Galatea - 02

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menzione dell'acqua. Quell'amico del vino sentì la poesia delle fonti.
La sentirono, del resto, tutti i Romani. L'acqua è diamante liquido;
abbraccia bene, penetra e scioglie, purifica e rallegra, canta bene e
non istuona mai, salvo a maritarla col vino.
Orazio in una tasca della mia giacca e due panini nell'altra, me ne
vado ogni giorno al mio rifugio nel verde. Perchè i panini, dirai, e
per chi? Pei cani che ho sempre amati e più sento di amare, dopo che
gli uomini hanno lavorato più alacremente a renderli uggiosi, vedendo
da per tutto la rabbia. Se i cani diventano idrofobi, non hanno poi
tutti i torti. Li vogliamo amici ad ogni costo, e neghiamo loro ogni
onesta libertà; non li lasciamo ben avere in nessun modo, e li
facciamo servire alle nostre esperienze fisiologiche. I cani lo sanno,
e ne arrabbiano. Un giorno o l'altro vedrai diventare idrofobi i
conigli e i porcellini d'India; questi, anzi, sotto il lor nome
scientifico di cavie, saranno i primi a mordere i polpacci dei dotti.
Qui, dove son liberi, ma dove pare che ricevano i viveri in contanti,
i cani mi vogliono tutti un gran bene, e vengono volentieri con me;
cani da caccia e da pagliaio, da guardia e da tartufi, mi fanno le
capriole, mi saltano alla cintola, mugolando, scodinzolando, fiutando,
girandomi attorno, seguendomi, precedendomi, ringhiando per onor mio a
tutti coloro che passano. Questa è stata la storia della prima
settimana; ma poi s'è dovuto smettere via via, non passando più dai
casolari dove incontravo quei cari amici, che a certe ore mi usavano
la cortesia d'aspettarmi sugli usci. I padroni non vedevano volentieri
queste amicizie dei guardiani di casa col signor forestiero; ed io,
che ho capita la solfa, ho diradate le visite. L'ultimo dei miei amici
di qui è stato Buci, il cane più stravagante di Corsenna. Piccolo e
tozzo, di pelo rossigno con una macchia bianca dall'occhio destro al
naso, gli occhi rossi, mozzate le orecchie e la coda, non è davvero
l'Adone dei cani; ma ride, e ciò lo rende piacevole a vedere; ride,
arricciando con atto strano il labbro superiore e mostrandomi tutti i
suoi denti, corti, serrati, sani e bianchissimi. S'intende che ride
con me e con altri pochi a cui vuol bene; sa ringhiare, per contro, e
ringhia volentieri a molti, specie agli altri cani, volendo battaglia
con tutti.
--Buci, che cosa sono queste scenate?--gli ho detto io qualche
volta.--Non è da cani addentare il proprio simile, ricordatelo bene, è
da uomini. Voi siate buono, affabile, cortese, morigerato e virtuoso;
virtuoso sopra tutto, mi capite? La virtù, per vostra norma, ha sempre
il suo premio, qui, nella mia tasca di destra.--
Questi discorsi fanno sempre un certo effetto su lui. Penso che quel
cane sia capace d'una vera educazione. Il nome della virtù, sopra
tutto, gli fa drizzare quei suoi mozziconi d'orecchi. Gli occhietti
rossi ammiccano maliziosamente all'idea del premio serbato alla virtù
sulla terra; e ride, di quel suo riso muto, ma tanto espressivo,
arricciando le froge sulla chiostra dei denti. Povero Bucino! Ho
dovuto rinunciare alla sua educazione compiuta. Il suo padrone, un
contadino del colle qui presso, dice che glielo svio; perciò da otto
giorni non mi faccio più vedere da quella parte. Ma se non ci sono io
a sviargli il suo cane, c'è altri. Ah, questi benedetti villeggianti,
che frucano da per tutto!
