Gli eretici d'Italia, vol. III - 43
mille, e i sassi sepellire cavalleria e cannoni. Ma la disciplina del
nemico e più la fame peggioravano la situazione de' Barbetti, che,
quando fossero côlti, come rei di lesa maestà venivano uccisi, o mandati
alle carceri, alle galere. Ridotti a piccol numero, ricoverarono sul
suolo elvetico: ma di là ribramavano la patria; e alcuni per forza
vollero ricuperarla, e una colonna di novecento, sollecitata e condotta
dal vecchio Gianavello, imbarcatisi sul lago di Ginevra, per la Moriana
valicarono il Moncenisio, e sceser dalla val della Dora in Pragelato, e
dalla Balsilla respinsero dodicimila Francesi e diecimila Piemontesi; ma
il Catinat molti ne colse ed appiccò.
Fra tali eventi, il duca di Savoja trovò che gli tornava conto guastarsi
colla Francia ed unirsi all'Austria. Allora, per ingrazianir
l'Inghilterra, amica di questa, ripristinò ne' loro diritti i Valdesi,
rilasciò quei che tenea prigionieri a Torino, e giunse fin a permettere
tornassero al culto paterno quei che l'aveano abbandonato per paura o
fini umani. L'Inquisizione romana cassò queste disposizioni come enormi,
empie, detestabili, e il duca proibì si pubblicasse il decreto di essa,
e chiese ne' suoi Stati l'abolizione del Sant'Uffizio; e papa Innocenzo
riconobbe che si era ecceduto.
I Valdesi ricambiarono la tolleranza del duca col fortemente ajutarlo
nella guerra alla Francia, servendo d'antiguardo al principe Eugenio di
Savoja; e unitisi in reggimenti colla divisa _La pazienza stancata
divien furore_, gravemente danneggiarono il Delfinato e le truppe di
Luigi XIV. Poco andava, e Vittorio Amedeo trovava utile di ricomporsi in
pace col gran re, ricuperando Pinerolo e la val di Perosa, da
sessantasei anni obbedienti alla Francia. Per patto con questa si
obbligò ad espellerne i Valdesi; i quali in numero di duemila
cinquecento uscirono allora dal Piemonte per ricoverarsi in Isvizzera,
nella Prussia, nell'Assia, nella contea d'Isemberg, nel Baden-Durlach:
da Eberardo Ludovico duca di Würtenberg, con diploma del 1699 ottennero
terre fra Maulbronn e Knittlingen, dove eressero casali che, rinnovando
i nomi alpini, chiamarono Villar, Pinasca, Luserna, Mentoulles.
I rimasti abitarono poi sempre con più o men pace in quegli antichi
ricoveri della libertà e delle credenze loro, silenziosi obbedendo, ed
anche amando il loro principe e oppressore. Non mancarono mai zelanti
che procurarono convertirli, e il beato Valfrè, di Verduno diocesi
d'Alba, molto adoperossi nel 1686 per istabilir fra loro parroci
cattolici. Questo pio frate oratoriano rincresceasi grandemente che
Vittorio Amedeo II fosse venuto a cozzo colla santa sede; e allorchè il
re andò a visitarlo moribondo, gli raccomandò di risparmiare i mali
della guerra ai sudditi, e di tenersi sempre unito col vicario di Gesù
Cristo, se vuole che Dio feliciti lui e la reale famiglia e il suo
Stato. Nel 1637 la duchessa Maria Giovanna Battista, reggente, fondò in
Torino un ricovero pei catecumeni, affidandone la direzione ai cavalieri
dei ss. Maurizio e Lazaro, e doveano avervi vitto e vestito, come
usavasi nell'Albergo di Virtù; i giovani fosser istruiti nella fede e in
qualche arte: i vecchi vi trovassero riposo; una dote le nubende. Così
continuò fino al 1740, ma le guerre e i dissidj aveano mandato a male
l'istituzione e cumulato debiti, sicchè bisognò riformarlo. Carlo
Emanuele III nel 1754 ergeva in Pinerolo un magnifico ospizio pei
catecumeni: ma questo nel 1800 fu dato ai Protestanti dalla _Commissione
esecutiva_ che governava il Piemonte dopo l'occupazione de' Francesi. I
quali gli accarezzavano, e Napoleone imperatore riconobbe l'organamento
che si erano dato in chiese concistoriali a Torre, Prarostino e Villa
Secca, considerando i loro tempj come edifizj pubblici a carico dello
Stato: e ai ministri assegnando mille franchi in terre e ducento di
supplemento. Più tardi quell'ospizio fu riaperto dallo zelante vescovo
Charvaz[405], che fu il primo cattolico che, dopo Bossuet, scrivesse sui
Valdesi.
Restituito nel 1814 il Piemonte agli antichi regnanti, nel farnetico di
rintegrar il passato si richiamarono gli antichi decreti, e si diede
qualche inquietudine ai Valdesi: ma i governi di Prussia e d'Inghilterra
s'interposero a loro favore, e vi ottennero il permesso d'esercitar
molte professioni civili, di conservar i beni che avessero comprato fuor
de' limiti prescritti, e si provide al sostentamento de' loro pastori.
Il parlar che se ne fece mosse molti, massime inglesi, a visitarli e
soccorrerli, e scriverne la storia e le difese[406], e nel 1825, massime
per opera del Gilly, s'istituì a Londra un comitato per proteggerne
gl'interessi. Contavano essi allora quindici chiese, ciascuna con un
ministro che dev'essere suddito sardo, stipendiato dagli abitanti, ai
quali per tal uopo accordasi una diminuzione sull'imposta. Dirige queste
chiese un sinodo, in cui ogni cinque anni si raccolgono tutti i pastori
e deputati laici. La Tavola, magistratura di tre ecclesiastici e due
laici, governa negl'intervalli fra un sinodo e l'altro, è rieletta ad
ogni sinodo, risolve le controversie, ripartisce le limosine. Ogni
chiesa ha un concistoro proprio, composto del pastore, degli anziani,
dell'economo, del procuratore, che cura l'amministrazione spirituale e
temporale, i buoni costumi, i poveri, le scuole, nelle quali, come nel
culto, s'adottò la lingua italiana. A tempi determinati il ministro va a
cercare le popolazioni isolate fra le Alpi, per recarvi il ristoro della
religione. Allora da tutte le praterie, da tutti i vertici accorrono i
mandriani sui passi di esso; e l'eco delle vallate ripete le lodi del
Signore e i salmi della fede e della consolazione. Il ministro dispensa
consigli, conforti, rimproveri, compone dissidj, concilia matrimonj,
sradica scandali; poi a tutti insieme infrange dalla cattedra il pane
della parola, e raccomanda loro di vigilare, pregare, star in fede.
Nel 1603 aveano pubblicata la loro professione di fede, consentanea alle
Chiese riformate; la ripeterono nel manifesto del 1655, e conserva forza
legale. Metodisti vi furono da Ginevra introdotti dopo il 1821, e benchè
combattuti, fecero proseliti; osservano rigorosi la domenica,
astenendosi da feste o danze, e tengono adunate vespertine, obbedendo
solo alla ispirazione dello Spirito Santo.
In Torre, capo del mandamento, nel 1844 fu consacrata la Chiesa e
inaugurato il convito per circa novecento cattolici che v'abitano; pei
duemilatrecento Valdesi serve il tempio, aperto solennemente nel 1852,
con architettura semigotica e l'iscrizione: _La vera vita consiste nel
creder in Dio e in Gesù Cristo suo figliuolo_. È vicina la casa del
pastore e de' ministri, che attendono al culto e all'istruzione; e in
essa si tengono adunanze e si custodiscono gli atti della loro scuola,
alla quale, composta di laici e ministri, spetta l'amministrazione
suprema degli interessi de' religionarj. Nel 1825 la propaganda inglese
contribuiva venti mila sterline per fondare il collegio, assegnava dieci
borse, da cento franchi l'una, a favore degli allievi, oltre mantenere
tre giovani in Inghilterra che potessero poi venire a farvi da maestri;
altri sussidj per scuole femminili. Instancabile ad ottenere soccorsi,
il Gilly da un solo anonimo ebbe cinque mila sterline: e con simili
collette un ospedale vi fu fondato nel 1827. Una biblioteca di opere
altrove assai rare fu promossa principalmente dal colonello Beckwith,
che spese da ducenmila franchi per difondere l'istruzione fra i Valdesi,
e quando nel 1842 i maestri delle valli si raccolsero a festa in cima
d'un monte, nello scendere portava ciascuno un ramoscello di rododendri,
e giunti a Torre ne staccarono ciascuno un fiore, e lo presentarono al
Beckwith.
