I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 21

Total number of words is 4256
Total number of unique words is 1599
42.3 of words are in the 2000 most common words
56.4 of words are in the 5000 most common words
64.6 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
il diplomatico fiorentino erano cercati per tutto, ed in ogni angolo
della terra pareva che fossero a casa loro. Quindi è che si narra come
Bonifazio VIII, vedendo un giorno arrivare a lui da ogni parte del
mondo, ambasciatori che eran tutti fiorentini, egli, senza esserne
punto maravigliato, dicesse loro: — I Fiorentini sono il quinto
elemento nel mondo. —
Ed in mezzo a queste lotte politiche, a questo moto di tutte le facoltà
dello spirito umano, apparve quello splendore di arti e di lettere,
per cui il mondo si vide come illuminato dalla luce che sorgeva dalle
città italiane, ma che in nessuna rifulse cosí viva come a Firenze.
L'attività della sua industria, del suo commercio si trovava quasi per
tutto; ma anche là dove essa non arrivava, pareva che fosse pur sempre
presente il suo genio letterario ed artistico, che iniziava in Europa
la cultura dei popoli moderni.

VII
Ma tutto ciò non seguiva senza continui e sempre nuovi pericoli, che
minacciavano l'esistenza stessa della Repubblica, e per difendersi dai
quali occorrevano qualche volta forze piú che umane. Quando si ricorre
col pensiero all'antica Firenze col suo Consiglio, coi suoi Consoli,
che usciva ogni anno, unita e concorde alla guerra, per abbattere i
baroni, ed assicurare le vie del suo commercio; che, sottomessi uno
alla volta questi baroni, li obbligava a vivere dentro lo due mura,
sotto l'uguaglianza delle leggi repubblicane; che per vincere i piú
potenti vicini, dovette accrescere le sue forze, liberando i servi
della gleba, concedendo i diritti politici a quei mercanti che ancora
non li avevano; quando il pensiero ricorre a quei tempi, ritrova subito
in essi i germi della futura grandezza del Comune, che con una guerra
continua riuscí ad accrescere da ogni lato le proprie forze. Ma le cose
andarono poi sostanzialmente mutando, per molte ragioni, specialmente
per quella rivoluzione nell'arte della guerra, alla quale abbiamo già
accennato, e che dobbiamo ora piú particolarmente ricordare.
Fino al secolo XIV gli eserciti repubblicani erano composti di pedoni
leggermente armati d'uno scudo, un elmo ed una daga, con qualche
piastra di ferro che difendeva il petto o le gambe. La cavalleria
era poca, e non decideva mai la sorte delle battaglie. Cosí avevano
combattuto, presso a poco, tutti i barbari, meno gli Unni e gli
Arabi, che andavano quasi sempre a cavallo, ed i Bizantini, che
colla cavalleria piú volte vinsero i Goti. Con la fanteria aveva
principalmente combattuto in Italia Federico Barbarossa, e con essa
gli avevano resistito i nostri Comuni, che, da un giorno all'altro,
potevano allora mutare in soldati tutti quanti i cittadini abili a
portare le armi. Ma le guerre di Federico II, di Manfredi e di Carlo
d'Angiò avevano di Francia e di Germania portato in Italia una nuova
maniera di combattere. I Fiorentini se n'erano dovuti avvedere sin
dalla battaglia di Montaperti, quando il loro numeroso esercito fu
disfatto dall'urto di pochi cavalieri tedeschi. E d'allora in poi la
cavalleria pesante o degli uomini d'arme fu quella che cominciò a
decidere la sorte delle battaglie in Italia. Il cavaliere, sebbene
non fosse ancora, come alla fine del secolo XV, chiuso, esso ed il
suo cavallo, in un'armatura cosí pesante che, caduti una volta a
terra, non potevano rialzarsi senza aiuto; pure già era coperto di
ferro da capo a piedi. Colla sua lunghissima lancia, egli atterrava
il fantaccino, prima che questi potesse raggiungerlo colla corta sua
spada, la quale, in ogni caso, non riusciva mai a forare l'armatura del
cavaliere o del cavallo. Né gli strali tirati dagli archi riuscivano
a far danno maggiore. Bastava quindi, che poche centinaia d'uomini
d'arme si spingessero, come una fortezza mobile ed impenetrabile,
nel mezzo d'un esercito di fanti, per disfarlo in poco tempo. Un tale
stato di cose durò sino alla invenzione della polvere e del fucile,
e portò un radicale mutamento nelle condizioni dei Comuni italiani.
