I Moncalvo - 04

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un'esclamazione poco corretta: — _Che rompiscatole!_
Naturalmente, rientrando nel salottino, egli rinnovò le sue scuse al
dottor Löwe.
— Ma si figuri! — biascicò questi. E riprese il discorso dove l'aveva
interrotto: — Se non m'inganno, ella conveniva che, nei limiti
in cui oggi restringiamo la nostra propaganda, nessuno ha motivo
di adombrarsene. — Incoraggiato da un segno d'assenso, il dottore
proseguì: — Io non dubito quindi ch'ella vorrà far parte del Comitato
sionista di Roma.... spererei anzi ch'ella vorrà presiederlo.
Moncalvo misurò subito le conseguenze del passo a cui si cercava
indurlo, e si mise sul guard'a voi.
— Ah, caro signor dottore, ella mi coglie alla sprovveduta e deve
permettermi di non darle una risposta lì per lì.... Cioè sopra un punto
le rispondo subito, e mi dispiace risponderle negativamente. Circa
alla presidenza, non ci pensi neanche.... Fra i suoi correligionari che
abitano alla capitale....
— I _nostri_, — sottolineò il dottor Löwe.
— Come vuole.... i _nostri_.... Insomma, fra gl'Israeliti di Roma ve
ne sono molti assai più noti di me.... molti che hanno un nome nella
politica, nella scienza, nell'arte.... ve ne sono poi moltissimi di più
ortodossi, ai quali sarebbe doveroso il rivolgersi.
— L'ortodossia non è indispensabile.... Noi ci teniamo a mostrare la
solidarietà della razza indipendentemente dalla questione religiosa.
— È un punto anche più delicato, — ribattè il commendatore. — Loro si
ostinano su questa benedetta razza, su questa pretesa nazionalità....
Ma noi dell'Occidente la nazionalità ebraica non l'intendiamo, e la
razza, creda pure, dopo tanti secoli s'è imbastardita.... Santo Iddio!
Tante razze ci sono in Italia.... Longobardi, Etruschi, Latini e che so
io?... Chi li distingue?... E anche le nostre donne, via....
— Non dubiti, che l'Ebreo lo si distingue sempre, — interruppe
vivamente il dottore fissando gli occhi in viso a Moncalvo che aveva
il tipo semitico pronunziatissimo. — A ogni modo, il signor barone
mi assicurava che lei non è di quelli che si vergognano delle proprie
origini.
— Non c'è nulla da vergognarsi, — replicò il commendatore un po'
infastidito. — Ma altr'è questo, altr'è prendere una parte attiva nel
movimento, entrare nei Comitati....
— Neppure nel Comitato non entrerebbe?.... Aveva prima parlato della
presidenza.
— Per la presidenza non c'è neanche da discorrere....
— E pel Comitato?
— Adagio, adagio.... Ci penserò su.... Le darò una risposta
positiva.... In tutti i casi, — soggiunse Moncalvo, al quale premeva
non compromettere i suoi buoni rapporti coi Rothschild, — in tutti
i casi, non creda ch'io voglia negare ogni aiuto all'impresa.... nei
limiti delle mie forze che non possono paragonarsi a quelle del signor
barone.... C'è una cassa sociale?
Il dottor Löwe accennò agli opuscoli che aveva portati seco.
— Le lascio queste pubblicazioni.... Vedrà che i membri
dell'Associazione s'impegnano a un contributo annuo, ciò che non ha
nulla a che fare con le oblazioni straordinarie.
— Sta bene, — riprese Moncalvo. — La mia oblazione la farò anch'io, non
ne dubiti.
Il dottore si alzò.
— Noi accettiamo tutto con riconoscenza.... Però la sua collaborazione
ci sarebbe stata più preziosa di qualunque offerta in danaro.... E
prima della costituzione definitiva del Comitato tornerò da lei....
— Sarà sempre un onore.... Si trattiene qualche giorno?
