Gli eretici d'Italia, vol. III - 73

rendesi una vera peste quando i mezzi e il metodo non sieno convenienti.
Abbiate la buona fede di esaminare quello che tanti emissarj della
Società Biblica fanno nei paesi cattolici mancando affatto di riguardo e
di pudore: come per essi tutti i mezzi sono buoni per distribuire la
santa scrittura senza il menomo discernimento alle persone che son le
meno atte a comprenderla, e le meno preparate per mancanza di soda
pietà: come essi si danno ad insegnamenti, che giudicano forse
innocentissimi, ma che ingenerano confusione negli spiriti, straziano la
moralità, sconvolgono l'autorità sociale e l'ordine ecclesiastico, e non
hanno in ultima analisi che un'influenza rivoluzionaria. Considerando il
complesso degli intrighi inglesi nell'Italia settentrionale in questi
ultimi dieci anni, non posso voler male al papa se, dal suo punto di
vista, ha chiamato la Società Biblica una peste; tuttochè sia la meno
colpevole nella cospirazione che rese cotanto infelice quel paese, ha
però servito di strumento agli autori di quelle miserabili
macchinazioni. Di tal moneta l'Inghilterra paga l'Italia per averle un
tempo recato la religione cristiana: la paga d'un modo che la rende
infinitamente responsabile dinanzi a Dio!... Questo zelo inconsiderato
apre nell'Italia una strada al commercio e alla politica
dell'Inghilterra, che vi si introduce colla Bibbia alla mano. La Bibbia
è la pelle dell'agnello sotto la quale si cela il lupo, e il risultato
sarà la selvatichezza religiosa, l'annichilamento di qualunque autorità,
fin di quella della verità. Infelice paese, come era bello ne' suoi
costumi e nei sentimenti! Quanto gentile era il suo popolo per poco che
si scostasse dal punto ove lo straniero avea portato l'immoralità!
Quanto dolce, ingenua ed incantevole era, or fa appena tre anni,
l'indole di questi uomini! Quante ruine accumulate dappoi! Sì, caro
amico, se fossi papa e italiano, io farei lo stesso; alzerei le grida
contro questi aberramenti».
[578] Professione di fede de' Cristiani evangelici d'Italia, dichiarata
da Bonaventura Mazzarella e confutata da Giulio Nazari. Asti 1857.
[579] Appunto nel riferire questi atti, il giornale governativo diceva:
«Monsignor Limberti non doveva dimenticare che la gerarchia cattolica
non ha autorità veruna nello Stato, per lo che non doveva assumere un
linguaggio per ogni rispetto inconvenientissimo, allorchè si dirigeva
all'autorità sovrana dello Stato, indipendente da qualunque altra
autorità, specialmente da quella che pretende la Curia romana.
«La difesa imprudente del dominio temporale del papa nuoce al clero
cattolico e per la parte spirituale e per la parte nazionale. Per la
prima nuoce, perchè è repugnante alla religione, alla storia, alla
necessità delle cose che il vicario di Cristo debba esser
necessariamente principe della terra: nuoce per la seconda, perchè il
dominio temporale del papa essendo ridotto una vera piaga d'Italia, un
ostacolo alla ricostituzione della sua nazionalità, e diciamolo
francamente un ostacolo alla quiete e alla sicurezza degli altri Stati
cristiani, mette il chiericato in contraddizione coi suoi doveri verso
la patria, e tutto ciò per il funesto spirito di fazione soffiato in
questi ultimi anni dall'antica pretensione curialesca, e più ancora
dalla rincrudita sètta gesuitica.
«... Il gran nipote del gran Napoleone compirà l'opera, per la quale il
pontefice avrà regno senza aver sudditi, cioè vittime; l'Italia avrà la
sua nazionalità senza aver una lotta clericale degna del medioevo, e non
de' giorni nostri: la religione cattolica riprenderà tutto il suo divino
splendore astersa dalle macchie di un regno tirannico e incivile;
l'Europa, anzi il mondo tutto avrà pace, perchè dugento milioni di
cattolici saranno confermati nella purità evangelica da un sacerdozio
che direttamente o indirettamente non corromperà la morale, mischiando
al vangelo le pretensioni mondane d'un potere proscritto da Dio e dalla
coscienza umana».
