Galatea - 14
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Io non sono stato mai un gran nuotatore nel cospetto di Dio. Ma se
anche fossi stato meno sbercia di quel che sono, credo che non mi
sarei cavato con le mani mie dal pericolo di stamane, perchè non ero
più in tempo di seguire il consiglio di Galatea. Nella confusione del
momento, e pestando l'acqua alla guisa dei can barboni, mi ero
ritrovato per l'appunto nel bel mezzo del bottaccio, non riuscendo a
far cammino contro corrente, nè a tirarmi destramente da un lato. Il
caso mio poteva dirsi disperato, perchè di laggiù dal mulino nessuno
mi poteva sentire, se avessi gridato al soccorso, essendo la gran
ruota in movimento, e la cascata facendo un rumore d'inferno.
La signorina Kathleen era corsa indietro a furia, e m'incitava colla
voce a piegare quanto potessi verso di lei. Ma ella non istette molto
a capire che il filo della corrente era più forte di me, nuotatore mal
pratico. E appena ebbe capito, non pose tempo in mezzo; com'era là,
vestita di tutto punto, sì buttò in acqua e mi afferrò per una mano,
tirandomi forte a sè, fuori della corrente. Descrissi, io credo, un
mezzo cerchio nell'acqua, e mi ritrovai vicino allo sportello della
cateratta, al cui anello di ferro fui pronto ad aggrapparmi, colla
furia disperata del naufrago.
--Sì, bravo, respiri;---mi disse Galatea, ridiventata ninfa marina per
me, quantunque in acqua dolce.--E adesso, se può nuotare adagino....
--Nè adagino, nè altrimenti;--risposi.--Ho le mani intormentite da
certi colpi dell'altra settimana, e m'è tornato il dolore, acutissimo.
--Anche il duello ci voleva! E facciamo altrimenti. Veda di attaccarsi
ad un lembo della mia veste; così, leggero leggero, per non tirarmi
sott'acqua, che s'affogherebbe in due. Nuoterò io; ma Lei si tenga
quanto più Le vien fatto rasento all'argine, e spinga coi piedi. Non
avrà mica intormentite le gambe. Bravo, così va bene; avanti sempre.
--E voi tacete di lassù, perfido cane;--gridai, raffidato da quella
buona andatura, e cercando di volgere il nostro caso in
burletta;--siete voi che m'avete fatto incespicare, obbligando
Galatea, la più candida delle ninfe, a seguirmi nell'acqua.
--Lasci star Galatea!--rispose la mia nuotatrice.--Quella poverina ha
rimorso d'essersi messa a correre come una bambina matta.
--Perchè rimorso? Se tutti i miei mali hanno da essere come questo, io
ne invocherò uno al giorno dalla misericordia divina.
--Sì, bravo, si preghi anche un reuma;--diss'ella ridendo;--e lo
preghi a me pure. Faccia meglio, per ora; si rizzi in piedi, perchè
qui si tocca, e via presto presto, verso la stretta del bottaccio. Ma
si tenga ancora all'argine, che oramai, come vede, si può afferrarne
già l'orlo. Qua, qua, è fuori di pericolo, sia lodato il Signore!--
Siamo usciti di là tutti inzuppati, e battendo un po' i denti.
All'aperto non si poteva andare, col rischio di abbatterci in
qualcheduno che vedesse il nostro stato compassionevole. Si rideva
come due ragazzacci, che venissero via da qualche impresa un po'
matta, e si andava frattanto lungo la siepe delle carpinelle, avviati
al rivolo dell'Acqua Ascosa; dove per altro, così bagnati fino
all'osso, non avremmo potuto rimanere.
--Che peccato!--le dissi.--Si doveva star qui un'ora almeno, a finire
la storia incominciata.
--Un'ora!--esclamò.--Doveva durar tanto, quella brutta storia?
--No, quella poteva esser finita in due minuti, tanto era vuota; ma ce
ne sarebbero rimasti cinquantotto per ragionar di cose più liete.
--Ah, volevo ben dire! Ma ciò che non mi può raccontare quest'oggi, mi
potrà raccontare un altro giorno.
--Domani!
--Anche domani. Veda di rammentarsela bene.
--Oh, non dubiti; l'ho scritta tutta nel mio memoriale, ed Ella potrà
confrontare....
