Fra Tommaso Campanella, Vol. 2 - 17

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pretendevano dette dal Campanella, per lo che aveva con costui una
cifra secondo la quale si scrivevano scambievolmente. E l'Avvocato si
attenne alle stesse cose negl'interrogatorii, e per l'articolo in cui
si affermava avere il Pizzoni professate tutte le eresie del Campanella
volle che ogni testimone dicesse: se conosceva che il Pizzoni e il
Campanella fossero familiari tra loro e da quali segni l'avea rilevato,
se aveva mai udito costoro parlare di cose contro la fede e di quali
cose, dove, e quando, e alla presenza di chi, e in modo aperto e chiaro
o piuttosto oscuro, se aveva poi riferito ad altri queste cose, e a
chi, e dove, e quando, e con quale occasione e a quale scopo, se infine
conosceva quali fossero le opinioni del Campanella e che le esponesse
etc. etc. Diede dippiù altri interrogatorii aggiunti, volendo che ogni
testimone dicesse se era stato persuaso da qualche giudice a deporre
contro il Pizzoni, segnatamente perchè il Pizzoni avea deposto contro
di lui, se sapeva che fossero state scambiate lettere tra il Pizzoni e
il Campanella, e cosa esse contenessero e in quale carattere fossero
scritte, se sapeva che il Campanella e fra Dionisio avessero minacciato
il Pizzoni e procurate fedi testimoniali false, se sapeva che il
Pizzoni fosse stato lettore e predicatore di buone dottrine cattoliche
o si fosse mai detto il contrario, se infine esso testimone era stato
mai inquisito, processato e condannato, e da chi, e dove e per quale
causa.
Da ultimo, quanto a fra Dionisio, vi furono per parte del fiscale
17 articoli, volendo provare aver lui detto, creduto ed insegnato
o tentato d'insegnare: che non c'era Dio, che la Trinità era una
chimera... insomma quasi tutte le cose affermate contro il Campanella,
aggiuntovi il fatto osceno in dispregio dell'ostia che sarebbe stato da
esso fra Dionisio perpetrato, e con la conchiusione dopo tanto lusso di
articoli, che aveva tenuto, creduto, insegnato o tentato d'insegnare
tutte e ciascuna delle opinioni eretiche le quali si pretendeva aver
tenute, credute e insegnate il Campanella. È superfluo dire che
l'Avvocato seguì puntualmente il fiscale negl'interrogatorii; ma
bisogna notare che aggiunse un'altra quantità d'interrogatorii divisa
in tre gruppi, l'uno circa la persona del Pizzoni, l'altro circa la
persona del Lauriana, il terzo circa la persona del Soldaniero. E col
1^o volle che fosse il Pizzoni interrogato sopra più fatti: se esso
Pizzoni fosse stato amico o nemico di fra Dionisio ed essendogli nemico
come mai avesse fra Dionisio potuto comunicargli tanto gravi eresie,
se fosse vero l'aver rubato molti scritti e prediche di fra Dionisio
e l'essersene costui lagnato co' superiori, se avesse fatto fuggire
fra Gio. Battista di Polistina quando fra Dionisio cercava di farlo
carcerare per l'omicidio del P.^e Ponzio, se fosse stato mai cacciato
da qualche convento in cui fra Dionisio era Priore, se nel luglio 99
incontratosi con fra Dionisio in Stilo avesse cercato di parlargli e
fra Dionisio vi si fosse rifiutato, se avesse dimorato più a lungo col
Campanella ed avutane maggior conoscenza in paragone di fra Dionisio.
