Gli eretici d'Italia, vol. I - 10

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leccavasi le labbra, quasi ne sentisse dolcezza. Poi alla sera di sua
vita, portava le stigmate delle piaghe di Cristo, impresse sul proprio
corpo.
Rinfrescatore mirabile del vangelo, a' suoi che inviava a predicare,
diceva: «In nome del Signore camminate due a due con umiltà e modestia;
in particolare con esattissimo silenzio dal mattino fino a terza,
pregando Dio nel vostro cuore. Fra voi non parole oziose e inutili: ed
anche per via comportatevi umili e modesti, come foste in un eremo o
nella vostra cella; imperocchè in qualunque parte siamo, è sempre con
noi la nostra cella, che è il corpo nostro fratello, essendo l'anima
nostra l'eremita che dimora in questa cella per pregare e pensare a Dio.
Perciò se l'anima non istà in riposo in questa cella, la cella esteriore
nulla serve ai religiosi. Sia tale la vostra condotta in mezzo alla
gente, che qualunque vi vedrà o ascolterà, lodi il celeste Padre.
Annunziate la pace a tutti; ma abbiatela voi nel cuore non men che nella
bocca, anzi più. Non porgete occasione di collera o di scandalo, ma
colla vostra mansuetudine fate che ognuno inclini alla bontà, alla pace,
alla concordia. Noi siamo chiamati per guarire i feriti e richiamare gli
erranti; e molti vi sembreranno figli del diavolo, che saranno un giorno
discepoli di Gesù».
E come i suoi frati, egli correva dovunque intendesse che v'era una
bizza, una discordia, e cominciava: _La pace sia con voi_, e predicava
l'amore, e intonava canzoni. All'amor suo non bastando l'abbracciare
tutti gli uomini, lo estende ad ogni creatura, e vaga per le foreste
cantando, e invitando gli uccelli, _fratelli suoi_, a celebrare il
Creatore; prega le rondini, _sue sorelle_, a cessare il pigolio mentre
predica; e sorelle son le mosche, e sorella la cenere. Una cicala canta?
gli è stimolo a lodare Iddio; le formiche rimprovera di mostrarsi troppo
sollecite dell'avvenire; storna dalla strada il verme che può esservi
calpestato; porta miele alle api nell'inverno; campa le lepri e le
tortore inseguite; vende il mantello per riscattare una pecora dal
macellajo; il giorno di Natale voleva si porgesse miglior nutrimento
all'asino e al bue; anche biade, vigne, sassi, selve, quanto hanno di
bello i campi e gli elementi songli stimoli, ad amar Dio[90];
nell'orticello d'ogni convento de' suoi doveva riservarsi un'ajuola a'
più bei fiori, per lodarne il Signore.
L'esuberanza di quest'affetto espandea Francesco in poesie, originali
come lui stesso, ove niuna reminiscenza d'antichità, ma viva effusione
di cuore, impeti d'amore illimitato: fu de' primi ad usar nelle laudi la
lingua vulgare; e frà Pacifico, suo allievo, meritò la laurea poetica da
Federico II. Così il _padre serafico_ seguitò, finchè a quarantaquattro
anni morì nel 1226. Per la sua Porziuncola aveva invocata dal cielo e
dal pontefice un'indulgenza, a lucrar la quale non fosse mestieri di
veruna offerta; e quando, al secondo giorno d'agosto, essa è proclamata
nell'ora solenne dell'apparizione di Maria, una folla innumerevole
accorre tuttora da quei fortunati contorni ad implorare l'effusione
della grazia gratuita.
Quattro anni dopo l'approvazione, Francesco radunò il primo capitolo,
detto _delle stuoje_, perchè tenuto in campo aperto sotto trabacche, ove
cinquemila frati della sola Italia, e cinquecento novizj si
presentarono; poi crebbero tanto, che, malgrado mezz'Europa perduta per
la Riforma, dicono alla rivoluzione francese sommassero a
cenquindicimila, in settemila conventi, suddivisi fra molte riforme.
