I Moncalvo - 06

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dalla Clara.
— Spero bene che non darai retta a loro, — proruppe con stizza la
signora Rachele. — La Clara è un'eccellente creatura, piena di buon
senso, ma è uno spirito _terre à terre_, ch'era nata per esser moglie
di un impiegato a tremila lire l'anno. E in quanto a tuo fratello,
sarà un brav'uomo, tutti lo affermano, ma è anche lui un essere
antidiluviano che non capisce i tempi.... E in fondo egli non ti
perdona d'esser riuscito a far quattrini.
— Oh!... a lui i quattrini non fanno gola.
— Lo so.... E non credo che ce li invidii.... Ma ce li rinfaccia.
— Sin da fanciullo, — disse il banchiere rievocando i vecchi tempi,
— viveva di nulla. S'isolava dalla famiglia dedita ai suoi piccoli
traffici, si seppelliva fra i libri.... E alla scuola era sempre il
primo.... mentre io passavo a scapaccioni.
La signora Rachele, ch'era orgogliosa dei milioni accumulati da suo
marito, scrollò le spalle in atto sprezzante.
— Ecco quello che valgono i trionfi delle scuole.... In verità, nessuno
vi crederebbe fratelli.
— Mah! Fenomeni che si ripetono spesso.
Dopo un momento di silenzio la signora Rachele riprese:
— A proposito, io ti confesso che non vedo di buon occhio l'intimità di
tuo nipote Giorgio con la Mariannina.
— Giorgio viene da noi così di raro!
— Sì, ma quando viene si prende troppa confidenza.
— Non è lui che se la prende.... È la Mariannina che gliela dà.
— La Mariannina è fatta così. In fondo è un Lucifero, ma del sussiego
non ha mai voluto averne, nè è ragazza da tollerar osservazioni.... Sta
però tranquillo che quando occorre sa tirar fuori le unghie.... Giorgio
stesso dovrebbe capire che le cose sono mutate.
— Quel Giorgio, — riprese il commendatore, e c'era nel suo accento il
rimpianto d'un bel sogno svanito, — sette anni fa s'è lasciato scappar
la fortuna.... Se andava a Kartum a quest'ora avrebbe messo da parte un
bel gruzzolo.
— Meglio così, — interruppe la moglie. — Allora tu coltivavi l'idea di
un'unione fra i due cugini.
— Non sarebbe stata un'enorme disgrazia, — notò Gabrio Moncalvo. — In
mancanza di figli maschi, non è male aver un genero che si occupi dei
nostri affari. Se la Mariannina sposa don Cesarino Oroboni, non sarà
certo lui quello che mi aiuterà a condur la mia azienda.
— Tuo nipote non ha maggiori attitudini pel commercio di quelle che
avrà don Cesarino, — replicò la signora Rachele.
— Chi sa se non le avrebbe avute? — soggiunse il marito. — È un giovine
d'ingegno.
— Sì, sì, sul genere di suo padre.... È di quelli che restano spiantati
tutta la vita.
— Non s'indebitano almeno come gli Oroboni.... Non si rovinano....
La signora Rachele perdette la pazienza.
— Pare impossibile che un uomo intelligente non veda l'abisso che
c'è tra la vecchia nobiltà e noi.... Loro possono indebitarsi fino
agli occhi, possono rovinarsi senza scapitar nella riputazione e
senza perdere il loro posto nella società. Conservano il loro nome,
il loro passato, le loro aderenze.... Noi no; noi siamo ricchi o
non siamo nulla. E non vai proprio la pena di cercar di fondare
delle dinastie.... Il giorno in cui i Rothschild piombassero nella
miseria, nessuno si ricorderebbe di loro.... O che ti lagni di non
aver maschi?... Forse si mangerebbero quello che tu hai guadagnato.