--Capisco; Ella ha una gran voglia ch'io legga il suo memoriale.
--Sicuramente; c'è tutta la mia giustificazione.
--E niente la sua glorificazione? Gli autori di memoriali son tutti
così.
--Non io, signorina. Vedrà, se si degna di leggerlo, che spesso mi
tratto.... secondo i meriti miei.--
Così ragionando, si era giunti a quello che si potrebbe chiamare il
Passo della Contessa.
--Di qui, signorina;--diss'io;--bisogna saltare il rivolo, per salire
da quell'orto ai casali di Santa Giustina.
--Ho ben capito;--mi rispose Galatea.--Di qui era saltato anche il
cane. Buci,--soggiunse ella,--voi conoscete la strada, animo, su.--
Buci saltò l'acqua, ed ella dietro a Buci. Volevo saltare ancor io; ma
ella mi trattenne col gesto.
--Alto là!--disse poi.--Vado dalla buona Nunziata a rasciugare i miei
abiti. Non potrei mica ritornare in paese così. E lei, signor Morelli,
deve fare altrettanto a casa sua, che per andarci non ha da passare
per l'abitato. Intanto, con quel bagno che ha preso, si è levato di
dosso un certo odore di pelle di Spagna, che non era niente piacevole.
E noti che io lo gradivo, in altri tempi; ma da parecchie settimane,
non so come, mi era venuto a noia.
--Non sia cattiva, La supplico. Quando avrà letto....
--Sì, sì; ma vada a casa, poverino, che è tutto immollato; vada a
casa, e si cambi alla svelta.
--Andrò; ma ad un patto.
--Dei patti a me?
--Sì, a Lei, e favorisca di ripetere le mie parole: Che mi lasci....
--Che La lasci....
--Parlare quest'oggi....
--Parlare quest'oggi....
--A.... nostra madre.--
Galatea rimase un istante perplessa: ma tosto, vedendo il brutto senso
che il suo silenzio faceva su di me, gridò intenerita:
--Sì, sì, a nostra madre. Non è dunque più lecito di fare una piccola
pausa, per meditare.... per gustare.... un bel modo di direi--
E mi stese la mano, che io afferrai prontamente, e lungamente e
divotamente baciai. Oh, sire Iddio, questa è felicità grande e piena,
e senza mistura! Buci, gran cane, io vi farò fare certamente un
simulacro di bronzo. Corsi a precipizio verso il viale dei pioppi,
valicai il fiume di sotto al pancone, e cinque minuti dopo ero al
Giardinetto, per mutar abiti. Un'ora prima che Galatea ritornasse a
casa sua, c'ero già io, e facevo un breve ma solenne discorso alla
signora Wilson, che già abbastanza mi conosceva e mi voleva bene,
contro i meriti miei, da non sapermi dire di no, e da non pigliar
tempo a rispondermi.
--Come!--esclamò la signorina stupita, vedendomi.--Lei qui?
--Io, per l'appunto;--risposi.--E se non temessi di dispiacerle con la
mia tracotanza, Le riferirei quel che ho finito di dire a sua madre. E
se non volessi lasciare a sua madre l'incarico di persuaderla, Le
soggiungerei che la buona signora per conto suo risponderebbe
volentieri di sì ad una mia calda e rispettosa domanda.
--Eh!--mormorò la signora Wilson.--Mi pare che il nostro signor
Rinaldo non mi lasci più niente da fare. Che ne pensi tu, Kitty, o
piuttosto Kathleen, come bisognerà dire oramai, per far piacere a lui?
--Mamma!--gridò Galatea.
E non potè proferire una parola di più. Ma intanto si gittava nelle
braccia della madre, scoccandole sulle guance due baci, che mi parvero
fratelli germani di quelli ch'io avevo impresso tre ore prima sulla
cara sua mano.
XX.
Galathea for ever.
_21 settembre 18..._
Tiriamo le somme. Io ho trentacinque anni, e Galatea ne ha ventuno.
