Fra Tommaso Campanella, Vol. 1 - 45
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di luglio, ed anche l'abbruciamento avvenuto a' primi di agosto 1581.
«Quell'heretico inglese, che fece quella scelerità che scrissi, nella
Chiesa di S. Pietro, è stato abbrugiato vivo, con haverseli dati molti
colpi di fuoco nel corpo con torce accese, mentre che lo conducevano
al patibulo, nel quale è stato con tanta fermezza che ha dato che
ragionare assai». Si seppe esservi una brigata di persone venute a Roma
col proponimento di commettere quella bestialità; e la cosa fu imitata
anche in sèguito, nè l'esempio dell'abbruciamento servì a nulla. Nel
Carteggio del Vialardo agente segreto pel Gran Duca di Toscana (Arch.
Mediceo, filz. 3623) in data del 6 feb. 1600 trovasi riferito che «un
Inglese a S. Girolamo della Carità fu per levar l'hostia dal prete, e
fuggì e non si trova»: ma negli Avvisi di Roma della Collez. Urbinate
(Biblioteca Vaticana, cod. 1068) in data del 5 febbr. 1600 si legge:
«è stato carcerato un inglese qual insolentemente nella Chiesa di S.
Girolamo et parimente in S.to Eustachio tentò di far cader il S.mo
Sacramento di mano al Sacerdote mentre communicava alcuni fedeli».
Nel Carteggio dell'Ambasciatore di Venezia Gio. Mocenigo (Arch.
Veneto, Senato-Secreta n.º 43-44) in data del 12 febbr. 1600 trovasi
riferito che «È stata scritta à S. S.tà di Germania una lettera,
senza data, nella quale viene avisata che erano da quelle Provincie
partiti alcuni heretici incognitamente per venirsene in questa città
et trovar occasione di maltrattare et dispregiare li S.mi Sacramenti»
etc.; e poi in data del 26 febbr. d.to anno: «Domenica nella Chiesa
di S. Marcello un francese heretico tentò di dar delle mani sopra il
Sant.mo Sacramento et di maltrattarlo, et sarebbe avvenuto quando non
fossero stati quelli della Chiesa avisati li giorni passati insieme con
tutti li altri di questa città». Si direbbe che l'abbruciamento avesse
piuttosto eccitato gli eretici di tutti i paesi a commettere simili
ribalderie.
[271] Questa parte della nostra narrazione poggia specialmente sulle
rivelazioni fatte dal Pisano in punto di morte innanzi a' Delegati
della Curia Arcivescovile (ved. Doc. 306, p. 248), ed anche sulla
deposizione fatta innanzi allo Sciarava nel tribunale laico (ved. Doc.
408, p. 507) corretta dalle discolpe ultime fatte innanzi a' Bianchi
di giustizia che l'assisterono a ben morire (ved. Doc. 238, p. 124).
Gioverà avvertire fin d'ora, che avendo il Pisano nelle sue ultime
rivelazioni attenuate le deposizioni fatte antecedentemente, ed avendo
anche nelle discolpe ritrattate diverse cose già da lui asserte,
dobbiamo ritenere tutto il rimanente quale espressione della verità;
avrebbe potuto revocare ogni cosa, laddove ogni cosa fosse stata falsa
ed estorta per ferocia di tormenti.
[272] Vedremo quest'ultimo fatto a suo tempo: circa le informazioni che
arrivavano al Cicala da Messina, ved. Doc. 5, pag. 14.
[273] Ved. Doc. 244, pag. 140.
[274] Ved. Registri _Curiae_ vol. 38 (an. 1595-99) fol. 88 t.º:
«All'Audientia di Calabria ultra _etc._ Philippus _etc._ Spectabiles
et magnifici viri. Da Giovanni Piatti ci viene scritto come havendolo
inviato l'Auditor Capece in la città di Jerace mediante ordine vostro
a trattare con il Vescovo di quella città per la consignatione di donna
Isabella Ardoina che steva nel monisterio a Castel'vetere, nel ritorno
al territorio della Roccella fu assaltato da Pietro Veronise (_sic_)
et felice gagliardo de Jerace armati à modo di forasciti, et havendolo
malamente trattato li roborno nove ducati, _etc._ Ordine di pigliare
informazione assicurandosi de' delinquenti, e di avvisare. Nap. 19
giugno 1597. — Prima di questo tempo e fin dal 18 maggio 1594 il
Veronese avea funzionato in Catanzaro quale luogotenente del Portolano
di Calabria D. Gio. de Alagana: ma da poco tempo, trovandosi in
servizio, era stato assaltato e gli aveano recisi entrambi i pollici.
Ved. Reg. _Partium_ vol. 1313 fol. 28, e vol. 1444 fol. 302. Quali
costumi!
[275] Ved. Doc. 242, pag. 139.
[276] Ved. Doc. 302, pag. 240 e 242.
[277] Lo vedremo nominato quando la compagnia se ne andò a Pizzoni.
Talora, nel processo si parlò di un Giovanni Moravito fuoruscito; e
nella _Numerazione de' fuochi_ di Filogasi, vol. 1243 della collezione,
per l'anno 1595 si legge: «n.º 109. Gio. Batt.a Moravito an. 25;
Rosiasa Sonnina moglie an. 45; Jo. pietro Aracri f.º del 1º marito a.
15; Scipione f.º ut supra a. 12; Perna f.a ut supra a. 10».
[278] Ved. Doc. 355, pag. 339.
[279] Abbiamo detto che la Dichiarazione fu scritta in un momento di
altissimo sdegno verso Giulio Contestabile; dobbiamo aggiungere che la
confessione fu fatta in un momento di altissimo sdegno verso il Pizzoni
e quando il Crispo era stato già giustiziato. Ne vedremo i motivi a
tempo e luogo, ma è necessario avere notizia del fatto fin d'ora, per
rendersi conto delle varianti del Campanella e poter prescegliere la
versione più plausibile.
[280] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Stilo, il solito estratto
della vecchia numerazione (an. 1596-98) contiene ciò che segue: «n.º
411. Pietro Cosentino alias de Gioya a. 60; Giovannella uxor a. 50;
(*) Colella f.º a. 18; (*) Giovannello f.º a. 16; Salvatore f.º a.
25». Taluno de' di Gioia divenne poi parente de' Campanella, molto
più tardi; così nella Numerazione del 1630 si legge: «n.º 378. Giulio
Cosentino alias di Gioia a. 67; Vittoria Campanella moglie a. 30 (_con
due figli_) [ diacono silvaggio pretende immunità».
[281] Così trovasi chiaramente scritto nel processo di eresia (ved.
Doc. 279, pag. 207), ma nel processo di tentata ribellione leggesi 25
capi, (ved. Doc. 244, pag. 132).
[282] Ved. Doc. 295, pag. 227.
[283] Nell'originale "fuorusctii". [Nota per l'edizione elettronica]
[284] Per la Dichiarazione del Campanella ved. Doc. 19, pag. 28; per
la confessione di Maurizio ved. i relativi brani ne' Doc. 244, p. 141;
247, p. 159; 263, p. 175; 265, p. 182.
[285] Vedremo che pure alcuni anni dopo i terribili tempi de' quali
trattiamo, questi due gentiluomini, e segnatamente Gio. Tommaso di
Franza scampato con male arti dalla burrasca, continuavano nelle
prepotenze e negli omicidii in Catanzaro. Questo ci mostrano documenti
da noi rinvenuti nel Grande Archivio, dei quali daremo conto al luogo
opportuno.
[286] Ved. Doc. 394, pag. 455-56; e Doc. 334, pag. 297.
[287] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Tropea (vol. 1398 della
collezione; numeraz. del 1595) alla rubrica di Ricadi si legge: «n.º
261. Gio. Battista Soldano a. 34; Sorgentia Vangeli moglie a. 30 [
Dicono bandito et che mai have habbitato in Ricadi».
[288] Ved. per queste lettere il Doc. 242, p. 137.
[289] Ved. le parole della magnif. Dianora Santaguida dette a Marcello
Contestabile, nell'Informaz. presa dal Vescovo di Squillace per
commissione del Vescovo di Termoli; nella nostra Copia ms. de' proces.
eccles. tom. 1.º fol. 314.
