I coniugi Varedo - 13

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Di fuori s'udiva il sordo mormorio ch'è proprio della folla la quale
speri d'esser finalmente ricompensata d'una lunga attesa.
--Lo portano via--sussurrò uno dei camerieri.
Lo portavano via in fatti, dopo le constatazioni di legge, sopra una
barella dell'ospedale; ma dal caffè non si vedeva nulla, non si vedeva
che la schiena dei curiosi assiepati sotto le arcate e guardanti verso
la strada.
Passato che fu il triste corteo, la gente si disperse alquanto delusa.
Un signore di complessione apoplettica brontolò, asciugandosi i
sudori, e con l'aria d'un cittadino leso ne' suoi diritti:--Non valeva
la pena di prendersi il sole in faccia per così poco.
Diana si levò in piedi.--È finito, sembra. Grazie di tutto,
professore... Posso benissimo andar sola.
--Nemmeno per sogno--protestò Sali.--Non la lascio che sul
pianerottolo del suo appartamento... Desidera che chiami un _fiacre_?
--No... È qui presso... Preferisco camminare. E poich'ella vuole a
ogni costo accompagnarmi....
--Questo s'intende... S'appoggi, s'appoggi.
--Che colpo per la vecchia Bardelli!--sospirò Diana quando fu
all'aperto.
--La conosce?
--Sì.
--E il fratello del defunto, quello ch'era assistente di suo marito,
viene sempre in casa sua?
Diana fece un segno affermativo col capo. Non poteva, non voleva dire
che avrebbe cessato di venirci.
--Ma!--soggiunse il Sali.--Attribuiscono questo suicidio a dispiaceri
coi fratelli...
--Non però con Eugenio--interruppe vivamente la Varedo.
--Appunto... Dev'esser con l'altro... lo scultore... un cervello
balzano... che ha fatto un certo matrimonio... Ah, le donne!... Che
parte hanno nella nostra vita... in bene e in male!... E chi sa che
anche nel suicidio di questo disgraziato non c'entri una donna?...
Dicono ch'egli avrebbe voluto sposare una vedova, e ch'era stato
costretto a rinunziarci in causa delle mignatte che gli succhiavano il
sangue... Non ha sentito?
--Sarà... Non ricordo...
--_Cherchez la femme_, _cherchez la femme_, hanno ben ragione i
Francesi.
Il professore Sali, da quel dotto uomo ch'egli era, s'avventurò in una
disgressione sull'influenza della donna attraverso i tempi. Diana lo
ascoltava appena, di null'altro desiderosa che di arrivare a casa, e,
poichè la strada era breve, ci arrivò prima che il suo interlocutore
avesse oltrepassato la guerra di Troia.
Ma nemmeno a casa ebbe pace. Quanto più ci pensava tanto più le pareva
grave, irreparabile la sventura che aveva colpito i Bardelli. Il
momentaneo sollievo da lei provato apprendendo che il suicida era
Girolamo e non Eugenio ora quasi svaniva dinanzi alla considerazione
che la morte del primo aveva, per la madre, conseguenze infinitamente
maggiori. E forse per lo stesso Eugenio, il cui destino era d'esser
soverchiato dai violenti e dai furbi, per lo stesso Eugenio sarebbe
stato meglio il morire che l'assistere allo sfacelo della famiglia...
Che se poi gli veniva lo scrupolo di non aver saputo con un po'
d'energia impedir la catastrofe, quale strazio doveva essere il
suo!... E a quelle anime buone, a quella madre, a quel figliuolo che
si sarebbero fatti a pezzi per lei, ella, Diana, in un'occasione
simile, non avrebbe mandato, non avrebbe portato una parola di
conforto? Portarla? Andar dunque dai Bardelli, incontrarsi con
Eugenio, dopo la scena di ieri? scrivere invece?... Scrivere una delle
solite lettere di condoglianza, accozzar le solite frasi contorte che
non dicono nulla, mentre si può dir tanto con una stretta di mano, con
una lacrima? E scrivere a chi? Alla signora Marianna? O che quei
poveri occhi logorati dal piangere sarebbero stati in grado di
decifrare una sillaba?... E se scriveva ad Eugenio come avrebb'ella
potuto fingere che niente fosse accaduto fra loro? O come avrebbe
potuto alludervi in una lettera non certo destinata a rimanere
segreta?