— Vorrei spicciarmi entro la settimana... Ho un itinerario lungo.
— E dove alloggia?
Il commesso viaggiatore del Sionismo nominò una locanda assai modesta,
nella vecchia Roma, condotta da un israelita.
— Io vorrei averla un giorno mio commensale, — disse Moncalvo, certo
che l'altro non avrebbe accettato l'invito. — Domani?... Posdomani?
— Grazie.... Faccio tutti i miei pasti all'albergo, — rispose,
inchinandosi, il dottore a cui la rigida ortodossia non permetteva
di sedere a una tavola ove i cibi non fossero apparecchiati all'uso
giudaico.
E si congedò, accompagnato dal commendatore fino al pianerottolo della
scala.
Il banchiere tornò nella stanza di Fanoli per dare un'occhiata alla
posta.
— Veda prima questo telegramma, — disse il segretario mostrando al
principale un dispaccio arrivato da pochi minuti.
— Ah, ci offrono trecentomila lire per stornar la vendita delle
mille azioni di Terni, consegna fine mese. Dia il bene stare.... per
telegrafo.
— Io credo che, insistendo, darebbero diecimila lire di più, — suggerì
Fanoli.
Il commendatore Moncalvo fece un segno negativo col capo.
— Non insista. Chi troppo tira la corda, la spezza.... Ho sempre
seguito questa massima negli affari, e non ho avuto che da lodarmene.
Corretto, rispettoso, il segretario non aggiunse sillaba e si accinse
a scrivere il telegramma di benestare. Nello stesso tempo però egli
consegnò al principale una lettera riservata.
— Uhm! — fece Moncalvo storcendo il naso. — Sento odore di conte....
Quest'è Ugolini....
— A giorni scade il suo _pagherò_, — soggiunse Fanoli.
— Lo chiami pure un _non pagherò_, — ribattè il banchiere che aveva
rotto la busta. — Ecco qui.... domanda la rinnovazione a sei mesi.
— Per la seconda volta.
— Eh, caro Fanoli, si aspetti la terza, la quarta e via di seguito....
Non ho mai calcolato sul rimborso di quelle quindicimila lire.... Trovo
anzi che Ugolini è un uomo discreto.... Ma sì; se invece di quindici
ne avesse chieste venti o venticinquemila, sarei stato imbarazzato a
rispondere di no.... Quell'Ugolini è un uomo prezioso.... Accompagna le
mie donne di qua e di là.... Mi libera da una quantità di seccature....
sopra tutto con mia moglie, che non rifinisce di cantarmene le lodi....
Ed è cavaliere di Malta, ciò che impone silenzio alle male lingue.
Fanoli si guardò bene dal sorridere dell'ingenuità del suo principale,
e chiese arricciandosi i baffi:
— Dunque la rinnovazione è concessa?
— _Concessissima._ Quindicimila lire da me, quindicimila dalla _Banca
internazionale_ non son nulla di eccessivo per uno che ha tante
aderenze e anche alla Banca ha giovato indirettamente.
Qui notiamo fra parentesi che della _Banca internazionale_ il
commendator Gabrio Moncalvo era l'anima e che vi passava gran parte del
pomeriggio, facendovi la pioggia e il bel tempo.
Data una rapida occhiata ad altre lettere e telegrammi, il nostro
banchiere si riaccinse alla revisione delle sue bozze. Ma nemmen questa
volta potè rimanere tranquillo; chè, annunziata da un mellifluo:
— _Disturbo?_ — gli si parò innanzi la faccia rasa e rubiconda di
monsignore de Luchi.
— Oh, lei? — esclamò Gabrio Moncalvo. — Avanti, monsignore, avanti.
— Buon giorno, commendatore.... Ha fatto un oh di maraviglia quando
m'ha visto.... Per l'ora insolita, forse.
— Non per l'ora. Le dirò, le dirò.... Entri anche lei nel gabinetto
riservato.... Passi, s'accomodi.