L'altro apparso in visione a Innocenzo III era Domenico Gusman, illustre
castigliano, assetato di amore e di patimenti, che introdusse l'Ordine
de' Predicatori (1216), obbligato esso pure alla povertà, con cariche
tutte elettive, e destinato specialmente alla scienza divina e
all'apostolato. Mentre i Frati Minori preferivano la campagna e
situazioni meravigliosamente belle, i Domenicani, diffusi rapidamente,
nelle primarie città d'Italia ebbero grandiosi monasteri e templi
magnifici[91], prodigi dell'arte.
Onorio III diede poi ai Domenicani un'esistenza canonica, istituendo il
maestro del sacro palazzo, gran dignitario della Corte, mentre è il
ministro della giustizia papale per l'universo, da cui vengono a
dipendere tutti quelli istituiti in ciascuna diocesi, in quanto non vi
si oppongano gli anteriori diritti de' singoli vescovi. E la giustizia e
l'istruzione erano gli attributi de' Domenicani che non doveano tanto
tirar nella chiesa neofiti, come poi i Gesuiti, quanto conservare chi
v'era. Essi diedero alla predicazione una forma più animata e dotta;
tolsero al clero secolare il privilegio dell'alto insegnamento e la
direzione delle coscienze; rappresentavano la regola stretta, il
formalismo della lettera, la rigida repressione. I Francescani invece
tendeano al misticismo, alla libera interpretazione del testo sacro, a
dirigere gli spiriti verso l'ideale, fuor delle forme prestabilite.
Non sono dunque più i monaci ascetici, stiliti, anacoreti dell'Asia e
dell'Africa; non gli studiosi e faticanti di san Benedetto o di san
Bernardo; ma poveri mendicanti, viepiù potenti sul popolo, il quale
venera un'indipendenza acquistata con sacrifizj volontarj: onde li
consultava, divideva con essi il pane, dalla Providenza compartito; e in
quegli atti di astinenza e di abnegazione riconoscea l'amore, e
nell'amore la virtù. Diffusi pel mondo, nella reggia come nella capanna,
senza domicilio fisso, seminando dietro di sè la parola che salva, alle
eresie oppongono la predica, l'associazione; inoltre l'esempio del
massimo disinteresse e della maggior costumatezza. Deperisce il
sentimento dell'autorità? e i frati rinnegano la propria per far la
volontà d'un altro, ch'esso pure dipende da un superiore, e questo da un
altro, finchè s'arriva al pontefice, da cui tutto e tutti rilevano. Quel
rinunziare volontariamente al creato per amor del Creatore, esprimeva
non solo lo spogliamento, ma l'amore dello spogliamento. Così ridotto,
l'uomo non è più esposto a quella comune tentazione, per la quale,
allorchè abbia detto «Ciò è mio», facilmente passa a dire «Ciò son io, è
l'esser mio, ingrandito e nobilitato»; non trovasi grande per nascita,
per eredità o posti, ma per la sola grandezza vera dell'uomo, quella
dell'anima. Oggi che, in un'esistenza laboriosa, avvelenata dalle cure
materiali, non possiam intendere quella guerra dichiarata ai sensi, si
ripete che il denaro produce indipendenza. Ebbene, questi frati la
godeano perchè, non avendo cosa da perdere, sfidavano i potenti o i
rapaci a far loro paura.
Non incardinati a una chiesa come i preti, non appartenenti a una
provincia ad un reame, assumevano tutti i pesi del clero senza i
vantaggi; anzi, coll'umiltà e povertà correggevano di quello l'orgoglio,
che era uno de' più forti appigli per gli eretici. Poveri, penitenti,
assistendo al popolo nelle tribolazioni e benedicendone il tripudio,
contrastando ai tiranni, specchi di bontà e di dottrina, ecco perchè gli
Ordini dei Minori e de' Predicatori tanto poterono, e divennero il più
valido sostegno della Santa Sede; e per ciò li troveremo i più
osteggiati dagli avversarj della Chiesa.