[580] FELIX MORAND, _Sermons du père Gavazzi_. Parigi 1861.
Su tutto ciò possono vedersi _Revue Germanique_, _février 1863_.
NEIGEBAUER, _Das Glaubens Bekenntniss der italianischen evangelischen
Kirche, nebst einer kurzen Nachricht über die neusten religiösen
Bewegungen in Italien_. Magdeburg 1855.
C. NITZSCH, _Die evangelische Bewegung in Italien nach einem
mehrjährigen Aufenthalt in Italien geschildert_. Berlino 1863.
Una memoria nel _Magazin für die Literatur des Auslands_ 1863, n. 32,
33.
_Das Evangelium in Italien, ein zeitgeschitlicher Versuch von_ LEOPOLD
WITTE. Gota 1861.
[581] _L'autorità della Chiesa, dispute e polemiche con un ministro
valdese, per_ MELCHIORRE GALEOTTI.
TURANO, _Il Cattolicismo esposto ai Valdesi_. — Poi _Risposta al signor
Giorgio Appia valdese, in occasione del suo opuscolo Roma e la
Scrittura_. Inoltre il De Giovanni confutò il libro di P. Leorati _Che
cosa è la messa_; Petronio Grima scrisse _Sulla Confessione_, monsignor
Celesia vescovo di Patti una pastorale: Giuseppe De Castro, _L'Apostasia
in vendita e la fede in cattedra ecc._
[582] «Vadano altrove, che qui nella terra dei Cattolici, nel santuario
della Sicilia, ove aura nemica non è riuscita giammai ad avvelenare i
semi e i fiori della fede apostolica, non fa presa qualunque reiterato
impegno di pervertirla. Qui si provò di penetrare la seduzione
pelagiana, e fu respinta; si provò la miscredenza ariana, e fu
disdegnosamente rimossa; non trasandò Porfirio di rapirci dal cuore i
misteri colle reti ingegnose e fantastiche della speculazione
alessandrina, e non incontrò sorte migliore dei primi; si provarono
gl'Iconoclasti di combattere e smorzare anche in noi quei fervori che
fecero la prima gloria nazionale d'Italia, nelle memorande lotte
sostenute con quei feroci sterminatori delle sacre immagini, che resero
agevole ai Musulmani la preda di tante cristiane provincie: si provarono
i Musulmani, per lunga stagione di servitù ed obbrobrio, a spegnere la
nostra fede; ma invano. Voi sapete la gloria degli antenati; sapete i
lieti rinnovamenti della virtù antica al venire dei prodi Normanni; e
come per essi rialzata la fede, combattuta ma non vinta, si aperse
un'epoca di nuovi prodigj, che sono eternati nelle memorie dell'isola,
parlanti ancora col sacro linguaggio delle arti consacrate nello
splendore delle nostre basiliche; e più che saperlo, sentite di essere
la posterità di quella stirpe di generosi e magnanimi, che lasciarono i
monumenti dei loro trionfi nel sacro recinto dei luoghi dedicati alla
religiosa e civile pietà».
[583] Dicemmo molto anteriori quelle di Torino e Genova. Testè ne fu
fabbricata una ne' quartieri nuovi di Milano.
[584] _Eglise évangélique vaudoise. Synode de 1867, publié par ordre du
Synode_. Pignerol 1867. Secondo il regolamento allora stabilito, un
evangelista dee avere L. 3500, o 2500 se è in luogo poco importante: un
aggiunto L. 150 al mese: L. 125 un ajutante o un istitutore; L. 80 un
colportore.
[585] Nessun atto d'accusa potrebb'essere più forte che l'apologetica
narrazione fattane nell'_Eco della verità_ di Firenze, 31 marzo.