Forse sono un po' troppo vecchio per lei. Ma c'è chi sostiene che
l'uomo debba avere dieci o dodici anni più della moglie, essendo
ragionevole ch'egli abbia giudizio per due. A questo patto, io sono
ancora troppo giovane; e mi consolo, pensando che il dente del
giudizio non mi è nato ancora. Una pazzia avrò causato di fare, non
terminando il mio _Don Giovanni_. Poco male, del resto; ero appena al
settimo canto, e il mio disegno avrebbe portato il poema ai quaranta.
Ha ragione Filippo Ferri. Perchè darsi pensiero della posterità, la
quale non si darà pensiero di noi? E farà bene, dal canto suo; noi dal
nostro ci leveremo il gusto di mandarle qualche saggio del nostro
valore, ma non in carta stampata; in carne ed ossa, piuttosto, in
buona salute e di ottimo umore, che sappia ridere di lei, vedendola
fare le medesime sciocchezze ond'è rallegrato il secolo nostro, non
dissimile in ciò dai passati. Del resto, se il mondo durerà ancora nel
secolo ventesimo _et ultra_, sarà sempre in forza di una buona
consuetudine che noi abbiamo ereditata dai nostri maggiori, quella di
prender moglie e di far famiglia; buona consuetudine, che io non
raccomanderò mai abbastanza ai miei cari ed amati contemporanei.
Galatea leggerà questa sera il mio memoriale. L'ha chiesto, ed io
glielo porterò, condotto diligentemente fin qui. Lo giudicherà; e se
vorrà condannarlo alle fiamme, non sarò per lagnarmene. Le cose buone
e piacevoli che ci son registrate, le ho tutte scolpite nel cuore; non
è necessario che rimangano scritte sulla carta. E finalmente, io
voglio inaugurare l'altra buona consuetudine di far tutto ciò che a
lei piacerà. L'umano consorzio va male, dacchè il codice costringe le
mogli ad obbedire ai mariti. Chi sa che non voglia andare un po'
meglio, se i mariti prenderanno il verso d'obbedire alle mogli?
_22 settembre 18..._
"Ho letto, e scrivo io, Galatea. Prima di tutto mi piace il nome, e lo
assumo per mio. Direi una bugia, se soggiungessi che mi piace
egualmente tutto ciò che è scritto in questo memoriale del signor
Rinaldo Morelli. Vedo che la pelle di Spagna è stata lì lì per dare al
cervello del mio fidanzato, e non saprei consolarmene, se non rendessi
giustizia alla sua sincerità, che sovra ogni altra cosa mi è cara.
Fors'anche lo scrittore s'è lasciato un po' vincer la mano dal suo
ippogrifo, e l'amor della frase lo ha condotto oltre i termini del
vero. Teniamo conto anche di questo, e conchiudiamo col nostro
Shakespeare, che _all's well that ends well_. In casa mia, del resto,
non entrerà pelle di Spagna; ne faccio promessa formale. Ma io non
sarò prepotente, e qualche freno accetterò ancor io; per esempio, non
giuocherò più al _lawn-tennis_. Che idea, per altro; non amare un
giuoco tanto bello! Ma sui gusti non si discute; ciò che non piace a
lui, non piacerà a me, di sicuro.
"In un'altra cosa ci troviamo pienamente d'accordo: il simulacro di
bronzo a Duci. Buci lo ha meritato. Ha, veramente, corso il rischio di
guastar sulla fine quello che aveva cominciato; ma quello che aveva
cominciato era buono. Vedi il memoriale di Rinaldo al capitolo quarto.
E ne sia lode a Buci, sapientissimo cane, che ride senza far rumore, e
pensa ottime cose dei suoi amici, senza tingersi le dita d'inchiostro.
Il guaio intanto è accaduto a me. Con che coraggio stenderò io la mano
a Rinaldo? specie sapendo per esperienza recente che egli....
"Basta; sarà quel che sarà. Intanto non gli neghiamo il "_visto, si
approva_."
"GALATEA."
Ma che inchiostro! che inchiostro! Paura io, dell'inchiostro!.. Vi
siete persuasa ora? È fuggita, si capisce, dopo avermi accoccato
quello che lì per lì le è venuto alla mano; un gomitolo di refe.
Sempre lei, sempre lei; viva Galatea, _Galathea for ever_! Ma non
senza una giunta, intendiamoci. Galatea Morelli, s'ha a dire. Sarete
meno mitologica, mia dolce bambina; ma tanto più vera, e sommamente
piacevole a me.