Infatti, per formare questi cavalieri, ci voleva un lungo tirocinio
ed una grande spesa. Bisognava non solo aver grandi fabbriche d'armi,
non solo formare una nuova razza di cavalli, ed addestrarli; ma il
cavaliere stesso doveva essere in continuo esercizio, dedicare la sua
vita intera alle armi, tener continuamente occupati ed addestrati
due o tre scudieri. Questi portavano tutti gli arnesi da guerra, e
menavano il cavallo armigero del cavaliere, che se ne serviva solo nel
giorno della battaglia, e solamente allora s'armava di tutto punto,
perché altrimenti si sarebbero l'uno e l'altro trovati esausti di
forze nell'ora del pericolo. Ma ciò doveva riuscire impossibile nelle
nostre repubbliche, perché i loro cittadini vivendo tutti col commercio
e coll'industria, non potevano abbandonare i traffici per darsi alle
arti della guerra. Queste divennero allora un vero e proprio mestiere,
e coloro che vi dedicavano la vita, cominciarono ben presto a mettere
a prezzo la loro spada. Cosí è che sin dagli ultimi anni del secolo
XIII, noi cominciamo a sentir parlare negli eserciti repubblicani
di _soldati_ catalani, borgognoni, tedeschi ed altri cavalieri
oltramontani, che vanno ogni giorno crescendo di numero.
A poco a poco i mercanti dovettero persuadersi, che essi non potevano
piú avere alcuna personale efficacia nella guerra. E però, quando
le repubbliche erano minacciate, esse non s'arrischiavano piú a
combattere, senza assoldare qualche capitano, che venisse col suo
manipolo di cavalieri stranieri. Il nome del valore italiano cominciò
rapidamente a decadere per tutto, e si formarono quelle compagnie di
ventura, che furono una delle nostre maggiori calamità. È ben vero che,
quando poi Alberico da Barbiano, Attendolo Sforza, Braccio da Montone
ed altri si dettero a questa vita, essi raggiunsero e superarono anche
gli stranieri, che piú volte dovettero retrocedere nuovamente dinanzi
al valore italiano. Molti anzi vennero allora di fuori ad imparar la
nuova arte della guerra, sotto il comando dei nostri capitani, per
opera dei quali essa cominciò la prima volta a divenire anche una
scienza. Ma eran sempre pochi coloro che nelle libere città potevano
darsi a questa vita. I nobili, gli sfaccendati, gli esuli, coloro
che non avevano un altro mestiere, i sudditi dei piccoli tiranni eran
quelli che andavano a far parte delle compagnie di ventura. E poche
molte, italiane o straniere, esse affrettarono sempre la rovina di
tutti i nostri Comuni, massime di Firenze.
Le continue guerre, che essa ora deve fare, non riescono piú a mantener
vivo il suo spirito militare, l'energia del suo popolo. Costretta a
servirsi sempre di gente straniera e venduta, cominciò ben presto
a perdere la coscienza delle proprie forze, che di fatto andarono
rapidamente decadendo. La guerra si ridusse ad una operazione di banca
o di nuove imposte, per trovare il danaro necessario ad assoldare
uno di quei capi di compagnie, i quali si davano sempre al maggiore
offerente. Quando era trovato il danaro, bastava spesso mandarlo al
piú potente e sicuro alleato, che pensava al resto, cioè al contratto
da fare con un capitano, che assoldasse il maggior numero di gente.
Bisognava sapersi procurare amici, saper provocare avversari al nemico,
ed in ciò i Fiorentini fecero sempre prova di grande accortezza. Ma
queste non erano di certo virtú militari. I personaggi piú importanti,
che essi inviavano al campo, erano i loro commissari che vegliavano
all'andamento generale delle cose, all'amministrazione dell'esercito,
all'indirizzo politico della guerra; e sebbene, piú d'una volta,
noi troviamo che questi commissari d'improvviso si trasformavano in
Capitani, pigliando il comando delle armi, e con singolare ardimento
decidendo le sorti d'una battaglia, pure il loro ufficio rimaneva
sempre piú civile e diplomatico che militare.