Nella dirittura della sua mente, Diana prese il partito migliore, e
nel pomeriggio, coricata Bebè che ogni giorno era messa a dormire un
paio di orette, si recò in persona dai Bardelli.
Una vicina che la riconobbe in portineria la precedette per le scale,
annunziò il suo arrivo, gettò lo scompiglio nelle donnicciuole che
attorniavano la signora Marianna, pose in fuga Eugenio ch'era
anch'egli presso la madre.
Questa volle alzarsi in piedi a ogni costo, raggiustò con un movimento
istintivo la cuffia che ricadeva per indietro lasciando a nudo il suo
cranio pelato, e sorretta da un'amica fece due passi verso la
visitatrice e le si abbandonò fra le braccia singhiozzando.
Era un'ombra, una larva; così bianca come se le sue vene avessero dato
tutto il loro sangue.
--Oh signora Varedo--ella gemeva,--che disgrazia, che disgrazia!... Ma
dov'è Eugenio?... Era qui or ora. Credevo che le fosse venuto
incontro...
E interrogava con gli occhi le femminette che s'eran tirate in
disparte.
Una di esse mostrò l'uscio a sinistra.--È andato di là.
--Ma che venga dunque--ripigliò la Bardelli con la sua voce
fioca.--Deve aver capito male... Quando saprà chi è... Chiamatelo,
chiamatelo.
--Forse avrà da fare--disse Diana Varedo.--Non lo disturbino.
La signora Marianna s'ostinava.--No, no, lui stesso non mi
perdonerebbe se non lo chiamassi... E poi è lui che ha la lettera...
la lettera terribile... Vedrà, signora Diana, vedrà...
S'era rimessa a sedere, teneva, parlando, nelle sue mani la mano della
Varedo, di tratto in tratto un tic nervoso le scomponeva la faccia...
--È stato per quel calice... Oh, se il mio povero marito avesse potuto
immaginare?... Ma Eugenio le dirà meglio... Ah, eccolo che viene...
Eugenio Bardelli apparve sulla soglia. C'era tanto dolore nel suo
volto, c'era tanta trepidazione e tanto sgomento che Diana cedette
senz'altro all'impulso del suo animo buono, e svincolatasi con
dolcezza dalla madre si avvicinò con la destra tesa al figliuolo.
--Coraggio, Bardelli!
Egli quasi non credeva a se stesso. Gli perdonava ella dunque? Era
disposta a dimenticare?
Egli rimase perplesso un istante; quindi prese la mano pietosa che gli
si offriva e la portò alle labbra. La mano baciata era quella di ieri;
era quella di ieri la bocca baciante; ma come diverso era il bacio!
Non più caldo e fremente di passione repressa, ma discreto, ma
rispettoso, ma timido... Diana sentì che tutto era finito.
--Coraggio!--ella ripetè.--Pensi alla sua mamma.
La vecchia Bardelli si voltò verso il figlio.--Dalle la lettera.
Eugenio esitava.--Perchè funestarla?
Ma l'altra insistette.--Oh la signora Diana è come una di famiglia...
La signora Diana ci perdona... Lo sa che veniva in mezzo alle
tristezze... Voglio che la veda quella lettera... lei che conosceva il
mio Girolamo, che lo apprezzava... non è vero?
--Molto, molto--assentì Diana.