A chi nella storia riconosce qualcosa di più nobile e liberale che non
l'accidente o la fatalità, non isfuggirà come quest'istituzione, tanto
favorevole al potere dei papi, e che forse ritardò di tre secoli il
distacco luterano, al pari d'altre istituzioni a pro del pontificato,
venne da persone estranie e private, non già dai papi, non da ambizione
nè calcolo loro, siccome sogliono gli ordimenti che i re e i ministri
fanno per ampliarsi in potenza.
E subito destarono meraviglia e simpatia nei migliori[92], e in folla
attrassero pii ed illustri proseliti, professori, architetti, medici,
filosofi, tra i quali il maggior mistico san Bonaventura, il maggior
ragionatore san Tommaso, il ravvivator delle scienze sperimentali
Ruggero Bacone, e cardinali, e principi, e re, e regine. Ciò chiuda la
bocca al frivolo beffardo, provando ch'erano in armonia col tempo,
soddisfaceano a bisogni veri delle anime, e profittavano alla società
quale allora si trovava. E i chiostri erano allora l'asilo de' maggiori
filosofi, i quali, ammiratori di Dio mentre il mondo dilagava di sangue,
passavano la vita nella contemplazione del bello, nella ricerca del
vero, nella pratica del bene; e dai chiostri uscirono i più vigorosi
campioni della verità, e ampliatori della civiltà, quali furono i
teologi.
Nella teologia dogmatica bisogna distinguere l'elemento _immutabile e
sostanziale_, cioè il vero rivelato e quel che ad esso s'attiene: e
l'elemento _mutabile_, quasi accessorio, che è lo sviluppo scientifico
d'esso vero rivelato, la forma di esso. Il primo nè scema nè
progredisce; il secondo varia col tempo e cogli uomini. Quello è oggi
qual fu al tempo di Cristo e degli apostoli, coi quali fu compito e
suggellato; l'altro si modifica e si modificherà sotto l'azione
permanente dello Spirito Santo, e per cagioni diverse. In quello il
semplice credente e il più profondo teologo sono eguali; per l'altro
differiscono grandemente. Questo sviluppo scientifico ebbe due periodi
ben distinti eppur connessi: quello dei Santi Padri e quello degli
scolastici.
Il medioevo avrebbe potuto produr teologi sì grandi come i primi secoli?
era assai tener viva la face della civiltà e delle credenze fra il
turbine della barbarie. I teologi studiavano nella Scrittura e ne'
Padri, con poca invenzione e poca filosofia, contentandosi di compilare
o copiare. Pur v'ebbe taluni che tentarono qualche sistema; poi nel XI
secolo ricompajono i grandi teologi. Tal fu Lanfranco di Pavia
(1005-89), divenuto abate di Bec in Normandia, poi arcivescovo di
Cantorbery, che, dagli affari pubblici non distolto, risuscitò l'arte
critica, applicandola ai testi che l'eretico Berengario aveva falsati
per negare la presenza reale nell'eucaristia; riprovando la sottigliezza
dei tropi e dei sillogismi e l'_inane fallacia_ della dialettica di
Aristotele, chiama sapiente chi conosce e glorifica Dio, e pienezza
della dottrina l'intenderne il mistero e la sapienza.
Discepolo suo e successore, Anselmo d'Aosta (1033-1109), con dolce calma
e fermezza, intelletto elevato, cuor puro, carattere amabile, per
sagacia e pietà fu chiamato un secondo Agostino, e sulle traccie di
questo diede dimostrazioni ancora venerate sopra l'essenza divina, la
trinità, l'incarnazione, la creazione, l'accordo del libero arbitrio
colla Grazia. Mettendo in iscena un ignorante che cerca la verità colla
scorta dell'intelletto puro, vuol mostrare che la ragione non prova, ma
comprova le verità rivelate; e protestando insieme che la fede non cerca
comprendere, ma pur movendo dal credere, tende all'intelligenza,
chiaramente determina i confini della filosofia e della teologia.