Tu quando sei stanco puoi ritirarti, e se la Mariannina diventa una
principessa romana, ella, ch'è l'unica erede del tuo patrimonio,
rimetterà in piedi una famiglia decaduta.... Sarà meglio, spero,
ch'esser la moglie d'un professorino che potrebbe appena pagare
il sarto col suo stipendio e per il resto dovrebbe far la parte di
mantenuto.
Il commendatore, che durante lo sproloquio della sua consorte aveva
avuto il tempo di arrotondare e accendere una sigaretta, replicò un po'
seccato:
— Il professorino è fuori di combattimento.... Ormai nè tu nè io lo
accetteremmo per genero, nè la Mariannina lo accetterebbe per marito. E
tu sei la prima a esser persuasa che s'egli pensasse a una cosa simile
(che non lo credo) la Mariannina gliene farebbe perder la voglia....
Chiudergli la porta in faccia non posso.... sarebbe un'offesa gratuita
a lui e a mio fratello.
Gabrio Moncalvo si alzò e si mise a girar per la stanza con la testa
bassa e con le mani congiunte dietro la schiena.
L'accenno di sua moglie ai Rothschild lo aveva turbato. La gran casa
bancaria, sopra tutto la casa madre di Francoforte, l'onorava della sua
benevolenza.... Ora appunto la casa di Francoforte era la più attaccata
alla fede mosaica e chi sa che effetto le avrebbe fatto la notizia
della conversione dell'unica figliuola del suo corrispondente Gabrio
Moncalvo? Tenergliela nascosta era impossibile.... Figuriamoci se tutti
i giornali di Roma non ne avrebbero parlato!... D'altra parte l'idea
d'imparentarsi con una famiglia principesca romana lusingava la vanità
del banchiere più di quanto egli non volesse confessare a se stesso,
e distruggeva nel suo spirito le obbiezioni giudiziose che pure egli
aveva mosse alla signora Rachele.
Questa, che si teneva sicura della vittoria, stimò inopportuno di
insistere.
Si alzò anch'essa di tavola e si affacciò alla finestra.
— Dio, come piove! — ella disse.
Infatuati, prima a discutere con monsignore de Luchi, poi a conversare
tra loro, i due coniugi s'erano appena accorti che il tempo era
peggiorato.
— Piove fitto davvero, — soggiunse il commendatore, guardando anch'egli
di là dai vetri. — L'ho detto alla Mariannina che non era tempo da
uscire in automobile.
— S'intende ch'erano andati per dipingere.
— Mi dispiace anche per la Clara che ha sempre la disposizione
alle bronchiti.... Se si potesse mandar loro incontro il _landau_
coperto....
— Dove? Andavano a Mentana, ma probabilmente non ci saranno arrivati e
si saran dovuti ricoverare in qualche posto.
— E chi sa che strade ci saranno!... Pur che non accadano disgrazie! —
disse Moncalvo, avvicinandosi alla moglie.
— Bah! — fece la signora Rachele. — Di Giovanni si può fidarsi.
Ella fissava con occhi cupidi, dall'altra parte di via Nazionale, il
muraglione del giardino Oroboni e le cime degli alberi ondeggianti al
vento.
— Pur che tu voglia! — ella sussurrò, posando una mano sulla spalla del
marito.
Gabrio sorrise.
— Sei ambiziosa.
— Per nostra figlia.
— Non per nostra figlia soltanto, — riprese il banchiere. — Tu vorresti
veder principessa la Mariannina, ma vorresti anche un titolo per te,
e non ti contenti di quello che sarebbe facile avere.... E pur se ne
contentano i Rothschild....
— La baronìa?... No.... Ce ne son troppi di questi baroni della
finanza.... È quasi un altro stigma di razza.... Tu devi esigere una
corona di conte.
— Cara mia, la Consulta araldica non è più di manica larga come una
volta.
— Tu hai vinto difficoltà maggiori di queste, — incalzò la signora
Rachele. — Hai sempre vinto.
— Lusingatrice!