Quali conseguenze tutto ciò dovesse avere per l'avvenire della
Repubblica, e sul carattere morale de' suoi abitanti, è facile
immaginarlo. I popolani grassi erano nel governo occupata in un
continuo lavoro di furberia e di sottigliezza. Bisognava essere
accorti nei Consigli; osteggiare i Grandi; trovarsi sempre desti per
non lasciare divenir troppo forte il popolo minuto, e pure indurlo
a pagare il denaro per fare le guerre, che erano necessarie alla
prosperità ed alla sicurezza del commercio esterno. Bisognava essere
ancora piú accorti nei maneggi diplomatici, per non trovarsi isolati,
e saper sempre mantenere l'equilibrio degli Stati italiani a vantaggio
della Repubblica. La guerra stessa, risolvendosi, come abbiam visto,
in un'operazione di banca, era del pari una nuova prova d'accortezza.
Non si vedeva piú alcuno di quei grandi sacrifizî di sangue cittadino
e di uomini, coi quali un popolo si rigenera continuamente; niun atto
di forza generosa ed aperta. E quando questi popolani grassi non erano
immersi nella politica, allora, insieme con tutta la cittadinanza, si
davano anima e corpo al commercio, occupando le ore di ozio nel leggere
Tacito, Virgilio od Omero, che tenevano perciò sotto il banco. Ma era
sempre e solo la loro intelligenza, che si trovava in una continua
attività; le altre piú nobili facoltà dello spirito restavano come
soffocate, atrofizzate in questo esercizio costante di sottigliezza e
di furberia. Ciò doveva prima o poi portare una decadenza inevitabile
nella vita morale e politica della Repubblica, nella piú alta cultura
dello spirito. E se le guerre riuscivano funeste pel modo in cui
bisognava apparecchiarle e condurle, non riuscivano meno funeste per le
conseguenze che portavano dopo la vittoria. Gli eserciti di ventura,
appena che cessavano le paghe di guerra, da amici divenivano nemici,
e cercavano subito un altro padrone che li pagasse. Quando non lo
trovavano, e restavano perciò senza paga, si scioglievano in bande
armate, che mettevano a soqquadro le campagne e le città, con una
specie di brigantaggio militare. Il piú delle volte era forza venire
con esse a patti, e dar danari per tenerle tranquille.
Ma quello che piú di tutto importa qui notare si è, che anche la
conquista di nuovi territori, divenuta pur tanto necessaria alla
Repubblica, cominciava ad essere un pericolo grave, una sorgente
di future calamità. Il Comune italiano era stato nel Medio Evo
causa feconda di progresso; ma quando il suo contado si cominciò
ad ingrandire, esso si dimostrò affatto impotente, se non mutava
radicalmente la sua costituzione, a trasformar la libera città in
quello che noi oggi chiamiamo lo Stato. Infatti anche a Firenze,
che fu il piú democratico dei nostri Comuni, la cittadinanza era
tutta dentro la cerchia delle mura. Si fecero leggi per abolire la
servitú nel contado, per migliorarne le condizioni; ma non si pensò
mai a concedere i diritti politici agli abitanti di esso. Il nome
di cittadino restò sempre come un privilegio concesso solamente ad
una minoranza, e la plebe non l'ottenne mai neppur dentro le mura.
