I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 05

Total number of words is 4470
Total number of unique words is 1583
42.2 of words are in the 2000 most common words
57.8 of words are in the 5000 most common words
65.6 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
Fiesole; Cesare, Augusto, gl'Imperatori sono i fondatori, difensori,
restauratori di Firenze, fatta sempre a similitudine di Roma, chiamata
piccola Roma, Augusta, Cesarea, ecc.; Totila o Attila, cioè i barbari
che sovvertirono l'Impero, sono quelli che la disfecero. Piú tardi
un'altra leggenda la fa ricostruire da Carlo Magno, il restauratore
dell'Impero. Cosí almeno è narrato dal Villani e dal Malespini; ma
non ve n'è traccia nel _De Origine_, e neppure nel _Libro fiesolano_,
che, imbevuti di tradizioni romane, non conoscono ancora leggende
cavalleresche. Infatti, nel darci questo racconto, il Villani dice:
«Troviamo per le Croniche di Francia».
Le prime origini di Firenze furono attribuite alla etrusca Fiesole. E
Dante stesso dice de' Fiorentini nel suo Inferno (xv-61-3):
Ma quell'ingrato popolo maligno
Che discese da Fiesole ab antico
E tiene ancor del monte e del macigno.
Niccolò Machiavelli nelle sue _Storie_, lasciando da parte (come aveva
già fatto Leonardo Bruni) tutte le leggende medioevali, diceva che i
mercanti fiesolani cercarono, fin da tempi remotissimi, di avere un
emporio sull'Arno. Cosí a poco a poco s'andarono costruendo capanne,
che poi divennero case, le quali formarono una città. Ma ciò sarebbe
avvenuto per opera dei Romani, dopo le guerre cartaginesi. Altri
suppose che ciò potesse essere avvenuto quando, secondo Livio (187 a.
C.), Flaminio _viam a Bononia perduxit Arretium_.[61] Ma questo primo
periodo della storia di Firenze è oscurissimo. Strabone non la nomina
neppure; la ricordano Tacito e Plinio, il primo dei quali racconta
che insieme con altre città, essa mandò una deputazione a Tiberio, per
impedire che la Chiana venisse immessa nell'Arno, dal che temevano una
inondazione. Quaranta anni dopo, Floro la ricorda fra i _municipia
splendidissima_, che piú soffrirono ai tempi di Silla, il quale la
mise all'asta.[62] Un'antica iscrizione in cui si leggeva: JUL[_ia_]
AUG[_usta_] FLOR[_entia_] fece ritenere che Firenze fosse colonia
romana fondata da Augusto. Ma recentemente il Mommsen sostenne che
questa iscrizione si deve riferire non a Firenze, bensí a Vienna nella
Gallia[63] Il _Liber coloniarum_ (213.6) la pone tra le colonie dedotte
dai Triumviri (_colonia deducta a triumviris, adsignata lege Julia_).
E però qualche scrittore, riferendosi al primo triumvirato la dice
fondata da Cesare (59 a. C.), gli altri, riferendosi al secondo, la
ritengono fondata da Ottaviano Augusto (43. a. C.). Pure, non ostante
il _Liber coloniarum_, non ostante la citata iscrizione e le parole
di Floro, altri scrittori propendono a credere che Firenze sia colonia
sillana, opinione cui sembra inclinare anche il Mommsen.[64] Gli scavi
recentemente fatti proverebbero, secondo il prof. Milani, direttore del
Museo Archeologico di Firenze, che ai tempi di Silla la città aveva già
non poca importanza.[65] In conclusione però se si disputa sul primo
fondatore della colonia, la esistenza di Firenze colonia romana, non
solo è certa, ma gli avanzi dei monumenti ai nostri giorni scoperti ce
la fanno sempre meglio conoscere. Le mura romane erano visibili ancora
nel Medio Evo, ed alcuni avanzi se ne sono pure trovati ai nostri
giorni.
Prima però di questa Firenze colonia romana, ve n'era stata di certo
un'altra piú antica, quella cui si dovrebbero riferire le parole di
Floro, quando la chiama _Municipium splendidissimum_. Ma di essa non si
sa nulla di veramente certo, e finora si hanno delle ipotesi piú o meno
fondate, ma solo ipotesi. Possiamo aggiungere che gli scavi piú recenti
han messo in luce alcune tombe italiche assai antiche, ed alcuni
frammenti architettonici che, come già dicemmo, si possono, secondo il
prof. Milani, ritenere anteriori anche ai tempi di Silla.
