I coniugi Varedo - 05

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buon umore. Si propinò alla salute del neo eletto, gli si augurò un
sottosegretariato fra sei mesi, un portafoglio fra un paio d'anni.
Egli, modesto, si schermiva.--Adulatori!... Ho proprio la stoffa del
Ministro, io! E se credete ch'io sia uomo da ambire il titolo
d'Eccellenza!... Lo dico a cuore aperto, non so nemmeno quanto tempo
resterò deputato...
--Eh via...
--Ma sì... Quando vedessi chiaro che non si cava un ragno dal buco,
darei le mie dimissioni.
Frattanto il Rettore Andriani, slanciando a destra e a sinistra i
soliti fischi come di locomotiva in partenza, s'era impegnato in un
discorso lungo sul periodo classico delle nostre lotte parlamentari, e
citava alcune sedute memorabili del 1860 e 61, e raccontava una serie
d'aneddoti del Conte di Cavour e di Urbano Rattazzi.
Ma Diana sgattaiolava di tratto in tratto in silenzio, andava in
camera da letto a dar un'occhiata alla bimba, si fermava in estasi a
contemplarla.
--Cara, cara... Questo è il mio Parlamento... Questo è il mio
Ministero... Oggi ti ho dovuta trascurare... Ma non sarà più così,
sai...
Una volta la bimba si svegliò, si mise a piangere, e Diana se la prese
sulle ginocchia e si slacciò il busto per offrirle il seno, orgogliosa
di quel suo ufficio di madre, ascoltando come una musica nuova e
soavissima il tenue rumore del latte che, succhiato con labbra avide,
scendeva a goccia a goccia nelle fauci della bambina. Anche era per
lei una voluttà dolorosa il sentir sulle carni delicate la punta dei
primi dentini nascenti, e le pareva che ogni sofferenza creasse fra
lei e quel suo angioletto un legame di più. Ella diceva fra sè:--Di là
i sogni dell'ambizione, della potenza, della gloria; di qua una povera
diavola che dà il latte alla sua creatura... Sono una povera diavola,
io, nonostante i grandi pronostici che si facevano sul mio conto...
Non sono che la moglie di un uomo illustre... e piuttosto che brillar
soltanto di luce riflessa è meglio rimanere all'oscuro.
A poco a poco il sonno dolce e benefico allargò e distese le sue ali
sull'esile corpicino di Bebè; gli occhi si chiusero, le labbra si
staccarono dal capezzolo, la testa ricadde alquanto all'indietro,
abbandonandosi sul braccio materno. Diana, asciugata con un bacio
lieve la bocca umida della bimba, la posò sulla cuna, le ravviò sul
petto le coperte e tornò in salotto ove i visitatori non attendevano
che lei per partire.
--Domando mille scuse, ma sono una balia, e le balie non possono far
complimenti.
--Ma s'intende, ma ci mancherebbe altro!
--Beata lei che ha già una bambina!--esclamò la signora Sali.--Io, con
tre mariti, non sono mai riuscita ad aver figliuoli... Che uomini mi
son toccati!
Varedo, al quale sembrava che quella sera, Diana non avrebbe
dovuto occuparsi che di lui e del suo trionfo, ebbe un moto
d'impazienza.--Quella piccina è viziata... Si avrebbe potuto
svezzarla da un pezzo.
Indi rivoltosi a Bardelli, soggiunse:--Non vada mica via, lei.
Usciremo insieme.
--Esci?--chiese Diana.
--Sì; devo andare al telegrafo e alla _Gazzetta Piemontese_.
In quella giunse un dispaccio. Era della signora Valeria e portava le
felicitazioni di lei e degli amici che raccolti in casa Inverigo
bevevano lo sciampagna alla salute del nuovo onorevole e della sua
compagna.
--Povera mamma!--sospirò Diana.--Il suo cuore è sempre con noi.
Rilesse il dispaccio in silenzio. Nessuna menzione dello zio Gustavo.