E fattolo sedere al posto ov'era pur dianzi l'apostolo del Sionismo,
gli spiegò in poche parole chi fosse e che volesse il suo predecessore,
concludendo:
— Ecco la ragione del mio _oh_.... Sono contrasti che non si vedono
che ai nostri giorni e non si vedono che a Roma.... Che confusione di
lingue, non è vero, monsignore? Un sacerdote della Chiesa cattolica, un
ebreo del vecchio stampo, e uno che non è nè carne nè pesce....
— Siamo nell'_Urbs_, — notò l'ecclesiastico.
— Però prima del Settanta certi contrasti non erano possibili.
— Perchè no? Perchè no? — rispose monsignore che aveva questo
intercalare. — La Chiesa è inflessibile nei principii, è intransigente
nelle apparenze, ma in fondo è sempre stata tollerantissima.
— Uhm, uhm!
— Parlo sul serio. E i pontefici non hanno mai escluso nessuno dalla
loro presenza.
— Sarà.... Quello ch'è sicuro è che lei, monsignore, è un vero uomo di
mondo, un vero uomo moderno.
— La Chiesa è sempre antica e sempre moderna, — disse il prete. — È
contemporanea di tutti i secoli e intende tutte le questioni.
— Anche il Sionismo?
— Perchè no? La Chiesa sa che il tempio di Salomone non si
ricostruisce. Essa non permetterà che sorga un regno d'Israele ove è
la tomba di Cristo, ma non disapprova l'emigrazione degli Ebrei verso
qualche regione ove possano vivere in pace.... Sarà tanto più probabile
che quelli che si sono ormai assimilata la nostra civiltà abbraccino la
nostra fede.
— Sicchè.... scusi, sa, se per un istante faccio finta d'esser un buon
cattolico anch'io e la prendo per mio direttore spirituale.... (dicono
così, non è vero?) lei non pensa che un appoggio dato all'impresa possa
nuocermi presso i suoi amici?
— All'impresa sionista?
— Appunto.
— Niente affatto.... Solo bisognerebbe vedere il programma.... Ha messo
la sua firma anche lei?
— No, no, — si affrettò a rispondere il commendatore che ormai era
deciso a non sottoscrivere, — la firma no. Tutto si limiterà a una
contribuzione pecuniaria.
— E allora.... è troppo naturale.... Una persona che ha la
sua posizione finanziaria, e che appartiene sempre... almeno
ufficialmente.... alla confessione israelitica, non può chiuder la sua
borsa.
Moncalvo, che in fondo era soddisfatto del responso di monsignor de
Luchi, tentennò la testa.
— La credono inesauribile la mia borsa.... E invece basterebbe una
crisi....
— Lasciamo andare, lasciamo andare.... Chi ha i suoi capitali, la sua
abilità, le sue aderenze non ha paura di crisi.... Ma veniamo a noi....
— Son qui tutt'orecchi.
— Ecco, si tratta dell'affare Oroboni.... Il Consiglio della _Banca
internazionale_ s'è riunito?
— Sì, s'è riunito, ha discusso.... Ma è un osso duro, non glielo
nascondo.... L'affare non presenta quelle garanzie che sarebbero
necessarie per subentrare alla Banca d'Italia in questo mutuo.... Vede
che la Banca ha una gran fretta di liberarsene.
— È uno strascico della Banca Romana, e si capisce che la Banca
d'Italia desideri liquidare al più presto l'eredità.... Poi la legge
stessa le impone di _smobilizzare_.... che termini barbari!... Ma
fossero tutte sicure come questa le sue investite!
— Curioso però che questa gran proprietà non dia da due anni
l'occorrente per pagar gl'interessi.... E sì che gli Oroboni sono in
due e non fanno lusso.
— Tutt'altro.... Ma è un'amministrazione trasandata.... Lasciamo stare
il palazzo di città, ma i fondi potrebbero dare una rendita quadrupla
di quella che dànno.