--Era più giusta di noi con quella santa creatura... che non ha fatto
che del bene nella sua vita... e che anche morendo non ha una parola
d'astio per nessuno--seguitava la signora Marianna logorata dall'ahi
tardo rimorso di aver disconosciuto quel modello di figlio, di
fratello, di artista.
Appoggiata ai bracciuoli della sedia, ella si chinava verso Diana che
stava scorrendo la lettera consegnatale da Eugenio.
--Legga ad alta voce, signora Diana... se non le dispiace--supplicò la
Bardelli.--Io non posso... non posso vederci...
Bella invero e toccante, nella sua semplicità, era la lettera di
Girolamo.--«Fin che ho creduto d'esser utile--egli scriveva--ho
lavorato serenamente, ho serenamente vissuto con voi e per voi. Ora la
mia testa è confusa, ora dubito, vivendo, di far più male che bene.
Forse Paolo ha ragione, forse io ho usurpato diritti che non avevo, e
sarebbe stato meglio per tutti di far delle divisioni nette sin dal
principio. A ogni modo vi giuro, e tu, Eugenio, puoi assicurarne la
mamma e il fratello, che alla resa dei conti e alle divisioni mi sarei
prestato anche adesso se non ci fosse stato di mezzo quel calice che
per sè solo rappresenta due terzi del nostro piccolo patrimonio e di
cui per conseguenza bisognava privarsi. Non sapevo adattarmi all'idea
che quel prezioso oggetto d'arte, quel gioiello del nostro
Rinascimento, andasse in mano d'estranei, fuori d'Italia ove vanno
tante cose nostre... Regalarlo al Museo era una pazzia, lo capisco...
oltre che io non potevo regalare ciò che non apparteneva a me solo...
e non dò colpa a Paolo s'è ricorso alle vie legali per impedirmelo...
Ma a Paolo e a te, Eugenio mio, raccomando di tentare almeno che il
compratore, se pur non vuol essere il Governo o uno dei nostri Musei,
sia un Italiano. Ce ne sono ancora dei ricchi in Italia, i quali non
dovrebbero permettere questa continua spogliazione del loro paese.
«Non lascio un centesimo di debiti. Nella cassaforte troverete 450
lire in biglietti di banca, un libretto della Cassa di risparmio con
1148 lire, e una cartella di duecento lire di Rendita. I pochi crediti
sono registrati in un quaderno che c'è nella scrivania. Un altro
libro, chiuso nella scrivania anch'esso, contiene l'inventario fatto
in Gennaio. Le variazioni avvenute poi le desumerete dallo sfogliazzo
che vi mostrerà Giovanni, il mio lavorante anziano.
«Di lui potete fidarvi come di me stesso. E con lui non vi sarà
difficile intendervi per l'andamento della bottega. È buono, bravo,
onesto allo scrupolo, vi farà patti convenienti.
«E ora un abbraccio a tutti. A te cara mamma, che mi perdonerai
d'abbandonarti nella tua vecchiaia, a te, Eugenio mio, che diventi il
capo della casa e che spero avrai presto la cattedra di Università che
ti meriti; e anche a te, Paolo, a cui non serbo rancore, a cui auguro
gloria e fortuna.
«Addio, addio, e rammentate con affetto e con indulgenza,
Il vostro
GIROLAMO».
Due volte Diana, profondamente commossa, aveva dovuto interrompere la
lettura di questa lettera; due volte le preghiere insistenti della
Bardelli l'avevano costretta a riprenderla.
Quando la sua voce malferma si fu spenta sulle ultime righe, la
signora Marianna ebbe un nuovo accesso di disperazione. E fra pianti e
singhiozzi incolpava sè del suicidio del figliuolo... Lei, lei era
stata la vera causa, non Paolo che aveva ceduto ai cattivi consigli,
ch'era esacerbato dalle ingiustizie del mondo e aveva la grande scusa
del bisogno... Lei, lei che era la madre, che avrebbe avuto l'obbligo
di ricordare i sacrifizi fatti da Girolamo per la famiglia, la sua
bontà da bambino in su, la sua delicatezza, la sua pazienza
infinita... Non una parola acerba mai, nemmeno se lo si rimproverava a
torto; non un'osservazione amara, neppure durante la dolorosa
questione nella quale ella gli si era messa risolutamente contro...