[290] Ved. la dep. di Jacovo Squillacioti di S.ta Caterina
nell'Informaz. suddetta; nella nostra Copia ms. de' proces. eccles.
tom. 1.º fol. 315-1/2.
[291] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Nicastro (vol. 1309 e 1310
della collezione) si ha una numerazione del 1596 ed una renumerazione
del 1598; entrambe recano Cesare Mileri. In quella del 1599 si legge:
«n.º 783. Cesare Miliero f.º del q.m thomase a. 26; Honesta sore a. 14;
Giovanna sore a. 12». Ma sospettiamo che possa esservi qui un errore, e
che l'età di Cesare avrebbe dovuto dirsi di 16 anni, in corrispondenza
dell'età delle sue sorelle; rimanendo accolto il nostro sospetto,
avrebbe nel 1599 avuto 17 anni di età.
[292] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Nicastro (vol. 1309 cit.)
al fasc. della renumerazione del 1598 si legge: «n.º 1266. Antonino
Sersale f.º del q.m ferrante a. 42; Mario f.º a... [dicunt absentem
in civitate catanzarii, et est baro terrae cropani». La nobiltà de'
Sersali si faceva rimontare fino a Sergio, Duca della Repubblica
Sorrentina; una branca dei Sersali di Sorrento sarebbe stata questa
trapiantata in Calabria. Ved. Fra Girol. Sambiasi, Ragguagli di Cosenza
e di 31 sue nobili famiglie, Nap. 1639 p. 185, e De Lellis, Famiglie
nobili della città e Regno di Napoli, parte ms. esistente nella Bibl.
naz. di Napoli (VI. F. 6).
[293] Ved. nell'Arch. di Stato i Reg. _Partium_ vol. 1274 fol. 201,
dove si notifica che «a ultimo de gen. 1595» il Vicerè ha concesso a
lui tale officio; inoltre ne' Reg.i _Sigillorum_, vol. 31, an. 1595, è
not. «a ultimo de febraro... privilegio del officio de credenzero de
la gabella dela seta de Catanzaro de Marc'Ant. biblia»: nel corso di
questa narrazione vedremo confermato che costui era fratello di Gio.
Battista Biblia con altre circostanze di molto interesse.
[294] Tutte queste notizie, come le consecutive, si rilevano
segnatamente dalle due formali denunzie che di poi si ebbero (ved. Doc.
7, p. 15, e 205, p. 106), ed ancora dal complesso de' documenti trovati
in Simancas. La trattativa per l'entrata di uomini armati in Catanzaro
di soppiatto, separatamente dagli altri maneggi, fu condotta in modo
più segreto tra un numero di persone assai ristretto; e così i due
denunzianti principali, Biblia e Lauro, non ne seppero nulla. Si vedrà
in sèguito che non c'è alcun motivo per dubitare delle cose dette in
tali denunzie quanto alla parte essenziale; e che vi furono solamente
esagerazioni notevoli quanto al numero de' congiurati, de' fuorusciti
e de' frati, per magnificare il servizio reso; del resto nulla vieta di
ammettere che tra le tante esagerazioni fra Dionisio avesse introdotta
anche questa, per magnificare le forze della congiura ed invogliare a
prendervi parte.
[295] Nelle _Cedole di Tesoreria e Cassa militare_ per l'anno 1597
(vol. 429) fol. 265 si legge: «A 12 di luglio 1597 A Fabritio de lo
tufo Gov.re della prov. de Calabria ultra ducati sessanta li sono
com.ti pagare per suo salario de giorni 18 vacati a pigliar mostra
alle Compagnie de cavallaria oria, scalea, et cravìna in luglio 1595
incluso l'accesso, et recesso, a ragione di d.i 100 lo mese pagati
della cassa delle tre chiavi, per esso a Geronimo dello tufo suo
herede, et per esso a Marino de fusco suo procuratore, D.i 60, 0, 0». —
Quanto all'ufficio di Capitano di Tropea tenuto più tardi da Geronimo,
i documenti si riferiscono all'anno 1616, e leggonsi ne' Registri
_Curiae_ vol. 80, fol. 176, e vol. 83, fol. 177: entrambi contengono
un ricorso di Dianora Ciaccio, che chiede giustizia contro Geronimo
Capitano di Tropea, per essere stato causa della morte di Pietro
cocchiero suo marito «fandoli dare molte bastonate», ed aver poi voluto
«la remissione per forza». Signori e popolari, laici ed ecclesiastici,
erano fatti tutti a un modo, prepotenti sempre.
[296] Ved. nell'Archivio Storico an. 1866, p. 70 (al Card.l S.
Giorgio) «noi voltammo il male a voi per manco male»; p. 81 (al Papa
e Cardinali) «ego inveni negotium Turcarum, quia Mauritius nominatus
ascendit triremes pro redemptione concivium suorum» _etc._ _etc._
Come è possibile ritenere tutto questo dopo ciò che si legge nella sua
Dichiarazione?
[297] Un _Mons._r Baraffone o Baruffone era segretamente inviato da
Roma nell'agosto o settembre 1599, e se ne trova un cenno misterioso
nel Carteggio del Nunzio; ma molto più tardi, dopo un anno e più, venne
il fatto a luce. Nel Carteggio dell'Agente di Toscana, filz. 4088,
al sèguito delle lettere di agosto 1600 si legge, che col pretesto
di soccorrere Canissa, per mezzo del Vescovo di Nicastro, il quale
provvedeva armi, e poi col pretesto di sorprendere Camura in Albania
già pertinente a' Veneziani, forse voleasi dal Papa prender piede a
Tremiti, farne una commenda pel Card.l S. Giorgio e avere un porto.
Nel Carteggio del Residente Veneto, le lettere de' primi di 10bre d.to
anno recano anche questi progetti di conquista di Tremiti da parte del
Papa, e la spedizione delle armi fatta da _Mons._r Montorio Vescovo di
Nicastro, co' maneggi segreti di _Mons._r Baraffone.
[298] Ecco i documenti che abbiamo potuto raccogliere per chiarire la
posizione de' Nobili sopra menzionati. — 1.º Circa D. Lelio Orsini,
nell'Arch. Mediceo, Carteggio universale filz. 893, fol. 627, una
sua lettera al Granduca con firma autografa, in data di Napoli 22
8bre 1599 dice, che aspetta sempre la venuta del corriere di Spagna
il quale deve portare la sentenza del suo negoziato, che ora vede
allungarsi tale arrivo, che ne darà avviso come il corriere giungerà
secondo i comandi avuti. L'essersi dato l'ufficio di curatore a Gio.
Serio di Somma risulta da' varii documenti del tempo notati ne' Reg.i
_Privilegiorum_ e _Sigillorum_; la dimora di costui in Calabria e la
Commissione datagli contro i fuorusciti risulta dalla Lett. Vicereale
de' 18 mag. 1599, notata ne' Reg. _Curiae_, vol. 45, fol. 153. — 2.º
Circa il Principe di Bisignano, ecco dapprima quanto si legge negli
Avvisi di Roma esistenti nell'Arch. di Modena: «1598, 2 7bre; si
ritrova qua incognitamente et se ne sta ritirato il P.pe di Bisignano
scappato con bellissimo stratagemma dalle mani del V. Re di Napoli che
lo teneva prigione, raccontandosi che sendo habilitato dal d.to V. Re
di haver la casa per carcere con sicurtà fattali da D. Lelio Orsini,
l'uno et l'altro (_questo falso_) se ne siano scappati... con voce
che d.to Principe voglia passare in Spagna et farsi sentire dal Re.
