I primi due secoli della storia di Firenze, v. 2 - 17

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In questo anno, lo die di kalendi novenbre, Neri Schelmi fue condannato
per lo popolo di Firenze nell'avere e nella persona, e tutti li suoi
beni in cittade ed in contado fuoro guassti.
In questo anno, die xvij d'ottobre, il conte Guelfo di Pisa fue
sconfitto a Villa di Chiesa e perdeo tutta la Sardingna, ed ebbe iij
fedite, e fue preso da' Sardi.
Item a' dí xxiij di gennaio, esendo podestà di Firenze messer Giovanni
del Luncino da Como, in domenica, fece condanagione per cagione che
messer Corso Donati[456] fedito messer Simone Galastrone Donati
suo cugino, ed anche avea morto uno suo fante medesimo: e messer
Corso apuose a messer Simone ch'elli avea morto il fante, e nonn era
veritade. Per la qual cosa la predecta Podestade, secondo le prove
de' testimoni, condannò messer Corso in libre mm, e v anni fu privato
che non potesse[457] avere singnoria d'alchuna terra; e messer Simone
Galastrone condannò nell'avere e nella persona, e tutti li suoi beni
fossero disfatti. Allora si levò il popolo a furore, gridando: —
Muoia, muoia la Podestade —, ed arsero la porta del Palagio e presero
la Podestade e tutta la sua familgla, e tutti li arnesi del Palagio e
della Podestade fuoro rubati. Per la qual cosa di questa opera nacque
molta zenzania nella Cittade.
In questo tenpo avea guerra la casa di Mozzi e quella di Bardi di
Firenze tra lloro; si fece la pace, e' Mozzi diedero a' Bardi per
questa pace mm fiorini d'oro, ciò fuoro a coloro che ricevettero le
fedite da' Mozzi a' dí xxviiij di genaio.
In questo tenpo messer Gian di Celona venne in Toscana per vicario
dello 'nperio, avengna che poco vi stasse.
In questo tenpo, nel Garbo, in una schuola di gramatica, si trovò morto
uno garzone giovane di xv anni, il quale avendo riotta con Giano della
Bella, fu plubicato per tutta la cittade che 'l detto Giano l'avea
facto uccidere: onde poco tenpo dimorò che 'l detto Giano da tutti i
grandi popolari, per trattato di Grandi, fu tradito. A' dí xviij di
febraio nell'avere e nella persona fue condannato, e co llui fue il
fratello e 'l filgluolo, e da' gonfalone di popolo fue disfatto. Era
allora priore Lippo del Velluto, Bachino tavernaio, Gheri Paganetti,
Bartolo Orlandini, messer Andrea da Cerreto, Lotto Milglore, Gherardo
Lupicini gonfaloniere. Di questo Giano della Bella si puote con
veritade dire, ch'elli fosse diritto padre del popolo di Firenze, e
llo piú leale huomo che giamai fosse a popolo: salvo che tutte le sue
vendette facea sotto la singnoria del popolo etc.

Anno Domini Mcclxxxxiiijº. Alla singnoria di messer Pino Vernacci di
Carmona potestà di Firenze.
Celestrino quinto filgluolo di Giacopo, nato di Parma, santo remito,
chiamato Piero di Morrona, facto papa del mese di giugno, sedette papa
mesi v e die viij, e vachò la Kiesa mesi xxx.[458] Questi, essendo
huomo religioso e di santa vita, elli fue ingannato sottilmente da papa
Bonifazio per questa maniera etc.: che llo decto Papa, per suo trattato
e per molta moneta che spese al patrizio, rinchiudevasi la notte nella
camera del Papa, ed avea una tronba lunga, e parlava nella tronba sopra
il letto del Papa, e dicea: — Io sono l'angelo che tti sono mandato a
parlare, e comandoti dalla parte di Dio grorioso, che ttue inmantanente
debi rinunziare al papato e ritorna ad essere romito. — E cosí fece iij
notti continue; tanto ch'elli credette[459] alla boce d'inganto,[460]
e rinunziò il papatico, del mese di dicenbre, e con animo diliberato,
co li suo frati cardinali, dispose sé medesimo, ed elesse papa uno
cardinale d'Anangna ch'avea nome messer Benedetto Gatani, e suo nome
papale Bonifazio ottavo. E si disse che questo Papa fece sacretamente
pilglare papa Celestrino che rinunziò, e fecello istrangolare, e altri
dissero che llo fece morire in prigione, aciò che non perdesse il
papatico; ma di sua morte non si legge alkuna cosa, o quello che di lui
si fosse. Elli fue sinpricissimo e sancto. In vita fece miracoli di
molte cose. Elli cavalcava l'asino, e vilmente vestia, e similglante
vivea. E si disse ch'elli morio in prigione nella roccha[461] di
Formone, presso ad Alangna a x milgla, a dí xvij di maggio, per fattura
di papa Bonifazio. E per questa opera tutta la cristianitade[462] si ne
dolea: onde molti cherici, e perché diceano ch'elli no potea esser Papa
di ragione, si lli facea prendere, mettere in prigione e tali uccidere.