Lo stolto che dice _Non v'è Dio_, bisogna abbia l'idea d'un essere a
tutti superiore, anche quando afferma che non esiste. Ma l'affermare che
non esista quello che si chiarisce, è assurdo; è poi contradditorio ne'
termini, atteso che quest'ente, presupposto superiore a tutti,
resterebbe inferiore a un altro, che a tutte le perfezioni congiungesse
l'esistenza. Voi riconoscete l'argomento svolto poi da Cartesio; sicchè
un monaco del XI secolo trovava, e preciso esponeva la prova più
compiuta e soddisfacente dell'esistenza di Dio, cioè elevava la
coscienza fino alla nozione dell'essere, e sopra un concetto della
ragione edificava una teologia dottrinale.
Altri si volgeano ad enucleare credenze particolari di mezzo alla
generale, seguendo lo spirito di controversia introdotto dalla
scolastica.
Da Boezio, ultimo filosofo latino, era stata resuscitata la stretta
dialettica, che l'italioto Zenone d'Elea aveva insegnata. Di essa erasi
giovata assai la sapienza greca; ma se si restringe a pure forme e
categorie, impaccia la ragione mentre intende soccorrerla. Entrata poi e
divenuta dominante nelle scuole d'Occidente, ne prese il nome di
_scolastica_, che esprime ad un tempo e l'uso il più poderoso, e il più
inane abuso che siasi fatto mai dell'umano raziocinio.
Questa geometria della ragione mette innanzi, precisamente formolato, il
suo teorema, da principj inconcussi deduce illazioni con raziocinio
serrato, senza abbellimenti nè svaghi, valendosi solo di parole
chiaramente definite, eliminando le idee vaghe e i termini equivoci, e
procedendo sempre dal noto all'ignoto. Tali principj non potea darli che
la rivelazione. Movendo da questi, la scolastica limitavasi a difendere
e chiarire dogmi parziali, a vedere in che modo accettar la rivelazione
e conoscere il sentimento comune; esercitandosi sulle due nozioni
fondamentali del creatore e della creatura, per trovarne e chiarirne la
relazione, ch'è la fonte d'ogni morale, e conciliare la fede rivelata
colla ragion pura e coi fenomeni della vita esterna; sospendendo ogni
disputa non appena la Chiesa avesse sentenziato.
Ma mentre sant'Anselmo sosteneva doversi credere ai misteri prima di
analizzarli colla ragione, Roscelino prendeva le mosse da un ordine
puramente logico, e distruggeva i misteri della fede col pretesto di
spiegarli. Era Aristotele che prevaleva a sant'Agostino; e la scolastica
più non si propose soltanto di rendersi conto dei dogmi riguardati come
incontestabili, di elevarsi dalla fede all'intelligenza, come ne'
migliori tempi; ma prendea le mosse dall'ordine logico e psicologico,
dalla coscienza, da una specie d'esperienza, non impugnando i dogmi,
anzi cercando metterli in armonia colle teoriche razionali, pure non
prendendoli per base e termine delle sue speculazioni, e formando una
filosofia umana.
La Chiesa non vi si era opposta; solo avvertì che v'ha dei limiti
insuperabili, e vigilava che l'orgoglio non urtasse il dogma. Alcuni
vollero trascenderli, e ne nacquero gli errori de' Nominalisti e de'
Realisti, lo scetticismo d'Abelardo, il panteismo di Amalrico di
Chartres. La Chiesa condannò questi abusi della dialettica, eppure
lasciolla applicare alla teologia.
