I Moncalvo - 08

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aprile scorso, alla Mostra.... Oh bellissimo.... L'ho regalato a mia
moglie.... Rappresenta.... che cosa rappresenta?... «Un'ottobrata
romana», mi pare.... Oh, bellissimo....
— Veramente, — notò il pittore con un sorriso, — all'ultima Mostra io
avevo un quadretto solo, «Un funerale di campagna»....
— Un funerale di campagna?... Sicuro, sicuro.... Un gioiello....
Scambiavo un soggetto con l'altro....
— Grazie.... Ma forse il signor barone si sbaglia.... Quell'acquarello
è invenduto.... Forse il signor barone confonde.... Egli ha comperato
realmente l'«Ottobrata romana» che non è mia, ma di Crunali, Mario
Crunali.
Il banchiere fece una smorfia.
— Crunali.... Brulati.... nomi che si somigliano.... Ho tante cose per
la testa, io....
— Cosicchè, sarà per un'altra volta, — disse Moncalvo per troncare quel
dialogo imbarazzante.
Prese il braccio del pittore e si congedò dagli amici.
— Arrivederci, cari.... Voi montate nelle vostre carrozze.... Io faccio
questi due passi.... Il medico m'ha ordinato il moto.... Andiamo,
Brulati.... Già si vede che lei oggi è un disoccupato.... Coraggio....
La Banca non è lontana.... in via del Plebiscito.
Affabile per sua natura, quel giorno Moncalvo era più espansivo del
solito. Aveva anch'egli fatto colazione fuori di casa, fra due sedute
di due Società di cui era consigliere, e i tartufi annaffiati con una
mezza bottiglia di Château Laffitte l'avevano messo di buon umore.
— Bel tipo quel Bernheim! Si atteggia a Mecenate e confonde i nomi
degli artisti e i soggetti dei quadri.... Glielo farò comprare
ugualmente il «Funerale di campagna».
— Scusi, — replicò Brulati. — È un quadro che non vendo. Ho promesso di
regalarlo.... indovini a chi?
— Come posso indovinare?
— Ho promesso di regalarlo alla signora Mariannina, quando si
sposerà....
— Nientemeno! — esclamò il commendatore. Ed ebbe rimorso di aver
tenuto segreto a Brulati un avvenimento che stava per compiersi nella
famiglia, e del quale si buccinava già qualche cosa.
— Chi sa che domani a pranzo non senta una gran novità, — egli
cominciò. — Perchè domani l'aspettiamo, è il suo giorno....
— Una novità? — disse Brulati in tuono interrogativo.
Allora Gabrio Moncalvo gli raccontò ch'era in procinto di stipulare
il contratto d'acquisto di tutti i beni degli Oroboni e che
contemporaneamente sarebbe stata firmata la promessa di matrimonio fra
la Mariannina e don Cesarino.
— M'immagino i commenti poco benevoli che si faranno, — soggiunse il
banchiere prevenendo le obbiezioni. — Non parlo di quelli degli amici
di casa Oroboni; parlo dei commenti dei miei cosidetti correligionari,
degli arcadi del liberalismo, dei pedanti della borghesia.... Pur
troppo anche dai miei parenti devo aspettarmi una mezza scomunica....
Figuriamoci mio fratello e mio nipote.... il professorone e il
professorino, come li chiama la Rachele.... imbevuti di vecchi
pregiudizi e di vecchie formule!... E mia sorella, poveretta, un
angelo, ma cristallizzata nelle idee di trent'anni fa!... Ho notato
che le persone esili, malaticcie stentano di più a rinnovare il loro
bagaglio intellettuale.... Già, già, ci daranno degli apostati, dei
rinnegati.... Sicuro, perchè la Mariannina dovrà convertirsi....
