I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 11

Total number of words is 4437
Total number of unique words is 1539
44.4 of words are in the 2000 most common words
62.2 of words are in the 5000 most common words
69.1 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
in tal modo le sofferte ingiurie. Trentasei case di Guelfi furono
disfatte, fra cui il palazzo Tosinghi in Mercato Nuovo, alto novanta
braccia, tutto a colonnini di marmo. L'odio andò tanto oltre, che si
poté dire e credere da molti avere i Ghibellini meditato perfino la
distruzione del tempio di S. Giovanni, perché ivi solevano radunarsi i
Guelfi. Avevano, si affermava, scavato le fondamenta della vicina torre
del Guardamorto, acciò, cadendovi sopra, lo rovinasse. Il tentativo non
sarebbe riuscito, perché, nel cadere, la torre prese miracolosamente
altra direzione. Ma assai piú credibile è il racconto del Vasari,
il quale scrive, invece, che la torre fu abbattuta per sgomberare la
piazza, e che Nicolò Pisano, il quale ne ebbe commissione, la tagliò e
fece cadere in modo da non danneggiare la chiesa né le case vicine.
Comunque sia, fu questa la prima volta, in cui cominciò veramente
la storia funesta delle crudeli vendette cittadine, non solo col
disfare le case dei vinti, ma esiliandoli in massa. I Ghibellini
restaron padroni di tutto, e per maggior sicurezza ritennero 800
soldati tedeschi, comandati dal conte Giordano Lancia. Si direbbe che
il partito il quale traeva la sua origine di Germania, dove riteneva
sempre forti aderenze, non potesse neppure ora pigliare in mano le
redini del governo fiorentino, senza essere sostenuto dal braccio
del soldato tedesco, e potesse nella Repubblica comandar solo in nome
dell'Imperatore. Tali furono dunque le ultime conseguenze dell'aver
lasciato entrare in Firenze l'aristocrazia feudale-imperiale, e
dell'averle permesso di trovare nel Podestà non solamente un giudice,
ma ancora un capo politico e militare.

III
La vittoria ottenuta nel 1249 dai Ghibellini contro i Guelfi in
Firenze, era stata violenta e sanguinosa, ma non sicura. I Ghibellini
avevano disfatto gli ordini della libertà; avevano cacciato in esilio
un numero grandissimo dei loro nemici; con l'aiuto del conte Giordano
Lancia, vicario di Federico II, e cogli 800 Tedeschi, erano divenuti
padroni di Firenze; ma il popolo, la borghesia, tutto il maggior
numero de' cittadini erano Guelfi. Inoltre papa Innocenzo IV sollevava
in Italia tanti nemici all'Imperatore, che i trionfi di questo non
potevano durare a lungo. Gli esuli fiorentini perciò s'erano annidati
nei vicini castelli, specialmente in quello di Montevarchi, nel
Valdarno superiore, ed in quello di Capraia, nel Valdarno inferiore. Di
là facevano continue scorrerie, dimostrando chiaro di non avere perduto
la speranza di tornare ben presto in Città. Bisognava dunque proseguire
la guerra contro di essi, per non vederli da un momento all'altro
tornare potenti.
Venne perciò assalito Montevarchi, con l'aiuto dei soldati tedeschi; ma
furono quasi tutti uccisi o fatti prigionieri. Quella rotta fece veder
piú chiaro ai Ghibellini di Firenze il pericolo in cui si trovavano, e
decisero perciò di portare un regolare assedio al castello di Capraia,
dove s'erano chiusi i principali Guelfi, capi della parte o Lega,
come allora la chiamavano, i quali guidavano i movimenti degli altri.
Sebbene circondati da forze maggiori, gli assediati si decisero ad
un'ostinata difesa, ed i Ghibellini s'apparecchiarono a combatterli con
l'armi e con la fame. Non sarebbero tuttavia riusciti nell'intento,
se non fosse venuto aiuto di nuove genti, mandate dall'imperatore
Federico, che allora appunto aveva dovuto abbandonare l'assedio di
Parma, ed erasene venuto in Toscana. Ma anche dopo questi aiuti, solo
la fame fece arrendere i Guelfi. I principali di essi furono mandati
a Federico II, che si trovava a Fucecchio. Egli li menò seco nel regno
di Napoli, e quivi li fece, dicono i cronisti fiorentini, barbaramente
accecare, mazzerare, affogar nel mare, salvandone uno solo, cui
concesse la vita, ma non la vista.
