e
non s'era addato della presenza della padroncina che passava lì
presso.
--Che cosa?--aveva chiesto Maria, fermandosi sull'uscio.
--Nulla, signorina. Parlavo da solo come fanno i matti.
--Non avete detto che è tempo di finirla?
--Ah sì, certo, gli è tempo. Se comandassi io...
--Da bravo, Michele! Sempre colla politica?
--Che vuole, signorina? Il dente batte.... cioè, la lingua duole....
insomma, dico che se comandassi io, la finirei senza tanti
discorsi.... Ma già, un giorno o l'altro, l'ha da venire, la resa dei
conti; e certi stancapopoli.... Ma basta, acqua in bocca; se no, esco
fuori dei gangheri.--
Questi discorsi non erano fatti, come i lettori argomentano, per
raffidare Maria; Maria che aveva notato la crescente tristezza di
Lorenzo; Maria che lo vedeva taciturno, chiuso in sè stesso, non
d'altro sollecito che di sviare il discorso quando ella si faceva a
chiedergli la cagione di quel suo umore malinconico; Maria infine che
talvolta pregava Michele a volerla aiutare per vincere quella ritrosia
di Lorenzo, e non otteneva altro da lui che diplomatici stringimenti
di labbra.
Però, argomentate come fosse grande il turbamento della giovinetta,
nella mattina del 29 giugno, allorquando Lorenzo fu uscito ed ella
passando rasente l'uscio della camera di lui, sentì odore di
bruciaticcio, ed entrata prontamente, vide ogni cosa sossopra,
minuzzoli di carta ammonticchiati nel cestino, rimasugli di lettere
arse in un angolo, le cassette del canterano mezzo aperte e quasi
vuote, le poche carte rimaste incolumi accuratamente raccolte e
legate, tutti i segni, infine, d'un lungo e paziente riordinamento,
che, per la sua novità, non le presagiva nulla di buono.
Il cuore della poverina batteva, batteva forte, come se fosse ad ogni
tratto per rompersi. Ella non giungeva a intendere le ragioni di
quella lunga e molesta fatica; ma indovinava che una assai grave
necessità l'avesse consigliata a Lorenzo.
Credete nei presentimenti? Noi sì, e abbiamo dalla nostra intelletti
fortissimi; tanto è vero che al mondo c'è di molte cose oscure
tuttavia, e non sempre la nuda ragione è norma ragionevole all'animale
che pensa. Ora la povera Maria, alla vista di tutti quegli
apprestamenti malinconici, sentì una stretta al cuore, che le diceva
esser quel giorno uno dei più gravi, forse il più grave, il più
triste, di tutta la sua vita!
Corse difilata da Michele; il quale, come la vide giungere con quel
piglio risoluto, fece atto di non aver occhi se non per le sue
faccende.
--Non mentite, Michele;--disse ella, guardandolo in faccia e
costringendolo a guardarla del pari,--voi sapete qualcosa.
--Io nulla, signorina, proprio nulla.
--Nulla! di che?
--Ma.... di quello che vorrà dir Lei;--ripigliò impacciato Michele.
--Guardatemi bene in viso, se potete!--soggiunse Maria.--Troppo presto
vi siete provato a negare. Stamane c'è qualcosa.
--Stamane? Oh no! che vuole Ella ci abbia ad essere stamane? Di
mattina fa un bel dormire per molti, e chi dorme non piglia pesci.
--Suvvia, Michele, non istate a celiare sulle parole. Oggi c'è
qualcosa di grave, e Lorenzo ci ha mano. Non mi dite di no; io so
tutto.
--O come?--esclamò il servitore, spalancando gli occhi le
braccia.--Egli le ha detto?...
--Ah! ci siete caduto?
--Come una bestia!--aggiunse mentalmente Michele.--Maledetta lingua!
Ma veda, signorina, io non so niente.... cioè.... qualcosa ci ha da
essere, ma ragazzate, cose da nulla; il signor Lorenzo c'entra come
c'entro io, che non c'entro affatto; gliene hanno parlato, ed egli ne
ha parlato con me.... Ma già, poi, non ne faranno niente....--
E voleva tirare innanzi su questa solfa; ma la signorina era diventata
pallida, si sentiva venir meno, e cadeva su d'una scranna, in quella
che colla mano tesa gli accennava di smettere quelle sue invenzioni.
Qui il povero servitore perde veramente la bussola.
--Si faccia animo, padroncina! Se il signor Lorenzo giunge a risapere
che mi son lasciato cavare il segreto di bocca, povero a me! Sono una
talpa; anzi peggio; una talpa si sarebbe avveduta di qualche cosa.
Animo, padroncina; non mi faccia quegli occhi!... La cosa non è grave
come Ella immagina; neanco il diavolo è così brutto come si
dipinge....
--Ditemi tutto, Michele!--gridò la fanciulla, afferrando le mani
callose del veterano.--Ditemi tutto, se non volete vedermi morire
d'angoscia!
--Oh, per l'anima di.... Morir lei! Ecco, le dirò ogni cosa; tanto ho
cominciato, e chi ha fatto il male faccia la penitenza.
Così preso l'aire, il buon Michele ci andò proprio di punta,
raccontando ogni cosa per filo e per segno a lei che stava ansiosa ad
udirlo; come per quella sera medesima tutti i volenterosi avessero
giurato di menar le mani, per metter Genova a tumulto, e così riuscir
d'aiuto efficace a Livorno, a Napoli e ad altre regioni della
penisola, le quali avevano da sollevarsi tutte, per farne una sola e
libera famiglia; come una parte dei congiurati dovessero muovere
all'assalto dei forti, altri impadronirsi del palazzo Ducale,
costringendo le poche soldatesche del presidio ad uscir fuori le mura
della città, altri piombar sulla Darsena, e ghermiti i legni da guerra
che erano in porto, dar opera sollecita ad una spedizione navale per
altre provincie italiane; e il resto in conseguenza. Ma Lorenzo?
chiedeva Maria. Lorenzo doveva capitanare un centinaio d'uomini pronti
ad ogni sbaraglio, quelli appunto che dovevano tentare il colpo dalla
parte del mare, a mala pena i forti principali fossero caduti in mano
del popolo; la qual cosa doveva accadere di prima sera, ed essere
annunziata da un colpo di cannone dall'alto del forte Sperone,
quindi....--
Quindi il discorso di Michele fu interrotto sul più bello da una
scampanellata all'uscio di casa.