Oggi, per l'appunto, era andato sulle nove del mattino a fare la mia
solita passeggiata, con la solita fermatina oraziana al mio rivolo. "O
fonte di Bandusia, più lucente del vetro!" E letto un paio d'odi,
m'ero anche addormentato; non per colpa d'Orazio, ma dell'argine
erboso, che faceva gradevole invito. Dormivo nondimeno d'un sonno
molto leggero, perchè uno stormir di frasche bastò a risvegliarmi. Chi
vedo? Lui, proprio lui; Buci che mi scova, Buci che mi salta addosso,
mi vuol baciare, mi fiuta il premio della virtù nella tasca.... No,
non calunniamo quel povero Buci. È stato uno dei tanti suoi atti
incomposti; e a quello non si è fermato, non ha insistito su quello.
Per oggi, sicuramente, egli pensa coll'antico filosofo, che la virtù
sia premio a sè stessa.
--Voi qui, Buci?--gli grido, destandomi in soprassalto.--Dormivo così
bene!--
Ma egli non era solo, e la mia frase fu rotta appena incominciata. Di
mezzo alla frappa delle carpinelle appariva una bianca figura; la
signorina Wilson, vestita alla Pamela, o giù di lì, colla sua gonna di
mussolina bianca a fiorellini, un gran fisciù incrociato intorno alla
vita, di mussolina, di tulle, o di garza, non so più bene, certo della
medesima stoffa del cappellino, assai largo di giro, chiuso serrato
sotto il mento, per modo da farle una candida aureola intorno alla
faccia colorita.
Ah, ecco l'inglesina! dirai tu, giungendo a questo punto del mio
letterone. No, niente inglesina; il nome straniero è qui per trarti in
inganno. Si chiamava Wilson il babbo di lei, ora morto, ma nato in
Italia, dove i suoi erano venuti a stabilirsi per ragione di
commercio; è italiana la mamma, fiorentina per la pelle. Aggiungi che
la signorina non è bionda, anzi ha neri, ma proprio neri d'inchiostro,
i capelli; che non è vaporosa di forme, nè altrimenti preraffaellesca,
come pare si costumi laggiù. Di carnagione, per altro, doveva esser
bianca; ma oramai, dal gran vivere che fa sempre all'aperto, è cotta
bruciata dal sole. Mani e braccia sono egualmente abbronzite, non
calzando mai guanti. L'ombrellino lo porta solamente, io credo, per
darsi alle mosche. È, a dirti tutto in due parole, una mezza viragine.
E lei e sua madre ho conosciute due settimane fa, con la Berti e con
altre signore, tutte donne di sboccio; per istrada, si capisce, in un
momento che non potevo più cansare l'incontro, ed ho barattate quattro
parole di complimento, come s'usa in tutte le presentazioni. Non
gridar dunque all'armi; niente inglesina, e la strada polverosa ha
portato via tutti gl'ideali. A quest'età, poi, caro Filippo, vorrei
vederlo io l'ideale che avesse il coraggio di farsi avanti!
Ed anche oggi si barattarono quattro parole, mentre io, da buon
cavaliere forzato, l'accompagnavo fino al principio del paese. Tanto,
il mio sonno era rotto, e rotto l'incantesimo della mia pace nel
verde. Quel che è peggio, e non potrò mai consolarmene, è violato il
mio dolce segreto. Povera acqua ascosa, com'io volevo battezzarla! Ne
verranno, delle brigate, ne verranno a far chiasso da queste parti,
specie per il gran viale dei pioppi, che la signorina Wilson ha
dichiarato un prodigio.
Pazienza! cercherò dell'altro. E se non troverò dell'altro, me ne
andrò. Il diavolo si porti le fanciulle girandolone, e i cani
riconoscenti!


IV.
Poscritto.... rimasto a casa.

_15 luglio 18..._
Strano incontro e bizzarra conversazione, con questa signorina Wilson.