— Se non sanno amministrare, vendano.
— Finora la principessa non voleva, e don Cesarino è così ossequente
alla madre!... Non è detto però che non possa cambiar d'opinione.... se
vi fosse una proposta vantaggiosa.... Caro commendatore, — soggiunse
l'ecclesiastico come se gli fosse venuta un'idea subitanea, — ha mai
pensato se l'acquisto potesse convenire a lei?
— A me? — esclamò Moncalvo fingendo sorpresa. — Come vuole ch'io possa
togliere un milione dalla mia azienda?... Noi banchieri abbiamo bisogno
di denaro vivo.
— Eh, via! Anche con un milione di meno la sua azienda prospera lo
stesso.... Gliene restano sempre a bastanza.... E nella peggiore
ipotesi c'è il credito che fa miracoli. Due righe di telegramma al suo
amico Rothschild, e quella cassa è a sua disposizione.
— Ha voglia di scherzare, monsignore. No, no, non sono operazioni per
me.
— Sarebbe un affar d'oro. Il palazzo di Roma e la villetta di Porto
d'Anzio valgono il milione da loro soli. Tutti i fondi presso Albano
sono dati per soprammercato, e in mano sua frutterebbero il sei per
cento e più.
— Sì, per quello che me ne intendo io d'agricoltura!
— Lei si procura un buon agente.
— Quello degli Oroboni, per esempio?
— No, quello degli Oroboni non farebbe per lei... Ma il proprietario
nuovo non sarebbe legato da nessun impegno.
— Via, son discorsi inutili. Io non compero.... E pel mutuo con la
_Banca internazionale_ che vuol che le dica?... Mi dispiace, ma temo
che non se ne farà nulla.... Posso ritentare....
— Bisognerebbe far presto, prima che la Banca d'Italia mandi
all'asta.... Non che l'asta abbia ad esser necessariamente rovinosa....
Scommetterei che si troverebbero applicanti anche per più del
milione.... Ma è l'effetto morale.... per la principessa, per don
Cesarino.... È la prospettiva di dover abbandonare il loro palazzo.
— Questo accadrebbe anche in seguito a vendita privata.
Monsignor de Luchi si aggiustò il colletto.
— Secondo il compratore.... Vi potrebb'esser quello che consentisse ad
affittare ai proprietari attuali.
— Bravo!... Per non riscuoter mai la pigione.... No, no, caro
monsignore.... Chi comprasse il palazzo e il giardino non avrebbe che
da far _tabula rasa_ e da approfittare dell'area per rifabbricarvi....
Cinque o sei piani, stanze piccole, tutto il _comfort_ moderno....
potrebbe col tempo essere un discreto impiego.
— Ah, commendatore mio, — esclamò il prete congiungendo le mani,
— che sacrilegio!... Distruggere una delle poche oasi che ci siano
rimaste!... Come se non ce l'abbiano deturpata abbastanza la nostra
Roma!... E che cosa direbbero le signore che hanno un senso d'arte così
squisito?... Si ricorda giorni fa, quand'ebbi l'onore di accompagnarle
a visitare il palazzo e il giardino Oroboni, si ricorda la sua
Mariannina, che entusiasmo!
— Verissimo. Il demolire sarebbe un peccato.... Ma il compratore non
potrebbe fare altrimenti.
— Scommetto che lei non demolirebbe.
— Ho paura che perderebbe la scommessa.
— Lei non vorrebbe dar un dispiacere simile a sua moglie e alla sua
figliuola.
Moncalvo tentennò la testa.
— Ma d'altra parte mia moglie e la mia figliuola non vorrebbero
suggerirmi una speculazione rovinosa. Sa, anche loro l'istinto degli
affari lo hanno nel sangue.