Egli non era fra quelli che si rallegravano della vittoria di Alberto.
Com'era tenace nei suoi rancori!
--Piovono le congratulazioni--notò Alberto a sua moglie (erano rimasti
loro due soli e Bardelli).--Non ci sei che tu che non m'hai ancora
detto nulla.
Già disposta alla commozione dal telegramma della madre, Diana, a
questo mite rimprovero in cui c'era un'intonazione affettuosa, sentì
salirsi le lacrime agli occhi, e tendendo tutt'e due le mani a suo
marito,--Io...--balbettò--io... ma io sono una parte di te.
I due sposi si scambiarono un bacio.


VII.
Due "maiden-speeches".

Un sabato sera (Varedo era già deputato da qualche mese) Diana
riceveva da Roma questo telegramma.
_Discorso esito trionfale. Congratulazioni deputati
ministri.--Dettagli per lettera. Manderò giornali._
ALBERTO.
Era la prima volta che Varedo parlava alla Camera. Da uomo accorto
egli non aveva voluto precipitar nulla; sapeva che i deputati non ci
guadagnano a mostrar soverchia impazienza; che devono prima farsi
conoscere e apprezzar negli uffici, e stringere amicizie personali, e
acquistar la certezza che, partecipando a una discussione pubblica,
saranno ascoltati. «Dall'esito di quello che gli Inglesi chiamano il
_maiden speech_--egli aveva scritto a sua moglie--«può dipender tutto
l'avvenire di un uomo politico».
Ecco dunque che il suo _maiden speech_ egli l'aveva fatto, riportando,
a quanto pareva, un vero successo oratorio.
Diana si voltò verso Bebè che, accomodata nella sua seggiolina davanti
alla tavola, era occupatissima a sovrappor l'uno all'altro alcuni cubi
di legno, e mugolava al suo solito: _umm_, _umm_.
--Ha fatto un bel discorso il babbo, e tu non sai dire che _umm_,
_umm_. Vergogna!
Bebè guardò la sua mamma con occhi incantati, poi fece il bocchino da
piangere.
--No, no, non ti sgrido mica--si affrettò a soggiunger la madre quasi
scusandosi.--Buona, buona!... Non ne hai colpa tu se non parli.
La bimba aveva più di un anno ed era svezzata da un mese; capiva
tutto, conosceva tutti, era, che s'intende, un portento, ma non
articolava ancora nessuna parola, e quest'era un gran cruccio per
Diana, che sfogava le sue inquietudini col medico di casa, il dottor
Giraldi, e di tratto in tratto, sommessamente, arrischiava l'idea di
consultare uno specialista.
Il dottor Giraldi rideva.--Consulti chi vuole, ma è un'idea
stravagante... Bebè non ha nessun difetto alla lingua; parlerà senza
dubbio, un poco dopo di qualche sua coetanea, un po' prima di qualche
altra... perchè ci sono bambini che tirano avanti fino a un anno e
mezzo e due anni;... ma parlerà, la sbalordirà, ne stia certa.
Le medesime cose, su per giù, le scriveva da Venezia la madre, e la
vecchia Bardelli, nelle sue visite settimanali, ripeteva sempre che il
suo Paolo (l'artista, quello de' suoi figliuoli ch'ella teneva in
maggior conto) era stato muto come un pesce fino a sedici mesi e due
giorni.
Così lo specialista era lasciato dormire, tanto più che Diana non
osava nemmeno accennarvi nelle sue lettere ad Alberto; ma non per
questo ell'era tranquilla, chè anzi la sua inquietudine cresceva d'ora
in ora. E quella sera, sotto l'impressione che Bebè fosse rimasta
mortificata dal rimprovero, a lei scendeva nell'anima una invincibile
tristezza che le inumidiva le ciglia e la rendeva quasi dimentica del
trionfo di suo marito.
--Caro, caro tesoro--ella esclamò prendendo in collo la bimba e
coprendola di baci--che tu parli o no, la tua mamma t'intenderà
sempre.