Elli fece frate Gilio di Roma, maestro dell'Ordine di romitani a chu'
era data molta fede, arcivescovo di Borgi in Berri, acciò che no llo
infamasse, per cagione ch'era maestro di dicreti e dicretali; e messer
Rinieri Ghiberti di Firenze, gran maestro, fece mettere nella malta,
forte prigione nel lago di Bolsena.

Mcclxxxxiiij.
Bonifazio ottavo, filgluolo di Liffredi chavaliere, nato della ccità
d'Anangna, della casa di Gatani, sedette papa anni viij, mesi viiij,
die xviij: vachò la Chiesa die xj. Questi essendo prete cardinale
di sancto Martino in Monte, avea nome Benedetto Guatani. Elli fece
dicreto ke nella Kiesa di Dio, in ongni cittate o villa o castello,
iscomunicata od interdetta, si potesse iiij volte dell'anno sacrificare
e cantare messa palesemente al popolo cristiano: l'una si è per la
Natività di Cristo filgluolo di Dio, la seconda per la Surexione, la
terza per la Pentecosta, la quarta per Sancta Maria d'agosto. Eli fue
eletto papa la vigilia della Natività di Cristo. Elli venne colla corte
a Rroma, e fue coronato a die xv di gennaio. E tantosto ch'elli fue
coronato, mandò ij cardinali in Francia, per fare concordia intra llo
re di Francia e llo re d'Inghilterra. Elli candelezzò[463] ad Orbivieto
Lodovico re di Francia, il quale morio esendo ad osste sopra lo re di
Tunisi.
E ciò sappiate, che da san Piero infino a Bonifazio sono stati cc.
Apostolici; e da Iulio Cesare infino a Federigo secondo, lxxxxv
Inperadori e xv in conpangnia di padre e di fratello.
Elli fue huomo[464] di perversa natura e di grande coraggio, ed
asultoe[465] la Chiesa meravilglosamente.
In questo tenpo sancto Bartolo, prete di Sancto Gimingnano, santifichoe
e fece meravilgle grandi.

Mcclxxxxv anni.
Alla singnoria di messer Matteo di Maggio di Bresscia, si fondò la
grande ecclesia di sancta Croce; e a' dí xviiij del detto mese si fece
la pace tra lla casa delli Adimari e de' Tosinghi: e quasi tutte le
paci si fecero intra Guelfi solamente, per essere a una concordia a
uccidere il popolo. Concordati li Grandi insieme, e facto intra lloro
giura pensatamente, con serralgli e con saettamenti, e co molta gente e
fortezze armati, lo die de sancto Romolo, die vj di lulglo, con parola
e volontade di singnori Sanatori che reggevano la cittade di Firenze,
manomisero il popolo per tutta la Cittade; e conbattendo quasi tutto
il giorno a cavallo ed a piede in tutte parti, i Grandi da' popolari
per la grazia di Dio fuorono isconfitti, non avendo il popolo alkuno
capo di suo aiuto. In quello giorno tutti li Grandi ebbero a sospetto
la casa di Cerchi, per cagione che non fue co lloro sopra il popolo.