Col 2^o gruppo d'interrogatorii volle che il Lauriana dicesse: se
esso Lauriana avesse cercato di vendere a fra Vincenzo Perugino certi
scritti, che fra Vincenzo non volle comprare avendo conosciuto che
apparteneano a fra Dionisio, se fosse stato mai suddito di fra Dionisio
e da costui pubblicamente gastigato ed espulso dal convento per mala
vita, se nel convento di Pizzoni ci fosse un passaggio per la cella del
Vicario volendo andare alla cucina, se in Pizzoni fra Dionisio fosse
stato prima o contemporaneamente al Campanella. Infine col 3^o gruppo
d'interrogatorii volle che il Soldaniero dicesse: se esso Soldaniero
fosse andato nella camera in cui trovavasi carcerato fra Dionisio per
parlargli, avendogli pure fatto visite, assistenza, spese, e prestato
danaro quando fra Dionisio era infermo, allo scopo di conciliarsi con
lui; inoltre se nelle carceri gli avesse rivelate le deposizioni fatte
contro di lui, e divulgate alcune circostanze deposte nel suo esame.
Evidentemente gl'interrogatorii aggiunti, pel Pizzoni e per fra
Dionisio, venivano da costoro medesimi suggeriti all'Avvocato
con lo scopo di prepararsi il terreno alle difese. E così pel
povero Campanella, che continuava a mostrarsi pazzo, non vi furono
interrogatorii aggiunti, ed invece di essi vi furono le semplici
raccomandazioni a' Signori Giudici.
Il 21 agosto 1600, nella seduta medesima in cui si faceva l'esame
informativo di Valerio Bruno, procedevasi alle ripetizioni, cominciando
da quelle contro il Campanella, che furono in breve esaurite nelle
sedute successive del 22 e 23, aggiungendovisi una ripetizione
supplementare il 29 agosto. Furono ripetuti il Soldaniero, il Pizzoni,
il Lauriana, il Petrolo, fra Pietro di Stilo; la ripetizione del
Petrolo ebbe bisogno di un supplimento, per chiarire alcuni punti su'
quali non parve di avere avute risposte da poter contentare[188]. Ad
ognuno di costoro si lesse dapprima, con le debite ammonizioni, ogni
singolo interrogatorio, di poi ogni singolo articolo «della parte
avversa», a meno che la persona del testimone non vi fosse del tutto
estranea, aggiuntavi pure qua e là qualche dimanda _ex officio_; e
però nel processo si trovano inserti prima gl'interrogatorii con le
ammonizioni e poi gli articoli, secondo l'ordine col quale doveano
rivolgersi al testimone per averne le risposte. I lettori intenderanno
che noi non potremmo in alcun modo riferire tutta la serie di queste
risposte, le quali veramente dànno una quantità notevole di notizie,
onde simili atti processuali riescono sempre di una grande importanza:
moltissime notizie, da essi rilevate, hanno servito di base alla nostra
narrazione degli antecedenti del Campanella, della congiura ed anche
de' primi atti del processo; qui terremo conto essenzialmente delle
cose che riflettono i punti più cospicui della causa.
Il Soldaniero (21 agosto) dovè dichiarare che era stato una volta
scomunicato «per havere preso alcuni ribelli in chiesa» senza dire se
fosse stato assoluto; e vedremo che pure di questo fatto si servì poi
fra Dionisio per infermare la validità della sua testimonianza. Del
rimanente continuò a dire che non aveva mai conosciuto il Campanella,
non aveva mai ricevuta da lui alcuna lettera, e ne aveva avuta
relazione solo da fra Dionisio, dal Pizzoni e da fra Pietro di Stilo,
il quale ultimo non gli disse nulla del Campanella contro la fede,
mentre i due primi gli dissero che il Campanella era uomo d'importanza,
poteva fare miracoli, poteva risuscitar morti (null'altro che questo).
Continuò a dire che mandò il Priore di Soriano a rivelare ogni cosa al
Visitatore, e dichiarò di non avere avuta niuna promessa per deporre
nel modo in cui depose. Naturalmente, non avendo mai conosciuto il
Campanella, non potè attestare niuna delle cose affermate ne' 20
articoli del fiscale.--Il Pizzoni (22 agosto) ripetè le solite cose.