L'Imperatore era stanco, irritato dalla continua guerra mossagli dai
papi. Non aveva avuto mai pace dacché Sinibaldo de' Fieschi, pigliando
nome d'Innocenzo IV, era salito sulla sedia di S. Pietro, il 24 giugno
1243. In un concilio tenuto a Lione (1245), questi lo aveva condannato
e deposto. Aveva poi segretamente promosse contro di lui molte
cospirazioni, e si era sempre piú o meno adoperato a farle riuscire
nell'intento. In una di esse i sospetti dell'Imperatore caddero
perfino sul suo piú fedele segretario ed amico, Pier delle Vigne,
che, chiuso nella torre di S. Miniato al Tedesco, fu colà condannato
a perdere gli occhi, e menato poi a Pisa, si uccise battendo la testa
ad un muro. Queste traversie ora irritavano ed ora piegavano l'animo
di Federico, che, sebbene filosofo e scettico, pure temeva assai i
fulmini del Vaticano. Voleva riconciliarsi col Papa, partire di nuovo
per l'Oriente a combattere gl'infedeli; ed Innocenzo, invece, allora
appunto sollevava contro di lui tutte le città guelfe, obbligandolo
a prendere di nuovo le armi, per sostenere il partito ghibellino
e la propria autorità in Italia. Il che egli non seppe fare, senza
abbandonarsi, come abbiam visto, ad eccessi d'inaudite crudeltà, le
quali naturalmente accrebbero per tutto il numero de' suoi nemici. In
Germania già il partito guelfo non aveva voluto riconoscere l'autorità
di Corrado, figlio dell'Imperatore, che lo aveva mandato colà per
essere da lui rappresentato. A Parma l'esercito comandato da Federico
in persona era stato disfatto. Bologna si mise alla testa di tutte
le città guelfe di Romagna, e con forte esercito, andando incontro
ai Ghibellini, comandati da re Enzo, altro figlio naturale di lui, li
ruppe nella battaglia di Fossalta, il 26 maggio 1249. Lo stesso Enzo
fu preso e portato trionfalmente nelle prigioni di Bologna, dove rimase
sino alla sua morte, seguita nel 1271. Federico non visse però tanto da
provar quest'ultimo dolore. Il 13 dicembre 1250 moriva in un castello
presso Lucera, nelle Puglie, e la sua morte fu l'ultimo crollo del
partito ghibellino in Firenze ed in tutta Italia.
Contro questo partito s'univa allora all'odio politico anche un odio
religioso, non solo perché i Ghibellini combattevano il Papa; ma piú
assai, perché le eresie che cominciavano a serpeggiare in Italia,
trovavano fra di loro molti seguaci, come avevano spesso trovato
nell'Imperatore tolleranza e favore. Questo veleno, che ora filtrava
lentamente nella società italiana, teneva i Papi in grandissimo
pensiero. Avevano dapprima cominciato a levar grido e trovare seguaci
gli Albigesi nella Provenza, dove i poeti avevano attaccato con tutte
le loro forze la Corte di Roma. Erano però sorti a combatterli, gli
ordini religiosi di S. Francesco e S. Domenico. Innocenzo III aveva a
questo fine fondata la Sacro-Santa Inquisizione, e S. Domenico, alla
testa di moltitudini assetate di sangue eretico, aveva comandato la
strage degli Albigesi, dilaniando tutta la Provenza. Ma gli esuli erano
venuti in Italia a comunicare lo stesso odio contro Roma, a seminare
il medesimo veleno. Infatti i Paterini, che combattevano il Papa e non
credevano alla verginità della Madonna, né alla transustanziazione, né
ad altri dommi della religione cattolica, trovavano seguaci per tutto,
e si riunivano pubblicamente. Gli Epicurei, gli Avverroisti, altre
sette filosofiche si propagavano con rapidità fra i dotti italiani.
Per qualche tempo era parso, che il centro principale di questo tumulto
intellettuale e religioso si formasse a Palermo, nei giorni piú felici
della Corte di Federico II. Circondato da scolastici, da trovatori, da
poeti d'ogni sorta, da Musulmani e da Greci scismatici, da Provenzali
albigesi e da filosofi materialisti, egli che pure andò alla Crociata,
e perseguitò gli eretici, s'era singolarmente compiaciuto di questa
multiforme società, nella quale, fra il sarcasmo, il dubbio e l'odio
ai preti, sorse quella poesia italiana, che nella _Divina Commedia_
doveva mostrarsi piena di tanta vera fede e di cosí nobili aspirazioni.
