I coniugi Varedo - 10

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l'essenziale è la sincerità. Siete sinceri voi altri col vostro
sentimento religioso? O non ubbidite soltanto a ragioni d'opportunità
politica?
Varedo si accingeva a rispondere allorchè un incidente puerile pose
fine alla giostra oratoria. La signora Daria, la quale aveva
un'ammirazione schietta e profonda per le cose che non capiva ed era
rimasta a bocca aperta durante le varie fasi dell'interessante
conversazione, lasciò scivolare per terra il tovagliolo e fece l'atto
di chinarsi per raccoglierlo. Ma Zonnini prevenendola con un movimento
rapido era già sotto la tavola quand'ella stava piegando a fatica la
gran mole inerte, e ricomparve tosto alla superficie col lino
prezioso. Senonchè, in quel tramestìo, i capelli dell'onorevole
sfiorarono la guancia sinistra della vedova il cui volto si colorò
intensamente al fuggitivo contatto.
Non ci volle più di così perchè i Feana concepissero chi sa quali
atroci sospetti, che, al solito, presero la forma di amorosa ansietà
per la rispettiva sorella e cognata.
--Daria, o Daria--gridarono a una voce il signor Giacinto e la signora
Amalia,--cos'hai? Ti senti male?
--Ma non ho niente... Ma non era che un tovagliolo caduto per terra.
--Già, ma basta qualunque inezia a farti venir i tuoi vapori... Se tu
vedessi come sei rossa...
--Desiderano che si apra un momento la finestra?--suggerì la padrona
di casa.
--Oh, non occorre--rispose la signora Amalia.--Forse il meglio sarebbe
che mia sorella mutasse posto.
Il signor Giacinto, alzando gli occhi dal piatto, slanciò uno sguardo
severo a sua moglie che, per eccesso di zelo, comprometteva la causa
comune.
--Che mutar posto d'Egitto?--protestò _la sofferente_ con inusata
energia.---O che non è lo stesso?... Io sto benissimo dove sono.
E quasi per invocar protezione la florida signora si strinse di più al
suo vicino.
In quella entrò la cameriera col dolce.
--E Bebè?--chiese Diana.
Ma avendole la Lisa sussurrato piano qualche parola, ella scattò dalla
seggiola, e disse:--Scusino un momento... Torno subito... Ti prego,
Alberto, fa che tutti si servano.
E uscì rapidamente dalla stanza.
--O che cos'è accaduto?--domandò Varedo alla cameriera.
Questa rispose che la bimba aveva avuto un disturbo di stomaco.
--Avrà mangiato troppe di quelle chicche giunte da Torino--osservò il
professore stringendosi nelle spalle.
La Lisa accennò di no col capo. La scatola era stata messa sotto
chiave dalla signora fin dalla mattina.
--In carrozza era di buonissimo umore--assicurò _la sofferente_.
E colse l'occasione per dire dell'incontro con Sua Maestà in Piazza
del Quirinale, e del grido di Bebè: _La egina_!
--Ha il discernimento d'una persona grande--sentenziò la signora
Daria.
--O piuttosto che non abbia preso freddo?--insinuò Miss Olivia.
--Nemmen per sogno--ribattè la signora Daria che tra per la sua
corpulenza, tra pei vapori del vino, era incapace di concepire la
sensazione del freddo in sè e negli altri.--Eravamo così coperte.
La conversazione procedeva lenta, slegata, in attesa di Diana che non
tornava. Varedo frattanto faceva passare in giro il dolce, il
formaggio e le frutta.
Il pranzo era quasi finito quando Diana comparve turbata in viso,
recando l'annunzio che Bebè aveva la febbre. Le aveva messo il
termometro, ed era salito a 39 gradi e 6 linee. Bisognava chiamare il
medico quella sera stessa.--Andrai tu, Alberto?
--Sì, sì, andrò. Ma non esageriamo. Sarà una effimera, come
quest'inverno a Venezia.