— 21 8bre, il P.pe di Bisignano si trova a Pesaro dal Ser.mo d'Urbino
et coll'occasione della Regina (_la Regina di Spagna che passava per
l'Italia recandosi a Madrid_) passarà in Spagna. — 18 9bre; di Ferrara
lettere del 21 dicono che vi era arrivato il P.pe di Bisignano quale
havea seco un suo naturale di 6 anni solamente, attendendo l'arrivo
del Duca d'Urbino, sperando col mezo di S. S.tà con questa occasione
di poter effettuare qualche negotio buono per la sua causa con d.ta
Regina, acciò sia mediatrice col Re per rimediare alli suoi malanni,
et fra tanto haver qualche trattenimento appresso d.to Duca. — 1599,
18 gennaio; si aspetta qui il P.pe di Bisignano per vedere d'accomodar
le sue cose col Re di Spagna. — 20 marzo; venerdì arrivò qua _Mons._r
Santorio e il P.pe di Bisignano incontratisi vicino à Roma». Nel
Carteggio Veneto da Napoli una prima lett. del 19 gen.º 1599 reca,
«S. M.tà ha ordinato che i beni liberi di Bisignano siano venduti,
ed egli tornando sia ricondotto in libertà con piezaria come prima;
fra tanto non si danno i duc.ti 6 mila a' suoi corrispondenti e si
ode con disgusto, oltre gli altri particolari dei suoi viaggi, il suo
stare ora in Fiorenza spesato da quel Principe». Un'altra lett. del
17 agosto reca: «Il P.pe di Bisignano se n'è ritornato in questa città
liberato del tutto dal V. Re con haverlo fatto reintegrare delle rate
del suo assegnamento di scudi 500 il mese delle sue entrate dal dì
della sua fugga (_sic_) fin'hora, et gli dà anco speranza di lasciarlo
andare a vivere al suo stato in Calavria, dovendosi però continuar la
estintione de' suoi debiti.» _etc_. Nel Carteggio Toscano da Napoli
filz. 4087 due lett. del Principe medesimo al Gran Duca in data del
23 agosto 1599 recano essere lui tornato in istato di libertà in
casa sua da dieci dì, con speranza di andarsene presto agli Stati
suoi. Compie la serie delle pratiche fatte nella sua escursione la
notizia posteriore che trovasi negli Avvisi di Roma collez. Urbinate,
esistente nella Bibl. Vaticana cod. 1067: «27 8bre 1599; il P.pe di
Bisignano ha fatto spedire qua un Breve per via secreta, con indulto
di poter adottare o surrogare un tale per suo figlio». 3.º Quanto al
Duca di Vietri, abbiamo veduta altrove (pag. 106 in nota) la sua lunga
corrispondenza autografa, esistente nell'Arch. Urbinate in Firenze,
che dà le informazioni autentiche sull'andamento della sua causa. La
notizia delle feste da lui ordinate, all'occasione dell'entrata del
Conte di Lemos, trovasi ne' Diurnali di Scipione Guerra fol. 81, ms.
esistente nella Bibl. nazionale di Napoli (X, B, II). — 4.º Non avendo
nulla da aggiungere intorno a Mario e Geronimo del Tufo, ci rimane a
dire che la permanenza e il modo di vivere del Marchese di S. Lucido in
Roma, al tempo del quale trattiamo, rilevasi dal Carteggio di Francesco
M.a Vialardo esistente nell'Arch. Mediceo, filz. 3623. Una lettera
di costui in data di Roma 23 8bre 1599 reca: «il Caraffa Marchese di
S.to Lucito, che sta qui, mangia a suono di trombetto». Dal Carteggio
poi del Nunzio Aldobrandini, filz. 212, lett. da Roma del 26 9bre
1599, rilevasi che il Papa mandò al Vicerè un Breve per raccomandarlo,
sollecitato dal fratello di lui _Mons._ Carafa. Ancora un'altra
lettera del Vialardo (loc. cit.) in data del 1.º gennaio 1600 reca:
«il Marchese di S.to Lucito ha fatto venir qua Tiberio suo fratello».
Infine da altre lettere dello stesso Vialardo, come anche da quelle di
Gio. Niccolini Ambasciatore Toscano in Roma (filz. 3316) e dagli Avvisi
del tempo, si rileva che nella Settimana Santa del 1600 egli ebbe una
quistione di precedenza con D. Francesco Colonna P.pe di Palestrina,
seguìta da biglietti di sfida che indignarono il Papa e provocarono il
suo arresto, finito poi con la pace fatta tra' due contendenti mercè
l'opera del P.e Cesi.
[299] Ved. Doc. 311, p. 261. Veniamo assicurati che oggi si conserva
sempre il nome di Lanzari ad una contrada presso Stilo, all'uscire
della città, e che fino a pochi anni indietro vedevasi ancora, sul
margine della via che attraversa tale contrada, un basamento in
muratura sul quale sorgeva una croce, che fu menzionata dal Petrolo, e
che segnava il confine dell'ambito giurisdizionale de' Domenicani.
[300] Così p. es. la proposizione che Maria fosse una schiava
nera di Egitto ricavandolo dal motto _nigra sum_, e l'altra che le
lettere _INRI_ poste sulla croce costituissero una parola atrocemente
ingiuriosa in ebraico, si trovano ripetute in molti processi anteriori
a questi tempi, rappresentando le scempiaggini di coloro i quali
presumevano di atteggiarsi a spiriti forti, come accade di rilevare
anche dalla collezione de' processi di S.to Officio esistente in
Dublino: non era quindi nemmeno necessario che le ripetesse fra
Dionisio, il quale poi certamente ne divulgò molte altre, senza
la menoma partecipazione del Campanella. Da ogni lato apparisce
indubitabile che vi sieno stati erronei apprezzamenti delle parole del
Campanella su' temi più intricati, come quelli di Dio, della Trinità,
de' luoghi di premii e di pena, degli angeli buoni e tristi. Sul tema
dei diavoli sarebbe veramente curioso di conoscere i concetti riposti
del Campanella, anche per illustrazione di certi fatti della sua vita
ulteriore: certamente al tempo del quale trattiamo egli se ne burlava,
professando, nel caso di coloro a' quali si dicevano apparsi, «essere
follie e spiriti fuliginosi et humori frigidi che calano», nel caso
poi delle donne ossesse, «haverle per pazze»: i suoi motteggi su questo
articolo si trovano ripetuti da parecchi, ed anche per tale motivo non
sembra che vi sia luogo a dubbio.
[301] Per comodo de' lettori, tra le Illustrazioni annesse a'
Documenti, abbiamo raccolti alcuni Cenni della _Città del Sole_ e delle
_Quistioni sull'ottima repubblica_ in rapporto alle cose emerse ne'
processi di congiura e di eresia; ved. Illustraz. I, pag. 609.
[302] Ved. nella _Città del Sole_, ed. D'Ancona p. 272 e 273.
[303] Sarebbe bastato aver dato uno sguardo alla sua definizione
della Democrazia, tanto diversa da quella che oggi si professa; al
sacrificio assoluto da lui imposto all'individuo di fronte allo Stato
(abolendo, com'egli diceva, l'amor proprio o singolare, per l'amor
comune o universale), mentre oggi si vuole che ognuno possa far conto
dello Stato come se non esistesse; infine alla prevalenza assoluta da
lui accordata alla cultura, mentre oggi si ritiene un gran fatto il
suffragio universale, e non si chiede al Rappresentante del popolo, e
neanche al Ministro, quella guarentigia del sapere che pur si chiede al
più umile de' professionisti. Ne ricorderemo qualche cosa. 1.º Aforismi
politici; ed. d'Ancona pag. 13: «Il dominio d'uno buono si dice
Regno e Monarchia; d'uno malo si dice Tirannia; di più buoni si dice
Aristocrazia; di più mali Oligarchia; di tutti buoni Polizia; _di tutti
mali Democrazia_». 2.º, Città del Sole, ib. p. 244: «_Perduto_ l'amore
proprio, rimane sempre l'amore della comunità». 3.º; Quist. sull'ottima
repubblica, p. 291: «Per gl'ignoranti è bene _servire_ al sapiente
ed al probo»; ciò che fu pure espresso tanto vivacemente nelle Poesie
filosofiche, p. 72 (_correz. tratta dall'ediz. Adami_),
«Assai sa chi non sa, se sa obbedire».
[304] Ved. _Poesie filosofiche_, ed. cit. p. 110,
«Stavamo tutti al buio, altri sopiti
d'ignoranza nel sonno, e i sonatori
pagati raddolciro il sonno infame;
altri vegghianti rapivan gli onori
la roba, il sangue, o si facean mariti
d'ogni sesso, e schernian le genti grame.
Io accesi un lume...».
[305] Ved. _Poesie filosofiche_ p. 102, nota 1ª al Sonetto intitolato
«A Dio».
