Fra Tommaso Campanella, Vol. 1 - 40
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sicchè avremo naturalmente ad occuparcene a suo luogo.
[58] Berti, Lettere inedite di T. Campanella e Catalogo dei suoi
scritti, Roma 1878, pag. 71 in nota.
[59] Deposizioni di fra Giuseppe Bitonto e fra Francesco Merlino; ved.
Doc. 297 e 352, pag. 232 e 332.
[60] Meno esattamente il D'Ancona (op. cit. pag. 78) con la scorta
forse del Fontana lo disse eletto il 1589. Quétif ed Echard (Scriptores
ordinis Praedicatorum, Lutet. Paris. 1721, t. 2, pag. 292) lo dicono
veramente Commissario gen.^le dell'Inquisizione nel 1588, e nello
stesso anno Generale dell'Ordine. Nell'iscrizione funeraria, che è
del 1600, leggesi «assumptionis suae anno XII a die XX maii». Questa
iscrizione si trova nella Cappella de' Brancacci in S. Domenico,
sormontata dal ritratto del Beccaria, opera di Carlo Sellitto; un viso
lungo, magro e pallido, con sorriso sforzato, fisonomia come quella che
suol darsi a Mefistofele: avremo ancora a parlare di lui in relazione
col Campanella.
[61] Jani Nicii Erythraei, Pinacotheca imaginum, Coloniae 1642, tom.
1.º pag. 42.
[62] Ved. Fiorentino, Bernardino Telesio, v. 2.º pag. 23.
[63] Ved. nell'Arch. di Stato la così detta _Scuola Salernitana_, vol.
4.º fasc. 2.º (anno 1614), e vol. 188.º fasc. 4.º (anno 1601-1603). I
cartoni, che quivi si conservano, riflettono una disputa in filosofia
sostenuta da Gio. Bernardino Pasanisi di Manduria, una in medicina da
Francesco Costa di Salerno, una in legge dal nobile Marcello Macedonio
di Napoli: nella disputa in legge figura da preside il lettore
pubblico delle _Instituta_ Francesco Fenice alias Abate Aristotile, che
soleva firmare con l'aggiunta di questo soprannome. Le proposizioni
in filosofia sono non meno di 50, distinte sotto più rubriche: Ex
metaphysica; Corporis naturalis principia; Caussae; Affectiones; Corpus
simplex; Rerum generatio et corruptio; Corpus vivens; Instrumentum
sciendi.
[64] Ved. nell'Arch. di Stato la lettera del Cappellano maggiore D.
Girolamo della Marra, per la nomina del lettore Baldassarre Paglia, in
data del 31 agosto 1672.
[65] Vedi la _Descrizione di tutti i luoghi pii di Napoli_, con
l'importantissima _Numerazione e' fuochi ed anime di Napoli e suoi
borghi_, fatta a 7bre 1591, ottobre 93, giugno 96, e 7bre 98, ms. che
si conserva in copia nella Biblioteca di S. Martino. — La numerazione
fu eseguita dall'autorità ecclesiastica, non essendovi per Napoli una
numerazione di fuochi governativa: e possiamo assicurare, sapendolo
da altre fonti, che l'originale di quel documento fu scritto da
Notar Francesco di Napoli nel 1598, e diretto al Card.^l Gesualdo ad
occasione di una nuova circoscrizione parrocchiale che allora si fece.
La popolazione di Napoli e borghi vi si trova notata in anime 225,769;
quella de' Monisteri e Conservatorî in anime 7,365.
[66] Ved. nell'Arch. Mediceo, scritture Strozziane, Carteggio del
Nunzio Aldobrandini, filz. 222, la lett. del Nunzio al Sig. Statilio
Paolini de' 5 giugno 1592. Vi si legge: «Io trovo qua un modo di vivere
molto licentioso di quasi tutti i Regolari, che con molto scandalo
et querela di questa città vanno giorno e notte soli et accompagnati
dove lor piace, e tal'hora, quanto intendo, con armi proibite, nè
solo in casa Donne sospette, ma alle pubbliche Commedie, sì che nel
signor Vice Re et in questi Ministri Regii è venuto concetto che non si
faccia eccesso notabile in questo Regno, che non c'intervenga o Preti
o Frati. Ho pensato che sia bene darne notitia a N. S.^re acciò S.