--Non era un'effimera neanche quella--replicò Diana.--Tu non c'eri, tu
non sai... Sono state due febbrette reumatiche... assai più leggere
però, con una temperatura massima di 38 gradi.
--Benedetti termometri!... Saranno una bella invenzione...--borbottò
il professore.
--In quanto a me--disse la signora Amalia--li ho banditi da un
pezzo.--Già non vanno mai bene.
--Quest'è vero--soggiunse Zonnini.--Mi raccontava Gastaldi, il celebre
medico, che qualche anno fa, nella sua clinica, per parecchi giorni,
si notò una strana esacerbazione febbrile in tutti i malati. Bastò
cambiare i termometri perchè ogni cosa rientrasse nello stato normale.
Diana ascoltava appena. S'era rimessa a sedere al suo posto, ma non
aveva voluto prender più nulla, nemmeno il caffè. Il suo cuore era di
là, i suoi occhi si voltavano ogni tanto dalla parte dell'uscio.
E indi a poco ella si alzò, dicendo a bocca stretta:--Se desiderano
restare accomodati in salotto...
Miss Harrison le bisbigliò all'orecchio:--Se non le dispiace, vado
dalla piccina... Me ne intendo io di febbre...
Diana fece un segno d'assenso e le strinse la mano con
gratitudine.--Or ora vengo.
Molto opportunamente, i Feana pensarono di andarsene. Già, per le
9,1/2, il signor Giacinto aveva a casa uno de' suoi due scolari di
francese.
Uno, due, tre, anche la signora Daria fu in piedi; ma sia che non
trovasse subito il suo equilibrio, sia che il farsi reggere avesse
qualche attrattiva speciale per lei, ella si appoggiò con tutto quanto
il suo peso al braccio di Zonnini.
--Le gira il capo?--egli le domandò con premura.
--Oh... passerà...
E _la sofferente_ soggiunse con aria sentimentale:--Che brutto
contrattempo questo della bimba!... Era una serata così gradevole, in
così buona compagnia!... Sarei rimasta fino a domattina! Pazienza!...
Adesso conviene disporsi a far questa scala.
--Per la scala l'accompagno io, se non ha nulla in contrario.
--Si figuri!... Troppo gentile...
Ma il signor Giacinto, stimolato dalla moglie, fu pronto alla
riscossa.
--Prego, signor commendatore--(veramente Zonnini non era che cavaliere
dei Santi Maurizio e Lazzaro)--prego... non si disturbi... Tocca a
me...
--Le pare?...
--È il mio dovere--insisteva Feana, sempre col braccio in arco.--Noi
scendiamo naturalmente.
La nobile gara sarebbe durata a lungo senza il provvido intervento di
Alberto Varedo, infastidito delle sciocche galanterie di Zonnini.
--Se resti mi fai un favore--egli disse al collega.--Ho bisogno di te.
La bella contrastata trasse un profondo sospiro dal petto.--Buona
sera, signor Zonnini... E grazie della sua cortesia.
Si staccò dall'onorevole e concesse il dolce pondo della sua persona
al cognato.
Accomiatatisi gli ospiti a eccezione di Zonnini, Diana sollecitò
nuovamente suo marito:--Ti raccomando, non indugiar più oltre... Va e
torna col medico... Ma se vuoi prima vederla...
--Sì, sì. Eccomi.... Zonnini avrà la cortesia di aspettarmi qui...
Usciremo insieme.
Dopo cinque minuti, i due deputati scendevano le scale,
chiacchierando.
--Ha realmente la febbre--diceva Alberto Varedo.--Ma non mi par cosa
grave.... Bastava chiamare il medico domattina... A ogni modo servirà
a tranquillare mia moglie, che per solito è una donna calma, ma quando
si tratta della sua figliuola...
--Eh, le mamme son tutti eguali--notò Zonnini.--A proposito, avevi
bisogno di me?