Poteano i Valdesi possedere ed anche fare da notaj, architetti,
chirurghi, procuratori, speziali, amministratori del Comune; ma solo
entro i loro confini. Tali restrizioni cessarono al 17 febbrajo 1848,
quando, ridotto costituzionale il regno sardo, furono pareggiati a tutti
gli altri cittadini. Nel luglio 1849 i Protestanti di Torino chiesero di
congiungersi con la chiesa Valdese, laonde quella congregazione fu
proclamata parrocchia Valdese: nel 1853 si aperse in questa città un
tempio nuovo; e favoriti da circostanze e da rancori politici, anche
altrove erigono chiese, stampano giornali[407], fanno proseliti ed
ispirano paure e speranze. Dopo il 1856 cominciarono alcuni a migrare in
America, e nella Repubblica Orientale dell'Uraguai fondarono una
colonia, detta del Rosario, che finora prospera per laboriosità e
morale.
NOTE
[369] _Ein grosser Liebhaber der wahren Religion und Gottseligkeit_.
LUTERI epp. 401.
[370] In un itinerario manuscritto d'un anonimo milanese, citato
dall'Argelati, p. 1721, e che è del 1515 leggesi: «Da Milano a
Boffalora, a Novara, a Vercelle, Santo Germano, Ciliano. Chivasso è
terra murata e grande come Abiategrasso. Turino è città grande come
Pavia, ed è metropoli del Pe di Monti, et ci è il senato del duca di
Savoja, et ci è uno studio ma poco bono, et ha uno castellucio non
troppo forte».
[371] _Hist. des variations_, lib. XI.
[372] _Cum omnes aliæ sectæ immanitate blasphemiarum in Deum audientibus
horrorem inducant, hæc magnam habet speciem pietatis, eo quod coram
hominibus juste vivant, et bene omnia de Deo credant, et omnes articulos
qui in symbolo continentur observent; solummodo romanam ecclesiam
blasphemant et clerum_. Claudio di Seysel arcivescovo di Torino,
dichiarò irreprovevole la loro vita: locchè a Bossuet pare una nuova
seduzione del demonio.
[373] Vedi la nota 21 del nostro Discorso XXXVIII.
[374] MANSI, _Concil. Collectio_, T. XXII, p. 492.
[375] _Præsertim tibi auctoritate mandantes quatenus hæreticos valdenses
et omnes, qui in taurinensi diœcesi zizaniam seminant falsitatis, et
fidem catholicam alicujus erroris seu pravitatis doctrina impugnant, a
toto taurinensi episcopatu imperiali auctoritate expellas: licentiam
enim, auctoritatem omnimodam et plenam tibi conferimus potestatem, ut,
per tuæ studium sollicitudinis, taurinensis episcopatus area ventiletur,
et omnis gravitas quæ fidei catholicæ contradicit, pœnitus expurgetur.
Gioffredo, Storia delle Alpi Marittime_ al 1209.
[376] _Chron. Corradi Uspergensis_ al 1212.
[377] RORENGO, _Memorie storiche della introduzione delle eresie nelle
valli di Lucerna, marchesato di Saluzzo_, ecc. Torino 1649.
[378] La vita del Cambiano fu scritta dal teologo Carlo Marco Arnaud di
Lagnasco. Il Cambiano col Pavoni fu beatificato nel 1856.
[379] Lettera data da Ginevra il 17 dicembre 1403: e prosegue esponendo
alcune superstizioni di questa città, dove festeggiavasi sant'Oriente; e
di Losanna ove i campagnuoli veneravano (dic'egli) il Sole, ogni mattina
dirigendogli voti e preghiere.
[380] Il processo esiste nell'archivio arcivescovile di Torino,
Protocollo 19, fol. XLVI.
[381] SEMERIA, _Storia della chiesa di Torino_, lib. I, pag. 678.
[382] _Monum. Hisioriæ patriæ: Scriptores_, vol. IV, pag. 1445 e seg.
[383] CLAUDII SEISSELLI, _archiep. taurinensis, adversus errores et
sectam Valdensium disputationes_. Parigi 1520, pag. 55, 56.
[384] PIERRE GILLES, _Hist. eccles. des églises vaudoises_.
[385] Lib. I, pag. 23 al 1536, pag. 35, 36 al 1544 ecc.
[386] Ciò sostiene anche il protestante J. J. Herzog (_De origine et
pristino statu Waldensium secundum antiquissima eorum scripta cum libris
catholicorum ejusdem ævi collata_, Alla 1849), il quale analizzò tutti i
manuscritti valdesi delle biblioteche di Ginevra, Lione, Parigi,
Cambridge, Dublino. Egli stesso pubblicò a Alla, nel 1853, _Die
romanischen Waldenser, ihre vorrefermatorichen Zustände und Lehren, ihre
Reformation im sechszehenten Jahrhundert, und die Rückwirkungen
derselben, nach ihren eignen Schriften dargestellt_. Tuttochè
protestante, vuol provare che le credenze dei Valdesi modificaronsi
assai, via via allontanandosi dalla Chiesa cattolica, e accogliendo le
opinioni degli Ussiti.
Anche A. W. Dieckhoff (_Die Waldenser in Mittelalter, zwei historische
Untersuchungen_. Gottinga 1851) tende a provare che i varj scritti, i
quali si sogliono riferire ai cominciamenti dei Valdesi, sono mera
imitazione degli Ussiti. Questi scritti sarebbero: _L'Anticristo, Aiço
es la causa del nostro despartiment de la Glesia romana_, colla data del
1120; e la _Nobla Leizon_, del 1100. Ad ogni modo sarebbero troppo
posteriori all'età apostolica, cui taluno farebbe risalire quelle
credenze: ma la buona critica non riconosce tanta antichità alla prima
d'esse opere, dove è citato Agostino Trionfo, che morì nel 1328, e forse
non è che traduzione di un lavoro de' Fratelli Boemi, portante il titolo
stesso. La _Nobla Leizon_ non può collocarsi che alla fine del XII
secolo.
Vedi CHARVAZ, _Ricerche storiche sulla origine dei Valdesi, e carattere
delle primitive loro dottrine_. Parigi 1836.
È strano che frà Paolo Sarpi, al principio della sua Storia del Concilio
di Trento, dopo detto che tutto il mondo era all'obbedienza della Chiesa
romana, soggiunge: «Solo in una piccola parte, cioè in quel tratto di
monti che congiungono le Alpi con li Pirenei, vi erano alcune reliquie
degli antichi Valdesi, ovvero Albigesi. Nelle quali però era tanta
semplicità e ignoranza delle buone lettere, che non erano atti a
comunicar la loro dottrina ad altre persone, oltrechè erano posti in
così sinistro concetto di empietà e oscenità appresso i vicini, che non
vi era pericolo che la contagione potesse passare in altri».
[387] _Ann. evangelii rennovati_. Decad. 2, an. 1530. Vedi anche RUCHAT,
_Histoire de la reformation en Suisse_, vol. VII.
[388] BEZA, _Hist. des églises reformées_, tom. I, p. 36. PERRIN,
_Histoire des Vaudois_, pag. 161.
[389] GILLES, _Hist. générale des Eglises vaudoises_, c. X.
[390] BOVERIO, _Annales M. Capuccinorum ad_ 1555.
