Fra Tommaso Campanella, Vol. 2 - 13
nostri Vecchietti c'havea cominciato a caricar alberi et remi per andar
in Spagna» etc. Un'altra del Turamini, ibid. stessa data, lo ripete.
Inoltre ved. la Lett. dello Scaramelli, stessa data; Doc. 188, pag. 96.
[59] Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. tom. 2.^o fol. 236.
[60] Ved. il Doc. anzid.^{to}
[61] Ved. Doc. 85 pag. 62, e Doc. 88 pag. 63.
[62] Ved. il Breve e gli altri Atti suddetti ne' Doc. 242 e 243 pag.
129; le Lett. del Nunzio degli 11 e 21 gennaio, Doc. 81 e 83, pag, 60 e
61; la Let. Vicereale de' 18 gennaio, Doc. 40 pag. 44; e l'altra Let.
scritta d'ordine del Vicerè egualmente il 18 gennaio, Doc. 216 pag. 115.
[63] Ved. in Baldacchini la Lett. a Cassiano del Pozzo del 25 giugno
1624.
[64] Ved. Doc. 244, pag. 143.
[65] Ved. Doc. 84, pag. 61.
[66] Loc. cit. Doc. 244, pag. 143.
[67] Ved. Doc. 247, pag. 160.
[68] Ved. Doc. 376, pag. 387.
[69] Ved. Doc. 401, pag. 485.
[70] Ved. Doc. 378, pag. 389.
[71] Ved. Doc. 379, pag. 390.
[72] Ved. Doc. 380, pag. 391.
[73] Ved. Doc. 252, pag. 167.
[74] È questo uno de' punti della Narrazione che gioverebbe rivedere.
Il Capialbi lesse _niglio_, ed aggiunse in nota «niglio, coccodrillo»,
citando l'Afflitto (Scrittori del Regno di Napoli, pag. 46, art.
Acquaviva) che avrebbe forse alluso alla medesima fossa. Ma non ci
è noto che la parola plebea niglio corrisponda a coccodrillo, bensì
sappiamo che corrisponde a nibbio, sparviero; e l'Afflitto dice
fossa del _miglio_, ed egualmente dice il Confratello de' Bianchi di
giustizia che ci lasciò il ricordo degli ultimi momenti di fra Tommaso
Pignatelli.
[75] Ved. Doc. 254, pag. 170.
[76] Ved. Doc. 256, pag. 172.
[77] Ved. Registri _Curiae_ vol. 38.^o (an. 1595-99) fol. 13, Let.
Vicereale del 23 febbr. 1596.
[78] Ved. Doc. 307, pag. 254.
[79] Ved. Doc. 247, pag. 160.
[80] Ved. Doc. 87, pag. 62; ma bisogna notare che la data del 24
gennaio, quivi assegnata alla lettera in quistione, potrebb'essere
errata, poichè il 4 febbraio essa era ancora attesa.
[81] Ved. Doc. 381, pag. 394.
[82] Sarno (Anelli de) Novissima praxis civilis et criminalis, cura
observationibus... ac singulari tractatu inscripto Il Medico fiscale
pro optima cognitione delictorum in genere, videlicet cadaveris
venenati, virginis defloratae, pueri constuprati et aliorum consimilium
Doctoris Horatii Graeci Medici phisici Regiae Curiae etc. Neap. 1717.
[83] Ecco il fac-simile del disegno del polledro datoci dal Greco (op.
cit. pag. 499). Non rifuggano i lettori dal contemplarlo, specialmente
quelli, che per caso menassero vanto di principii repubblicani;
vedranno cosa costava a' padri nostri il professarli, e rileveranno
bene la differenza:
[Illustrazione]
[84] Ved. Doc. cit. 381, pag. 394.
[85] Ved. Doc. 250, pag. 163.
[86] Ved. Doc. 87 e 88, pag. 62 e 63.
[87] Ved. Doc. 245, pag. 145-46; Doc. 247, pag. 160; Doc. 248, pag.
161; Doc. 253, pag. 169; Doc. 250, pag. 163; Doc. 251, pag. 165; Doc.
252, pag. 167; Doc. 265, pag. 183; Doc. 263, pag. 175, e Doc. 264, pag.
176.
[88] Ved. Doc. 192, pag. 97.
[89] Ved. Doc. 241, pag. 127, e Doc. 244, pag. 143.
[90] Alludiamo a' Doc. 244-266, pag. 129-183. Il Notamentum (Doc.
241, pag. 127) dovè essergli trasmesso o nell'inizio del processo, o
piuttosto nel periodo di cui trattiamo, essendovi poi stato aggiunte
a lato di ciascun nome le annotazioni relative all'esito del giudizio
mano mano che questo si compiva per ciascuno inquisito.
[91] Ved. Doc. 394, pag. 456.
[92] Il Toppi (De Origine omnium tribunalium etc. Neap. 1655-66, vol.
2.^o pag. 319), nel dare le notizie del Leonardis, non riesce esatto
intorno alla data della nomina di lui ad Avvocato de' poveri, indicando
per essa il 30 luglio 1601, che urta con la cronologia del processo
del Campanella, nel quale si sa avere il Leonardis funzionato. Invece
abbiamo trovato ne' Registri _Privilegiorum_ le date sopraindicate
pel Privilegio di nomina ad _Avvocato de' Poveri_ (Ved. _Privileg_.
vol. 120, an. 1599-600 fol. 188), e ne' Reg.^i _Sigillorum_ la data 30
luglio 1601 come quella del pagamento per l'esecutoria del Privilegio
col quale venne poi nominato _Avvocato fiscale della Vicaria_ (Ved.
Sigil. vol. 38, an. 1601, introiti del 21 novembre). A complemento
della rettificazione aggiungiamo che negli stessi Reg.^i _Sigillorum_
abbiamo trovato l'esecutoria del Privilegio di Avvocato de' poveri pel
Catalano in data 16 febbraio 1594 (vol. 29), poi la nomina provvisoria
di Jo. Vincenzo Cavaliero «mentre sua M.^{tà} e sua Ecc.^a provederà»
in data 25 gennaio 1599 (vol. 35), infine l'esecutoria del Privilegio
pel Leonardis in data 29 febbraio 1600 (vol. 37). Indubitatamente
questo modo di successione, ed inoltre la data stessa del Privilegio
del Leonardis «Metimnae coeli 30 7bris 1599», mostrano che il Leonardis
non dovè essere nominato a bella posta nell'occasione di questo
processo: sarebbe stato necessario un periodo di tempo molto maggiore
per far giungere in Ispagna la proposta ed avere la decretazione di
essa nella data suddetta.
[93] Naturalmente furono i Giudici quelli che ordinarono la consegna
degli Atti al Campanella e gli assegnarono anche l'Avvocato; ma il
Campanella parimente qui si studia di mettere nell'ombra i Giudici e di
far comparire il Sances.
[94] Ved. Doc. 247 pag. 160; e risc. l'Illustr.^{ne} II, pag. 619, per
tutti gl'inquisiti che seguono.
[95] Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. tom. 1.^o, fol. 377.
[96] Il dottor Orazio Greco, che abbiamo citato a proposito del
polledro, ci fa conoscere a proposito delle funicelle che se ne
applicavano quattro, due ai carpi con uno o più nodi, le quali sempre
recavano un'incisione della cute più o meno superficiale, e due alle
braccia, a quattro dita sotto i capi degli omeri: preparato in tal
guisa il paziente era poi elevato in alto con la corda, e finiva per
rimanervi in uno stato orribile, che il Greco descrive minutamente.
[97] Ved. Doc. 93, pag. 65.
[98] Ved. Doc. 241, pag. 127.
[99] Ved. Doc. 264, pag. 175.
[100] Si avverta questa osservazione fatta dall'Avvocato, che si
accorda con quanto avea già detto il Nunzio (ved. pag. 66) e che
vedremo poi accordarsi anche con le affermazioni del Fiscale e infine
con le affermazioni del Campanella medesimo nella sua Difesa; quattro
affermazioni parallele emerse co' processi di Napoli. Nè si creda
un'esagerazione curialesca il _notatus infamia_ con le sue conseguenze.