S.^ta possa commandare sopra il rimedio che gli par meglio, perchè se
bene tengo il Breve contro à quelli che stessino alla strada (_intend_.
datisi al brigantaggio), non di meno quanto alle cose soprascritte,
che ho trovato per molti riscontri vere, et non ho lasciato occasione
d'avertirne i loro superiori, non ho autorità alcuna, rispetto a'
Privilegii di detti regolari».
[67] Ved. per tutti i particolari del tumulto e ribellione de' frati
principalmente i dispacci del Residente Veneto in Napoli, testimone
oculare e non sospetto di partigianeria; essi furono già pubblicati dal
Mutinelli, Storia arcana ed aneddotica d'Italia, Venez. 1855 tom. 2.º
pag. 166 e seg.^ti Ved. inoltre nel Carteggio del Nunzio Aldobrandini,
filz. 208, la lett. del Card.^l S. Giorgio al Nunzio del 6 giugno
1595. — Il Residente Veneto fu realmente testimone oculare, poichè il
palazzo di Venezia aveva alle spalle il giardino del convento di S.
Domenico, ed una terrazza di esso esistente in fondo al cortile dava
facile passaggio a quel giardino. Come è noto agli amatori delle cose
napoletane, il Palazzo di Venezia era quello che vedesi alla strada
Trinità Maggiore (già strada del Seggio di Nido) un po' più in là del
Palazzo del Principe della Rocca, dirimpetto all'imbocco della strada
de' Pignatelli: era stato donato alla Serenis.^ma dal Re Ladislao nel
1412, e fu specificatamente capitolato e restituito dopo le guerre
d'Italia nella pace fatta a Bologna il 1529; si potrebbe tessere
tutta la storia de' successivi mutamenti che vi furono introdotti con
le notizie in gran numero che ne abbiamo incontrato nell'Archivio di
Venezia. Oggi ancora vi si vede in fondo al cortile una terrazza, che
all'epoca della quale trattiamo era guarnita di un portico a colonne
e trovavasi ad un livello molto più basso, tanto che non una volta fu
saltata da individui che scappavano innanzi a' birri e cercavano un
asilo nel giardino de' frati: il portico fu poi guasto dalla cannonata
dell'8bre 1647, durante l'insurrezione; avendo anche il popolo rotte le
mura interne di questo Palazzo e degli altri contigui, per inoltrarsi
da S. Domenico, dove si era barricato, verso il locale de' Gesuiti e il
campanile di S. Chiara, dove aveano presa posizione gli spagnuoli.
[68] Ved. Lett.^e del Nunzio del 20 10bre 1602 e 3 7bre 1604.
[69] Ved. Doc. 361, art. 48-49, pag. 354.
[70] Ved. nell'Arch. di Stato i Registri _Privilegiorum_ vol. 41 an.
1546-47 fol. 35.
[71] Ved. il brano del _Syntagma_ sopra riportato, a pag. 22. Per la
deposizione che attestò avere il Campanella dimorato presso Mario del
Tufo ved. il Doc. già citato, n.º 352, pag. 332.
[72] Ved. i Registri _Privilegiorum_ vol. 86, an. 1587-88, fol. 262.
[73] Ved. Registri _Privilegiorum_ vol. cit. fol.º 82; e Registri
_Sigillorum_ vol. 31, an. 1595, data 17 marzo.
[74] Tutte queste notizie intorno a' detti Signori Del Tufo sono state
rilevate dagli scrittori patrii in materia di nobiltà, segnatamente da
Gio. Batt. Del Tufo, Cronologia dell'Ill.^ma famiglia del Tufo, Nap.
1627. Vero è che questa Cronologia manca appunto di date; ma, come
si è visto, le Scritture dell'Archivio di Stato ce le hanno fornite
a sufficienza. Vogliamo intanto anche porre qui alcuni specchietti
genealogici da noi compilati, per facilitare a' lettori la conoscenza
dei Signori del Tufo e loro parenti co' quali il Campanella fu in
comunicazione; tale conoscenza potrà forse aprire la via a qualche
ulteriore ricerca.