[391] Giovanna de Jussie savojarda, monaca francescana in Santa Chiara
di Ginevra, visti i disordini della Riforma, ricoverossi ad Annecy, ed
ivi stampò nel 1535 _Le Levain du Calvinisme_, narrandone i sacrilegj e
i mali.
[392] È edito dallo Zaccaria, _Iter literarium per Italiam_, parte II,
op. XIII.
[393] Questi descrisse minutamente le circostanze di quella guerra in
lettere ai ministri di Ginevra, e sono date dal Léger, tom. II, pag.
687-96.
[394] Il Boldù, ambasciatore veneto, racconta che, essendo per partire
coll'esercito sotto Hesdin in Fiandra, Emanuel Filiberto uscì sulla
bruna con un solo servo, e chi lo vide credeva andasse da qualche amica
a congedarsi. Invece andò al monastero di San Paolo, vi vegliò tutta la
notte, la mattina si confessò e comunicò, e raccomandatosi a Dio, tornò
a' suoi doveri di generale.
[395] Al 13 giugno 1560 san Carlo scriveva a monsignor di Collegno,
ministro del duca di Savoja, che il papa avea «depositati ventimila
scudi in mano del signor Tommaso de' Marini a Milano, che hanno da
servire per defensione de li Cantoni cattolici contro gli altri Cantoni
eretici che volessero offendere li detti Cattolici: e da questi
ventimila scudi Sua altezza (_il duca_) ne caverà questa comodità, che,
stando li Cantoni luterani impediti nella guerra contro i cattolici, non
potranno andar in soccorso di Ginevra, quando S. A. anderà ad
assaltarla. Oltre di ciò, Sua santità offerisce che, quando il signor
duca anderà adosso a Ginevra, l'ajuterà d'altri ventimila scudi in
contanti in tre mesi. E di più manderà la sua cancelleria, pagata a sue
spese, quale abbi a servire S. A. mentre durerà questa impresa di
Ginevra. Sua santità per mantenimento di questa guerra, quando avesse a
durare più di quel che speriamo, si contenterà di concedere qualche
decime, ed ancora la crociata, se bisognerà. Sua santità fa ricordare a
S. A., che non è al proposito di dar nome a questa guerra che sia contra
Luterani, ma solamente contra suoi ribelli, per ricuperar quella città
ch'è sua. Pure in questo se ne rimette al buon giudizio di S. A.».
_Archivj del Regno_.
È alle stampe l'istruzione che la Corte di Roma dava al padre Corona il
28 luglio 1621, mandandolo alla Corte di Torino e di Francia,
specialmente per indurre ad un'impresa sopra Ginevra, città che, non
avendo territorio o dignità propria, nè merito guerresco o scientifico,
non ha ragione d'esistere indipendente; mentre è una sentina di mali per
l'Italia: e dovrebbe appartenere al duca di Savoja, _salvo jure
episcopatus_. Il duca aveva intenzione di occuparla, ma ne l'impedì la
guerra, che esaurì i suoi mezzi. Ora sarebbe propizio il momento, ma
bisognerebbe far capo dell'impresa il papa, acciocchè non si accusasse
l'ambizione del duca di Savoja. A questo però conviene rivolgersi prima,
e se nicchiasse, andare al re di Francia; indotto il quale, certo il
duca non esiterebbe. Al re bisogna mostrare quanto il papa desideri il
riacquisto di Sedan, della Rochelle, di Oranges ecc., e sopratutto di
Ginevra: non potersi dire ch'esso re osteggi di buona fede gli Ugonotti
se poi protegge Ginevra, ch'è la loro Roma: il tempo essere a proposito,
mentre Svizzeri e Grigioni sono occupati per la Valtellina: nè si può
temere dell'Inghilterra o dei Bernesi: Friburgo vedrebbe volentieri la
vicina Ginevra restituita ai Cattolici: tanto più l'arciduca Alberto per
l'Alsazia e il Tirolo: l'imperatore godrebbe degl'incrementi d'un
vicario dell'impero: i principi italiani non v'hanno interesse, e il re
di Spagna si sovverrà di quanto Filippo II fece per servire a tal uopo
il duca di Savoja. Anche i Bernesi vedrebbero Ginevra più volontieri
nelle mani di questo che non del re di Francia, il quale potrebbero essi
temere se ne valesse per metter la briglia alla Svizzera e alla Savoja.
[396] Il cardinale d'Este, da Parigi scrive al cardinale Borromeo a
Roma, aprile 1562: «Il signor duca di Savoja ha mandato qua a fare una
onorata ed amorevole offerta a questa maestà, presentandogli a questa
occorrenza diecimila fanti italiani e seicento cavalli, e la sua persona
medesima se sarà bisogno, con voler pagare la terza parte per sei mesi
alle sue spese: la quale offerta è stata molto cara a questi signori, e
gli n'hanno un grande obbligo». _Manuscritto nella Bibliot. di Parma_.
Beza (nel _Réveille-matin des Français_. Introduction, p. 12), oppone a
Carlo IX la tolleranza di Emanuele Filiberto. _Vous pourriez imiter
l'exemple de monseigneur de Savoie, tout aussi catholique que vous, et
qui entretient les pasteurs et ministres de notre réligion aux dépens
des trop gras révenus des trois baillages de Thonon, Gex et Ternier, où
il ne souffre nullement d'être dit une seule méchante petite messe
basse: étant au reste si bien obéi d'eux, qu'il n'a nuls de ses sujets
desquels il se puisse mieux assurer que de ceux-ci et de ceux de val
d'Angrogne, auxquels il donne presque une semblable liberté._
Pure nel 1568 l'avvocato generale della Savoja significò ai pastori
protestanti il divieto di combattere o riprendere ne' loro sermoni la
religione romana, attestando che l'eresia sarebbe bentosto estirpata
(CLAPARED et NOEFF, _Hist. du pays de Gex_). L'Ordine de' santi Maurizio
e Lazzaro fu istituito o riordinato per proteggere la religione
cattolica, e Gregorio XIII nel 1575 lo arricchiva de' beni ecclesiastici
de' baliaggi occupati dai Protestanti, soggiungendo che «quando gli
abitanti di que' paesi venissero alla luce del vero, i loro vescovi
stabilirebbero bastanti parrocchie, prendendo all'uopo sui beni ceduti
ai cavalieri di san Maurizio e Lazzaro una rendita di cinquanta ducati
per cura».
[397] Carteggio Mediceo nell'Archivio diplomatico di Firenze.
[398] HAMON, _Vie de saint-François de Sales_, 1854.
A san Francesco di Sales re Carlalberto fece erigere una statua nella
basilica vaticana, opera di Adamo Tadolini, che costò lire trentamila.
Carlalberto fece istanza presso Gregorio XVI acciocchè riconoscesse il
culto che da immemorabile si prestava al beato Umberto, al beato
Bonifacio arcivescovo di Cantorbery, alla beata Lodovica, tutti de'
conti di Savoja; aggiunti a questi la venerabile Clotilde moglie di re
Carlo Emanuele IV, e il beato Amedeo IX e la beata Margherita terziaria
domenicana. Se ne fece una relazione dalla sacra Congregazione de' riti,
tale che Gregorio XVI esclamò: «Ma questa è una casa di santi».
Nel 1631 fu pubblicata a Ciamberì un'_Apologia per la serenissima Casa
di Savoja contro le scandalose invettive intitolate_ Première et seconde
savoysienne. Toglie essa a negare che i duchi di Savoja abbiano usurpato
terre alla Francia o all'Impero, nè recato gravi offese alla Chiesa,
asserendo che «la santa sede e la Chiesa non hanno mai avuto figli più
obbedienti dei Reali di Savoja, che i sovrani pontefici in riconoscenza
del loro zelo, onorarono dei più grandi elogi».
Della costante devozione di Casa di Savoja, così movea lamento la _Revue
des Deux Mondes_ il novembre 1866: _Il n'est pas de race royale plus
constamment soumise. Sa devotion portée jusqu'aux minuties du cloître,
lui donne un physionomie à part, où les traits de l'ascète et du moine
se mêlent souvent à ceux du politique et du guerrier... Ils se font
volontiers moines, évéques, cardinaux et papes. Rome les canonise; elle
ne sait rien refuser à ces saints; et_ TANDIS QU'ELLE NE LAISSE AUCUN
POUVOIR ÉTRANGER PRENDRE PIED SUR LE SOL ITALIEN, _elle se montre
conciliante envers celui-ci, elle en vient avec lui aux accomodements et
aux concordats_.