Era massima del S.^{to} Officio che la sola carcerazione per delitto
di eresia apportasse «notabile infamia» al carcerato, e i confessori,
i medici, i maestri di scuola, i quali avessero abiurato come
veementemente sospetti d'eresia, non solevano restituirsi o abilitarsi
a' loro primitivi ufficii se non di espresso ordine e grazia del sommo
Pontefice (Ved. Masini, Sacro Arsenale overo Pratica della S.^{ta}
Inquisitione, Roma 1639, pag. 309). La condanna poi in eresia formale
colpiva d'infamia, di privazione di ufficio ed anche di successione i
discendenti, e il potere civile in Napoli lo riconosceva. Ecco un breve
documento in proposito, molto significativo e appunto del tempo del
quale trattiamo: esso leggesi ne' Registri _Sigillorum_ vol. 34, an.
1598, sotto la data 26 settembre: «Lettera per la quale se reintegra
hercole miglionico a la dignità del dottorato et altri honori e officii
publici e successione per lo delitto del eresia de suo avo»!
[101] Ved. Doc. 245, pag. 144.
[102] Ved. Doc. 246, pag. 149. Le parole, dalle quali risulta
che questa Allegazione sia stata scritta in risposta a quella
dell'Avvocato, si leggono a pag. 151:--«nos non instamus puniri eum,
quod iam ejecerit Regem a Regno, Rempublicam fecerit, quod dicit se
facturum procurasse, et hoc sub conditione et spe futuri eventus, _ut
advocatus partis fatetur_» etc.
[103] È bello conoscere l'atteggiamento de' giuristi napoletani e del
Consiglio Collaterale, fin dalla prima notizia di questo passo della
Corona di Spagna verso Roma: ce l'insegnano due brani di dispacci del
Residente Veneto scritto il 14 7bre e 26 8bre 1599.--1.^o «Intorno alla
investitura del Reame persistono tuttavia quelli che nelle materie
feudali sono stimati più intendenti, che non dovesse la M.^{tà}
Cattolica condescender mai a dimandarla, poichè il Re suo padre,
nell'atto che allhora era necessario per la rinuncia fatta vivendo
dall'Imperator Carlo, fù investito da Papa Giulio terzo per sè et
legitimi heredi, et discendenti secondo l'obligo et uso delle antiche
et moderne infeudationi».--2.^o «Il Consiglio non può accomodarsi che
sia la persona sua (_int._ del Vicerè) che faccia l'atto di prestar
l'obedientia al Papa, facendo in ciò molte considerationi, et movendo
consequenze importanti per gli interessi di questo Regno con la Sede
Apostolica, le quali tutte sono state con esso corriero rappresentate
alla M.^{tà} Cattolica».--Ma le rimostranze furono vane, e al Vicerè fu
rinnovato l'ordine di recarsi a Roma.
[104] Confr. vol. I.^o pag. 70.
[105] Ved. nell'Archivio Storico Italiano an. 1866 la Lett. latina al
Papa, a pag. 82, e la Lett. al Re di Spagna a pag. 91.
[106] Ved. le Poesie ediz. d'Ancona p. 100. Anche nelle Lettere più
volte accenna a riconoscere che la pazzia fosse simulata.
[107] Ved. il Carteggio del Nunzio filz. 231, Lett. del 13 aprile, 25
maggio e 15 giugno.
[108] Ved. Doc. 392, pag. 416.
[109] Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. tom. 1.^o fol.
362-1/2. Dal brano della lettera del Vescovo risulterebbe che il Nunzio
avesse fatto molti giorni prima osservare il Campanella, e gli fosse
stato riferito che in segreto egli parlava assennatamente: ma fu questa
senza dubbio una piccola vanteria del Nunzio, mentre l'osservazione del
Campanella venne ordinata dal Sances, il quale dovè poi discorrerne al
Nunzio; difatti le relazioni avute dal Sances si raccolsero in sèguito
nel processo di eresia, non le relazioni avute dal Nunzio, il quale si
curava ben poco del Campanella e de' frati.
[110] Ved. Doc. 350, pag. 327.
[111] Ved. Doc. 361, pag. 356. Ma non è sicuro che questo d'Assaro
fosse carcerato per la congiura: un Cesare d'Assaro, clerico, trovasi
nominato qual prigione nel Carteggio del Nunzio; egli era incriminato
di assassinio, con la tortura avea purgato gl'indizii, e non vedendosi
liberato fuggì di Castello in compagnia del cav.^r Capece ma fu
ripigliato. Ved. Lett. da Roma, filz. 210 e 211, let. del 18 8bre 1597,
13 marzo 1598 etc. etc.
[112] Si dia uno sguardo all'indice delle poesie che pubblichiamo. E
ci si permetta di aggiungere che quando fra Pietro fu poi interrogato
circa le poesie, tra le diverse provenienze, indicò «per la maggior
parte che sono più di 25» quella da altri carcerati, i quali dicevano
averle avute da Maurizio, cui sarebbero state date direttamente dal
Campanella etc. Non ci fermiamo su questa scusa di fra Pietro che cita
il morto, scusa manifestamente inventata anche perchè sarebbe difficile
riferire tante poesie al breve periodo in cui Maurizio rimase nelle
grazie del Campanella, vale a dire dal 9 9bre al 19 10bre, o poi gli
argomenti di molte fra esse alludono fuori ogni dubbio a circostanze
posteriori a tale periodo; ma notiamo la distinzione di questo numero
di «più di 25» poesie, che rappresenterebbero un gruppo speciale più
antico.
[113] Ved. Doc. 436, pag. 549, e i seguenti.
[114] Ved. Doc. 441, pag. 551, e i seguenti.
[115] Ved. Doc. 459, pag. 558.
[116] Le favole da una parte, gli scismi dall'altra. Vedi Doc. 456,
pag. 556.
[117] Ved. Doc. 452, 453 e 457, pag. 555 e 557.
[118] Ved. Doc. 489, pag. 569.
[119] Ved. Doc. 447, pag. 553.
[120] Ved. Doc. 451, pag. 554.
[121] Ved. Doc. 439, pag. 550.
[122] Ved. Doc. 440, ib.
[123] Ved. Doc. 449 e 450, pag. 554; dippiù gli anteriori 444-46, e
448, pag. 552-53.
[124] Ved. Doc. 464, pag. 559.
[125] Ved. Doc. 455, pag. 556.
[126] Ved. Doc. 400, pag. 475.
[127] Ved. Doc. 268, pag. 188.
[128] Anche nella stampa di questi documenti ci siamo ingegnati di
riprodurre le postille e le aggiunte in modo da poterle distinguere
dallo scritto primitivo impiegandovi altro carattere: preghiamo i
lettori di guardarli, in riscontro a quanto stiamo per dire; ved. Doc.
401, pag. 478.
[129] Allude manifestamente alla perdita delle navi che si ebbe al
tempo in cui si fece morire il clerico Cesare Pisano.
[130] Intendi Niccolò Tedeschi, Benedettino Catanese, Arcivescovo di
Palermo, poi Cardinale, detto anche l'Abate Palermitano. Di lui si
hanno molte opere; morì nel 1445.
[131] Ved. per Ferrante la Numerazione de' fuochi riportata nella
nota alla pag. 10 del vol. 1.^o; per fra Pietro ved. la sua prima
deposizione innanzi al Vescovo di Gerace (Doc. 294, pag. 226).
[132] Ved. Capaccio, Il Forastiero, Nap. 1634, pag. 503.
[133] Ved. Doc. 229 pag. 120. Il poter «nominare» delinquenti, per
farli indultare, era uno de' diversi modi di compensi _pro meritis_:
nel caso del Lauro la nominazione fatta non è espressa, ma s'intende,
mentre in altri casi è espressa. Ne citiamo uno relativo ad un soggetto
del quale anche si è parlato in questa narrazione: «a 17 de marzo 1594
indulto et gratia facta à Prospero morales de peczolo per l'homicidio
commesso in persona de mutio costantino stante lo servitio facto per
battista de amicis d'havere dato in mano dela corte Marco sciarra e
nominatione facta in persona de decto prospero». Ma generalmente era
questa una delle concessioni minori, che si accompagnavano ad altre di
maggiore entità.