Nel dir queste parole il commendatore sorrise. Poi, mutando argomento,
uscì in questa proposta:
— Lasciamo per un poco gli affari.... Faccia una bella cosa.... Resti a
colazione con noi.... Siamo soli, mia moglie ed io.... La Mariannina e
mia cognata sono in automobile e non torneranno che nel pomeriggio....
Via, che impegni ha?
— Ma.... veramente.... — biascicò monsignore.
— Non cerchi delle scuse, — insistè Moncalvo.
In realtà monsignore era dispostissimo ad accettare. Egli era sicuro
che il restar a colazione non avrebbe già avuto per conseguenza di
lasciar da parte gli affari, ma anzi di farli rimettere sul tappeto
in condizioni più favorevoli, con un'alleata efficacissima al fianco,
_donna_ Rachele, che aveva una grande simpatia per gli Oroboni e
conoscendo i loro impicci economici sarebbe stata lieta che suo marito
li salvasse dal naufragio.
— Simpatia disinteressata? — pensava monsignore.
Egli credeva di aver letto in quell'anima di donna piena di vanità e
d'ambizione. E forse non s'ingannava.... Ma neanch'egli era per lei un
libro così chiuso ch'ella non vi avesse letto dentro qualche cosa....
Chi sa se non avrebbero finito per intendersi?...
— Ebbene? Che medita? — domandò il banchiere.
— Che vuol che le dica?... Alla sua cortesia non si resiste.... Per che
ora sarebbe?
— Si va a tavola a mezzogiorno e un quarto.
— E io a mezzogiorno e un quarto sarò da loro. Son le dieci e mezzo....
Ho tempo d'avanzo d'andare fino alla Cancelleria e di tornare indietro.
— Diamine! Ha una bella passeggiata.... Vuol che faccia attaccare il
_fiacre_?
— Ma si figuri! Cammino volentieri, e a ogni modo c'è il _tram_ qui
alla porta.
— Come crede.... In pochi minuti il _fiacre_ sarebbe pronto.
— No, grazie.
— Grazie a lei di aver accettato l'invito.
E il commendatore accompagnò fino sul pianerottolo l'ecclesiastico,
come aveva prima accompagnato il sionista.
Due agenti di cambio aspettavano nell'anticamera. Sulla scrivania di
Fanoli erano alcuni telegrammi aperti, il cui contenuto parve recar
molta soddisfazione a Gabrio Moncalvo.
— Dei quattrini ne escono, — egli disse fra sè, — ma per fortuna ne
entrano molti di più.
Poi chiamò il fattorino.
— Salite in casa e fate avvertir mia moglie che monsignor de Luchi sarà
a colazione con noi.
Sbrigati gli agenti di cambio, Moncalvo dettò in francese una letterina
al segretario:
«_Signor dottore_,
«Metto a disposizione della nobile opera alla quale Ella consacra
la sua attività la somma di venticinquemila franchi. Incaricherò i
miei amici baroni Rothschild di Francoforte di fare per mio conto il
versamento alla cassa centrale. Consento naturalmente che il mio nome
figuri tra gli oblatori; mi duole invece di non poter entrare nel
Comitato romano. Augurando il miglior successo all'impresa, la prego di
accettare l'assicurazione della mia stima profonda.
«_Suo obbl.mo_
«GABRIO MONCALVO».
Dopo aver apposta la sua firma, il commendatore dettò l'indirizzo e
ordinò al segretario di far recapitare la lettera al più presto.
— Anche questa faccenda è liquidata, — egli disse fregandosi le mani.


V.
In automobile.

L'automobile filava a velocità moderata attraverso Piazza delle Terme
e via Venti Settembre. V'erano dentro quattro persone: la Mariannina
Moncalvo con la zia Clara, il pittore Brulati e lo _chauffeur_,
Giovanni.
A un certo punto la Mariannina gridò:
— Ferma!