RINALDO.
_FINE._
anche fossi stato meno sbercia di quel che sono, credo che non mi
sarei cavato con le mani mie dal pericolo di stamane, perchè non ero
più in tempo di seguire il consiglio di Galatea. Nella confusione del
momento, e pestando l'acqua alla guisa dei can barboni, mi ero
ritrovato per l'appunto nel bel mezzo del bottaccio, non riuscendo a
far cammino contro corrente, nè a tirarmi destramente da un lato. Il
caso mio poteva dirsi disperato, perchè di laggiù dal mulino nessuno
mi poteva sentire, se avessi gridato al soccorso, essendo la gran
ruota in movimento, e la cascata facendo un rumore d'inferno.
La signorina Kathleen era corsa indietro a furia, e m'incitava colla
voce a piegare quanto potessi verso di lei. Ma ella non istette molto
a capire che il filo della corrente era più forte di me, nuotatore mal
pratico. E appena ebbe capito, non pose tempo in mezzo; com'era là,
vestita di tutto punto, sì buttò in acqua e mi afferrò per una mano,
tirandomi forte a sè, fuori della corrente. Descrissi, io credo, un
mezzo cerchio nell'acqua, e mi ritrovai vicino allo sportello della
cateratta, al cui anello di ferro fui pronto ad aggrapparmi, colla
furia disperata del naufrago.
--Sì, bravo, respiri;---mi disse Galatea, ridiventata ninfa marina per
me, quantunque in acqua dolce.--E adesso, se può nuotare adagino....
--Nè adagino, nè altrimenti;--risposi.--Ho le mani intormentite da
certi colpi dell'altra settimana, e m'è tornato il dolore, acutissimo.
--Anche il duello ci voleva! E facciamo altrimenti. Veda di attaccarsi
ad un lembo della mia veste; così, leggero leggero, per non tirarmi
sott'acqua, che s'affogherebbe in due. Nuoterò io; ma Lei si tenga
quanto più Le vien fatto rasento all'argine, e spinga coi piedi. Non
avrà mica intormentite le gambe. Bravo, così va bene; avanti sempre.
--E voi tacete di lassù, perfido cane;--gridai, raffidato da quella
buona andatura, e cercando di volgere il nostro caso in
burletta;--siete voi che m'avete fatto incespicare, obbligando
Galatea, la più candida delle ninfe, a seguirmi nell'acqua.
--Lasci star Galatea!--rispose la mia nuotatrice.--Quella poverina ha
rimorso d'essersi messa a correre come una bambina matta.
--Perchè rimorso? Se tutti i miei mali hanno da essere come questo, io
ne invocherò uno al giorno dalla misericordia divina.
--Sì, bravo, si preghi anche un reuma;--diss'ella ridendo;--e lo
preghi a me pure. Faccia meglio, per ora; si rizzi in piedi, perchè
qui si tocca, e via presto presto, verso la stretta del bottaccio. Ma
si tenga ancora all'argine, che oramai, come vede, si può afferrarne
già l'orlo. Qua, qua, è fuori di pericolo, sia lodato il Signore!--
Siamo usciti di là tutti inzuppati, e battendo un po' i denti.
All'aperto non si poteva andare, col rischio di abbatterci in
qualcheduno che vedesse il nostro stato compassionevole. Si rideva
come due ragazzacci, che venissero via da qualche impresa un po'
matta, e si andava frattanto lungo la siepe delle carpinelle, avviati
al rivolo dell'Acqua Ascosa; dove per altro, così bagnati fino
all'osso, non avremmo potuto rimanere.
--Che peccato!--le dissi.--Si doveva star qui un'ora almeno, a finire
la storia incominciata.
--Un'ora!--esclamò.--Doveva durar tanto, quella brutta storia?
--No, quella poteva esser finita in due minuti, tanto era vuota; ma ce
ne sarebbero rimasti cinquantotto per ragionar di cose più liete.
--Ah, volevo ben dire! Ma ciò che non mi può raccontare quest'oggi, mi
potrà raccontare un altro giorno.
--Domani!
--Anche domani. Veda di rammentarsela bene.
--Oh, non dubiti; l'ho scritta tutta nel mio memoriale, ed Ella potrà
confrontare....