_A._ — Giovanni del Tufo Sig.^re di Lavello, 2.º genito di Giacomo e
Mariella della Valle m. a Vincenza Capece-Latro.
|- Giacomo, creato nel 1536 Marchese di Lavello m. a Lucrezia della
| Tolfa.
|- Paolo Gov.^re di Milano etc. etc. (v. sotto).
|- Maddalena m. a Lodov. d'Abenavolo de' 13 di Barletta.
|- Antonia m. a Adriano Carafa della Spina.
|- Gio. Geronimo 2.º March. di Lavello m. a Isabella di Guevara;
| poi ad Antonia Carafa della Spina.
| |
| |- Mario (v. sotto)
| |- Giacomo
| |- etc. etc.
| |- Beatrice m. a Ettore Pignatello poi a Fulvio Costanzo M.^se di
| | Corleto.
| |- etc. etc.
| |- Gio. Geronimo 4.º M.^se di Lavello m. a Beatrice di Sangro
| | f.ª di Fabrizio Duca di Vietri.
| |- Innico.
| |- Emilio.
| |- Isabella m. a *Gio. Milano M.^se di S. Giorgio e Polistina.
| |- Costanza m. a *Geronimo del Tufo f.º di Fabrizio.
| |- etc. etc.
| |- Francesco 5.º M.^se di Lavello m. a Costanza Pappacoda f.ª
| | del M.^se di Capurso
| |- Isabella m. a Gio. di Sangro 1.º genito di Fabrizio Duca di
| | Vietri.
|- Giovanni 3.º March. di Lavello m. a Caterina Caracciolo sorella
| del Duca d'Airola.
|- Paolo Barone di Vallata e Vietri.
|- Gio. Antonio.
|- Gio. Francesco.
|- etc.
_B._ — Mario del Tufo Sig.^re di Minervino, f.º di Gio. Geronimo 2.º
M.^se di Lavello, m. a Fulvia Persona e divenuto Barone di Matina.
|- Ascanio m. a Antonia Guarina.
|- Giacomo.
|- Francesco.
|- Paolo.
|- Antonia m. a Innico del Tufo f.º di Giovanni 3.º M.^se.
|- Giovanna m. a Franc. del Tufo Bar. di Vallata.
_C._ — Paolo del Tufo 2.º genito di Giovanni Sig.^re di Lavello m. a
Violante Caracciolo.
|- Marcello m. a Giov. Carafa di Montenegro.
|- Fabrizio m. a Porzia Muscettola.
|- Ascanio.
|- Ottavio.
|- Orazio.
|- Giulia.
|- Aurelia m. a Alfonso del Tufo f.º di Giacomo d.º _della Bandiera._
. . .
|- Geronimo m. a Costanza del Tufo f.ª di Giovanni 3.º Marchese.
|- Camilla m. a D. Carlo Siscara.
|- Camillo
|- Marcantonio Vesc. di Melito.
|- Placido.
[75] Moltissimi documenti intorno a Mario del Tufo si trovano sparsi
nelle scritture del Grande Archivio di Napoli. Pe' fatti qui asserti
ci basterà citare solamente i Reg.^i _Partium_ vol. 1208, 1288, 1380,
1485: quanto alla razza di cavalli di Mario, e alle sue relazioni col
Gran Duca di Toscana, abbiamo nell'Arch. Mediceo rinvenute molte sue
lettere anche autografe, e di esse ci riserbiamo di parlare più oltre
con maggiore opportunità.
[76] Ved. Fiorentino, Della vita e delle opere di Giovan Battista
de la Porta, nella Nuova Antologia vol. 51º maggio 1880 pag. 251. —
I fonti a' quali alludiamo nel testo sono: 1º Bart.º Chioccarello,
De illustribus scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis
floruerunt, libro pubblicato in parte (Neap. 1780, vol. 1.º) ed
in parte rimasto manoscritto e così acquistato dalla Bibl. Naz.
di Napoli; il Chioccarello conobbe personalmente Gio. Battista
Della Porta e frequentò la casa di lui e le conversazioni che vi si
tenevano; consacrò un art.º speciale a Gio. Vincenzo Della Porta.