In quella stretta, Bebè ebbe un postumo desiderio del latte ond'era
privata da un mese, e le sue piccole dite scorrevano indiscrete sui
bottoni del vestito materno, mentre la bocca rosea mordeva la stoffa e
commentava l'atto espressivo col solito suono indistinto: _umm_,
_umm_.
Diana, severa, ammoniva.--Nossignora, non si può... Non c'è più
niente.
Forse Bebè lo sapeva e voleva ridere soltanto. Ora aveva afferrato un
bottone e lo tirava con violenza.
--Insomma se sei cattiva, vai di là.
In mezzo a questi contrasti giunse Eugenio Bardelli, l'assistente e il
factotum di Varedo che lo seguiva come la sua ombra quand'egli era a
Torino, e durante le sue assenze ne riceveva ed eseguiva zelantemente
gli ordini, e passava mattina e sera da Diana a offrirle i propri
servigi.
--Vengo dalla Redazione della _Gazzetta Piemontese_--egli disse.--Ho
visto un telegramma fresco fresco da Roma... Il professore ha
riportato un grande successo.
--Lo so, lo so--rispose Diana sorridendo.
E accennò al dispaccio ch'era aperto sulla tavola; indi
soggiunse:--Grazie lo stesso... Sempre gentile, Bardelli.
--O le pare!--ripigliò l'assistente dopo aver dato un'occhiata al
telegramma di Varedo.--Sì, dev'esser stato un trionfo... Ma non è da
maravigliarsene... Parla così bene il professore... Che dote
l'eloquenza!
Diana sospirò al pensiero che la sua figliuola non dava pel momento
alcun segno di possedere questa qualità preziosa.
Intanto l'arrivo di Bardelli aveva distratta Bebè da' suoi attacchi
insidiosi. Bardelli era un amico che d'ordinario s'occupava molto di
lei. O perchè non se ne occupava oggi?
--_Umm_, _umm_--ella fece per richiamare la sua attenzione.
--Buondì, Bebè--disse il giovine.
Diana tentennò la testa.--Ah, è cattiva... Or ora la consegno
all'Irene che la porti a letto.
L'Irene era la bambinaia.
Bebè protestò nel suo linguaggio contro la perversa
intenzione.--_Umm_, _umm_.--E guardava Bardelli quasi per invocare il
suo aiuto.
--Vuoi venire con me?--Chiese l'assistente. E le tese le braccia.
Ella fece altrettanto.
Diana si mise a ridere.--Bardelli, che vuol prendersi lei questo
impiccio?
--Sicuro, siamo buoni amici con Bebè... Non è vero, Bebè?
--Ebbene--ripigliò la signora Varedo con una risoluzione
improvvisa--gliela dò per un pajo di minuti; fin tanto che scrivo due
righe di telegramma per Alberto. Me le imposta lei quando esce,
Bardelli?
--Naturalmente.
--Ah, Bardelli, come ci avvezza male!
--Ma, signora Diana...--principiò il professorino. Dovette però
interrompere la frase, perchè Bebè gli tirava i capelli.
--No, Bebè, no...
Appena la bimba vide che il suo amico si occupava di lei le sue mani
si allentarono spontaneamente, ed ella parve tutta assorbita da un
grande sforzo intellettuale.
Bardelli ebbe un'inspirazione luminosa.--Bebè, chi è quella? Dì
_mamma_, _mamma_...
--_Umm_, _umm_.
Diana, con la penna sospesa tra le dita, guardava ansiosa.
--_Umm_, _umm_.
--Ecco, non le riesce--piagnucolò la madre.--Nessuno mi leva dalla
mente che ha un vizio organico.
--Nemmeno per sogno... Vedrà... Dì mamma, Bebè.
Questa volta il miracolo accadde.--_Umm_, _umm_... _amm_... _mamm_...
_mamma_.
Diana balzò dalla seggiola.--L'ha detto?... Ha detto mamma?