Ma intanto l'eresia e il dubbio s'eran diffusi per tutta la Penisola.
I Paterini s'erano rapidamente moltiplicati tra i Ghibellini di
Firenze, dove il Papa mandava l'Inquisizione ad iniziar processi e
condanne. Nel 1244 fra Pietro da Verona, animato piú da furore che da
zelo religioso, veniva dal pergamo ad infiammare lo spirito cattolico;
istituiva una _Società dei Capitani di S. Maria_ o _della Fede_,
nella quale s'arrolavano uomini e donne a sterminio degli eretici.
Le passioni s'accesero, e nel 1245 vi fu per le vie di Firenze una
regolare battaglia fra cattolici ed eretici. A. S. Felicita ed alla
Croce al Trebbio, dove una colonna rammenta ancora l'infausto giorno, i
_Capitani della Fede_, vestiti di bianco, croce-segnati, e guidati da
fra Pietro da Verona, alto, robusto, animoso, ruppero i Paterini e li
costrinsero a lasciar Firenze. In premio di questa sanguinosa vittoria,
esso fu nominato inquisitore di Toscana, e poi anche di Lombardia,
dove finalmente, tra Milano e Como, trovò la morte, per opera di coloro
che erano stanchi delle sue persecuzioni. Il che gli fece aver nome di
santo e di martire, e fu d'allora in poi chiamato S. Pietro martire da
Verona.[241]

IV
Ma intanto l'anno 1250, di cui dobbiamo ora discorrere, Federico
II moriva, Enzo suo figlio era in prigione a Bologna, Innocenzo IV
sollevava il partito guelfo, Pietro da Verona faceva terrore agli
eretici ed a tutti i nemici del Papa, in Toscana ed in Lombardia. Il
trionfo ghibellino non poteva quindi durare a lungo in Firenze. Ed
infatti, sin da quando Federico s'era ritirato in Puglia, già vicino a
morire, i Guelfi avevano preso tanto animo, che i Ghibellini pensarono
di far nuovo sforzo, ed andarono ad assalirli nel castello d'Ostina, in
Valdarno, ove in gran numero s'erano radunati. Ma nel porre l'assedio,
bisognò tenere una forte guardia a Figline, per difendere le spalle
degli assalitori contro gli altri Guelfi, che in numero non piccolo
si trovavano raccolti a Montevarchi. E questi allora assalirono di
notte il campo, che era posto a guardia di Figline, e lo ruppero per
modo che, quando la nuova giunse ad Ostina, i Ghibellini levarono
l'assedio, tornandosene a Firenze. Allora subito cosí il popolo come
la borghesia, stanchi già delle incomportabili gravezze sopportate per
le guerre continue fatte dai Ghibellini, delle «gravi torsioni e forze
e ingiurie», con cui essi tiranneggiavano il popolo, videro giunto il
momento della vendetta, e si levarono a tumulto. Ne furono capi i piú
autorevoli fra gli uomini, cosí detti, di mezzo, che allora guidavano
il popolo. Costoro si raccolsero nella Chiesa di S. Firenze, poi in
quella di S. Croce, e finalmente, temendo sempre d'essere assaliti
dagli Uberti, si restrinsero in minor numero, piú sicuri, nelle case
degli Anchioni, dove nell'ottobre del 1250, nominarono trentasei
Caporali di popolo, sei per Sesto, i quali posero le basi della terza
costituzione di Firenze, che si chiamò del _Primo Popolo_, perché
intesa principalmente a costituire il popolo e renderlo forte contro
i nobili. E questi si trovavano ora cosí perduti d'animo, che senza
resistere, accettarono le nuove leggi.