[134] Ved. i Reg. _Sigillorum_ vol. 40 e 42.--1.^o «3 Gennaro 1602.
Licentia de arme in persona de Fabio de Lauro, pietro de lauro,
mauritio spina et ferrante de lauro».--2.^o «3 de aprile 1604. Licentia
de arme in persona de fabio de lauro, pietro de lauro, mutio spina
(sic) et ferrante de lauro».
[135] Ved. i Reg. _Sigillorum_ vol. 31 (an. 1595) e vol. 37 (an.
1600); in quest'ultimo si legge: «A dì 16 xbro, Privilegio del off.^o
di perceptore della seta della città di Catanzaro in persona de Gio.
Battista Biblia».
[136] Ved. Doc. 231, pag. 120.
[137] Ved. i _Reg. Litterarum S. M.^{tis}_ vol. 12, (an. 1602-1610)
fol. 545. Re Filippo dice al Vicerè che approva la transazione proposta
dal Principe, ed aggiunge: «y por obligar le mas, he tenido por bien
de le honrrar y hazer merced de una plaça del Conseio Collateral de
que se le embiara su Titulo como se lo dereis de mi parte, y que en
lo de la Compania de gente de armas que pide, en las ocasiones que se
offroscieren se tenra con su persona y meritos la cuenta que es razon
para hazer le la merced que huviere lugar». La lettera è in data del 12
luglio 1606.
[138] Ved. Doc. 232, pag. 121.
[139] Ved. i Reg. _Privilegiorum_ vol. 125 (an. 1602) fol. 13. t.^o; e
confr. i Reg. _Officiorum Suae Maj.^{tis}_ vol. 1.^o fol. 202.
[140] Reg. _Privilegiorum_ vol. 123 (an. 1602-1603) fol. 128.
[141] Ved. Doc. 233, pag. 122.
[142] Ved. Doc. 235, pag. 123. Il suo viaggio a Madrid è ricordato in
una delle sue lettere al Gran Duca di Toscana, che abbiamo già citata
altrove; ved. vol. 1.^o pag. 127 in nota.
[143] Ved. i Reg. _Mercedum_, vol. 2^o, fol. 203. La pensione dicesi
data pe' «multa grataque obsequia... per spacium triginta quatuor
annorum singulari fide, vigilantia et integritate tam in dicto Consilio
quam in officio Advocati fiscalis nostri Provintiae Calabriae ac
interim in rebus magni ponderis nobis praestita».
[144] Ved. nell'Arch. di Stato in Torino _Lettere Ministri Due
Sicilie_, maz. 2.^o, let. del 4 e del 14 giugno 1613, dell'8 novembre
1616 e 6 gennaio 1617; inoltre _Lettere Ministri Roma_ maz. 27, fasc.
2^o, let. del 26 novembre 1616.
[145] Per le esecutorie di entrambi i Privilegi successivamente avuti,
ved. i Registri _Sigillorum_ vol. 38 e 39 alle date suddette. Pel
Privilegio della nomina a Consigliere, ved. i Reg.^i _Privilegiorum_
vol. 123 fol. 168: quivi i meriti della sua persona sono espressi ne'
seguenti termini, «cuius nobis et eruditio ac diligentia, et quidem
probitas atque prudentia probantur, quandiu hactenus officium Advocati
fiscalis nostrae Magnae Curiae Vicariae et alia munia cum laude
exercuisti». Per la comunicazione fattane al Consiglio, ved. i Reg.^i
_Notamentorum_ _S. R. C._ ab anno 1599 usque et per totum annum 1609,
data suddetta.
CAP. V.
SÈGUITO DE' PROCESSI DI NAPOLI E DELLA PAZZIA DEL CAMPANELLA.
B.--Processo dell'eresia (maggio 1600 a settembre 1602).
I. Rammentiamo innanzi tutto, circa l'eresia, che dapprima il Papa
avea manifestato di volere a Roma gl'incriminati o sospetti in
tale materia finita la causa della congiura (4 10bre 1599); ma in
sèguito, vista senza dubbio l'impossibilità della cosa, giacchè il
Governo Vicereale non si sarebbe lasciato trarre di mano i frati che
il processo della congiura mostrava colpevoli, avea spedito ordine
mediante il Card.^l di S.^{ta} Severina che se ne occupasse il Nunzio,
con ogni probabilità perchè il Vescovo di Caserta Ministro della
S.^{ta} Inquisizione Romana nel Regno trovavasi assente, in compagnia
del Vicario Arcivescovile della Curia napoletana, il quale presedeva
il tribunale diocesano di S.^{to} Officio (4 febbraio 1600)[146]; il
Nunzio poi, che molto volentieri ne avrebbe fatto di meno, vista la
profonda dottrina del Campanella, il quale sviluppava tante profezie
e produceva tante citazioni in suo favore, scrisse subito al Card.^l
S. Giorgio, ed anche al Card.^l di S.^{ta} Severina, che «se pur tal
negotio dovea spedirsi qua» in Napoli, reputava necessario l'intervento
di qualche persona pratica e buon Teologo (11 febbraio). Così scorse
ancora un certo tempo, sino a che non fu disponibile l'uomo capace di
stare a fronte del Campanella secondo le preoccupazioni del Nunzio,
e solo verso la fine di aprile si potè costituire il tribunale per
l'eresia, associando a' due Giudici prima designati il Vescovo di
Termoli. Era costui quel fra Alberto Tragagliolo da Firenzuola
Domenicano, che abbiamo già visto Commissario generale del S.^{to}
Officio sin dall'ottobre 1592 e durante i processi avuti in Roma dal
Campanella nel 1594-1595, divenuto molto benevolo verso il filosofo in
tale occasione e senza dubbio assai competente ed opportuno nel caso
attuale. Malamente designato dal Fontana col nome di «frater Albertus
Tragnolus» e poi anche con quello di fra Alberto Drago[147], così
ritenuto dall'Ughelli e dopo di lui anche da Quétif ed Echard[148],
malamente creduto Firenzuola e non Tragagliolo dal Capialbi[149], egli
cognominavasi Tragagliolo ed era nativo di Firenzuola nel Piacentino:
avea già funzionato da Commissario del S.^{to} Officio in Faenza, in
Genova, in Milano, quando venne chiamato Commissario generale in Roma
da Clemente VIII; poi dietro la morte di Mons.^r Francesco Scoto fu
promosso al Vescovato di Termoli, secondo il Fontana e l'Ughelli il
29 novembre 1599, ma certamente provvisto di _exequatur_ soltanto
all'ultimo di febbraio 1600, con esecutoria in data degli 8 marzo,
come risulta dalle scritture esistenti nell'Archivio di Napoli[150].
Può dirsi con sicurezza che si pensò a lui per la causa del Campanella
più che all'ultima ora, essendogli stata mandata a Napoli la nomina di
Commissario della causa dopo la sua partenza da Roma; ond'egli assai
probabilmente non giunse nemmeno a vedere la sua Chiesa, obbligato ad
un lavoro assiduo pel processo di cui andiamo ad occuparci, fino al
tempo della sua morte, che avvenne disgraziatamente otto mesi dopo,
succedendogli nel carico di giudice D. Benedetto Mandina Vescovo di
Caserta. Quanto al Vicario Arcivescovile, abbiamo già avuta occasione
di rilevare che teneva detto officio il Rev.^{do} Ercole Vaccari
(ved. pag. 44): qui dobbiamo aggiungere che per le molteplici e gravi
faccende della Curia Arcivescovile erano allora i carichi distribuiti a
più persone in qualità di Vicarii, e nelle scritture del tempo, oltre
il Vaccari, designato «Vicarius generalis capitularis et locumtenens
in spiritualibus», troviamo il Rev.^{do} Curzio Palumbo, designato
«Vicarius generalis Monialium et locumtenens in civilibus»; e vedremo
nel processo figurare da giudice o «congiudice» prima il Vaccari con
la qualità di Delegato, poi il Palumbo con la qualità di subdelegato,
poi ancora il Rev.^{do} Alessandro Graziano successo al Vaccari dopo la
morte dell'Arcivescovo Card.^l Gesualdo.