Comunque sia di ciò, la Firenze colonia romana aveva la forma
dell'antico _castrum_, un quadrato, traversato da due grandi strade
perfettamente orientate, le quali s'incrociavano ad angolo retto nel
centro di essa, e la dividevano in quartieri. Il Campidoglio era nel
mezzo, là dove piú tardi fu la chiesa di S. Maria in Campidoglio; ivi
era anche il Foro, nel luogo stesso dove fu poi il Mercato Vecchio ora
demolito. V'erano inoltre nella Città un anfiteatro, che nel Medio
Evo fu chiamato il Parlascio, del quale si vedono ancora le tracce
presso il Borgo dei Greci; un teatro in via dei Grondi; un tempio
d'Iside, dove ora è S. Firenze; le Terme nella strada che ora ne porta
il nome.[66] Non è quindi da maravigliarsi se questa città, che del
resto era allora assai piccola, e tutta al di qua d'Arno, pretendesse
chiamarsi piccola Roma, e cercasse le proprie origini nella tradizione
romana. Tutto infatti ne' suoi monumenti parlava di Roma, e ciò
trovava naturalmente eco nelle menti e nella fantasia fiorentina donde
scaturí poi la leggenda. Anche oggi noi troviamo sempre nuovi avanzi di
monumenti romani, esempi di architettura bizantina, nulla di veramente
gotico o longobardo, appena qualche traccia di etrusco.
Come è naturale la Città s'andò col tempo allargando, e si formarono
dei borghi fuori della mura, il piú grosso dei quali, al di là del
fiume, congiunto ad essa per mezzo del Ponte Vecchio. Nella seconda
metà del secolo XI, e propriamente nel 1078, se è esatta l'affermazione
del Villani (IV, 8), alle palizzate che circondavano questi borghi
furono sostituite le nuove mura. Si può credere che di ciò egli avesse
notizia sicura, giacché, come sappiamo, sorvegliò alla costruzione del
terzo ed ultimo cerchio delle mura incominciate nel 1299 (VIII, 2 e
31), e distrutte in gran parte ai nostri giorni, non restandone ora che
alcuni brani.
A cominciare dalle invasioni barbariche una profonda oscurità
circonda per lungo tempo la storia di Firenze, e le poche notizie che
ne abbiamo, o sono di nuovo leggendarie affatto, o dalla leggenda
alterate. Nel 405 Radagasio con un'orda di Goti, cui s'erano uniti
altri barbari, si fermò in Toscana, ed assediò Firenze, le cui mura
poterono resistere fino all'arrivo di Stilicone generale romano, il
quale disfece quelle orde, ponendo a morte il loro capo. La resistenza
fatta allora venne assai magnificata, e la vittoria di Stilicone fu
attribuita a miracolo. La tradizione aggiunse, che il fatto seguí il di
8 ottobre, giorno di S. Reparata, e che perciò i Fiorentini iniziarono
in esso le corse del pallio, e fondarono la chiesa di S. Reparata, cose
tutte che sono invece di tempi posteriori. Questa leggenda perciò vale
solo a provare, come durasse lungamente in Firenze la memoria dello
scampato pericolo.
Segue un secolo d'assoluto silenzio, e poi la _Chronica de Origine
Civitatis_, ci dà la notizia ripetuta qui anche dal Villani, che
Totila, _flagellum Dei_, distrusse Firenze e fece riedificare
Fiesole.[67] Al che il cronista aggiunge l'altra leggenda, secondo
la quale, dopo essere restata la Città cosí guasta e disfatta per
350 anni, Carlo Magno, imperatore, invitò i Romani a volerla insieme
con lui riedificare, a similitudine di Roma, e cosí essa sorse con
le chiese di S. Pietro, S. Lorenzo, S. Maria Maggiore ecc. come sono
a Roma, e le fu dato anche un territorio di tre miglia intorno alle
mura.[68] Si vede qui che la ricostruzione di Firenze fatta, secondo
il _De Origine_, subito dopo la pretesa distruzione operata da Totila,
e da lui già ricordata piú sopra, gli sembra prematura, perché Firenze
restò lungo tempo ancora in grandissimo abbandono; e quindi, senza
troppo confondersi, registra anche la leggenda posteriore, che la fa
costruire invece da Carlo Magno, il restauratore dell'Impero.