Aveva conosciuto il Campanella da lungo tempo, ma solo quella volta
che lo vide in luglio, lo udì parlare di eresie. Accennò (abbastanza
goffamente) alle argomentazioni con le quali si era sforzato di
ribattere le eresie che il Campanella aveva proferite, ed alla lettera
che scrisse al P.^e Generale, con l'opera del Lauriana, per informarlo
di tutto; aggiunse che non potè fare altra dimostrazione contro di
lui, perchè egli era accompagnato da tre o quattro banditi, come il
Caccia e Marcantonio Contestabile; (sempre senza riguardo alcuno verso
il Campanella e solo intento a salvare sè medesimo con la menzogna).
Confermò che al suo esame innanzi a fra Cornelio era presente D. Carlo
Ruffo, che quell'esame conteneva molti errori e non gli era stato
letto come era stato scritto. Sopra ciascuna eresia, che avrebbe
udita dal Campanella, molto spesso si riportò agli esami fatti, non
ricordandosi bene (circostanza da notarsi), ed infine aggiunse che
quando parlava degli esami fatti, intendeva parlare di quelli fatti in
Napoli, perchè in quelli fatti in Calabria ci erano «mille errori del
scrittore».--Il Lauriana (nella seduta medesima) disse che conosceva il
Campanella da due anni, e pel rimanente non fece che risponder sempre,
«vedete al mio esamine che sarà llà,.. non mi posso ricordare,.. vedete
llà all'esamine». Aggiunse infine, «queste cose le mantenerò in faccia
à fra Dionisio et à fra Thomaso»; ed allora i Giudici gli fecero
l'obiezione naturalissima, «come potrà sostenere quelle cose che dice
di non sapere e non ricordare»; ed egli, «io lo sostenerò perchè essi
l'hanno detto»; e i Giudici, «quali sono queste cose che i predetti
dissero»; ed egli, «stanno scritte all'esamine, vedetelo llà»; e i
Giudici, «dica le cose che si contengono in detto esame»; ed egli,
«io non me ne ricordo»! Confermò del pari che a Monteleone D. Carlo
Ruffo fu presente all'esame; e poi, venendo agli articoli, sul primo,
cioè che il Campanella aveva detto non esservi Dio, rispose, «vedete
l'esamine che mi pare che lo dica, et esso havea un libro in mano,
che trattava de Deo, et si chiama Plinio»; su tutti gli altri rispose
che non se ne ricordava, appellandosi continuamente al suo esame.--Il
Petrolo (23 agosto) disse di avere conosciuto il Campanella prima che
fosse frate, «che esso era prevetello», e poi negli ultimi due anni.
Quindi, molto diffusamente, citando una quantità di circostanze,
confermò ciascuna delle cose che avea deposte contro di lui. Narrò le
pressioni sofferte la prima volta da parte di fra Cornelio per farlo
deporre, la lettura fattagli privatamente dell'esame del Pizzoni
per avere da lui le deposizioni medesime; e poi la presenza di D.