Il 18 aprile 1600, alle istanze del Nunzio, il quale in data del 14
aveva ancora mostrato di non sapere dove S. S.^{tà} volea che si
trattassero le materie appartenenti al S.^{to} Officio, il Card.^l di
S.^{ta} Severina rispondeva, avere S. S.^{tà} «per satisfare a cotesti
Signori et Ministri Regii» risoluto che la causa spettante al S.^{to}
Officio si trattasse in Napoli dal Nunzio, dal Vicario Arcivescovile e
dal Vescovo di Termoli, il quale da tre giorni era partito per Napoli,
onde egli dirigeva al Nunzio medesimo la lettera scritta per lui;
e soggiungeva essere intenzione di S. S.^{tà}, che procurassero di
terminar presto la causa, ma ne inviassero a Roma un breve Sommario,
coll'avviso su' meriti del processo, e col parer loro intorno alla
spedizione, prima di dare la sentenza. Analogamente egli scriveva pure
al Vescovo di Termoli ed al Vicario Arcivescovile, aggiungendo al
Vescovo, che per essere persona «molto ben pratica, et anco informata
delle altre cause conosciute in questa santa Inquisitione contra
il Campanella, ove abiurò come sospetto vehementemente di heresia
l'anno 1591», non gli diceva altro, bensì offriva di mandargliene le
scritture se lo reputasse necessario: dalle quali parole risultano
chiariti assai bene gli antecedenti così del Vescovo di Termoli come
del Campanella, e chiarita la posizione giuridica in cui il Campanella
veniva a trovarsi, cioè la posizione di _relapso_, qualora le nuove
accuse di eresia fossero state provate. Siffatte lettere leggonsi nel
processo di Napoli, 2^o volume dell'intero processo, costituendone i
primi atti[151]. Sappiamo poi dal Carteggio del Nunzio che egli vide il
Vescovo di Termoli il 5 maggio, e in tale data gli consegnò ad un tempo
la lettera del Card.^l di S.^{ta} Severina e il processo di Calabria
portato da fra Cornelio fin dal novembre e giacente presso di lui. Così
al Vescovo di Termoli veniva in realtà «deferita ogni cosa», come il
Nunzio ebbe a dire più tardi, ed egli, presa stanza nel convento di S.
Luigi dell'ordine de' Minimi di S. Francesco di Paola, posto presso
Palazzo Reale, si diede con molta alacrità a compiere il suo mandato.
Gli altri colleghi si occuparono della causa piuttosto con la semplice
loro presenza, ed il Nunzio, benchè figurasse come il principale tra'
Giudici, nemmeno della presenza sua onorò largamente il tribunale; egli
aveva pur allora ottenuto dal Papa di passare la Pasqua rosata nella
sua Chiesa di Troia, ove non apparisce che si fosse mai recato fino a
quel momento, e nel dichiararsi pronto a trattare la causa, riservavasi
di voler andare a Troia per la Pasqua, la quale si celebrava il 22 del
mese, come ci mostrano diverse scritture del 1600.
Il 10 maggio, in una camera del Castel nuovo, si diè principio agli
esami, continuandoli poscia il 15, il 17, il 19, il 26, il 28; ma
fin dalla 3^a seduta, in sostituzione del Nunzio assente intervenne
l'Auditore di lui, il Rev.^{do} Antonio Peri fiorentino: come Notaro e
Mastrodatti, servì sempre, dal principio alla fine della causa, Gio.
Camillo Prezioso, uno de' vecchi Notari della Curia Arcivescovile, che
figura nella più gran parte de' processi del tribunale diocesano della
fine del 1599 e principio del 1600[152]. Fu esaminato dapprima il
Pizzoni. Confermando in termini generali quanto avea deposto innanzi
al Visitatore in Calabria, egli aggiunse che era stato più volte da
parte del Campanella minacciato di farlo trovare in maggiore intrigo
se non si ritrattasse specialmente sulle materie di S.^{to} Officio,
una 1^a volta in Gerace mediante fra Pietro Ponzio che avea ricevuta
per questo una cartolina da fra Tommaso, una 2^a volta alla presenza
di fra Paolo della Grotteria in Bivona, quando erano per imbarcarsi,
mediante un soldato del capitano Figueroa, una 3^a volta in Napoli
mediante lo stesso fra Pietro Ponzio, che avea ricevuto per questo
nuove lettere da fra Tommaso. Aggiunse pure che nell'udire la lettura
del suo esame in Napoli (certamente a proposito della congiura), si era
avveduto trovarvisi detti _complici_ quelli che egli aveva indicati
come _familiari_ del Campanella, verosimilmente consapevoli delle
opinioni eretiche di lui, e ripetè che costoro erano fra Pietro di
Stilo, il Petrolo, fra Paolo della Grotteria, il Bitonto, il Jatrinoli.
Ripetè l'occasione con la quale nel luglio scorso il Campanella aveagli
parlato delle sue eresie, e come fra Dionisio, due giorni prima, gli
aveva esternato le medesime eresie dicendogli di tenerle per vere.
Aggiunse infine, che aveva rimproverato e cacciato il Campanella da
Pizzoni, aveva informato di ogni cosa per lettera del 1^o agosto il
Generale in Roma, ne aveva anche informato di persona il Visitatore in
Soriano il 28 agosto. Tale fu la deposizione del Pizzoni, che egli non
potè sottoscrivere e dovè soltanto crocesegnare, trovandosi col braccio
offeso dalla tortura avuta nell'altro tribunale[153]. Persistente nelle
accuse contro il Campanella, aggravandone la responsabilità col fatto
delle minacce, egli cercò di scusare sè medesimo con la cacciata del
Campanella da Pizzoni e con gli avvisi datine a' superiori.--Vollero
allora i Giudici udire su tale asserzione il Visitatore ed anche fra
Cornelio, il quale era già tornato da Roma a Napoli in quel tempo
(circostanza probabilmente ignorata dal Pizzoni). Entrambi, l'un dopo
l'altro, nella 2^a seduta del tribunale, il 15 maggio, ricordando
qualche faccenda trattata col Pizzoni in Soriano, negarono di aver
avuta quivi da lui alcuna notizia delle cose del Campanella[154].
Aggiungiamo che poco dopo il Vescovo di Termoli dovè pure interrogare
per lettera il P.^e Generale Beccaria, poichè se ne trova nel processo
la risposta in data del 12 giugno dal convento di S. Tommaso, vale a
dire da Napoli, dove a que' giorni era venuto pel Capitolo generale
che vi si tenne, e dove qualche mese dopo, il 3 agosto, morì col
compianto de' cittadini e in voce di santità e di miracoli. Non
contento delle reminiscenze proprie, il P.^e Generale volle consultare
anche quelle del suo P.^e compagno, e venne a dichiarare che non si era
mai avuta dal Pizzoni lettera alcuna contenente l'avviso asserto[155].
E per verità così il Visitatore come il Generale, al menomo avviso,
non avrebbero potuto mancare di provvedere immediatamente contro il
Campanella e fra Dionisio; e già riesce manifesta la pessima via
in cui il Pizzoni si era posto e si manteneva.--Frattanto, nella
stessa seduta, fu esaminato pure il Petrolo. Costui volle che gli si
rileggesse la deposizione fatta in Calabria, e trovò solamente a ridire
che non avea deposto con quelle precise parole che erano state scritte.
Ripetè ad una ad una le eresie udite dal Campanella, quasi tutte quelle
deposte in Calabria, dicendo di averle udite nel passeggiare con lui a'
Lanzari presso Stilo, nel mese di maggio, e ripetendo i nomi de' frati
e secolari co' quali il Campanella dava segni d'indevozione e parlava
delle sue opinioni, ma non tanto apertamente, sicchè a lui non constava
che fossero veramente complici; ripeteva pertanto di aver saputo da
fra Pietro di Stilo che il Lauriana gli aveva dette certe parole
pronunziate da fra Dionisio in dispregio dell'eucaristia. Inoltre si
dichiarò egualmente minacciato dal Campanella perchè si ritrattasse,
una 1^a volta per via dal Campanella in persona che gli disse «per
Deum oportet te retractare alioquin agam ut mecum moriaris», una 2^a
volta in Monteleone per mezzo di Cesare Pisano, una 3^a volta in Napoli
parimente dal Campanella in persona dalla finestra della carcere[156].