sfido io.... Intanto si convertirà lei.... dopo, vedremo.... Di che
cosa si tratta infine?... Di quattro goccie d'acqua.... E presto
o tardi bisogna decidersi a passare il Rubicone.... Noi siamo un
anacronismo.... Questo non significa che dobbiamo sparire.... Dobbiamo
anzi con quello che c'è di sano, di vigoroso nella nostra razza
rinsanguare le sfibrate aristocrazie occidentali che hanno poi più
ragioni di vivere perchè hanno radici profonde nella terra, nella
storia europea.... mentre noi siamo nomadi.... Dico noi, ma lei non
c'entra.... Sì, caro Brulati, questi matrimoni hanno un carattere
provvidenziale e non possono non aver conseguenze benefiche.... In
principio, si capisce, essi rappresentano un sacrificio da una parte
e dall'altra.... Nel caso specifico, vuol ch'io non m'accorga che la
Mariannina paga il suo titolo con un sacrificio?... Lasciamo stare
i danari; ma don Cesarino non è certo un giovane che faccia girar la
testa a una ragazza.... Non è bello, non è colto, non è spiritoso, e
da questo lato la Mariannina avrebbe meritato molto di meglio.... Ma
verranno i figliuoli.... oh verranno senza dubbio.... e i figliuoli
terranno dalla madre, e a lei resterà la consolazione di aver
rinnovellata la vecchia stirpe.... Tutto non si può avere a questo
mondo.... Così per gli Oroboni.... l'orgogliosa principessa Olimpia
avrebbe voluto una nuora della sua casta con un albero genealogico
che risalisse alle crociate.... Ma la nuora patrizia sarebbe stata
a corto di quattrini e forse non avrebbe avuto prole, o l'avrebbe
avuta gracile, linfatica.... Questa invece le darà dei colossi....
e inoltre.... che non è cosa da trascurarsi.... le avrà indorato
il blasone.... Ha seguìto il mio ragionamento, Brulati?... Mi par
distratto.... O casca proprio dalle nuvole?... Non sospettava nulla di
nulla?
L'artista confessò che da certi discorsi di donna Rachele e dalle
frequenti visite di monsignor de Luchi era preparato alla notizia della
conversione, non a quella del matrimonio....
— Ah, — ribattè Gabrio Moncalvo con una spallucciata, — la conversione
senza il matrimonio non avrebbe sugo.... Sentirà, sentirà domani da
mia moglie.... Perchè, se la cosa è riuscita, è in gran parte merito
suo....
— Davvero? — fece Brulati tanto per dire una parola.
— Eh, sì, — ribattè il banchiere, — merito suo.... È stato un lavoro
di filigrana tra lei e don Paolo.... Sono sincero; non la credevo
da tanto.... Donna intelligente sì, ma così avveduta, così tenace
ne' suoi propositi, così discreta sopra tutto, non la credevo.... Un
po' ambiziosetta, questo sì.... ma la freneremo.... Ora vorrebbe un
titolo....
— Niente di più facile, — esclamò il pittore.
— Niente di più facile, lo so, quando si tratti di avere una delle
solite nobiltà... Ma quel benedetto Ugolini ha montato la testa a mia
moglie per una contea romana....
Brulati fece un punto ammirativo.
— Pontificia, vuol dire?
— Già, pontificia.... Ha l'unico merito di esser più rara....
— E il conte Ugolini....
— È cavaliere di Malta, è nelle buone grazie del Vaticano.... Ma son
chiacchiere.... E avranno prima da discorrer con me.... Se credono
ch'io passi con armi e bagagli nel campo nero....
— Volevo ben dire, — replicò Brulati. — Io di politica non me ne
intendo, ma coi preti non ho mai avuto buon sangue e le cannonate del
20 settembre 1870 sono tra i più bei ricordi della mia adolescenza.