Carlo Ruffo, del Capitano di campagna e di molti birri, nell'esame
di Gerace, le pressioni ivi sofferte da parte di fra Cornelio per
fargli sottoscrivere un esame che conteneva più di quello che aveva
detto, l'andata alla stanza della tortura con lo Sciarava, le violenze
di costui che prendendolo pel petto l'obbligò a sottoscrivere; onde
si rimise all'esame fatto in Napoli «perchè quello di Calabria non
fu scritto come egli diceva». Intanto venne ripetendo le eresie che
il Campanella gli aveva espresse in discorsi confidenziali, negando
quelle non deposte da lui e taluna malamente scritta in Calabria,
come pure le diverse esagerazioni accumulate su quelle da lui deposte
(che il fiscale aveva tratte dalle deposizioni del Caccia, del Pisano
etc.).--Fra Pietro di Stilo (nella seduta medesima) dicendo che si
era confessato al P.^e Gonzales, aggiunse che costui faceva a tutti
belle esortazioni, ed andava spesse volte dal Campanella e gli faceva
«brutte riprensioni». Narrò la sua conoscenza col Campanella «da che
era figliolo», accennando anche ad un progetto di matrimonio tra un
fratello suo ed una sorella del Campanella, che poi non si concluse
«per questi romori». Confermò di non aver mai udito il Campanella
parlare contro la fede, e di averlo solamente dovuto rimproverare
come superiore del convento, ammonendolo che non praticasse tanto con
secolari. Espose assai minutamente le circostanze verificatesi nel suo
primo esame in Squillace, ricordando le dimande fattegli e le risposte
date, e il non essersi voluto scrivere il processo verbale, e l'essere
stato minacciato di consegna alla Corte Regia da parte del Visitatore e
più ancora di fra Cornelio, presenti i birri della Corte; poi le cose
medesime verificatesi in Gerace, presenti il Capitano di campagna e i
suoi soldati, e l'avergli fra Cornelio mostrati certi ferri co' quali
voleva fargli stringere il petto, e d'altra banda l'avergli promesso
libertà se dicesse di avere udito eresie dal Campanella, aggiungendo
che fra Cornelio aveva preso molti danari da' conventi ed altre robe
da' particolari per fornirne gl'inquisiti, e intanto nessuno avea
ricevuto nulla. Intorno alla Trinità, a' Sacramenti ed in ispecie
all'Eucaristia, e così pure intorno alle Sacre Scritture, non solo
negò che il Campanella ne avesse parlato male, ma attestò che alle
volte disputando con dottori e con Cappuccini, alle volte predicando
in Chiesa, ne aveva parlato sempre bene; del resto egli disse, «io non
mi intendo di queste cose perchè son ignorante». Intorno all'ecclissi
avvenuta a tempo della morte di Cristo rispose, «sò che il Campanella
parlava di stelle, de lune, di clisse, è di terremoti et di tutte
le scientie del mondo, è mi parevano cose curiose, è buone, mà dela
oscuratione fatta à tempo dela morte di christo non ne sò niente»:
intorno a' miracoli poi, pur negando che il Campanella avesse parlato
de' miracoli di Cristo come era stato malamente scritto in Gerace,
ammise che una volta, mentre il Campanella diceva che le opere sue
si potevano comprovare con miracoli, avendo taluno, che forse era il
Prestinace, argomentato in materia di miracoli, il Campanella mostrò
di sprezzare quegli argomenti ed accennò ad una certa «elevatione di
mente». Passando agli articoli, fin dal 1^o disse, «poi che il fiscale
dice questo, et è comprobato dalla Santa Chiesa che il Campanella è
tenuto per uno heretico, vi dico che per l'avenire lo voglio tenere
anchora io per heretico, ma però di queste cose contenute in questo
articolo non ne sò niente»; ed egualmente per tutti gli altri articoli
disse non saperne niente.--Infine il Petrolo (29 agosto) fu esaminato
di nuovo, per dare chiarimenti intorno ad alcune cose che aveva
ammesso per dette dal Campanella ovvero enunciate in modo confuso, e
segnatamente intorno alle superstizioni che c'erano nell'Eucaristia,
intorno all'ecclissi a tempo della morte di Cristo, intorno all'essere
stato il sacramento dell'Eucaristia istituito per ragione di Stato. Ed
egli, negando quest'ultima proposizione, che disse di non intendere ed
attribuì totalmente a fra Cornelio, negando che il Campanella avesse
mai parlato di quella tale ecclissi ed ammettendo invece che avea detto
essere il sole calato alcune miglia, dichiarò di non ricordarsi delle
superstizioni che c'erano nell'Eucaristia. Ed aggiunse: «per l'amore
di Dio, le Signorie Vostre non habbiano tanto riguardo alle cose fatte
in Calabria, perchè le cose furono fatte tanto imbrogliate, è sotto
sopra che non si potria dire»; e ricordò avere un prete di Gerace detto
che loro frati si cavavano gli occhi l'un l'altro, ed essere stati dal
Mesuraca dati 100 scudi a fra Cornelio perchè processasse mortalmente
il Campanella ed egli potesse così guadagnarsi il taglione dalla Corte
Regia, narrando di nuovo tutte le circostanze della fuga e cattura sua
insieme col Campanella per opera del Mesuraca.