Ogni volta che una nuova città veniva conquistata e sottomessa alla
Repubblica, essa era governata con maggiore o minore durezza; le
lasciavano piú o meno franchigie locali; potevano anche concederle
che continuasse a ritenere una forma repubblicana, sotto gli ordini di
un Podestà, d'un Capitano o d'un Commissario, pagando le gravezze che
volevano imporle; ma i suoi abitanti non erano mai ammessi ai diritti
della cittadinanza fiorentina, né i loro rappresentanti entravano mai
nei Consigli o negli uffici politici in Firenze. Quindi, a misura che
le conquiste crescevano, quel nucleo di cittadini che teneva in mano
il governo, e che era già una minoranza, si trovava in una proporzione
sempre minore verso le popolazioni, ogni giorno piú numerose, che
doveva governare. Nelle idee dei Fiorentini come di tutti quanti i
repubblicani del Medio Evo, non entrò mai il pensiero d'uno Stato
governato nell'interesse di tutti. L'interesse e la grandezza di
Firenze erano, invece, la sola norma costante, lo scopo a cui ogni cosa
doveva essere sottomessa. Né quel popolo minuto e quella plebe, che per
sé chiedevano sempre maggiori libertà, avevano in tutto ciò principi
piú larghi o diversi. Anzi le loro idee, aggirandosi in una cerchia piú
angusta, si dimostravano anche piú pregiudicate, e le loro passioni
piú cieche. In conseguenza di ciò, era per una repubblica tenuta
allora maggiore sventura venir conquistata da un'altra repubblica,
che da una monarchia; giacché i principi, nella comune oppressione,
trattavano tutti alla pari, e quindi, politicamente almeno, la grande
maggioranza dei vinti soffriva danni minori. Invece, quando Firenze
poté raggiungere il suo lungo desiderio della conquista di Pisa, essa
fu padrona del mare, e vide subito il proprio commercio crescere assai
rapidamente; ma l'essersi aggregata una repubblica grande e potente,
piena di vita e di forza, ricca di tanti traffici, non le portò nessuno
di quei vantaggi che una piú libera unione ed una partecipazione comune
ai diritti politici le avrebbero recati. I piú notevoli cittadini, le
piú ricche famiglie pisane emigrarono, preferendo vivere in Francia, a
Milano, o in Sicilia sotto gli Aragonesi, che almeno concedevano loro
una civile uguaglianza, piuttosto che nella propria città, sotto il
duro, tirannico governo dei popolani grassi di Firenze. Il commercio,
l'industria, la marineria militare e mercantile di Pisa scomparvero
con la sua indipendenza; il suo Studio, antica gloria italiana,
fu disfatto, per essere piú tardi ricostituito dai Medici; ed essa
in breve tempo presentò l'aspetto della miseria e dello squallore.
Lo stesso seguiva in tutte le città vinte; esse venivano con tanta
maggior durezza trattate, quanto piú grandi e potenti erano state nei
giorni della loro libertà.[366] È facile da ciò il comprendere come
ogni volta che Firenze si trovava in pericolo, tutte quelle città
sottomesse, nelle quali la vita non era stata anche spenta del tutto,
cercavano sollevarsi per rivendicare la loro indipendenza, ed in ogni
caso preferivano un tiranno domestico o anche straniero alla loro
forzata sottomissione ad una repubblica, la quale non imparò mai dalla
esperienza a mutare consiglio. E non poteva, giacché per farlo avrebbe
dovuto mutare sostanzialmente tutta la sua costituzione, il suo proprio
essere.
In questo modo, accumulando ricchezza e potenza, essa moltiplicava le
cagioni della sua futura e inevitabile decadenza. Il Comune appariva
sempre piú impotente a fare scaturire dal suo seno lo Stato moderno, e
però quando il commercio su cui esso si reggeva, cominciò a decadere,
la forza dei popolani grassi fu sgominata, e la forma monarchica fu
subito giudicata come un sollievo dalla moltitudine degli oppressi,
che erano di gran lunga i piú numerosi. Cosí fu che i Medici poterono
salire al potere in nome della libertà, appoggiandosi al popolo minuto
ed alla plebe. E cosí fu che, ora con la violenza, ora con l'astuzia,
ora con l'una e con l'altra insieme, il Comune italiano venne da per
tutto sottomesso al principato, e là dove, per condizioni eccezionali,
la forma repubblicana poté piú lungamente salvarsi, ivi essa sembrò
solo sopravvivere a sé stessa, non portando piú alcuno dei benefizî,
pei quali era nata. Bisognava che il principato rendesse, sotto un
medesimo scettro, uguali in faccia al dispotismo quelle popolazioni
che non s'erano sapute rendere uguali dinanzi alla libertà. Le
Signorie furono il necessario passaggio dal Comune medioevale allo
Stato moderno. Queste Signorie indicarono la via alla formazione ed
alla retta amministrazione delle grandi monarchie, che s'andavano ora
costituendo nel continente d'Europa, e si mantennero anch'esse assolute
e dispotiche fino a che la Rivoluzione Francese non venne a compiere
nelle campagne, nelle città e per ogni ordine di cittadini, quel lavoro
di emancipazione sociale, che i Municipî italiani avevano mirabilmente
iniziato, ma che non avevano saputo mai estendere fuori la cerchia
delle proprie mura. Firenze resisté ancora lungamente, ma dovette pur
correre la sorte comune.