--Poveri a noi!--gridò il servitore, balzando al suono
improvviso.--Questi è il signor Lorenzo. Se egli sa ch'io non ho
tenuta la lingua a segno, sono un uomo spacciato. Padroncina, mi
raccomando....--
La giovinetta lo raffidò con un gesto, e in quella ch'egli andava ad
aprir l'uscio, ella si ridusse nella sua camera da lavoro. Giunta
colà, si assise al suo deschetto, nel vano della finestra, e tolse tra
mani il suo ricamo; ma la poverina, era cosiffattamente fuori di sè,
che non potè mettere un punto, e rimase colla mussolina tra le dita,
le braccia prosciolte sulle ginocchia, gli occhi sbarrati, immobile
come una statua.
Pochi minuti dopo, Lorenzo entrava nella camera della fanciulla, colle
labbra composte a sorriso. Maria non si addiede di quel sorriso, tanto
era turbata; ma ben s'avvide Lorenzo del turbamento di lei, e il
sorriso col quale s'era studiato d'ingannarla, scomparve d'un subito,
cedendo il luogo alla consueta mestizia.
--Maria,--diss'egli avvicinandosi,--oggi sono a pranzo fuori....--
Voleva aggiungere: con l'Assereto; ma non ardì. Al primo vederla,
aveva rapidamente, quasi istintivamente, capito che quello non era
tempo da mendicar pretesti, sibbene da disporsi a gravi ragionamenti,
con schiette ed aperte parole.
--Lo so;--aveva risposto la giovinetta, crollando lievemente il capo e
senza alzar gli occhi verso Lorenzo.
--Come?... sapevate....
--So tutto, io.
--Ah! Michele ha parlato....
--No, non accusate il povero Michele. Ho indovinato, la mercè di
questo (e accennava il cuore) che non mi ha ingannata mai. Ditemi ora,
Lorenzo, quali sono le vostre speranze? che cosa pensate di fare?--
Il giovine, andato a sedersi su d'una scranna di rincontro alla
parete, rimase taciturno guardando il pavimento. La fanciulla non
udendo risposta alla sua domanda, incalzò:
--Voi non siete uso a mentire, Lorenzo, fratello mio; vi ho udito
sempre a dire la verità, anche se dovesse tornarvi a danno. Parlate
dunque; sperate di esser utile alla patria vostra, con ciò che
tentate?
--No!--rispose asciuttamente, dopo una breve pausa, il giovine
Salvani, senza alzar gli occhi da terra.
--No, voi dite? E allora, perchè tentate?--L'interrogazione della
fanciulla, ricisa, diritta, sibilò come uno strale all'orecchio di
Lorenzo. Tremò egli, ma non rispose parola, disponendosi a sviare il
discorso.
--Non parliamo di me!--disse poscia,--parliamo di voi. Stamane,
rassettando le mie carte, ho dovuto aprire la cassettina d'ebano, e
leggere il segreto de' vostri natali. Nè avrei dovuto ragionarvene io,
sibbene un altro, stasera o dimani; cioè a dire Aloise di Montalto....
vostro cugino.
--Che dite voi mai?--proruppe Maria, lasciando cadere il ricamo che
aveva tra le mani sospeso.
--Sì, vostro padre era un Montalto. Vostra madre, povera donna, ha
molto patito, o Maria. Ella vive; è libera, ora, e padrona di sè;
quando conoscerà la sua figliuola da tanti anni perduta, l'amerà,
l'amerà!--
La sospensione che s'era fatta nell'animo di Maria alle prime parole
di Lorenzo, cessò tutto ad un tratto. Un altro pensiero, più grave,
più urgente, le ingombrava lo spirito.
--E perchè avete aperta la cassettina?--dimandò ella, piantando gli
occhi in viso a Lorenzo.
--Perchè.... perchè non potevo lasciarvi, o Maria, senza prima aver
provveduto ai casi vostri.
--Ai casi miei! è presto provveduto,--soggiunse ella, con accento di
profonda intenzione.--La mia sorte non si dipartirà dalla vostra.
Senza voi, senza la casa vostra, che sarebb'egli avvenuto della povera
bambina?... Ricordo,--proseguì con tono solenne,--ricordo i primi anni
della mia infanzia, e un uomo dai capegli neri, dal viso pallido e
severo, che mi teneva sulle sue ginocchia, e mi baciava e piangeva, ed
io, aggrappandomi a lui, gli gridavo: «babbo, non piangere!» Vedete,
Lorenzo, questo ricordo d'infanzia era il mio segreto, il mio unico
segreto, che ho custodito gelosamente dentro di me, senza mai farne
parola ad alcuno; un ricordo che spesso mi assaliva, e che, fatta più
grandicella, mi stemperava in lagrime, nella solitudine della mia
cameretta. Ricordo altresì che fui posta un giorno, non so il come nè
il quando, in compagnia d'una vecchia dama, e che io dimandavo del
babbo e piangevo. Ella mi rispose che mio padre era in cielo, e
m'insegnò a giungere le mani, e a pregare per lui. Io non so molte
orazioni; ma questa preghiera non l'ho mai dimenticata. Da quel tempo,
ogni mattina, ogni sera, ho giunte le mani ed ho pensato a mio padre,
la cui faccia pallida, severa, lagrimosa, mi stava davanti agli occhi.
Poi, venne un signore che sulle prime mi parve mio padre, e rammento
che corsi ad abbracciargli le ginocchia, chiamandolo babbo.--Sì,
bambina, chiamami con questo nome!--mi disse egli con una voce soave,
che voi conoscete, o Lorenzo;--d'ora innanzi io sarò veramente tuo
padre.--E andai con lui di buon grado, come se lo avessi conosciuto ed
amato da un pezzo. Ed egli mi fu padre davvero, e mi diede anche una
madre; la vostra; quell'angelica donna, sulla tomba della quale egli è
andato a morire, amante disperato; accanto alla quale egli riposa, da
due anni, nel camposanto di Montobbio. Perdonatemi, Lorenzo, se io
turbo l'anima vostra con queste dolorose ricordanze. Esse sono, come
per voi, sacrosante per me; ho vissuta la vostra medesima vita; sono
cosa vostra, io, e i vostri son miei. Così ha voluto il cielo; così
voglio pur io. Il passato non si distrugge, Lorenzo; esso è la catena
che ci lega al futuro. Una nuova famiglia! Una madre che mi amerà!...