--Capisco; Ella ha una gran voglia ch'io legga il suo memoriale.
--Sicuramente; c'è tutta la mia giustificazione.
--E niente la sua glorificazione? Gli autori di memoriali son tutti
così.
--Non io, signorina. Vedrà, se si degna di leggerlo, che spesso mi
tratto.... secondo i meriti miei.--
Così ragionando, si era giunti a quello che si potrebbe chiamare il
Passo della Contessa.
--Di qui, signorina;--diss'io;--bisogna saltare il rivolo, per salire
da quell'orto ai casali di Santa Giustina.
--Ho ben capito;--mi rispose Galatea.--Di qui era saltato anche il
cane. Buci,--soggiunse ella,--voi conoscete la strada, animo, su.--
Buci saltò l'acqua, ed ella dietro a Buci. Volevo saltare ancor io; ma
ella mi trattenne col gesto.
--Alto là!--disse poi.--Vado dalla buona Nunziata a rasciugare i miei
abiti. Non potrei mica ritornare in paese così. E lei, signor Morelli,
deve fare altrettanto a casa sua, che per andarci non ha da passare
per l'abitato. Intanto, con quel bagno che ha preso, si è levato di
dosso un certo odore di pelle di Spagna, che non era niente piacevole.
E noti che io lo gradivo, in altri tempi; ma da parecchie settimane,
non so come, mi era venuto a noia.
--Non sia cattiva, La supplico. Quando avrà letto....
--Sì, sì; ma vada a casa, poverino, che è tutto immollato; vada a
casa, e si cambi alla svelta.
--Andrò; ma ad un patto.
--Dei patti a me?
--Sì, a Lei, e favorisca di ripetere le mie parole: Che mi lasci....
--Che La lasci....
--Parlare quest'oggi....
--Parlare quest'oggi....
--A.... nostra madre.--
Galatea rimase un istante perplessa: ma tosto, vedendo il brutto senso
che il suo silenzio faceva su di me, gridò intenerita:
--Sì, sì, a nostra madre. Non è dunque più lecito di fare una piccola
pausa, per meditare.... per gustare.... un bel modo di direi--
E mi stese la mano, che io afferrai prontamente, e lungamente e
divotamente baciai. Oh, sire Iddio, questa è felicità grande e piena,
e senza mistura! Buci, gran cane, io vi farò fare certamente un
simulacro di bronzo. Corsi a precipizio verso il viale dei pioppi,
valicai il fiume di sotto al pancone, e cinque minuti dopo ero al
Giardinetto, per mutar abiti. Un'ora prima che Galatea ritornasse a
casa sua, c'ero già io, e facevo un breve ma solenne discorso alla
signora Wilson, che già abbastanza mi conosceva e mi voleva bene,
contro i meriti miei, da non sapermi dire di no, e da non pigliar
tempo a rispondermi.
--Come!--esclamò la signorina stupita, vedendomi.--Lei qui?
--Io, per l'appunto;--risposi.--E se non temessi di dispiacerle con la
mia tracotanza, Le riferirei quel che ho finito di dire a sua madre. E
se non volessi lasciare a sua madre l'incarico di persuaderla, Le
soggiungerei che la buona signora per conto suo risponderebbe
volentieri di sì ad una mia calda e rispettosa domanda.
--Eh!--mormorò la signora Wilson.--Mi pare che il nostro signor
Rinaldo non mi lasci più niente da fare. Che ne pensi tu, Kitty, o
piuttosto Kathleen, come bisognerà dire oramai, per far piacere a lui?
--Mamma!--gridò Galatea.
E non potè proferire una parola di più. Ma intanto si gittava nelle
braccia della madre, scoccandole sulle guance due baci, che mi parvero
fratelli germani di quelli ch'io avevo impresso tre ore prima sulla
cara sua mano.
XX.
Galathea for ever.
_21 settembre 18..._
Tiriamo le somme. Io ho trentacinque anni, e Galatea ne ha ventuno.
Forse sono un po' troppo vecchio per lei. Ma c'è chi sostiene che
l'uomo debba avere dieci o dodici anni più della moglie, essendo
ragionevole ch'egli abbia giudizio per due. A questo patto, io sono
ancora troppo giovane; e mi consolo, pensando che il dente del
giudizio non mi è nato ancora. Una pazzia avrò causato di fare, non
terminando il mio _Don Giovanni_. Poco male, del resto; ero appena al
settimo canto, e il mio disegno avrebbe portato il poema ai quaranta.