FINE DEL VOLUME PRIMO


Pag. 71, nota 1, lin. 7. _Millesimo LVIII_, leggi _Millesimo LXVIII_.
Pag. 101, lin. 25. 1117, leggi 1177.
Pag. 177, nota 1. VILLANI, VI, 31, leggi VILLANI, VI, 51.


INDICE

Prefazione Pag. v
Introduzione 1
Capitolo I — Le origini di Firenze 35
Capitolo II — Le origini del Comune di Firenze 73
Capitolo III — Prime guerre e prime riforme del
Comune fiorentino 119
Capitolo IV — I Partiti, la costituzione del
Primo Popolo e delle Arti Maggiori
in Firenze 155
Capitolo V — Il predominio di Firenze in Toscana 213
Capitolo VI — Il commercio e la politica delle Arti
Maggiori in Firenze 273


NOTE:
[1] Pubblicata la prima volta nel _Politecnico_ di Milano, marzo 1866.
[2] _Lettres sur l'hist. de France._ Lettera XXV, in fine.
[3] Per esempio la _Storia di Firenze_ di GORO DATI.
[4] Dopo la prima pubblicazione di questo nostro scritto si fecero
molte ed importanti ricerche sulle origini di Firenze e del suo Comune,
massime dal D. O. Hartwig, sul cui pregevole lavoro avremo occasione di
tornare piú tardi. E cosí pure vennero alla luce varie storie generali
di Firenze, fra le quali piú notevoli sono la _Storia della Repubblica
di Firenze_ del marchese GINO CAPPONI (Firenze, Barbèra, 1875, due
Vol.) e l'_Histoire de Florence_ del sig. PERRENS (Paris, 1877-90, in
nove vol.), delle quali parliamo altrove.
[5] Quando scrivevo queste parole, il Malespini era giudicato piú
antico del Villani, il quale perciò avrebbe copiato da lui. Piú tardi
però lo Scheffer-Boichorst provò il contrario, con argomenti a molti
del quali non si può rispondere. Il March. G. Capponi non ne rimase
persuaso, avendo nel Malespini trovato piú cose, che accennavano,
secondo lui, ad un'antichità piú remota del Villani. Ma nuove indagini
e molto diligenti, iniziate dal prof. Lami, confermarono che il
Malespini è una compilazione fatta principalissimamente col Villani,
e forse (ma di rado) con qualche altro cronista, che potrebbe essere
piú antico, nel qual caso si spiegherebbero anche le osservazioni del
Capponi.
[6] Pubblicato in Firenze, 1838, vol. due, dalla tipografia all'insegna
di Dante. Vedi anche GERVINUS, _Geschichte der florentinischen
Historiographie_: Frankfurt, 1833.
[7] CAPELLAE, _Commentarii_, che dal 1531 al 1542 ebbero undici
edizioni. RANKE, _Zur Kritik neurer Geschichtschreiber_. — Aggiungo
ora che il Ranke, a mio avviso, ha qui molto esagerato a danno del
Guicciardini, il cui valore storico è confermato dai documenti. V. il
mio libro sul Machiavelli, in fine del Vol. III.
[8] Qui s'allude alla Storia del Capponi, che non era stata ancora
pubblicata.
[9] _Discorso storico_, cap. I.
[10] GINO CAPPONI. _Lettere sui Longobardi_.
[11] Tutto ciò che risguarda la divisione delle terre, è stato soggetto
di lunga disputa in Italia e fuori. Ne parlò con dottrina il Troya,
nella sua opera sulla _Condizione dei Romani vinti dai Longobardi_; ne
parlarono con molto acume il Capponi ed il Capei nelle loro _Lettere
sui Longobardi_ (Appendice dell'_Archivio Storico Italiano_, vol. I
e II), e cosí il Manzoni, il Balbo, ecc. La questione versa sulla
interpretazione di due passi di Paolo Diacono. Quello che parla
della prima divisione, quando i Longobardi presero il terzo della
rendita delle terre, è chiaro: _His diebus multi nobilium Romanorum
ab cupiditatem interfecti sunt. Reliqui vero per hospites divisi,
ut terciam partem suarum frugum Langobardis persolverent, tributarii
efficiunfur_. L'altro invece è assai piú oscuro, ed ha lezioni diverse.