Se ci facciamo a valutare i risultamenti delle ripetizioni contro il
Campanella, troviamo le seguenti cose. Riuscirono: assai meno gravi
e quasi insignificanti le testimonianze del Soldaniero, già prima
poggiate essenzialmente sopra vaghi detti e congetture; abbastanza
chiaramente false le deposizioni del Lauriana, già dettate da
suggestioni ed ingrossate per bestiale scempiaggine; pur sempre
molto gravi e compromettenti le testimonianze del Pizzoni, già date
senza dubbio per doppiezza e speranza d'impunità; non meno gravi,
comunque attenuate di molto, le testimonianze del Petrolo, già rese
per eccessiva timidezza piuttosto che per malvagità; sempre più
favorevoli e giustificative da ogni lato le testimonianze di fra Pietro
di Stilo, già prima niente affatto lievi per avveduto apprezzamento
de' tempi, de' luoghi e delle circostanze. Riuscirono poi unanimi le
dichiarazioni di mala condotta de' primi processanti da parte dei
frati d'ogni colore, ma se esse giungevano ad infondere gravi dubbî
sulla legittimità del processo fondamentale di Calabria, non potevano
giungere a scuotere la convinzione che molte eresie aveano dovuto
essere manifestate dal Campanella almeno ne' discorsi confidenziali,
poichè, mentre p. es. il Pizzoni diceva che «mille errori del
scrittore» erano corsi nel suo esame, e il Petrolo diceva che «le cose
furono fatte sotto sopra», in fondo entrambi confermavano in tutto o in
gran parte le loro testimonianze precedenti.
Ecco ora i particolari degli esami ripetitivi contro il Pizzoni. Essi
si fecero immediatamente dopo quelli del Campanella ed occuparono due
sedute, il 23 e 24 agosto: furono ripetuti, il Soldaniero (in due
volte), il Lauriana, Valerio Bruno e il Petrolo.--Il Soldaniero disse
di avere già conosciuto il Pizzoni qualche tempo prima che confermasse
le eresie di fra Dionisio, perchè veniva spesso in Soriano; che
quando vi venne con fra Dionisio, in due giorni successivi confermò
le eresie che costui diceva, cioè che il Sacramento dell'altare non
era vero, che egli se n'era servito per un uso osceno, e che i sette
peccati (_sic_) erano stati fatti per ragion di Stato, rimettendosi
in tutto il resto all'esame primitivo giacchè non se ne ricordava.
Persistè nell'asserire che ne avvertì il Priore ed il Lettore fin dal
1^o giorno, e poi, nel 2^o giorno, procurò che que' frati fossero
cacciati dal convento, affermando che il Pizzoni avea detto potersi
sempre mangiar carne, ed avea lodato il Campanella e le sue opinioni
eretiche, ond'egli congetturò che tutti e tre que' frati si avessero
comunicate le eresie tra loro. Inoltre confermò di aver narrato il
fatto a fra Domenico e poi a fra Gio. Battista di Polistina, e dietro
dimanda d'ufficio, attestò che credeva costoro uomini da bene; disse
di non conoscere lettere scambiate tra il Pizzoni e il Campanella,
e infine dovè dichiarare di essere stato processato, secondo lui
falsamente, per l'omicidio di due fratelli Soldaniero parenti suoi.