2º Lettera di Gio. Battista Longo intorno a' fratelli Della Porta e
segnatamente intorno a Gio. Vincenzo, annessa al libro inedito di Gio.
Battista Della Porta, intitolato «Taumatologia, Criptologia, Calamita,
Chironomia», libro già appartenuto alla Bibl. Albani ed ora esistente
nella Bibl. della Facoltà di Medicina di Montpellier: questa lettera,
che insieme al detto Codice abbiamo potuto esaminare in una delle
nostre escursioni a Montpellier, vedesi scritta da Napoli in data 11
agosto 1635, e forse venne diretta a Cassiano Del Pozzo, in origine
proprietario del detto Codice, il quale non fu ignoto al Chioccarello,
e fu fatto vagamente conoscere dal Libri (Histoire des sciénces
mathematiques en Italie, Paris 1841, t. 4º, nota VIII, pag. 406).
[77] Pel privilegio che conferisce l'ufficio sud.^to a Nard'Antonio
della Porta, ved. i Registri _Privilegiorum_ vol. 34, an. 1540-42 fol.
94. Pel privilegio nobiliare di tutta la famiglia, ved. i medesimi
Registri, vol. 30, an. 1534-49 fol. 241; esso è in data di Bruxelles
31 10bre 1548, e un po' più concisamente riproduce quello che diamo in
esteso pe' De Rinaldis (risc. Doc. 2 b, pag. 6): non sapremmo poi dire
se tale privilegio sia conciliabile col fatto che vediamo asserto, che
cioè i Della Porta sieno stati nobili fin dal tempo degli Angioini.
[78] Intorno a Gio. Antonio Pisano maestro del Porta, siamo in grado di
dare qualche altra notizia al di là di quella raccolta dal Fiorentino
presso l'Allacci: poichè fu lettore pubblico in medicina «pratica»,
e nell'Archivio di Stato non mancano documenti che lo ricordano.
Cominciò le sue lezioni nel 1557 succedendo al Bozzavotra, con la
provvisione di D.^ti 80 annui, e vi rinunziò per vecchiaia il 18 8bre
1585, succedendogli per pochi giorni D. Antonio Alvarez, e quindi,
morto costui, Gio. Geronimo Polverino. Ma nel frattempo diè lezioni
anche di anatomia, la qual cosa dimostra la sua grande cultura, poichè
nessuno aveva osato insegnarla dopo Gio. Filippo Ingrassia (1548-53).
Vide stentatamente accresciuta la sua provvisione a D.^ti 123 l'anno,
con qualche altro meschino sussidio talvolta, come ad occasione della
morte di Gio. Leonardo Colombino senese, lettore di jus civile, quando
insieme ad altri lettori ne fece dimanda con un suo memoriale di cui
ci resta una relazione così concepita: «Memoriale del magnifico ar. et.
me. do. Jo. Antonio pisano lector ordinario de la lectura de la pratica
con provisione de la R.ª Corte de docati cento vinti tre lo anno sub
data Neapoli xiij. Januarij 1567. in lo quale memoriale se expone
per sua parte che havendo lecto multi anni la lectura de medicina con
satisfactione de li audienti, et la provisione esser poco, et questo
anno voler di novo fare la anatomia senza pagamento alcuno ad bono
publico, per sua parte supplica V.ª Excell.^tia che delli denari del
studio che avanczano per la morte de Colombino se li faczia gratia di
qualche aiuto di costa di quanto restarà servita V.ª Excell.^tia».
Il Pisano fu anche Protomedico dal 1570 in poi, e non lasciò alcuna
opera ma molte ricchezze, come tanto spesso è accaduto e continuerà ad
accadere in Napoli: nel 1586 divenne Barone di Pascarola, comprando
questa terra da D.ª Popa Carafa Marchesa di S. Elmo (ved. i Registri
_Privilegiorum_ vol. 79, an. 1586-87 fol. 32 e 192).