La piú generalmente adottata è questa: _Hujus in diebus_ (di Autari)
_ob restaurationem Regni, duces qui tunc erant, omnem substantiarum
suarum medietatem regalibus usibus tribuunt..; populi tamen adgravati
per langobardos hospites, partiuntur_. Una lezione del secolo X, nel
codice ambrosiano, dice invece: _aggravati pro Longobardis, hospitia
partiuntur_. La divisione delle terre (_hospitia_) e non dei frutti
sarebbe piú chiaramente indicata in questa seconda lezione, che il
Balbo accetta. Il prof. Capei, però, anche accettando la prima lezione,
sostiene che si debba intendere attivamente la parola _partiuntur_. I
vinti _divisero_ le terre coi vincitori, e furono quindi aggravati,
avendo dovuto cedere la metà dei loro beni; ma ne vantaggiarono in
questo, che l'altra metà rimase loro libera proprietà.
[12] Vedi, fra gli altri, GINO CAPPONI, nota al documento 3, nel vol.
I dell'_Archivio storico italiano_.
[13] Pubblicato nella _Nuova Antologia_ di Roma, 1 Maggio 1890.
[14] Codice vaticano palatino 772, che contiene la raccolta di leggi
longobarde, conosciuta col nome di Lombarda. Primo a scoprirvi, a tergo
del foglio 71, le notizie annalistiche fiorentine, fu il bibliotecario
Foggini, che le comunicò al Lami, il quale ne pubblicò una parte,
con un suo comento. Le pubblicarono poi tutte, prima il Pertz, poi
l'Hartwig, e finalmente ne dette una fototipia esatta il prof. C.
Paoli, nel primo fascicolo dell'_Archivio paleografico italiano_,
diretto dal prof. Monaci in Roma.
[15] È un codice di S. M. Novella, ora tra i Magliabechiani, 776, E, A,
Conventi soppressi. Sono quarantasei notizie, di cui una parte, cioè le
prime venticinque, fino all'anno 1217, furono pubblicate dal Fineschi
nelle sue _Memorie storiche degli uomini illustri di S. M. Novella_,
vol. I, pag. 330-332.
[16] D. O. HARTWIG, _Quellen und Forschungen zur ältesten Geschichte
der Stadt Florenz_. La prima parte fu pubblicata a Marburgo, 1875, la
seconda, che contiene i due Annali, ad Halle, 1880.
[17] Lo pubblicò prima il Fineschi (Op. cit. vol. I, pag. 257), e lo
ha poi ripubblicato l'Hartwig (II, 185 e seg.) con molte aggiunte ed
osservazioni. Non pochi nuovi nomi di Consoli contiene la cosí detta
Cronica di Brunetto Latini, della quale parleremo piú oltre.
[18] Il prof. C. PAOLI (_Di un libro del D. O. Hartwig_, nell'_Arch.
Stor. It._, tom. IX, anno 1882) ne scoprí una nel codice laurenziano
XXVIII, 8; altre ne ha scoperte il prof. Lami, il quale spero che ne
parlerà in un suo scritto sul Malespini, che presto vedrà la luce.
[19] Fu scoperta, ma non pubblicata, dal Follini, editore del
Malespini, in un codice della Magliabechiana di Firenze, Palch. II, 67.
[20] Nell'Archivio di Lucca, in un cod. della collezione Orsucci, O, 40.
[21] Questa data (Hartwig I, 64) manca nella compilazione latina, che
anche perciò è giudicata piú antica.
[22] Nel vol. I dell'_Appendice alle letture di famiglia_: Firenze,
Cellini, 1854.
[23] Nella parte II dell'opera citata.
[24] Il prof. Santini, nella pubblicazione di cui avremo piú oltre
occasione di parlare (parte I, doc. 18) dà un doc. del 14 Giugno 1188,
nel quale è la firma: _Ego Sanzanome index et notarius_. Negli Atti
della Lega toscana del 1197 (Santini, I, 21, a pag. 37), fra i nomi
di coloro che firmarono dopo del Console di S. Miniato, si trova,
_Sanzanome de Sancto Miniato_.
[25] Cosí afferma anche il prof. PAOLI nel suo scritto già ricordato.
Il codice è il Magliab.-Strozz. Cl. XXV, 571. I _Gesta_ furono
quasi contemporaneamente pubblicati dall'Hartwig (op. cit.) e dalla
Deputazione toscana di storia patria: Firenze, Cellini, 1876.