Ma io l'ho avuta, una madre; ed era Luisa Salvani. La nuova, di cui mi
parlate, mi darà essa un fratello? Mi darà essa colui che correva gaio
al mio fianco? colui che bambina mi baloccava colle sue arti
fanciullesche? colui che più tardi ha patito per me e con me? colui
che fu la mia guida, la mia salvezza, la mia vita? Andate, Lorenzo;
fate ciò che vi consiglia il cuor vostro; ma non chiedete a Maria di
strapparsi il cuore dal petto, e di vivere, quando tutto il passato,
tutto il suo dolce passato, dintorno a lei fosse morto!--
E pronunziate queste ultime parole, la povera fanciulla diede in uno
scoppio di pianto. Lorenzo Salvani pallido, ansante, non aveva potuto
interromperla; non sapeva che risponderle. L'animo suo durava una
guerra la quale ai lettori sarà più facile argomentare, che non a noi
raccontare.
--Maria! Maria!--gridò egli perduto.--voi mi straziate l'anima con
queste parole. Abbiate pietà di me, ve ne supplico. Lorenzo, il vostro
povero fratello, non è più buono a nulla su questa terra. Non vedete?
Il destino mi perseguita, m'incalza; la mia vita è senza luce di
allegrezza presente, senza un barlume di speranza lontana. Ella è buia
buia, paurosa, come un sogno d'infermo, trabalzato senza posa di
dolore in dolore, di sgomento in sgomento. Siate pietosa, o Maria, a
un uomo il quale non ha più coscienza di sè; lasciate che il mio fato
si compia!
--Quanto dolore. Dio santo!--proruppe Maria in un impeto di angoscia
prepotente, suprema, che le tolse ogni misura, ogni rispetto di
sè:--quanto dolore, per una donna che non vi ama! Ma che ho fatto io a
quella donna, perchè ella abbia da uccidermi in tal guisa?--
Sussultò Lorenzo a quelle parole, che il soverchio dell'amarezza
dettava a Maria; ma egli era tuttavia lontano dallo intenderne il
perchè.
--V'ingannate, sorella;--rispose con accento sicuro;--io non amo
quella donna che voi dite: non la ricordo nemmeno.
--Giuratelo!
--Per tutto quanto ho di più sacro al mondo; per la memoria venerata
dei miei parenti, che voi avete invocata testè, per voi medesima, lo
giuro; quella donna mi ha fatto del male, ma da gran tempo io la ho
dimenticata, e dimenticati i dolori che mi vennero da lei; ella ora è
per me come non fosse vissuta mai.
--E perchè dunque volete morire? Perchè,--soggiunse con piglio
deliberato la fanciulla,--io vi ho inteso, Lorenzo. Voi avete dato
sesto a tutte le cose vostre, come un uomo che si dispone ad uscire di
vita. Perchè dunque volete morire?
--Perchè? Ve l'ho detto. Perchè la vita m'è in uggia, non potendo io
quind'innanzi esser utile ad alcuno; perchè v'hanno nella vita gradi
di decadenza, sotto i quali non c'è più altro che l'abbiettezza;
momenti in cui il soffrire pazienti, il volere aggrapparsi
all'esistenza, sarebbe viltà senza pari. Voi siete giovine, bella,
soave; voi dovete essere felice, se Dio è giusto con anima nata.
Perduto me, non rimarrete già sola; che anzi, rotto il legame di una
oscura e turpe miseria, il segreto svelato dei vostri natali vi
condurrà ad un'altra e più lieta, quanto più vera famiglia; dove sarà
altissimo conforto alla mia tomba se ricorderete con memore affetto i
Salvani, e penserete che valevano assai più del loro miserando
destino; dove, povera colomba raccolta finalmente sotto l'ala materna,
riposerete le membra e lo spirito affaticato dal turbine che vi aveva
divelta dal nido. Ora sapete tutto, Maria; lasciate che il vostro
fratello di adozione se ne vada con Dio, a cercare egli pure, ma in
una mareggiata di sangue, il riposo che non ha avuto e che non
potrebbe trovare sulla terra.--
In quella che Lorenzo parlava, il volto della giovinetta si andava
facendo cupo sotto l'impressione d'un fiero disegno, come il mare
s'infosca sotto il riflesso di un temporale che si addensi nell'aria.
--Andate, Lorenzo;--diss'ella con voce lenta ma risoluta, mentre si
alzava dalla scranna, quasi volesse rendere le sue parole più solenni
col gesto;--andate a cercar quella morte che vi è tanto cara. Io
pregherò per voi, quando uscirete di qui: vi aspetterò fino a domani,
e poi, ve lo giuro innanzi a Dio che ci ascolta, vi seguirò nella
morte.
--Ma voi....--soggiunse titubante Lorenzo:--voi avete una madre....
--Che importa,--gridò la fanciulla (e così parlando apparve come
trasfigurata agli occhi di lui)--se non avrò più voi sulla terra, voi,
Lorenzo, mio sole, mia luce, mia vita?
--Maria!... Maria!...--esclamò il giovine, balzando in piedi a sua
volta, e guardandola in viso trasognato, come uomo che non sa se debba
aggiustar fede a' suoi sensi medesimi.
La fanciulla sostenne animosa lo sguardo, quasi volesse dirgli ch'egli
si apponeva al vero, e, quantunque il volto fosse tutto una fiamma,
proseguì con sublime ardimento:
--Orbene, morite adesso, se vi dà l'animo di farlo, e uccidete me
pure. Io v'ho detto ogni cosa.--
Fatta questa confessione, si mosse dignitosa come una regina, per
uscir dalla camera.
Lorenzo rimaneva tuttavia al suo posto, incerto, quasi istupidito, a
guardarla; ma come la vide già presso l'uscio, mosso da uno di que'
pensieri che, ratti a guisa d'un lampo, illuminano d'un guizzo i più
oscuri recessi dell'anima umana, non corse, precipitò a' suoi piedi,
le afferrò la mano e la baciò.