— Il poter temporale sarebbe caduto anche senza quelle cannonate, —
soggiunse il conciliativo Moncalvo, — e ormai nessuno pensa sul serio
a rimetterlo in piedi. In quanto ai preti, ce ne sono di buoni e di
cattivi.... Monsignor de Luchi, per esempio, è una perla.... A ogni
modo, non abbia paura, Brulati.... Non son uomo da legarmi a filo
doppio con nessun partito.... Eccoci al portone della Banca.... Grazie
della compagnia e arrivederci domani a pranzo alla solita ora.... A
proposito, se mia moglie non accenna all'argomento del matrimonio, non
ne parli neanche lei.... E zitto con tutti, mi raccomando, fin dopo la
stipulazione.
Il primo impulso di Brulati quando fu solo, fu quello di ripetere
al proprio indirizzo gli epiteti ingiuriosi con cui s'era vituperato
qualche ora innanzi. Idiota e cretino che vivendo nell'intimità dei
Moncalvo non s'era accorto di quello che si stava tramando; idiota e
cretino che nello stesso giorno s'era lasciato prendere in giro dalla
signora Rachele e non aveva avuto il coraggio di dir l'animo suo circa
al matrimonio della Mariannina e alla conversione politico religiosa
della famiglia! Lo confortava però il pensiero che c'era qualcuno anche
più idiota e cretino di lui, ed era il commendator Gabrio Moncalvo in
persona, il sapiente finanziere, il geniale speculatore, il ricercato
consulente di un numero infinito di Società. Ah, quella contea romana
sollecitata per i Moncalvo da Ugolini Ruschi era il _non plus ultra_
del comico. Altro che contea! Quello era il minimo dei servigi che il
cavaliere di Malta rendeva al suo amico, e il commendator Gabrio aveva
ben ragione di tenerselo caro. Che mondo, che mondo! E come farebbe,
egli, Brulati, domani, pranzando in casa Moncalvo, a non ridere in
faccia a tutti e due i coniugi?... Domani poi sarebbe anche scoppiata
la bomba del fidanzamento della ragazza!... Era strano.... La notizia
gli aveva prodotto una impressione penosa, come d'una cosa assurda,
come d'un contratto ignobile, ma non era stato il colpo che egli poteva
aspettarsi, vista la sua qualità di fervente e devoto ammiratore della
Mariannina. E constatando il carattere superficiale di quella sua
passioncella senile, egli si trovava nella condizione di chi s'accorge
di non aver che lievi ammaccature sul corpo dopo una caduta in cui
credeva d'essersi fracassato le ossa.
Queste riflessioni consolanti rendevano a Brulati meno sensibile la
stanchezza, mentr'egli seguitava a girellar per le vie e s'indugiava
dinanzi alle vetrine dei negozi ormai tutti illuminati, resistendo
alla tentazione di passar un'oretta allegra in un certo caffè presso
Campo de' Fiori, ove solevano riunirsi nel pomeriggio parecchi giovani
artisti di sua conoscenza. Gli è che, in mezzo a quei capiscarichi,
egli aveva paura di lasciarsi scappar qualche parola intorno
agl'incidenti della giornata. Ne aveva pieno il gozzo, e nonostante i
suoi propositi di esser discreto, se lo tiravano in lingua....
— Ahi! — egli esclamò ad un tratto, come uno che spasima pel mal di
denti.
Non erano i denti. L'esclamazione dolorosa gli era strappata
dall'apparire improvviso di persona, che, in quell'istante, non poteva
giungere più inopportuna. E cercò schivarla fermandosi a guardar la
mostra d'un gioielliere, ma il professore Giorgio Moncalvo (era lui,
era il terzo Moncalvo che in poche ore gli capitava tra i piedi) gli
posò una mano sulla spalla.
— Bravo, signor Brulati. Finge di non vedere.... Quant'è che non va
dagli zii?
. . . . . . .


X.
Il professorone e il professorino.

Arrivando a casa tutto stralunato, Giorgio Moncalvo chiese alla donna
di servizio che venne ad aprirgli:
— Mio padre è nel suo studio?