[586] Il Pylat, ministro a Nizza, dice che «gli Italiani sono o
increduli, o scettici, o indifferenti, o superstiziosi: son quel che
volete, fuorchè cristiani secondo il vangelo. Non conoscono nè possedono
la parola di Dio: ignorano le grandi verità del vangelo.» _Prot. et
Evang. de l'Italie_, § 2 e 9.
E del Gavazzi scrive che «non sa se non divertire un branco di
scimuniti, ostentando la camicia rossa e gesticolando come un istrione»,
p. 14.
Un giornale mazziniano di Genova scriveva: «Noi non crediamo di aver
molto a consolarci del fatto del proselitismo protestante per le sue
conseguenze politiche, stante le dottrine che sono inculcate; molto meno
per gli effetti religiosi. L'Italia nostra non è destinata a rifare il
cammino che da tre secoli percorrono la Svizzera, la Germania e
l'Olanda... Il volgersi delle opinioni alle dottrine de' Protestanti
sarebbe in Italia una sventura e un regresso». _Italia e Popolo_,
febbrajo 1854.
[587] Chi ha pratica con Hegel sa che dimostra come -8 + 3 = 11; che +y
- y = y; che -a × a = +a^2. Vedi la _Grande Logica_, tom. IV, p. 52.
Egli stesso dagli infinitesimi induce l'identità dell'essere col non
essere. L'infinitesimo (argomenta) è la quantità presa nell'istante in
cui, cessando d'esser niente, non è ancora qualcosa. Se cessa d'esser
niente, è dunque qualcosa: non essendo ancora qualcosa è niente: dunque
è al tempo medesimo qualcosa e niente: sicchè sono identici qualcosa e
niente.
[588] Gli uffizj della filosofia sono ben designati da Pio IX nella
bolla dell'11 dicembre 1862 all'arcivescovo di Monaco.
«Se i cultori della filosofia si limitassero a difendere i veri principj
e i veri diritti della ragione e della loro scienza, non meriterebbero
che elogi. La vera e sana filosofia ha un posto elevatissimo. Spetta ad
essa il far una ricerca diligente della verità, coltivare con cura e
certezza e rischiarar la ragione umana, la quale, sebbene offuscata
dalla colpa originale, non fu però distrutta; concepire, ben
comprendere, metter in luce quel ch'è oggetto della conoscenza di essa
ragione, e una folla di verità; dimostrar quelle molte che anche la fede
propone alla nostra credenza, come l'esistenza di Dio, la sua natura,
gli attributi suoi, e far tale dimostrazione con argomenti dedotti dai
proprj suoi principj; giustificar tali verità, difenderle, e così
preparar la via ad un'adesione più dritta nella fede a questi dogmi, e
anche a quelli più reconditi, che sola la fede potè comprendere; di modo
che siano in certo modo compresi dalla ragione. Questo dee fare la
bellissima ed austera scienza della vera filosofia».
[589] L'evangelo di san Giovanni è quello ove la divinità di Cristo è
più chiaramente affermata: perciò i critici s'affissero maggiormente a
impugnarlo come differente dai tre sinoptici. Fin dal principio del II
secolo lo troviamo impugnato dagli Alogoi, oscuri eretici dell'Asia
minore, accennati da Epifanio. Nelle controversie fra i Gnostici e i
Cristiani giudaizzanti lo troviamo citato. Eracleone, alquanto dopo, ne
faceva un commento, del quale un frammento è addotto da Origene.