Ella seguitò carezzevole:
— Sei partito da principii umili e sei arrivato così in alto.
— La fortuna mi ha aiutato, — disse Moncalvo con vera o finta modestia.
— Ci furono momenti in cui la fortuna stava per isfuggirti e tu hai
saputo riafferrarla, — soggiunse la moglie. — E ci furono anche momenti
in cui tu dubitavi della tua stella e qualcheduno ti rincorava.
Nell'evocazione di quel tempo passato la bellezza matura, un po'
avvizzita, della signora Rachele si rianimava, pareva rifiorire. E
intanto la bianca e morbida mano di lei, dalla spalla di Gabrio saliva
pian piano fino al mento, lisciava la barba brizzolata.
— Sì, eri tu a rincorarmi, — egli disse. — Fosti una buona, una fedele
compagna.
Ella arrossì, sapendo di non meritare tutta intera la lode. Fedele
s'era mantenuta effettivamente fino a più di quarantanni; poi, travolta
nel turbine del gran mondo, aveva ceduto alle tentazioni.... oh non
molto.... quello che bastava per non esser ridicola.... Anch'egli, del
resto, aveva fatto le sue scappatelle, sempre per la medesima ragione,
per non esser da meno degli altri.... senza mai perdere la testa, senza
mai innamorarsi sul serio.... come non s'era innamorata lei, che aveva
voluto bene a un uomo solo, al suo Gabrio.... Fors'egli ignorava le
sue debolezze.... forse, sospettandole, le perdonava.... al modo stesso
ch'ella perdonava quelle di lui....
S'udirono dei passi rapidi nella stanza accanto. L'uscio si spalancò.
— Oh, Mariannina! — esclamarono in coro il commendatore e la signora
Rachele. — Curioso ch'eravamo accanto alla finestra e non ci siamo
accorti della tua venuta.... Per solito l'automobile fa uno strepito
indiavolato.
— Ma che automobile?... Son venuta in _fiacre_, nel _fiacre_ di Sua
Eccellenza il ministro dell'interno.
— Come? Perchè? Che cos'è successo?... E la zia Clara?
— La zia Clara è venuta con me.... È andata nella sua camera.... Ora
vi racconterò.... Lasciatemi respirare.... E sopra tutto datemi da
mangiare.... Ho una fame!
La ragazza premette il bottone del campanello elettrico.
— Non hai fatto colazione?
— No!
— Insomma, si può sapere che accidente v'è toccato?
— Un accidente semplicissimo.... Non vi sono morti, nè feriti. E
scoppiata una gomma dell'automobile.
— E che c'entra il _fiacre_ di Sua Eccellenza?
— Non parlo più fin che non ho mangiato, — dichiarò la Mariannina che
s'era seduta a tavola e sgretolava un panino. — Oh, finalmente! — ella
disse rivolgendosi al cameriere accorso alla scampanellata. — Che il
cuoco mi mandi tutto quello che ha.... subito.... caldo o freddo, non
importa.


VII.
La principessa Olimpia Oroboni.

Erano quasi le undici di sera. Un _fiacre_ chiuso si fermò davanti alla
porticina di servizio del palazzo Oroboni, e ne discese monsignor de
Luchi.
Una donna matura, che reggeva una piccola lanterna a olio, venne ad
aprire.
— Buona sera, Pulcheria.
— E lei, monsignore?
— Sì, la principessa mi ha mandato a chiamare.
— Appunto, — rispose la Pulcheria, richiudendo la porta e dando il
chiavistello, — ed ero qui in portineria ad aspettarlo.... Mio marito
dev'esser in casa, nell'ingresso. È di un umore intrattabile.... Se lo
catechizzasse un po'?... Non ora.... non ora.... A momento opportuno.