[26] E qui appunto il codice ha diverse lacune.
[27] Vedi l'ediz. curata dal Weiland nei _Mon. Germ._, XXII, 377-475,
e ciò che ne dice lo stesso autore nell'_Archiv. der Gesellschaft für
ältere deutsche Geschichte_, XII, pag. 1 e segg.
[28] Il Ciampi, che ne pubblicò una parte, e lo Scheffer-Boichorst nei
suoi _Florentiner Studien_.
[29] Il prof. Santini, che si occupò molto di ciò, ha trovato in
Firenze dodici copie di Martin Polono e tre della traduzione, tutte del
secolo XIV; altre ancora ne ha trovate il prof. Lami.
[30] _Impressum Florentiae apud Sanctum Jacobum de Ripoli, Anno
Domini MCCCCLXXVIII._ Altre edizioni se ne fecero nel secolo XVI. Di
quest'opera il prof. Santini ha trovato in Firenze tre codici del sec.
XIV.
[31] Il Codice di Napoli è segnato XIII-F. 16. Un altro simile, del
secolo XV, continuato fino alla morte di Arrigo di Lussemburgo, è il
Laurenziano-Gaddiano CXIX.
[32] Nella seconda parte della sua opera, _Quellen_ etc., dove dà a
questi estratti il titolo di _Gesta Florentinorum und deren Ableitungen
und Fortsetzungen_.
[33] Parlando di alcuni nobili Saraceni, mandati in quell'anno
prigionieri _alla Chiesa di Roma_, aggiunge: _et io gli viddi_.
[34] Arriva fino al 1303, ma l'ultimo paragrafo sembra di mano
posteriore. Il paragrafo precedente però narra avvenimenti del 1297, e
Brunetto Latini era di certo morto prima (1294).
[35] Biblioteca Nazionale di Firenze, cl. XXV, cod. 566.
[36] Questo risulta chiaramente confermato anche da molti riscontri
fatti dal prof. Santini.
[37] Due brevissime notizie o piuttosto appunti furono d'altra mano
aggiunte in questa lacuna, e sono: — _Papa Adriano V nato di quel del
Fiesco da Genova, 1276, stette Papa die 30: vacò la Chiesa 28 dí. —
Papa Innocenzio sexto fu eletto, che fu da Portogallo_. — La seconda
notizia è certo errata. Innocenzo VI (Étienne d'Albert) era francese
del Limosino, e fu eletto nel dicembre 1352. Dopo di Adriano V, fu
invece eletto Giovanni XXI, che era portoghese. L'autore scambiò
_Iohannes_ (che forse trovò abbreviato) con _Innocentius_, e XXI, con
VI. Anche in altri cronisti le due notizie si trovano insieme, quasi
con le stesse parole, salvo però l'errore indicato.
[38] Codice Laur.-Gadd. 77. Sul dorso v'è scritto: _Cronica romanorum
Pontificum et Imperatorum_. Questo titolo conferma la connessione
della Cronica con Martin Polono, e spiega perché il codice sfuggí cosí
lungamente alle ricerche degli studiosi di storia fiorentina.
Il lavoro da noi citato del prof. Santini, essendo una tesi di laurea,
fu presentato e discusso nel nostro Istituto Superiore, ed i resultati
ne furono poi annunziati nell'_Arch. Stor. It._ Ser. IV, Tomo XII,
disp. IV, anno 1883, a pag. 483 e segg. Esso non venne pubblicato,
perché, quando l'autore lo correggeva, la scoperta dell'Alvisi rese
superflua ogni altra dimostrazione. Il Santini dava a quella Cronica
molta importanza, avendo riscontrato che i nomi d'alcuni dei Consoli da
essa sola ricordati, si trovano anche nei nuovi documenti, che sono già
stampati, e fanno parte dell'opera già ricordata, che sarà, speriamo,
presto da lui pubblicata.
[39] BALUZIO-MANZI, _Miscellanea_, Tomo IV. Questo codice Orsucci
dell'Archivio di Lucca fu assai minutamente descritto dall'Hartwig
(I, XXX e seg.), che da esso cavò e pubblicò, come dicemmo, una
compilazione italiana della leggenda.
[40] VIII, 36.