[399] Una sua memoria al Mansfeld è stampata nell'_Archivium
unito-protestanticum_ del 1628, e illustrata da B. Erdmannsdörfer,
_Herzog C. Emmanuel von Savoyen und die deutsche Kaiserwal von_ 1619.
Lipsia 1862.
[400] Capefigue (_Hist. de la refor. et de la Ligue_, tom. VI, p. 310)
reca questa lettera, tolta dalla Biblioteca Imperiale.
[401] Vedi la nota 21 del Discorso XXXIX.
Del resto è noto che, quando Enrico III, reduce o profugo dalla Polonia,
passò dalla Savoja, gli si chiesero, _in ricompensa d'una colezione_, le
città di Pinerolo e di Savigliano, ed egli la consentì al duca: il quale
poco dopo, vedendo Enrico III impigliato nella guerra civile, invase il
marchesato di Saluzzo, protestando glielo renderebbe, ma intanto
deponendo tutti gli uffiziali di Francia, e facendo battere una medaglia
con un centauro che calpesta una corona, e il motto _opportune_, per
indicare che avea saputo cogliere il tempo. Altri luoghi della Provenza
occupò dopo ucciso Enrico III, talchè Enrico IV per frenarlo occupò la
Savoja, e fe battere una medaglia con un Ercole che prostrava il
centauro, e col motto _opportunius_. Questi fatti sono ricordati nella
_Première et seconde savoisienne_, libercoli pubblicati quando Enrico IV
obbligò il duca di Savoja a cedergli il marchesato di Saluzzo. Solo
Clemente VIII riuscì a calmare Enrico, che da tutti i politici, e
massime dal cardinale d'Ossat, era consigliato a ritenersi la Savoja e
tutto il Piemonte, per punire l'infido duca, e serbarsi aperto il passo
all'Italia: ed Enrico, più generoso che prudente, restituì ogni cosa a
Carlo Emanuele.
[402] MUSTON.
[403] Vedi BAYLE in _Chigi_., e qui sopra a pag. 314.
[404] Di quel tempo rechiamo le seguenti note, somministrateci da
monsignor Bernardi.
«Faccio fede, et attesto io sottoscritto Lorenzo Bernardi, podestà di
Bubbiana (Bibiana) hauer il giorno, e festa di san Lorenzo hor scorso,
che fu li dieci d'agosto dell'anno hora scorso, proceduto alla visita e
recognitione de' cadaueri vccisi dalli ribelli Religionarj, venuti la
mattina d'esso giorno nel presente luogo, et hauerne ritrouato il
seguente numero tutti del presente luogo. Et primo il nob. M. Matteo
Barbero, huomo di conditione, carico di otto figliuoli, d'età d'anni
cinquantacinque, Maria Bonauda d'età d'anni ottanta circa, donna pouera
et miserabile mendica, Andriano et Anna figliuoli del fu Marcellino
Sebraro d'età d'anni, cioè detto Andriano di quattordici, e detta Anna
di tredici, lauoratore di campagna, Cattarina et Maria figliuole di
Giovanni Domenico Porta, d'età d'anni, cioè detta Cattarina di sedici,
et detta Maria di venti, miserabili, e d'honorate qualità, Antonio Buffo
servo di Gerolamo Cocho, d'età d'anni quindici circa, miserabile,
Catterino e Giouannina giugali de' Borghi, d'età d'anni venti circa
caduno, lauoratori di campagna, Gabrielle Alloa, d'età d'anni quaranta
circa, carico di due figliuoli piccoli, lauoratore di campagna, Andrea
Chiaberto, d'età d'anni venticinque, lauoratore di campagna, Giouanna
Bertotta, d'età d'anni settanta circa, mendica, Giacomo Antonio
figliuolo di Bartolomeo Barone, d'età d'anni quattordici, lauoratore di
campagna, Madalena figliuola di Bernardo Richa e moglie di Giouanni
Pietro Sebraro, gravida a punto di partorire, d'età d'anni venti, di
campagna, Giouanni Francesco Smoriglio, chierico della Motta, qual
faceua sua douzena in questo luogo per la scuola, d'età d'anni quindici
circa, d'onorate qualità, Madalena e Lorenzo madre e figliuolo de'
Veroni, d'età d'anni, cioè detta Madalena di sessanta, e detto Lorenzo
di quindici circa, persone pouere e di trauaglio, che in tutto sono
cadaueri diecisette, come dal detto atto di visita, et informationi di
recognitione di quelli appare, de' quali mi offerisco farne fede ad ogni
richiesta. In fede del che ho fatto la presente, et mi sono manualmente
sottoscritto. Bubbiana, li otto genaro dell'anno mille seicento
sessantaquattro.
BERNARDI, podestà».
«Faccio fede io sottoscritto Lorenzo Bernardi nodaro, et podestà di
Bubbiana, siccome alla venuta che hanno fatto li ribelli religionarj
della valle di Luserna nel presente luogo, il giorno et festa di san
Lorenzo hor scorsa, che fu li dieci d'agosto, sono entrati nelle
seguenti chiese e case de' particolari, e quelle saccheggiate come
segue: E primo sendo entrati nel conuento e chiesa de' RR. padri
Missionarj del presente luogo hanno rotto la porta, esportato la
piscide, calice, messo a pezzi l'imagine della Madonna, e tutte le
paramente, cioè pianete, mantili et altre, come dalle informationi da
noi tolte a pieno risulta. Più nella chiesa de' Disciplinanti del
presente luogo, rotto le sedie, esportate le vesti di essi, et le
paramente del sacerdote, et altare, come anche il calice e diverse altre
cose come da dette informationi appare. Più hanno saccheggiato la casa
del signor Pietro Moreno, come dalle informationi transmesse
all'eccellentissimo signor marchese di Pianezza si vede. Più la casa del
signor capitano Tommaso Barbero, la casa di Andrea Bonino, la casa di
madonna Simonda Moresca vedoua, la casa di M. Andrea Buffa, la casa di
Bartolomeo Castella, la casa di Francesco Bonino, la casa di Giacomo
Antonio Orcello, la casa del signor luogotenente Giovanni Geraudo, la
casa di Matteo Borgo, la casa di M. Francesco Falco, la casa di
Marcellino Paolo, et la casa di M. Matteo Barbero, hauendo rotte le
porte, e condotti via caualli, bestiami bouini, aperto i coffani, et
esportate moltissime lingierie, denari et effetti, come parimente
resulta dalle suddette informationi, et a noi infrascritto podestà dopo
hauerli ributtati dalla mia porta, quali con colpi di massa metteuano a
basso, hanno rotto le porte d'una mia cassina poco discosta dal presente
luogo, e mi hanno preso vna caualla di prezzo di doppie sei, come ne
consta da informatione ricevuta dal detto signor Pietro Morello nodaro
et compodestà del presente luogo. In fede mi sono manualmente
sottoscritto. Dat. in Bubbiana, li 13 genaro 1664.
BERNARDI, podestà».
[405] Vedi BERNARDI, _Ospizio de' Catecumeni in Pinerolo_. Pinerolo
1864.
[406] Oltre i già citati, notiamo:
RORENGO, _Memorie historiche della introdutione delle heresie_.
_Autentic detail of the Valdenses in Piemont and other countries, with
abridged translations of_ L'histoire des Vaudois par Bresse, _and_ La
rentrée glorieuse d'Henri Armand; _with the ancient Valdesian catechism;
to which is subjoined original letters, written during a residence among
the Vaudois of Piemont and Wurtemberg in_ 1825. Londra.