— Cara mia, — replicò monsignore, avviandosi dietro di lei pel sentiero
ghiaioso che scricchiolava sotto i suoi piedi, mentre nella notte
senza vento gli alberi erano immobili e il silenzio del luogo era rotto
soltanto dal chioccolìo monotono d'una fontana, — a catechizzare vostro
marito si perderebbe il fiato.... È un uomo che vorrebbe il mondo a suo
modo.
— Purtroppo, — sospirò la donna. — Ora s'è fitto in capo che debba
succedere una specie di rivoluzione qui dentro, e dichiara che
in questo caso se ne va.... Dove poi andrebbe a finire? Qui non
riscuotiamo il salario da un pezzo, ma almeno si ha l'alloggio e il
vitto.... E all'età di Plinio, coi suoi acciacchi e con le sue idee,
non è mica facile trovare....
— Ma che non faccia bestialità, — replicò il sacerdote. — Ma che
non s'immischi di quello che non lo riguarda.... È lui che la fa la
rivoluzione pretendendo di giudicare i suoi padroni....
— Dunque è vero, monsignore?.... Dunque c'è qualche cosa in aria? —
chiese ansiosamente la Pulcheria.
E, voltandosi, alzò il lume quasi fin sotto il naso del prete per
leggergli in faccia la risposta.
Monsignore si riparò gli occhi con le mani e rimase impassibile.
— Do anche a voi lo stesso consiglio che a vostro marito. Non
v'immischiate di ciò che non vi riguarda.
E per liberarsi dalla seccatura affrettò il passo e soggiunse:
— Vedo chiaro dietro i vetri.... È inutile che v'incomodiate di più...
Credo d'aver pratica abbastanza.
Salì in fretta i pochi gradini della scalinata ed entrò.
Meno discorsivo della consorte, il servo Plinio gli venne incontro in
silenzio.
— La principessa è nella sua camera?
Plinio accennò di sì.
— C'è lume per le scale?
— C'è il lume acceso davanti all'altarino del pianerottolo.... sulla
scala piccola.
— Basterà. Salgo di lì.
Illuminata di sotto in su, la tavola dell'altarino lasciava indovinare
una testa di Madonna, curva in atto amoroso sul frutto delle sue
viscere. Del bimbo si distinguevano appena i contorni sparenti, come,
del resto, spariva gran parte del quadro sotto lo strato di fuliggine,
onde il continuo fumicare di quel lume sempre acceso lo aveva
lentamente cosparso.
— Ormai nelle chiese hanno introdotto la luce elettrica, — pensò
monsignore, ch'era uno spirito moderno.
— Monsignor de Luchi, — annunziò il cameriere picchiando all'uscio di
donna Olimpia.
S'intese il fruscìo d'una veste di seta. Una voce femminile rispose:
— Avanti!
La principessa, ch'era in piedi, mostrò a monsignore una sedia; indi,
vedendo che Plinio non si decideva ad andarsene:
— Cosa c'è? — chiese bruscamente. — Se avrò bisogno di voi, sonerò.
— Il fuoco è spento, — biascicò Plinio, dando un'occhiata al caminetto.
— Non importa. Non ho freddo. Andate.
Il servo ubbidì.
Col busto proteso innanzi, monsignore attendeva che donna Olimpia
parlasse.
— Pregavo, — ella disse, accennando all'inginocchiatoio che sul cuscino
di velluto crèmisi portava il segno recente delle ginocchia che lo
avevano compresso. — Pregavo, invocavo dal Signore una guida in questo
ch'è forse il momento più critico della mia vita.... Il Signore è
muto.... Non sono degna.
Si abbandonò sur una poltrona, e dopo una breve pausa riprese:
— Ho chiamato voi..., voi che avete ordito tutta questa trama....
— Era l'unica via che restasse, — mormorò il sacerdote allargando le
braccia.