Ha ragione Filippo Ferri. Perchè darsi pensiero della posterità, la
quale non si darà pensiero di noi? E farà bene, dal canto suo; noi dal
nostro ci leveremo il gusto di mandarle qualche saggio del nostro
valore, ma non in carta stampata; in carne ed ossa, piuttosto, in
buona salute e di ottimo umore, che sappia ridere di lei, vedendola
fare le medesime sciocchezze ond'è rallegrato il secolo nostro, non
dissimile in ciò dai passati. Del resto, se il mondo durerà ancora nel
secolo ventesimo _et ultra_, sarà sempre in forza di una buona
consuetudine che noi abbiamo ereditata dai nostri maggiori, quella di
prender moglie e di far famiglia; buona consuetudine, che io non
raccomanderò mai abbastanza ai miei cari ed amati contemporanei.
Galatea leggerà questa sera il mio memoriale. L'ha chiesto, ed io
glielo porterò, condotto diligentemente fin qui. Lo giudicherà; e se
vorrà condannarlo alle fiamme, non sarò per lagnarmene. Le cose buone
e piacevoli che ci son registrate, le ho tutte scolpite nel cuore; non
è necessario che rimangano scritte sulla carta. E finalmente, io
voglio inaugurare l'altra buona consuetudine di far tutto ciò che a
lei piacerà. L'umano consorzio va male, dacchè il codice costringe le
mogli ad obbedire ai mariti. Chi sa che non voglia andare un po'
meglio, se i mariti prenderanno il verso d'obbedire alle mogli?
_22 settembre 18..._
"Ho letto, e scrivo io, Galatea. Prima di tutto mi piace il nome, e lo
assumo per mio. Direi una bugia, se soggiungessi che mi piace
egualmente tutto ciò che è scritto in questo memoriale del signor
Rinaldo Morelli. Vedo che la pelle di Spagna è stata lì lì per dare al
cervello del mio fidanzato, e non saprei consolarmene, se non rendessi
giustizia alla sua sincerità, che sovra ogni altra cosa mi è cara.
Fors'anche lo scrittore s'è lasciato un po' vincer la mano dal suo
ippogrifo, e l'amor della frase lo ha condotto oltre i termini del
vero. Teniamo conto anche di questo, e conchiudiamo col nostro
Shakespeare, che _all's well that ends well_. In casa mia, del resto,
non entrerà pelle di Spagna; ne faccio promessa formale. Ma io non
sarò prepotente, e qualche freno accetterò ancor io; per esempio, non
giuocherò più al _lawn-tennis_. Che idea, per altro; non amare un
giuoco tanto bello! Ma sui gusti non si discute; ciò che non piace a
lui, non piacerà a me, di sicuro.
"In un'altra cosa ci troviamo pienamente d'accordo: il simulacro di
bronzo a Duci. Buci lo ha meritato. Ha, veramente, corso il rischio di
guastar sulla fine quello che aveva cominciato; ma quello che aveva
cominciato era buono. Vedi il memoriale di Rinaldo al capitolo quarto.
E ne sia lode a Buci, sapientissimo cane, che ride senza far rumore, e
pensa ottime cose dei suoi amici, senza tingersi le dita d'inchiostro.
Il guaio intanto è accaduto a me. Con che coraggio stenderò io la mano
a Rinaldo? specie sapendo per esperienza recente che egli....
"Basta; sarà quel che sarà. Intanto non gli neghiamo il "_visto, si
approva_."
"GALATEA."
Ma che inchiostro! che inchiostro! Paura io, dell'inchiostro!.. Vi
siete persuasa ora? È fuggita, si capisce, dopo avermi accoccato
quello che lì per lì le è venuto alla mano; un gomitolo di refe.
Sempre lei, sempre lei; viva Galatea, _Galathea for ever_! Ma non
senza una giunta, intendiamoci. Galatea Morelli, s'ha a dire. Sarete
meno mitologica, mia dolce bambina; ma tanto più vera, e sommamente
piacevole a me.
RINALDO.
_FINE._
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