--Era un pretesto--rispose Varedo con una spallucciata.--T'avevo tanto
raccomandato di lasciar in pace quella vedova!
--Ah, era per lei!--esclamò l'altro ridendo.--Io mi ci diverto un
mondo.
--Sì, e i Feana eran verdi della bile.
--Appunto... Quest'era il più comico.
--Sarai eternamente un fanciullo.


XV.
La fuga.

I Feana uscirono sul pianerottolo per scambiar gli ultimi saluti coi
Varedo che stavan per partire.
--Ma è una fuga--disse il signor Giacinto.
--Si figuri ch'è proprio una fuga--assentì l'onorevole.--Diana s'è
cacciata in capo l'idea che Bebè non possa rimettersi se non a Torino,
e tant'è, la riaccompagno a Torino.
Diana con gli occhi fissi sulla sua bambina che era in collo all'Irene
beveva avidamente le parole incoraggianti della signora Amalia e della
sorella.
--Non è vero che abbia l'aria così patita... Oh Dio, ha avuto tre o
quattro febbri piuttosto forti, ed è naturale che sia rimasta un po'
fiacca... Ma vedrà come rifiorisce presto.
--Cara... e sorride anche--diceva la _sofferente_.--Chi sono io?...
Non ti ricordi della signora _Aia_?
Certo che Bebè se ne ricordava, ma i suoi trasporti per la signora Aia
erano molto diminuiti. Non lei aveva visto al suo letto durante la
breve malattia, bensì Miss Olivia che con la mano le faceva le ombre
sul muro, che le raccontava tante belle storie, che le cullava i sonni
con una sua dolce canzone. Bebè ignorava quanto la signora Aia,
poveretta, si fosse crucciata di non poter venire ad assisterla,
impeditane dai parenti i quali temevano ch'ella si incontrasse col
pericoloso Zonnini.
Comunque sia, la bimba girava inquieta lo sguardo in cerca di Miss
Olivia e finì col balbettare il nome della sua nuova amica.
--La troveremo alla stazione Miss Olivia--disse la madre.--È là che ci
aspetta.
Gli addii s'intrecciavano.
--Buon viaggio.
--Grazie... Diano loro notizie.
--Non mancheremo... E anche lei, signora Varedo, c'informi della
salute di Bebè... Buondì, Bebè.... Ancora un bacio.
--Su Bebè, dà un bacio a quella signora....
--Buon viaggio... E torni, torni fra poco, signora Varedo.... Per noi
sarà sempre un onore il mettere a sua disposizione il quartiere...
Anche se avessimo altri inquilini, faremmo in modo da liberarcene.
--Arrivederci, arrivederci--continuavano i Feana.
--Arrivederci--rispondeva il professore.
Ma Diana non diceva che--Addio.
Ell'aveva paura di Roma; la teneva responsabile della malattia di
Bebè, la incolpava d'aver, col suo fascino, distolto lei da' suoi
uffici materni, d'aver reso meno assidue, men vigilanti le cure di
cui, sino allora, ell'aveva circondato la sua creaturina.
Il signor Giacinto scese le scale, ajutò i Varedo a montar in
carrozza. Avrebbe voluto accompagnarli alla stazione, ma aveva due
impegni prima d'andar in ufficio, e se tardava troppo, apriti cielo! I
superiori quando si trattava di lui, avevano sempre l'orario alla
mano. Bella libertà che si gode in Italia!
--Auff!--fece Diana, quando la carrozza si mosse. Le pareva mill'anni
d'essere in treno.
E chinatasi sulla bimba le rassettò la mantellina sulle spalle.
--Non avrà mica freddo?
L'Irene protestò energicamente.--O signora, come vuol che abbia
freddo? Ha il vestito pesante.
Povera Bebè! Ci nuotava dentro quel vestito, tant'era divenuta sottile
dopo pochi giorni di febbre.