— Già.... A voi sta bene dir così, — seguitò donna Olimpia. — vi
ho chiamato a quest'ora perchè si potesse discorrere senza esser
disturbati.... Oggi ho parlato con Salvucci, il nostro benemerito
agente generale, l'uomo che godeva la nostra piena fiducia e che ci ha
mandati in rovina.... Vorreste forse scusarlo? — chiese con accento
vibrato la principessa, interpretando a suo modo un movimento di
monsignor de Luchi.
— No, no, — rispose costui. — È stato inabile, imprevidente, ma...,
siamo giusti.... la situazione era molto difficile.... Bisognava, venti
o venticinque anni fa, prima della crisi edilizia, aver il coraggio di
vendere il giardino, il palazzo....
— Perchè vi fabbricassero un albergo?
— Sicuro che gli speculatori non hanno scrupoli archeologici.
— Mai, mai, — protestò donna Olimpia. — A ogni modo, s'era necessario
di vendere, Salvucci doveva dichiararlo, e cercare un compratore nella
nostra casta.... fra i patrizi romani.... Invece egli non ha saputo far
altro che debiti.... E oggi non sa far più nemmen quelli.
— E che suggerisce? — domandò monsignore.
— Siete ingenuo, — ribattè la principessa in tuono sarcastico. —
Naturalmente suggerisce quello che suggerite voi.... quello che voi gli
avete detto di suggerire....
— Non io, principessa.... La forza ineluttabile delle cose.
— Ah, don Paolo, se non ci fosse di mezzo la follia di mio figlio,
so io quel che farei.... Io lascerei andar all'asta le nostre terre,
la nostra villa di Porto d'Anzio, questo palazzo, tutto insomma;
lascerei portar via i mobili, i quadri, e aspetterei che i gendarmi
venissero a cacciare anche me dalla mia camera, dalla soffitta forse,
dove mi sarei rifugiata.... Meglio, mille volte meglio che accettar
le proposte dei vostri Moncalvo.... Ma avete stregato mio figlio,
il mio Cesarino, egli che doveva esser più geloso di me della nostra
dignità, del nostro nome.... Se l'aveste sentito, oggi!... Sì, dopo
di Salvucci, ho voluto udir lui oggi stesso.... ho voluto saper da lui
s'egli era disposto a subire in pace la nostra vergogna, s'era disposto
a vendersi.... Altro che disposto!... Ci va come a una festa.... don
Cesarino, capite? Don Cesarino, che non osava guardare in faccia una
donna.... che voleva farsi frate!... Ora muor dietro a quella figliuola
di ebrei, di strozzini, con cui non ha mai scambiato una parola, che ha
vista soltanto dalla finestra.... o per la strada.... Perchè da vicino
non si son mai visti, non è vero?... Non si sono mai trovati insieme?
Non mi avete mica ingannata?... Non avete mica fatto in modo che
s'incontrassero?...
— Oh, donna Olimpia! — esclamò, con aria offesa, monsignore.
— Ormai non mi fido più di nessuno, — ribattè la principessa, — e di
voi meno degli altri.
Slanciato quest'ultimo strale, la vecchia patrizia si tacque, soffocata
da un nodo di tosse.
Don Paolo si affrettò a mescerle un bicchier d'acqua, le raccomandò di
calmarsi e le chiese:
— Posso parlare?
Senza dir motto, ella fece un segno affermativo col capo.
— Ebbene, principessa, — cominciò il prete con la sua voce piana
ed insinuante, — io comprendo lo stato del suo animo e son qui per
ricevere le sue battiture.... Ma non le è mai venuto in mente che in
questa che lei crede un'opera del demonio....
— Proprio così, — biascicò donna Olimpia.
— .... non le è mai venuto in mente, — proseguì monsignore, — che
ci sia invece un disegno alto della Provvidenza?... Permetta.... Io
non sono che uno stromento.... Permetta.... Poco più d'un anno fa,
quand'era manifesto che la Banca d'Italia era decisa a realizzare
il suo credito e si batteva invano a tutte le porte per evitar la
catastrofe finanziaria, conoscevo io forse il commendatore Moncalvo?...