Allora rinacquero gli abusi della sofistica greca. Il minuzioso
speculare, disgiunto dall'applicazione, dalla sperienza,
dall'erudizione, da ogni bellezza; il sillogizzare non tanto per
raggiungere la verità, quanto per uniformarsi a certe regole, o per
avviluppare gli avversarj; il puntigliarsi in frivole distinzioni fin di
sillabe, congiunzioni, preposizioni, e innestare alla logica quanto di
vano comprendevano la grammatica e la geometria, colla presunzione di
dimostrare ogni cosa, perfino i contrarj; insomma l'assumere la disputa
per iscopo, non per mezzo, e confondere il metodo colla sostanza, faceva
invanire e delirare nella presunta onnipotenza della dialettica, e
separava la teologia speculativa dalla pratica, l'argomentatrice dalla
mistica. La Bibbia diveniva un arringo di disputazioni, secondo che gli
uni vi rintracciavano il senso letterale, altri l'allegorico, altri il
mistico. Che cosa faceva, e dove stava Iddio prima di creare? se nulla
avesse creato, qual sarebbe la sua prescienza? v'ha tempo in cui egli
conosca più cose che in un altro? potè egli fare le cose in altro modo
da quel che le fece? e che non sia ciò che è? e, per esempio, che una
meretrice sia vergine? Iddio, incarnandosi, si unì all'individuo od alla
specie? il corpo di Cristo alla destra del Padre sta seduto o in piedi?
e le vesti con cui comparve agli apostoli dopo risorto erano realtà od
apparenza? e le assunse con sè in cielo? e ve le tiene ancora? e
nell'eucaristia sta nudo o vestito? che divengono le specie eucaristiche
dopo mangiate? in qual maniera s'operò l'incarnazione nel seno di Maria?
san Paolo fu rapito al terzo cielo nel corpo o senza? il pontefice
potrebbe cassare i decreti degli apostoli, e formare un articolo di
fede? o abolire il purgatorio? è semplice mortale, o una specie di
divinità?
Ricondurre le quistioni teologiche al punto ove i Padri le aveano
lasciate fu l'assunto di Pietro Lombardo (1160), povero fanciullo
novarese, divenuto vescovo di Parigi. Nei quattro libri _Sententiarum_
raccolse in un ordine alquanto arbitrario le proposizioni de' santi
Padri intorno ai dogmi, sicchè non rimanesse che d'applicarle nelle
varie quistioni. Ma poichè delle difficoltà esposte non porgeva la
soluzione, apriva campo a troppe sottigliezze, per quanto egli
richiamasse continuo verso gli studj positivi e i monumenti della prisca
filosofia cristiana. Inoltre dava egli stesso in certe speculazioni che
noi possiamo dire curiose: «Iddio padre generando suo figlio, generò se
medesimo o un altro Dio? generò di necessità o di volontà? è Dio
spontaneamente o necessariamente? Gesù Cristo potea nascere d'una specie
d'uomini differente dalla stirpe d'Adamo? potea prendere il sesso
femminile?» Quando la logica gli paresse condurre a conclusioni diverse
dalla fede, conchiudeva: «Su questo punto amo meglio udire altri, che
non parlare io stesso». Fu intitolato il _Maestro delle sentenze_,
divenne testo delle scuole, ebbe replicate edizioni ne' primi tempi
della stampa, e forse quattrocento commentatori, e fin a mezzo il secolo
passato l'università di Parigi ne celebrava l'anniversario con esequie
assistite da tutti i bacellieri licenziati.
Censurare la scolastica per gli abusi che ne derivarono, è ingiustizia
come di chi condannasse la letteratura odierna per la prostituzione de'
giornali. È vero che tali ginnastiche sono pericolose, nè impunemente
s'irritano i dilicati muscoli della credenza, e difficilmente si ha la
debita riverenza per un dogma che fu maneggiato con troppa famigliarità;
ma è vero altresì che gli scolastici successero ai santi Padri
nell'ufficio di conservare, trasmettere, propugnare la fede; ed è loro
merito l'aver raccolte in un sol corpo di dottrina tutte le verità
rivelate, sparse in tanti volumi quanti sono i monumenti della
tradizione; ridottele in pochi, ordinate con sistema scientifico,
espresse con preciso e chiaro linguaggio. Insomma la scolastica, nella
parte sua viva, fu il trionfo della ragione applicata alla rivelazione.