[306] Ved. _Poesie filosofiche_ p. 125, Canz. 3ª in Salmodia
metafisicale.
[307] Ved. Doc. 7, pag. 15.
[308] Ved. Doc. 8, pag. 17.
[309] Ved. Doc. 15, pag. 24.
[310] Nell'originale "espresa". [Nota per l'edizione elettronica]
[311] Ved. Doc. 6, pag. 14. Riportiamo la materia di queste Lettere
con una certa larghezza e quasi traducendole, tanto per riprodurre
fedelmente i fatti in esse esposti, quanto per facilitarne il riscontro
a coloro i quali provassero difficoltà ad intendere l'idioma spagnuolo.
[312] Ved. nell'Arch. di Firenze il Carteggio del Nunzio Aldobrandini
filz. 212, Lett. da Roma del 3 luglio 1599.
[313] Ved. le Lettere di Giulio Battaglino al Segretario del Granduca
di Toscana, estratte dall'Archivio Mediceo e pubblicate dal Palermo
(Archivio Storico Italiano tom. 9.º, Firenze 1846); Let.ª 1.ª: ne'
nostri Documenti n.º 160, pag. 83.
[314] Nell'originale "2.º". [Nota per l'edizione elettronica]
[315] Il Litta, Famiglie celebri d'Italia tom. 5.º, poco esattamente
lo dice fatto Nunzio in Napoli nel 1596. Fra' tanti Aldobrandini in
carica, pe' quali non mancavano in Roma le Pasquinate (ved. gli Avvisi
della Collezione Urbinate nella Bibl. Vaticana, cod. 1068, 8 gen.º
1600), c'era anche un fratello di Jacopo a nome Pietro, capitano della
Guardia Pontificia.
[316] Ved. il Carteggio del Nunzio Aldobrandini filz. 212, Lett. da
Roma del 3 luglio 1599.
[317] È il meno che di lui si possa dire. L'Agente di Toscana Giulio
Battaglino lo descriveva al suo Governo quale uomo «aridissimo», di
cui nella città «si fa conto come non ci fusse...; in somma un poco
urbano e manco officioso fiorentino», notevole per «la sua estrema
zotichezza». Trattandosi di uno che dovremo vedere giudice del
Campanella, importa raccogliere notizie di lui da ogni parte. — Ved.
nell'Arch. Mediceo, Carteg.º di G. Battaglino filz. 4085-4086, Lett.
del 17 mag. 1596 e 3 luglio 1598.
[318] Ved. il Carteggio del Nunzio, filz. 212, Lett. da Roma del 9 8bre
1599.
[319] Ved. Doc. 44, pag. 47.
[320] Ved. Doc. 45, pag. 47.
[321] Riportiamo questa iscrizione, che dà in compendio la vita di
Carlo Spinelli nella sua parte più gloriosa: «Carolus Spinellus marchio
ursi novi, magnus animo, major consilio, in aula Ferdinandi Caesaris
consiliarius, marchio clavis aureae, tractandis, regendis natus armis,
humanus in hostes, in suos munificus, Italici nominis ubi jus fasq.
studiosus, exempla majorum, auspicia sequutus Austriadum pro Caesare,
pro Regg. Hispaniae Philippo II. III. IV. ann. IV et XXX. in Italia,
Belgio, Germania, centurio, magister aciei, dux exercitus, collatis
signis decertavit X. Saepe hostium sanguine imbutus, ter suo purpureus,
Abberstathium, Betlehemum, Gaboreum, ducesque alios docuit quid in
armis possit Italus. Ter ad Pragam coronam meritus muralem, aucthor
praelii repetundae pugnae Germanis terga dantibus, capiendae urbis,
in quam primus irrupit. Dedita sui opportunitate subsidii Breda,
Ostenda, Inclusa, Bolduco, Vercellis. Ter obsidionalem, et civicam,
liberatis obsidione Possonia, Uxavia, Jesino, provinciis, regionibus,
exercitibus. Has inter laureas summus Dux Genuae, restinguendo intento
cum Allobroge bello; nec audentibus in invicti viri vitam armis, manu
cadit medica anno aetatis LIX. S. h. CIDIDCXXXIII. Insepulto monumentum
nomini fratri suavissimo Jo. Baptista marchio boni albergi p.».
[322] Ved. la Monarchia di Spagna nelle Op. del Campanella, ed.
d'Ancona pag. 194, e confronta col Parrino, Teatro _etc._ Conte di
Miranda. — Per le notizie sulla vita dello Spinelli ved. i Registri
_Privilegiorum_ v. 91 fol. 77 e v. 120 fol. 12: quivi si ha il
suo stato di servizio ufficiale, ad occasione della sua nomina a
Consigliere del Collaterale, e della facoltà di trasmettere ad uno dei
suoi nipoti una pensione di cui godeva.
[323] Ved. Ricca, La Nobiltà delle due Sicilie, Istoria de' feudi, Nap.
1859, vol. 1.º p. 115.
[324] Questo rilevasi da un cenno di caso analogo inserto nell'indice
del vol. 30 degli ordinarii Reg. _Curiae_. Ma perchè i lettori
abbiano una certa idea degli usi del tempo, sarà bene che prendano
conoscenza del testo della Commissione data al medesimo Spinelli dal
Conte di Miranda, l'11 giugno 1590, per la persecuzione de' fuorusciti
in tutto il Regno e specialmente nelle provincie d'Abruzzo, dove
scorreva la campagna il famoso Marco Sciarra (ved. Reg.^i _Curiae_
vol. 33, an. 1588-89, fol.º 110 t.º). Trascriveremo qualche brano dei
poteri concessi allora allo Spinelli. «Prohibire per banni publici
che nesciuno presuma armare, ricettare, alimentare, favorire, et in
qualsivoglia modo aiutare detti forasciti delinquenti, contumaci o
forgiudicati sotto le pene pecuniarie et corporali che a voi pareranno
etiam di morte naturale; et quelle irremissibiliter essequire nelle
persone et beni de' trasgressori... Procedere a publicatione di banni
contra forasciti prefigendo termine di giorni sei a comparere nella
presentia vostra, et non comparendo personalmente non solo possano
essere impune occisi ma ancora che siano castigati da voi... Stabilire
pe' persecutori premii fino a d.^i 500 per ogni capo da pagarsi
da' thesorieri provinciali, guidare, indultare, et ancora quelli
eccettuati. Poter fare sfrattar li parenti utriusque sexus nelli gradi
di parentela agnationis, cognationis, et affinitatis, per distantia
di paese o dal Regno come ve parirà, imponendo pene di frusta, di
galera, relegatione, deportatione et etiam de morte naturale à chi
contravenirà come ve parerà... Discacciare gli amici, adherenti,
fautori di detti forasciti di qualsivoglia stato grado o conditione
se siano per la distantia che vi parerà, o confinarli come vorrete,
imponendo pena di tratti di corda, frusta, galera, relegatione et
pecuniaria, come meglio ve parerà, et essequendola irremisibiliter
secondo la qualità delle persone che contraveneranno, ancora che non ve
costasse per informatione che fossero amici adherenti fautori, che per
essere cose occulte volemo se ne stia al sospetto che ne havereti...
Authorità di fare brugiare, deroccare case, torre, molini, tagliar
vigne et devastare altre possessioni non solo di capi di forasciti,
ma di delinquenti, contumaci et seguaci loro, fandoli deroccare
brugiare et devastare de manera che non se ne possano servire in
nesciun tempo... A la quale persecutione farete attendere per mare,
et per terra, non solamente da la gente pagata et destinata, ma da
tutti et qualsivoglia huomini di qualunque stato grado et conditione
si sieno, Baroni titulati et non titulati come ve parirà, da Capitani
et soldati di battaglione, da ufficiali regii o di baroni, sindici,
eletti, mastri giurati, giurati, barricelli, capitani di campagna,
revocando tutte le salve guardie et privilegii di essentioni, _etc._
_etc._ et essequire pene di tratti di corda, di frusta, relegatione
et galera, di morte naturale a chi non assisterà ubidirà et serverà
nella persecutione et guardia di passi come saranno comandati et
ordinati _etc._ _etc._ concedendovi ancora authorità de pigliare ogni
sorte di vascelli per la guardia di mare che ve parerà o per traettare
gente come sarà necessario, pigliare cavalli giumente et muli per la
«Quell'heretico inglese, che fece quella scelerità che scrissi, nella
Chiesa di S. Pietro, è stato abbrugiato vivo, con haverseli dati molti
colpi di fuoco nel corpo con torce accese, mentre che lo conducevano
al patibulo, nel quale è stato con tanta fermezza che ha dato che
ragionare assai». Si seppe esservi una brigata di persone venute a Roma
col proponimento di commettere quella bestialità; e la cosa fu imitata
anche in sèguito, nè l'esempio dell'abbruciamento servì a nulla. Nel
Carteggio del Vialardo agente segreto pel Gran Duca di Toscana (Arch.