Ben a ragione l'ho chiamata viragine. S'è fatta avanti arrossendo un
poco, anzi diciamo pur molto, se molto ce ne voleva per trasparire dal
bruno della carnagione, e ridendo in pari tempo, ridendo alto, più
gradevolmente di Buci, che ha il riso muto.
--Il signor Morelli!--diss'ella, inoltrandosi.--Capisco ora perchè
Buci voleva venire quassù ad ogni costo. Ma che cosa faceva Lei qui?
dormiva, accanto all'acqua? Narciso ci si sarebbe voluto specchiare.
--Segno,--risposi io,--che non sono un Narciso.
--O piuttosto,--ribattè la signorina Wilson,--questa non è acqua da
affogarci.
--Lo crede?--replicai.--Provando a tenerci dentro la testa....
--Allora, capisco bene, anche un catino basterebbe. Che bell'acqua
viva, del resto!--soggiunse ella, affacciandosi all'argine.--Vien
voglia di ficcarci le mani.--
E fece come diceva, affondando le mani, una dopo l'altra, e le braccia
fino al gomito nell'onda cristallina, che fece intorno ad esse un
lucido braccialetto d'argento. Io frattanto raccattavo il mio povero
Orazio, che era scivolato sull'erba, e correva il rischio di prendere
una bagnatura tanto molesta, quanto era piacevole alla signorina
Wilson quella delle sue braccia indorate dal sole.
--Ecco il compagno di solitudine;--diss'ella, ridendo ancora alla
vista del libro che stavo allora per rimettermi in tasca.--Un romanzo!
--Che! veda piuttosto.--
Così dicendo le squadernai sotto gli occhi il volume, avendo essa le
mani impacciate e non amando io che quelle mani, per quanto gentili,
battezzassero il mio poeta, pagano nella vita e nell'arte; e già
anglicano nell'edizione, se mai.
--_Sis licet felix ubicumque mavis_,--lesse ella, accostando la sua
faccia a quelle del libro,--_et memor nostri, Galatea, vivas_.... Che
cos'è? latino? Capisco ora perchè si fosse addormentato il lettore.
--Oh!--gridai.--Non faccia questo torto ad Orazio, nè a Galatea, il
cui bel nome le è capitato sott'occhio. Mi ero addormentato qui,
perchè avevo dormito poco stanotte.
--Ha ballato?--mi chiese, ammiccando.
--Io! Le pare?
--Ah, sì, è vero; non son cose per Lei, che è... se lo lascia dire?
--L'orso di Corsenna? Dica pure liberamente.
--Come lo sa?
--L'innocenza ha parlato, per bocca del figliuoletto dei Rossi. E sarà
Lei, m'immagino, che ha inventato il soprannome.
--Mi crede dunque molto cattiva?
--No, ma poichè voleva dirmelo....--ripigliai.--Gli autori recitano
così volentieri le cose loro!
--Non sono stata io;--disse la signorina con accento più grave, che
voleva acquistar fede alla sua asserzione.--Ma certamente mi pare che
Le convenga. È proprio un orso, signor Morelli. Si fa la vita di
campagna, vita allegra, di buona compagnia, e Lei se ne sta sempre da
parte come un frate certosino. Si fanno corse di qua e di là, pranzi
nei paesi e merende nei boschi, in dieci, in quindici, in venti
persone, e Lei non si lascia vedere. Si balla qualche volta....
--E l'orso, contro l'uso, non fa neppur questo;--interruppi io.--Che
orso male addestrato, non è vero? Quanto alle passeggiate, vede bene,
signorina, che ne faccio.
--Ma da solo. L'ha mai veduto uno che si diverta da solo?
--Potrei dirle di sì, se avessi l'uso di guardarmi allo specchio. Ma
io sono anche un orso mal pettinato. Infine, vivo da solo, com'Ella
dice.
--E basta a sè stesso, non è così? Capisco infatti che tutto assorto
nei suoi alti pensieri....