In ciò il maggior merito va a quel che può asserirsi il maggior filosofo
del medioevo, e fors'anche dell'evo moderno, san Tommaso (1227-74). Nato
dai conti d'Aquino, pronipote di Federico Barbarossa, cugino di Enrico
VI e di Federico II, discendente per madre dai principi normanni,
abbandona delizie e speranze per vestirsi domenicano, e ben presto
mostrò intelletto filosofico s'altri mai, erudizione estesissima,
passione de' grandi risultamenti. A quarantun anno si propose, coi
materiali sparsi della scienza, coordinare in sistema compiuto la
teologia e la filosofia, compendiando in un volume i conflitti che da
dodici secoli la Chiesa sosteneva intorno ai cardini della fede, e
quanto aveano insegnato, approvato, riprovato i Padri, i dottori, i
papi, i concilj, in maestosa sintesi tendendo a riprodurre l'ordine
assoluto delle cose. Dio uno, la Trinità, la creazione, le leggi del
mondo, l'uomo e l'angelo, la natura e la grazia; e opporre la verità
agli errori moltiformi del Corano[93], del Talmud, del manicheismo.
All'ispirazione ed elevazione dei primi Padri non assurge egli, ma
fedele al sillogismo, porge formole dotte e profonde distinzioni.
Vastissimo il concetto generale, finissime le particolarità; non c'è
massima nella Scrittura e nella tradizione, non idea nella coscienza,
non errore nelle menti ch'egli non abbia discusso, sopra ciascuno
recando le opinioni antiche e moderne, vere e false, la tesi e
l'antitesi; e con un buon senso calmo, imparziale, senza sistematiche
esclusioni, adottando tutto ciò ch'è vero, approvando tutto ciò ch'è
buono. Mentre d'Aristotele repudia la metafisica, ne adopra la
dialettica e il potente argomentare sillogistico, tanto opportuno a
dissipare il sofisma.
Ecco con qual metodo procede. Enuncia, per lo più in forma di quistione,
il teorema che intende dimostrare; poi espone e sillogizza tutte le
opposizioni filosofiche con tal franchezza e lealtà, che poterono da lui
attingere eresie ed objezioni quanti ebbero la mala fede di sopprimere
le risposte. Vi contrappone (_sed contra_) passi d'Aristotele, della
Bibbia, dei Padri, principalmente di sant'Agostino: quindi (_conclusio_)
pronunzia la sua decisione in termini concisi, enucleandoli poi
dialetticamente, e non di rado con poche parole d'inarrivabile
precisione snodando avviluppatissimi problemi; donde passa a sciogliere
per ultimo con facilità le opposizioni che avea messe innanzi sul
principio della quistione.
Ch'egli si occupasse di scienze al tempo suo non esistenti, o usasse un
linguaggio che l'età sua non gli dava, chi lo pretenderebbe? mentre
eccitano meraviglia la chiarezza, la brevità nervosa, la schietta
indagine della verità, che con bella e profonda definizione egli fa
consistere in un'equazione tra l'asserto e il suo oggetto[94].
Scienza di Dio, dell'uomo, della natura, la teologia risale a Dio per
contemplarlo, e col raggio che ne attinge discende la scala del creato,
illuminando le sfere inferiori. Tra i corpi assolutamente materiali e il
mondo delle pure intelligenze, riflesso della vita e delle perfezioni di
Dio, sta l'umanità, partecipe degli uni e degli altri; tre mondi,
connessi da legami infiniti, donde risultano l'ordine naturale e il
soprannaturale, e in seno all'opera di Dio nasce l'opera dell'uomo,
mediante la libertà creata. Di qui la mescolanza di bene e di male, di
verità e d'errore, che costituisce la storia umana. Delle creature,
alcune sono assolutamente immateriali, altre materiali, altre miste, e
nel formarle Iddio si propose il bene, cioè d'assimilarle a sè. Del qual
bene partecipano anche i corpi, in quanto possedono l'essere, e sono
l'effetto della bontà divina; e concorrono alla perfezione
dell'universo, che deve contenere una gradazione d'esseri, gli uni
subordinati agli altri, secondo che sono più o meno perfetti. Chi li
consideri uno ad uno, non vede che l'inanità: ben altrimenti da chi li
guardi come istromenti degli spiriti: avvegnachè tutto ciò che si
riferisce all'ordine spirituale, mostrasi più grande quanto più viene
conosciuto.