Ma che cosa possiamo noi trovare di vero in tutto ciò? Nel 542 Totila
venne veramente in Toscana, e mandò parte de' suoi ad assediare
Firenze. Giustino, che ivi comandava la guarnigione imperiale, chiese
allora aiuto a Ravenna, ed all'avvicinarsi del soccorso verso la
Città, Totila richiamò i suoi, ritirandosi nel Senese. Inseguito
dagl'Imperiali, li disfece; ma non tornò poi contro Firenze, andando
invece verso il mezzogiorno d'Italia. Tale almeno è il racconto di
Procopio, seguito anche dai moderni.[69] I Goti tornarono, è vero, piú
tardi, e furono senza difficoltà padroni della Toscana e di Firenze,
dove commisero molte crudeltà; ma non la distrussero. Questi sono
i fatti, tutto il resto è aggiunto della leggenda, la quale, col
suo linguaggio fantastico, voleva dire, che seguí un lungo periodo
di oscurità e di oppressione, da cui i Fiorentini cominciarono a
sollevarsi alquanto solo a tempo dei Franchi.
I Longobardi infatti occuparono la Toscana verso il 570, ed abbiamo
due secoli di tenebre fitte. Troviamo ricordato un _Dux civitatis
Florentinorum, Gudibrandus_, che essi vi posero; ma altro non sappiamo.
In mezzo a molte calamità d'invasioni di guerre, di dura oppressione,
non solo quel commercio, che aveva dato origine a Firenze, fu
interamente distrutto; ma molte famiglie, per maggior sicurezza, dal
piano si rifugiarono ai monti, e non pochi cercarono perciò ricovero in
Fiesole, alla quale, allora come sempre, tornarono a vantaggio i danni
di Firenze. E si arrivò a tal punto, che nella seconda metà dell'ottavo
secolo, i documenti parlano di Firenze come se fosse divenuta un
borgo di Fiesole.[70] Ben presto però, sotto Carlo Magno, cominciarono
tempi di maggiore ordine e tranquillità. Dai monti si discese allora
di nuovo al piano; Firenze cominciò a prosperare a danno di Fiesole.
E siccome i Franchi ai duchi longobardi sostituirono i conti, cosí
anche Firenze ebbe un conte, la cui giudiciaria si estendeva per tutto
il territorio della diocesi vescovile, che s'era formata sull'antica
divisione romana. Questo era ciò che chiamavasi il contado fiorentino,
il quale da un lato arrivava sino quasi a Prato, a un luogo detto i
Confini, e di là verso il Poggio a Caiano si stendeva, girando dalla
parte di Empoli, e confinando col Lucchese, col Volterrano, col contado
fiesolano.[71] Carlo Magno si fermò a Firenze e vi celebrò il Natale
del 786; esso difese anche i beni della chiesa fiorentina contro le
aggressioni dei Longobardi. Tutto ciò dette origine alla leggenda della
riedificazione della Città per opera sua. Il Villani, con manifesto
anacronismo, non solo vi aggiunge la concessione di molti privilegi
immaginarî, ma fa in questo momento nascere il Comune, che invece tardò
parecchi secoli ancora. «Carlo», esso dice, «fece assai cavalieri e
privilegiò la Città, facendo franco e libero il Comune e i cittadini,
e tutto il contado co' suoi abitanti tre miglia intorno, e tutti quelli
che si trovavano ad abitare, anche i forestieri. Per la qual cosa molti
vi tornarono, ed ordinarono che la detta Città si governasse a modo di
Roma, cioè per due Consoli e per lo Consiglio di Cento Senatori».[72]
Ma questa non è che una giunta del cronista, piú arbitraria della
leggenda stessa.