Diana se l'era presa sulle ginocchia, ne lisciava i capelli, ne
cercava sotto l'inviluppo dei lini le gambine stecchite, la palpava da
ogni parte; e un'espressione di pena, d'angoscia si dipingeva sulla
sua fisonomia.
Bebè piagnucolava, tendeva le braccia alla bambinaia.
--Lasciala all'Irene--disse Alberto a sua moglie.--E tu non ti
crucciare così... Di qui a una settimana avrà ripigliato il suo solito
aspetto.
--Dio lo voglia!--sospirò Diana.
In Piazza di Trevi la carrozza s'incrociò con un _fiacre_ ove un
signore solo leggeva un giornale. Era San Giustino.
--Ferma, ferma!
I due legni s'avvicinarono; i due uomini politici si strinsero la
mano. San Giustino salutò cortesemente Diana.
--Ci abbandona?
--La bimba è stata poco bene e la riporto a Torino.
--Mia moglie--soggiunse Varedo--ha i vecchi pregiudizi contro l'aria
di Roma.
--Non creda...--principiò San Giustino.
Ma i due cocchieri fecero segno che non era possibile rimaner fermi in
quel piccolo spazio, e le vetture si rimisero in cammino, ciascuna
dalla sua parte.
San Giustino gridò:--Buon viaggio.
E rivolgendosi in particolare ad Alberto:--Voi almeno tornate
presto... Se non si batte il ferro fin ch'è caldo....
Mentre queste parole oscure si perdevano nel romore dell'acque
scroscianti, l'Irene tirava fuori misteriosamente un soldo dalla tasca
del vestito e lo slanciava lontano. Era uno scongiuro insegnatole da
una bambinaia con cui aveva fatto amicizia. Chi parte da Roma procuri
di passar davanti alla fontana di Trevi e di gettar, strada facendo,
un soldo nell'acqua. Se il soldo va diritto nella vasca, quello che
l'ha gettato a Roma ci torna; se no, no.
All'Irene lo scongiuro non riuscì. Forse perchè ell'aveva impacciati i
movimenti da Bebè, il soldo andò a battere sopra una colonnina della
balaustrata e rimbalzò sulla strada ove un monello si affrettò a
raccattarlo.
--Ah!--fece l'Irene turbandosi in viso.
--Cosa c'è?--chiese Diana che non aveva capito nulla.
Il professore scrollò le spalle.--Sciocchezze!... L'Irene prende gli
auspicî.
--Quali auspicî?... Parla chiaro.
Cedendo alle insistenze di sua moglie, Alberto dovette dar una
spiegazione sommaria di quel pregiudizio popolare.
--L'ha gettato l'Irene il soldo?--domandò Diana ansiosamente.--L'ha
gettato con le sue mani?
--Sfido io! Vuoi che sia stata Bebè?
Pentita d'aver messo così a nudo il proprio egoismo, Diana cercò di
consolare la bambinaia.
--Non devi pensarci altro. Sono fanfaluche a cui la gente che ha un
po' di sale in zucca non crede... Ci tornerai a Roma, ci tornerai con
noi e con Bebè.
L'Irene si sforzava di sorridere, ma era manifesto ch'ella non
riusciva a scacciare un triste presentimento.
E anche sul volto già malinconico di Diana si calava un'ombra più
scura. Aveva ragione suo marito, erano sciocchezze; e nondimeno!...
Quando si comincia ad almanaccarci su, è come un tarlo che lavora
dentro... È vero; il pronostico si riferiva all'Irene, ma l'Irene
aveva in collo Bebè... e Bebè era tanto pallida!... Per solito, in
carrozza si divertiva; oggi i suoi occhi smorti giravano qua e là
indifferenti come se nessuna immagine ci si fermasse; e i suoi
labbretti esangui si aprivano a fatica per qualche monosillabo.
Solo davanti alla stazione ella si rianimò.--_Ivia_--ella disse.