[79] Poniamo qui una breve notizia di questo Codice tuttora non
studiato, desumendola dagli appunti che ne prendemmo in Montpellier.
In una lettera preliminare all'Imp. Rodolfo il Porta dice che gli
manda l'opera da lui chiesta, dandola in iscritto affinchè non muoia
seco, e ciò in cambio dell'amore che gli ha portato. La Taumatologia
vi è rappresentata da un Indice diffuso che comprende 11 libri, la
Criptologia è rappresentata da un libro in 15 capitoli, la Calamita da
un trattato unico di 40 pagine, la Chironomia da due libri, il primo
di 18, il secondo di 14 capitoli. Gli 11 libri della Taumatologia sono
così intitolati: 1.º della prospettiva (vi si parla del telescopio,
degli specchi etc.); 2.º delle cifre o numeri; 3.º de' veleni e
antitodi; 4.º i rimedii della medicina (trovati da lui che ha avuto un
corpo debole, e provati ogni giorno in sua casa su molti per cortesia);
5.º i più ascosi segreti della natura; 6.º della virtù de' numeri;
7.º della trasmutazione de' metalli; 8.º della medicina spagirica et
distillatoria; 9.º dell'iconomia et accrescer l'entrata; 10.º i segreti
della guerra; 11.º de varie operationi. Son distesi per intero soltanto
il libro 2.º de' numeri in capitoli 47, e il libro 4.º de' rimedii (per
errore detto pure 2.º) in capitoli 23, cominciando quest'ultimo con le
parole «est praesens liber medicus» etc. Abbiamo detto nel testo che
tra' segreti ve ne sono de' mostruosi: basterà citarne uno che per la
sua oscenità vedesi ricoperto da una carta incollatavi sopra, la quale
per altro non impedisce di poterlo leggere a trasparenza, spiegando
tutto il foglio contro una viva luce; esso ha per titolo «ut coles in
quantumvis magnitudinem et longitudinem excrescat; cap. 8»! Così nella
Criptologia si parla della liberazione de' Demoniaci, di segreti ad
amorem, di amuleti, di verghe che dimostrano tesori nascosti, e tutto
ciò con una iattanza delle più disgustose. Evidentemente il libro fu
scritto per uso e consumo dell'Imperatore, che si conosce essere stato
oltremodo ghiotto di simili cose. Riesce poi perfettamente giustificata
l'opinione del prof. Fiorentino, che la «Chirofisonomia di G. Batt.
della Porta tradotta da un ms. latino dal Sig. Pompeo Sarnelli,
Nap. 1677» rappresenti la traduzione della Chironomia del Codice di
Montpellier: non abbiamo avuto modo di farne il confronto letterale, ma
abbiamo rilevato il numero de' libri e de' capitoli che si riscontra in
modo soddisfacente.]
[80] Ved. _De sensu rerum_, lib. 3.º cap. 13.
[81] Ved. Campanellae, _Medicinalium juxta propria principia_, Lugduni
1635. — 1.º Nel libro 6º, cap. 6º, p. 395 si legge: «Utebatur Porta
mirifico collyrio statim sanante, cujus non memini, sed in libro
magiae suae inscriptum invenitur, et in mei repentinam oculi afflicti
et sanguinei sanitatem coram multis perfecit, suis ipse manibus
instillando». Infatti nella Magia del Porta, ediz. nap. del 1589, lib.