GILLY, _Narrative of an excursion to the mountains of Piemont in the
year_ 1825, _and researches among the Vaudois or Waldenses protestants,
inhabitants of the Cottien alpes. With maps_. Ivi 1820.
nemico e più la fame peggioravano la situazione de' Barbetti, che,
quando fossero côlti, come rei di lesa maestà venivano uccisi, o mandati
alle carceri, alle galere. Ridotti a piccol numero, ricoverarono sul
suolo elvetico: ma di là ribramavano la patria; e alcuni per forza
vollero ricuperarla, e una colonna di novecento, sollecitata e condotta
dal vecchio Gianavello, imbarcatisi sul lago di Ginevra, per la Moriana
valicarono il Moncenisio, e sceser dalla val della Dora in Pragelato, e
dalla Balsilla respinsero dodicimila Francesi e diecimila Piemontesi; ma
il Catinat molti ne colse ed appiccò.
Fra tali eventi, il duca di Savoja trovò che gli tornava conto guastarsi
colla Francia ed unirsi all'Austria. Allora, per ingrazianir
l'Inghilterra, amica di questa, ripristinò ne' loro diritti i Valdesi,
rilasciò quei che tenea prigionieri a Torino, e giunse fin a permettere
tornassero al culto paterno quei che l'aveano abbandonato per paura o
fini umani. L'Inquisizione romana cassò queste disposizioni come enormi,
empie, detestabili, e il duca proibì si pubblicasse il decreto di essa,
e chiese ne' suoi Stati l'abolizione del Sant'Uffizio; e papa Innocenzo
riconobbe che si era ecceduto.
I Valdesi ricambiarono la tolleranza del duca col fortemente ajutarlo
nella guerra alla Francia, servendo d'antiguardo al principe Eugenio di
Savoja; e unitisi in reggimenti colla divisa _La pazienza stancata
divien furore_, gravemente danneggiarono il Delfinato e le truppe di
Luigi XIV. Poco andava, e Vittorio Amedeo trovava utile di ricomporsi in
pace col gran re, ricuperando Pinerolo e la val di Perosa, da
sessantasei anni obbedienti alla Francia. Per patto con questa si
obbligò ad espellerne i Valdesi; i quali in numero di duemila
cinquecento uscirono allora dal Piemonte per ricoverarsi in Isvizzera,
nella Prussia, nell'Assia, nella contea d'Isemberg, nel Baden-Durlach:
da Eberardo Ludovico duca di Würtenberg, con diploma del 1699 ottennero
terre fra Maulbronn e Knittlingen, dove eressero casali che, rinnovando
i nomi alpini, chiamarono Villar, Pinasca, Luserna, Mentoulles.
I rimasti abitarono poi sempre con più o men pace in quegli antichi
ricoveri della libertà e delle credenze loro, silenziosi obbedendo, ed
anche amando il loro principe e oppressore. Non mancarono mai zelanti
che procurarono convertirli, e il beato Valfrè, di Verduno diocesi
d'Alba, molto adoperossi nel 1686 per istabilir fra loro parroci
cattolici. Questo pio frate oratoriano rincresceasi grandemente che
Vittorio Amedeo II fosse venuto a cozzo colla santa sede; e allorchè il
re andò a visitarlo moribondo, gli raccomandò di risparmiare i mali
della guerra ai sudditi, e di tenersi sempre unito col vicario di Gesù
Cristo, se vuole che Dio feliciti lui e la reale famiglia e il suo
Stato. Nel 1637 la duchessa Maria Giovanna Battista, reggente, fondò in
Torino un ricovero pei catecumeni, affidandone la direzione ai cavalieri
dei ss. Maurizio e Lazaro, e doveano avervi vitto e vestito, come
usavasi nell'Albergo di Virtù; i giovani fosser istruiti nella fede e in
qualche arte: i vecchi vi trovassero riposo; una dote le nubende. Così
continuò fino al 1740, ma le guerre e i dissidj aveano mandato a male
l'istituzione e cumulato debiti, sicchè bisognò riformarlo. Carlo
Emanuele III nel 1754 ergeva in Pinerolo un magnifico ospizio pei
catecumeni: ma questo nel 1800 fu dato ai Protestanti dalla _Commissione
esecutiva_ che governava il Piemonte dopo l'occupazione de' Francesi. I
quali gli accarezzavano, e Napoleone imperatore riconobbe l'organamento
che si erano dato in chiese concistoriali a Torre, Prarostino e Villa
Secca, considerando i loro tempj come edifizj pubblici a carico dello
Stato: e ai ministri assegnando mille franchi in terre e ducento di
supplemento. Più tardi quell'ospizio fu riaperto dallo zelante vescovo
Charvaz[405], che fu il primo cattolico che, dopo Bossuet, scrivesse sui
Valdesi.
Restituito nel 1814 il Piemonte agli antichi regnanti, nel farnetico di
rintegrar il passato si richiamarono gli antichi decreti, e si diede
qualche inquietudine ai Valdesi: ma i governi di Prussia e d'Inghilterra
s'interposero a loro favore, e vi ottennero il permesso d'esercitar
molte professioni civili, di conservar i beni che avessero comprato fuor
de' limiti prescritti, e si provide al sostentamento de' loro pastori.
Il parlar che se ne fece mosse molti, massime inglesi, a visitarli e
soccorrerli, e scriverne la storia e le difese[406], e nel 1825, massime
per opera del Gilly, s'istituì a Londra un comitato per proteggerne
gl'interessi. Contavano essi allora quindici chiese, ciascuna con un
ministro che dev'essere suddito sardo, stipendiato dagli abitanti, ai
quali per tal uopo accordasi una diminuzione sull'imposta. Dirige queste
chiese un sinodo, in cui ogni cinque anni si raccolgono tutti i pastori
e deputati laici. La Tavola, magistratura di tre ecclesiastici e due
laici, governa negl'intervalli fra un sinodo e l'altro, è rieletta ad
ogni sinodo, risolve le controversie, ripartisce le limosine. Ogni
chiesa ha un concistoro proprio, composto del pastore, degli anziani,
dell'economo, del procuratore, che cura l'amministrazione spirituale e
temporale, i buoni costumi, i poveri, le scuole, nelle quali, come nel
culto, s'adottò la lingua italiana. A tempi determinati il ministro va a
cercare le popolazioni isolate fra le Alpi, per recarvi il ristoro della
religione. Allora da tutte le praterie, da tutti i vertici accorrono i
mandriani sui passi di esso; e l'eco delle vallate ripete le lodi del
Signore e i salmi della fede e della consolazione. Il ministro dispensa
consigli, conforti, rimproveri, compone dissidj, concilia matrimonj,
sradica scandali; poi a tutti insieme infrange dalla cattedra il pane
della parola, e raccomanda loro di vigilare, pregare, star in fede.
Nel 1603 aveano pubblicata la loro professione di fede, consentanea alle
Chiese riformate; la ripeterono nel manifesto del 1655, e conserva forza
legale. Metodisti vi furono da Ginevra introdotti dopo il 1821, e benchè
combattuti, fecero proseliti; osservano rigorosi la domenica,
astenendosi da feste o danze, e tengono adunate vespertine, obbedendo
solo alla ispirazione dello Spirito Santo.
In Torre, capo del mandamento, nel 1844 fu consacrata la Chiesa e
inaugurato il convito per circa novecento cattolici che v'abitano; pei
duemilatrecento Valdesi serve il tempio, aperto solennemente nel 1852,
con architettura semigotica e l'iscrizione: _La vera vita consiste nel
creder in Dio e in Gesù Cristo suo figliuolo_. È vicina la casa del
pastore e de' ministri, che attendono al culto e all'istruzione; e in
essa si tengono adunanze e si custodiscono gli atti della loro scuola,
alla quale, composta di laici e ministri, spetta l'amministrazione
suprema degli interessi de' religionarj. Nel 1825 la propaganda inglese
contribuiva venti mila sterline per fondare il collegio, assegnava dieci
borse, da cento franchi l'una, a favore degli allievi, oltre mantenere
tre giovani in Inghilterra che potessero poi venire a farvi da maestri;
altri sussidj per scuole femminili. Instancabile ad ottenere soccorsi,
il Gilly da un solo anonimo ebbe cinque mila sterline: e con simili
collette un ospedale vi fu fondato nel 1827. Una biblioteca di opere
altrove assai rare fu promossa principalmente dal colonello Beckwith,
che spese da ducenmila franchi per difondere l'istruzione fra i Valdesi,
e quando nel 1842 i maestri delle valli si raccolsero a festa in cima
d'un monte, nello scendere portava ciascuno un ramoscello di rododendri,
e giunti a Torre ne staccarono ciascuno un fiore, e lo presentarono al
Beckwith.