Miss Olivia era sul marciapiede, ad aspettare i Varedo. Teneva con la
destra la sua seggiola a libro, teneva con la sinistra la scatola dei
colori, ma consegnò le due cose a un fattorino perchè gliele
custodisse, e aperse le braccia a Bebè che si protendeva verso di lei.
--O Bebè, _darling_.
--Una _stoia_--implorò la piccina, memore delle fiabe che Miss Olivia,
con inesauribile fantasia, raccontava seduta al suo capezzale.
--Non si può adesso, cara. Un'altra volta.... Quando tornerai.
E Miss Olivia, palleggiava la bimba, leggera come una piuma.
Diana tentennò la testa.--Com'è magra, non è vero?
--Oh, ingrasserà.
--Almeno rifacesse un po' di colore.
--Lo rifà il colore. L'ha già rifatto... Non vede?
Fosse l'impressione fisica d'esser sollevata in aria, fosse il piacere
d'esser con Miss Olivia, certo si è che Bebè aveva la fisonomia assai
più animata di prima, e che un leggero incarnato s'era diffuso sulle
sue guancie.
Sotto la tettoia ell'accondiscese a far qualche passo, retta per mano
da Miss Olivia.
Diana guardava commossa quella zitellona lunga, angolosa, ribelle ai
legami domestici, che pur trovava in fondo al suo cuore, per distrar
Bebè, un tesoro di tenerezza.
--Che buona mamma sarebbe stata!--ella disse.
Ma l'Inglese che non rinunciava alle sue teorie si affrettò a
protestare.
--Non creda... Non avrei avuto pazienza.
--Ne ha tanta coi bambini degli altri.
--È forse per questo, cara signora Varedo, è perchè i bambini degli
altri non ci prendono che un ritaglio del nostro tempo, non assorbono
che una piccola parte del nostro pensiero... Vengono, passano,
lasciandoci alle nostre occupazioni, ai nostri sogni... I figliuoli
propri, invece...
--Ah, quelli ci vogliono tutte intere--esclamò Diana con accento
risoluto.
--Lo so, la famiglia non è che un egoismo raffinato e ampliato.
Miss Harrison non perdonava alla famiglia e alla maternità (a
quest'ultima sopra tutto) d'esser le nemiche capitali di quel vigoroso
affermarsi della personalità umana ch'era la pietra angolare della sua
filosofia, e forse le sue parole tradivano anche il rammarico di veder
sfuggirsi irrevocabilmente l'amica che per un istante ell'aveva
sperato di convertire alle proprie idee.
Intanto Varedo aveva ottenuto dal capostazione uno scompartimento
riservato e vi faceva metter la roba.
Quando tutto fu a posto, egli disse a sua moglie:--Se vuoi montare?
--Si parte?
--Manca qualche minuto, ma coi bambini è meglio non aspettar l'ultimo
momento.
Allora successe la scena tragica. Bebè respingeva l'Irene, non dava
retta alla sua mamma, voleva a ogni costo che Miss Olivia montasse in
vettura anche lei.
Miss Harrison, esitante, stava per chiamare il conduttore.--Potrei
scendere a Portonaccio...
Ma Varedo intervenne opportunamente.--No, Miss Olivia, sarebbe
peggio... La si lusingherebbe per nulla.
Diana consentì nell'opinione del marito.--Sì, temo anch'io che sarebbe
peggio.
L'inglese staccò dolcemente dal collo l'esili braccia che
l'avvincevano, baciò ancora una volta Bebè, e la consegnò, strillante
e dibattentesi invano, all'Irene.
Diana e Miss Olivia s'abbracciarono.
--Grazie, grazie--diceva Diana, durando fatica a frenare i
singhiozzi.--E addio.
--Non addio--replicò Miss Harrison.--Arrivederci.
--Ebbene, sì, arrivederci--ripetè Diana con improvvisa energia. La sua
avversione per Roma era ormai vinta da un altro pensiero; quello di
distrugger coi fatti lo sgomento superstizioso che il fallito
scongiuro dell'Irene le aveva messo in cuore.