--Vi amo. Maria, vi amo!--
Qual foste allora, o divina fanciulla, e che arcano struggimento fu
quello del vostro nobilissimo cuore, quando udì, diciam male, quando
bevve la confessione dell'uomo diletto? Come v'hanno parole che
tolgono, così ve n'hanno altre che dànno la vita.
Pallida in quel momento quanto s'era fatta rossa dapprima, ansante,
tremebonda, chinò gli occhi a guardarlo. Nuovo, insolito, era lo stato
dell'animo, com'era insolito e nuovo quello stato di cose tra essi,
vissuti fino a quel giorno nella inesplorata tranquillità di un
affetto fraterno. La faccia del giovine era rivolta a lei, e lo
sguardo fiso, fiammante, le diceva, le ripeteva «vi amo» dimostrandole
che un amore profondo, immenso, era balzato fuori, aveva rotta ed
invasa quella calma superficie della tenerezza fraterna, in quella
medesima guisa che dagli occhi e dalle parole di lei, in un momento di
angoscia suprema, erasi sprigionato il suo, con tutto l'impeto di un
vergine cuore. E il capo di Maria si chinò allora sul capo di Lorenzo,
e le sue labbra attratte da un'arcana virtù, sfiorarono i capegli
dell'amato.
--E adesso andrete, Lorenzo, poichè avete promesso....
--Andrò.... andrò.... ma non ho più nessuna voglia di morire.--
FINE DEL PRIMO VOLUME.
perdoni questa diserzione della custodia che m'aveva affidato mio
padre; ed ella, e voi, e l'Assereto, amate un pochino la memoria del
vostro, infelice ma non immemore,
«LORENZO SALVANI.»
Ciò scritto, rasciugò due lagrime che erano venute fuori ad
offuscargli la vista; chiuse il foglio nella sopraccarta, e vi scrisse
sopra:
«_Al marchese Aloise di Montalto. Sue mani._»
In quel mentre, capitava sull'uscio dello studio il Pietrasanta, già
vestito a mezzo, anzi per due terzi, poichè aveva già fatto il nodo
della cravatta, opera capitale nella acconciatura d'uno zerbinotto par
suo.
--Così presto?--chiese Lorenzo.
--O che, credete ch'io non sappia fare alla svelta, quando occorre?
Son venuto in maniche di camicia, temendo che aveste già finito da un
pezzo e vi annoiaste ad attendermi.
--No; appunto ora ho finito di scrivere.
--Tanto meglio. Venite dunque; metto la corazza, il sorcotto, e il
cimiero, e sono ai vostri comandi.--
La corazza era il panciotto, come i lettori avranno già indovinato; il
sorcotto era una attillata giacca di velluto; il cimiero un cappellino
di paglia, fasciato d'una larga fettuccia nera, i cui capi pendevano
svolazzanti fuor della tesa, ma non tanto da nascondere la
discriminatura delle chiome, che scendeva diritta e sottile fino al
basso della nuca.
Come si fu vestito di tutto punto, prese dalle mani del servitore la
sua mazzetta di giunco indiano, col pomo d'argento, e il fazzoletto
imbevuto d'acque odorose; quindi dalle mani dell'amico la lettera, che
ripose accuratamente nel portafoglio, ed ambedue uscirono sulle scale.
Giù nel portico era già la carrozza ad attendere, col suo cocchiere
gallonato a cassetta, collo staffiere allo smontatoio, e una coppia di
cavalli rovani che scalpitavano, aspettando il segnale del loro
automedonte.
--A rivederci, dunque, se non venite anche voi per un tratto di strada
con me.
--No, debbo scendere verso Banchi; a rivederci, e grazie!
--Che! che! faccio un po' di moto. A stasera, Salvani.
--Stasera!--ripetè macchinalmente Lorenzo. E fatto un ultimo saluto
all'amico, se ne andò pedestre verso una delle strade inferiori della
città.
--Eccellenza, dove si va?--chiese lo staffiere che era salito a
cassetta, daccanto al cocchiere.
--Veh che bestia! Io, s'intende, non tu! A Quinto, villa Vivaldi; e di
buon trotto!--
XXXVIII.
"Amor che a nullo amato amar perdona".
Fornita quella importantissima bisogna, Lorenzo Salvani aveva da
tornare a casa, sebbene per pochi minuti. Quel giorno egli fingeva di
dover contentare l'amico Assereto, facendo una scampagnata con lui, e
non gli rimaneva più altro a fare che accennar la cosa a Maria, perchè
non avesse da attenderlo per desinare.
Il pensiero della fanciulla era l'unico rimorso che avesse in cuore
Lorenzo. Quando l'angelico sembiante di Maria gli si parava dinanzi
agli occhi della mente, egli bene intendeva che il suo disegno, in
apparenza così generoso e tale da meritargli lode e rimpianto presso
l'universale, era un delitto bello e buono al cospetto della sua
coscienza, ch'egli non poteva ingannare. Ed erano allora combattimenti
feroci nell'anima sua travagliata.--Ma, infine, dovrò io vivere a
questo modo? Sarò io incatenato, come Prometeo, alla rupe
dell'esistenza, col rostro dell'avvoltoio nel cuore, e senza il
conforto di tornar utile in alcuna maniera ad anima nata?--
Quella mattina, un poco di calma gli era pur derivato, non sapremmo se
più dalla istessa vicinanza della catastrofe, o dal pensiero di aver
provveduto, come si poteva meglio, al futuro.
--Vivo,--pensava egli, in quella che uscito dal palazzo Pietrasanta si
avviava al basso della città,--non tornavo di alcun giovamento a lei.
Morto io, conosciuto l'arcano de' suoi nascimenti, un nobil parente,
se non forse sua madre medesima, oggi vedova, ricca e padrona di sè,
avrà cura di lei, tergerà facilmente le lagrime che la perdita di un
fratello d'adozione potrà farle versare. Animo, dunque; ciò che
importa oggi, è di vederla un'ultima volta, senza balenare; di poter
uscire da capo, senza che ella s'insospettisca di nulla.--
Sicuro; andar tranquillamente a casa, annunziare a Maria che quel
giorno egli desinava fuori, star dieci minuti a ragionar di cose da
nulla, uscire da capo e buona notte; questo era il disegno, facile a
concepirsi, facile a mandarsi ad effetto, tranne i casi imprevisti, od
una di quelle cose da nulla, che conducono i casi a farne qualcuna
delle loro, come spesso interviene.