8, cap. 4, p. 153, è registrata la preparazione molto complicata di
tale rimedio, che al Porta medesimo fu applicato da un empirico, e che
egli si diè premura di acquistare dall'empirico «muneribus, praecibus,
dolo, aere». E poniamo qui che nel ms. della Taumatologia, lib. 2,
cap. 2, pag. 157 si trova invece registrato un collirio diverso,
fatto col vitriolo di Cipro traslucido, strofinato e triturato sul
fondo di uno scodellino di creta (fictile labellum) in cui vi sia
acqua di rose o di fonte, sino a che questa divenga di colore cianeo
florido, ovvero soltanto florido, da applicarsi poi nel seguente
modo: «bombice aqua madefacto, clauso infirmo oculo cilia madescant,
ut relaxato oculo, claudendo et reserando erebris ictibus versetur,
donec cornea leviter vigetur, vel humescat paulatim» (questo serva a
mostrare che la Taumatologia non è la riproduzione delle cose esposte
nella Magia). — 2.º Nel lib. 6º, cap. 5º, p. 381 si legge ancora:
«Ita evenit equitanti mihi tota die agitato incitatoque cursu: etenim
obtuso dolore coxendices dolere coeperunt. Coenavi ex cerebro porcelli,
inter coetera, quod fluxioni est aptum: dolui in profundis coxendicis
cum somno executerer; eram adolescens 23 annorum, non multum eruditus
in medicinalibus: bibebam frigidum, cum viro principe vescebar laute:
ingravescebat dolor, et per menses plures decubui. Sanguinis detractio,
in pede, et manu, spasmum fecit, abeante calore. Sanatus in balneis
et sudatoriis Puteolanis saepe cantatis, donec omisso frigido potu et
lauto vietu in peregrinationibus, exsiccatus, et per cauterium, incidi
in febrem tertianam, quae me prorsus sciatica, et cauterio liberavit
post duos annos». Successivamente, a pag. 383, si legge: «Sudatoria
Agnanae mihi profuerunt». — 3.º Infine a pag. 368 è registrato il caso
del P.^e Maestro Aquario da lui curato.
[82] Ved. nell'Arch. di Stato _Lettere Regie pe' lettori_ vol.
1.º, fol. 15 e 34. Da altro fonte abbiamo che l'Aquario sia morto
propriamente il 17 luglio 1591 (Chioccarello, De illustribus etc. parte
ms. che conservasi nella Bibl. nazionale di Napoli). Egli si chiamava
propriamente Mattia de Gibone della terra di Aquaro in Principato
Citra, ed era stato lettore in Torino, Milano, Venezia e Roma, dove
ebbe anche l'ufficio di Teologo del Card.^l di S.^ta Severina. Non
cessò mai di essere un peripatetico accanito: il Campanella lo disse
dottissimo, e tale veramente si mostrò nelle sue opere che furono
parecchie; Additiones libr. fratr. Sylvestri Ferrariensis Rom. 1576,
e Venet. 1605; Dilucidationes in 12 libros Aristotelis, Rom. 1584;
Commentaria in libr. fratr. Joannis Capreoli, con una Vita Capreoli, un
trattato De Controversiis in D. Thomam e un altro trattato De libris
S.^ti Thomae, Venet. 1589; Formalitates juxta doctrinam Angelici, op.
post. Neap. 1605. Oggi il suo nome è dimenticato!
[83] Per gli antecedenti di fra Serafino da Nocera ved. Quètif ed
Echard, Scriptores ordinis Praedicatorum, Lutet. Parisior. 1721, tom.
2, p. 451. Per la carcerazione e il processo sofferto, ved. nell'Arch.
di Stato in Firenze, Scritture Strozziane, Carteggio del Nunzio
Aldobrandini; lett. da Roma del 7 marzo 1597, e 8 9bre 1600; e lett.
da Napoli del 6 7bre 1596, 1º 1Obre 1600, 16 febb., 2 marzo, 16 maggio
e 28 10bre 1601, 20 9bre 1602, 9 maggio 1603. — Aggiungiamo qui che
nel nostro precedente lavoro sul Campanella (Il Codice delle Lettere
etc. pag. 18), parlando di fra Serafino, avevamo messa in dubbio la
sua qualità di lettore di S. Tommaso nello studio pubblico: ma nuovi
documenti da noi rinvenuti non ha guari ce l'hanno mostrato lettore,
bensì molto più tardi del periodo da noi contemplato, dal 1615 al 1627,
anno in cui fu fatto Vescovo di Mottola (il 14 aprile), e poi morì dopo
soli 5 mesi di Episcopato (29 7bre).