E non basta. Come Carlo Magno, cosí Ottone I, il restauratore
dell'Impero in Germania, doveva essere fautore di Firenze, «perché»,
prosegue il cronista, «essa era stata sempre de' Romani e fedele
all'Imperio».[73] In Firenze l'Imperatore s'era fermato l'anno 955,
nell'andare a Roma per la coronazione, cosí continua il cronista,
facendo anche da lui concedere alla Città un contado di sei miglia,
doppio cioè, ma non meno immaginario di quello che le aveva fatto
concedere da Carlo Magno. Ottone, sempre secondo il Villani, mise
pace in Italia, abbatté i tiranni, e molti de' suoi baroni rimasero
in Lombardia ed in Toscana, tra i quali ricorda i conti Guidi e gli
Uberti. Né riflette che alcune di queste famiglie toscane avevano
un'origine piú antica assai, e che anche al suo tempo i nobili
principali del contado avevano nome di Cattani lombardi, in memoria
della loro origine longobarda. E dimentica di nuovo che Firenze
non era allora una città libera, cui l'Imperatore potesse concedere
un territorio, il quale, come vedemmo, faceva già parte della sua
giudiciaria, e non poteva, verso Fiesole almeno, estendersi a sei
miglia.[74]
Un altro racconto favoloso è quello, narrato pure dal Villani, della
distruzione di Fiesole nel 1010. Il giorno della festa di S. Romolo, i
Fiorentini, deliberati a vendicarsi, sarebbero, colle armi celate sotto
le vesti, entrati all'improvviso nella città rivale, dove, cavatele
fuori a un tratto, e chiamati i compagni nascosti in agguato, avrebbero
corso le vie, facendo man bassa su tutto, distruggendo le case, gli
edifizî, eccetto il vescovado, la cattedrale, alcune altre chiese
e la rocca, che non s'arrese. Fu dopo ciò promessa salva la vita a
tutti coloro che volessero venire ad abitare in Firenze, di che molti
profittarono. Cosí di due popoli se ne fece uno, e si riunirono anche
le loro bandiere. Quella dei Fiorentini era rossa col giglio bianco,
quella de' Fiesolani era bianca con una mezza luna celeste, e con esse
si formò la bandiera rossa e bianca del Comune.[75]
Questa unione di due popoli in uno fu, secondo il Villani, la causa
principale delle continue guerre civili, da cui Firenze fu tanto
travagliata, al che s'aggiunse anche l'essere la Città stata costruita
«sotto la signoria e influenza della pianeta di Marte, che sempre
conforta a guerra e divisioni». E di nuovo, quasi dimenticando d'averlo
già detto ai tempi di Carlo Magno, con poco minore anacronismo, ripete
che i Fiorentini allora «feciono leggi e statuti comuni, vivendo ad una
signoria di due Consoli, e col Consiglio del Senato, ciò era di cento
uomini, i migliori della Città, com'era l'usanza data da' Romani ai
Fiorentini».[76] È chiaro che egli non conosce le origini del Comune,
è convinto solamente che venivano da Roma, e però di tanto in tanto le
ricorda, là dove gli torna piú opportuno o gli pare meno improbabile
che cominciassero. Di dove poi cavasse questa guerra e distruzione di
Fiesole nel 1010, sapendo pure che il fatto era avvenuto invece nel
1125, come egli stesso racconta a suo luogo, non è facile dirlo. Il piú
probabile è che, avendo nella leggenda trovato la guerra e distruzione
di Fiesole _piú di 500 anni_ dopo la distruzione di Firenze, per opera
di Totila, il quale venne _500 anni_ dopo la fondazione della Città,
il cronista ripeté due volte il fatto della distruzione, cioè nel 1010
e nel 1125, soddisfacendo cosí prima alla leggenda, che, in un modo
del resto assai vago, lo aveva rimandato indietro, e poi alla storia,
che ai suoi tempi era assai nota. Quanto poi alle ragioni della guerra
civile, cercate nella forzata unione di due popoli avversi, si può
osservare che per molto c'entrava davvero la diversità del sangue
germanico dei nobili dal sangue latino del popolo, cosa che il cronista
forse sentiva e non capiva.