E 'l Comune di Lucca, conti Guidi e conti Alberti, Pratesi, Pistoiesi
e Saminiatesi e tutti i nobili del contado vennero inn aiuto de'
Grandi, e 'l popolo sanza capo fu vettorioso: donde i Guelfi in quello
giorno ebero grande paura di non perdere la terra. L'altro giorno il
popolo mise a terra il palagio di Cantino di Vissdomini. Ed allora
era capitano del popolo messer Carlo da Spuleto, savio e leale huomo
e grande difenditore del popolo; ed era priore al governamento della
terra Noffo Guidi, messer Lapo Salterelli indice, Tingnoso Bellanda,
Amannato Rota Becchenugii, Amadore Ridolfi, Milglore de' Guadangni,
e Cante Guidalotti gonfaloniere. Poi del mese di settenbre morio
l'arcivescovo di Pisa e lo vescovo di Bolongna, anbedue[466] nati della
casa delli Ubaldini; e 'l vescovo di Firenze, messer Andrea di Mozzi,
fue dissposto e fatto vescovo di Vincenzio.[467] E morio l'arcivescovo
di Milano.
In questo anno papa Bonifazio fece fare la pace tra llo re Giacomo
di Ragona, il quale per forza tenea il rengno di Cicilia, e lo re
Carlo secondo; e tolse per molgle[468] la filia del re Carlo a patto e
condizione ch'elli lasciasse il rengno, e dielli per dota centomilia
libre di grossi tornesi, ed ongn' anno per sopragiunta d'infino a
xij anni, ongn'anno li dovesse dare la Chiesa di Roma xij^m. libre di
grossi tornesi. E fue ricomunicato e benedetto, e fue fatto canpione
e gonfaloniere della Chiesa, e lasciò il reame. Tantosto ch'elli
fue fuori del reame, i Ciciliani tutti si cosarono[469] quasi morti.
Incontanente Federigo terzo suo fratello, colla volontade e richessta
di baroni di Cicilia, montò in sul reame, e possedettelo in tenpo di
pace e di guerra.

Mcclxxxxvj anni.
Lo die di kalendi aprile, esendo i Bolongnesi ad oste sopra la città
d'Imola, ardendola e guastandola, Maghinardo da Susinana con sua gente
andò incontro a' Bolongnesi, e nel piano di Santerno fece battalgla
co lloro, e quivi li sconfisse: tra popolo e chavalieri piú di mcccc.
fuoro li morti.
A dí XV del decto mese il re di Scozia si rubellò da messer Aduardo
re d'Inghilterra, e fece battalgla co llui in canpo con piú di xij^m.
chavalieri tra ll'una parte e l'altra: il re di Scozia fue sconfitto.
Avuta la vittoria, venne in Guascongna sopra le sue terre che lli
erano rubellate, e teneale per forza lo re di Franzia; e quivi prese v
cittadi, e puosesi ad oste sopra la città di Bordella, e finalmente e'
ll'ebe a suo comandamento.
Item a dí xv di maggio, intra 'l mare di Cicilia[470] e quello di
Romania, si scontrarono navi di Viniziani e di Genovesi, e fecero
battalgla molta forte e crudele; le navi di Viniziani erano lxxxxv,
quelle di Genovesi erano lij, de le quali i Viniziani presero xxxiiij
a prigione.
Die xiiijº di lulglo, tenendo la terra di Forlí in Romangna Maghinardo
da Susinana, per gli Orgolglosi fu tradita e data di notte tenpora a
messer Malatesta da Rrimine ed a messer Guido da Ponente di Ravenna
ed a' singnori da Calbuli. Per la qual cosa lo romore si levò nella
terra, e Maghinardo, ch'era ad osste sopra Castelnuovo, lasciòvi ij
capitani ed alquanta gente forniti, ed elli si mosse, e 'l conte
Galasso figluolo del conte Guido da Montefeltro, con molta gente,
popolo e chavalieri, e ricoverarono in Forlí gridando: — Siano morti i
traditori. — Quivi fue grandissime battalgle; pur finalmente Maghinardo
li mise in isconfitta e cacciolli fuor della terra, e piú di diece
milgla basstò la caccia. E quivi fuorono morti piú di mccc. uomini, e
morti gli Orgolglosi e li singnori da Gesso e iij di quelli da Calbuli
e Fantino da Brettinoro, e molti buoni e grandi huomini capitani di
Parte guelfa di tutta Romangna. Messer Guido da Ponente e Malatesstino
di messer Malatessta con altri piú conpangni gentili huomini fuoro
presi, e tantosto Maghinardo fue socorso da' conti da Porciano e da
Ciappettino delli Ubertini di Valdarno, e tenne la terra con vittoria.