Quanto alle cose contenute negli articoli del fiscale, disse che non
si ricordava se il Pizzoni avesse o no parlato dell'esistenza di Dio e
della Trinità, che avea parlato del potersi mangiar carne ogni giorno,
e che egli riteneva avergli discorso di eresie in que' due giorni per
insegnargliele!--Il Lauriana disse di aver conosciuto il Pizzoni da
oltre sei anni, non averlo mai visto fare o dire qualche cosa contro la
fede, e solo averlo udito dire, a proposito di un libro del Campanella,
che alcune delle cose scritte in quel libro gli parevano buone ed altre
no, mentre esso Lauriana non le riteneva buone, perchè erano contro S.
Tommaso, non già contro la fede. Confermò che in Pizzoni il Campanella
e il Pizzoni stettero insieme sette giorni, e che quando il Campanella
parlò di eresie era presente anche fra Dionisio. Disse di non sapere
che il Pizzoni avesse professate le eresie del Campanella, di sapere
che costoro si scrivevano ma di non averne mai visto i caratteri,
infine di non essere a sua notizia che alcuno avesse minacciato il
Pizzoni e procurato fedi false contro di lui. Quanto alla materia degli
articoli del fiscale, sopra ognuno di questi rispose o di non averne
udito nulla o di non ricordarne nulla.--Valerio Bruno disse di aver
conosciuto il Pizzoni in Soriano, ma non avergli mai parlato; di aver
udito dal Soldaniero, quando lo fece cacciare dal convento insieme con
fra Dionisio, che avea detto mille cose contro la fede, ma non avere
saputo nulla di particolare. Non avea saputo nemmeno che avesse detto
potersi mangiar carne ogni giorno. Così non potè dare alcuna notizia
precisa, e su ciascuno articolo rispose non saperne nulla.--Finalmente
il Petrolo disse di aver conosciuto il Pizzoni da due anni, ma non aver
mai trattato con lui, di sapere che il Campanella era stato in Pizzoni
e che gli era amico, onde si visitavano l'un l'altro; di non potere
dir nulla delle opinioni di lui non avendolo trattato. Confermò che
alla Roccella, un giorno o due prima della cattura, avea visto lettere
venute al Campanella e scritte in cifra, che il Campanella gli disse
provenienti dal Pizzoni e da non potersi intendere che tra loro due;
dietro dimande d'ufficio, disse dapprima che la lettera in cifra non
avea sottoscrizione, di poi che non sapeva se avesse sottoscrizione e
che egli non la lesse nè poteva leggerla; (si ricordi che di questa
cifra esisteva in processo la sola sottoscrizione del Pizzoni e del
Campanella, vergate di mano di fra Cornelio). E in somma non potè dare
la benchè menoma notizia delle cose che s'imputavano al Pizzoni, e fu
negativo in tutto, dicendo che avea solo congetturato che il Pizzoni e
il Campanella fossero amici intrinseci, perchè si scrivevano in cifra
tra di loro.
Come si vede, le prove testimoniali contro il Pizzoni si andavano
attenuando in un modo sensibile. Il Petrolo e Valerio Bruno non
attestavano quasi nulla, mentre il fatto della cifra, deposto
e conformato dal Petrolo, poteva riguardare la congiura, non
l'eresia, e quel tanto che in genere deponeva Valerio Bruno si
fondeva nella deposizione del Soldaniero. Il Lauriana disimpegnavasi
straordinariamente bene, con ogni probabilità guidato dallo stesso
Pizzoni attenuando le cose già deposte. Il Soldaniero medesimo
attestava meno del solito, e d'altronde, continuando a sostenere
che il Pizzoni era stato presente in due giorni a' colloquii di fra
Dionisio con lui e che egli era ricorso al Priore e al Lettore contro
quei frati, cose, specialmente in riguardo al Pizzoni, già ben provate
false, non poteva punto conciliarsi la fede de' Giudici. E si può dire
che il peggior testimone rimasto a carico del Pizzoni era il Pizzoni
medesimo, che con le sue tante rivelazioni contro il Campanella, e
col fatto, già ben provato falso, dell'essere ricorso contro costui
al P.^e Generale e al P.^e Visitatore, infondeva grave sospetto che
veramente avesse trattato di eresie col Campanella, egli che n'era
stato uno degli amici più intimi ed operosi; di tal che la furberia e
doppiezza che gli erano naturali, eccitate dalle pressioni inique di
fra Cornelio, mentre tanto nocquero al Campanella, nocquero non meno a
lui medesimo.