Certo è che, dai Franchi in poi, Firenze continuò sempre a prosperare,
sebbene assai lentamente. Il suo territorio, è vero, fu, come
scrive il Villani, tutto incastellato da baroni feudali di origine
germanica, ad essa avversi, molti de' quali trovavano sicuro ricovero
anche in Fiesole, di dove cercarono danneggiarla. Ma, ciò non
ostante, il vantaggio d'una posizione geografica sulla via di Roma,
assai favorevole al commercio, si faceva sempre piú sentire. Sin
dall'825 l'imperatore Lotario, nelle sue _Costitutiones olonenses_,
la destinava, con altre sette città italiane, ad essere sede d'una
scuola pubblica, il che già ne dimostrava l'importanza. Oltre di
ciò, gl'Imperatori tedeschi vi si fermavano quasi sempre, ogni volta
che andavano a coronarsi in Roma. Piú spesso e piú lungamente vi si
fermavano i Papi, quando, il che succedeva di frequente, i tumulti
popolari li cacciavano da Roma. Vittore II morí a Firenze nel 1057,
dopo avervi due anni prima tenuto un Concilio; nel 1058 vi morí Stefano
IX; tre anni dopo Niccolò II e i cardinali vi restarono sino alla
elezione di Alessandro II. Piena di tradizioni e di monumenti romani,
in continue relazioni con la Città eterna, essa ne sentí fin dai primi
tempi l'influenza, manifestando quel carattere religioso e guelfo,
che apparisce sempre piú chiaro in tutta quanta la sua storia. Molte
sono le chiese che dentro o vicino alla Città sorsero in sul finir
del secolo X. La costruzione poi di un edifizio come quello di S.
Miniato al Monte, in su i primi del secolo XI, massime se si aggiungono
le chiese che sorsero poco prima o poco dopo, è prova manifesta di
cominciata prosperità e di zelo religioso. Ed in vero Firenze divenne
allora uno dei centri piú importanti di quel movimento della riforma
dei chiostri, che, incominciato da Cluny, si diffuse poi largamente
nel mondo. S. Giovanni Gualberto di famiglia fiorentina, morto nel
1073, fu l'iniziatore della riforma benedettina, che prese il nome da
Vallombrosa, dove egli fondò un eremo assai celebrato, sottoponendo
alla stessa regola altri non pochi conventi vicini a Firenze.
Questo zelo religioso e monastico si accese ben presto cosí vivamente
nella Città, che l'accusa di simonia lanciata contro il suo vescovo
Pietro da Pavia, sollevò tutto il popolo. I monaci affermavano che
esso aveva avuto il suo alto ufficio per favore dell'Imperatore, del
duca Goffredo e di sua moglie Beatrice, favore che sarebbe stato
ottenuto pagando grossa somma di danaro. La moltitudine seguiva i
monaci, e la contesa durò cinque anni (1063-68), non senza spargimento
di sangue, tanto s'erano infiammate le passioni. Il vescovo adirato
da queste accuse, imbaldanzito dalla protezione che aveva dal Duca,
fece, armata mano, assalire i monaci nel convento di S. Salvi, presso
Firenze. S. Giovanni Gualberto, il promotore primo dell'agitazione,
n'era per sua fortuna partito; ma i sacri altari vennero manomessi,
e parecchi dei monaci ivi presenti furono feriti. Tutto ciò doveva
naturalmente portare esca al fuoco, e S. Giovanni Gualberto, che già
predicando nelle vie della Città, aveva infiammato gli animi, ruppe
adesso ogni freno, ed arrivò sino a dire che i preti consacrati dal
vescovo simoniaco non erano veri preti. L'esaltamento giunse a tale,
che si afferma (cosa certo singolare, ma pur credibile in tempi di
viva fede religiosa), che circa mille persone preferirono morire senza
i sacramenti, piuttosto che riceverli da preti ordinati dal vescovo
simoniaco.[77] Invano papa Alessandro II cercò calmare gli animi;
invano mandò a tal fine il pio, dotto ed eloquente S. Pier Damiano.