— C'è, sissignore.... Badi ch'è giunta una lettera per lei.... L'ho
messa sul suo cassettone.
— Va bene. La vedrò dopo, — disse il giovine, consegnando alla
domestica il soprabito ed il cappello.
E si precipitò nello studio, di dove usciva in quel momento il dottor
Flacci, l'assistente del professore Giacomo.
Egli, il professore, era seduto davanti alla sua scrivania in mezzo a
una quantità di libri e di carte. Un modesto lume a petrolio, protetto
da un cappello verde, raccoglieva un cerchio di luce sui libri e sulla
testa calva dello scienziato, il quale depose le lenti e alzò gli occhi
verso il figliuolo per domandargli, non senza una certa ansietà:
— Che cos'è successo?
— Non è successo nulla che tu non sappia, — principiò Giorgio
agitatissimo. — È impossibile che tu non sia a parte del secreto....
Perchè hai voluto tenermi all'oscuro di tutto?...
— Io non t'intendo, — replicò il professore. — Spiègati.... e metti un
po' d'ordine, metti un po' di calma nei tuoi discorsi.... Prendi una
sedia.
Giorgio fece segno di no.
— Preferisco rimanere in piedi.... Vuoi farmi credere che tu ignori
quello che si passa in casa di tuo fratello.... tu che ci fosti anche
ieri?
— Ci fui ieri, dopo parecchi giorni che non ci andavo.... ci fui per
visitar mia sorella che pur troppo non istà bene....
— Già.... E a me non è permesso di andarvi.... in ossequio all'autorità
paterna, — disse Giorgio con una punta d'ironia.
— Via, via, — ribattè il professore Giacomo, alzandosi anch'esso
e avvicinandosi al figliuolo. — Io non t'ho dato ordini.... T'ho
consigliato pel tuo meglio.... E ora ti prego di scender dalle
nuvole.... Qual è questo gran segreto del quale io dovrei essere a
parte?
— Dio buono! — esclamò con impeto Giorgio. — Hai parlato ieri con la
zia Clara, ed ella non t'avrà detto quello che disse a me or ora un
estraneo, Brulati?... E nota che ha taciuta qualche altra cosa....
giurerei che aveva sulla punta della lingua qualche altra cosa che non
mi riuscì di strappargli....
— Insomma, sentiamo quello che hai saputo....
— Che la Mariannina sposerà il principe Cesarino Oroboni, che porterà
un milione di dote, che, naturalmente, prima di diventar principessa
romana, si purificherà nell'acqua battesimale.... come l'obelisco di
San Pietro.... che, forse, insieme con lei, o poco dopo, si convertirà
la zia Rachele.... Ebbene, tu non sapevi niente?
— Niente di positivo, — rispose il professore, — e non credo che
le cose siano al punto che tu dici.... Ma io non mi maraviglio di
nulla. Gabrio, sua moglie, la Mariannina son tutte persone ammalate
d'ambizione e di vanità..... hanno un'impazienza morbosa di uscir dalla
borghesia, di farsi perdonare le loro origini....
— E la zia Clara, — interruppe Giorgio, — che pensa, che fa?
— La zia Clara non ebbe.... più di quello che io le abbia avute....
le confidenze del fratello, della cognata, della nipote.... Ella ha
appena un vago sentore di ciò che si sta macchinando.... Forse, quando
sarà guarita, tornerà con noi.... perchè puoi immaginarti ch'ella non
approva.... come non approvo io....
Questo semplice dissenso, così tranquillo, così misurato, non poteva
bastare a Giorgio; anzi lo irritava di più.
— Ci mancherebbe altro che approvaste!... Ma vi pare che sia
sufficiente?... C'è di mezzo il nostro nome, la nostra famiglia....
Altro che non approvare! Agire bisogna!
Giacomo Moncalvo guardò suo figlio con uno stupore mal dissimulato.