Ci rimane a dire degli esami ripetitivi contro fra Dionisio. Essi si
fecero il 26, 28 e 29 agosto, aggiungendovisi anche una ripetizione
supplementare nell'ultima seduta. Furono esaminati il Bruno, il
Soldaniero, il Pizzoni, il Lauriana, il Petrolo e fra Pietro di
Stilo.--Valerio Bruno (26 agosto) disse di conoscere fra Dionisio
da un anno, di non avere mai parlato con lui, e di crederlo un uomo
dabbene e buon cristiano (singolare credenza mentre andava di nuovo
a farlo dichiarare eretico). Attestò di avere solamente udito dal
Soldaniero che avea detto «alcune cose contra Dio,... non so che per
raggione di Stato, e contra li sette peccati mortali»; inoltre, nel
corso degl'interrogatorii, disse di avere anche udito dal medesimo
Soldaniero, quando due volte ricorse al Priore e al Lettore contro
di lui e del Pizzoni, che avea parlato della Trinità, dell'abuso
osceno dell'ostia, del disegno di predicare una nuova legge; per
altro dichiarò pure che in que' giorni avea predicato in Soriano,
«et li gentilhomini dicevano che predicava buono, mà io non sò quel
che si dicesse, mà mi pareva che parlasse de le cose di missere
Domine dio, è che parlasse bene». Aggiunse di aver veduto discorrere
tra loro alla tavola fra Dionisio e il Soldaniero, ma discorrevano
piano, e non sapeva quel che dicessero, nè sapeva «che tra di loro
venessero a parole»; di poi dichiarò che fra Dionisio non avea
mangiato carne, e avea detto al Soldaniero «Signore, cammarati,
perchè non è peccato mangiare caso, ova, e latticini, e niente
più occorse» (chiare contradizioni con le deposizioni precedenti).
Dimandato d'ufficio se avesse veduto in Napoli il Soldaniero da
che trovavasi in carcere, rispose di averlo veduto due volte e di
averne solamente avuto conforto, con dire che stesse allegramente, e
di averlo poi veduto anche dopo di essere stato esaminato ma senza
parlargli. Infine, venendo agli articoli del fiscale, riaffermò le
cose dette negl'interrogatorii, e di nuovo attestò di non sapere che
fra Dionisio avesse detto esser lecito il mangiare carne ogni giorno
indifferentemente.--Il Soldaniero (nella stessa seduta) confermò
di aver veduto a Soriano per la prima volta in giugnetto, cioè in
luglio, fra Dionisio che gli «fece de basciamano» e rimase a Soriano
due giorni, aggiungendo di non averlo mai più veduto in sèguito se
non carcerato, a Gerace, a Monteleone, sulle galere, e poi in Napoli,
dove trovandosi lui ammalato a letto, esso Soldaniero lo avea guardato
dalla porta, senza entrare nella camera. E ripetè ciascuno de' detti
e fatti di fra Dionisio contro la fede, presente ed accettante il
Pizzoni (poichè ciascuno interrogatorio gli dava modo di ricordarsene),
e disse che que' frati aveano definito «impressioni di testa» i voti
e le divozioni, come pure i miracoli, che aveano detto essere stati
istituiti i Sacramenti dalla Chiesa «ad trahendum ad se»; del resto,
nel ripetere ciascuno de' capi da lui deposti, per maggior cautela
si riferì sempre al primo esame, dicendo anche una volta, «non esca
da queste carceri se quanto ho detto nel mio esamine non è vero». E
confermò di averne avvertito il Priore ed il Lettore, ma dovè non di
meno attestare che fra Dionisio, ad istanza di un Rutilio di Pucci,
predicò, e a lui parve che predicasse dottrine cattoliche (non era
stato dunque cacciato a sua istanza dal convento). Non mancarono poi i