Questi venne o portar parole di pace, che poi ripeté nelle sue lettere
indirizzate: _Dilectis in Christo civibus florentinis_. Biasimava la
simonia, ma biasimava anche il prestar troppo facile orecchio alle
accuse. — Mandassero, egli diceva, piuttosto i loro rappresentanti
al sinodo in Roma, il quale avrebbe autorevolmente deciso la lite;
intanto usassero calma, non si abbandonassero alla riprovevole e cieca
illusione, che aveva fatto morir tante persone senza i sacramenti,
con grave danno delle loro anime. Guai a coloro che vogliono essere
piú giusti dei giusti, piú sapienti dei sapienti. Essi finiscono, per
troppo zelo, con l'unirsi ai nemici della Chiesa. Gracchiando come
rane (_velut ranae in paludibus_) confondono ogni cosa, e possono
paragonarsi davvero alle locuste che desolarono l'Egitto, perché
portano uguale devastazione nella Chiesa.[78]
Questo moto somiglia assai a quello promosso quasi nello stesso tempo
in Milano dai Patarini contro la simonia dell'arcivescovo. Anche qui,
come a Firenze, S. Pier Damiano fece la parte di paciere, ed anche qui
molti preferirono morire senza sacramenti, piuttosto che riceverli da
preti simoniaci.[79] Se però le due insurrezioni si rassomigliarono, il
resultato finale fu diverso, per le diverse condizioni delle due città,
e per l'attitudine assai diversa che di fronte ad esse prese la Corte
di Roma. Ma comunque sia di ciò, le esortazioni di S. Pier Damiano
non valsero a nulla in Firenze. I monaci vallombrosani mandarono a
Roma i loro rappresentanti solo per dichiarare dinanzi al Concilio
allora radunato, che essi erano pronti a risolvere la questione,
ricorrendo al giudizio di Dio. La loro proposta non fu accolta né dal
Papa, né dal Concilio; anzi essi ne furono severamente biasimati,
sebbene l'arcidiacono Ildebrando, che si trovava presente, e che
già era salito a grande autorità nella Chiesa, cercasse difenderli,
come avevano difeso la Pataria a Milano. Il Concilio impose loro di
ritirarsi nei proprî conventi, e restare tranquilli, senza piú osar
di agitare gli animi già troppo esaltati. S. Giovanni Gualberto voleva
ora obbedire, ma era tardi; esso non poteva piú fermare la tempesta che
aveva sollevata. Il popolo, saputo ciò che i monaci avevano proposto
in Roma, chiedeva in ogni modo l'esperimento del fuoco. Il campione,
a questo fine eletto, già pronto ed impaziente di presentarsi alla
prova, era un tal frate Pietro, vallombrosano, conosciuto poi col
nome di Pietro Igneo, stato, secondo alcuni scrittori, guardiano di
vacche e giumenti nel monastero, sebbene altri lo dicano della nobile
famiglia dei conti Aldobrandeschi di Sovana. Guglielmo dei conti di
Borgonuovo, soprannominato il Bulgaro, offrí ai monaci il campo franco,
presso la Badia di S. Salvatore a Settimo, di suo patronato, a cinque
miglia da Firenze.[80] Il vescovo però non solo respinse sdegnosamente
la sfida, ma ottenne un ordine, che chiunque, laico o secolare, non
avesse riconosciuto la sua autorità, sarebbe stato legato, e _non
condotto, ma trascinato_ dinanzi al _Preside_ della città.[81] I beni
poi di coloro che si fossero per paura dati alla fuga, sarebbero stati
confiscati dalla _Potestà_, cioè a dire dal duca Goffredo che favoriva
il vescovo. Alcuni ecclesiastici ribelli, che s'erano rifugiati in
un oratorio, ne furono intanto colla forza cacciati.[82] E tutto
questo, come è naturale, non fece che accendere sempre piú gli animi.
Pietro Igneo si dichiarò pronto a passare anche solo attraverso il
fuoco. Il 13 febbraio 1068, una folla enorme di uomini, donne, fra
cui alcune incinte, vecchi e bambini, s'avviarono, cantando salmi e
preghiere, alla Badia di Settimo. Ivi tra due cataste di legna (cosí
almeno racconta chi dice d'essere stato testimone oculare), quando già
le fiamme salivano in alto, il frate passò miracolosamente illeso.
L'entusiasmo fu allora indescrivibile, le grida di gioia arrivavano
al cielo, e vi mancò poco che Pietro Igneo, il quale dalle fiamme
era stato rispettato, non rimanesse schiacciato dalla moltitudine,
che s'affollava intorno a lui per baciarne le vestimenta. Fra molte
difficoltà, a forza di mani e di braccia, poterono salvarlo alcuni
ecclesiastici. La notizia corse come fulmine a Roma, e poi ogni cosa fu
minutamente descritta al Papa, che dinanzi al miracolo dové arrendersi.
Il vescovo di Firenze si ritirò in un convento; Pietro Igneo venne
nominato cardinale, vescovo d'Albano, e fu dopo morte adorato come
santo.