E a dí xviij d'agosto messer Ruggieri di Loria, il nobile amiralglo
e grazioso per lo re Piero di Ragona, venne al porto di Brandizio, lo
quale si tenea per lo re Carlo, e subitamente di notte il conbatteo,
si che 'l porto fue difeso; e tirossi a terra ferma, e quivi fece
battalgla ordinata in canpo, dura ed asspra, sicché ll'uno né ll'altro
quivi nonn ebero vittoria, ma quasi tutti morti. E messer Ruggieri vi
fue fedito, e 'l filgluolo fue morto, e messer Giuffredi di Gianvilla
nobile barone francesscho vi fue morto.
E lo die di kalendi settenbre morio il Giudice di Galluria in
Sardingna, e li Viniziani presero xxij galee di Genovesi.
E a' dí x di settenbre messer lo piovano di Gherardini, per certa
guerra ch'avea colli Manieri, da lloro fue fedito e di quelle fedite
morio.
E a' dí xij di settenbre s'aprese il fuoco in Firenze a casa di
Lauberti, ed arse le case loro e di Pilli e di Pilasstri e di
Minerbetti; e fece grande grandissimo danno.
E a' dí j d'ottobre, avendo difirenza tra l'arcivesscovo di Cosenzo
e l'abate di Cosenzo, fecero intra lloro battalgla piú di mille
chavalieri, e l'arcivescovo fue sconfitto.
In questo tenpo si coninciò grande briga intra 'l Comune di Bolongna
e Azzo marchese di Ferraia; però che' Bolongnesi presero uno suo
castello ed uccisero tutta la gente che v'era dentro. E questo fecero
per cagione che 'l Marchese facea alkuno trattato con certi grandi
della terra di pilglare Bolongna e ronpere il popolo. Po' venne il
Marchese ed asediò, a dí XV d'ottobre, la gente di Bolongna ch'erano
rimasi alla guardia del predecto castello; e stando una notte, di
subito il Marchese con v^c. chavalieri e x^m. pedoni prese il castello
di Bazzano del Bolongnese apresso a Bolongna a x milgla. Allora i
Bolongnesi isforzatamente, colla potenzia di Lonbardi e di Romangnuoli,
assediarono il decto castello con iiij^m. chavalieri e xxxx milia di
pedoni; e xxxv giorni vi stette l'asedio, tutta fiata gittava tra die
e notte xij difici; poi finalmente e' l'ebero a patti. Con ciò sia cosa
che 'l Marchese avea facto molta cavalleria e popolo, vennero[471] per
difendere il castello, e fue in sul canpo e domandò la battalgla, ed
al castello; sarebe venuto se non fosse per la molta pioggia ch'era
venuta, ed avea a passare uno fiume; siché Maghinardo da Susinana
ch'era in sua conpangnia si consilglò che 'l fiume non si passasse,
e la battalgla per questo modo rimase: avengna dio che 'l Marchese
da' Fiorentini forte si tenne gravato, i quali erano all'aiuto del
Bolongnese, e' Bolongnesi ischifaro la battalgla quanto poterono.
Tornato il Marchese a Ferraia, tantosto fece suo consilglo, e trattò
giura e conpangnia con tutti li usciti di Bolongna; e legaro insieme
i singnori della Fontana e Maghinardo da Susinana, Ferrala ed Argenta,
Modana e Reggio con tutti li usciti di Lonbardia[472] di Parte guelfa
e ghibellina; e legossi col duca di Charentana e col Marchese di
Monferrato e co messer Alberto della Scala di Verona e co messer Matteo
Vissconte capitano di Milano e co' Mantovani; e fece tutta una lega, e
conincia[473] a guerreggiare Bolongna tuttogiorno sovente: donte[474]
molta mortalitade e briga nacque in Lonbardia.