--Così mi piace--soggiunse Miss Olivia.
--In vettura, signori, in vettura.
Alberto salì ultimo, dopo aver barattato due parole con un collega che
partiva per la via di Bologna e aver preso tutti i giornali del
mattino.
Indi a poco a poco il treno si mosse.
Affacciata allo sportello, Diana agitava il fazzoletto verso Miss
Olivia che salutava con la mano. In fondo al vagone Bebè seguitava a
chiamar disperatamente:--_Ivia_, _Ivia_!
Il treno, slanciato a tutto vapore, lasciava dietro di sè la città,
lasciava a sinistra il Tevere affrettantesi alla foce, volgeva
bruscamente al Nord, lungo la spiaggia tirrena. Ogni tanto la vista si
apriva sul mare, d'un turchino intenso, qua e là filettato di bianco,
silenzioso, quasi deserto. Nelle insenature della costa pochi
trabaccoli, poche barche peschereccie posavano accanto, parevano
dormire, lievemente cullate dall'onda; qualche vapore passava lontano,
segnando il cielo azzurro d'una striscia sottile di fumo.
--Guarda il mare, guarda le barche, guarda laggiù in fondo il
vapore--dicevano a Bebè, tenendola ritta dietro il finestrino chiuso.
Ora Bebè non chiamava più _Ivia_; aveva capito ch'era inutile, ma la
sua fisonomia s'era irrigidita in un'espressione triste, e di quando
in quando due grosse lacrime colavano sulle sue gote smunte. Quelle
lacrime mute su quel visino affilato di bimba facevano più pena a
vederle che non avesse fatto la disperazione di prima.
Diana si struggeva.--Piange come una persona grande per un grande
dolore. È uno strazio.
Alberto alzava gli occhi dai suoi giornali, dai suoi libri.
--Tu esageri sempre. Bebè è debole perch'è convalescente, e ha la
lacrima facile perch'è debole... Ma in quell'età non ci son grandi
dolori.
Una volta Varedo smise la sua lettura, e con insolita degnazione
consentì ad occuparsi della piccina. A lui però riusciva meno che a
Diana, meno che all'Irene e alla Lisa di spianarne la fronte, di
richiamar sul labbro di lei il gaio cicaleccio infantile. Non che
piangesse quando era sulle ginocchia paterne; la soggezione le
asciugava il ciglio; stava lì quieta, con le manine in croce, senza
parlare, senza rispondere.
Tuttavia, a vederlo intento sulla figliuola, Diana sentiva fondersi la
barriera di ghiaccio che a poco a poco s'era levata fra lei e suo
marito. Se avremo questo affetto, se avremo questa cura comune, ella
pensava, non saremo interamente divisi.
Ora egli aveva deposto Bebè sul sedile, e la bimba, stanca forse dal
lungo piangere, s'appisolava.
--Ecco, s'addormenta--disse la madre. E le stese uno scialletto sulle
gambe, mentre le accomodava un guancialino sotto la testa.
--Dorme già--osservò l'Irene.
Varedo tirò fuori dalla valigia un numero della _Nuova Antologia_, non
ancora tagliato, vi cercò una recensione del primo volume della sua
opera e non avendola trovata chiuse con aria sprezzante il
fascicolo:--Non c'è mai nulla in questa Rivista... Se vuoi darci
un'occhiata?
--No--rispose Diana,--a leggere in ferrovia mi viene il dolor di capo.
Dopo una breve pausa soggiunse:--Ho scritto a Giraldi pregandolo
d'esser domattina da noi prima di mezzogiorno.
--Per Bebè?
--Naturalmente.
--Non avrà nulla da ordinarle.
--Chi sa? A ogni modo, quanto più presto egli la vede tanto meglio
è... Mi fido di lui più che di tutti i medici romani.