Taziano, discepolo di san Giustino, lo comprendeva nell'_Armonia de'
quattro Evangeli_. Sant'Ireneo, Clemente alessandrino, Eusebio di
Cesarea vi alludono spesso. Era dunque conosciuto fin dai primi tempi: e
soltanto dopo dodici secoli un certo Evanson inglese, nella _Discordanza
dei Vangeli_, prese a dubitarne. Nata la critica audace de' Tedeschi,
Herder e più Bretschneider nel 1822 suscitarono dubbj, estesi poi da De
Wette e Schwegler, e più da Ferdinando Cristiano Baur (1844), che
coll'_Esame critico de' Vangeli canonici_ iniziò tutte le temerità della
scuola di Tubinga. Ma Tholuck, Neander, Lücke, Hengstenberg, Bleek,
Maurice, Ewald, Döllinger ed altri hanno ristabilito la perfetta
integrità del quarto evangelo e la sua conformità coi sinoptici.
[590] _Atti della Camera del 1867_, p. 1348. Anche nel luglio 1867
eccitava a «cominciare la guerra interna contro il pontefice...
distruggendo per sempre la teocrazia italiana». _Atti della Camera_,
pag. 1346. Son notevoli le sue parole nella tornata del 29 novembre 1862
sul «bisticcio, sull'epigramma di _libera Chiesa in libero Stato_,
appena degno d'alimentare il giornalismo. Qual diritto avete voi
(chiede) con un essere da voi stessi riconosciuto sovrumano, di dirgli
che deve abbandonarvi città da lui occupate sin dai tempi di
Carlomagno?... Se gli date la libertà gli date il regno. Per la Chiesa
la libertà consiste nel rimanersi in casa propria senza censure, senza
darvi alcun conto di sè». E in fatto nel 1867 si oppose allo scioglier
la Chiesa dalle servilità del _placet_, dell'_exequatur_ ecc., e volle
mantenere le barriere regie fra il popolo e i ministri del suo culto.
[591] _Studj filosofici e religiosi sul sentimento._
[592] _La filosofia delle scuole italiane._
[593] _Lætatus sum in his quæ dicta sunt mihi, in domo Domini ibimus._
Ps.
[594] _La religione del secolo XIX_, 1853.
[595] _Il Saggiatore_ del 24 novembre 1865, e _Studj filosofici e
religiosi_.
Nella sua _Religione del secolo XIX_, vol. II, p. 266, così giudica i
preti che s'intitolano liberali: «La bontà del prete in che consiste?
Nell'ossequio e nell'adempimento delle leggi della sua Chiesa e nello
zelo ardente e costante che mette, conforme al proprio grado, a
propagare la sua fede, inculcare i suoi precetti, mantenere i suoi
diritti, il suo culto, la sua gerarchia, la sua disciplina.... Un
sacerdote non può essere liberale se non a patto di essere un cattivo
prete... Uno strano abuso di parole commettono i patrioti a chiamare
preti buoni i ribelli alla Chiesa, e preti cattivi i fedeli alla loro
professione. Il linguaggio di quasi tutta la stampa liberale pecca di
una simile immoralità. Contro di chi sono rivolte le sue quotidiane
invettive? Contro quei vescovi, parrochi, preti e frati, che,
consapevoli del giuramento prestato alla Chiesa nella loro ordinazione,
spendono la vita ad osservare e far osservare in tutto il suo vigore
quella legge ch'essi tengono dettata dalla bocca stessa di Dio. Ed
all'opposto a chi sono profusi i loro elogi cotidianamente? A quegli
altri ecclesiastici, che, fastiditi del loro stato e degli obblighi con
esso contratti, rinnegano con le parole e con le azioni il loro abito,
disdegnano il loro ministero, e si ribellano dai loro superiori. Non vi
ha qui un giudizio sommamente ingiusto? Come ecclesiastici non sono anzi
i primi che meriterebbero lode e biasimo i secondi? Il clero è una
milizia che ha necessariamente la sua disciplina particolare: chiunque
fa parte di quella, si assoggetta volontariamente a questa. Rimaner
sotto le bandiere e calpestare i regolamenti è un procedere che, chi
rispetta, non dico la legge morale ma il senso comune, non approverà
giammai per riguardo a nessun corpo regolare. Quando poi, non pago dello
scandalo e del disordine della sua insubordinazione, un soldato se
l'intenda col nemico e parteggi per lui, in tutte le lingue del mondo il
fatto suo si chiama un _tradimento_. E nella milizia ecclesiastica non
deve forse valere lo stesso principio e lo stesso criterio? Ma i
panegiristi dei preti liberali e i vituperatori dei preti reazionarj
rovesciano di pianta e l'uno e l'altro, imputando agli uni
l'indisciplina a merito e il tradimento a gloria, ed agli altri la
subordinazione a colpa e la fedeltà a delitto...».