Centro e compendio della creazione è l'uomo, il cui spirito vive di
triplice vita, la sensiva, la vegetativa e la razionale, la qual ultima
ancora si divide in intelligente e volitiva. Alla volitiva san Tommaso
assegna norme rettissime, giacchè fondate sugli insegnamenti della
Chiesa: e canoni della società, che i più sodi e i più liberali non
furono forse mai dati da altri[95].
Ciò sia detto per coloro, che non vogliono considerar tampoco la
scolastica come il maggior tentativo fatto di sostenere il dogma col
raziocinio, costruendo sistemi di metafisica trascendente, che non
provano ricchezza di scienza storica e filologica, ma suprema
sottigliezza d'ingegno[96].

NOTE
[71] RAD. GLABER.
[72] LANDULFI SENIORIS _Historia Mediolani_, II, 27. Vedi qui sopra, a
pag, 71.
[73] La confessione di fede dei Valdesi delle valli subalpine del 1120
porta: _Fermament tenèn tot quant se contèn en li doze articles del
symbolo, lo qual ès dict de gli apostol; tenèn esser heresia tota cosa
la qual se discorda e non ès convenient à li doze articles_.
[74] _Multa petebant instantia prædicationis auctoritatem sibi
confirmari_. San Stefano di Borbon ap. GIESLER, pag. 510.
[75] Però in un manoscritto di Cambridge della _Nobla leçon_, che
vorrebbero supporre del 1100, cioè anteriore ad esso Valdo, leggesi:
_Que non volìa maudire, ni jurar, ni mentire,_
_Ni ahountar, ni ancire, ni prenre de l'autrui,_
_Ni venjar se de li sio ennemie,_
_Illi disent quel ès Vaudès e degne de meurir._
Giulio Perticari (_Dell'amor patrio di Dante_, c. XII), dice la _Nobla
leçon_ «scoperta non ha guari a Venezia», mentre fin nel 1669 ne dà
degli estratti Giovanni Leger.
Nella parola _valdese_ alcuno vorrebbe sentire il tedesco _Wald_,
foresta.
Cataro in greco vuol dire _puro_, e forse presero tal nome per la
pretesa innocente vita. Sant'Agostino già denomina _Cataristi_ i
Manichei. _De hær. Manich_. I Tedeschi chiamano ancora _Ketzer_ gli
eretici.
[76] Fra molt'altre ragioni, diceasi loro: L'uomo vuole ora il bene, ora
il male. Se è creatura del Dio benefico, come mai propende al male? se
del malefico, come mai opera il bene?
[77] Così il Vignerio, reputato dai Protestanti il restauratore della
storia ecclesiastica. _Bibliotheca historica_, addiz. alla parte II,
pag. 313. Anche frà Ranerio Saccone dà le Chiese di Francia e d'Italia
originate da quelle di Bulgaria e Drungaria. Bossuet non potè indovinare
dove fosse questa Drungaria: noi crediamo apporci dicendola _Tragurium_,
cioè _Traù_.
[78] _Die Waldenser in Mittelalter_, opuscolo di A. W. DIECKHOFF, in
risposta a quello di HERZOG sul soggetto medesimo.