--Eppure il dottor Lenni che ha curato la bimba ha un'eccellente
clientela.
--Sarà... Io non ero tranquilla.
--Sono idee preconcette... Del resto, non c'è che l'imbarazzo della
scelta, e quando ci stabiliremo a Roma potremo prenderne un altro.
--Ci stabiliremo a Roma?--ella disse in un tuono dubitativo che
rispondeva allo stato particolare della sua anima.
--Eh sì... Se entro al Governo...
--Abbiamo la casa a Torino ancora per due anni...
--È facile intendersi col proprietario.
--In due anni--notò Diana--il vostro Ministero, che non è nato, ha
tempo di morire.
Varedo sorrise.--Speriamo che abbia la vita più lunga... E poi non
mancherà il mezzo di aver la cattedra alla capitale... Non c'è
rimedio, chi aspira a rappresentare una parte non ultima sulla scena
politica, chi ha delle idee da far valere, una propaganda da
esercitare dev'esser sempre sulla breccia, a Roma, dove s'agitano i
grandi interessi della nazione...
--E dei deputati--si lasciò sfuggir di bocca Diana, quasi
involontariamente.
--Appunto--disse Alberto, trovando nell'insinuazione di sua moglie un
nuovo argomento in favore della sua tesi.--Non di tutti ma di molti
deputati... E questi ci stanno sempre a Roma, siane sicura. Ragione di
più perchè ci stiano anche gli altri, perchè all'azione malsana di
quelli oppongano la propria, e non abbandonino i governanti, quali pur
siano, in balìa dei cavalieri di industria.
--Purchè non avvenga--oppose Diana--che l'ambiente guasto corrompa i
migliori. A esser in mezzo a colleghi che trafficano il voto, a
giornalisti che vendono la loro opinione al maggior offerente, ad
avventurieri che arricchiscono giocando alla borsa, c'è più
probabilità di essere inzaccherati che di levare il fango agli altri.
--Con queste massime--ripigliò Varedo--ognuno resterebbe nella sua
nicchia senza curarsi di nulla e di nessuno... È la glorificazione
dell'egoismo.
Diana era di nuovo assorta nella bambina che s'era svegliata
piagnucolando.
Il professore tornò ad immergersi nella lettura, fin che a poco a
poco, rannicchiatosi in un angolo, s'addormentò per non destarsi che
alla stazione di Pisa, al rumore d'una disputa scoppiata sotto la
tettoia.
Era un collega, l'onorevole Vinciliati, che strepitava per avere un
intero compartimento di prima classe a sua disposizione.
--Oh, oh--disse Varedo affacciandosi allo sportello. Per miracolo
Vinciliati attacca lite col personale della ferrovia. È la sua
specialità.... Abbiamo già avuto alla Camera tre o quattro domande a
procedere contro di lui... che, naturalmente, si sono respinte.
--Bella giustizia!--borbottò Diana.
Ma Vinciliati che, urlando, correva lungo il treno, seguito dal capo
conduttore e da un facchino con due valigie, nel passar davanti alla
carrozza ove c'era Varedo, si quetò per incanto.
--Voi qui?... O che c'è un posto?
--Per esserci un posto, c'è--rispose Varedo.--Guardate voi... Siamo in
quattro, compresa la bimba... Se volete?...
--Se non disturbo alla signora?...--chiese Vinciliati, toccandosi il
cappello.
--S'accomodi--disse Diana a denti stretti.
Il deputato salì, e Varedo fece la presentazione.
--Mia moglie... L'onorevole Vinciliati.
--Domando perdono--riprese costui, poichè ebbe collocato alla meglio
le valigie nella reticella.
--È un servizio abbominevole su queste ferrovie... Un materiale
scarso, schifoso... un personale ineducato... Nessun riguardo... E sì
che per quello che la deputazione ci rende si dovrebbe aver almeno il
diritto di viaggiare coi propri agi.