[596] _Evolution des fonctions cérébrales_, p. 44. Aprendo come rettore
l'Università di Vienna quest'anno, il più celebro medico di colà, il
signor Hyrtl proferiva un discorso che ebbe gran diffusione in tutta la
Germania, come avviene di ciò ch'è appropriato al tempo, o manifesta
sentimenti, che vivono nella maggior parte, ma che non osano palesarsi
per paura di quei venti o trenta gridatori, i quali da sè s'intitolano
opinion pubblica. Tolse egli dunque a combattere la predicata scuola dei
filosofi e fisiologi che non riconoscono nulla in fuor della materia,
che non ricevono se non ciò ch'è dato dai sensi, che nell'uomo non
vedono se non una scimmia alquanto migliorata. La presente condizione
della scienza, egli asserisce, non dà verun fondamento a tali teoriche;
non le giustifica quanto or si sa della struttura del cervello, delle
fibre nervose, de' gangli. «L'ente supremo che in luminosi caratteri
scrisse da per tutto la sua volontà, avrebbe egli potuto deporre ne'
nostri cuori questo anelito all'infinito, se non dovesse mai venir
soddisfatto? La scienza qui cessa dalle sue investigazioni, e
l'indagatore più ardito rimane assiderato; riprende i suoi diritti la
fede; quella fede che la scienza non può nè repudiare nè provare, ma può
dimostrare che il contrario non ha verun fondamento nella natura delle
cose. Ove questo lume divino si estingua in noi, il suicidio dell'anima
nostra non lascia più di quest'orgoglioso signore del mondo se non un
po' di concime saturo di azoto pel campo ove la sua spoglia sarà
sotterrata... Ma tutto ci pruova che un pensiero ultimo, un pensiero
astratto sorvola ai sensi; e questo pensiero conduce all'idea di Dio e
all'anima divina che ne emana. La verità, la necessità sua stanno nella
lunga catena di conclusioni, in cui il materialista ravvolge i suoi
principj. Nè l'osservazione, nè l'esperienza ci insegnarono, sopra la
natura delle cose, nulla di più di quel che sapesse l'antichità; e quel
metodo esatto delle scienze naturali, che giustamente si loda, non portò
il minimo appoggio alla tesi materialista; essa rimane nè più nè meno di
quel che era, un'opinione fondata su principj arbitrarj, e non una
_conoscenza derivata da principj certi_, come il grande oratore romano
definiva la scienza. Le deduzioni sue non posano sulla chiarezza e sulla
forza inespugnabile delle argomentazioni, bensì sull'audacia di coloro
che la propagano, e sulla pendenza universale dell'età nostra che
favorisce quella propaganda. Il materialismo non riportò mai una
vittoria durevole; non la riporterà neppure nel secol nostro».
[597] «Il disdegno è delicata e religiosa voluttà... è una elevazione
d'anima che s'ottiene mediante l'abito del disprezzo». RENAN, _Essais_,
p. 188.
[598] «La storia non conta ancor quarant'anni di vita». RENAN, _Essais_,
p. 106.
[599] Narvay, francamente ateo, accusa Renan di cappuccineria. Tanto
avea ragione quel che dicea che si è sempre gesuiti per qualcuno.
[600] Qui sopra a PAG. 394. Io autore ebbi altre volte a pubblicare come
non appartenessi mai a queste società, ma avessi occasione di
conoscerle; un giorno forse si vedrà in ciò la spiegazione di fatti, che
neppur la universale disattenzione odierna potè trascurare.