Si cominciò col rimuovere d'ufficio tutti i magistrati; si pose poi
mano alla riforma. Si mantenne la istituzione del Podestà, che anzi
rimase sempre piú come capo dei nobili, perché di fronte ad esso
fu ora istituito il Capitano del popolo, quale capo dei popolani. E
perché cosí la Repubblica si trovò divisa in due, furono alla testa
di essa, come governo centrale, posti dodici Anziani di popolo, due
per Sesto. Questi venivano in certo modo a riprendere l'antico ufficio
dei Consoli; ne differivano però non solo perché eran popolani,
ma anche per la esistenza del Podestà e del Capitano, nelle mani
dei quali si trovò principalmente il governo della Città. La parte
nuova e piú importante della riforma fu infatti la istituzione del
Capitano, messo a comandare il popolo, che venne allora militarmente
ordinato. In Città fu diviso in 20 compagnie armate, con 20 gonfaloni
o bandiere, sotto 20 Gonfalonieri; nel contado si ordinarono invece
96 compagnie, trovandosi esso già diviso in 96 pivieri. Riunite tutte
queste compagnie della Città e del contado, formarono un solo esercito
popolare, pronto, in ogni occorrenza, a combattere cosí i nemici
esterni, come le prepotenze dei nobili all'interno. Esso stava sotto
gli ordini del Capitano, che era come il tribuno, il generale ed il
giudice di questa moltitudine armata, e perciò fu piú tardi chiamato
anche _Difensore delle Arti e del Popolo, Capitano della massa de'
Guelfi_, ecc. Simile al Podestà, durava in ufficio un anno, e doveva
essere guelfo, nobile e forestiero. Conduceva seco, nel venire a
Firenze, giudici, cavalieri, e cavalli armigeri, perché nella guerra
guidava il popolo, e nella pace amministrava la giustizia. L'ufficio
del Podestà ritenne, come già dicemmo, tutta la sua importanza civile
e militare. A lui spettavano di regola le cause civili e criminali;
al Capitano erano serbate principalmente quelle che nascevano da
violenze dei grandi contro il popolo, quelle risguardanti la gabella
o l'estimo, e ancora le estorsioni, falsità, violenze, quando però
non ne fosse prima venuta querela al Podestà, o questi non se ne
fosse occupato.[242] Ed in tali cause il Capitano poteva condannare
anche a morte. A lui era affidato il gonfalone o bandiera del popolo,
bianca e vermiglia, e con la campana posta sulla torre detta del
Leone, radunava il popolo. Esso dimorava nella Badía, insieme cogli
Anziani, che in molte cose furon come suoi consiglieri. Il primo che
assunse il nuovo ufficio fu messer Uberto da Lucca. Il Podestà poi,
sebbene alcuni scrittori, ingannati dalle parole alquanto oscure del
Villani e del Malespini, lo credessero, almeno per qualche tempo,
abolito, restò sempre a capo di quello che chiamavasi piú specialmente
Comune.[243] Ebbe anch'esso le sue compagnie d'uomini armati, ed ebbe
inoltre le bandiere della cavalleria, composta quasi tutta di nobili,
e quelle degli arcieri, dei palvesari, dei balestrieri, ecc., i quali,
insieme riuniti, formavano l'_oste_ propriamente detta, o sia la
parte piú regolare dell'esercito repubblicano. Il Podestà comandava
assai spesso tutto l'esercito, ma era suo speciale ufficio stare a
capo della cavalleria e dell'_oste_.[244] E per crescerne sempre piú
la importanza, fu deliberata la costruzione d'un grande e monumentale
palazzo,[245] in cui avesse residenza, e raccogliesse i suoi ufficiali
e consiglieri. Ma da un altro lato, siccome nulla si tralasciava, per
afforzare il popolo a danno dei nobili, fu ordinato che tutte le torri
dei potenti venissero abbassate in modo che niuna superasse l'altezza
di 50 braccia, e con le pietre cosí raccolte, si murò la città oltre
l'Arno.[246]
Insomma la terza costituzione, o del Primo Popolo, fu una costituzione
politico-militare, che divise la Repubblica in Comune e Popolo, nei
quali, come in due campi avversi, si raccolsero l'aristocrazia e
la democrazia. L'esercito usciva in campo, a Comune ed a Popolo, le
principali deliberazioni dovevano essere approvate dal Comune e dal
Popolo. Che se una tal divisione ci sembra strana, essa era pure
assai generale nel Medio Evo. La troviamo in molte città di Toscana,
la troviamo a Bologna, dove i nobili ed il popolo formavano come due
repubbliche, con leggi e statuti diversi, con due palazzi di residenza
distinti. A Milano troviamo la repubblica tripartita nella Credenza
dei Consoli, nella Motta e nella Credenza di Sant'Ambrogio, nelle
quali erano la nobiltà maggiore, la media ed il popolo. E tutto ciò
sembrava assai naturale, giacché le istituzioni ritraevano lo stato