E quando, andata in fumo ogni speranza di ricco matrimonio, pareva
che don Cesarino volesse chiudersi in un convento, sapevo io forse
che questa Mariannina esistesse? Ed ecco che, circa in quel tempo, la
famiglia arcimilionaria viene a stabilirsi a Roma, viene ad abitare
dirimpetto al palazzo Oroboni, ed io, per mezzo del conte Ugolini
Ruschi, entro in rapporti col commendatore Gabrio, che mi dà subito
cinquemila lire pel nostro Asilo, e mi presenta alle sue signore
cortesi, munifiche, sempre disposte a largheggiar coi miei poveri,
sempre piene di deferenza pel cattolicismo, per la Chiesa, pel
papato....
— E voi le credete sincere? — interruppe la principessa. — Hanno
l'eresia nel sangue.
— Sono cresciute nell'indifferentismo, — corresse monsignore, — come
molte di queste famiglie israelite dell'Occidente.... Si sono staccate
dalla loro religione e non sanno risolversi ad abbracciare la nostra.
S'illudono di poter vivere senza religione alcuna.... Ma sono meno
impreparate di quello che si pensa ad accoglier la verità della
fede....
A un gesto dubitativo della sua interlocutrice, don Paolo si infervorò
di più nel discorso.
— Senza questa persuasione intima, profonda, non mi sarebbe balenato
in mente il disegno che, con l'aiuto del cielo, spero di condurre ad
effetto.... Noti, donna Olimpia, noti le coincidenze che non possono
dipendere unicamente dal caso.... Don Cesarino vede questa signorina
Moncalvo dalla finestra, la osserva, egli che aveva il ribrezzo della
femmina, va di sera alla chetichella nella torretta del giardino per
tentar di penetrare con l'occhio nella camera di lei, per tentar di
coglierla al passaggio dietro i vetri, dietro le tende; e nello stesso
tempo la giovine ha una curiosità acuta di conoscere i segreti di
questo recinto, di visitar questo palazzo, d'incontrarsi con quelli che
lo abitano e ch'ella scorge appena di lontano in mezzo alle macchie
d'alberi....; e intanto di pieno accordo coi genitori s'interessa
alle nostre opere pie, partecipa alle nostre beneficenze, viene nei
nostri ospizi, ammira la potente organizzazione della carità cattolica,
influisce.... badi, donna Olimpia, influisce sul padre per disporlo
favorevolmente all'operazione finanziaria che salverà dalla rovina la
famiglia Oroboni.
— Oh, don Paolo, don Paolo! — esclamò la principessa. — Non capite....
è naturale, non potete capire — (e in queste parole c'era un'allusione
alle umili origini del sacerdote) — quale mortificazione sia per me
il sapere che le nostre miserie furono discusse in quella casa, che
riceveremo l'elemosina da quella gente....
— Principessa mia, — disse monsignore, — alla fine dei conti gli
Oroboni avranno dato più di quello che ricevono. E senta se non ho
ragione di trovare in tutto ciò la mano della Provvidenza? Il primo
cenno a un possibile matrimonio non l'ho fatto io.... È stata la
signora Rachele Moncalvo.... molto timidamente.... come per tentare il
terreno.... Io la guardai attonito. «Lo so, — ella disse, — il maggior
ostacolo è la religione.... Ma se non fosse che quello! Sarò beata il
giorno in cui mia figlia avrà preso il battesimo».
— E voi, — rimbeccò donna Olimpia, — voi avete subito morso all'amo.
— Io, — rispose don Paolo con una certa alterezza, — io avevo letto
ormai da più giorni nell'anima di quella borghese arricchita; io non
avevo bisogno di mordere all'amo.... Era lei piuttosto ch'entrava
spontanea nella via sulla quale io volevo condurla... Sono sacerdote,
principessa, e sono da molti anni amico e servo devoto di casa Oroboni.