--Già, l'ha detto e lo tornerà a dire... Aspetti, non la confonda...
Bebè, chi è quella?
--Mam... mamma--ripetè la piccina.
Adesso poi Diana non seppe più frenare il suo entusiasmo e volle
stringersi al petto la figliuola che aveva compito il prodigio.
--Cara, cara, tesoro mio, viscere mie... lo dici ancora... mamma,
mamma.
Bebè, disturbata dall'impetuoso amplesso materno, non cedette
all'intimazione e tornò al suo solito _umm_, _umm_, a cui però ella
dava un accento di protesta.
--Cattiva! Con me gioca a dispetti!--esclamò la Varedo guardando
Bardelli con aria mortificata.--Gliela restituisco.
--Brava!... E intanto scriva il suo dispaccio.
--Ha ragione... Il dispaccio... Così annunzio ad Alberto che Bebè
comincia a parlare.
--E--soggiunse Bardelli--se non le dispiace, insieme alle sue
congratulazioni pel discorso mandi anche le mie.
Il discorso di Alberto! Quasi quasi Diana se n'era dimenticata; certo
esso le pareva cosa di ben tenue importanza di fronte all'altro
avvenimento che la empiva di giubilo.
Nondimeno si accinse a scrivere, e scrivendo leggeva:--«Deputato
Alberto Varedo, Albergo di Santa Chiara. Roma.--Mille felicitazioni
pel tuo trionfo, anche da Bardelli qui presente. Sappi che finalmente
stasera Bebè ha detto mamma--Diana».
--Va bene?
--Benissimo.
Bardelli si alzò tenendo la bimba in collo, prese il foglio, e lo
ripose in tasca.
--Badi--disse Diana,--Bebè le ha slacciato il nodo della cravatta.
--Oh, Bebè è un pessimo soggetto--rispose l'assistente celiando.--Ora
gliela riconsegno.... Va dalla mamma, Bebè, va dalla mamma.
E liberatosi dal prezioso fardello, il professorino si accomiatò dalla
Varedo.--Corro subito al telegrafo.
--Grazie Bardelli, grazie.... E scusi di tutto. Spero che Alberto sarà
contento della notizia che gli dò... E chi sa che quando riceve il mio
dispaccio non me ne mandi uno anche lui.
Ma il dispaccio non capitò. Capitò invece il dì appresso una lettera
lunghissima in cui Varedo si diffondeva con infinita compiacenza a
descrivere l'effetto prodotto dal suo discorso riportandone alcuni
motti arguti, alcune frasi ch'erano state più applaudite, e riferiva i
complimenti fattigli dal Presidente della Camera, dai Ministri e da
parecchi Deputati autorevoli. Infine egli invitava Diana a leggere i
vari giornali ch'egli le spediva sotto fascia, giornali amici e
avversari, constanti, gli uni con schietta soddisfazione, gli altri
con noia mal dissimulata, il bel successo del nuovo oratore.--«Leggi
specialmente la _Tribuna_--egli le scriveva--ove c'è il miglior sunto
del mio discorso.» Varedo finiva coll'annunziare a sua moglie che di
lì a due o tre giorni, dopo una votazione a cui egli non poteva
mancare, sarebbe tornato per qualche settimana a Torino. A Bebè era
appena consacrata una riga a piedi del foglio: _Un bacio a Bebè_.
--Non aveva ancora ricevuto il telegramma--disse Diana per scusar suo
marito.--La lettera di domani sarà ben differente.