Solo ieri, dopo una breve disputa in cui ella non aveva saputo tenere
in freno quella sua maledetta lingua, egli, carezzandola, le aveva
detto con dolcezza:--No, mamma, tu non dovresti parlarmi in questo
modo.--Così si erano separati. Ella non lo aveva più visto... ella non
lo rivedrebbe più... neanche morto... perchè lo avevano trasportato
all'Ospedale e a lei non permettevano di andarci... C'era Paolo a
levar la maschera... per scolpir poi il busto... Ecco quello che le
sarebbe rimasto del suo Girolamo!...
Diana si strappò a fatica a quella scena straziante promettendo di
tornar presto.
Timido, peritoso, Eugenio Bardelli la seguì sul pianerottolo. Non
osava alzar gli occhi verso di lei, non osava formular la domanda che
meglio avrebbe espresso il suo pensiero:--Mi ha perdonato?
Chiese invece, e gli parve una grande audacia:--Come sta Bebè?
--Così... Non come vorrei--sospirò Diana. E soggiunse:--Quando sarà
più tranquillo, venga a vederla.
La fisonomia contraffatta del giovine professore si trasfigurò per un
istante; per un istante egli scordò le sue pene, la tragedia
domestica, le angustie dell'avvenire... Ella gli riapriva la sua
porta, ella consentiva a gettare un velo d'oblìo sul passato...
--Grazie, grazie...
E Bardelli avrebbe voluto accompagnar Diana almeno fin giù delle
scale, manifestarle la sua immensa gratitudine.
Ella lo fermò con un gesto.--No... La sua mamma l'aspetta.
Non gli lasciò tempo di replicare e si dileguò, rapidissima.
Ma, nel frastuono della strada, il vigore fittizio che l'aveva
sostenuta fino allora l'abbandonò ad un tratto per dar luogo ad un
senso di smarrimento e di prostrazione, ed ella si affrettò ad
accettare l'offerta d'un fiaccheraio che, agitando la frusta e
rallentando la corsa, le passò vicino con la sua vettura.
A casa, a casa! Già troppe ore n'era stata lontana in quel giorno,
troppe ore era stata lontana dalla sua bambina... E quante emozioni da
ieri in poi! E che soffio di tempesta aveva traversato la sua vita
uguale, opaca, monotona!
Era la Provvidenza che aveva inspirato alla sua mamma di accorrer da
lei in questo momento! Cara mamma! Care braccia amorose sempre pronte
ad aprirsi! Caro porto sicuro ove le procelle si quietano!
Diana guardò l'orologio. Erano quasi le 4, e la corsa sarebbe arrivata
poco dopo le 7.


XX.
Fra due doveri.

--Non è solo?--chiese Alberto Varedo al servo dell'onorevole San
Giustino che lo precedeva per annunziarlo.
Il San Giustino abitava in un piccolo quartiere al secondo piano in
corso Vittorio Emanuele.
--Nossignore--rispose il domestico.--C'è con lui l'onorevole Zonnini
con quel giornalista... Fraschetti, credo sia il direttore della _Rupe
Tarpea_.
--Ah, Fraschelli?
--Appunto.
--Che seccatura!--pensò Varedo che avrebbe preferito discorrere a tu
per tu col futuro ministro. Pur dissimulò la sua noia ed entrò nel
salotto ov'erano riuniti i tre amici politici. Il direttore della
_Rupe Tarpea_ era sempre l'amico politico degli uomini in auge.
--Che buon vento?--disse San Giustino.
S'erano lasciati da due sole ore, dopo un lungo colloquio in una delle
sale di Montecitorio.