della società, e questa era divisa, perché sorta in origine dalla
lotta delle popolazioni latine con le germaniche, dei conquistati coi
conquistatori. I lontani eredi degli uni e degli altri si trovavano
armati, in due campi opposti, pronti sempre a combattersi.[247]
In tale stato di cose è facile comprendere, come il governo centrale
avesse a Firenze ben poca autorità, e come invece, nel contrasto
continuo e nella gelosa emulazione, si andassero rafforzando sempre
piú il Podestà ed il Capitano. Il primo, sebbene si trovasse ora in
compagnia d'altri magistrati, era sempre quello che piú propriamente
rappresentava la Repubblica. Faceva i trattati di pace in nome di
essa; accettava concessioni e sottomissioni d'altre terre o castelli,
e, come già in passato, cosí continuava adesso ad avere due Consigli,
lo Speciale che era di 90, il Generale, di 300 Consiglieri. E due
ne ebbe anche il Capitano del popolo, che furono del pari, come era
l'uso allora, lo Speciale o Credenza di 80 Consiglieri, che uniti
al Consiglio generale, arrivavano a 300, fra cui erano gli Anziani,
i Capi delle Arti, i Gonfalonieri delle Compagnie ed altri, tutti
popolani, a differenza dei Consigli del Podestà, nei quali entravano
anche i nobili. Assai spesso i membri del Consiglio speciale entravano
a far parte anche del generale, che perciò soleva chiamarsi Consiglio
generale e speciale del Podestà o del Capitano. Gli Anziani ebbero un
loro proprio Consiglio che fu di 36 Buoni uomini di popolo, al quale
bisogna però aggiungere il Parlamento, sebbene ora s'adunasse di rado,
e solo nelle grandi occasioni. Ma tutti questi Consigli solo col tempo
presero, come noi vedremo; un assetto definitivo; per ora, salvo quelli
del Podestà, che erano piú antichi, ebbero una forma ancora incerta e
mutabile.[248] In ogni modo l'ordinamento generale che la Repubblica
in gran parte aveva già preso, e verso di cui sempre piú s'avviava, era
questo: gli Anziani, il Consiglio dei 36 ed il Parlamento costituivano
il governo centrale, assai indebolito però dalla costituzione e dalla
forza crescente del Comune e del Popolo, i quali, col Podestà e col
Capitano alla loro testa, coi rispettivi Consigli maggiori e minori,
formavano come due repubbliche l'una di fronte all'altra. Il Comune
aveva di certo piú grande autorità ed importanza legale; ma il Popolo
cresceva ogni giorno di numero e d'ardire. Ben presto infatti si videro
alcune antiche famiglie mutare i loro nomi e lasciare i titoli, per
andare a confondersi tra i popolani.
La nuova costituzione venne diversamente giudicata dai grandi scrittori
politici di Firenze. Donato Giannotti la biasimò, dicendo che era:
«soggetto da sedizioni e non vinculo di pace e concordia, perché chi
ordinò quel governo tutto lo dirizzò contro ai Grandi, che avevano
al tempo di Federico retto, li quali, stando con continuo timore,
furono necessitati sollevarsi tosto che l'occasione apparse».[249]
Il Machiavelli, invece, la lodava, concludendo: «Con questi ordini
militari e civili fondarono i Fiorentini la loro libertà. Né si
potrebbe pensare quanto di autorità e fortezza in poco tempo Firenze
si acquistasse. E non solamente capo di Toscana divenne: ma in tra
le prime città d'Italia era numerata, e sarebbe a qualunque grandezza
salita, se le spesse e nuove divisioni non l'avessero afflitta».[250]
Ed aveva ragione. I cronisti del tempo, e la storia imparziale dei
fatti dànno piena conferma alle sue parole. La Repubblica cominciò ad
abbellirsi di nuovi monumenti. Fu costruito non solamente il palazzo
del Comune o sia del Podestà, ma anche il ponte a S. Trinita, opera
alla quale concorse largamente un privato cittadino col suo proprio
danaro. Si coniò il fiorino d'oro,[251] moneta che, per la sua ottima
lega, ebbe subito corso, non solo in tutti i mercati d'Europa,
ma ancora negli scali d'Oriente, e fu di vantaggio grandissimo al
commercio fiorentino, che ogni giorno s'andava estendendo di piú. I
nobili certamente non furono contenti, e lo dimostraron subito nel
'51, quando la piú parte di essi ricusarono d'andare al campo contro
Pistoia; ma dopo che ne furon mandati alcuni in esilio, gli altri
s'acquetaron subito. Vennero richiamati gli esuli guelfi, si fecero
paci in Città; ed essendo già morto Federico II, l'aristocrazia
si trovò frenata dal popolo, divenuto forte e sicuro di sé. Allora
ricominciarono subito le guerre esterne, le quali furon cosí fortunate,
che i dieci anni che seguirono, si dissero gli anni delle vittorie.