Giovanni chiuse i freni e l'automobile si fermò all'angolo del
_Grand Hôtel_. Il portiere dell'albergo fece due passi credendo
che qualcheduno volesse scendere; poi, visto che la faccenda non lo
riguardava, tornò indietro sbadigliando.
— Cosa c'è? — disse spaventata la zia Clara.
— Niente, niente, — rispose Brulati voltandosi.
E la Mariannina soggiunse, mentre faceva dei cenni con la mano a un
giovinotto che s'avvicinava di corsa:
— C'è Giorgio.
Il _professorino_, che aveva ubbidito all'appello della cugina (e come
non ubbidirvi?), si accostò, rosso in viso e trafelato, all'automobile,
intorno al quale ronzavano gli sfaccendati.
— Buon giorno, — egli disse salutando tutti, ma non avendo occhi che
per la Mariannina. — Siete in gita?
— Gita artistica, — replicò la ragazza. — Vado fino a Mentana a
dipingere con Brulati.
— A Mentana! — esclamò Giorgio colpito dal nome. — Dove si son battuti
nel novembre 1867?
— Sarà.... C'è un vecchio castello dei Borghese assai pittoresco....
Almeno da quello che dice il mio illustre maestro.... Io ci vado per la
prima volta.... — Guardò maliziosamente il giovinotto e soggiunse: — Tu
hai una voglia matta di veder Mentana.... per amore della battaglia,
s'intende.... una battaglia ove c'era Garibaldi, ora ricordo....
ebbene, vieni con noi....
— Se non ci sta nell'automobile? — insinuò la zia Clara.
— Ci sta benissimo, — ribattè la nipote. — Ci sta fra noi due....
pigiandoci un poco.... Animo, monta.... È un favore che non meriteresti
perchè non ti lasci veder da un secolo.
La signora Clara, che aveva molta stima e molto affetto per Giorgio e
avrebbe voluto salvarlo dalle civetterie della nipote, rinnovò le sue
obbiezioni.
— Lo faremo star male e staremo male noi.... E probabilmente egli avrà
da lavorare.... E sarà aspettato a colazione da suo padre.
— No, — disse il giovane. — Oggi mio padre non fa colazione a casa....
È a Frascati, da un collega.... Voleva che ci andassi anch'io, ma mi
seccava.... Capisco che sono più orso di lui.
— Dunque non ci son scuse.... Si spicci, signorino.
Giorgio esitava.
— Non vorrei dar un dispiacere alla zia Clara.
— Che dispiacere vuoi darmi? — rimbeccò la zia. — La tua compagnia mi è
sempre cara.... Ma questa birichina ti farà perdere mezza giornata.
— E tutta la testa, — borbottò in modo quasi incomprensibile il pittore
Brulati, che aveva un'ammirazione sconfinata per la bellissima ragazza
e nonostante i suoi cinquantacinqu'anni sospirava platonicamente per
lei.
Intanto Giorgio aveva, alla meglio, preso posto fra la zia e la cugina.
— Ero sicura che ci si stava comodamente! — esclamò la Mariannina in
aria trionfale. E ordinò allo _chauffeur_: — Avanti!
— Siete sicure del tempo?... — chiese Giorgio guardando il cielo ch'era
percorso da grossi nuvoloni.
La signora Clara si tirò sulle ginocchia la coperta di felpa.
— Temo anch'io che voglia piovere.
— Non pioverà, — sentenziò la Mariannina. — E il cielo e la campagna
sono più pittoreschi così che quand'è sereno.
In un lampo l'automobile uscì da Porta Pia e si trovò sulla via
Nomentana, fiancheggiata di ville a destra e a sinistra.
— Ah, queste ville romane! — disse la Mariannina. E soggiunse subito
urtando il gomito di Giorgio, che trasalì al tocco della candida mano:
— A proposito; non ci siamo più visti dopo la mia visita al Palazzo e
al giardino Oroboni.... Lo sai ch'era la mia gran curiosità.