Mediceo, filz. 3623) in data del 6 feb. 1600 trovasi riferito che «un
Inglese a S. Girolamo della Carità fu per levar l'hostia dal prete, e
fuggì e non si trova»: ma negli Avvisi di Roma della Collez. Urbinate
(Biblioteca Vaticana, cod. 1068) in data del 5 febbr. 1600 si legge:
«è stato carcerato un inglese qual insolentemente nella Chiesa di S.
Girolamo et parimente in S.to Eustachio tentò di far cader il S.mo
Sacramento di mano al Sacerdote mentre communicava alcuni fedeli».
Nel Carteggio dell'Ambasciatore di Venezia Gio. Mocenigo (Arch.
Veneto, Senato-Secreta n.º 43-44) in data del 12 febbr. 1600 trovasi
riferito che «È stata scritta à S. S.tà di Germania una lettera,
senza data, nella quale viene avisata che erano da quelle Provincie
partiti alcuni heretici incognitamente per venirsene in questa città
et trovar occasione di maltrattare et dispregiare li S.mi Sacramenti»
etc.; e poi in data del 26 febbr. d.to anno: «Domenica nella Chiesa
di S. Marcello un francese heretico tentò di dar delle mani sopra il
Sant.mo Sacramento et di maltrattarlo, et sarebbe avvenuto quando non
fossero stati quelli della Chiesa avisati li giorni passati insieme con
tutti li altri di questa città». Si direbbe che l'abbruciamento avesse
piuttosto eccitato gli eretici di tutti i paesi a commettere simili
ribalderie.
[271] Questa parte della nostra narrazione poggia specialmente sulle
rivelazioni fatte dal Pisano in punto di morte innanzi a' Delegati
della Curia Arcivescovile (ved. Doc. 306, p. 248), ed anche sulla
deposizione fatta innanzi allo Sciarava nel tribunale laico (ved. Doc.
408, p. 507) corretta dalle discolpe ultime fatte innanzi a' Bianchi
di giustizia che l'assisterono a ben morire (ved. Doc. 238, p. 124).
Gioverà avvertire fin d'ora, che avendo il Pisano nelle sue ultime
rivelazioni attenuate le deposizioni fatte antecedentemente, ed avendo
anche nelle discolpe ritrattate diverse cose già da lui asserte,
dobbiamo ritenere tutto il rimanente quale espressione della verità;
avrebbe potuto revocare ogni cosa, laddove ogni cosa fosse stata falsa
ed estorta per ferocia di tormenti.
[272] Vedremo quest'ultimo fatto a suo tempo: circa le informazioni che
arrivavano al Cicala da Messina, ved. Doc. 5, pag. 14.
[273] Ved. Doc. 244, pag. 140.
[274] Ved. Registri _Curiae_ vol. 38 (an. 1595-99) fol. 88 t.º:
«All'Audientia di Calabria ultra _etc._ Philippus _etc._ Spectabiles
et magnifici viri. Da Giovanni Piatti ci viene scritto come havendolo
inviato l'Auditor Capece in la città di Jerace mediante ordine vostro
a trattare con il Vescovo di quella città per la consignatione di donna
Isabella Ardoina che steva nel monisterio a Castel'vetere, nel ritorno
al territorio della Roccella fu assaltato da Pietro Veronise (_sic_)
et felice gagliardo de Jerace armati à modo di forasciti, et havendolo
malamente trattato li roborno nove ducati, _etc._ Ordine di pigliare
informazione assicurandosi de' delinquenti, e di avvisare. Nap. 19
giugno 1597. — Prima di questo tempo e fin dal 18 maggio 1594 il
Veronese avea funzionato in Catanzaro quale luogotenente del Portolano
di Calabria D. Gio. de Alagana: ma da poco tempo, trovandosi in
servizio, era stato assaltato e gli aveano recisi entrambi i pollici.
Ved. Reg. _Partium_ vol. 1313 fol. 28, e vol. 1444 fol. 302. Quali
costumi!
[275] Ved. Doc. 242, pag. 139.
[276] Ved. Doc. 302, pag. 240 e 242.
[277] Lo vedremo nominato quando la compagnia se ne andò a Pizzoni.
Talora, nel processo si parlò di un Giovanni Moravito fuoruscito; e
nella _Numerazione de' fuochi_ di Filogasi, vol. 1243 della collezione,
per l'anno 1595 si legge: «n.º 109. Gio. Batt.a Moravito an. 25;
Rosiasa Sonnina moglie an. 45; Jo. pietro Aracri f.º del 1º marito a.
15; Scipione f.º ut supra a. 12; Perna f.a ut supra a. 10».
[278] Ved. Doc. 355, pag. 339.
[279] Abbiamo detto che la Dichiarazione fu scritta in un momento di
altissimo sdegno verso Giulio Contestabile; dobbiamo aggiungere che la
confessione fu fatta in un momento di altissimo sdegno verso il Pizzoni
e quando il Crispo era stato già giustiziato. Ne vedremo i motivi a
tempo e luogo, ma è necessario avere notizia del fatto fin d'ora, per
rendersi conto delle varianti del Campanella e poter prescegliere la
versione più plausibile.
[280] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Stilo, il solito estratto
della vecchia numerazione (an. 1596-98) contiene ciò che segue: «n.º
411. Pietro Cosentino alias de Gioya a. 60; Giovannella uxor a. 50;
(*) Colella f.º a. 18; (*) Giovannello f.º a. 16; Salvatore f.º a.
25». Taluno de' di Gioia divenne poi parente de' Campanella, molto
più tardi; così nella Numerazione del 1630 si legge: «n.º 378. Giulio
Cosentino alias di Gioia a. 67; Vittoria Campanella moglie a. 30 (_con
due figli_) [ diacono silvaggio pretende immunità».
[281] Così trovasi chiaramente scritto nel processo di eresia (ved.
Doc. 279, pag. 207), ma nel processo di tentata ribellione leggesi 25
capi, (ved. Doc. 244, pag. 132).
[282] Ved. Doc. 295, pag. 227.
[283] Nell'originale "fuorusctii". [Nota per l'edizione elettronica]
[284] Per la Dichiarazione del Campanella ved. Doc. 19, pag. 28; per
la confessione di Maurizio ved. i relativi brani ne' Doc. 244, p. 141;
247, p. 159; 263, p. 175; 265, p. 182.
[285] Vedremo che pure alcuni anni dopo i terribili tempi de' quali
trattiamo, questi due gentiluomini, e segnatamente Gio. Tommaso di
Franza scampato con male arti dalla burrasca, continuavano nelle
prepotenze e negli omicidii in Catanzaro. Questo ci mostrano documenti
da noi rinvenuti nel Grande Archivio, dei quali daremo conto al luogo
opportuno.
[286] Ved. Doc. 394, pag. 455-56; e Doc. 334, pag. 297.
[287] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Tropea (vol. 1398 della
collezione; numeraz. del 1595) alla rubrica di Ricadi si legge: «n.º
261. Gio. Battista Soldano a. 34; Sorgentia Vangeli moglie a. 30 [
Dicono bandito et che mai have habbitato in Ricadi».
[288] Ved. per queste lettere il Doc. 242, p. 137.
[289] Ved. le parole della magnif. Dianora Santaguida dette a Marcello
Contestabile, nell'Informaz. presa dal Vescovo di Squillace per
commissione del Vescovo di Termoli; nella nostra Copia ms. de' proces.
eccles. tom. 1.º fol. 314.
[290] Ved. la dep. di Jacovo Squillacioti di S.ta Caterina
nell'Informaz. suddetta; nella nostra Copia ms. de' proces. eccles.
tom. 1.º fol. 315-1/2.