--No, non dica questo, La prego. Io non mi basto; e i miei pensieri,
se mai, radono piuttosto la terra.--
Guardavo a terra, accompagnando col gesto la frase. E lì, a due passi
da me, sporgeva il piedino della fanciulla; non un piede da viragine,
in verità, e bisognava rendergli giustizia. Ella certamente si
vergognò, perchè ritrasse il piede, dissimulando tuttavia l'atto
sollecito con una carezza a Buci, che si era posto a sedere molto
gravemente lì presso, quasi in mezzo a noi due. Dal canto mio, ero
pentito già del mio atto, e tanto più facilmente, in quanto che era
stato involontario.
--Radono piuttosto la terra,--ripigliai, volendo mostrare che non
facevo nessuna allusione di cattivo gusto,--perchè appunto la terra mi
piace, così verde, così sana, così confortante allo spirito. Per amor
della terra vengo in campagna. Lor signore, lo so, guardano più
volentieri in aria; quando giuocano al _lawn-tennis_, per esempio.
--Un bel giuoco; non Le piace?
--Avrò il coraggio di confessarlo; niente affatto.
--Pure, è ginnastica.
--Per che farne?
--Per rinvigorirsi. Alle battaglie della vita bisogna esser forti,
respirar bene, muoversi bene....
--Certo; per ballare, per andare nell'inverno a teatro.
--Due cose che hanno la loro bellezza; non è anche Lei di questa
opinione?
--No, signorina.
--Perchè?
--Sono molti, i perchè; richiederebbero molto tempo; ed è forse ora
per Lei di ritornare a casa.
--Ecco, ci muoveremo, e Lei li potrà dir tutti passeggiando.
--Non tutti, non tutti; sarebbero troppi. Ma uno basterà. Nelle
conversazioni, nei ricevimenti, nei balli, nei teatri, in tutti i
luoghi, insomma, dove le donne portano la loro grazia e la loro
gioventù, c'è sempre una caterva di sciocchi. Sono essi il maggior
numero, vorrà convenirne. Per costoro si avrà da perdere il tempo e
l'arte? per costoro da sciupar la grazia e l'ingegno?
--Ma non è vero, non è vero ciò ch'Ella dice;--esclamò la signorina
Wilson, mentre passava davanti a me attraverso il fogliame delle
carpinelle.--Per un uomo che sa il latino,--soggiunse, prendendo
coraggio dall'andar che faceva senza guardarmi,--sono idee molto...
molto... mi aiuti a dire?
--Stravaganti.
--Eh, quasi. Infatti, vediamo, crede proprio che le donne vadano ai
balli e ai teatri per darsi pensiero degli sciocchi? Gli sciocchi son
sciocchi, e nella società si accettano per contorno, come in certi
piatti, mi passi il paragone, gli zucchettini e i cavoli di
Brusselles!
--Poveri zucchettini!--mormorai.--Poveri cavoli di Brusselles!
--Ho detto quelli, non avendo altro alla mano;--diss'ella
ridendo.--Cerchi Lei il contorno più sciocco, e sarà quello che ci
servirà per definire tutti quei personaggi, che dispiacciono a me come
a Lei.
--Ma non dispiace egualmente essere ammirate, citate sui giornali,
vedere il giorno appresso descritte in tutti i loro particolari le
graziose abbigliature.
--Oh sì, mi parli di quelle! Con tanti errori, dovendo farsi aiutare
dalle modiste, e se Dio vuole riuscendo ad imprestare ad una signora
il vestito di un'altra. Del resto, ritornando sui generali, voglio
ammettere anch'io che un po' di tempo si perda in queste occupazioni
di società. Ma questo avviene a tutti, e in ogni genere di vita. Lo
guadagna forse Lei, il suo tempo, leggendo libri latini?
--Chi sa? Il vivere è un disporsi a morire.
--Ah bene! altre idee... come quelle di poco fa.
--Rinunziamoci dunque. Il vivere è un vegetare.--
Qui la viragine diede addirittura in uno scoppio di risa.