Donna Olimpia chinò il capo assentendo.
— Come sacerdote, — continuò monsignore, — non posso essere
indifferente alla salvezza d'un'anima; come amico e servo di questa
famiglia, devo fare per essa tutto quello che dipende da me per
restituirle l'antico splendore.
Un sorriso amaro sfiorò le labbra della principessa.
Don Paolo non vi pose mente, e ripigliando il tuono d'umiltà che aveva
abbandonato per poco, ripetè la frase pronunciata pur dianzi:
— Io non sono che uno stromento.... Non sono io che ho illuminato
il cuore della signora Moncalvo, non sono io che ho predisposto un
esperto uomo d'affari come il commendator Gabrio a distrar più d'un
milione dalle sue speculazioni proficue per immobilizzarlo in questo
palazzo, nella villa in rovina di Porto d'Anzio e nei fondi finora
punto rimunerativi d'Albano.... Ma sopra tutto non sono io che ho
infiammato il sangue di don Cesarino, che ho svegliato i suoi sensi
atrofizzati.... Quante volte ella mi diceva sospirando: «Non è un
uomo come gli altri.... È torpido, è frigido.... Non si sposerà. Se si
sposasse non avrebbe figliuoli. Povera casa Oroboni!» Questo ella mi
diceva dopo abortiti i vari disegni di matrimonio.... Ed ecco che il
Signore fa il miracolo per mezzo di questa giovinetta che appartiene
alla stirpe dei reprobi.... ecco che tutte le speranze rinascono e che
è nuovamente lecito di contare su una lunga discendenza degli Oroboni,
in cui, presto forse, ci sarà un difensore della Chiesa, un campione
della fede.
— Ah don Paolo, — proruppe la vecchia signora, — è inutile che doriate
la pillola.... Dite che non c'è scampo; dite ch'è vano ribellarsi ai
voleri del cielo.... e non dite altro.... È meglio.... Zitto!... Non
sentite?
— Sì, — rispose monsignore levando gli occhi verso il soffitto. —
Qualcheduno cammina qui sopra.
— È la camera di Cesarino. È lui che cammina.
— Sta per scendere forse?
— Non c'è pericolo, — replicò donna Olimpia. — Ma ormai nella notte non
ha requie.... Ogni tanto si alza, gira su e giù per la stanza come un
animale chiuso nella sua gabbia.... Per causa di colei!... E pensare
che tre o quattro secoli fa, se una donna di quella razza avesse coi
suoi sortilegi infami sconvolta la mente d'un cristiano, d'uno dei
nostri, la Chiesa avrebbe ben saputo liberar coi suoi esorcismi la
vittima e arder sul rogo la fattucchiera.... Non ha più armi oggi la
Chiesa; non sa più nè redimere, nè punire.
— Si calmi, principessa, — disse don Paolo senza esagerarsi
l'importanza di questo _ritorno offensivo_. — La Chiesa ha sempre lo
stesso potere, ma adopera le armi che meglio convengono ai tempi.
— Il matrimonio! — sogghignò donna Olimpia.
— Perchè no?... Il matrimonio può anch'esso servire alla gloria del
Signore.... Don Cesarino sposerà una battezzata.... Della conversione
rispondo io.
— Una conversione apparente, — ribattè la vecchia Oroboni.
— Una conversione sincera, — rimbeccò il sacerdote. — Ho già cominciato
in segreto a istruire la signorina Moncalvo e son sicuro che la scolara
mi farà onore.... Il segreto è necessario perchè i Moncalvo hanno molte
aderenze nella loro comunità e non desiderano di sollevare uno scandalo
intempestivo.... Sarà opportuno che la bomba scoppi tutta in un colpo
e che si abbia nello stesso momento la notizia del battesimo e del
matrimonio....