[291] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Nicastro (vol. 1309 e 1310
della collezione) si ha una numerazione del 1596 ed una renumerazione
del 1598; entrambe recano Cesare Mileri. In quella del 1599 si legge:
«n.º 783. Cesare Miliero f.º del q.m thomase a. 26; Honesta sore a. 14;
Giovanna sore a. 12». Ma sospettiamo che possa esservi qui un errore, e
che l'età di Cesare avrebbe dovuto dirsi di 16 anni, in corrispondenza
dell'età delle sue sorelle; rimanendo accolto il nostro sospetto,
avrebbe nel 1599 avuto 17 anni di età.
[292] Nella _Numerazione de' fuochi_ di Nicastro (vol. 1309 cit.)
al fasc. della renumerazione del 1598 si legge: «n.º 1266. Antonino
Sersale f.º del q.m ferrante a. 42; Mario f.º a... [dicunt absentem
in civitate catanzarii, et est baro terrae cropani». La nobiltà de'
Sersali si faceva rimontare fino a Sergio, Duca della Repubblica
Sorrentina; una branca dei Sersali di Sorrento sarebbe stata questa
trapiantata in Calabria. Ved. Fra Girol. Sambiasi, Ragguagli di Cosenza
e di 31 sue nobili famiglie, Nap. 1639 p. 185, e De Lellis, Famiglie
nobili della città e Regno di Napoli, parte ms. esistente nella Bibl.
naz. di Napoli (VI. F. 6).
[293] Ved. nell'Arch. di Stato i Reg. _Partium_ vol. 1274 fol. 201,
dove si notifica che «a ultimo de gen. 1595» il Vicerè ha concesso a
lui tale officio; inoltre ne' Reg.i _Sigillorum_, vol. 31, an. 1595, è
not. «a ultimo de febraro... privilegio del officio de credenzero de
la gabella dela seta de Catanzaro de Marc'Ant. biblia»: nel corso di
questa narrazione vedremo confermato che costui era fratello di Gio.
Battista Biblia con altre circostanze di molto interesse.
[294] Tutte queste notizie, come le consecutive, si rilevano
segnatamente dalle due formali denunzie che di poi si ebbero (ved. Doc.
7, p. 15, e 205, p. 106), ed ancora dal complesso de' documenti trovati
in Simancas. La trattativa per l'entrata di uomini armati in Catanzaro
di soppiatto, separatamente dagli altri maneggi, fu condotta in modo
più segreto tra un numero di persone assai ristretto; e così i due
denunzianti principali, Biblia e Lauro, non ne seppero nulla. Si vedrà
in sèguito che non c'è alcun motivo per dubitare delle cose dette in
tali denunzie quanto alla parte essenziale; e che vi furono solamente
esagerazioni notevoli quanto al numero de' congiurati, de' fuorusciti
e de' frati, per magnificare il servizio reso; del resto nulla vieta di
ammettere che tra le tante esagerazioni fra Dionisio avesse introdotta
anche questa, per magnificare le forze della congiura ed invogliare a
prendervi parte.
[295] Nelle _Cedole di Tesoreria e Cassa militare_ per l'anno 1597
(vol. 429) fol. 265 si legge: «A 12 di luglio 1597 A Fabritio de lo
tufo Gov.re della prov. de Calabria ultra ducati sessanta li sono
com.ti pagare per suo salario de giorni 18 vacati a pigliar mostra
alle Compagnie de cavallaria oria, scalea, et cravìna in luglio 1595
incluso l'accesso, et recesso, a ragione di d.i 100 lo mese pagati
della cassa delle tre chiavi, per esso a Geronimo dello tufo suo
herede, et per esso a Marino de fusco suo procuratore, D.i 60, 0, 0». —
Quanto all'ufficio di Capitano di Tropea tenuto più tardi da Geronimo,
i documenti si riferiscono all'anno 1616, e leggonsi ne' Registri
_Curiae_ vol. 80, fol. 176, e vol. 83, fol. 177: entrambi contengono
un ricorso di Dianora Ciaccio, che chiede giustizia contro Geronimo
Capitano di Tropea, per essere stato causa della morte di Pietro
cocchiero suo marito «fandoli dare molte bastonate», ed aver poi voluto
«la remissione per forza». Signori e popolari, laici ed ecclesiastici,
erano fatti tutti a un modo, prepotenti sempre.
[296] Ved. nell'Archivio Storico an. 1866, p. 70 (al Card.l S.
Giorgio) «noi voltammo il male a voi per manco male»; p. 81 (al Papa
e Cardinali) «ego inveni negotium Turcarum, quia Mauritius nominatus
ascendit triremes pro redemptione concivium suorum» _etc._ _etc._
Come è possibile ritenere tutto questo dopo ciò che si legge nella sua
Dichiarazione?
[297] Un _Mons._r Baraffone o Baruffone era segretamente inviato da
Roma nell'agosto o settembre 1599, e se ne trova un cenno misterioso
nel Carteggio del Nunzio; ma molto più tardi, dopo un anno e più, venne
il fatto a luce. Nel Carteggio dell'Agente di Toscana, filz. 4088,
al sèguito delle lettere di agosto 1600 si legge, che col pretesto
di soccorrere Canissa, per mezzo del Vescovo di Nicastro, il quale
provvedeva armi, e poi col pretesto di sorprendere Camura in Albania
già pertinente a' Veneziani, forse voleasi dal Papa prender piede a
Tremiti, farne una commenda pel Card.l S. Giorgio e avere un porto.
Nel Carteggio del Residente Veneto, le lettere de' primi di 10bre d.to
anno recano anche questi progetti di conquista di Tremiti da parte del
Papa, e la spedizione delle armi fatta da _Mons._r Montorio Vescovo di
Nicastro, co' maneggi segreti di _Mons._r Baraffone.
[298] Ecco i documenti che abbiamo potuto raccogliere per chiarire la
posizione de' Nobili sopra menzionati. — 1.º Circa D. Lelio Orsini,
nell'Arch. Mediceo, Carteggio universale filz. 893, fol. 627, una
sua lettera al Granduca con firma autografa, in data di Napoli 22
8bre 1599 dice, che aspetta sempre la venuta del corriere di Spagna
il quale deve portare la sentenza del suo negoziato, che ora vede
allungarsi tale arrivo, che ne darà avviso come il corriere giungerà
secondo i comandi avuti. L'essersi dato l'ufficio di curatore a Gio.
Serio di Somma risulta da' varii documenti del tempo notati ne' Reg.i
_Privilegiorum_ e _Sigillorum_; la dimora di costui in Calabria e la
Commissione datagli contro i fuorusciti risulta dalla Lett. Vicereale
de' 18 mag. 1599, notata ne' Reg. _Curiae_, vol. 45, fol. 153. — 2.º
Circa il Principe di Bisignano, ecco dapprima quanto si legge negli
Avvisi di Roma esistenti nell'Arch. di Modena: «1598, 2 7bre; si
ritrova qua incognitamente et se ne sta ritirato il P.pe di Bisignano
scappato con bellissimo stratagemma dalle mani del V. Re di Napoli che
lo teneva prigione, raccontandosi che sendo habilitato dal d.to V. Re
di haver la casa per carcere con sicurtà fattali da D. Lelio Orsini,
l'uno et l'altro (_questo falso_) se ne siano scappati... con voce
che d.to Principe voglia passare in Spagna et farsi sentire dal Re.