E ancora, esendo prengna la città di Firenze di molte diverse e variate
macule, uno giorno, a dí xvj di dicenbre, esendo morta una donna a
casa di Frescobaldi, al qual morto molta gente vi fue invitata, intra
lli quali v'era messer Corso Donati e Simone suo filgluolo, e lli
filgluoli di Manieri Bellicozzi, i quali aveano guerra colla casa
di Gherardini, erano una parte; e' Gherardini v'erano similglante co
lloro gente: dubitò l'uno dell'altro, fecero intra lloro assalimenti;
onde la terra andò a romore e fue sotto l'arme. La casa di Cerchi co
lloro conpangni e seguagi, Gherardini, Cavalcanti, Belincioni, armati
a cavalli coverti, con fanti a piede, corsero a furore a san Piero
Magiore a cassa di messer Corso gridando: — Al fuoco al fuoco —;
messer Corso riparandosi conbattendo, siché 'Cerchi e' loro conpangni
vitiperosamente tornaro a casa. Guido Cavalcante fue fedito nella mano
e condannato per lo Comune in mille ce. libre, Baldinaccio di messer
Bindo delli Adimari fu fedito nel volto e condanato per lo Comune
in libre mcc; messer Vieri di Cerchi e messer Giano suo filgluolo,
messer Bindo, messer Torrigiano e Ubaldino di Cerchi fuoro condannati
per questa opera, e pagaro al Comune di Firenze xij^m. cc. libre;, e
dati loro i confini. Sinibaldo fratello di messer Corso e Simone suo
filgluolo fuorono condanati in libre mm. e mandati a' confini. Onde
per questa opera nacque molto male in brobbio[475] della Città e di
cittadini; ché tutti i Grandi e popolari della Città si partíno di
volontade, e chi tenea l'una parte e chi tenea l'altra, in tal maniera
che sucitaro l'antico hodio tra lla casa delli Uberti e quella de'
Bondelmonti; donte tutta Ytalia n'à sparto sangue.
In questo anno fue grande battalgla tra ll'Inghilesi[476] e'
Francesschi, e lo conte d'Artese duramente vi fue innavorato.
In questo tenpo Filippo re di Francia, hodiato da' suoi, nemicho di
buoni, venne in tanta grandezza ch'elli era re di Francia e re di
Navarra, conte di Canpangna, ducha d'Urliens e paladino di Briga;[477]
bellissimo della persona sopra gli altri del mondo, e avarissimo
come cane. Per le sue malvagie opere fare, d'acchattare tesoro e non
rendere, abattere la buona moneta e dare corso alla rea, cadde in
tanto dissdengno, che da llui si rubellò quasi tutti i suoi maggiori
baroni; ed inprese grande briga collo re Adulfo della Mangna. Infra
lli quali rubelli fue lo conte dí Brettangna e quello di Borgongna, lo
conte Filippo di Fiandra e lo conte d'Aynaldo, lo conte d'Universa[478]
e lo duca di Brabant, E a petizione del re della Mangna lo conte di
Borgongna disfece il parentato[479] del filgluolo del re di Francia, e
diede la filia al filgluolo del duca di Borgongna: donde molte guerre
di ciò nacquero.
In questo anno don Brasscho Catalano,[480] huomo prudentissimo e savio,
malisschalcho de rre Federigo di Cicilia, fece battalgla in Calavra
colli Francesschi ed ebbe vittoria di vij^c. chavalieri morti.
In questo anno messer Ruggieri di Loria, lo vittorioso amiralglo, per
certa difirenza, dallo re Federigo si rubellò e feceli molta guerra, e
morio suo nimico.