Come ben si vede, anche costui non faceva che aggravare la posizione
in Spagna» etc. Un'altra del Turamini, ibid. stessa data, lo ripete.
Inoltre ved. la Lett. dello Scaramelli, stessa data; Doc. 188, pag. 96.
[59] Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. tom. 2.^o fol. 236.
[60] Ved. il Doc. anzid.^{to}
[61] Ved. Doc. 85 pag. 62, e Doc. 88 pag. 63.
[62] Ved. il Breve e gli altri Atti suddetti ne' Doc. 242 e 243 pag.
129; le Lett. del Nunzio degli 11 e 21 gennaio, Doc. 81 e 83, pag, 60 e
61; la Let. Vicereale de' 18 gennaio, Doc. 40 pag. 44; e l'altra Let.
scritta d'ordine del Vicerè egualmente il 18 gennaio, Doc. 216 pag. 115.
[63] Ved. in Baldacchini la Lett. a Cassiano del Pozzo del 25 giugno
1624.
[64] Ved. Doc. 244, pag. 143.
[65] Ved. Doc. 84, pag. 61.
[66] Loc. cit. Doc. 244, pag. 143.
[67] Ved. Doc. 247, pag. 160.
[68] Ved. Doc. 376, pag. 387.
[69] Ved. Doc. 401, pag. 485.
[70] Ved. Doc. 378, pag. 389.
[71] Ved. Doc. 379, pag. 390.
[72] Ved. Doc. 380, pag. 391.
[73] Ved. Doc. 252, pag. 167.
[74] È questo uno de' punti della Narrazione che gioverebbe rivedere.
Il Capialbi lesse _niglio_, ed aggiunse in nota «niglio, coccodrillo»,
citando l'Afflitto (Scrittori del Regno di Napoli, pag. 46, art.
Acquaviva) che avrebbe forse alluso alla medesima fossa. Ma non ci
è noto che la parola plebea niglio corrisponda a coccodrillo, bensì
sappiamo che corrisponde a nibbio, sparviero; e l'Afflitto dice
fossa del _miglio_, ed egualmente dice il Confratello de' Bianchi di
giustizia che ci lasciò il ricordo degli ultimi momenti di fra Tommaso
Pignatelli.
[75] Ved. Doc. 254, pag. 170.
[76] Ved. Doc. 256, pag. 172.
[77] Ved. Registri _Curiae_ vol. 38.^o (an. 1595-99) fol. 13, Let.
Vicereale del 23 febbr. 1596.
[78] Ved. Doc. 307, pag. 254.
[79] Ved. Doc. 247, pag. 160.
[80] Ved. Doc. 87, pag. 62; ma bisogna notare che la data del 24
gennaio, quivi assegnata alla lettera in quistione, potrebb'essere
errata, poichè il 4 febbraio essa era ancora attesa.
[81] Ved. Doc. 381, pag. 394.
[82] Sarno (Anelli de) Novissima praxis civilis et criminalis, cura
observationibus... ac singulari tractatu inscripto Il Medico fiscale
pro optima cognitione delictorum in genere, videlicet cadaveris
venenati, virginis defloratae, pueri constuprati et aliorum consimilium
Doctoris Horatii Graeci Medici phisici Regiae Curiae etc. Neap. 1717.
[83] Ecco il fac-simile del disegno del polledro datoci dal Greco (op.
cit. pag. 499). Non rifuggano i lettori dal contemplarlo, specialmente
quelli, che per caso menassero vanto di principii repubblicani;
vedranno cosa costava a' padri nostri il professarli, e rileveranno
bene la differenza:
[Illustrazione]
[84] Ved. Doc. cit. 381, pag. 394.
[85] Ved. Doc. 250, pag. 163.
[86] Ved. Doc. 87 e 88, pag. 62 e 63.
[87] Ved. Doc. 245, pag. 145-46; Doc. 247, pag. 160; Doc. 248, pag.
161; Doc. 253, pag. 169; Doc. 250, pag. 163; Doc. 251, pag. 165; Doc.
252, pag. 167; Doc. 265, pag. 183; Doc. 263, pag. 175, e Doc. 264, pag.
176.
[88] Ved. Doc. 192, pag. 97.
[89] Ved. Doc. 241, pag. 127, e Doc. 244, pag. 143.
[90] Alludiamo a' Doc. 244-266, pag. 129-183. Il Notamentum (Doc.
241, pag. 127) dovè essergli trasmesso o nell'inizio del processo, o
piuttosto nel periodo di cui trattiamo, essendovi poi stato aggiunte
a lato di ciascun nome le annotazioni relative all'esito del giudizio
mano mano che questo si compiva per ciascuno inquisito.
[91] Ved. Doc. 394, pag. 456.
[92] Il Toppi (De Origine omnium tribunalium etc. Neap. 1655-66, vol.
2.^o pag. 319), nel dare le notizie del Leonardis, non riesce esatto
intorno alla data della nomina di lui ad Avvocato de' poveri, indicando
per essa il 30 luglio 1601, che urta con la cronologia del processo
del Campanella, nel quale si sa avere il Leonardis funzionato. Invece
abbiamo trovato ne' Registri _Privilegiorum_ le date sopraindicate
pel Privilegio di nomina ad _Avvocato de' Poveri_ (Ved. _Privileg_.
vol. 120, an. 1599-600 fol. 188), e ne' Reg.^i _Sigillorum_ la data 30
luglio 1601 come quella del pagamento per l'esecutoria del Privilegio
col quale venne poi nominato _Avvocato fiscale della Vicaria_ (Ved.
Sigil. vol. 38, an. 1601, introiti del 21 novembre). A complemento
della rettificazione aggiungiamo che negli stessi Reg.^i _Sigillorum_
abbiamo trovato l'esecutoria del Privilegio di Avvocato de' poveri pel
Catalano in data 16 febbraio 1594 (vol. 29), poi la nomina provvisoria
di Jo. Vincenzo Cavaliero «mentre sua M.^{tà} e sua Ecc.^a provederà»
in data 25 gennaio 1599 (vol. 35), infine l'esecutoria del Privilegio
pel Leonardis in data 29 febbraio 1600 (vol. 37). Indubitatamente
questo modo di successione, ed inoltre la data stessa del Privilegio
del Leonardis «Metimnae coeli 30 7bris 1599», mostrano che il Leonardis
non dovè essere nominato a bella posta nell'occasione di questo
processo: sarebbe stato necessario un periodo di tempo molto maggiore
per far giungere in Ispagna la proposta ed avere la decretazione di
essa nella data suddetta.
[93] Naturalmente furono i Giudici quelli che ordinarono la consegna
degli Atti al Campanella e gli assegnarono anche l'Avvocato; ma il
Campanella parimente qui si studia di mettere nell'ombra i Giudici e di
far comparire il Sances.
[94] Ved. Doc. 247 pag. 160; e risc. l'Illustr.^{ne} II, pag. 619, per
tutti gl'inquisiti che seguono.
[95] Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. tom. 1.^o, fol. 377.
[96] Il dottor Orazio Greco, che abbiamo citato a proposito del
polledro, ci fa conoscere a proposito delle funicelle che se ne
applicavano quattro, due ai carpi con uno o più nodi, le quali sempre
recavano un'incisione della cute più o meno superficiale, e due alle
braccia, a quattro dita sotto i capi degli omeri: preparato in tal
guisa il paziente era poi elevato in alto con la corda, e finiva per
rimanervi in uno stato orribile, che il Greco descrive minutamente.
[97] Ved. Doc. 93, pag. 65.
[98] Ved. Doc. 241, pag. 127.
[99] Ved. Doc. 264, pag. 175.
[100] Si avverta questa osservazione fatta dall'Avvocato, che si
accorda con quanto avea già detto il Nunzio (ved. pag. 66) e che
vedremo poi accordarsi anche con le affermazioni del Fiscale e infine
con le affermazioni del Campanella medesimo nella sua Difesa; quattro
affermazioni parallele emerse co' processi di Napoli. Nè si creda
un'esagerazione curialesca il _notatus infamia_ con le sue conseguenze.