E per debito di buona moglie intraprese la lettura dei fogli che
Alberto le aveva trasmessi, soffermandosi specialmente sulla _Tribuna_
la quale portava un più ampio resoconto parlamentare. Bello senza
dubbio il discorso, interrotto spesso da approvazioni e da applausi
segnati fra parentesi in corsivo; bello, ma non tale che riuscisse ad
appassionare, ad interessare Diana Varedo.--Sarà l'argomento--ella
pensava.--Tuttavia pensava altresì che un tempo, nei primi mesi del
loro matrimonio, nessun argomento trattato dal suo sposo le sarebbe
parso poco interessante; ch'ella si sforzava, e non senza frutto, di
rendersi famigliari gli studi di lui, che andava superba di fargli da
segretario. O perchè era mutata adesso? Lo amava meno, o la maternità
aveva limitato gli orizzonti del suo spirito, le aveva fatto parer
vana ogni curiosità e ogni ricerca intellettuale? Certo si è che
quand'ebbe finito di scorrere i giornali e potè tornar ad occuparsi di
Bebè, ella ebbe il movimento di gioia dello scolaro al rintocco del
campanello che annunzia la ricreazione. Tanto più che Bebè, in dodici
ore, aveva fatto progressi maravigliosi. Non solo diceva ormai _mamma_
a tutto pasto, ma mostrava le migliori disposizioni ad arricchire di
nuove parole il proprio vocabolario.
Comunque sia, nei pochi giorni che precedettero l'arrivo di Alberto,
Diana rifece parecchie volte il suo esame di coscienza, confessandosi
in gran parte colpevole dei mutati rapporti fra lei e suo marito.
Troppo lo trascurava, troppo lo metteva in seconda linea, dacchè un
nuovo sentimento imperioso, dispotico, esclusivo aveva preso possesso
del suo cuore. Eppure, se questo sentimento era potuto nascere in lei
e recarle tanta dolcezza ella ne andava debitrice al suo sposo, come a
lui andava debitrice, se non degli agi della sua vita, della stima,
del rispetto ond'era circondata. Non doveva ella dunque
mostrargliesene riconoscente? S'egli era assorbito da' suoi studi,
dalle sue occupazioni parlamentari, se nelle lotte politiche, insieme
a poche compiacenze d'amor proprio, raccoglieva una larga messe di
fastidi e di note che di tratto in tratto turbavano l'equanimità del
suo carattere, non era tanto più necessario che in casa sua egli
trovasse accoglienze festose e amorevoli? Invece, Diana se ne
ricordava con sincero rammarico, nelle brevi gite di Alberto a Torino,
ella, impermalita forse di non vederlo abbastanza espansivo con lei e
con Bebè, finiva col chiudersi in un silenzio dispettoso e con
l'evitare a bello studio gli argomenti che soli avrebbero avuto la
virtù di alimentare i loro colloqui. Indi era accaduto più volte che,
tranne all'arrivo, alla partenza, e all'ora di desinare, si fossero
appena visti, che, in tre o quattro giorni, non avessero scambiate che
poche parole.
Questa volta non sarebbe stato così. E, in primo luogo, ella non si
sarebbe limitata a semplici congratulazioni circa al famoso discorso;
ne avrebbe parlato ad Alberto con conoscenza di causa, perchè lo aveva
tanto letto e riletto nei sunti ch'egli gliene aveva spediti da poter
ripetergliene a memoria l'esordio e la chiusa quali erano riprodotti
nella _Tribuna_. Ma quest'era un'inezia di fronte al programma
ambizioso ch'ell'agitava in mente. Non più sfinita dall'allattamento e
dalle veglie, Diana voleva riconquistar presso suo marito il posto che
s'era lasciata portar via dagli altri, da Bardelli per esempio ch'era
divenuto un po' troppo l'uomo indispensabile della casa. Non lo faceva
per secondi fini, povero Bardelli, non lo faceva per darsi importanza;
era sinceramente affezionato al suo professore, a lei, a Bebè;
tuttavia con prudenza, con delicatezza, bisognava moderarne lo
zelo.... Ed era così buono, così giudizioso ed equanime da capir
subito la ragionevolezza di ciò che gli si domandava.
In fine, nel suo momentaneo ottimismo, Diana si teneva sicura d'aver
un'alleata in Bebè. Bebè era per lei la tiranna, era, per Alberto, la
rivale, la Bebè aveva, appunto negli ultimi giorni, imparato a dire
papà, e questa parolina doveva, come una chiave magica, aprirle il
cuore del babbo.... E allora quanti malintesi sarebbero tolti di
mezzo!