Questo ci ricorda l'altro esperimento del fuoco, die doveva farsi a
Firenze nel 1498, e che invece provocò il martirio del Savonarola,
poco prima della caduta della Repubblica, la quale cosí sarebbe stata,
nel nascere e nel morire, preceduta da due simili fatti. Per quanto la
narrazione di tutto ciò possa essere stata esagerata dalla passione e
dalla superstizione, per quanto i nomi di _Preside_ e di _Podestà_, che
troviamo nell'antica narrazione, indichino solo, in termini generali,
chi comandava, noi siamo adesso entrati in una società nuova. Troviamo
un Duca di Toscana, un Preside armato, che sembra rappresentarlo in
Città, e quello che è piú, un popolo che, sebbene apparisca solo come
una moltitudine fanatizzata, pure comincia a sentir finalmente la
propria personalità, combatte il Vescovo, resiste al Duca ed al Papa,
finisce coll'ottener quello che vuole. Indirizzandosi al Papa, assume
il nome di _populus florentinus_, e ad esso si rivolge S. Pier Damiano,
con le parole _cives florentini_. Non sono, è vero, altro che forme
imitate dall'antico; ma hanno, come vedremo, la loro importanza.


CAPITOLO II
LE ORIGINI DEL COMUNE DI FIRENZE

I[83]
I Longobardi, divenuti padroni di quasi tutta l'Italia, che oppressero
duramente e lungamente, posero, come è noto, un duca in ciascuna delle
città principali che occuparono. Roma restò libera da essi, perché
v'era il Papa; Ravenna, perché ben presto vi fu l'Esarca, e quasi tutte
le città poste sulla riva del mare furono preservate del pari, perché i
Longobardi non erano navigatori, e avevano bisogno di chi facesse per
loro il commercio marittimo. Questa è anzi la ragione per la quale le
repubbliche come Venezia, Amalfi, Pisa, Napoli, Gaeta, sorsero prima
delle altre. I duchi ebbero molta autorità e indipendenza; alcuni dei
Ducati, massime ai confini, divennero cosí grossi, che somigliarono a
piccoli regni, come furono quelli del Friuli, di Spoleto, di Benevento.
Tutto questo contribuí non poco alla decomposizione del regno, ed alla
caduta del dominio dei Longobardi, i quali non seppero mai all'ardire
ed alla forza unire alcuna grande qualità politica.
Venuti i Franchi, posero invece dei duchi, i conti, i quali ebbero però
minore importanza e piú piccolo territorio. Carlo Magno, uomo di grande
ingegno politico, non voleva nel suo impero mantenere signori, che,
per la voglia di rendersi indipendenti, ne potessero mettere a pericolo
l'esistenza. Ma ai confini era pur necessario avere piú forte difesa;
vi costituí quindi le Marche, che somigliarono ai piú grossi Ducati
longobardi, e venero affidate a margravî o marchesi (_Mark-grafen_,
conti di confine, marchesi o margravî). Cosí si formò anche il
Marchesato di Toscana, la cui sede principale fu in Lucca, città che
fin dal tempo dei Longobardi aveva, con un proprio duca, avuto non
poca importanza, mentre che, come già ricordammo, Firenze era allora
caduta in tanta oscurità da essere, nei documenti del tempo, ricordata
come se fosse un borgo di Fiesole. Questi margravî divennero quasi da
per tutto potentissimi, ed aspirarono a sempre maggiore grandezza. Da
essi sorsero infatti uomini come Berengario, Arduino, che mirarono a
costruire un regno d'Italia, s'opposero vigorosamente all'Impero, cui
recarono spesso gravissimi danni, e mossero guerre sanguinose.
Non v'è quindi da maravigliarsi se la politica degl'Imperatori tedeschi
fu piú tardi costantemente diretta ad indebolire in Italia i margravi
ed i conti maggiori, dando esenzioni e benefizî ai vescovi, ai minori
feudatarî, dichiarando ereditarî i benefizî concessi a questi ultimi,
per renderli indipendenti dai maggiori e piú pericolosi. Ne crebbe
quindi, specialmente in Lombardia, la loro importanza e cosí pure
l'autorità politica dei vescovi, che divennero anch'essi veri e proprî
conti. Ma in Toscana le cose andarono diversamente. Sia che la minor
forza ed espansione, che ivi ebbe il feudalismo, lo rendesse meno
temibile all'Impero; sia che, per la maggiore lontananza, riuscisse
meno agevole governare il paese; sia pel bisogno d'avere nel centro
d'Italia uno Stato forte, che facesse argine alla potenza crescente
dei Papi; sia che questi ne favorissero la formazione, vedendovi un
argine contro l'Impero; sia, come è probabile, per tutte queste ragioni
insieme riunite, certo è che i duchi o marchesi di Toscana (giacché
portavano l'uno o l'altro titolo) crebbero di forza e di potenza, e
piú tardi divennero anch'essi minacciosi all'Impero. Ma ne rimase,
al paragone della Lombardia, assai abbassata la potenza dei vescovi e
dei conti, sotto il peso crescente dei margravî, che s'andavano d'ogni
parte allargando, e sembravano qualche volta veri sovrani dell'Italia
centrale. Per le stesse ragioni ne fu ritardato anche il sorgere delle
città, massime di Firenze.