Era massima del S.^{to} Officio che la sola carcerazione per delitto
di eresia apportasse «notabile infamia» al carcerato, e i confessori,
i medici, i maestri di scuola, i quali avessero abiurato come
veementemente sospetti d'eresia, non solevano restituirsi o abilitarsi
a' loro primitivi ufficii se non di espresso ordine e grazia del sommo
Pontefice (Ved. Masini, Sacro Arsenale overo Pratica della S.^{ta}
Inquisitione, Roma 1639, pag. 309). La condanna poi in eresia formale
colpiva d'infamia, di privazione di ufficio ed anche di successione i
discendenti, e il potere civile in Napoli lo riconosceva. Ecco un breve
documento in proposito, molto significativo e appunto del tempo del
quale trattiamo: esso leggesi ne' Registri _Sigillorum_ vol. 34, an.
1598, sotto la data 26 settembre: «Lettera per la quale se reintegra
hercole miglionico a la dignità del dottorato et altri honori e officii
publici e successione per lo delitto del eresia de suo avo»!
[101] Ved. Doc. 245, pag. 144.
[102] Ved. Doc. 246, pag. 149. Le parole, dalle quali risulta
che questa Allegazione sia stata scritta in risposta a quella
dell'Avvocato, si leggono a pag. 151:--«nos non instamus puniri eum,
quod iam ejecerit Regem a Regno, Rempublicam fecerit, quod dicit se
facturum procurasse, et hoc sub conditione et spe futuri eventus, _ut
advocatus partis fatetur_» etc.
[103] È bello conoscere l'atteggiamento de' giuristi napoletani e del
Consiglio Collaterale, fin dalla prima notizia di questo passo della
Corona di Spagna verso Roma: ce l'insegnano due brani di dispacci del
Residente Veneto scritto il 14 7bre e 26 8bre 1599.--1.^o «Intorno alla
investitura del Reame persistono tuttavia quelli che nelle materie
feudali sono stimati più intendenti, che non dovesse la M.^{tà}
Cattolica condescender mai a dimandarla, poichè il Re suo padre,
nell'atto che allhora era necessario per la rinuncia fatta vivendo
dall'Imperator Carlo, fù investito da Papa Giulio terzo per sè et
legitimi heredi, et discendenti secondo l'obligo et uso delle antiche
et moderne infeudationi».--2.^o «Il Consiglio non può accomodarsi che
sia la persona sua (_int._ del Vicerè) che faccia l'atto di prestar
l'obedientia al Papa, facendo in ciò molte considerationi, et movendo
consequenze importanti per gli interessi di questo Regno con la Sede
Apostolica, le quali tutte sono state con esso corriero rappresentate
alla M.^{tà} Cattolica».--Ma le rimostranze furono vane, e al Vicerè fu
rinnovato l'ordine di recarsi a Roma.
[104] Confr. vol. I.^o pag. 70.
[105] Ved. nell'Archivio Storico Italiano an. 1866 la Lett. latina al
Papa, a pag. 82, e la Lett. al Re di Spagna a pag. 91.
[106] Ved. le Poesie ediz. d'Ancona p. 100. Anche nelle Lettere più
volte accenna a riconoscere che la pazzia fosse simulata.
[107] Ved. il Carteggio del Nunzio filz. 231, Lett. del 13 aprile, 25
maggio e 15 giugno.
[108] Ved. Doc. 392, pag. 416.
[109] Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. tom. 1.^o fol.
362-1/2. Dal brano della lettera del Vescovo risulterebbe che il Nunzio
avesse fatto molti giorni prima osservare il Campanella, e gli fosse
stato riferito che in segreto egli parlava assennatamente: ma fu questa
senza dubbio una piccola vanteria del Nunzio, mentre l'osservazione del
Campanella venne ordinata dal Sances, il quale dovè poi discorrerne al
Nunzio; difatti le relazioni avute dal Sances si raccolsero in sèguito
nel processo di eresia, non le relazioni avute dal Nunzio, il quale si
curava ben poco del Campanella e de' frati.
[110] Ved. Doc. 350, pag. 327.
[111] Ved. Doc. 361, pag. 356. Ma non è sicuro che questo d'Assaro
fosse carcerato per la congiura: un Cesare d'Assaro, clerico, trovasi
nominato qual prigione nel Carteggio del Nunzio; egli era incriminato
di assassinio, con la tortura avea purgato gl'indizii, e non vedendosi
liberato fuggì di Castello in compagnia del cav.^r Capece ma fu
ripigliato. Ved. Lett. da Roma, filz. 210 e 211, let. del 18 8bre 1597,
13 marzo 1598 etc. etc.
[112] Si dia uno sguardo all'indice delle poesie che pubblichiamo. E
ci si permetta di aggiungere che quando fra Pietro fu poi interrogato
circa le poesie, tra le diverse provenienze, indicò «per la maggior
parte che sono più di 25» quella da altri carcerati, i quali dicevano
averle avute da Maurizio, cui sarebbero state date direttamente dal
Campanella etc. Non ci fermiamo su questa scusa di fra Pietro che cita
il morto, scusa manifestamente inventata anche perchè sarebbe difficile
riferire tante poesie al breve periodo in cui Maurizio rimase nelle
grazie del Campanella, vale a dire dal 9 9bre al 19 10bre, o poi gli
argomenti di molte fra esse alludono fuori ogni dubbio a circostanze
posteriori a tale periodo; ma notiamo la distinzione di questo numero
di «più di 25» poesie, che rappresenterebbero un gruppo speciale più
antico.
[113] Ved. Doc. 436, pag. 549, e i seguenti.
[114] Ved. Doc. 441, pag. 551, e i seguenti.
[115] Ved. Doc. 459, pag. 558.
[116] Le favole da una parte, gli scismi dall'altra. Vedi Doc. 456,
pag. 556.
[117] Ved. Doc. 452, 453 e 457, pag. 555 e 557.
[118] Ved. Doc. 489, pag. 569.
[119] Ved. Doc. 447, pag. 553.
[120] Ved. Doc. 451, pag. 554.
[121] Ved. Doc. 439, pag. 550.
[122] Ved. Doc. 440, ib.
[123] Ved. Doc. 449 e 450, pag. 554; dippiù gli anteriori 444-46, e
448, pag. 552-53.
[124] Ved. Doc. 464, pag. 559.
[125] Ved. Doc. 455, pag. 556.
[126] Ved. Doc. 400, pag. 475.
[127] Ved. Doc. 268, pag. 188.
[128] Anche nella stampa di questi documenti ci siamo ingegnati di
riprodurre le postille e le aggiunte in modo da poterle distinguere
dallo scritto primitivo impiegandovi altro carattere: preghiamo i
lettori di guardarli, in riscontro a quanto stiamo per dire; ved. Doc.
401, pag. 478.
[129] Allude manifestamente alla perdita delle navi che si ebbe al
tempo in cui si fece morire il clerico Cesare Pisano.
[130] Intendi Niccolò Tedeschi, Benedettino Catanese, Arcivescovo di
Palermo, poi Cardinale, detto anche l'Abate Palermitano. Di lui si
hanno molte opere; morì nel 1445.
[131] Ved. per Ferrante la Numerazione de' fuochi riportata nella
nota alla pag. 10 del vol. 1.^o; per fra Pietro ved. la sua prima
deposizione innanzi al Vescovo di Gerace (Doc. 294, pag. 226).
[132] Ved. Capaccio, Il Forastiero, Nap. 1634, pag. 503.
[133] Ved. Doc. 229 pag. 120. Il poter «nominare» delinquenti, per
farli indultare, era uno de' diversi modi di compensi _pro meritis_:
nel caso del Lauro la nominazione fatta non è espressa, ma s'intende,
mentre in altri casi è espressa. Ne citiamo uno relativo ad un soggetto
del quale anche si è parlato in questa narrazione: «a 17 de marzo 1594
indulto et gratia facta à Prospero morales de peczolo per l'homicidio
commesso in persona de mutio costantino stante lo servitio facto per
battista de amicis d'havere dato in mano dela corte Marco sciarra e
nominatione facta in persona de decto prospero». Ma generalmente era
questa una delle concessioni minori, che si accompagnavano ad altre di
maggiore entità.
[134] Ved. i Reg. _Sigillorum_ vol. 40 e 42.--1.^o «3 Gennaro 1602.