--Povera vita, a che la riduce! Ma almeno, per vegetare, bisognerebbe
farsi piantare. Preferisce in vaso, o in piena terra?--
Gran diavola! Con lei, così pronta alla ribattuta, non si poteva
vincere nè impattare.
--Ci sono,--provai a rispondere,--delle piante che non vivono per le
radici, non avendone affatto; piante che vanno, come una arcana
inquietudine interna le sospinge; piante che volano, come il vento le
porta.
--Davvero? Le metteremo alla prova. Mi accompagni, sulla cima di quel
monte.
--Signorina!...
--Perchè no? Tal quale mi vede, io vado da per tutto, anche da sola.
Stamane ho già fatta una scorribanda assai lunga, e per luoghi
abbastanza selvatici, senz'altra compagnia che quella di Buci. È un
eroe, non lo sa?
--Lo so benissimo. Qualche volta è fin troppo ardito, temerario a
dirittura. Ma per andare lassù, a Santa Giustina, giudicando così ad
occhio e croce, penso che tra il salire, il restare, il discendere ci
vorranno almeno due ore. E sono adesso le undici.
--Allora sarà per domani. Cioè, non per domani. Domani si va a
visitare un altro santo. Come si chiama più? È il monte più alto di
questi dintorni, a mille metri sul livello del mare.
--San Donato;--le dissi.
--Sì, per l'appunto, San Donato;--rispose ella.--C'è forse già stato?
--No, mai: ho letto il nome sulla carta.
--Senta il desiderio di portargli la sua; voglio dire la sua carta di
visita. Ci venga anche Lei, domattina.
--Io? Le pare?
--Lei, sì, Lei. Saremo una ventina di persone; le Berti, ch'Ella
conosce; la contessa Quarneri, col sèguito; il commendator Matteini;
Terenzio Spazzòli, detto l'impareggiabile, ed altri che non ricordo,
ma tra i quali non vanno dimenticati i ragazzi della signora Berti.
Hanno poi promesso di accompagnarci la signora sindachessa e la
signora segretaria comunale, che sono, vorrà convenirne, le due prime
dame di Corsenna, per diritto d'uffizio. Condurremo anche Buci, qui
presente ed accettante. Non si decide?
--Oh, non sarebbe per Buci, se mai; nè per tante altre persone che mi
ha nominate.
--Volevo ben dire!--gridò ella battendo le palme.--Non sarebbe stato
cavaliere. Parlando sul serio, signor Morelli, veda un po' d'esser
buono. Tutte queste signore villeggianti di Corsenna dicono che Lei
vive così appartato, perchè non ha trovata una compagnia abbastanza
piacevole. Smentisca la calunnia, e venga.
--Signorina... non per la calunnia, che si chiarirebbe tale da sè, ma
per non rispondere con un mal garbo alla sua gentilezza, verrò. I
posteri non lo crederanno, ma infine....
--I posteri non lo sapranno neanche;--rispose ella, entrando con
gioconda padronanza nella mia celia.--E poi, chi vuole occuparsi di
loro?--
In questi discorsi eravamo giunti al viale dei pioppi. La signorina
Wilson, venuta su da un'altra parte, non lo aveva ancora veduto. Ne fu
tutta ammirata, innamorata, rapita al settimo cielo. Sincera, vivace,
tutta di primo impeto, aveva facili le espansioni, come pronta la
lingua. Di quella maravigliosa piantata di pioppi volle fare uno
schizzo nel piccolo albo che portava sempre con sè. Furono pochi segni
di matita, ma sicuri ed efficaci. Gran diavola, l'ho già detto e lo
ripeterò ancora Dio sa quante volte, gran diavola di ragazza!
Osservavo, intanto; e com'ella ebbe finito, lodai, non solamente per
obbligo di cortesia, ma ancora per sentimento di verità, ch'ella
doveva pur riconoscere.
--No, non mi lodi;--rispose ella tuttavia;--come disegno non val
niente. È un ricordo, e come ricordo può andare. Vede intanto, signor
Morelli, che io non perdo sempre il mio tempo? Se una cosa è bella, se
franca la spesa, ne godo; se è sciocca, la lascio stare.