V
Questo Primo Popolo o Popolo Vecchio, come lo chiamarono, perché
era infatti il popolo la prima volta politicamente e militarmente
costituito, fece subito sentir la propria forza. Per dare alle
crescenti mercatanzie fiorentine libero accesso al mare, senza ancora
combattere Pisa, concluse il 30 d'aprile 1251 un trattato coi conti
Aldobrandeschi, possenti signori della Maremma, mediante il quale la
Repubblica ebbe facoltà di passare liberamente per le loro terre, e
cosí arrivare a Porto Talamone ed a Port'Ercole, facendone libero uso
pel suo commercio.[252] Tutto ciò non poteva certo piacere ai Pisani,
che subito strinsero alleanza con Siena, cui aderí anche Pistoia.
Cosí le tre città ghibelline si unirono a danno della guelfa Firenze.
Ma non bastava. Il 24 luglio 1251 i Ghibellini della Città, mediante
un segreto accordo con Siena, aderirono alla lega, con promessa
vicendevole d'aiutarsi al conseguimento del fine comune, al trionfo
cioè della parte in tutta Toscana. A questo accordo, come era naturale,
parteciparono poi i Ghibellini delle vicine terre, che si trovarono
cosí tutti collegati a danno di Firenze.
I Fiorentini allora, trovandosi circondati da tanti nemici,
cominciarono a difendersi coll'assalir subito Pistoia; ma i Ghibellini
della Città ricusarono di pigliar parte ad una guerra, manifestamente
diretta a loro danno. E però, quando l'esercito tornò vittorioso
dalla scorreria fatta, molti dei piú autorevoli di essi, fra cui gli
Uberti ed i Lamberti, furono cacciati in esilio. La cosa dovette avere
un'importanza maggiore assai che non pare, perché gli esuli innalzarono
la bandiera della Repubblica, la quale s'indusse a mutare la propria,
ed invece del giglio bianco in campo rosso, ebbe d'allora in poi il
giglio rosso in campo bianco. La bandiera del popolo rimase sempre la
stessa, cioè, dimezzata, bianca e rossa. Nella state di quel medesimo
anno si sollevarono in Mugello gli Ubaldini, rinforzati dagli esuli,
ma furono sconfitti. I Fiorentini s'avvidero adesso che dovevano
seriamente pensare ai proprî casi. E però, mediante i Lucchesi già
loro amici, strinsero alleanza (agosto 1251) con S. Miniato al Tedesco,
dove non era in quel momento vicario imperiale; rinnovarono (settembre)
quella che già avevano con Orvieto, e un'altra ne strinsero con Genova
(novembre), sempre nemica di Pisa.
Cosí tutta Toscana si trovò divisa in guelfa e ghibellina. Gli esuli,
insieme con alcuni soldati tedeschi delle bande di Federico II, si
chiusero nel castello di Montaia, nel Val d'Arno di sopra, che era
del conte Guido Novello. I Fiorentini corsero ad assalirlo verso la
fine dell'anno, ma ne furono con vergogna respinti. Tornati a casa,
sonarono la campana, raccolsero un grosso esercito, ed uscirono di
nuovo, armati a Popolo ed a Comune, proseguendo nel gennaio con ardore
la guerra, non ostante il freddo e la neve. Le condizioni generali
delle cose in Toscana allargarono le proporzioni di questa guerra, da
un lato essendosi all'esercito fiorentino uniti i soldati lucchesi,
e dall'altro movendosi i Pisani ed i Senesi in aiuto degli esuli.