Le cose da nulla c'erano, e attendevano in casa sua l'inconscio
Salvani.
I nostri lettori non ignorano che il servo Michele era nel segreto
della congiura, e rammentano certamente il suo dialogo col Bello
nell'osteria della Piccina, nel qual dialogo s'eran fatte allusioni
parecchie all'impresa, e alla parte che ci aveva da prendere Lorenzo.
Queste cose. Michele non le sapeva soltanto dal Bello, ma dal suo
padrone medesimo, il quale non avrebbe onestamente potuto tacerne a
quel vecchio commilitone di suo padre, legionario d'America e veterano
di Roma. Michele, sebbene in umilissimo stato, era quel che oggi si
direbbe un uomo politico; e Lorenzo Salvani, se non era andato
tant'oltre da lasciargli intendere che cosa aspettasse per sè dallo
scoppio della congiura, aveva pur dovuto chiarire al suo fidato,
com'egli ci fosse a capo fitto, per riuscire a raccomandargli di star
zitto in casa, ed altresì a persuaderlo che volesse tenersi quella
sera in disparte, per custodire la signorina Maria.
A questo non s'era piegato agevolmente il vecchio servitore, Le mani
gli pizzicavano anche a lui, e un po' di governo provvisorio fatto con
quelle sue mani, gli sarebbe parso doppiamente gustoso. Ma Lorenzo gli
aveva dipinto con tanto vivi colori il pericolo di lasciar sola in
casa Maria, e lo sgomento naturalissimo della fanciulla quando ella
avesse udito far le schioppettate per le vie, che Michele, il quale
amava la signorina quanto il signorino, anzi quanto l'Italia e la
repubblica insieme, s'era finalmente rassegnato; e dopo aver promesso
di starsene colle mani in tasca, aveva anche giurato di tenersi la
lingua tra i denti, per non spaventare innanzi tempo la sua
padroncina.
Aveva giurato, diciamo; ma serbava il giuramento a modo suo, sebbene
colle migliori intenzioni del mondo, e col più saldo proponimento di
non mettere la fanciulla in sospetto. Figuratevi che da parecchi
giorni, in casa, mentre accudiva alle sue faccende, non faceva altro
che canticchiare le canzoncine spagnuole. Ora, per Maria era segno di
guerra, quando Michele cantava spagnuolo, e segno di guerra grossa,
imminente, quando erano canzoni di genere gaio e soave. Michele
somigliava in ciò a quel gran capitano che soleva dissimulare la
gravità dei suoi disegni con qualche facile cantilena mormorata tra'
denti. E più Michele era internamente agitato, più dava nell'arcadico;
più era grave il sopraccapo, più gaia la canzone.
Già due o tre volte nei giorni precedenti la giovinetta aveva chiesto
a Michele che cosa volessero dire quelle sue insolite riprese di canto
spagnuolo.
--Nulla, nulla!--aveva risposto il servitore con aria
impacciata.--Canto per distrarmi un tantino, la non ci abbadi!--
E poi, gli uscivano dette, tra una strofa e l'altra, certe frasi di
colore oscuro, le quali non aveano nulla a strigare colle canzoni, nè
con ciò ch'egli andava facendo. Ed ella ad interrogarlo da capo, ma
senza cavarne un costrutto.
--È tempo di finirla!--aveva gridato Michele, proprio la sera innanzi,
in quella che stava in cucina a rigovernare il vasellame da tavola, e
non s'era addato della presenza della padroncina che passava lì
presso.
--Che cosa?--aveva chiesto Maria, fermandosi sull'uscio.
--Nulla, signorina. Parlavo da solo come fanno i matti.
--Non avete detto che è tempo di finirla?
--Ah sì, certo, gli è tempo. Se comandassi io...
--Da bravo, Michele! Sempre colla politica?
--Che vuole, signorina? Il dente batte.... cioè, la lingua duole....
insomma, dico che se comandassi io, la finirei senza tanti
discorsi.... Ma già, un giorno o l'altro, l'ha da venire, la resa dei
conti; e certi stancapopoli.... Ma basta, acqua in bocca; se no, esco
fuori dei gangheri.--
Questi discorsi non erano fatti, come i lettori argomentano, per
raffidare Maria; Maria che aveva notato la crescente tristezza di
Lorenzo; Maria che lo vedeva taciturno, chiuso in sè stesso, non
d'altro sollecito che di sviare il discorso quando ella si faceva a
chiedergli la cagione di quel suo umore malinconico; Maria infine che
talvolta pregava Michele a volerla aiutare per vincere quella ritrosia
di Lorenzo, e non otteneva altro da lui che diplomatici stringimenti
di labbra.
Però, argomentate come fosse grande il turbamento della giovinetta,
nella mattina del 29 giugno, allorquando Lorenzo fu uscito ed ella
passando rasente l'uscio della camera di lui, sentì odore di
bruciaticcio, ed entrata prontamente, vide ogni cosa sossopra,
minuzzoli di carta ammonticchiati nel cestino, rimasugli di lettere
arse in un angolo, le cassette del canterano mezzo aperte e quasi
vuote, le poche carte rimaste incolumi accuratamente raccolte e
legate, tutti i segni, infine, d'un lungo e paziente riordinamento,
che, per la sua novità, non le presagiva nulla di buono.
Il cuore della poverina batteva, batteva forte, come se fosse ad ogni
tratto per rompersi. Ella non giungeva a intendere le ragioni di
quella lunga e molesta fatica; ma indovinava che una assai grave
necessità l'avesse consigliata a Lorenzo.
Credete nei presentimenti? Noi sì, e abbiamo dalla nostra intelletti
fortissimi; tanto è vero che al mondo c'è di molte cose oscure
tuttavia, e non sempre la nuda ragione è norma ragionevole all'animale
che pensa. Ora la povera Maria, alla vista di tutti quegli
apprestamenti malinconici, sentì una stretta al cuore, che le diceva
esser quel giorno uno dei più gravi, forse il più grave, il più
triste, di tutta la sua vita!
Corse difilata da Michele; il quale, come la vide giungere con quel
piglio risoluto, fece atto di non aver occhi se non per le sue
faccende.
--Non mentite, Michele;--disse ella, guardandolo in faccia e
costringendolo a guardarla del pari,--voi sapete qualcosa.