VIII.
Fiasco.

Con queste dolci speranze, con questi forti propositi, in una bella
mattina di maggio, Diana Varedo, insieme alla bambinaia e a Bebè,
s'avviava alla stazione centrale incontro al marito. _Incipit vita
nova_--le dicevano il cielo azzurro, l'aria tepida, il sole
limpidissimo, l'animazione insolita della gente che pareva bevere a
larghi sorsi la primavera. _Incipit vita nova_--le ripeteva il suo
cuore.
Bebè, pavoneggiandosi in un vestito bianco con due fiocchi color di
rosa sulle spalle, dava segni manifesti di voler scendere in terra, di
voler provare i suoi piccoli passi nelle viottole del giardino di
Piazza Carlo Felice ove altri bimbi correvano e saltellavano; ma la
madre l'ammoniva a esser buona, e riserbar tutte le sue prodezze a
quando avrebbe visto il suo papà.
--Come dirai?
--Pa... pà... Papà.
--Ah che amor di bimba!--esclamò Diana, non potendo trattenersi dal
darle un bacio.--E come sarà contento il babbo!
Ma sotto la tettoia della stazione accadde cosa che scemò alquanto la
soddisfazione della signora Varedo. Poichè Bebè, riconoscendo Bardelli
in un gruppo di signori che chiaccheravano presso alla porta
d'ingresso, si commosse tutta, agitò le braccia, emise alcuni suoni
inarticolati che volevano esser espressione di giubilo e finì col
pronunziar schietto e tondo:--Papà, papà.
Diana e l'Irene le diedero sulla voce.--Ma no che non è quello il
papà... Deve venire il papà.
E Diana rivolgendosi un po' seccata a Bardelli che si avanzava
officioso e sorridente e accennava a prender lui in collo la
bimba,--no--disse--la lasci stare... Vede, le dà troppa confidenza.
Ordinò all'Irene di metterla giù, di farla camminare sul marciapiede.
Ma Bebè, con l'ostinazione della sua età, seguitava a voler Bardelli e
a ripetere il motto incriminato:--Papà, papà.
Oh insomma--disse Diana strappando alla bambinaia la piccola riottosa
e redarguendola severamente--insomma, Bebè, se sei cattiva ti mando a
casa. Hai capito? E soggiunse:--Mi faccia il piacere, Bardelli, vada
da un'altra parte... Finch'è qui lei, Bebè non si cheta... È venuto
anche lei per aspettar Alberto naturalmente?
--Già--rispose il giovine senz'avvertire il fondo d'ironia che c'era
in quel _naturalmente_.
--Ebbene, ci ritroveremo più tardi... Vada, adesso vada...
--Vado, vado--disse il docile Bardelli. E si allontanò pensando forse
che le donne hanno l'umore molto variabile.
Intanto, toccandosi rispettosamente il berretto, si presentò il
cavaliere Luini, capo-stazione, che, come Diana aveva notato, la
salutava con tanta maggior deferenza quanto più in credito saliva
Varedo alla Camera.
--L'onorevole arriva col direttissimo delle 10.13?--egli disse,
guardando l'orologio.
--Appunto. C'è ritardo?
--Nossignora--rispose il cavaliere.--Ma non sono che le 10... Desidera
accomodarsi?
E additò lì presso una panca ove ci sarebbe stato posto per lei e per
la bambinaia.
--Grazie--replicò Diana.--Sto ritta volentieri.
Il capo stazione indirizzò un complimento a Bebè che s'era pacificata
e coi suoi ditini pizzicava le guancie all'Irene.
--Come s'è fatta grande!
--Avrà presto quattordici mesi.
--Credevo molto di più.
La bimba per mostrarsi grata del giudizio favorevole manifestato sul
suo conto dall'egregio funzionario, pronunziò la parola ormai imparata
anche troppo:--Papà, papà.