[84] Non manca pure un altro grave argomento atto a far determinare
la data e il luogo in cui questo trattato fu composto. Nell'opera _De
sensu rerum_ (lib. 4.º cap. 20) il Campanella disse che nella sua
adolescenza era stato nemicissimo degli astrologi ed avea scritto
contro di loro, ma che ne' suoi infortunii aveva appreso scovrirsi
da loro molte verità. Poi nella lettera a Mons.^r Querengo da noi
pubblicata (ved. Il Codice delle Lettere etc. p. 61) disse che avea
dannati gli astrologi «quando era di 19 anni», e in seguito avea
veduto «altissima sapienza intra molta stoltitia loro albergare». Così
questi due brani che si compiono a vicenda, mentre non contradicono
essenzialmente a ciò che si è visto intorno alle sue relazioni
coll'Ebreo astrologo in Cosenza ed Altomonte il 1588-89, fanno
conoscere che vi sia stato un primo scritto nel quale si condannavano
gli astrologi, naturalmente quello _De investigatione rerum_, composto
nel 1587 e naturalmente in Nicastro.
[85] Ved. gli elenchi delle opere del Campanella annessi alle sue
lettere del 1606 pubblicate dal Centofanti, e al memoriale del 1611
pubblicato dal Baldacchini. Uno degli elenchi è riprodotto anche nel
Doc. 520, pag. 600.
[86] Op. cit. lib. 1.º, cap. 12: «nella prima compositione di questo
libro che feci latino, et mi fu rubato da falsi frati in Bologna con
altri libri, et hor mi bisogna refarlo per non haverli mai recuperato»
(_sic_; non diversamente si legge nella stess'opera tradotta in latino
e stampata).
[87] Op. cit. lib. 4.º, cap. 1.º
[88] Alludiamo alla lettera di Baccio Valori diretta al Gran Duca di
Toscana il 15 8bre 1592, che fu pubblicata dal D'Ancona e che a suo
tempo esporremo.
[89] Ved. nell'Arch. di Stato la così detta _Scuola Salernitana_
vol. 170 fasc. 3º fol. 59, e fasc. 4º, fol. 28, 29 e 83. Inoltre le
_Matricole dello studio_ an. 1587-88 e seg.^ti
[90] Il Berti (_Vita di Giordano Bruno_, Firenze 1868 pag. 45) molto
avvedutamente pensò che costui fosso Gio. Vincenzo Colle da Sarno,
autore dell'opera dal titolo singolare _Destructio destructionum
Balduini quas quidem destructor adimplevit_, Neap. 1554. Era
precisamente lui, e la sua qualità di medico trovasi dichiarata nel
_Rotulo delli magnifici lettori_ del 1566 esistente nell'Arch. di
Stato. Scrisse anche una _Expositio vera et facilis super quinque
textus lib. posterior. Aristotelis cum commentis Averrois_, oltre
le _Additiones et annotationes ad Hieronimi Balduini Expositionem
in lib. 1. posterior. Aristotelis dilucidatum a Jo. Thoma Zancha
studii Neapolitani rectore_, stampate prima in Napoli (raris.) e poi
in Venezia 1563 apud Hieronim. Scotum. Quivi pure s'intitola «Artium
lector», e nella dedica al Conte di Sarno dice avere impiegato molto
tempo «studendo aliosque docendo». Aveva per salario appena d.^ti
25 l'anno: nel 1567 si ebbe forse ad annoiare di questo meschino
trattamento, mancò alle letture e fu deputato in suo luogo, d'ordine
del Vicerè, Gio. Geronimo Provenzale, che essendo poi stato promosso
alla lettura della filosofia estraordinaria, venne sostituito dal
Vivolo. Questo Provenzale, che era anche dottore in Teologia, fu nel
1595 creato da Clemente VIII Vescovo di Minori, ma poi trattenuto in
Roma quale suo Archiatro fin quando non se ne trovò un altro, che
fu Giacomo Bonaventura, del quale avremo anche a parlare in questa
narrazione; egli allora, già promosso nel 1598 all'Arcivescovato di
Sorrento, potè andarsene alla sua Diocesi. Durante la sua permanenza
in Roma scrisse al Nunzio Aldobrandini varie lettere confidenziali, ed
una fra le altre merita di essere additata agli eruditi, trovandovisi
descritta la funzione eseguita in S. Pietro per l'abiura e la
benedizione del Re di Francia, una di quelle «attioni che non accadono
allo spesso» (Ved. nel Carteggio del Nunzio, filz. 209, Lett.^ra da
Roma del 24 7bre 1596).