--Se avevate l'intenzione di riposare o di lavorare sarà un affar
serio--osservò Varedo accennando a Bebè che continuava la sua nenia.
Vinciliati si strinse nelle spalle.
--S'ero solo, avrei fatto un sonnellino fino a Genova... Mi fermo
lì... Ma poichè trovo un collega, preferisco discorrere.
I due uomini non appartenevano allo stesso partito; ma pel momento
erano legati dall'odio comune contro il Ministero, ch'essi andavano a
gara nel qualificare con gli aggettivi più vituperevoli. Per un
deputato dell'opposizione il Ministero ch'è al potere è sempre il
peggiore che ci sia mai stato.
--Non saremo noi che raccoglieremo l'eredità--diceva
Vinciliati.--Sarete voi altri. E vi combatteremo. Ma almeno avremo da
fare con avversari rispettabili.
--E credete pure che su molti punti potremo intenderci--soggiunse
Varedo.
Vinciliati assentì.--L'essenziale è di disinfettar l'aria.
--Ah--pensava Diana silenziosa nel suo cantuccio.--Eccoli da capo con
le loro disinfezioni.
Ella non aveva fede nei ventilatori. Aveva capito che, in politica,
disinfettar l'aria significa soltanto cacciare dal Governo quelli che
ci sono e prenderne il posto.
L'inquietudine di Bebè cresceva col procedere della giornata. A volte,
ritta dietro il finestrino chiuso, mentre l'Irene la reggeva con un
braccio e con la mano libera tamburinava i vetri, ella pareva
distrarsi a guardar la campagna; ma si stancava subito e voleva andar
in collo alla mamma, star seduta, o distesa; o diceva che aveva fame,
e poi, disgustata, gettava via qualunque cosa le dessero, e ripigliava
quel suo piagnucolìo di bimba sofferente che metteva tanta angoscia in
cuore di Diana.
--Via, Bebè, sii buona... Sai che il papà va in collera. Lo vedi, il
papà sta discorrendo con quel signore.
Così, in tuono dolce, carezzevole, Diana ammoniva la bimba.
Ed ella, la piccina, quasi per trovar la forza di ubbidire,
balbettava:--_Papà citto_.--Ma la volontà non aveva presa sulla fibra
svigorita, ed ella tornava a piangere e a lamentarsi senza sapere il
perchè. Oh lacrime di bambini gracili, malati, in cui sembra ci sia
come un presentimento di morte!
A Genova Vinciliati discese e il resto del viaggio si compì in un
silenzio triste.
Era notte e Bebè s'era riassopita. Anche Alberto aveva rinchiuso gli
occhi, anche l'Irene lasciava ricader la testa sonnolenta sul petto.
Solo Diana vegliava, cercando invano di frenare la sua agitazione. Le
sue dita sottili si affondavano nervosamente nel velluto del sedile; i
suoi piccoli piedi battevano sul tappeto con ritmo affrettato; il suo
sguardo ora si posava su Bebè, ora interrogava l'orologio, o, di là
dai cristalli, scrutava le tenebre per indovinar da qualche segnale a
che punto della strada si fosse.
Quando un lungo fischio annunziò che si era in prossimità di Torino,
ella trasse un gran respiro di soddisfazione.--Finalmente.
Varedo si scosse, raccolse la roba, abbassò uno dei vetri, cacciò la
testa fuori dello sportello.
Il treno entrava, rumoreggiando, sotto la tettoia.
--Facchino! Facchino!... Oh, c'è Bardelli!...
--Gli avevi scritto?
--Tre giorni fa, senza precisargli nulla circa al nostro arrivo...
L'avevo informato dell'esito del concorso.
--Povero Bardelli!--esclamò Diana.--Vedersi posposto a Quinzani!
--A ogni modo, ha avuto l'eleggibilità... Zitto... Eccolo qui...
--Oh, buona sera!--diceva l'ex-assistente.--Hanno fatto buon
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