— 21 8bre, il P.pe di Bisignano si trova a Pesaro dal Ser.mo d'Urbino
et coll'occasione della Regina (_la Regina di Spagna che passava per
l'Italia recandosi a Madrid_) passarà in Spagna. — 18 9bre; di Ferrara
lettere del 21 dicono che vi era arrivato il P.pe di Bisignano quale
havea seco un suo naturale di 6 anni solamente, attendendo l'arrivo
del Duca d'Urbino, sperando col mezo di S. S.tà con questa occasione
di poter effettuare qualche negotio buono per la sua causa con d.ta
Regina, acciò sia mediatrice col Re per rimediare alli suoi malanni,
et fra tanto haver qualche trattenimento appresso d.to Duca. — 1599,
18 gennaio; si aspetta qui il P.pe di Bisignano per vedere d'accomodar
le sue cose col Re di Spagna. — 20 marzo; venerdì arrivò qua _Mons._r
Santorio e il P.pe di Bisignano incontratisi vicino à Roma». Nel
Carteggio Veneto da Napoli una prima lett. del 19 gen.º 1599 reca,
«S. M.tà ha ordinato che i beni liberi di Bisignano siano venduti,
ed egli tornando sia ricondotto in libertà con piezaria come prima;
fra tanto non si danno i duc.ti 6 mila a' suoi corrispondenti e si
ode con disgusto, oltre gli altri particolari dei suoi viaggi, il suo
stare ora in Fiorenza spesato da quel Principe». Un'altra lett. del
17 agosto reca: «Il P.pe di Bisignano se n'è ritornato in questa città
liberato del tutto dal V. Re con haverlo fatto reintegrare delle rate
del suo assegnamento di scudi 500 il mese delle sue entrate dal dì
della sua fugga (_sic_) fin'hora, et gli dà anco speranza di lasciarlo
andare a vivere al suo stato in Calavria, dovendosi però continuar la
estintione de' suoi debiti.» _etc_. Nel Carteggio Toscano da Napoli
filz. 4087 due lett. del Principe medesimo al Gran Duca in data del
23 agosto 1599 recano essere lui tornato in istato di libertà in
casa sua da dieci dì, con speranza di andarsene presto agli Stati
suoi. Compie la serie delle pratiche fatte nella sua escursione la
notizia posteriore che trovasi negli Avvisi di Roma collez. Urbinate,
esistente nella Bibl. Vaticana cod. 1067: «27 8bre 1599; il P.pe di
Bisignano ha fatto spedire qua un Breve per via secreta, con indulto
di poter adottare o surrogare un tale per suo figlio». 3.º Quanto al
Duca di Vietri, abbiamo veduta altrove (pag. 106 in nota) la sua lunga
corrispondenza autografa, esistente nell'Arch. Urbinate in Firenze,
che dà le informazioni autentiche sull'andamento della sua causa. La
notizia delle feste da lui ordinate, all'occasione dell'entrata del
Conte di Lemos, trovasi ne' Diurnali di Scipione Guerra fol. 81, ms.
esistente nella Bibl. nazionale di Napoli (X, B, II). — 4.º Non avendo
nulla da aggiungere intorno a Mario e Geronimo del Tufo, ci rimane a
dire che la permanenza e il modo di vivere del Marchese di S. Lucido in
Roma, al tempo del quale trattiamo, rilevasi dal Carteggio di Francesco
M.a Vialardo esistente nell'Arch. Mediceo, filz. 3623. Una lettera
di costui in data di Roma 23 8bre 1599 reca: «il Caraffa Marchese di
S.to Lucito, che sta qui, mangia a suono di trombetto». Dal Carteggio
poi del Nunzio Aldobrandini, filz. 212, lett. da Roma del 26 9bre
1599, rilevasi che il Papa mandò al Vicerè un Breve per raccomandarlo,
sollecitato dal fratello di lui _Mons._ Carafa. Ancora un'altra
lettera del Vialardo (loc. cit.) in data del 1.º gennaio 1600 reca:
«il Marchese di S.to Lucito ha fatto venir qua Tiberio suo fratello».
Infine da altre lettere dello stesso Vialardo, come anche da quelle di
Gio. Niccolini Ambasciatore Toscano in Roma (filz. 3316) e dagli Avvisi
del tempo, si rileva che nella Settimana Santa del 1600 egli ebbe una
quistione di precedenza con D. Francesco Colonna P.pe di Palestrina,
seguìta da biglietti di sfida che indignarono il Papa e provocarono il
suo arresto, finito poi con la pace fatta tra' due contendenti mercè
l'opera del P.e Cesi.
[299] Ved. Doc. 311, p. 261. Veniamo assicurati che oggi si conserva
sempre il nome di Lanzari ad una contrada presso Stilo, all'uscire
della città, e che fino a pochi anni indietro vedevasi ancora, sul
margine della via che attraversa tale contrada, un basamento in
muratura sul quale sorgeva una croce, che fu menzionata dal Petrolo, e
che segnava il confine dell'ambito giurisdizionale de' Domenicani.
[300] Così p. es. la proposizione che Maria fosse una schiava
nera di Egitto ricavandolo dal motto _nigra sum_, e l'altra che le
lettere _INRI_ poste sulla croce costituissero una parola atrocemente
ingiuriosa in ebraico, si trovano ripetute in molti processi anteriori
a questi tempi, rappresentando le scempiaggini di coloro i quali
presumevano di atteggiarsi a spiriti forti, come accade di rilevare
anche dalla collezione de' processi di S.to Officio esistente in
Dublino: non era quindi nemmeno necessario che le ripetesse fra
Dionisio, il quale poi certamente ne divulgò molte altre, senza
la menoma partecipazione del Campanella. Da ogni lato apparisce
indubitabile che vi sieno stati erronei apprezzamenti delle parole del
Campanella su' temi più intricati, come quelli di Dio, della Trinità,
de' luoghi di premii e di pena, degli angeli buoni e tristi. Sul tema
dei diavoli sarebbe veramente curioso di conoscere i concetti riposti
del Campanella, anche per illustrazione di certi fatti della sua vita
ulteriore: certamente al tempo del quale trattiamo egli se ne burlava,
professando, nel caso di coloro a' quali si dicevano apparsi, «essere
follie e spiriti fuliginosi et humori frigidi che calano», nel caso
poi delle donne ossesse, «haverle per pazze»: i suoi motteggi su questo
articolo si trovano ripetuti da parecchi, ed anche per tale motivo non
sembra che vi sia luogo a dubbio.
[301] Per comodo de' lettori, tra le Illustrazioni annesse a'
Documenti, abbiamo raccolti alcuni Cenni della _Città del Sole_ e delle
_Quistioni sull'ottima repubblica_ in rapporto alle cose emerse ne'
processi di congiura e di eresia; ved. Illustraz. I, pag. 609.
[302] Ved. nella _Città del Sole_, ed. D'Ancona p. 272 e 273.
[303] Sarebbe bastato aver dato uno sguardo alla sua definizione
della Democrazia, tanto diversa da quella che oggi si professa; al
sacrificio assoluto da lui imposto all'individuo di fronte allo Stato
(abolendo, com'egli diceva, l'amor proprio o singolare, per l'amor
comune o universale), mentre oggi si vuole che ognuno possa far conto
dello Stato come se non esistesse; infine alla prevalenza assoluta da
lui accordata alla cultura, mentre oggi si ritiene un gran fatto il
suffragio universale, e non si chiede al Rappresentante del popolo, e
neanche al Ministro, quella guarentigia del sapere che pur si chiede al
più umile de' professionisti. Ne ricorderemo qualche cosa. 1.º Aforismi
politici; ed. d'Ancona pag. 13: «Il dominio d'uno buono si dice
Regno e Monarchia; d'uno malo si dice Tirannia; di più buoni si dice
Aristocrazia; di più mali Oligarchia; di tutti buoni Polizia; _di tutti
mali Democrazia_». 2.º, Città del Sole, ib. p. 244: «_Perduto_ l'amore
proprio, rimane sempre l'amore della comunità». 3.º; Quist. sull'ottima
repubblica, p. 291: «Per gl'ignoranti è bene _servire_ al sapiente
ed al probo»; ciò che fu pure espresso tanto vivacemente nelle Poesie
filosofiche, p. 72 (_correz. tratta dall'ediz. Adami_),
«Assai sa chi non sa, se sa obbedire».
[304] Ved. _Poesie filosofiche_, ed. cit. p. 110,
«Stavamo tutti al buio, altri sopiti
d'ignoranza nel sonno, e i sonatori
pagati raddolciro il sonno infame;
altri vegghianti rapivan gli onori
la roba, il sangue, o si facean mariti
d'ogni sesso, e schernian le genti grame.
Io accesi un lume...».
[305] Ved. _Poesie filosofiche_ p. 102, nota 1ª al Sonetto intitolato
«A Dio».
[306] Ved. _Poesie filosofiche_ p. 125, Canz. 3ª in Salmodia
metafisicale.