Licentia de arme in persona de Fabio de Lauro, pietro de lauro,
mauritio spina et ferrante de lauro».--2.^o «3 de aprile 1604. Licentia
de arme in persona de fabio de lauro, pietro de lauro, mutio spina
(sic) et ferrante de lauro».
[135] Ved. i Reg. _Sigillorum_ vol. 31 (an. 1595) e vol. 37 (an.
1600); in quest'ultimo si legge: «A dì 16 xbro, Privilegio del off.^o
di perceptore della seta della città di Catanzaro in persona de Gio.
Battista Biblia».
[136] Ved. Doc. 231, pag. 120.
[137] Ved. i _Reg. Litterarum S. M.^{tis}_ vol. 12, (an. 1602-1610)
fol. 545. Re Filippo dice al Vicerè che approva la transazione proposta
dal Principe, ed aggiunge: «y por obligar le mas, he tenido por bien
de le honrrar y hazer merced de una plaça del Conseio Collateral de
que se le embiara su Titulo como se lo dereis de mi parte, y que en
lo de la Compania de gente de armas que pide, en las ocasiones que se
offroscieren se tenra con su persona y meritos la cuenta que es razon
para hazer le la merced que huviere lugar». La lettera è in data del 12
luglio 1606.
[138] Ved. Doc. 232, pag. 121.
[139] Ved. i Reg. _Privilegiorum_ vol. 125 (an. 1602) fol. 13. t.^o; e
confr. i Reg. _Officiorum Suae Maj.^{tis}_ vol. 1.^o fol. 202.
[140] Reg. _Privilegiorum_ vol. 123 (an. 1602-1603) fol. 128.
[141] Ved. Doc. 233, pag. 122.
[142] Ved. Doc. 235, pag. 123. Il suo viaggio a Madrid è ricordato in
una delle sue lettere al Gran Duca di Toscana, che abbiamo già citata
altrove; ved. vol. 1.^o pag. 127 in nota.
[143] Ved. i Reg. _Mercedum_, vol. 2^o, fol. 203. La pensione dicesi
data pe' «multa grataque obsequia... per spacium triginta quatuor
annorum singulari fide, vigilantia et integritate tam in dicto Consilio
quam in officio Advocati fiscalis nostri Provintiae Calabriae ac
interim in rebus magni ponderis nobis praestita».
[144] Ved. nell'Arch. di Stato in Torino _Lettere Ministri Due
Sicilie_, maz. 2.^o, let. del 4 e del 14 giugno 1613, dell'8 novembre
1616 e 6 gennaio 1617; inoltre _Lettere Ministri Roma_ maz. 27, fasc.
2^o, let. del 26 novembre 1616.
[145] Per le esecutorie di entrambi i Privilegi successivamente avuti,
ved. i Registri _Sigillorum_ vol. 38 e 39 alle date suddette. Pel
Privilegio della nomina a Consigliere, ved. i Reg.^i _Privilegiorum_
vol. 123 fol. 168: quivi i meriti della sua persona sono espressi ne'
seguenti termini, «cuius nobis et eruditio ac diligentia, et quidem
probitas atque prudentia probantur, quandiu hactenus officium Advocati
fiscalis nostrae Magnae Curiae Vicariae et alia munia cum laude
exercuisti». Per la comunicazione fattane al Consiglio, ved. i Reg.^i
_Notamentorum_ _S. R. C._ ab anno 1599 usque et per totum annum 1609,
data suddetta.
CAP. V.
SÈGUITO DE' PROCESSI DI NAPOLI E DELLA PAZZIA DEL CAMPANELLA.
B.--Processo dell'eresia (maggio 1600 a settembre 1602).
I. Rammentiamo innanzi tutto, circa l'eresia, che dapprima il Papa
avea manifestato di volere a Roma gl'incriminati o sospetti in
tale materia finita la causa della congiura (4 10bre 1599); ma in
sèguito, vista senza dubbio l'impossibilità della cosa, giacchè il
Governo Vicereale non si sarebbe lasciato trarre di mano i frati che
il processo della congiura mostrava colpevoli, avea spedito ordine
mediante il Card.^l di S.^{ta} Severina che se ne occupasse il Nunzio,
con ogni probabilità perchè il Vescovo di Caserta Ministro della
S.^{ta} Inquisizione Romana nel Regno trovavasi assente, in compagnia
del Vicario Arcivescovile della Curia napoletana, il quale presedeva
il tribunale diocesano di S.^{to} Officio (4 febbraio 1600)[146]; il
Nunzio poi, che molto volentieri ne avrebbe fatto di meno, vista la
profonda dottrina del Campanella, il quale sviluppava tante profezie
e produceva tante citazioni in suo favore, scrisse subito al Card.^l
S. Giorgio, ed anche al Card.^l di S.^{ta} Severina, che «se pur tal
negotio dovea spedirsi qua» in Napoli, reputava necessario l'intervento
di qualche persona pratica e buon Teologo (11 febbraio). Così scorse
ancora un certo tempo, sino a che non fu disponibile l'uomo capace di
stare a fronte del Campanella secondo le preoccupazioni del Nunzio,
e solo verso la fine di aprile si potè costituire il tribunale per
l'eresia, associando a' due Giudici prima designati il Vescovo di
Termoli. Era costui quel fra Alberto Tragagliolo da Firenzuola
Domenicano, che abbiamo già visto Commissario generale del S.^{to}
Officio sin dall'ottobre 1592 e durante i processi avuti in Roma dal
Campanella nel 1594-1595, divenuto molto benevolo verso il filosofo in
tale occasione e senza dubbio assai competente ed opportuno nel caso
attuale. Malamente designato dal Fontana col nome di «frater Albertus
Tragnolus» e poi anche con quello di fra Alberto Drago[147], così
ritenuto dall'Ughelli e dopo di lui anche da Quétif ed Echard[148],
malamente creduto Firenzuola e non Tragagliolo dal Capialbi[149], egli
cognominavasi Tragagliolo ed era nativo di Firenzuola nel Piacentino:
avea già funzionato da Commissario del S.^{to} Officio in Faenza, in
Genova, in Milano, quando venne chiamato Commissario generale in Roma
da Clemente VIII; poi dietro la morte di Mons.^r Francesco Scoto fu
promosso al Vescovato di Termoli, secondo il Fontana e l'Ughelli il
29 novembre 1599, ma certamente provvisto di _exequatur_ soltanto
all'ultimo di febbraio 1600, con esecutoria in data degli 8 marzo,
come risulta dalle scritture esistenti nell'Archivio di Napoli[150].
Può dirsi con sicurezza che si pensò a lui per la causa del Campanella
più che all'ultima ora, essendogli stata mandata a Napoli la nomina di
Commissario della causa dopo la sua partenza da Roma; ond'egli assai
probabilmente non giunse nemmeno a vedere la sua Chiesa, obbligato ad
un lavoro assiduo pel processo di cui andiamo ad occuparci, fino al
tempo della sua morte, che avvenne disgraziatamente otto mesi dopo,
succedendogli nel carico di giudice D. Benedetto Mandina Vescovo di
Caserta. Quanto al Vicario Arcivescovile, abbiamo già avuta occasione
di rilevare che teneva detto officio il Rev.^{do} Ercole Vaccari
(ved. pag. 44): qui dobbiamo aggiungere che per le molteplici e gravi
faccende della Curia Arcivescovile erano allora i carichi distribuiti a
più persone in qualità di Vicarii, e nelle scritture del tempo, oltre
il Vaccari, designato «Vicarius generalis capitularis et locumtenens
in spiritualibus», troviamo il Rev.^{do} Curzio Palumbo, designato
«Vicarius generalis Monialium et locumtenens in civilibus»; e vedremo
nel processo figurare da giudice o «congiudice» prima il Vaccari con
la qualità di Delegato, poi il Palumbo con la qualità di subdelegato,
poi ancora il Rev.^{do} Alessandro Graziano successo al Vaccari dopo la
morte dell'Arcivescovo Card.^l Gesualdo.