Poteano i Valdesi possedere ed anche fare da notaj, architetti,
chirurghi, procuratori, speziali, amministratori del Comune; ma solo
entro i loro confini. Tali restrizioni cessarono al 17 febbrajo 1848,
quando, ridotto costituzionale il regno sardo, furono pareggiati a tutti
gli altri cittadini. Nel luglio 1849 i Protestanti di Torino chiesero di
congiungersi con la chiesa Valdese, laonde quella congregazione fu
proclamata parrocchia Valdese: nel 1853 si aperse in questa città un
tempio nuovo; e favoriti da circostanze e da rancori politici, anche
altrove erigono chiese, stampano giornali[407], fanno proseliti ed
ispirano paure e speranze. Dopo il 1856 cominciarono alcuni a migrare in
America, e nella Repubblica Orientale dell'Uraguai fondarono una
colonia, detta del Rosario, che finora prospera per laboriosità e
morale.
NOTE
[369] _Ein grosser Liebhaber der wahren Religion und Gottseligkeit_.
LUTERI epp. 401.
[370] In un itinerario manuscritto d'un anonimo milanese, citato
dall'Argelati, p. 1721, e che è del 1515 leggesi: «Da Milano a
Boffalora, a Novara, a Vercelle, Santo Germano, Ciliano. Chivasso è
terra murata e grande come Abiategrasso. Turino è città grande come
Pavia, ed è metropoli del Pe di Monti, et ci è il senato del duca di
Savoja, et ci è uno studio ma poco bono, et ha uno castellucio non
troppo forte».
[371] _Hist. des variations_, lib. XI.
[372] _Cum omnes aliæ sectæ immanitate blasphemiarum in Deum audientibus
horrorem inducant, hæc magnam habet speciem pietatis, eo quod coram
hominibus juste vivant, et bene omnia de Deo credant, et omnes articulos
qui in symbolo continentur observent; solummodo romanam ecclesiam
blasphemant et clerum_. Claudio di Seysel arcivescovo di Torino,
dichiarò irreprovevole la loro vita: locchè a Bossuet pare una nuova
seduzione del demonio.
[373] Vedi la nota 21 del nostro Discorso XXXVIII.
[374] MANSI, _Concil. Collectio_, T. XXII, p. 492.
[375] _Præsertim tibi auctoritate mandantes quatenus hæreticos valdenses
et omnes, qui in taurinensi diœcesi zizaniam seminant falsitatis, et
fidem catholicam alicujus erroris seu pravitatis doctrina impugnant, a
toto taurinensi episcopatu imperiali auctoritate expellas: licentiam
enim, auctoritatem omnimodam et plenam tibi conferimus potestatem, ut,
per tuæ studium sollicitudinis, taurinensis episcopatus area ventiletur,
et omnis gravitas quæ fidei catholicæ contradicit, pœnitus expurgetur.
Gioffredo, Storia delle Alpi Marittime_ al 1209.
[376] _Chron. Corradi Uspergensis_ al 1212.
[377] RORENGO, _Memorie storiche della introduzione delle eresie nelle
valli di Lucerna, marchesato di Saluzzo_, ecc. Torino 1649.
[378] La vita del Cambiano fu scritta dal teologo Carlo Marco Arnaud di
Lagnasco. Il Cambiano col Pavoni fu beatificato nel 1856.
[379] Lettera data da Ginevra il 17 dicembre 1403: e prosegue esponendo
alcune superstizioni di questa città, dove festeggiavasi sant'Oriente; e
di Losanna ove i campagnuoli veneravano (dic'egli) il Sole, ogni mattina
dirigendogli voti e preghiere.
[380] Il processo esiste nell'archivio arcivescovile di Torino,
Protocollo 19, fol. XLVI.
[381] SEMERIA, _Storia della chiesa di Torino_, lib. I, pag. 678.
[382] _Monum. Hisioriæ patriæ: Scriptores_, vol. IV, pag. 1445 e seg.
[383] CLAUDII SEISSELLI, _archiep. taurinensis, adversus errores et
sectam Valdensium disputationes_. Parigi 1520, pag. 55, 56.
[384] PIERRE GILLES, _Hist. eccles. des églises vaudoises_.
[385] Lib. I, pag. 23 al 1536, pag. 35, 36 al 1544 ecc.
[386] Ciò sostiene anche il protestante J. J. Herzog (_De origine et
pristino statu Waldensium secundum antiquissima eorum scripta cum libris
catholicorum ejusdem ævi collata_, Alla 1849), il quale analizzò tutti i
manuscritti valdesi delle biblioteche di Ginevra, Lione, Parigi,
Cambridge, Dublino. Egli stesso pubblicò a Alla, nel 1853, _Die
romanischen Waldenser, ihre vorrefermatorichen Zustände und Lehren, ihre
Reformation im sechszehenten Jahrhundert, und die Rückwirkungen
derselben, nach ihren eignen Schriften dargestellt_. Tuttochè
protestante, vuol provare che le credenze dei Valdesi modificaronsi
assai, via via allontanandosi dalla Chiesa cattolica, e accogliendo le
opinioni degli Ussiti.
Anche A. W. Dieckhoff (_Die Waldenser in Mittelalter, zwei historische
Untersuchungen_. Gottinga 1851) tende a provare che i varj scritti, i
quali si sogliono riferire ai cominciamenti dei Valdesi, sono mera
imitazione degli Ussiti. Questi scritti sarebbero: _L'Anticristo, Aiço
es la causa del nostro despartiment de la Glesia romana_, colla data del
1120; e la _Nobla Leizon_, del 1100. Ad ogni modo sarebbero troppo
posteriori all'età apostolica, cui taluno farebbe risalire quelle
credenze: ma la buona critica non riconosce tanta antichità alla prima
d'esse opere, dove è citato Agostino Trionfo, che morì nel 1328, e forse
non è che traduzione di un lavoro de' Fratelli Boemi, portante il titolo
stesso. La _Nobla Leizon_ non può collocarsi che alla fine del XII
secolo.
Vedi CHARVAZ, _Ricerche storiche sulla origine dei Valdesi, e carattere
delle primitive loro dottrine_. Parigi 1836.
È strano che frà Paolo Sarpi, al principio della sua Storia del Concilio
di Trento, dopo detto che tutto il mondo era all'obbedienza della Chiesa
romana, soggiunge: «Solo in una piccola parte, cioè in quel tratto di
monti che congiungono le Alpi con li Pirenei, vi erano alcune reliquie
degli antichi Valdesi, ovvero Albigesi. Nelle quali però era tanta
semplicità e ignoranza delle buone lettere, che non erano atti a
comunicar la loro dottrina ad altre persone, oltrechè erano posti in
così sinistro concetto di empietà e oscenità appresso i vicini, che non
vi era pericolo che la contagione potesse passare in altri».
[387] _Ann. evangelii rennovati_. Decad. 2, an. 1530. Vedi anche RUCHAT,
_Histoire de la reformation en Suisse_, vol. VII.
[388] BEZA, _Hist. des églises reformées_, tom. I, p. 36. PERRIN,
_Histoire des Vaudois_, pag. 161.
[389] GILLES, _Hist. générale des Eglises vaudoises_, c. X.
[390] BOVERIO, _Annales M. Capuccinorum ad_ 1555.
[391] Giovanna de Jussie savojarda, monaca francescana in Santa Chiara
di Ginevra, visti i disordini della Riforma, ricoverossi ad Annecy, ed
ivi stampò nel 1535 _Le Levain du Calvinisme_, narrandone i sacrilegj e
i mali.