--Non è un buon vento, pur troppo--replicò Varedo.
--Oh, oh!... Qualche cattiva notizia di casa vostra?... La bambina s'è
aggravata?
I conoscenti di Alberto sapevano che la sua figliuola era inferma.
--Mi arriva questo telegramma. Leggete.
E il professore consegnò a San Giustino un dispaccio di poche
parole:--_Condizioni peggiorate. Giraldi inquieto. Parti subito.
Diana._
--Però la vostra signora è apprensiva?--soggiunse San Giustino,
restituendo il foglio.
--In quanto a questo sì... Non per sè, ma per la bimba... Apprensiva
al massimo grado.
--E allora è probabile che esageri--osservò Zonnini.
E Fraschelli, tanto per dir qualche cosa, spifferò questa sentenza
peregrina:--Quando si tratta dei loro figliuoli le mamme esagerano
sempre.
Alberto Varedo tentennò il capo.
--Vorrei che fosse così anche questa volta... ma perchè mia moglie mi
avrebbe telegrafato proprio stasera sapendo che avrei da parlare
domani alla Camera?... Perchè, se non ci fosse un'urgenza?
--Le donne, caro amico--ripigliò San Giustino,--certi riguardi non li
capiscono... Io ho avuto la disgrazia di perder la mia ancora giovane
e la ricordo e la rimpiango... Credo tuttavia che con lei la mia
carriera politica sarebbe stata troncata a mezzo... Quello che mi ha
tempestato di lettere e di dispacci una volta che la nostra
primogenita ammalò di morbillo! Pareva che una catastrofe fosse
imminente... Io ebbi la debolezza di darle retta; abbandonai la
capitale, piantai in asso il Parlamento, gli uffici, due commissioni
che dovevo presiedere, corsi in Toscana nella nostra villa e trovai la
mia figliuola già in piedi... ciò che non toglie che la mia signora
consorte mi strapazzasse come un cane perchè non ero arrivato prima...
Ell'aveva una scusa, ell'era sola, in una campagna fuori di mano...
Vostra moglie invece è in una grande città, ha compagnia...
--Ha sua madre e suo zio... Ho pregato apposta mia suocera di andar a
Torino.
--Vedete bene!--soggiunse il vedovo rassegnato con un accento che
suonava amaro rimprovero all'egoismo di Diana Varedo.--Vedete bene!...
A ogni modo, non è possibile che partiate subito.
--Veramente quest'era la mia intenzione...
--Di partir subito? Stasera?... Se non c'è una corsa?
--Per la Maremmana è tardi, lo so... Quando è capitato il
telegramma... forse, con un buon cavallo, volando, sarei potuto
giungere in tempo alla stazione... Forse... non ne son neanche
sicuro... E poi come partirei senza che ci fossimo scambiati due
parole?... Adesso potrei prendere la via di Bologna.
--Parte alle 23,10--notò Zonnini.
--Siete matto?--esclamò San Giustino.--Una corsa eterna che sarebbe a
Torino domani alle sette pomeridiane... Via, non ci pensate nemmeno...
meno... Partirete domani sera... Anche se non ci sarà stato il voto...
pazienza... Avrete fatto il vostro discorso, svolto il vostro ordine
del giorno... Se no, chi lo svolge?... Voi, Zonnini, siete il secondo
firmato... Toccherebbe a voi...
L'idea di dare il gambetto al suo carissimo amico non era lungi dal
sorridere al buon Zonnini; però egli fece il modesto e il ritroso.
--Per carità, allontanate da me questo calice... Non si renderebbe un
servizio al partito... Io non ho l'eloquenza di Varedo... Certo che se
fosse assolutamente necessario, mi sacrificherei... Ma sarebbe una
tegola che mi casca sul capo.
Quanto più Varedo s'accorgeva che Zonnini sarebbe stato disposto a
_sacrificarsi_, tanto maggior riluttanza egli provava a spianargli il
cammino.