— Tu vaneggi, Giorgio?... Con che titolo vorresti agire? Che diritti
abbiamo? Siamo noi i custodi di tutti i Moncalvo?... Mio fratello
batte una strada che non è la nostra, ma dalla quale non si ritrarrà
perchè vi trovò le soddisfazioni più grate al suo cuore.... E convien
rendergli giustizia; la posizione ch'egli ha conquistata egli la deve
al suo ingegno, alla sua attività.... Ed è onesto, per quanto sia
difficile, a chi maneggia il danaro, di conservar le mani pulite.... È
onesto e generoso.
— Sì, — confermò Giorgio sarcasticamente, — ha tutte le virtù e si
presta a un mercato ignobile e concede la mano della sua figliuola
all'ultimo rampollo incretinito d'una razza esausta.
— È ignobile, lo consento. Ma sii pur certo che la Mariannina non è
una vittima.... Se questo matrimonio si conclude, vuol dire ch'ella n'è
persuasa almeno quanto i suoi genitori.
— No, babbo, non posso ammetterlo.
— E pure _dovrai_ ammetterlo. È il gran cruccio di tua zia Clara che
aveva un'adorazione per questa nipote, che aveva lasciato la nostra
casa per starle vicino, che confidava di esercitare un'influenza
su lei, e invece giorno per giorno se la vide sfuggir dalle mani,
crescere affatto diversa da quella ch'ell'aveva sperato, capricciosa,
egoista, insofferente d'ogni ostacolo, non schietta, non franca.... più
ambiziosa, più vana de' suoi parenti, benchè sappia infingersi meglio.
— Oh babbo! — disse Giorgio. — Tu sei spietato con la Mariannina.... tu
la odî.
— Io non odio nessuno.... Io non so s'ell'abbia coscienza del male che
fa....
— Salviamola allora, — gridò il giovine, interpretando a rovescio la
parola del padre.
— Ah, io non alludo al male che fa a se stessa, — ribattè il
professore. — Quello io non ho mezzi per impedirlo.... Intendo il male
che fa agli altri.... che fa a te.... al mio figliuolo.
Gli passò carezzevolmente la mano sui capelli (ora Giorgio era seduto
con la testa china, con le braccia allungate sulle ginocchia disgiunte)
e seguitò:
— E pure tu dovresti esser convinto che quand'anche tua cugina fosse
una creatura perfetta, ella non potrebb'essere la compagna della tua
vita.
Giorgio assentì con un cenno del capo.
— È vero. Nè io mi adatterei alle sue ricchezze, nè ella si adatterebbe
alla mia povertà.... E a un suo matrimonio ragionevole mi sarei
rassegnato.... anche a un matrimonio patrizio.... ma non a questo con
Cesarino Oroboni.... non a questa commedia della conversione.... Tu sei
uno spirito largo, tollerante; la tua legge morale sta al disopra dei
dogmi e dei riti; tu m'hai insegnato a giudicare gli uomini secondo le
qualità del loro animo e del loro ingegno, non secondo il culto a cui
appartengono. A me poco importa d'una confessione o dell'altra o di
nessuna; quello che m'importa è la sincerità, e non posso capacitarmi
che si abbracci una fede nuova per effetto di una clausola di
contratto.
— Qui hai pienamente ragione, — dichiarò il professore, — e queste
conversioni utilitarie sono uno degli spettacoli più tristi e più vili
del nostro tempo.... Ma che vuoi farci?
La facile acquiescenza di suo padre irritava Giorgio.
— No, no, non è lecito lavarsene le mani.... La nostra voce dobbiamo
farla sentire.... Se non s'impedirà nulla, pazienza.... Non avremo
rimorsi.... E a te non potranno chiudere la bocca.... Io penserò a dare
una lezione a quell'intrigante di monsignor de Luchi.... E quel don
Cesarino come lo provocherei volentieri!