Il Primo Popolo si mostrò ora degno di se stesso. I nemici furono
respinti, il Castello di Montaia fu preso e demolito, i difensori
vennero menati prigionieri a Firenze (gennaio 1252).[253]
Andarono poi i Fiorentini a dare il guasto nel Pistoiese, e si
fermarono nel ritorno ad assediare il Castello di Tizzano. Ma saputo
colà, che i Pisani, dopo aver disfatto i Lucchesi, se ne tornavano a
casa con i prigionieri e la preda, lasciarono l'assedio, per correre
loro incontro. Li raggiunsero, infatti, e dettero loro una totale
sconfitta a Pontedera, il dí 1 luglio 1852. Fu preso prigioniero lo
stesso podestà di Pisa, e si vide anche un altro fatto assai singolare.
I prigionieri lucchesi, che erano stati legati e venivano trascinati a
Pisa, non solo furono liberati, ma poterono, coll'aiuto dei Fiorentini,
menare a Lucca que' medesimi Pisani, dai quali erano stati presi e
legati.
Gli esuli intanto, profittando della lontananza dell'esercito
fiorentino, s'erano col conte Guido Novello chiusi in Figline, di
dove facevano scorrerie continue. E quindi fu necessario affrettarsi
ad assalirli. La terra s'arrese, a condizione però che i forestieri,
i quali l'avevano difesa, venissero lasciati liberi, e gli esuli
riammessi, il che fu fatto; ma essa fu poi, contro i patti, corsa
ed arsa (agosto 1252).[254] Ed intanto i Senesi, profittando della
occasione, avevano assediato Montalcino, forte castello ai confini
dei Fiorentini, i quali perciò corsero subito a liberarlo. Respinti i
Senesi, fornito il castello d'ogni cosa necessaria alla difesa, se ne
tornarono a casa.
Questi fortunati eventi non furono senza le loro conseguenze. Infatti,
essendo nel 1253 i Fiorentini andati di nuovo contro Pistoia, questa,
senza molta resistenza, s'arrese, obbligandosi (1 febbraio 1254) ad
uscire dalla Lega ghibellina, a rimettere nella città i Guelfi, ad
essere in tutto a disposizione di Firenze.[255] La quale andò subito
a difendere Montalcino, di nuovo assalito dai Senesi, e cosí la guerra
contro di essi, cominciata alla fine del 1253, fu ripresa vigorosamente
nel 1254, e finita con la sottomissione di Siena, che perdette un gran
numero di castelli (giugno 1254), venuti in mano dei Fiorentini, che
altri ancora ne presero colla forza o ne ebbero per danaro dai conti
Guidi. Tornando poi a casa, sottomisero la grossa terra di Poggibonsi,
assai importante, che aderiva ai Ghibellini ed a Siena. Portarono
il guasto a Volterra, la quale per la fortezza del luogo pareva
addirittura inespugnabile; ma i Volterrani, preso animo, uscirono
arditamente a battaglia, e furono vinti ed inseguiti con tanto impeto,
che i Fiorentini si trovarono dentro la città prima ancora che avessero
pensato di poterla conquistare. Lo spavento fu cosí generale, che
vecchi, donne, bimbi, una moltitudine grandissima, con alla testa il
vescovo, si presentarono supplichevoli, per arrendersi ai Fiorentini,
i quali si dimostrarono assai generosi, proibendo il saccheggio,
contentandosi di riformare il governo della città, che ridussero
a parte guelfa. E Pisa, trovandosi isolata, fini coll'arrendersi
anch'essa a patti, che vennero sottoscritti il 4 di agosto 1254. In
conseguenza di essi i Fiorentini poterono entrare ed uscire di Pisa,
insieme con le loro mercatanzie, liberi per terra e per mare, da ogni
tassa, dazio o gabella. Dovettero inoltre i Pisani, nel contrattar
con loro, adoperare il peso, la misura, ed in parte anche la moneta
fiorentina. Cedettero varie terre e castella, fra cui Ripafratta. Per
sicurtà di questi patti e dell'amicizia che avevano giurata, furono
costretti a dare 150 ostaggi. E dopo di ciò si sottomise (25 agosto)
anche Arezzo, che accettò un podestà dai Fiorentini.[256]
Questi furono chiamati gli anni delle vittorie del Primo Popolo, di cui
i cronisti tanto esaltano il valore e la bontà. Il Villani, copiato
al solito dal Malespini, ci dice che esso fu «molto superbo d'alte
e grandi imprese», e i suoi rettori «furono molto leali e diritti a
Comune».[257] E poco dopo aggiunge: «I cittadini di Firenze viveano
sobrî e di grosse vivande, e con piccole spese, e di molti (buoni?)