--Amen;--fui per rispondere; ma mi contentai di dirlo col gesto.
Mezz'ora dopo eravamo al principio del paese, dov'io presi commiato ed
ora per il giorno seguente. Giunto a casa, ho finita la lettera per
Filippo Ferri, ed ho tirato giù questo passio. Anch'io per ricordo.
Come ricordo può andare... e restare. Che perditempi, dopo tutto!


V.
All'altra bellissima ottava.

_17 luglio 18..._
Sì, diciamolo pure, che perditempi! E vanno proprio notati nel
memoriale. Questo, davvero, meglio delle mie lettere a Filippo Ferri,
vuol riuscire il "Giornale di Corsenna".
Ieri mattina alle sei, puntuale come un creditore, mi sono presentato
in armi sulla piazza. Avrei voluto fare più nobili apparecchi di
vestiario; ma poi ho pensato che si andava in montagna, che ero io
l'invitato e non il mio abito, che finalmente il mio tutto vestito di
tela era decentissimo, e il far novità sarebbe parso un atto di
debolezza. Così non ho mutato niente del mio fornimento; solo v'ho
aggiunto un bel fiocco di cravatta a capi svolazzanti, che facesse un
pochino di spicco, dando tono e grazia a tutto il restante.
Sciocchezze! ma chi non ne fa non ne conta.
C'erano le Berti, mamma, tre figliuole e due ragazzi, come a dire la
chioccia e i pulcini. C'era la segretaria comunale, ma senza la
sindachessa, che non aveva potuto muoversi da casa, essendo indisposto
il primo magistrato di Corsenna. Si prevedeva, del resto; non già che
fosse indisposto il sindaco, ma che la sindachessa, dopo aver detto di
sì, facesse di no: era quello il suo modo di affermare la propria
importanza. Giungevano in quel punto le Wilson, madre e figliuola; si
faceva aspettare mezz'ora buona la contessa Quarneri, luminosa
bellezza che non era mai pronta, ed aveva bisogno di comparire ultima
sull'orizzonte, da quell'astro che era, e accompagnata dai suoi
satelliti, come è costume degli astri. Appena giunta lei, ci mettemmo
in cammino. Ricorderò, per amor d'esattezza, il commendator Matteini,
un gentiluomo che ha conservato per trentacinque anni le patrie
ipoteche, ed ora con eguale pertinacia conserva le sue fedine bionde,
facendo il bello con la modesta gravità dell'uomo che non vuol dare
importanza soverchia a questo dono di natura. Brav'uomo, del resto, e
niente noioso, neanche quando parla del tempo ch'egli era di posto a
Bologna; la "città dell'anima" com'egli la chiama, accompagnando la
frase con una certa allargata di mantici e con certi stravolgimenti
d'occhi, da lasciar balenare Dio sa quali ipoteche; radiate, speriamo,
radiate oramai.
I vecchi son giovani, viva la faccia loro; ma chi sarà vecchio, se non
ci si mettono i giovani? Ecco appunto Terenzio Spazzòli, che tiene
nobilmente il suo posto di vecchio, senza averne l'età; Terenzio
Spazzòli, senz'altri titoli, nè personali, nè ereditarii. Ma quello ha
l'aria d'esser tutto; indispensabile in società, gran velocipedista
nel cospetto delle tribune, gran guidatore di _cotillons_ nelle feste,
gran mastro di campo in tutte le giostre, socio nato di tutti i
_clubs_ che Dio misericordioso permette, di tutte le brigate
"sportive" che sanno architettare e favorire le donne, queste graziose
emulatrici della onnipotenza divina. Severo nel vestire,
inappuntabile, inimitabile, impareggiabile, come lo ha battezzato la
signorina Wilson; angoloso, bislungo e magro, ma adatto come un
attaccapanni a tutte le mode; parco di parole e di gesti; un po' can
barbone all'aspetto. Ha intera la barba, di fatti, ma rada, corta
intorno alle guance, solamente più lunga e appuntata alla spagnuola
sul mento; barba nera, aggiungo, che dà risalto ai denti bianchissimi,
spesso e volentieri in mostra, come quelli di Buci. Anch'egli ha
questo modo di ridere, a denti stretti, senza sonorità, senza spruzzi,
manco male; e di ciò gli va data gran lode.