[41] I, 1.
[42] VIII, 36.
[43] Negli _Acta Sanctorum_.
[44] _L'estoire de Eracles empereur, et la conqueste de la terre
d'outremer (Recueil des historiens des Croisades)_, tradotta in latino,
greco, tedesco, spagnuolo, italiano. Per le fonti del Villani vedi
BUSSON, _Die florentinische Geschichte der Malespini_ (Innsbruck, 1869)
e Scheffer-Boichorst, _Die Geschichte Malespini, eine Fälschung_, nei
suoi _Florentiner Studien_.
[45] Nel suo articolo sul lavoro dell'HARTWIG.
[46] «Il y en eut (des Consuls) tout au moins en 1101». E dopo aver
citato il documento, aggiunge in nota: «Dévant ce fait si positif, il
serait oiseux de s'arrêter aux conjectures des auteurs, même presque
contemporains» pag. 209.
[47] Pag. 152-4.
[48] BORGHINI, _Discorsi_, vol. II, pag. 27 e 93; Firenze 1755.
[49] Ora è uscito il IX ed ultimo, che va fino alla caduta della
Repubblica (1530-32).
[50] Dei molti errori che si trovano in questo primo volume, ha parlato
assai a lungo l'HARTWIG nell'_Historische Zeitschrift_ del Sybel, vol.
III, fasc. 3, anno 1868. Degli altri volumi non è qui ancora luogo a
parlare.
[51] Servio, nel suo comentario sull'Eneide (lib. III, v. 104), scrive:
You have read 1 text from Italian literature.
Next - I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 22
  • Parts
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 01
    Total number of words is 4335
    Total number of unique words is 1484
    40.5 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 02
    Total number of words is 4404
    Total number of unique words is 1510
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    59.0 of words are in the 5000 most common words
    67.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 03
    Total number of words is 4439
    Total number of unique words is 1478
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    64.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 04
    Total number of words is 4543
    Total number of unique words is 1538
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 05
    Total number of words is 4470
    Total number of unique words is 1583
    42.2 of words are in the 2000 most common words
    57.8 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 06
    Total number of words is 4428
    Total number of unique words is 1434
    42.6 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 07
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1500
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 08
    Total number of words is 4409
    Total number of unique words is 1429
    43.0 of words are in the 2000 most common words
    57.9 of words are in the 5000 most common words
    66.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 09
    Total number of words is 4449
    Total number of unique words is 1398
    44.0 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 10
    Total number of words is 4421
    Total number of unique words is 1463
    43.7 of words are in the 2000 most common words
    59.9 of words are in the 5000 most common words
    68.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 11
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1539
    44.4 of words are in the 2000 most common words
    62.2 of words are in the 5000 most common words
    69.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 12
    Total number of words is 4419
    Total number of unique words is 1535
    44.4 of words are in the 2000 most common words
    61.3 of words are in the 5000 most common words
    69.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 13
    Total number of words is 4462
    Total number of unique words is 1493
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    59.0 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 14
    Total number of words is 4451
    Total number of unique words is 1573
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    60.4 of words are in the 5000 most common words
    69.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 15
    Total number of words is 4480
    Total number of unique words is 1549
    44.7 of words are in the 2000 most common words
    62.2 of words are in the 5000 most common words
    69.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 16
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1550
    42.9 of words are in the 2000 most common words
    59.3 of words are in the 5000 most common words
    68.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 17
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1569
    43.7 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    68.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 18
    Total number of words is 4135
    Total number of unique words is 1753
    30.3 of words are in the 2000 most common words
    43.0 of words are in the 5000 most common words
    49.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 19
    Total number of words is 4445
    Total number of unique words is 1483
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    64.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 20
    Total number of words is 4404
    Total number of unique words is 1510
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 21
    Total number of words is 4256
    Total number of unique words is 1599
    42.3 of words are in the 2000 most common words
    56.4 of words are in the 5000 most common words
    64.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 22
    Total number of words is 4137
    Total number of unique words is 1724
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    52.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 23
    Total number of words is 4163
    Total number of unique words is 1342
    36.9 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 24
    Total number of words is 4177
    Total number of unique words is 1487
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 25
    Total number of words is 1422
    Total number of unique words is 676
    49.5 of words are in the 2000 most common words
    62.8 of words are in the 5000 most common words
    68.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.