--Vedremo--egli sospirò.--Capisco che prima di domattina non mi
converrebbe di partire... Intanto spedirò un telegramma.
--Naturale... Usciremo insieme, se non vi dispiace--propose San
Giustino.
--Ma scusa--disse Zonnini a Varedo,--che tu parta stasera o domattina,
se non vieni domani alla Camera per me è lo stesso. Bisogna ch'io lo
sappia.
--Te lo farò sapere, diamine.
--Presto.
--Prestissimo. Magari con un telegramma.
--Me ne incaricherò io--dichiarò San Giustino.--Ma non partirà, non
partirà.
Ormai erano discesi tutti e quattro in istrada.
--Io volterei verso Ponte Sant'Angelo--disse Varedo.--Imposterò il mio
dispaccio alla succursale di Borgo Nuovo.
--Vengo anch'io volentieri da quella parte--soggiunse San
Giustino.--S'incontra meno gente.
Ma Zonnini e Fraschelli erano dispiacenti di dover prendere la
direzione opposta.
--C'è questo demone tentatore--spiegò Zonnini accennando al
giornalista--che vuol condurmi all'Alhambra, a veder _la rivale di
Venere_.
Fraschelli protestò.--Non gli date retta. Ne ha più voglia lui di
me... Ci va tutte le sere.
--Che esagerazioni! Ci fui due volte... Ma vi assicuro io ch'è un
bocconcino...
A commento delle sue parole, l'onorevole Zonnini portò la mano alla
bocca e si baciò le punte delle dita.
--Basta; tu Varedo, hai ben altro pel capo, e poi, si sa, sei un
puritano. Di San Giustino è in un momento in cui tutti gli occhi son
fissi sopra di lui e non deve prestar il fianco alle malignità... Se
no, insisterei perchè ci faceste compagnia... È un vero godimento
estetico...
--Addio, addio, capiscarichi.
--Buona sera, Varedo--gridò Zonnini, e Fraschelli gli fece eco,--ti
auguro di ricevere migliori notizie da Torino.
--Grazie, buona sera.
--Ecco il ristoratore del sentimento religioso--disse Varedo a San
Giustino appena furono soli.
--Bah, Zonnini è un furbo che sente di dove il vento spira.
--Se partissi domattina alle 8--ripigliò Alberto--sarei a casa prima
di mezzanotte.
--Ma no, ma no--insisteva San Giustino--non potete partire che domani
sera.
Era una bella notte estiva, un po' fresca come sogliono esser le notti
di Roma. I due camminavano frettolosi; solo quando furono sul Ponte
Sant'Angelo rallentarono alquanto il passo.
Gonfio per le pioggie recenti, il Tevere s'ingolfava con un rumore
cupo sotto le arcate; torreggiava di fronte, quasi in atto di
minaccia, la mole Adriana; a sinistra, slanciandosi altera fuor del
viluppo degli edifizi minori, s'ergeva la cupola di San Pietro; la
curva del Gianicolo si protendeva con netti contorni sul cielo
limpido, senza luna; qua e là, mobili o fissi, brillavano piccoli
punti luminosi.
--È pur suggestiva questa Roma--notò San Giustino.
Varedo fece un segno d'adesione, ma il suo pensiero era altrove.
--E dire che tutta quanta la colpa è di questo sciagurato Ministero il
quale non ha mai avuto un lampo d'ingegno, non ha avuto altro che una
qualità (se si può chiamarla tale), quella di saper menare il can per
l'aia.
--È vero--rispose San Giustino che non intendeva bene.--Ma, scusate,
la colpa di che?