— Una violenza! Una sfida! — disse Giacomo Moncalvo, turbato dalla
crescente esaltazione di Giorgio che dimostrava quanto profonda fosse
la ferita che Mariannina gli aveva aperta nel cuore. — Tu che sei
così mite ed equanime, tu che sei uno spirito così moderno e sai
quanto valgano queste famose soluzioni cavalleresche!... Nota che
probabilmente Cesarino Oroboni non si batterebbe, o per non incrociar
la sua spada con un infedele, con un plebeo, o per non venir meno ai
suoi principî religiosi.... E quando si battesse? Quando tu l'avessi
ucciso.... chè non voglio ammetter l'ipotesi opposta.... saresti più
felice?
— Alla felicità ho rinunziato per sempre, — rispose cupamente Giorgio.
— E ti lagni s'io son severo con _lei_? — esclamò il professore. — Con
lei che ti ha sconvolto il cervello?... che ti ha messo per una via
senza uscita?... Che t'ha distratto dalle tue ricerche, dai tuoi studi?
— Babbo, babbo, perdonami, — riprese Giorgio, levando verso il padre
gli occhi imploranti, — ma io penso qualche volta che se anni fa avessi
seguito il consiglio dello zio, se avessi accettato il posto ch'egli
mi offriva a Kartum, le cose avrebbero preso un aspetto diverso....
Era evidente che lo zio voleva associarmi a' suoi affari con un secondo
fine, vedendo in me un possibile marito della sua figliuola.... E anni
fa la Mariannina non era quella d'oggi.... S'è guastata poi....
— Povero Giorgio! E tu credi che avresti vigilato su lei da Kartum,
mentr'essa sempre più bella, sempre più ricca, al Cairo, a Nizza, a
Parigi, in mezzo a una società frivola e cosmopolita, si ubbriacava
d'omaggi, cresceva fra il lusso e i piaceri? Che disinganno, s'ella
fosse stata la tua fidanzata, che disinganno t'avrebbe atteso il
giorno in cui tu l'avessi rivista!... No, no, ragazzo mio, non fu una
disgrazia, non fu un errore quello di non aver accettato il posto di
Kartum; la disgrazia vera è che quella gente sia venuta a stabilirsi a
Roma, l'errore è che tu sia tornato dall'estero; ed è in parte errore
mio, perchè ho contribuito a farti tornare....
Fino a quel punto lo scienziato era riuscito a dominar la sua
commozione. Ora egli stentava a padroneggiarsi. La sua voce tremava, le
lacrime gl'inumidivano il ciglio.
— Non ho che te solo, — egli disse. — Speravo di poter averti presso
di me.... Non supponevo nemmeno che la simpatia che tu provavi per tua
cugina, quand'era poco più che una fanciulla, potesse, in condizioni
tanto mutate, diventare una passione violenta.... Tu non la nominavi
mai nelle tue lettere.... io mi tenevo sicuro ch'ella ti fosse
indifferente....
— E io? Io, — protestò Giorgio, — io l'avevo dimenticata.... Te lo
giuro, babbo, l'idea di trovarla a Roma non mi turbava.... Sapevo
ch'era cresciuta immensamente la distanza che mi divideva da lei....
dieci, venti volte milionaria.... Anch'io, babbo, ero lieto di venir
qui, di proseguir qui, vicino a te, la mia carriera scientifica.... Ero
così contento.... Ora non so quello ch'io abbia.... non connetto due
idee....
Scattò dalla seggiola, riprese a girar per la stanza. E dopo una pausa
continuò, riattaccandosi a una frase pronunziata da suo padre:
— Una passione violenta?... No, non è neppur questo.... Sono più
persuaso di te che devo scancellar dalla mia mente e dal mio cuore la
Mariannina.... Guarda, se lo zio Gabrio mi dicesse: «sposala», e s'ella
mi dicesse: «sposami», io risponderei di no, tanto mi parrebbe assurdo
questo matrimonio.... Sei stupito? Ti sembro in contraddizione con me
medesimo?... Oh babbo, il tuo povero figliuolo ha perso la testa.