— Lo so, — rispose il giovine che quest'annunzio turbava, senza ch'egli
potesse spiegarsene il perchè. — E come ci sei penetrata?
— Per merito di monsignor de Luchi.... il mio monsignore.
Giorgio scrollò le spalle.
— Curioso gusto di aver ogni momento un prete fra i piedi.
— Eh, caro mio, non siamo mica intolleranti, noi. Quel pretino si
getterebbe sul fuoco per me.
— Gli credi? Avrà i suoi secondi fini.
— Si fa presto ad accusare. Bisogna provar le accuse.
Giorgio non rilevò la sfida, e riprese:
— Dunque che meraviglie ci sono da quegli Oroboni?
— Tutto è caratteristico, tutto ha una sua impronta particolare. Me ne
appello a Brulati.
— C'è stato anche lei?
Il pittore ch'era seduto accanto allo _chauffeur_, girò su sè stesso
per rispondere.
— Sì, non mi son lasciato sfuggir l'occasione.... Oh, forse il luogo
non avrebbe tante attrattive se non fosse poco meno che inaccessibile
ai profani.... A Roma ci son giardini infinitamente più ampi e meglio
tenuti, con maggior ricchezza di piante, d'acque, di fiori.
— Ora Brulati mi cambia le carte in mano, — disse la Mariannina. —
Era d'accordo anche lui che una delle originalità del giardino Oroboni
fosse d'esser così trascurato.
— Non lo nego.... Ricorda un po' il quadro di Calderini, _Giardini
abbandonati_.
— Appunto.... Ah, quei sentieri ove cresce l'erba, quegli alberi che
nessuno si sogna di agguagliare, di pettinare....
— Sentiamo il parere della zia Clara, — disse Giorgio.
— La zia Clara non ha nessun parere, per la gran ragione che la zia
Clara non c'era, — rispose l'interrogata.
— Che la zia Clara ci fosse o non ci fosse, — riprese con calore la
Mariannina, — ciò non toglie, signorino mio bello, che quella villa
degli Oroboni nel centro di Roma non sia una magnificenza.
— Strani gusti avete! — rimbeccò Giorgio. — La putrefazione, la
morte.... Ma io amo la vita nell'aspetto delle cose e delle persone.
E avvolse d'uno sguardo appassionato la bella cugina che, in verità,
era il simbolo della vita e della giovinezza.
La Mariannina, ch'era fresca fresca della lettura delle _Vergini delle
Roccie_, disse a Giorgio ch'egli non era artista, che non capiva la
poesia delle rovine, delle acque stagnanti, delle foglie infracidate,
delle aristocrazie che si spengono.
— E c'erano i campioni di queste aristocrazie? Li hai conosciuti?
— Magari! Ma non c'erano.... Erano a Loreto.
— A sciogliere un voto?
— Chi sa? Dev'esser bella Loreto.
— La fiera delle indulgenze e il ritrovo delle ignoranze.
— Ci fosti?
— No.... fui a due passi.... a Recanati.
— Al paese di Leopardi?
— Sì, quello era un uomo.... Altro che i tuoi Oroboni!
— Chi fa il confronto?... E pure io non dispero di conoscerli.
— Tornerai?
— E perchè no?... come dice monsignor de Luchi.
— Già, monsignore ti condurrà.
— S'intende, monsignore.... O che male c'è? In che t'ha offeso quel
buon pretino mio?
— Che vuoi che ti dica? — replicò Giorgio. — Io non capisco che punti
di contatto ci possano essere tra un monsignor de Luchi e la figlia del
commendatore Gabrio Moncalvo.... Una volta....
— Una volta, — soggiunse vivacemente Mariannina, — monsignore avrebbe
cercato il modo di bruciarmi viva. Ora viene a colazione da noi.... Non
ti pare che sia meglio?