--La colpa del bivio terribile in cui mi trovo--ripigliò Alberto con
impeto.--Non siamo qui da più di due settimane? Non si doveva
spicciarci subito?... Oh sì, il Ministero è riuscito a guadagnare
ancora otto o dieci giorni... Con che frutto poi? che la caduta è
forse meno sicura? Solo che invece d'esserne fuori, si è proprio oggi
al momento critico, e io sono in questa bella situazione: che, se
resto, manco ai miei obblighi verso la famiglia, se parto, manco a
quello verso me stesso, verso i principî, verso le idee che sostengo,
che desidero di far trionfare.
Era buio, e San Giustino, scettico amabile, poteva liberamente
sorridere. Più che della ingenua sfuriata contro il Ministero
temporeggiatore egli sorrideva di quell'allusione superba di Varedo
alle idee da far trionfare. O che si va al potere per questo?
--Partendo domani sera voi concilierete ogni cosa--egli disse.--Del
rimanente, a dispetto del Ministero, voi avreste fatto il vostro
discorso e la Camera avrebbe già dato il suo voto, se, al solito, non
si fossero avuti troppi oratori... Anche dalla nostra parte, Dio
buono, quanta eloquenza!... Quanti aspiranti a un portafoglio o a un
sottosegretariato!... Come contentarli tutti?... E gli scontenti non
tarderanno a diventare avversari.
--È ignobile.
--Non lo nego... E non nego che vi saranno eccezioni... Voi, per
esempio, non ne dubito... Però, siate sincero, o che non mi serbereste
rancore se dessi a Zonnini o a un altro il posto che ho promesso a
voi?...
Varedo si voltò bruscamente.--Scusate... Questo non c'entra... Qui c'è
una promessa.
--Lo so, e volevo scherzare.
San Giustino non aveva parlato a caso. Il miglior modo di trattenere
Varedo era quello di ricordargli che fra i suoi cari amici ce n'era
più d'uno pronto a levargli la polpetta di bocca.
All'Ufficio di Borgo Nuovo, Alberto Varedo spedì un lungo telegramma a
sua moglie. Diceva che il dispaccio di lei non gli era giunto in tempo
da permettergli di prender il diretto di quella sera, che i colleghi
lo scongiuravano di assistere alla importantissima seduta di domani
alla Camera e di svolgervi il suo ordine del giorno, che sarebbe
partito domani sera al più tardi. In ogni modo si sarebbe regolato
sulle ulteriori notizie che pregava di fargli aver subito e che
sperava migliori.
--Va bene così?--egli chiese a San Giustino mostrandogli la minuta.
--Benissimo. E fatevi animo. Il diavolo non sarà tanto brutto come
pare.
Poich'erano in via e non avevano voglia nè l'uno nè l'altro di
rincasare, si spinsero fino a San Pietro, discorrendo animatamente di
politica, facendo il computo dei voti pei quali il Ministero sarebbe
stato battuto, almanaccando sulla maggiore o minor probabilità di
risolver presto la crisi. Sicuro di ricever l'incarico dal Sovrano,
San Giustino aveva già il suo bravo Gabinetto in pectore, ma egli era
troppo pratico dell'ambiente parlamentare da non temer gli ostacoli,
le sorprese, le insidie dell'ultima ora.
La vasta piazza era quasi deserta; pochi _fiacres_ immobili erano
allineati a destra e a sinistra lungo il colonnato del Bernini; nel
gran silenzio s'udiva solo la voce liquida, monotona, delle due
fontane i cui zampilli ricadendo a terra spargevano intorno come un
pulviscolo acqueo.
--Si sta più freschi qui--disse San Giustino fermandosi tra l'obelisco
e una delle fontane.
Alberto Varedo levò gli occhi verso il Vaticano.
--Ecco la forza.
Di San Giustino lo guardò.--Siete un convertito?