Ed in questo anno messer Tosolato delli Uberti di Firenze talglò la
tessta al Giudice d'Alborea, e tutto il suo tesoro, ch'era in grande
quantitade si fece venire alle mani; e a' dí xv di gennaio si fece
chavaliere in Sardingna, la quale ysola co molta travalgla per lui fue
aquisstata. Poi a dí v di marzo venne in Pisa, e da' Pisani non fue
acettato a quello onore ch'a llui parea che ssi convenisse. E com'elli
avea aquistata la Sardingna a' Pisani, cosí lla rubellò loro, dove
cosstò loro molta moneta; e poi si riconciliò co lloro.
E a' dí viij di marzo i Bolongnesi uscirò ad oste sopra le terre
del Marchese da Ferraia, ed arsero e guasstaro infino al ponte a
sant'Anbruogio.[481]

Mcclxxxxvij anni.
Giovedí, die iij d'aprile, papa Bonifazio unse e sagrò rege di
Sardingna, di Corsica e d'Elba lo re Giacomo di Ragona; e messer
Rugieri di Loria fece amiralglo per la Chiesa di Roma di l galee.
A die ij di maggio Filippo re di Francia fece iij grandisdissime ossti
di xxx^m. chavalieri e c^m. pedoni; l'una fece in Borgongna, l'altra in
Guasscongna, la terza in Fiandra; ma in Fiandra fu elli vitiperosamente
isconfitto e ricevettevi grandissimo dalmaggio.
E a' dí XX di maggio il decto Filippo fece [tregua] collo re Aduardo
d'Inghilterra, a patti e condizione che tutta la Guasscongna rimase
allo re Aduardo sanza fare alkuno homaggio.
In questo die iij di maggio Istefano della Colona rubò il tesoro di
papa Bonifazio quando venia d'Alangna etc.
A dí iij di giungno, mossi i Bolongnesi co grande quantitade di popolo
e chavalieri per pilglare il castello di Doccia, Maghinardo da Susina',
maestro di guerra, fedio loro adosso ed isconfisseli, e c. huomini ne
menò prigioni.
E in questo anno, del mese di maggio, in Firenze si fondò la pila del
ponte al castello Altafronte.
E lo die di beato sancto Iohanni Batista, del mese di giungno,
Filippo re di Francia andò ad osste sopra lo conte di Fiandra con
xxx^m. chavalieri e cc^m. di pedoni, e privossi della corona reale
e rivistinne il suo filgluolo maggiore; e prese e vinse Guanto,
Bruggia e Lilla e tutta la contea di Fiandra. In questo mezzo tenpo il
malisscalcho[482] di Belcaro per lo re di Francia dal conte di Fiandra
fue sconfitto e preso, e feceli talglare la tessta. Poi fue intra lloro
iij asalti, donde molti Francesschi, popolo e chavalieri, vi perdero
la vita; e l'osste vi stette infino a calendi ottobre e poi ritornò a
casa.
Del mese di settenbre e d'ottobre i Viniziani ebero grandissima
vittoria sopra li Genovesi, ché xvj navi grosse presero di quelle di
Genovesi tra nel mare di Romania e di Cicilia; e tutta la gente che
v'era entro mazzerarono.
Istando inferma di gravi e dure malattie la città di Firenze,
fue santamente proveduto dalla Chiesa di Roma e da messer lo papa
Bonifazio, sí come attore di pace, di volere sanare quelle piaghe,
e di riconciare la Cittade e' cittadini insieme a stato di pace e
di tranquilitade. Diligentemente in concesstoro fue fermato vecepapa
paziaro nella città di Firenze frate Matteo cardinale d'Acquassparte.
Giunto in Firenze, honnorevolemente fue ricevuto; predicando pace e
volendo dar pace, non lli fue creduto.[483]


INDICE

Capitolo VII — La Famiglia e lo Stato nei Comuni
Italiani Pag. 1
Capitolo VIII — Gli Ordinamenti della Giustizia 65
Capitolo IX — La Repubblica Fiorentina ai tempi
di Dante 113
Capitolo X — Dante, gli Esuli Fiorentini e
Arrigo VII 145
Avvertenza 185
Cronica Fiorentina compilata nel secolo xiii 195

NOTE:
[1] Pubblicato nel _Politecnico_ di Milano, luglio e agosto 1868.