Mi fanno tutti di gran cortesie, non c'è che dire. La signora Berti e
la signora Wilson, due mamme, mi prendono in mezzo, dopo che tutti gli
altri mi hanno salutato; il commendator Matteini, con benevolenza
tranquilla di capo d'ufficio in vacanza; Terenzio Spazzòli con gravità
contegnosa, che potrebb'essere timidezza ed è forse degnazione; i tre
satelliti della contessa Quarneri con pronta ed eguale affabilità,
dopo che l'astro luminoso m'ha involto benignamente in un effluvio di
pelle di Spagna, in una musica di paroline soavi, in un barbaglio di
raggi e di sorrisi. Bravi, ragazzi; così va bene, senza dissonanze tra
voi e senza sospetti per me. Ma dove mi sono imbarcato! Non vedo
neanche il mio Buci, buon amico personale, e diciamo pure politico.
--Gliel'avevo fatto sperare;--trovò modo di dirmi la signorina Wilson,
che pareva indovinare la causa della mia tristezza.--Ma il suo padrone
è venuto iersera a ridomandarlo. Povero cane! non voleva spiccarsi da
noi, temendo forse di buscarle. Ho ottenuto dal suo padrone che non lo
bastonasse; quanto a lui, l'ho fatto andar più contento,
promettendogli tutti gli avanzi della grande giornata.--
Gli avanzi promettono d'esser vistosi, perchè gli apparecchi son
molti. C'è tutta una batteria di ceste, di canestri, di sporte, a cui
bastano appena due muli e un somarello, fissati da Terenzio Spazzòli,
nostro duca e signore. Come sempre avviene, l'asino è il più carico;
del che non si duole. Con quei suoi passi corti e veloci, mossi a
contrattempo, va sempre avanti a tutti, povero ciuco, e le sue grandi
orecchie tese danno il buon esempio ai membruti compagni. Saltellano
intanto le some; si sentono tintinnire le latte delle conserve,
acciottolar le stoviglie, sgrigiolare gl'involti del pane, delle carni
arrostite, lesse, salate. Fortuna che le bottiglie sono diligentemente
impagliate, e i fiaschi bene affondati in grandi ceste di fieno. C'è
un canestro che Terenzio Spazzòli ha fatto caricare con maggior cura;
e non si sa che cosa ci sia dentro, e tutti muoiono dal desiderio di
saperlo; ma l'inflessibile condottiero non si lascia smuovere da
domande nè da supplicazioni; mostra i denti con una autorità
inesorabile. Non vuole nemmeno che si parli di un altro carico
misterioso, che dovrebb'essere la sua improvvisata più grande. È il
più voluminoso, di fatti.
La mia mazza babilonese, tagliata in un ramo diritto di nocciuolo, ha
destata la maraviglia delle signore. Ho dovuto spiegare perchè sia
così lunga, e la signora Berti se n'è sbigottita. Ci son dunque molte
serpi, in montagna? No, su per giù quante ce ne sono in pianura, e
inoffensive, se mai, cioè non velenose; ma bisogna potersi guardare, e
in questi casi un bastone lungo, pieghevole e rustico, val sempre
meglio d'una corta e pulita mazza cittadinesca. Terenzio Spazzòli mi
ha dato ragione, osservando giudiziosamente che male servirebbe in
questi luoghi l'alpenstock, tanto di moda oggidì, ed anche fatto di
bambù; vero arnese di parata, che nei passi difficili serve poco a
sostenere, e nei brutti incontri, dovendo assestare due o tre colpi,
si spezza, o alla men trista si sciupa; mentre un buon bastone
egualmente lungo, di nocciuolo o di fràssino, sarebbe in ogni caso il
più adatto.