Maneggiandosi caldamente nel 1833 una sollevazione della Lombardia, e
quei cospiratori, meglio avvisati che non altri di poi, pensando
predisporre un organamento da surrogare a quel che distruggevasi, ne
vollero consigli dall'illustre giureconsulto Romagnosi. Egli, che già
aveva subito un processo e carcere nel 1821, temette di vedervisi
esposto in quella sua tarda età, e dichiarò non avrebbe trattato colla
società se non per mezzo del Cantù. Questi dunque dovette esser
informato di quel solo che importava all'ordinamento; poi quando i
cospiratori si volsero in fuga, lasciarono a lui la scarsissima cassa:
gli imprigionati non tacquero, e ne venne al Cantù processo e prigionia.
[601] _Iniziativa rivoluzionaria de' popoli._
[602] _Proclama agli Italiani_, 1853.
[603] _Prose politiche_, pag, 221.
[604] _Prefazione a uno scritto di Didier._
[605] _Prose politiche_, pag. 32.
[606] _Prose politiche_, pag. 39.
[607] _Italia del popolo_, 1849.
[608] _Manifesto del comitato nazionale._ Londra 1851.
[609] _Prose politiche_, pag. 43.
[610] Che i Framassoni a Roma nelle loro adunanze celebrassero una messa
s'un altare illuminato da sei candele nere, e dove ciascun membro dovea
portare una particola consacrata, e quivi depostele in una pisside,
erano colpite dai pugnali de' fratelli, potè credersi una delle baje
consuete contro chi vuolsi infamare: ma pur testè fu asserito che
altrettanto pratichino alcune loggie di Parigi, di Lione, di Aix,
d'Avignone, di Châlons, di Marsiglia. Vedi monsignor di SEGUR, _I
Framassoni, cosa sono, e cosa fanno, cosa vogliono essere_. Parigi 1867.
[611] Un giornale che deve intendersene, _le Temps_, nell'agosto 1866
scriveva: _Quelqu'un qui voit de haut, me disait: En Italie, le vieux
lévier maçonnique mène plus de choses qu'ailleurs. Il a fait et imposè
des ministres; il en fera et en imposera d'autres_. E Massimo d'Azeglio
scriveva al signor Rendu: «In Italia tutte le posizioni sono prese sotto
l'influenza delle sètte».
[612] Proudhon, che è il rivoluzionario più ardito dell'età nostra, il
più accannito demolitore della Chiesa cattolica, la crede tutt'altro che
vicina a perire. «Le minacce di scisma e di protestantismo, che di tempo
in tempo si fanno contro il papato, sono sogni stravaganti che
dimostrano solo il disordine degli spiriti. Lo scisma, ove pure si
volesse attuare sul serio, vale a dire ove avesse per reale movente il
sentimento religioso, l'idea cristiana, sarebbe il trionfo del papato,
mostrando com'è salda ancora la pietra, su cui è stata edificata la
Chiesa. Il protestantismo poi è morto; e oggi sol Tedeschi paraboloni
osano ancora dirsi cristiani mentre negano l'autorità della Chiesa e la
divinità di Gesù Cristo. Si va strombazzando che coloro i quali
riveriscono il papa nello spirituale, voglionsi considerare quali
ipocriti; che l'idea che rappresenta il papa è cosa vecchia, e da
sacrificare col resto. A maraviglia; ma è giocoforza che a sì fatta idea
ne venga surrogata un'altra; e per tale scopo si richiede altro che la
_professione di fede del Vicario Savojardo_. Quale compenso hanno dato i
trentatrè anni di guerra contro i Gesuiti? Quale vantaggio si può
attendere oggi dagli attacchi avventati ed insignificanti della stampa
libera contro il papato? Nessuno; il cattolicismo, per confessione degli
avversarj stessi del papato, starà sempre come l'unico rifugio della
morale, il faro unico delle coscienze. Per l'immensa maggioranza de'
fedeli la religione è ancora il propugnacolo delle coscienze, il