[392] È edito dallo Zaccaria, _Iter literarium per Italiam_, parte II,
op. XIII.
[393] Questi descrisse minutamente le circostanze di quella guerra in
lettere ai ministri di Ginevra, e sono date dal Léger, tom. II, pag.
687-96.
[394] Il Boldù, ambasciatore veneto, racconta che, essendo per partire
coll'esercito sotto Hesdin in Fiandra, Emanuel Filiberto uscì sulla
bruna con un solo servo, e chi lo vide credeva andasse da qualche amica
a congedarsi. Invece andò al monastero di San Paolo, vi vegliò tutta la
notte, la mattina si confessò e comunicò, e raccomandatosi a Dio, tornò
a' suoi doveri di generale.
[395] Al 13 giugno 1560 san Carlo scriveva a monsignor di Collegno,
ministro del duca di Savoja, che il papa avea «depositati ventimila
scudi in mano del signor Tommaso de' Marini a Milano, che hanno da
servire per defensione de li Cantoni cattolici contro gli altri Cantoni
eretici che volessero offendere li detti Cattolici: e da questi
ventimila scudi Sua altezza (_il duca_) ne caverà questa comodità, che,
stando li Cantoni luterani impediti nella guerra contro i cattolici, non
potranno andar in soccorso di Ginevra, quando S. A. anderà ad
assaltarla. Oltre di ciò, Sua santità offerisce che, quando il signor
duca anderà adosso a Ginevra, l'ajuterà d'altri ventimila scudi in
contanti in tre mesi. E di più manderà la sua cancelleria, pagata a sue
spese, quale abbi a servire S. A. mentre durerà questa impresa di
Ginevra. Sua santità per mantenimento di questa guerra, quando avesse a
durare più di quel che speriamo, si contenterà di concedere qualche
decime, ed ancora la crociata, se bisognerà. Sua santità fa ricordare a
S. A., che non è al proposito di dar nome a questa guerra che sia contra
Luterani, ma solamente contra suoi ribelli, per ricuperar quella città
ch'è sua. Pure in questo se ne rimette al buon giudizio di S. A.».
_Archivj del Regno_.
È alle stampe l'istruzione che la Corte di Roma dava al padre Corona il
28 luglio 1621, mandandolo alla Corte di Torino e di Francia,
specialmente per indurre ad un'impresa sopra Ginevra, città che, non
avendo territorio o dignità propria, nè merito guerresco o scientifico,
non ha ragione d'esistere indipendente; mentre è una sentina di mali per
l'Italia: e dovrebbe appartenere al duca di Savoja, _salvo jure
episcopatus_. Il duca aveva intenzione di occuparla, ma ne l'impedì la
guerra, che esaurì i suoi mezzi. Ora sarebbe propizio il momento, ma
bisognerebbe far capo dell'impresa il papa, acciocchè non si accusasse
l'ambizione del duca di Savoja. A questo però conviene rivolgersi prima,
e se nicchiasse, andare al re di Francia; indotto il quale, certo il
duca non esiterebbe. Al re bisogna mostrare quanto il papa desideri il
riacquisto di Sedan, della Rochelle, di Oranges ecc., e sopratutto di
Ginevra: non potersi dire ch'esso re osteggi di buona fede gli Ugonotti
se poi protegge Ginevra, ch'è la loro Roma: il tempo essere a proposito,
mentre Svizzeri e Grigioni sono occupati per la Valtellina: nè si può
temere dell'Inghilterra o dei Bernesi: Friburgo vedrebbe volentieri la
vicina Ginevra restituita ai Cattolici: tanto più l'arciduca Alberto per
l'Alsazia e il Tirolo: l'imperatore godrebbe degl'incrementi d'un
vicario dell'impero: i principi italiani non v'hanno interesse, e il re
di Spagna si sovverrà di quanto Filippo II fece per servire a tal uopo
il duca di Savoja. Anche i Bernesi vedrebbero Ginevra più volontieri
nelle mani di questo che non del re di Francia, il quale potrebbero essi
temere se ne valesse per metter la briglia alla Svizzera e alla Savoja.
[396] Il cardinale d'Este, da Parigi scrive al cardinale Borromeo a
Roma, aprile 1562: «Il signor duca di Savoja ha mandato qua a fare una
onorata ed amorevole offerta a questa maestà, presentandogli a questa
occorrenza diecimila fanti italiani e seicento cavalli, e la sua persona
medesima se sarà bisogno, con voler pagare la terza parte per sei mesi
alle sue spese: la quale offerta è stata molto cara a questi signori, e
gli n'hanno un grande obbligo». _Manuscritto nella Bibliot. di Parma_.
Beza (nel _Réveille-matin des Français_. Introduction, p. 12), oppone a
Carlo IX la tolleranza di Emanuele Filiberto. _Vous pourriez imiter
l'exemple de monseigneur de Savoie, tout aussi catholique que vous, et
qui entretient les pasteurs et ministres de notre réligion aux dépens
des trop gras révenus des trois baillages de Thonon, Gex et Ternier, où
il ne souffre nullement d'être dit une seule méchante petite messe
basse: étant au reste si bien obéi d'eux, qu'il n'a nuls de ses sujets
desquels il se puisse mieux assurer que de ceux-ci et de ceux de val
d'Angrogne, auxquels il donne presque une semblable liberté._
Pure nel 1568 l'avvocato generale della Savoja significò ai pastori
protestanti il divieto di combattere o riprendere ne' loro sermoni la
religione romana, attestando che l'eresia sarebbe bentosto estirpata
(CLAPARED et NOEFF, _Hist. du pays de Gex_). L'Ordine de' santi Maurizio
e Lazzaro fu istituito o riordinato per proteggere la religione
cattolica, e Gregorio XIII nel 1575 lo arricchiva de' beni ecclesiastici
de' baliaggi occupati dai Protestanti, soggiungendo che «quando gli
abitanti di que' paesi venissero alla luce del vero, i loro vescovi
stabilirebbero bastanti parrocchie, prendendo all'uopo sui beni ceduti
ai cavalieri di san Maurizio e Lazzaro una rendita di cinquanta ducati
per cura».
[397] Carteggio Mediceo nell'Archivio diplomatico di Firenze.
[398] HAMON, _Vie de saint-François de Sales_, 1854.
A san Francesco di Sales re Carlalberto fece erigere una statua nella
basilica vaticana, opera di Adamo Tadolini, che costò lire trentamila.
Carlalberto fece istanza presso Gregorio XVI acciocchè riconoscesse il
culto che da immemorabile si prestava al beato Umberto, al beato
Bonifacio arcivescovo di Cantorbery, alla beata Lodovica, tutti de'
conti di Savoja; aggiunti a questi la venerabile Clotilde moglie di re
Carlo Emanuele IV, e il beato Amedeo IX e la beata Margherita terziaria
domenicana. Se ne fece una relazione dalla sacra Congregazione de' riti,
tale che Gregorio XVI esclamò: «Ma questa è una casa di santi».
Nel 1631 fu pubblicata a Ciamberì un'_Apologia per la serenissima Casa
di Savoja contro le scandalose invettive intitolate_ Première et seconde
savoysienne. Toglie essa a negare che i duchi di Savoja abbiano usurpato
terre alla Francia o all'Impero, nè recato gravi offese alla Chiesa,
asserendo che «la santa sede e la Chiesa non hanno mai avuto figli più
obbedienti dei Reali di Savoja, che i sovrani pontefici in riconoscenza
del loro zelo, onorarono dei più grandi elogi».
Della costante devozione di Casa di Savoja, così movea lamento la _Revue
des Deux Mondes_ il novembre 1866: _Il n'est pas de race royale plus
constamment soumise. Sa devotion portée jusqu'aux minuties du cloître,
lui donne un physionomie à part, où les traits de l'ascète et du moine
se mêlent souvent à ceux du politique et du guerrier... Ils se font
volontiers moines, évéques, cardinaux et papes. Rome les canonise; elle
ne sait rien refuser à ces saints; et_ TANDIS QU'ELLE NE LAISSE AUCUN
POUVOIR ÉTRANGER PRENDRE PIED SUR LE SOL ITALIEN, _elle se montre
conciliante envers celui-ci, elle en vient avec lui aux accomodements et
aux concordats_.