[2] Per non moltiplicare inutilmente le note in questo capitolo
d'indole generale, destinato solo a gettar qualche luce sulle
condizioni politiche dei nostri Comuni, e piú specialmente quello
di Firenze, ricorderò una volta per sempre, che oltre gli Statuti, i
quali anderò via via citando, gli autori di cui piú spesso mi valsi
sono: SAVIGNY, _Storia del Diritto Romano nel Medio Evo;_ FRANCESCO
FORTI, _Istituzioni Civili e Trattati inediti di giurisprudenza_;
GANS, _Il Diritto di successione nella Storia italiana_, traduzione
di A. TORCHIARULO: Napoli, Pedone, Lauriel, 1853; GIDE, _Étude sur la
condition privée de la femme_: Paris; 1868; SCHUPFER, _La Famiglia
longobarda_, nell'Arch. giuridico di Bologna, fasc. 1 e 2. — È
superfluo ora aggiungere che dopo del 1868 questi studi hanno fatto
in Italia un progresso davvero grandissimo, e sono uscite alla luce
molte opere di capitale importanza, le quali io non potevo conoscere
quando scrivevo queste pagine, che allora miravano solo a far meglio
comprendere ai miei alunni la rivoluzione seguita in Firenze l'anno
1293, e gli _Ordinamenti di Giustizia_, che ne furono la conseguenza da
lungo tempo resa necessaria.
[3] GAIO, I, 190-2.
[4] Comitis Gabriellis Verri, _De ortu et progressu iuris
mediolanensis_, etc. Nel primo libro di quest'opera troviamo, fra le
altre, queste parole: _«Quae omnia manifeste demonstrant, maiores
nostros maximum atque perpetuum studium contulisse ad agnationem
conservandam pro veteri XII tabularum iure, a Iustiniano postea
immutato, quo certe nihil ad servandum augendumque familiarum
splendorem..... utilius, commodius, aptius, commendabilius potuit
afferri»_.
Un altro degli antichi scrittori di diritto, che piú insistono su
questa opinione, è il cardinal De Luca, il quale, nel suo _Theatrum
veritatis et iustitiae_, si scaglia con un'ira singolare davvero,
contro Giustiniano e contro tutti coloro che ne seguirono le idee
intorno all'agnazione. Gl'Italiani, secondo lui, non accettarono mai
queste riforme o piuttosto, come esso dice, _distruzioni e corruzioni_
promosse da Giustiniano. Anche il Giannone, nella sua _Storia Civile
del Regno di Napoli_ (lib. III, paragrafo V), dice che i libri di
Giustiniano fra noi non ebbero fortuna. «Non furono in Italia né in
queste nostre province ricevuti, né qui come in alieno terreno poterono
essere piantati e mettere profonde radici; ma si ritennero gli antichi
libri dei giureconsulti, ed il codice di Teodosio niente perdé di stima
e di autorità». — È necessario qui osservare, che la persistenza del
diritto romano in Italia, durante il Medio Evo, sostenuta dal Savigny,
ma da altri combattuta, non trova oggi piú oppositori.
[5] D.^r J. FICKER, _Forschungen zur Reichs-und Rechtsgeschickte
Italiens_, 4 vol.: Innsbruck, 1868-74.
[6] Questa è pure l'opinione del Gans, il quale nondimeno accettò le
idee del Savigny intorno alla diffusione del diritto giustinianeo, il
che giovava allo scopo che egli aveva di far derivare le nuove forme
del diritto italiano dalle leggi longobarde.
[7] Il Baudi di Vesme nelle sue note alle leggi longobarde, osserva
qualche volta: _Theodosiani iuris vestigia hic agnoscere mihi videtur_.
— Recentemente il Del Giudice ha provato che alcuni brani derivano dal
diritto giustinianeo, altri dal Codice Teodosiano.
[8] Questa disputa può dirsi ormai inutile, perché oggi è generalmente
ammesso, che anche dopo la Prammatica Sanzione il Codice Teodosiano
continuò ad essere in vigore. Cosí fu che vissero insieme forme
giustinianee e forme autigiustinianee; solamente le Pandette vennero
piú a lungo trascurate.