--Io nulla, signorina, proprio nulla.
--Nulla! di che?
--Ma.... di quello che vorrà dir Lei;--ripigliò impacciato Michele.
--Guardatemi bene in viso, se potete!--soggiunse Maria.--Troppo presto
vi siete provato a negare. Stamane c'è qualcosa.
--Stamane? Oh no! che vuole Ella ci abbia ad essere stamane? Di
mattina fa un bel dormire per molti, e chi dorme non piglia pesci.
--Suvvia, Michele, non istate a celiare sulle parole. Oggi c'è
qualcosa di grave, e Lorenzo ci ha mano. Non mi dite di no; io so
tutto.
--O come?--esclamò il servitore, spalancando gli occhi le
braccia.--Egli le ha detto?...
--Ah! ci siete caduto?
--Come una bestia!--aggiunse mentalmente Michele.--Maledetta lingua!
Ma veda, signorina, io non so niente.... cioè.... qualcosa ci ha da
essere, ma ragazzate, cose da nulla; il signor Lorenzo c'entra come
c'entro io, che non c'entro affatto; gliene hanno parlato, ed egli ne
ha parlato con me.... Ma già, poi, non ne faranno niente....--
E voleva tirare innanzi su questa solfa; ma la signorina era diventata
pallida, si sentiva venir meno, e cadeva su d'una scranna, in quella
che colla mano tesa gli accennava di smettere quelle sue invenzioni.
Qui il povero servitore perde veramente la bussola.
--Si faccia animo, padroncina! Se il signor Lorenzo giunge a risapere
che mi son lasciato cavare il segreto di bocca, povero a me! Sono una
talpa; anzi peggio; una talpa si sarebbe avveduta di qualche cosa.
Animo, padroncina; non mi faccia quegli occhi!... La cosa non è grave
come Ella immagina; neanco il diavolo è così brutto come si
dipinge....
--Ditemi tutto, Michele!--gridò la fanciulla, afferrando le mani
callose del veterano.--Ditemi tutto, se non volete vedermi morire
d'angoscia!
--Oh, per l'anima di.... Morir lei! Ecco, le dirò ogni cosa; tanto ho
cominciato, e chi ha fatto il male faccia la penitenza.
Così preso l'aire, il buon Michele ci andò proprio di punta,
raccontando ogni cosa per filo e per segno a lei che stava ansiosa ad
udirlo; come per quella sera medesima tutti i volenterosi avessero
giurato di menar le mani, per metter Genova a tumulto, e così riuscir
d'aiuto efficace a Livorno, a Napoli e ad altre regioni della
penisola, le quali avevano da sollevarsi tutte, per farne una sola e
libera famiglia; come una parte dei congiurati dovessero muovere
all'assalto dei forti, altri impadronirsi del palazzo Ducale,
costringendo le poche soldatesche del presidio ad uscir fuori le mura
della città, altri piombar sulla Darsena, e ghermiti i legni da guerra
che erano in porto, dar opera sollecita ad una spedizione navale per
altre provincie italiane; e il resto in conseguenza. Ma Lorenzo?
chiedeva Maria. Lorenzo doveva capitanare un centinaio d'uomini pronti
ad ogni sbaraglio, quelli appunto che dovevano tentare il colpo dalla
parte del mare, a mala pena i forti principali fossero caduti in mano
del popolo; la qual cosa doveva accadere di prima sera, ed essere
annunziata da un colpo di cannone dall'alto del forte Sperone,
quindi....--
Quindi il discorso di Michele fu interrotto sul più bello da una
scampanellata all'uscio di casa.
--Poveri a noi!--gridò il servitore, balzando al suono
improvviso.--Questi è il signor Lorenzo. Se egli sa ch'io non ho
tenuta la lingua a segno, sono un uomo spacciato. Padroncina, mi
raccomando....--
La giovinetta lo raffidò con un gesto, e in quella ch'egli andava ad
aprir l'uscio, ella si ridusse nella sua camera da lavoro. Giunta
colà, si assise al suo deschetto, nel vano della finestra, e tolse tra
mani il suo ricamo; ma la poverina, era cosiffattamente fuori di sè,
che non potè mettere un punto, e rimase colla mussolina tra le dita,
le braccia prosciolte sulle ginocchia, gli occhi sbarrati, immobile
come una statua.
Pochi minuti dopo, Lorenzo entrava nella camera della fanciulla, colle
labbra composte a sorriso. Maria non si addiede di quel sorriso, tanto
era turbata; ma ben s'avvide Lorenzo del turbamento di lei, e il
sorriso col quale s'era studiato d'ingannarla, scomparve d'un subito,
cedendo il luogo alla consueta mestizia.
--Maria,--diss'egli avvicinandosi,--oggi sono a pranzo fuori....--
Voleva aggiungere: con l'Assereto; ma non ardì. Al primo vederla,
aveva rapidamente, quasi istintivamente, capito che quello non era
tempo da mendicar pretesti, sibbene da disporsi a gravi ragionamenti,
con schiette ed aperte parole.
--Lo so;--aveva risposto la giovinetta, crollando lievemente il capo e
senza alzar gli occhi verso Lorenzo.
--Come?... sapevate....
--So tutto, io.
--Ah! Michele ha parlato....
--No, non accusate il povero Michele. Ho indovinato, la mercè di
questo (e accennava il cuore) che non mi ha ingannata mai. Ditemi ora,
Lorenzo, quali sono le vostre speranze? che cosa pensate di fare?--
Il giovine, andato a sedersi su d'una scranna di rincontro alla
parete, rimase taciturno guardando il pavimento. La fanciulla non
udendo risposta alla sua domanda, incalzò:
--Voi non siete uso a mentire, Lorenzo, fratello mio; vi ho udito
sempre a dire la verità, anche se dovesse tornarvi a danno. Parlate
dunque; sperate di esser utile alla patria vostra, con ciò che
tentate?
--No!--rispose asciuttamente, dopo una breve pausa, il giovine
Salvani, senza alzar gli occhi da terra.
--No, voi dite? E allora, perchè tentate?--L'interrogazione della
fanciulla, ricisa, diritta, sibilò come uno strale all'orecchio di
Lorenzo. Tremò egli, ma non rispose parola, disponendosi a sviare il
discorso.