[399] Una sua memoria al Mansfeld è stampata nell'_Archivium
unito-protestanticum_ del 1628, e illustrata da B. Erdmannsdörfer,
_Herzog C. Emmanuel von Savoyen und die deutsche Kaiserwal von_ 1619.
Lipsia 1862.
[400] Capefigue (_Hist. de la refor. et de la Ligue_, tom. VI, p. 310)
reca questa lettera, tolta dalla Biblioteca Imperiale.
[401] Vedi la nota 21 del Discorso XXXIX.
Del resto è noto che, quando Enrico III, reduce o profugo dalla Polonia,
passò dalla Savoja, gli si chiesero, _in ricompensa d'una colezione_, le
città di Pinerolo e di Savigliano, ed egli la consentì al duca: il quale
poco dopo, vedendo Enrico III impigliato nella guerra civile, invase il
marchesato di Saluzzo, protestando glielo renderebbe, ma intanto
deponendo tutti gli uffiziali di Francia, e facendo battere una medaglia
con un centauro che calpesta una corona, e il motto _opportune_, per
indicare che avea saputo cogliere il tempo. Altri luoghi della Provenza
occupò dopo ucciso Enrico III, talchè Enrico IV per frenarlo occupò la
Savoja, e fe battere una medaglia con un Ercole che prostrava il
centauro, e col motto _opportunius_. Questi fatti sono ricordati nella
_Première et seconde savoisienne_, libercoli pubblicati quando Enrico IV
obbligò il duca di Savoja a cedergli il marchesato di Saluzzo. Solo
Clemente VIII riuscì a calmare Enrico, che da tutti i politici, e
massime dal cardinale d'Ossat, era consigliato a ritenersi la Savoja e
tutto il Piemonte, per punire l'infido duca, e serbarsi aperto il passo
all'Italia: ed Enrico, più generoso che prudente, restituì ogni cosa a
Carlo Emanuele.
[402] MUSTON.
[403] Vedi BAYLE in _Chigi_., e qui sopra a pag. 314.
[404] Di quel tempo rechiamo le seguenti note, somministrateci da
monsignor Bernardi.
«Faccio fede, et attesto io sottoscritto Lorenzo Bernardi, podestà di
Bubbiana (Bibiana) hauer il giorno, e festa di san Lorenzo hor scorso,
che fu li dieci d'agosto dell'anno hora scorso, proceduto alla visita e
recognitione de' cadaueri vccisi dalli ribelli Religionarj, venuti la
mattina d'esso giorno nel presente luogo, et hauerne ritrouato il
seguente numero tutti del presente luogo. Et primo il nob. M. Matteo
Barbero, huomo di conditione, carico di otto figliuoli, d'età d'anni
cinquantacinque, Maria Bonauda d'età d'anni ottanta circa, donna pouera
et miserabile mendica, Andriano et Anna figliuoli del fu Marcellino
Sebraro d'età d'anni, cioè detto Andriano di quattordici, e detta Anna
di tredici, lauoratore di campagna, Cattarina et Maria figliuole di
Giovanni Domenico Porta, d'età d'anni, cioè detta Cattarina di sedici,
et detta Maria di venti, miserabili, e d'honorate qualità, Antonio Buffo
servo di Gerolamo Cocho, d'età d'anni quindici circa, miserabile,
Catterino e Giouannina giugali de' Borghi, d'età d'anni venti circa
caduno, lauoratori di campagna, Gabrielle Alloa, d'età d'anni quaranta
circa, carico di due figliuoli piccoli, lauoratore di campagna, Andrea
Chiaberto, d'età d'anni venticinque, lauoratore di campagna, Giouanna
Bertotta, d'età d'anni settanta circa, mendica, Giacomo Antonio
figliuolo di Bartolomeo Barone, d'età d'anni quattordici, lauoratore di
campagna, Madalena figliuola di Bernardo Richa e moglie di Giouanni
Pietro Sebraro, gravida a punto di partorire, d'età d'anni venti, di
campagna, Giouanni Francesco Smoriglio, chierico della Motta, qual
faceua sua douzena in questo luogo per la scuola, d'età d'anni quindici
circa, d'onorate qualità, Madalena e Lorenzo madre e figliuolo de'
Veroni, d'età d'anni, cioè detta Madalena di sessanta, e detto Lorenzo
di quindici circa, persone pouere e di trauaglio, che in tutto sono
cadaueri diecisette, come dal detto atto di visita, et informationi di
recognitione di quelli appare, de' quali mi offerisco farne fede ad ogni
richiesta. In fede del che ho fatto la presente, et mi sono manualmente
sottoscritto. Bubbiana, li otto genaro dell'anno mille seicento
sessantaquattro.
BERNARDI, podestà».
«Faccio fede io sottoscritto Lorenzo Bernardi nodaro, et podestà di
Bubbiana, siccome alla venuta che hanno fatto li ribelli religionarj
della valle di Luserna nel presente luogo, il giorno et festa di san
Lorenzo hor scorsa, che fu li dieci d'agosto, sono entrati nelle
seguenti chiese e case de' particolari, e quelle saccheggiate come
segue: E primo sendo entrati nel conuento e chiesa de' RR. padri
Missionarj del presente luogo hanno rotto la porta, esportato la
piscide, calice, messo a pezzi l'imagine della Madonna, e tutte le
paramente, cioè pianete, mantili et altre, come dalle informationi da
noi tolte a pieno risulta. Più nella chiesa de' Disciplinanti del
presente luogo, rotto le sedie, esportate le vesti di essi, et le
paramente del sacerdote, et altare, come anche il calice e diverse altre
cose come da dette informationi appare. Più hanno saccheggiato la casa
del signor Pietro Moreno, come dalle informationi transmesse
all'eccellentissimo signor marchese di Pianezza si vede. Più la casa del
signor capitano Tommaso Barbero, la casa di Andrea Bonino, la casa di
madonna Simonda Moresca vedoua, la casa di M. Andrea Buffa, la casa di
Bartolomeo Castella, la casa di Francesco Bonino, la casa di Giacomo
Antonio Orcello, la casa del signor luogotenente Giovanni Geraudo, la
casa di Matteo Borgo, la casa di M. Francesco Falco, la casa di
Marcellino Paolo, et la casa di M. Matteo Barbero, hauendo rotte le
porte, e condotti via caualli, bestiami bouini, aperto i coffani, et
esportate moltissime lingierie, denari et effetti, come parimente
resulta dalle suddette informationi, et a noi infrascritto podestà dopo
hauerli ributtati dalla mia porta, quali con colpi di massa metteuano a
basso, hanno rotto le porte d'una mia cassina poco discosta dal presente
luogo, e mi hanno preso vna caualla di prezzo di doppie sei, come ne
consta da informatione ricevuta dal detto signor Pietro Morello nodaro
et compodestà del presente luogo. In fede mi sono manualmente
sottoscritto. Dat. in Bubbiana, li 13 genaro 1664.
BERNARDI, podestà».
[405] Vedi BERNARDI, _Ospizio de' Catecumeni in Pinerolo_. Pinerolo
1864.
[406] Oltre i già citati, notiamo:
RORENGO, _Memorie historiche della introdutione delle heresie_.
_Autentic detail of the Valdenses in Piemont and other countries, with
abridged translations of_ L'histoire des Vaudois par Bresse, _and_ La
rentrée glorieuse d'Henri Armand; _with the ancient Valdesian catechism;
to which is subjoined original letters, written during a residence among
the Vaudois of Piemont and Wurtemberg in_ 1825. Londra.
GILLY, _Narrative of an excursion to the mountains of Piemont in the
year_ 1825, _and researches among the Vaudois or Waldenses protestants,
inhabitants of the Cottien alpes. With maps_. Ivi 1820.
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