Il 18 aprile 1600, alle istanze del Nunzio, il quale in data del 14
aveva ancora mostrato di non sapere dove S. S.^{tà} volea che si
trattassero le materie appartenenti al S.^{to} Officio, il Card.^l di
S.^{ta} Severina rispondeva, avere S. S.^{tà} «per satisfare a cotesti
Signori et Ministri Regii» risoluto che la causa spettante al S.^{to}
Officio si trattasse in Napoli dal Nunzio, dal Vicario Arcivescovile e
dal Vescovo di Termoli, il quale da tre giorni era partito per Napoli,
onde egli dirigeva al Nunzio medesimo la lettera scritta per lui;
e soggiungeva essere intenzione di S. S.^{tà}, che procurassero di
terminar presto la causa, ma ne inviassero a Roma un breve Sommario,
coll'avviso su' meriti del processo, e col parer loro intorno alla
spedizione, prima di dare la sentenza. Analogamente egli scriveva pure
al Vescovo di Termoli ed al Vicario Arcivescovile, aggiungendo al
Vescovo, che per essere persona «molto ben pratica, et anco informata
delle altre cause conosciute in questa santa Inquisitione contra
il Campanella, ove abiurò come sospetto vehementemente di heresia
l'anno 1591», non gli diceva altro, bensì offriva di mandargliene le
scritture se lo reputasse necessario: dalle quali parole risultano
chiariti assai bene gli antecedenti così del Vescovo di Termoli come
del Campanella, e chiarita la posizione giuridica in cui il Campanella
veniva a trovarsi, cioè la posizione di _relapso_, qualora le nuove
accuse di eresia fossero state provate. Siffatte lettere leggonsi nel
processo di Napoli, 2^o volume dell'intero processo, costituendone i
primi atti[151]. Sappiamo poi dal Carteggio del Nunzio che egli vide il
Vescovo di Termoli il 5 maggio, e in tale data gli consegnò ad un tempo
la lettera del Card.^l di S.^{ta} Severina e il processo di Calabria
portato da fra Cornelio fin dal novembre e giacente presso di lui. Così
al Vescovo di Termoli veniva in realtà «deferita ogni cosa», come il
Nunzio ebbe a dire più tardi, ed egli, presa stanza nel convento di S.
Luigi dell'ordine de' Minimi di S. Francesco di Paola, posto presso
Palazzo Reale, si diede con molta alacrità a compiere il suo mandato.
Gli altri colleghi si occuparono della causa piuttosto con la semplice
loro presenza, ed il Nunzio, benchè figurasse come il principale tra'
Giudici, nemmeno della presenza sua onorò largamente il tribunale; egli
aveva pur allora ottenuto dal Papa di passare la Pasqua rosata nella
sua Chiesa di Troia, ove non apparisce che si fosse mai recato fino a
quel momento, e nel dichiararsi pronto a trattare la causa, riservavasi
di voler andare a Troia per la Pasqua, la quale si celebrava il 22 del
mese, come ci mostrano diverse scritture del 1600.
Il 10 maggio, in una camera del Castel nuovo, si diè principio agli
esami, continuandoli poscia il 15, il 17, il 19, il 26, il 28; ma
fin dalla 3^a seduta, in sostituzione del Nunzio assente intervenne
l'Auditore di lui, il Rev.^{do} Antonio Peri fiorentino: come Notaro e
Mastrodatti, servì sempre, dal principio alla fine della causa, Gio.
Camillo Prezioso, uno de' vecchi Notari della Curia Arcivescovile, che
figura nella più gran parte de' processi del tribunale diocesano della
fine del 1599 e principio del 1600[152]. Fu esaminato dapprima il
Pizzoni. Confermando in termini generali quanto avea deposto innanzi
al Visitatore in Calabria, egli aggiunse che era stato più volte da
parte del Campanella minacciato di farlo trovare in maggiore intrigo
se non si ritrattasse specialmente sulle materie di S.^{to} Officio,
una 1^a volta in Gerace mediante fra Pietro Ponzio che avea ricevuta
per questo una cartolina da fra Tommaso, una 2^a volta alla presenza
di fra Paolo della Grotteria in Bivona, quando erano per imbarcarsi,
mediante un soldato del capitano Figueroa, una 3^a volta in Napoli
mediante lo stesso fra Pietro Ponzio, che avea ricevuto per questo
nuove lettere da fra Tommaso. Aggiunse pure che nell'udire la lettura
del suo esame in Napoli (certamente a proposito della congiura), si era
avveduto trovarvisi detti _complici_ quelli che egli aveva indicati
come _familiari_ del Campanella, verosimilmente consapevoli delle
opinioni eretiche di lui, e ripetè che costoro erano fra Pietro di
Stilo, il Petrolo, fra Paolo della Grotteria, il Bitonto, il Jatrinoli.
Ripetè l'occasione con la quale nel luglio scorso il Campanella aveagli
parlato delle sue eresie, e come fra Dionisio, due giorni prima, gli
aveva esternato le medesime eresie dicendogli di tenerle per vere.
Aggiunse infine, che aveva rimproverato e cacciato il Campanella da
Pizzoni, aveva informato di ogni cosa per lettera del 1^o agosto il
Generale in Roma, ne aveva anche informato di persona il Visitatore in
Soriano il 28 agosto. Tale fu la deposizione del Pizzoni, che egli non
potè sottoscrivere e dovè soltanto crocesegnare, trovandosi col braccio
offeso dalla tortura avuta nell'altro tribunale[153]. Persistente nelle
accuse contro il Campanella, aggravandone la responsabilità col fatto
delle minacce, egli cercò di scusare sè medesimo con la cacciata del
Campanella da Pizzoni e con gli avvisi datine a' superiori.--Vollero
allora i Giudici udire su tale asserzione il Visitatore ed anche fra
Cornelio, il quale era già tornato da Roma a Napoli in quel tempo
(circostanza probabilmente ignorata dal Pizzoni). Entrambi, l'un dopo
l'altro, nella 2^a seduta del tribunale, il 15 maggio, ricordando
qualche faccenda trattata col Pizzoni in Soriano, negarono di aver
avuta quivi da lui alcuna notizia delle cose del Campanella[154].
Aggiungiamo che poco dopo il Vescovo di Termoli dovè pure interrogare
per lettera il P.^e Generale Beccaria, poichè se ne trova nel processo
la risposta in data del 12 giugno dal convento di S. Tommaso, vale a
dire da Napoli, dove a que' giorni era venuto pel Capitolo generale
che vi si tenne, e dove qualche mese dopo, il 3 agosto, morì col
compianto de' cittadini e in voce di santità e di miracoli. Non
contento delle reminiscenze proprie, il P.^e Generale volle consultare
anche quelle del suo P.^e compagno, e venne a dichiarare che non si era
mai avuta dal Pizzoni lettera alcuna contenente l'avviso asserto[155].
E per verità così il Visitatore come il Generale, al menomo avviso,
non avrebbero potuto mancare di provvedere immediatamente contro il
Campanella e fra Dionisio; e già riesce manifesta la pessima via
in cui il Pizzoni si era posto e si manteneva.--Frattanto, nella
stessa seduta, fu esaminato pure il Petrolo. Costui volle che gli si
rileggesse la deposizione fatta in Calabria, e trovò solamente a ridire
che non avea deposto con quelle precise parole che erano state scritte.
Ripetè ad una ad una le eresie udite dal Campanella, quasi tutte quelle
deposte in Calabria, dicendo di averle udite nel passeggiare con lui a'
Lanzari presso Stilo, nel mese di maggio, e ripetendo i nomi de' frati
e secolari co' quali il Campanella dava segni d'indevozione e parlava
delle sue opinioni, ma non tanto apertamente, sicchè a lui non constava
che fossero veramente complici; ripeteva pertanto di aver saputo da
fra Pietro di Stilo che il Lauriana gli aveva dette certe parole
pronunziate da fra Dionisio in dispregio dell'eucaristia. Inoltre si
dichiarò egualmente minacciato dal Campanella perchè si ritrattasse,
una 1^a volta per via dal Campanella in persona che gli disse «per
Deum oportet te retractare alioquin agam ut mecum moriaris», una 2^a
volta in Monteleone per mezzo di Cesare Pisano, una 3^a volta in Napoli
parimente dal Campanella in persona dalla finestra della carcere[156].
Come ben si vede, anche costui non faceva che aggravare la posizione
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