fondamento della morale... Quando io affermo, che qualora il deismo e il
dottrinarismo, arrivassero a scuotere la santa sede, non farebbero altro
che dare maggior vigore alla Chiesa o al cattolicismo, non ragiono come
partigiano del papato, sì bene come _libero pensatore_. In queste
materie innanzi tratto voglionsi considerare i fatti. Ora i fatti
dimostrano che la religione ha profonde e vaste radici nell'anime de'
popoli: che dove, sotto un'influenza qualunque, essa viene a
rallentarsi, sottentrano le superstizioni e le sètte mistiche d'ogni
forma; che la trasformazione di questo stato religioso delle anime in
uno stato puramente giuridico, morale, estetico e filosofico, che dia
piena soddisfazione alle coscienze e alle aspirazioni dell'ideale, non è
compiuta in nessun luogo; che in tal guisa i popoli sono costretti di
vivere in presenza di religioni autorizzate come in mezzo a sètte
indipendenti antagoniste; che in questo stato di cose, ogni attacco alle
religioni e specialmente alla cattolica, avrebbe il carattere di
persecuzione: che in fine, sebbene si giugnesse a spodestare il papato,
non si potrà mai distruggerlo; anzi, più si moltiplicheranno gli
attacchi, più trionferà. Tali fatti sono spiacenti al razionalismo,
anche irritanti, ma pure sono incontrastabili, ned è possibile
attenuarli. No, una religione, una Chiesa, un sacerdozio non si può
distruggere con persecuzioni e con diatribe. Nel 1793 noi ci provammo ad
abolire il cattolicismo colla persecuzione e colla ghigliottina. Il
turbine rivoluzionario, che volea purgare il clero, non riuscì che a
dare alla Chiesa maggior forza, nè mai si vide tanto fiorente quanto
sotto il consolato. Trent'anni prima, Voltaire aveva intrapreso di
renderla _infame_: ma Voltaire istesso e la sua scuola furon dichiarati
_libertini_. Atteso il costoro libertinaggio, la Chiesa afferrò lo
stendardo della morale, e da quell'ora niuno potè ritorglierlo. Nel 1848
tutti le rendevano omaggio e le stendevano la mano». _L'unité et la
fédération en Italie._
[613] _Auteur, œuvre et action en même temps, le G. A. D. U. englobe
tout: rien n'a été, rien n'est, rien ne peut étre déhors de lui... Ce
tout qui nous renferme, et que nous appellons la nature, l'univers,
c'est l'infini: l'être infini complexe et un, que l'ordre maçonnique,
adaptant son langage à la fiction simbolique, vénère sous le nom de G.
A. D. U._ — FRAPOLLI, _La framaçonnerie reformée_, Turin 1864. Oltre i
già citati a pag. 418, vedasi _Storia e dottrina della framassoneria
scritte da un framassone che non lo è più_, Vienna 1862, 3ª edizione
italiana. Reghellini di Schio, oltre un _Esame del mosaismo e del
cristianesimo_, ha la _Maçonnerie considerée comme resultat des
religions egyptienne, juive et chrétienne_; e _L'esprit du dogme de la
Franche maçonnerie, recherches sur son origine et celle de ses
differents rites, compris celui du carbonarisme_, 1836 e 39. GYR, _La
maçonnerie en elle même_. Liegi 1859. Il sacerdote Luigi Parascandalo
pubblica ora a Napoli _La framassoneria figlia ed erede dell'antico
manicheismo_. Ciò darebbe nuova ragione a noi di ragionarne fra le
eresie.
In alcune storie moderne della framassoneria trovo data molta importanza
a Lelio Soccino, come se nel 1546 a Vicenza avesse formato una
cospirazione contro il cattolicismo coll'Ochino. La società fu dispersa
per le persecuzioni, e si venne al nucleo degli Illuminati. L'Ochino vi
giovò assai, talchè l'illuminismo sarebbe nato in Italia.