--Non mi fraintendete... La forza d'inerzia, una delle più formidabili
che ci siano. Aver dietro di sè una tradizione di diciotto secoli; per
diciotto secoli aver bandito gli stessi dogmi, aver ripetuto, con
poche varianti, le stesse parole, aver detto audacemente alle
generazioni che si succedono:--Noi siamo la salute, noi siamo la luce,
ecco la potenza vittoriosa, inespugnabile della Chiesa.... Anche una
menzogna ribadita per diciotto secoli diventa, agli occhi di molti,
una verità... Noi, che militiamo nell'altro campo, siamo più leali e
sinceri negando l'esistenza d'una verità assoluta, immutabile,
sostenendo il principio dell'evoluzione; ma le nostre schiere si
sgretolano, ma non avremo mai intorno a noi un esercito compatto,
disciplinato come quello che ci sta di fronte.
--Credete dunque che la Chiesa finirà col vincere?
--Ah no. Non vincerà nessuno... Noi non costruiremo nulla di solido,
di durevole, ma non saremo vinti per questo. Nè noi, nè loro. Nessuna
tendenza dello spirito umano può esser vinta. Non quella che porta
verso la fede e s'appaga d'una certezza comunque ottenuta, non quella
che ricerca e che dubita e si gloria delle sue affannose inquietudini.
Sarà una lotta lunga quanto il mondo.
--Caro Varedo--interruppe San Giustino tra serio e scherzoso,--voi
parlate d'oro ma vi raccomando di non dir queste cose domani alla
Camera. Fareste arricciare il naso a più di qualcheduno... in tutti e
due i campi. E non dimenticate che il nostro dovrebb'essere un
Ministero conciliativo.
--La politica a base di puntigli e dispetti, le guerricciuole meschine
non piacciono neppure a me--replicò Alberto Varedo.--E poi non giova
esasperare i nemici che non si possono spegnere.
Chiacchierando così, ritornarono sui loro passi. Di San Giustino
accompagnò Varedo fino all'albergo di Santa Chiara.
--Procurate di riposar qualche ora--gli disse nel prender commiato--e
ricordatevi che per domani facciamo assegnamento sopra di voi... No,
non voglio fermarmi sull'ipotesi che siate costretto a partir
domattina... E, in qualunque caso, badate di non partire senza che ci
siamo rivisti... Non abbiate riguardi, potete passar da me alle sei,
alle cinque, quando vi piace... Se non vi vedo prima delle sette e
mezzo è buon segno, e ci troveremo più tardi a Montecitorio.
Alberto Varedo andò a letto ma non dormì. Per quanti sofismi egli
accumulasse, la sua coscienza non era tranquilla. Il suo posto non era
a Roma, non era in Parlamento, era a Torino presso sua moglie, presso
la sua piccola Bebè. Da oltre a due settimane egli l'aveva lasciata
pallida, malaticcia, simile a una pianta che intristisce miseramente,
e dopo d'allora non era stata mai bene, nè mai egli aveva ricevuto da
Diana o dalla signora Valeria una lettera che gli concedesse d'aprir
l'animo a liete speranze. E più d'una volta l'intonazione di quelle
lettere gli era parsa amara, più d'una volta egli vi aveva trovato
un'allusione alla sciagurata politica che lo teneva lontano; non lo si
richiamava però, si era rassegnati a vederlo rimanere a Roma sino al
termine della battaglia parlamentare... Che cosa era accaduto nella
giornata di ieri, da un momento all'altro? Che cosa aveva indotto
Diana a telegrafargli? Era stata un'ispirazione sua? O un suggerimento
del medico? Se Giraldo aveva consigliato il dispaccio, le condizioni
della bimba dovevano esser ben gravi!... E allora perchè non usare un
linguaggio più esplicito? Perchè non dire:--C'è pericolo imminente. La
tua presenza è indispensabile?
Ma, in fin dei conti (e di nuovo Varedo s'arrampicava sugli specchi
per giustificare la propria condotta) aveva egli forse risposto con un
rifiuto? No, aveva chiesto una breve proroga di ventiquattr'ore per
compiere il suo ufficio di cittadino, di deputato, di uomo al quale il
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