--Aspetta il suo papà--spiegò Diana commentando l'uscita improvvisa
della figliuola, non senza però trovar strana in cuor suo l'estrema
facilità di Bebè a veder padri da per tutto.
Chiamato dai doveri del suo ufficio, il cavalier Luini sorrise e si
accomiatò... Alcuni treni arrivavano, altri partivano: ci fu un
momento di confusione tra il correre affrettato dei passeggeri che
scendevano e salivano sulle vetture, il vocìo dei conduttori e dei
facchini, i fischi delle locomotive e gli squilli delle cornette. Poi
tornò una quiete relativa. In attesa del direttissimo venivano
silenziosamente a schierarsi sul marciapiede le carriuole pel
trasporto dei bagagli. Due signore che avevano l'argento vivo addosso
scendevano ogni tanto sul binario per guardare dalla parte da cui
doveva giungere il treno, un servitore in livrea stava immobile,
contegnoso come se fosse nell'anticamera del suo palazzo patrizio; nel
crocchio ov'era Bardelli si seguitava a discorrere animatamente.
Reputando ormai finita la sua quarantena, il professorino lasciò gli
amici per riaccostarsi a Diana.--È buona adesso?--egli domandò
accennando a Bebè.
--Sì, è buona... ma per carità, non la tocchi, non la guardi....
Per fortuna Bebè era assorta nella contemplazione d'un cagnetto
_pinch_ che una forastiera teneva sotto il braccio.
--E lei con chi era?--chiese la Varedo a Bardelli.
--Credevo li conoscesse... Quando il professore è a Torino vengon
tutti a cercarlo a casa... qual più qual meno...
Diana guardò con l'occhialino.--Aspetti, quello alto di statura mi
pare...
--Frascati, il cronista della _Piemontese_... quello col cappello a
cencio è il corrispondente della _Tribuna_; l'altro che ha gettato via
il sigaro...
Incapace di trattenere un moto d'impazienza, Diana interruppe:--Dica
la verità, e sono alla stazione per mio marito?
--Eh--notò scherzosamente Bardelli--gli uomini illustri...
Ma Diana scattò.--sa ch'è una bella sconvenienza?... Tanto farebbe
vivere in piazza... Mai un momento di pace, d'intimità... Sempre i
terzi incomodi...
Ella vide che Bardelli si turbava, arrossiva, e s'affrettò a
soggiungere:--Non dico per lei Bardelli; lei è come di famiglia...
Aveva capito ch'era una solenne ingiustizia il metterlo in mazzo con
gli altri, e si pentiva di essersi lasciata sfuggire qualche parola
che potesse offenderlo; si pentiva anche di quello che non aveva
detto, ma che aveva pensato sul conto di lui... No, anzi Bardelli
bisognava tenerselo caro e farsene un alleato contro quella massa
d'indiscreti, d'importuni...
La campana annunziante l'arrivo del treno tolse la possibilità
d'ulteriori spiegazioni.
--Ferma, Irene, ferma!--gridò Diana, richiamando vivamente la
bambinaia che s'era mossa come per andare incontro alla locomotiva.--E
tirati indietro.
Indi catechizzò un'ultima volta Bebè.--Adesso è qui il papà. A lui
devi dire: papà, papà.
Le idee di Bebè non erano chiare e sembrava che ella avesse di nuovo
tutta la propensione a dare il sacro nome di padre a Bardelli che le
stava vicino.
Sbuffando e romoreggiando, il convoglio, con una celerità appena
rallentata, imboccò la tettoia per poi arrestarsi con prestezza
mirabile sotto l'azione dei freni automatici. Un lungo gemito roco
usciva dalle ruote striscianti sul binario.
--Ecco il professore!--gridò Bardelli correndo ad aprir lo sportello
d'una vettura di prima classe. E chiamava:--Signora Diana, signora
Diana!