costumi e leggiadrie, grossi e ruddi, e di grossi drappi vestiano loro
e le loro donne. E molti portavano le pelli scoperte senza panno,
e colle berrette in capo, tutti con gli usatti in piede, e le donne
fiorentine co' calzari senza ornamenti, e passavansi le maggiori d'una
gonnella assai stretta di grosso scarlatto d'Ipro o di Camo, cinta
ivi su d'uno scaggiale[258] all'antica, e uno mantello foderato di
vaio, col tassello[259] di sopra, e portavanlo in capo; e le comuni
donne vestite d'uno grosso verde di Cambragio per lo simile modo. E
lire cento era comune dota di moglie, e lire dugento o trecento era
a quegli tempi tenuta isfolgorata; e le piú belle pulcelle avevano
venti o piú anni, anzi ch'andassono a marito».[260] Anche la _Divina
Commedia_, come è noto, dà ampia conferma a questi giudizi sul buono
e leale popolo vecchio di Firenze, giudizio di cui i fatti rendono
testimonianza continua.
E la prosperità cittadina cresceva non solo nella guerra, ma anche
You have read 1 text from Italian literature.
Next - I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 12
  • Parts
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 01
    Total number of words is 4335
    Total number of unique words is 1484
    40.5 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 02
    Total number of words is 4404
    Total number of unique words is 1510
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    59.0 of words are in the 5000 most common words
    67.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 03
    Total number of words is 4439
    Total number of unique words is 1478
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    64.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 04
    Total number of words is 4543
    Total number of unique words is 1538
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 05
    Total number of words is 4470
    Total number of unique words is 1583
    42.2 of words are in the 2000 most common words
    57.8 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 06
    Total number of words is 4428
    Total number of unique words is 1434
    42.6 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 07
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1500
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 08
    Total number of words is 4409
    Total number of unique words is 1429
    43.0 of words are in the 2000 most common words
    57.9 of words are in the 5000 most common words
    66.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 09
    Total number of words is 4449
    Total number of unique words is 1398
    44.0 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 10
    Total number of words is 4421
    Total number of unique words is 1463
    43.7 of words are in the 2000 most common words
    59.9 of words are in the 5000 most common words
    68.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 11
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1539
    44.4 of words are in the 2000 most common words
    62.2 of words are in the 5000 most common words
    69.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 12
    Total number of words is 4419
    Total number of unique words is 1535
    44.4 of words are in the 2000 most common words
    61.3 of words are in the 5000 most common words
    69.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 13
    Total number of words is 4462
    Total number of unique words is 1493
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    59.0 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 14
    Total number of words is 4451
    Total number of unique words is 1573
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    60.4 of words are in the 5000 most common words
    69.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 15
    Total number of words is 4480
    Total number of unique words is 1549
    44.7 of words are in the 2000 most common words
    62.2 of words are in the 5000 most common words
    69.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 16
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1550
    42.9 of words are in the 2000 most common words
    59.3 of words are in the 5000 most common words
    68.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 17
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1569
    43.7 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    68.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 18
    Total number of words is 4135
    Total number of unique words is 1753
    30.3 of words are in the 2000 most common words
    43.0 of words are in the 5000 most common words
    49.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 19
    Total number of words is 4445
    Total number of unique words is 1483
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    64.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 20
    Total number of words is 4404
    Total number of unique words is 1510
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 21
    Total number of words is 4256
    Total number of unique words is 1599
    42.3 of words are in the 2000 most common words
    56.4 of words are in the 5000 most common words
    64.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 22
    Total number of words is 4137
    Total number of unique words is 1724
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    52.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 23
    Total number of words is 4163
    Total number of unique words is 1342
    36.9 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 24
    Total number of words is 4177
    Total number of unique words is 1487
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 25
    Total number of words is 1422
    Total number of unique words is 676
    49.5 of words are in the 2000 most common words
    62.8 of words are in the 5000 most common words
    68.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.