[614] DE CASTRO, _Il mondo secreto_. Son tutte frasi della breve
prefazione (pag. 31, 33, 42, 24), ov'egli abilmente condensò le teoriche
di molti lavori in proposito. Cristo per lui non è che un programma
massonico, adottato dalla massoneria italiana, e dalla madre loggia
Dante Alighieri.
[615] _Annali dello Spiritismo in Italia_, pag. 471, e vedi GALEOTTI,
_La fede cattolica e lo spiritismo: L'odierno spiritismo smascherato_.
[616] Vedi il giornale _La Salute_, 30 luglio 1867.
[617] _Annali 1864_, pag. 308.
[618] Spesso le gazzette annunziano le acclamazioni fattegli come a vero
Messia, a Cristo, a Dio. Si stampò una _Dottrina Garibaldina, catechismo
da farsi ai giovinetti dai 15 ai 25 anni_, che parodia il nostro.
«Fatevi il segno della croce. — In nome del padre della patria, del
figlio del popolo, dello spirito di libertà, così sia.
«Chi vi ha creato soldato? — Garibaldi.
«A qual fine? — Per onorar l'Italia, amarla e servirla.
«Come compensa Garibaldi quei che amano e servono l'Italia? — Colla
vittoria».
Fin qui non è che scherzo: dopo comincia l'empietà sulle tre persone che
sono in Garibaldi, sulla seconda che si fece uomo per salvar l'Italia
ecc. Poi vengono i comandamenti: Non ammazzare se non quei che s'armano
contro l'Italia: Non fornicare che a detrimento dei nemici d'Italia: Non
rubare che l'obolo di san Pietro ecc.».
[619] Più volte un giornale de' più devoti alla nostra rivoluzione,
quello dei _Débats_, dovè dire: _Que penser d'une ville, où un journal
ose imprimer de pareilles lignes?_
[620] Tra le persecuzioni fanciullesche è questa. Accorreasi, nel giugno
1867, da ogni parte del mondo a Roma, a celebrare il XVIII centenario
del martirio di san Pietro. Tutta Italia era invasa dal cholera: Roma
quasi immune. Un deputato denunziò in parlamento la sanità pubblica
esser minacciata da questo concorso a Roma: e si stabilì che quei che ne
tornavano venissero sottoposti a suffumigi e disinfettazioni. Si faceano
quasi solo a preti: e un sindaco del Veneto tenne in quarantena il
vescovo reduce. Aggiungete l'asserir continuamente che il papa è
moribondo: che arresta e condanna ecc. Ire che si manifestano con tali
mezzi, come qualificarle?
[621] Il ministro del culto nel 1861 disse che «il tempio del Signore fu
convertito in conventicola di macchinamenti contro l'ordine pubblico».
Scoppiata la rivoluzione di Palermo del 1866, fu imputato di essa
l'arcivescovo, pio ottagenario, e non si pubblicò nella gazzetta
ufficiale la sua nobilissima protesta. Di quel fatto si preso occasione
per disperdere tutte le corporazioni religiose di Sicilia, e proibire
che si porti l'abito monastico. Così avendo l'incendio distrutto
preziosi capi d'arte in San Giovanni e Paolo a Venezia, dell'accidente
s'accusarono i Protestanti, che hanno una cappella attigua; mentre
d'altra parte se ne imputava la negligenza de' Cattolici, e si propose
di levar tutti i quadri dalle chiese per unirli in una galleria.
[622] È un fatto abbastanza notevole che, nel 1867, bucinandosi che la
famosa casa Rothschild faceva un grosso prestito al regno d'Italia,
ipotecandolo sui beni ecclesiastici che allora appunto si confiscavano,
l'altro ebreo e rinomatissimo banchiere Mirés scrisse una lettera
pubblica per dissuaderne il barone, capo di quella casa. Oltre accennare
ai modi generosi con cui i papi hanno sempre trattato gli Ebrei,