--Non parliamo di me!--disse poscia,--parliamo di voi. Stamane,
rassettando le mie carte, ho dovuto aprire la cassettina d'ebano, e
leggere il segreto de' vostri natali. Nè avrei dovuto ragionarvene io,
sibbene un altro, stasera o dimani; cioè a dire Aloise di Montalto....
vostro cugino.
--Che dite voi mai?--proruppe Maria, lasciando cadere il ricamo che
aveva tra le mani sospeso.
--Sì, vostro padre era un Montalto. Vostra madre, povera donna, ha
molto patito, o Maria. Ella vive; è libera, ora, e padrona di sè;
quando conoscerà la sua figliuola da tanti anni perduta, l'amerà,
l'amerà!--
La sospensione che s'era fatta nell'animo di Maria alle prime parole
di Lorenzo, cessò tutto ad un tratto. Un altro pensiero, più grave,
più urgente, le ingombrava lo spirito.
--E perchè avete aperta la cassettina?--dimandò ella, piantando gli
occhi in viso a Lorenzo.
--Perchè.... perchè non potevo lasciarvi, o Maria, senza prima aver
provveduto ai casi vostri.
--Ai casi miei! è presto provveduto,--soggiunse ella, con accento di
profonda intenzione.--La mia sorte non si dipartirà dalla vostra.
Senza voi, senza la casa vostra, che sarebb'egli avvenuto della povera
bambina?... Ricordo,--proseguì con tono solenne,--ricordo i primi anni
della mia infanzia, e un uomo dai capegli neri, dal viso pallido e
severo, che mi teneva sulle sue ginocchia, e mi baciava e piangeva, ed
io, aggrappandomi a lui, gli gridavo: «babbo, non piangere!» Vedete,
Lorenzo, questo ricordo d'infanzia era il mio segreto, il mio unico
segreto, che ho custodito gelosamente dentro di me, senza mai farne
parola ad alcuno; un ricordo che spesso mi assaliva, e che, fatta più
grandicella, mi stemperava in lagrime, nella solitudine della mia
cameretta. Ricordo altresì che fui posta un giorno, non so il come nè
il quando, in compagnia d'una vecchia dama, e che io dimandavo del
babbo e piangevo. Ella mi rispose che mio padre era in cielo, e
m'insegnò a giungere le mani, e a pregare per lui. Io non so molte
orazioni; ma questa preghiera non l'ho mai dimenticata. Da quel tempo,
ogni mattina, ogni sera, ho giunte le mani ed ho pensato a mio padre,
la cui faccia pallida, severa, lagrimosa, mi stava davanti agli occhi.
Poi, venne un signore che sulle prime mi parve mio padre, e rammento
che corsi ad abbracciargli le ginocchia, chiamandolo babbo.--Sì,
bambina, chiamami con questo nome!--mi disse egli con una voce soave,
che voi conoscete, o Lorenzo;--d'ora innanzi io sarò veramente tuo
padre.--E andai con lui di buon grado, come se lo avessi conosciuto ed
amato da un pezzo. Ed egli mi fu padre davvero, e mi diede anche una
madre; la vostra; quell'angelica donna, sulla tomba della quale egli è
andato a morire, amante disperato; accanto alla quale egli riposa, da
due anni, nel camposanto di Montobbio. Perdonatemi, Lorenzo, se io
turbo l'anima vostra con queste dolorose ricordanze. Esse sono, come
per voi, sacrosante per me; ho vissuta la vostra medesima vita; sono
cosa vostra, io, e i vostri son miei. Così ha voluto il cielo; così
voglio pur io. Il passato non si distrugge, Lorenzo; esso è la catena
che ci lega al futuro. Una nuova famiglia! Una madre che mi amerà!...
Ma io l'ho avuta, una madre; ed era Luisa Salvani. La nuova, di cui mi
parlate, mi darà essa un fratello? Mi darà essa colui che correva gaio
al mio fianco? colui che bambina mi baloccava colle sue arti
fanciullesche? colui che più tardi ha patito per me e con me? colui
che fu la mia guida, la mia salvezza, la mia vita? Andate, Lorenzo;
fate ciò che vi consiglia il cuor vostro; ma non chiedete a Maria di
strapparsi il cuore dal petto, e di vivere, quando tutto il passato,
tutto il suo dolce passato, dintorno a lei fosse morto!--
E pronunziate queste ultime parole, la povera fanciulla diede in uno
scoppio di pianto. Lorenzo Salvani pallido, ansante, non aveva potuto
interromperla; non sapeva che risponderle. L'animo suo durava una
guerra la quale ai lettori sarà più facile argomentare, che non a noi
raccontare.
--Maria! Maria!--gridò egli perduto.--voi mi straziate l'anima con
queste parole. Abbiate pietà di me, ve ne supplico. Lorenzo, il vostro
povero fratello, non è più buono a nulla su questa terra. Non vedete?
Il destino mi perseguita, m'incalza; la mia vita è senza luce di
allegrezza presente, senza un barlume di speranza lontana. Ella è buia
buia, paurosa, come un sogno d'infermo, trabalzato senza posa di
dolore in dolore, di sgomento in sgomento. Siate pietosa, o Maria, a
un uomo il quale non ha più coscienza di sè; lasciate che il mio fato
si compia!
--Quanto dolore. Dio santo!--proruppe Maria in un impeto di angoscia
prepotente, suprema, che le tolse ogni misura, ogni rispetto di
sè:--quanto dolore, per una donna che non vi ama! Ma che ho fatto io a
quella donna, perchè ella abbia da uccidermi in tal guisa?--
Sussultò Lorenzo a quelle parole, che il soverchio dell'amarezza
dettava a Maria; ma egli era tuttavia lontano dallo intenderne il
perchè.
--V'ingannate, sorella;--rispose con accento sicuro;--io non amo
quella donna che voi dite: non la ricordo nemmeno.
--Giuratelo!
--Per tutto quanto ho di più sacro al mondo; per la memoria venerata
dei miei parenti, che voi avete invocata testè, per voi medesima, lo
giuro; quella donna mi ha fatto del male, ma da gran tempo io la ho
dimenticata, e dimenticati i dolori che mi vennero da lei; ella ora è
per me come non fosse vissuta mai.