[307] Ved. Doc. 7, pag. 15.
[308] Ved. Doc. 8, pag. 17.
[309] Ved. Doc. 15, pag. 24.
[310] Nell'originale "espresa". [Nota per l'edizione elettronica]
[311] Ved. Doc. 6, pag. 14. Riportiamo la materia di queste Lettere
con una certa larghezza e quasi traducendole, tanto per riprodurre
fedelmente i fatti in esse esposti, quanto per facilitarne il riscontro
a coloro i quali provassero difficoltà ad intendere l'idioma spagnuolo.
[312] Ved. nell'Arch. di Firenze il Carteggio del Nunzio Aldobrandini
filz. 212, Lett. da Roma del 3 luglio 1599.
[313] Ved. le Lettere di Giulio Battaglino al Segretario del Granduca
di Toscana, estratte dall'Archivio Mediceo e pubblicate dal Palermo
(Archivio Storico Italiano tom. 9.º, Firenze 1846); Let.ª 1.ª: ne'
nostri Documenti n.º 160, pag. 83.
[314] Nell'originale "2.º". [Nota per l'edizione elettronica]
[315] Il Litta, Famiglie celebri d'Italia tom. 5.º, poco esattamente
lo dice fatto Nunzio in Napoli nel 1596. Fra' tanti Aldobrandini in
carica, pe' quali non mancavano in Roma le Pasquinate (ved. gli Avvisi
della Collezione Urbinate nella Bibl. Vaticana, cod. 1068, 8 gen.º
1600), c'era anche un fratello di Jacopo a nome Pietro, capitano della
Guardia Pontificia.
[316] Ved. il Carteggio del Nunzio Aldobrandini filz. 212, Lett. da
Roma del 3 luglio 1599.
[317] È il meno che di lui si possa dire. L'Agente di Toscana Giulio
Battaglino lo descriveva al suo Governo quale uomo «aridissimo», di
cui nella città «si fa conto come non ci fusse...; in somma un poco
urbano e manco officioso fiorentino», notevole per «la sua estrema
zotichezza». Trattandosi di uno che dovremo vedere giudice del
Campanella, importa raccogliere notizie di lui da ogni parte. — Ved.
nell'Arch. Mediceo, Carteg.º di G. Battaglino filz. 4085-4086, Lett.
del 17 mag. 1596 e 3 luglio 1598.
[318] Ved. il Carteggio del Nunzio, filz. 212, Lett. da Roma del 9 8bre
1599.
[319] Ved. Doc. 44, pag. 47.
[320] Ved. Doc. 45, pag. 47.
[321] Riportiamo questa iscrizione, che dà in compendio la vita di
Carlo Spinelli nella sua parte più gloriosa: «Carolus Spinellus marchio
ursi novi, magnus animo, major consilio, in aula Ferdinandi Caesaris
consiliarius, marchio clavis aureae, tractandis, regendis natus armis,
humanus in hostes, in suos munificus, Italici nominis ubi jus fasq.
studiosus, exempla majorum, auspicia sequutus Austriadum pro Caesare,
pro Regg. Hispaniae Philippo II. III. IV. ann. IV et XXX. in Italia,
Belgio, Germania, centurio, magister aciei, dux exercitus, collatis
signis decertavit X. Saepe hostium sanguine imbutus, ter suo purpureus,
Abberstathium, Betlehemum, Gaboreum, ducesque alios docuit quid in
armis possit Italus. Ter ad Pragam coronam meritus muralem, aucthor
praelii repetundae pugnae Germanis terga dantibus, capiendae urbis,
in quam primus irrupit. Dedita sui opportunitate subsidii Breda,
Ostenda, Inclusa, Bolduco, Vercellis. Ter obsidionalem, et civicam,
liberatis obsidione Possonia, Uxavia, Jesino, provinciis, regionibus,
exercitibus. Has inter laureas summus Dux Genuae, restinguendo intento
cum Allobroge bello; nec audentibus in invicti viri vitam armis, manu
cadit medica anno aetatis LIX. S. h. CIDIDCXXXIII. Insepulto monumentum
nomini fratri suavissimo Jo. Baptista marchio boni albergi p.».
[322] Ved. la Monarchia di Spagna nelle Op. del Campanella, ed.
d'Ancona pag. 194, e confronta col Parrino, Teatro _etc._ Conte di
Miranda. — Per le notizie sulla vita dello Spinelli ved. i Registri
_Privilegiorum_ v. 91 fol. 77 e v. 120 fol. 12: quivi si ha il
suo stato di servizio ufficiale, ad occasione della sua nomina a
Consigliere del Collaterale, e della facoltà di trasmettere ad uno dei
suoi nipoti una pensione di cui godeva.
[323] Ved. Ricca, La Nobiltà delle due Sicilie, Istoria de' feudi, Nap.
1859, vol. 1.º p. 115.
[324] Questo rilevasi da un cenno di caso analogo inserto nell'indice
del vol. 30 degli ordinarii Reg. _Curiae_. Ma perchè i lettori
abbiano una certa idea degli usi del tempo, sarà bene che prendano
conoscenza del testo della Commissione data al medesimo Spinelli dal
Conte di Miranda, l'11 giugno 1590, per la persecuzione de' fuorusciti
in tutto il Regno e specialmente nelle provincie d'Abruzzo, dove
scorreva la campagna il famoso Marco Sciarra (ved. Reg.^i _Curiae_
vol. 33, an. 1588-89, fol.º 110 t.º). Trascriveremo qualche brano dei
poteri concessi allora allo Spinelli. «Prohibire per banni publici
che nesciuno presuma armare, ricettare, alimentare, favorire, et in
qualsivoglia modo aiutare detti forasciti delinquenti, contumaci o
forgiudicati sotto le pene pecuniarie et corporali che a voi pareranno
etiam di morte naturale; et quelle irremissibiliter essequire nelle
persone et beni de' trasgressori... Procedere a publicatione di banni
contra forasciti prefigendo termine di giorni sei a comparere nella
presentia vostra, et non comparendo personalmente non solo possano
essere impune occisi ma ancora che siano castigati da voi... Stabilire
pe' persecutori premii fino a d.^i 500 per ogni capo da pagarsi
da' thesorieri provinciali, guidare, indultare, et ancora quelli
eccettuati. Poter fare sfrattar li parenti utriusque sexus nelli gradi
di parentela agnationis, cognationis, et affinitatis, per distantia
di paese o dal Regno come ve parirà, imponendo pene di frusta, di
galera, relegatione, deportatione et etiam de morte naturale à chi
contravenirà come ve parerà... Discacciare gli amici, adherenti,
fautori di detti forasciti di qualsivoglia stato grado o conditione
se siano per la distantia che vi parerà, o confinarli come vorrete,
imponendo pena di tratti di corda, frusta, galera, relegatione et
pecuniaria, come meglio ve parerà, et essequendola irremisibiliter
secondo la qualità delle persone che contraveneranno, ancora che non ve
costasse per informatione che fossero amici adherenti fautori, che per
essere cose occulte volemo se ne stia al sospetto che ne havereti...
Authorità di fare brugiare, deroccare case, torre, molini, tagliar
vigne et devastare altre possessioni non solo di capi di forasciti,
ma di delinquenti, contumaci et seguaci loro, fandoli deroccare
brugiare et devastare de manera che non se ne possano servire in
nesciun tempo... A la quale persecutione farete attendere per mare,
et per terra, non solamente da la gente pagata et destinata, ma da
tutti et qualsivoglia huomini di qualunque stato grado et conditione
si sieno, Baroni titulati et non titulati come ve parirà, da Capitani
et soldati di battaglione, da ufficiali regii o di baroni, sindici,
eletti, mastri giurati, giurati, barricelli, capitani di campagna,
revocando tutte le salve guardie et privilegii di essentioni, _etc._
_etc._ et essequire pene di tratti di corda, di frusta, relegatione
et galera, di morte naturale a chi non assisterà ubidirà et serverà
nella persecutione et guardia di passi come saranno comandati et
ordinati _etc._ _etc._ concedendovi ancora authorità de pigliare ogni
sorte di vascelli per la guardia di mare che ve parerà o per traettare
gente come sarà necessario, pigliare cavalli giumente et muli per la
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