— Sicuro ch'è meglio.... Ma non mi negherai che il tuo monsignore e
quei mummificati Oroboni pei quali vai in sollucchero rappresentano un
mondo, un ordine d'idee affatto diversi dalle nostre idee e dal nostro
mondo.... Me ne appello alla zia Clara.
La buona signora, ch'era un po' paralizzata dalla corsa dell'automobile
e s'avviluppava sempre più nei suoi scialli, aveva in cuor suo
l'opinione di Giorgio, ma desiderava evitar le discussioni. E si
contentò di rispondere:
— Cari figliuoli, sopra tutto non vi bisticciate. La zia Clara lascia
che ognuno pensi a suo modo.
— È questo professorino che vorrebbe imporsi, — replicò con petulanza
la ragazza...
— Smetti anche tu, — pregò la zia.
— Io mi diverto a farlo arrabbiare, — rispose con voce raddolcita
la Mariannina. — E poi voglio avere il merito di raffinare i suoi
gusti.... È uno scienziato.... ma è un borghese....
— Che cosa significa?
— Significa.... significa, — disse la Mariannina andando un po' a
tastoni, — uno che accetta le opinioni correnti....
Giorgio fece un segno negativo col capo.
— Sissignore.... Oggi è di moda far gli spiriti forti, protestare
contro l'oscurantismo, il clericalismo....
— Ma che? Ma che? — interruppe il cugino. — Anzi i clericali tornano in
auge.
— Adagio, Giovanni! — gridò la signora Clara. — C'è un baroccio.
— Eh, lo vedo.
Il baroccio, a due ruote, tirato da due cavalli coi fiocchi rossi,
scendeva rumorosamente da Ponte Nomentano. Di sotto al caratteristico
ombrellone blu, il barrocciaio degnò appena di un'occhiata l'automobile
che gli passava rasente. Un canino ringhioso abbaiò.
Di là dal Ponte Nomentano la strada, già così larga e diritta, si
ristringeva, diventava irregolare e tortuosa, avvallandosi spesso,
alzandosi talora fino a dominar la campagna malinconica e suggestiva.
Qualche buttero a cavallo percorreva le grandi praterie ove pascolavano
le mandre disperse, qualche macchia d'eucaliptus, qualche quercia
solitaria, qualche pino rompeva la monotonia della verde pianura
leggermente ondulata.
— Adagio! — seguitava a raccomandare la signora Clara.
Di sotto alla pesante coperta di felpa, ch'era abbastanza grande da
servire per tre e di cui la Mariannina aveva reclamato la sua parte,
Giorgio Moncalvo cercò la mano della bella cugina e la strinse forte
nella sua. Ella, sempre calma, rispose con una leggera pressione delle
dita; poi liberò la mano prigioniera e si ravviò il velo sul viso. Un
sorrisetto enigmatico errava sulle sue labbra.
— A momenti piove, — sospirò la zia guardando il cielo ch'era più scuro
di prima.
La Mariannina fece un gesto d'impazienza.
— Nemmen per sogno. Scommetto che torneremo col sole.
E Giorgio, ormai disposto a darle ragione in tutto, soggiunse:
— Infatti lì in fondo c'è una striscia d'azzurro.
Brulati, ch'era invece di pessimo umore, si voltò per contraddire.
— Ma che azzurro?... Anzi quei monti eran chiari e ora son coperti....
Pioverà senza dubbio, e, se stesse in me, farei fare un dietro front
all'automobile e filerei per Roma.... Non è giornata, no, da dipingere.
— Credo che Brulati non abbia torto, — disse la signora Clara, ma i due
giovani le diedero sulla voce. Tornare indietro? Ora che s'era quasi
arrivati? Per la paura d'un po' di pioggia? Come se in ogni caso non
fosse meglio giungere in un paese ove sarebbe stato facile di mettersi
al riparo!
La Mariannina se la prendeva particolarmente col pittore. Non si
vergognava d'esser così pusillanime?
Giorgio dichiarò che, in quanto a lui, piuttosto che rinunziare a veder
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