--E perchè dunque volete morire? Perchè,--soggiunse con piglio
deliberato la fanciulla,--io vi ho inteso, Lorenzo. Voi avete dato
sesto a tutte le cose vostre, come un uomo che si dispone ad uscire di
vita. Perchè dunque volete morire?
--Perchè? Ve l'ho detto. Perchè la vita m'è in uggia, non potendo io
quind'innanzi esser utile ad alcuno; perchè v'hanno nella vita gradi
di decadenza, sotto i quali non c'è più altro che l'abbiettezza;
momenti in cui il soffrire pazienti, il volere aggrapparsi
all'esistenza, sarebbe viltà senza pari. Voi siete giovine, bella,
soave; voi dovete essere felice, se Dio è giusto con anima nata.
Perduto me, non rimarrete già sola; che anzi, rotto il legame di una
oscura e turpe miseria, il segreto svelato dei vostri natali vi
condurrà ad un'altra e più lieta, quanto più vera famiglia; dove sarà
altissimo conforto alla mia tomba se ricorderete con memore affetto i
Salvani, e penserete che valevano assai più del loro miserando
destino; dove, povera colomba raccolta finalmente sotto l'ala materna,
riposerete le membra e lo spirito affaticato dal turbine che vi aveva
divelta dal nido. Ora sapete tutto, Maria; lasciate che il vostro
fratello di adozione se ne vada con Dio, a cercare egli pure, ma in
una mareggiata di sangue, il riposo che non ha avuto e che non
potrebbe trovare sulla terra.--
In quella che Lorenzo parlava, il volto della giovinetta si andava
facendo cupo sotto l'impressione d'un fiero disegno, come il mare
s'infosca sotto il riflesso di un temporale che si addensi nell'aria.
--Andate, Lorenzo;--diss'ella con voce lenta ma risoluta, mentre si
alzava dalla scranna, quasi volesse rendere le sue parole più solenni
col gesto;--andate a cercar quella morte che vi è tanto cara. Io
pregherò per voi, quando uscirete di qui: vi aspetterò fino a domani,
e poi, ve lo giuro innanzi a Dio che ci ascolta, vi seguirò nella
morte.
--Ma voi....--soggiunse titubante Lorenzo:--voi avete una madre....
--Che importa,--gridò la fanciulla (e così parlando apparve come
trasfigurata agli occhi di lui)--se non avrò più voi sulla terra, voi,
Lorenzo, mio sole, mia luce, mia vita?
--Maria!... Maria!...--esclamò il giovine, balzando in piedi a sua
volta, e guardandola in viso trasognato, come uomo che non sa se debba
aggiustar fede a' suoi sensi medesimi.
La fanciulla sostenne animosa lo sguardo, quasi volesse dirgli ch'egli
si apponeva al vero, e, quantunque il volto fosse tutto una fiamma,
proseguì con sublime ardimento:
--Orbene, morite adesso, se vi dà l'animo di farlo, e uccidete me
pure. Io v'ho detto ogni cosa.--
Fatta questa confessione, si mosse dignitosa come una regina, per
uscir dalla camera.
Lorenzo rimaneva tuttavia al suo posto, incerto, quasi istupidito, a
guardarla; ma come la vide già presso l'uscio, mosso da uno di que'
pensieri che, ratti a guisa d'un lampo, illuminano d'un guizzo i più
oscuri recessi dell'anima umana, non corse, precipitò a' suoi piedi,
le afferrò la mano e la baciò.
--Vi amo. Maria, vi amo!--
Qual foste allora, o divina fanciulla, e che arcano struggimento fu
quello del vostro nobilissimo cuore, quando udì, diciam male, quando
bevve la confessione dell'uomo diletto? Come v'hanno parole che
tolgono, così ve n'hanno altre che dànno la vita.
Pallida in quel momento quanto s'era fatta rossa dapprima, ansante,
tremebonda, chinò gli occhi a guardarlo. Nuovo, insolito, era lo stato
dell'animo, com'era insolito e nuovo quello stato di cose tra essi,
vissuti fino a quel giorno nella inesplorata tranquillità di un
affetto fraterno. La faccia del giovine era rivolta a lei, e lo
sguardo fiso, fiammante, le diceva, le ripeteva «vi amo» dimostrandole
che un amore profondo, immenso, era balzato fuori, aveva rotta ed
invasa quella calma superficie della tenerezza fraterna, in quella
medesima guisa che dagli occhi e dalle parole di lei, in un momento di
angoscia suprema, erasi sprigionato il suo, con tutto l'impeto di un
vergine cuore. E il capo di Maria si chinò allora sul capo di Lorenzo,
e le sue labbra attratte da un'arcana virtù, sfiorarono i capegli
dell'amato.
--E adesso andrete, Lorenzo, poichè avete promesso....
--Andrò.... andrò.... ma non ho più nessuna voglia di morire.--
FINE DEL PRIMO VOLUME.
- Parts
- I rossi e i neri, vol. 1 - 01
- I rossi e i neri, vol. 1 - 02
- I rossi e i neri, vol. 1 - 03
- I rossi e i neri, vol. 1 - 04
- I rossi e i neri, vol. 1 - 05
- I rossi e i neri, vol. 1 - 06
- I rossi e i neri, vol. 1 - 07
- I rossi e i neri, vol. 1 - 08
- I rossi e i neri, vol. 1 - 09
- I rossi e i neri, vol. 1 - 10
- I rossi e i neri, vol. 1 - 11
- I rossi e i neri, vol. 1 - 12
- I rossi e i neri, vol. 1 - 13
- I rossi e i neri, vol. 1 - 14
- I rossi e i neri, vol. 1 - 15
- I rossi e i neri, vol. 1 - 16
- I rossi e i neri, vol. 1 - 17
- I rossi e i neri, vol. 1 - 18
- I rossi e i neri, vol. 1 - 19
- I rossi e i neri, vol. 1 - 20
- I rossi e i neri, vol. 1 - 21
- I rossi e i neri, vol. 1 - 22
- I rossi e i neri, vol. 1 - 23
- I rossi e i neri, vol. 1 - 24
- I rossi e i neri, vol. 1 - 25
- I rossi e i neri, vol. 1 - 26
- I rossi e i neri, vol. 1 - 27
- I rossi e i neri, vol. 1 - 28
- I rossi e i neri, vol. 1 - 29
- I rossi e i neri, vol. 1 - 30