Abiti convenienti per una gita in montagna sono stati messi fuori
dalla contessa Quarneri, dalle signorine Berti e dalle due Wilson,
madre e figliuola: cappellini semplici, senza sfoggio di nastri e di
pennacchi, giacche alla marinara e gonne corte, che lasciano vedere i
borzacchini di pelle chiara, allacciati sopra la noce del piede. Anche
gli uomini tiroleggiano (concediamoci il gaudio d'un verbo nuovo), col
fondo dei calzoni chiuso dentro le ghette, o dentro il collo delle
scarpe da caccia; le giacche di panno bigio, tagliate a camiciotto e
la cintura cucita addosso, per accoglierle in artistiche piegoline
attorno alla vita. Il commendator Matteini è un poema; ha perfino la
penna di pavone e il fiore stellato dell'edelweiss sulla testiera del
suo cappello verde.
Nella prima ora del nostro viaggio eravamo tutti uniti in un solo
drappello. A poco a poco, salendo la strada a ritroso del fiume, ci
troviamo divisi in manipoli, secondo che hanno portato i capricci
della conversazione, gli umori diversi e la maggiore o minore
sveltezza delle gambe. Senza volerlo, io sono rimasto degli ultimi,
colla Berti madre, che è la mia conoscenza più vecchia, e rappresenta
del resto il maggior volume della brigata. La buona signora mi parla
con arguta sincerità dei suoi ottantanove chilogrammi di peso, che non
sono sempre piacevoli a portare: ma si consola pensando che erano già
stati novantaquattro; ond'ella si è già liberata di cinque, e più
spera di lasciarne in istrada, facendo continuamente del moto. Iddio
l'esaudisca; ma per intanto ella viene ultima da per tutto.
E si sale ancora, si sale sempre su per la valle lunga; traversando
paeselli e casolari; prendendo alcuni, un po' per chiasso, un po' per
comodità, l'aiuto dei carri di contadini che si combinano per via;
riunendosi qualche volta i manipoli sparsi, e separandosi da capo;
ridendo tutti, chiacchierando, vociando, ammirando qua e là, facendo le
maraviglie d'ogni più piccola cosa, e giurando che mai e poi mai si è
fatta una più bella scampagnata. Così abbiamo passato l'ultimo ceppo di
case, un mulino e una ferriera, dove la valle si fa più stretta e più
fosca, e la via diventa un sentiero, tra macchie di ontàni, di querci e
di fràssini, tra ciuffi d'eriche, di felci, di rovi, tra rumori continui
di acque zampillanti, sussurranti, gorgoglianti d'ogni parte. La natura
è qui d'una bellezza orrida, che piace assai, come tutti i contrasti. Il
fiume, più ristretto d'alveo, si fa anche più capriccioso. Spesso il suo
letto è quasi interamente attraversato da grossi petroni, impedito da
balze e scogliere, ingombrato da massi tondeggianti come palle di
bombarde spettacolose, non mai più viste, non mai più fabbricate. La
signorina Wilson vuol sapere perchè quei massi rotondi, rugosi, di color
rossastro si trovino là. Pietre cadute dai monti, risponde il
commendator Matteini. Passi pei petroni, pei lastroni, per le falde e i
macigni di calcare, che si vedono qua e là lungo il cammino, ancor male
arrotondati dalle acque e dagli attriti del viaggio; ma quei massi
tondeggianti appariscono più compatti e più antichi; son di granito, o
di quarzo; centinaia di secoli li han visti così, e non sempre a quel
posto. Io qui metto fuori la teorica dei massi erratici, lavorati e
trasportati dagli immensi ghiacciai dell'epoca terziaria. Ciò mi solleva
di qualche cubito nell'estimazione dei miei uditori; ci divento il
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