M. C. SCHMIDT, _Hist. des Cathares ou Albigeois_.
J. VENEDEY, _Die Pataria im XI und XIX Jahrhundert_. Parigi 1854.
[79] Del Saccone, vissuto verso il 1230, la _Summa de Catharis et
Leonistis, sive Pauperibus de Lugduno_ fu inserita nel _Thesaurus novus
anedoctorum_ dei PP. Martene e Durand. Parigi 1717, tom. V. In questa
_Summa_ trovo menzionato un volume di dieci quaderni, in cui Giovanni di
Lugio avea deposti i suoi errori. Buonaccorso, già vescovo dei Catari in
Milano, li confutò nella _Manifestatio hæreseos Catharorum_, che sta
nello _Spicilegio_ del padre D'Achery, tom. I, p. 208 del 1723. Nel
suddetto THESAURUS (v. 1703) vedasi pure una _Dissertatio inter
Catholicum et Patarinum_; e l'opera di frà Stefano di Bellavilla
inquisitore; e così i sermoni di Ecberto (verso il 1165) contro i
Catari, stampati a Colonia il 1530; l'opera di Alano, insigne teologo
(morto il 1202) contro gli eretici e valdesi, stampata a Parigi il 1612.
[80] In una costituzione di Federico II leggesi: _In exemplum martyrum,
qui pro fide catholica martyria subierunt, Patarinos se nominant, veluti
expositos passioni_. Ed anche le _Assise_ di Carlo I portano nel
francese d'allora: _Li vice de ceans son coneu par leur anciens nons, et
ne veulent mie qu'il soient apelé par les propres nons, mais s'apellent
Patalins par aucune excellence, et entendent que Patalins vaut autant
comme chose abandonnée à soufrir passion en l'essemble des martyrs, qui
souffrirent torment pour la sainte foy_.
È da notare che anticamente i Druidi chiamavansi _Pataru o Pateri_,
forma di _patres_.
[81] Da cui il _Bougre_ de' Francesi, il _Bolgiron_ de' Lombardi.
[82] Da Como? Anche Concorezzo è borgata vicina a Monza: come Bagnolo si
ha nella Lombardia, in Piemonte, nel Napoletano e in Provenza.
[83] Alcuni pretendono (p. e. Döllinger) distinguere i dualisti dai
monarchi: e fra questi ultimi metterebbero i Concorezj e i Bagnolesi.
[84] Ne' loro riti trovansi certe formole popolari e ritmiche. Così al
fine della predica il maestro spegnendo il lume, diceva: _Quis habet
teneat_; o in piemontese: _Quel qu'eseguirè con lume de la lanterna
gagnerè la vita eterna_; e in italiano: _Alleluja alleluja segua chi ha
la suja_.
[85] AP. LANZI, _Lezioni di antichità toscane_, XVII.
[86] Da un codice della biblioteca Casanatense di Roma. A. III, 34. Vedi
_Archivio storico_, nº 38.
[87] Sono singolarissime le particolarità che dà quasi di ciascuna
persona e luogo. _Donna Johanna de Francia que tingit filum, induta de
camelino, et moratur in plano versus portam qua itur ad monasterium —
Forneria de Ulmo, pinguis et grossa — Quedam juvenis de Ast, magna que
moratur in plano juxta quendam virum qui non potest se moveri de lecto —
Quidam macellarius, qui habet macellum in plano versus apothecas
pannorum in penultima banca — Quedam masceria dominorum satis colorata —
In quadam cassina cujusdam tabernarii grassi et pinguis, qui moratur
prope plateam castri in quodam palacio seu domo magna — Due mulieres que
morantur ultra Dariam, una prope aliam; quedam alia que moratur veniendo
de ecclesia sancti Martini a manu sinistra in domo coperta paleæ —
Quedam alia vetula grossa et colorata moratur in summitate ville —
Quedam tabernaria que moratur in introitu porte veniendo de sancto Petro
et vendit sal, pulcra est, et ex oppositu ipsius moratur quidam
tabernarius — Quedam alia testrix que vendit drapellos et est
lentigiosa_.
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