— È una crisi, una crisi che passerà, — replicò il professore, cercando
di nascondere sotto il fare scherzoso la sua inquietudine. — E se
realmente devono succedere gli avvenimenti che ti furono annunciati,
noi non vi assisteremo.... Prenderò io stesso una licenza di sei
mesi dall'Università.... sarà la prima che prendo.... faremo un lungo
viaggio fuori d'Italia, fuori d'Europa.... Magari potessimo portar con
noi mia sorella!... Se la sua salute non le permetterà di muoversi,
la lasceremo qui a riordinare la nostra casa.... Son sicuro ch'ella
da mio fratello non resta.... Ci si troverebbe troppo a disagio....
A ogni modo, tornando a Roma dopo sei mesi trascorsi in mezzo a
gente e costumi diversi, poi avremo bell'e dimenticata quella famosa
Mariannina, anche se sarà principessa.... anzi tanto più se sarà
principessa.... Non lo credi, giovinotto?
Giorgio tentennò il capo con un mesto sorriso.
— Tu lasceresti per me le tue abitudini, la tua cattedra?
— Sicuro che le lascerei.... per sempre, se fosse necessario.... Per
fortuna basterà un'assenza non lunga.... Non ti va il mio progetto?
— Ne riparleremo, babbo.... Grazie di tutto.... Come sei buono!
— Qualcheduno picchiò timidamente all'uscio.
— Chi è?
La donna di servizio avvertì che la cena era pronta.
— Or ora veniamo, — disse il professore. E s'avviò dando il braccio al
figliuolo.
La cena fu silenziosa, benchè Giacomo Moncalvo cercasse di tirar in
campo i più svariati argomenti. Solo alla fine Giorgio si animò un poco
discorrendo dell'insegnamento di fisiologia di Salvieni e della parte
del corso che l'illustre uomo aveva affidato interamente a lui. Eh,
Salvieni non faceva stare i suoi assistenti con le mani alla cintola.
— Hai scuola anche domattina? — chiese il professor Giacomo.
— Sì, alle nove. E per le otto devo essere in laboratorio.
— Non esci stasera?
— No, voglio riordinar le mie note per la lezione.
— In tal caso non uscirò neppur io.... Finirò di corregger le bozze di
una memoria per i Lincei.
— Buona notte, babbo.
— Te ne vai?... Ma io non ho fretta.
— Scusa, babbo, — soggiunse Giorgio. — Avrò da fare per quasi un paio
d'ore.... Domattina esco prestissimo.
— È giusto.... E il meglio sarebbe che tu ti coricassi addirittura.
— No, no.... l'immergermi ne' miei studi mi giova.
— Buona notte allora, figliuolo mio.... E pensa a quel mio progetto.
— Ci penserò. Ne riparleremo....
— E, — ripigliò il professore, colto da una subitanea inquietudine, —
mi prometti di non fare nessun passo senza consultarmi?
— Te lo prometto, — rispose Giorgio. E suggellò la promessa con un
bacio.
La lettera che lo aspettava nella sua camera e ch'egli aveva
assolutamente dimenticata, veniva da Berlino ed egli riconobbe tosto
nell'indirizzo la calligrafia lunga, sottile di Frida Raucher. Povera
Frida! Due volte sole egli le aveva scritto da Roma e tutt'e due
le volte in ottobre. Poi s'era limitato a spedirle delle cartoline
illustrate. È vero che non dava più segni di vita neppur lei; certo era
in collera e aveva ragione d'essere in collera.... O forse era stata
più ammalata del solito?
Giorgio ruppe con qualche trepidazione la busta.

«Caro amico, — scriveva la Frida Raucher in un italiano abbastanza
spedito, non però senza qualche incertezza di ortografia e di
grammatica, — prendo la penna di nascosto di papà e contro la
proibizione del medico, che soltanto da ieri mi permette di alzarmi.