Giudici di rivolgergli gl'interrogatorii dati espressamente per lui,
se cioè avesse visitato, assistito, cibato con le mani sue e fornito
di danaro a prestito fra Dionisio, mentre costui trovavasi infermo,
per riconciliarsi con lui: il Soldaniero rispose negativamente su
tutto. Infine, su ciascuno articolo, non occorre dire che ripetè quanto
negl'interrogatorii avea dichiarato.--Il Pizzoni (28 agosto) disse di
aver conosciuto fra Dionisio fin da che era studente del Fiorentino, e
di essere poi stato suddito di lui nel convento di Nicastro: aggiunse
che gli era divenuto nemico da che esso Pizzoni ne avea riconosciute
le eresie, onde ne avea avute mille minacce. Confermò quindi avergli
fra Dionisio in Pizzoni manifestate quelle medesime eresie, che tre
o quattro giorni dopo anche il Campanella gli manifestò, e che esso
Pizzoni poi espose al Visitatore e scrisse al Generale, servendosi del
Lauriana, il quale così venne egli pure ad averne notizia. Addusse
taluni degli argomenti co' quali combattè fra Dionisio, affermando
che per quelle così dette verità, mentre erano eresie, non si poteva
dir savio il Campanella, dal quale fra Dionisio le faceva derivare;
narrò come costui finì per dargli dell'asino, ed egli lo scacciò dal
convento, ricordando una quantità di circostanze, di tempo, di luogo,
d'occasione (che poteva bene citare a modo suo poichè non c'era stato
presente alcun altro). Venne così confermando ciascun capo di accusa
a misura che gl'interrogatorii li riducevano alla sua memoria; e
sugl'interrogatorii dati espressamente per lui rispose, che veramente
fra Dionisio aveva persi alcuni scritti sull'Apocalisse e gliene aveva
chiesto conto, mentre egli non ne sapeva niente, che non aveva fatto
fuggire fra Gio. Battista di Polistina quando fra Dionisio cercava di
farlo carcerare, che costui mentiva quando diceva essere lui stato
espulso da un convento per delitti e furti, che nel luglio 99 erano
andati insieme ad Arena e quindi avevano di necessità dovuto conversare
tra loro, che in Stilo fra Dionisio e il Campanella aveano perfino
dormito insieme e quindi erano intrinseci amici. Sugli articoli del
fiscale si riferì a quanto avea detto sugl'interrogatorii, talvolta
anche a quanto avea detto negli esami precedenti, ripudiando ciò
che non aveva udito o visto (come p. es. il fatto del pugno dato al
crocifisso, del quale veramente avea parlato il Soldaniero) e tornando
a ripetere che l'esame di Calabria era stato falsificato dal Visitatore
e da fra Cornelio, i quali aveano preso anche danari dal Pisano e dal
Caccia e gli aveano fatti rimanere ingannati, come costoro dicevano in
Monteleone alla presenza di molti frati e secolari mentre stavano tutti
in una carcere. Conchiuse col dire che egli aveva inteso di sgravare la
sua coscienza, e non di gravare quella degli altri indebitamente.--Il
Lauriana (nella seduta medesima) disse di aver conosciuto fra Dionisio
da quattro anni, perchè era stato suddito di lui in Nicastro, e di
esserne rimasto in Pizzoni scandalizzato per una proposizione da lui
detta contro l'Eucaristia; ma ostinatamente disse di non ricordarsi
di tale proposizione, e se ne riferì al primo esame, come fece anche
per tutta la serie degl'interrogatorii senza che i Giudici avessero
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