[9] Secondo il Savigny, la scuola d'Irnerio era fiorente negli anni
1113-1118. Essa, come ora è ben noto, era stata preceduta da altre
assai meno scrupolose osservatrici delle forme giustinianee.
[10] GANS, _Il diritto di successione_ ecc. pag. 28 e seg.
[11] L'antico Statuto di Giacomo Tiepolo, che si trova manoscritto
nell'Archivio dei Frari a Venezia, e che fu piú volte pubblicato per
le stampe, conchiude il suo primo prologo cosí: «Et se alguna fiada
occorresse cosse che per quelli Statuti non fossero ordinade, perché
l'è de plui i facti che li Statuti, sel occorresse question stranie,
et in quele alcuna cossa simele se trovasse, de simel cosse a simele è
da proceder. Aver, secondo la consuetudine approvada, oltremente, se al
tuto sia diverso, over si facta consuetudine non se trovase, despona i
nostri iudexi come zusto et raxionevole a la so providentia apparèrà,
habiendo Dio avanti i ochi de la soa mente, sí fatamente che, al di
del zudixio, de la streta examination davanti el tremante (_tremendo_)
Iudexe render possa degna raxione».
[12] Di questi esempî ne ho trovati molti nei volumi delle Provvisioni,
che sono nell'Archivio fiorentino.
[13] _Statuta Romæ_, Romæ 1519, II. § 110, 111; e III, 17.
[14] _Statuta Pisauri_, noviter impressa, 1531. II, 79, 81, 106, 107.
[15] _Ibidem_, III, 24, 30.
[16] «Etiam nullis probationibus, _quia volumus quod nuda patris
assertio plenam probationem faciat_». Vedi _Statuta Civitatis
Lucensis_, 1539. II, 66, 67, 68.
[17] _Statuta Civitatis Urbini, impressa Pisauri_, 1519. VI, 30. _Quod
pater pro filio, dominus pro famulo teneatur in damnis datis_.
[18] _Statuta Florentiæ_ (ediz. colla data di Friburgo) II, 110.
[19] _Ibidem. Ibid._
[20] _Statuta Florentiae_ II, 112.
[21] _Ibidem_, II, 9.
[22] _Archivio di Stato_, Statuti, 9, Lib. II. rub. 6.
[23] GANS, op. cit.
[24] Vedi gli _Statuti pisani_ pubblicati dal Bonaini.
[25] _Statuta Florentiae_, II, 61. 62, 63.
[26] _Ibidem_, II, 64.
[27] _Ibidem_, II, 65. Vedi pure gli Statuti del 1324, (II, 36 e 74) e
del 1355 (II, 39) nell'Archivio di Stato.
[28] _Statuta Florentiae_, II, 111.
[29] «Nisi promiserit de continuo habitando in dicta civitate, vel
comitatu Urbini», _Statuta Urbini_: Pisauri 1519. II, 54.
[30] _Liber iuris civilis urbis Veronae_, cap. 44: Veronae, 1728.
[31] Vedi Gans, nell'opera citata. Questo autore esaminò assai
minutamente il diritto pisano negli Statuti, allora non anche
pubblicati, che si trovano in un codice manoscritto a Berlino.
[32] Vedi le _Consuetudini della città d'Amalfi_, pubblicate con note
di Scipione Volpicella, pag. 22; e le _Consuetudini della città di
Napoli_, tit. de successionibus ab intestato. Anche nelle _Consuetudini
sorrentine_ trovansi le medesime disposizioni. Vedi pure il lavoro del
DR. OTTONE HARTWIG, _Codex iuris municipalis Siciliae_. Heft I. _Das
Stadtrecht von Messina_: Cassel und Göttingen, 1867.
[33] _Statuta Comunis Mantuae_, Rub. LI, _De successionibus ab
intestato_. Cod. MS. F, T, 1, nell'Archivio di Mantova, del sec. XIV.
Uno stesso linguaggio tiene lo Statuto di Verona (_Statuta Veronae_,:
Veronae, 1588, Lib. II, cap. 82). _Ut in successionibus parentum, quae
liberis deferuntur, omnis quaerimonia conquiescat, et bona parentum
in filios masculos et caeteros per lineam masculinum descendentes
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