Già fin dalla seconda metà del decimo secolo, il marchese Ugo, di
origine salica, chiamato il Grande, dominava la Toscana, il ducato di
Spoleto, la Marca di Camerino; teneva, quasi come sovrano indipendente,
la sua sede in Lucca, ed era favorito dagli Ottoni. I suoi successori
continuarono a governare con autorità poco diversa dei duchi di
Benevento, e Bonifazio III allargò il suo Stato anche nell'Italia
superiore, tanto da dar ombra ad Enrico III, col quale seppe spesso
lottare d'astuzia. Bonifazio, assai avido di potere, e d'indole
dispotica, privò molti vescovi, conti e conventi de' loro beni, sia
per impadronirsene, sia per darli a piú fidi vassalli. Aggravò la sua
mano anche su quelle città, che, per la cresciuta loro importanza,
aspiravano a qualche maggiore indipendenza. Fra queste erano
You have read 1 text from Italian literature.
Next - I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 06
  • Parts
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 01
    Total number of words is 4335
    Total number of unique words is 1484
    40.5 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 02
    Total number of words is 4404
    Total number of unique words is 1510
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    59.0 of words are in the 5000 most common words
    67.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 03
    Total number of words is 4439
    Total number of unique words is 1478
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    64.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 04
    Total number of words is 4543
    Total number of unique words is 1538
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 05
    Total number of words is 4470
    Total number of unique words is 1583
    42.2 of words are in the 2000 most common words
    57.8 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 06
    Total number of words is 4428
    Total number of unique words is 1434
    42.6 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 07
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1500
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 08
    Total number of words is 4409
    Total number of unique words is 1429
    43.0 of words are in the 2000 most common words
    57.9 of words are in the 5000 most common words
    66.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 09
    Total number of words is 4449
    Total number of unique words is 1398
    44.0 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 10
    Total number of words is 4421
    Total number of unique words is 1463
    43.7 of words are in the 2000 most common words
    59.9 of words are in the 5000 most common words
    68.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 11
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1539
    44.4 of words are in the 2000 most common words
    62.2 of words are in the 5000 most common words
    69.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 12
    Total number of words is 4419
    Total number of unique words is 1535
    44.4 of words are in the 2000 most common words
    61.3 of words are in the 5000 most common words
    69.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 13
    Total number of words is 4462
    Total number of unique words is 1493
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    59.0 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 14
    Total number of words is 4451
    Total number of unique words is 1573
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    60.4 of words are in the 5000 most common words
    69.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 15
    Total number of words is 4480
    Total number of unique words is 1549
    44.7 of words are in the 2000 most common words
    62.2 of words are in the 5000 most common words
    69.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 16
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1550
    42.9 of words are in the 2000 most common words
    59.3 of words are in the 5000 most common words
    68.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 17
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1569
    43.7 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    68.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 18
    Total number of words is 4135
    Total number of unique words is 1753
    30.3 of words are in the 2000 most common words
    43.0 of words are in the 5000 most common words
    49.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 19
    Total number of words is 4445
    Total number of unique words is 1483
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    64.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 20
    Total number of words is 4404
    Total number of unique words is 1510
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 21
    Total number of words is 4256
    Total number of unique words is 1599
    42.3 of words are in the 2000 most common words
    56.4 of words are in the 5000 most common words
    64.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 22
    Total number of words is 4137
    Total number of unique words is 1724
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    52.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 23
    Total number of words is 4163
    Total number of unique words is 1342
    36.9 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 24
    Total number of words is 4177
    Total number of unique words is 1487
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • I primi due secoli della storia di Firenze, v. 1 - 25
    Total number of words is 1422
    Total number of unique words is 676
    49.5 of words are in the 2000 most common words
    62.8 of words are in the 5000 most common words
    68.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.