— Dio, Dio! In che bivio mi trovo! — disse la principessa
attorcigliando nervosamente il fazzoletto alle dita. — Voi siete in
buona fede, lo ammetto, voi credete di agire pel nostro meglio.... Ma
vi siete troppo compromesso.... Siete ormai troppo interessato nella
riuscita di questo disegno.
— Si consulti con altri, — suggerì freddamente monsignor de Luchi. — Ha
parenti, ha amici nell'alta aristocrazia romana.... perfino nel Sacro
Collegio.
Donna Olimpia fece un gesto sprezzante.
— Nessuno ci ha mai ajutati nè d'uno scudo, nè d'una parola. Nessuno ci
ajuterebbe.... Se vivesse Leone XIII, andrei a gettarmi ai suoi piedi,
a pregarlo d'illuminare il mio spirito.
— Vada da Pio X... Una Oroboni non può non esser bene accolta da Sua
Santità.
— Tutti sono ben accolti dal nuovo Papa, — disse donna Olimpia
con un accento da cui traspariva l'orgoglio patrizio. — Ma non
m'intenderebbe.... È un Papa d'idee democratiche.... come voi....
Nella stanza superiore si continuava a camminare.
— Sentitelo, sentitelo.... Non si cheta.... Ha la febbre addosso.
— Potrebbe far qualche pazzia, — insinuò monsignore. — Ha
venticinqu'anni compiuti.... Potrebbe valersi delle facoltà che gli
accorda il Codice.
— Don Paolo! — esclamò la principessa giungendo le mani. — Diventate
rivoluzionario anche voi sotto la vostra tonaca di prete?... Nelle
nostre case nessuno ancora s'è ribellato all'autorità dei genitori....
E voi credete che si ribellerebbe Cesarino?
— Non credo.... Accenno alla possibilità della cosa.
Donna Olimpia si nascose il viso tra le palme e stette alquanto
raccolta. Nella stanza non si udiva volare una mosca. Dal piano di
sopra veniva il solito rumore di passi. Silenziosamente monsignor de
Luchi si chinò ad abbassare il lume a _carcel_ che filava.
— Con un profondo sospiro la principessa Oroboni riprese:
— Bisognerà dunque salir questo Calvario. E cominceremo col ricever
quelle dame.... Quando?
Don Paolo dissimulò prudentemente la gioja della vittoria, e si
contentò di rispondere:
— Quando vuol lei.... Al più presto possibile.... Sa ch'è una visita di
cui si parla da qualche settimana....
— Ero indisposta....
— Appunto, e fu questa la causa del ritardo.... Ora....
— Ora, — soggiunse donna Olimpia, — è meglio spicciarsi.... Domani,
doman l'altro, fissate voi.... La vedrò finalmente questa sirena che
ha fatto perder la testa a mio figlio.... Lo so, me l'avete indicata un
giorno dalla finestra della torretta. Ma io son miope.... Che c'è?
Il sacerdote tirò fuori il portafoglio e ne tolse una fotografia di
piccolo formato che presentò alla sua interlocutrice.
— Ecco, se vuol averne un'idea....
— Oh don Paolo! — esclamò donna Olimpia in tuono tra beffardo e
scandalizzato. — Che razza di ecclesiastico siete? Girate coi ritratti
delle femmine in tasca!
— L'ho preso per consegnarlo a lei, — rispose serio serio monsignore. —
Nessuno potrebbe trovarci a ridire.
Donna Olimpia guardò attentamente la fotografia; poi la posò, con una
smorfia, sul tavolino.
— È bella. Ma di una bellezza sensuale, volgare, sfacciata come i suoi
milioni, come la genìa a cui appartiene.
— È più bella del suo ritratto, — dichiarò monsignore. — La vedrà
domani.... perchè gliela accompagnerò domani, con sua madre, un po'
prima delle tre.... Le giornate sono così corte in questa stagione!
— E verrà anche quel vostro commendatore.... intendo il padre della
ragazza?
— No, non credo.... È tanto occupato.... Ella avrà tempo di
conoscerlo....
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