Alla metà di ottobre ho avuto una ricaduta grave e credevo proprio di
esser venuta agli ultimi. Si dice così in italiano? Ho paura di no, ma
il mio maestro sarà indulgente. Mio padre era intenzionato di avvisarlo
del mio cattivo stato, ma io stessa gli ho detto di attendere. Perchè
dare un dispiacere inutile al professore che ormai è nella sua patria,
nella sua casa, fra le sue occupazioni e non potrebbe in nessun modo
venir a Berlino a trovare la sua piccola, malata amica? Bisognerà
avvisarlo _dopo_, naturalmente.... Invece sono ancora in grado di
scriverle io e la ringrazio per le belle cartoline postali, dalle
quali vedo che, se pur non ha tempo di mandarmi una lettera, si ricorda
qualche volta di Frida.... Papà vorrebbe accompagnarmi in Italia questa
primavera, e come sarei felice di passar qualche settimana a Roma!
Ella sarebbe la nostra guida, non è vero, ci mostrerebbe i monumenti
che abbiamo ammirato nelle fotografie e nelle cartoline? Ma sono
_Luftschlösser_, castelli in aria; so che non è possibile, e forse
in primavera non sarò più in questo mondo.... Povero, povero papà!...
Per lui solo mi dispiace morire.... Spero che avrà consolazione delle
sue scoperte.... Ora fa certi studi che lo costringerebbero ad andar
molto lontano. Ma non vuol lasciarmi.... Sono proprio un impiccio....
Devo smettere perchè sono tanto tanto stanca. Addio, signor Giorgio,
viva felice e conservi un posto nella sua memoria alla sua devota,
affezionata e _gar treu bis an das Grab_
«FRIDA RAUCHER.»
Le ultime linee erano confuse, quasi illeggibili, sia che la mano di
Frida tremasse, sia che una lacrima fosse caduta sul foglio. E anche
Giorgio Moncalvo piangeva, vinto dalla pietà della gentile fanciulla,
che si congedava dalla vita con sì rassegnata bontà, con sì delicato
abbandono, pudicamente confessando il suo amore, l'unico amore della
sua breve giovinezza. Già lasciandola egli sapeva che non l'avrebbe
rivista, ma ora il sentirselo annunziare da lei gli faceva correre un
brivido per tutte le membra e il tenero addio di Frida gli suonava
come un rimprovero. Gli pareva che il suo dovere sarebbe stato di
accorrere al letto della moribonda, di raccoglierne l'estremo respiro,
di deporre un ultimo bacio sulla sua fronte verginale. Quanto meglio
che il vaneggiar dietro _all'altra_, all'altra ch'egli avrebbe voluto
disprezzare e abborrire e che pur gli dominava l'anima e i sensi!


XI.
Anche la zia Clara prende congedo.

La mattina appresso, poco dopo le nove, il professore Giacomo Moncalvo
stava prendendo il caffè nel suo studio, quando entrò la donna di
servizio con un biglietto.
— Manda suo fratello il commendatore, — ella disse. — E c'è giù la
carrozza che aspetta.
— La carrozza? — esclamò il professore. E con mano nervosa ruppe la
busta.
— C'è qualche disgrazia? — chiese la donna vedendolo impallidire.
— Mia sorella sta male, — egli biascicò. — Vado subito.... Giorgio è
uscito?
— Da un'ora.
— Se torna quando non ci sono.... — principiò Giacomo Moncalvo. E
s'interruppe come se gli ripugnasse di riavvicinar suo figlio alla
Mariannina. Ma si pentì delle esitanze e riprese: — Se torna, che venga
anche lui, là, in palazzo Gandi, in via Nazionale....
Infilò affrettatamente il soprabito e scese a precipizio le scale,
mentre la domestica sporgendosi dalla ringhiera del pianerottolo gli
gridava dietro:
— Sarà a casa per colazione?
— Non so, non so....
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