--Addio, Bardelli--disse Varedo consegnandogli una valigia.--Chiami un
facchino.
--Se non ha altro bagaglio non val la pena... C'è la signora con la
bimba.
--Le ho viste--rispose il deputato mentre accennava con la mano che
non si affrettassero.
Disceso che fu, abbracciò la moglie, baciò la figliuola, e--State
bene?--chiese a Diana.--Bebè sta bene?
--Non ti par florida?--domandò Diana. E soggiunse:--Che progressi ha
fatto!
--Lo so--rispose Varedo sorridendo.--Dice _mamma_, me lo hai
telegrafato.
--Oh dice anche di più--replicò Diana con aria di trionfo. Si rivolse
alla bimba con lo sguardo appassionato e supplichevole delle madri che
tremano di vedersi smentite dai loro piccoli tiranni.--Chi è
questo?... Chi è venuto adesso?
Pareva lo facesse apposta Bebè a far sfigurare la mamma. Aveva rivisto
il canino _pinch_, non aveva occhi che per lui.
--Lasciala in pace--ammonì Varedo.--Ha tempo di dir papà.
In quella egli s'accorse di Frascati e degli altri che gli facevano la
ruota attorno, e con un cenno li invitò ad avvicinarsi.
Diana fremeva.--Che seccatori!... Non me li presentare.
--Andate avanti con Bardelli--disse Varedo--e fermate un brougham a
quattro posti... Io mi sbrigo subito.
Ma Diana, l'Irene e Bebè erano in carrozza già da un paio di minuti
prima che l'onorevole si fosse levato di dosso quelle sanguisughe.
Bardelli con un piede sul predellino, ripeteva a Diana per quetarne la
crescente impazienza:--Or ora viene.
E venne in fatti, scusandosi.--Cara mia, i giornalisti bisogna
tenerseli amici... Salga anche lei, Bardelli, farà colazione con noi.
L'assistente, che aveva tuttora nelle orecchie le sfuriate di Diana
contro gl'indiscreti che turbavano l'intimità domestica, accattava
pretesti per schermirsi. E che aveva un impegno e che la colazione
l'aveva già fatta.
--Non ci son scuse--ribattè Varedo.--Se non ha fame, non mangerà, ma
in quanto agli impegni, abbia pazienza, non doveva prenderne. Doveva
immaginarsi che avrei avuto cento commissioni da darle.
--Salga, via--soggiunse Diana.--Se no, restiamo qui fino alla
consumazione dei secoli.
Bardelli ubbidì. Durante il tragitto, Bebè, seccata forse da tanti
ritardi, fu d'una perversità eccezionale. Non solo si rifiutò di dir
_mamma_ e _papà_, ma pianse e strillò disperatamente senza lasciarsi
nè intimorire nè commuovere dalle esortazioni materne.--La
bell'accoglienza che fai al tuo babbo!... Cattiva!... Non ti
vergogni?... Non hai un bricciolo di amor proprio?
Alberto si burlava di sua moglie.--Oh l'amor proprio a quell'età!...
Basterebbe che non rompesse i timpani.
--È sempre un angelo--diceva Diana mortificatissima.--Ha il giudizio
d'una bambina grande... E oggi dev'esser così... Ho proprio paura che
non stia bene.
Varedo si stringeva nelle spalle, e sforzando la voce per soverchiar
gli urli della figliuola chiedeva conto d'un'infinità di cose a
Bardelli. Quante lezioni aveva fatte per lui all'Università? A che
punto del corso era arrivato? Era stato in tipografia a sollecitar
quelle bozze? Aveva letto il suo ultimo articolo comparso nella
_Rivista giuridica_? E quella memoria inserita nell'_Archivio
storico_?...
Ah, non poteva rimproverarsi d'esser stato in ozio a Roma, nonostante
la politica... Intanto il primo volume dell'opera sul _Dovere_ l'aveva
finito lì, tra una seduta della Camera e l'altra, e adesso sperava di
dar mano al secondo...
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