[91] Trascriviamo qui il detto Breve inciso sulla lapide, della quale,
pel nuovo ed infelice destino dato al convento, non si potrebbe
garentire la durata. «Pius V. Pont. Max. Dilecti filii salutem et
Apostolicam Benedictionem. Exponi nobis nuper fecistis quod cum in
domo vestra Sancti Dominici Neapolitani ordinis fratrum praedicatorum
extet una Libraria seu Bibliotheca optimis libris diversorum generum
satis ornata. Vero quia permulti ex eis qui per Bibliothecas non
inveniuntur furto sublati reperiuntur et ignoratur an à fratribus
vel secularibus personis qui illuc studendi causa seu ficto colore
ingrediuntur surrepti sint, qui quidem libri eo in loco ad publicam
utilitatem conservantur adeo ut non videatur conveniens dictam
Bibliothecam seu Librariam perpetuo clausam teneri veruntamen opere
precium esset libros ipsos furandi vel auferendi occasionem tollere.
ut igitur tutè suis horis et temporibus cunctis dicta Libraria seu
Bibliotheca aperta remaneat et terror malefaciendi incutiatur pro
parte vestra nobis fuit humiliter supplicatum ut vobis in praemissis
oportune providere de benignitate apostolica dignaremur. Nos igitur
hujusmodi supplicationibus inclinati ad futuram dictae Librariae seu
Bibliothecae et illius librorum conservationem contra omnes et singulos
cujuscumque dignitatis status gradus ordinis vel conditionis existentes
tam seculares quam dictae domus et quorumvis aliorum ordinum regulares
ac tam laicos quam ecclesiasticos queslibet libros inde auferentes
seu extrahentes ex quacumque causa sine expressa nostra vel Romani
Pontificis aut saltem Magistri Generalis dicti ordinis pro tempore
existentis licentia in scriptis habita excomunicationis majoris latae
sententiae penam à qua à nemine praeterquam à nobis vel a Romano
Pontifice aut a Magistro Generali praefato pro tempore existenti nisi
duntaxat in mortis articulo constituti absolvi possint toties quoties
contra factum fuerint (?) Apostolica auctoritate tenore praesentium
perpetuo tulimus et promulgamus et quicquid secus super his a quoquam
quavis auctoritate scienter vel ignoranter attentari contingerit
irritum et inane decrevimus non obstantibus. c. Datum Romae apud
Sanctum Petrum sub annulo piscatoris (_sic_). Die XVI Junii MDLXXI.
Pontificatus nostri anno sexto. — B.º Melchiorius da Hanieri.
[92] Sarà bene avere sott'occhio fin d'ora i brani de' Documenti
principali che dànno notizia de' travagli del Campanella: essi si
riducono a quattro, e due ne sono stati già pubblicati da un pezzo,
ma non apparisce che sieno stati bene ponderati, due altri sono stati
pubblicati da noi recentemente. — 1.º Lettera proemiale annessa
alla copia dell'_Atheismus triumphatus_ inviata allo Scioppio nel
1607, trovata a Jena e pubblicata dallo Struvio il 1705 (Collectanea
manuscriptorum ex codicibus et fragmentis etc. excerpta, Jenae 1713,
fasc.^us 2.^us 1705): vi si parla di _cinque_ processi, ed a quanto
pare ordinatamente ma non completamente. «Quinquies citatus in
judicium, primo causam dixi interrogantibus, qui litteras scit cum non
didicerit? ergo no daemonium habes. At ego respondi me plus olei, quam
ipsi vini consumsisse, et mihi ab eis dictum fuisse sacra suscipienti,
accipe Spiritum Sanctum; de quo certi sunt, quod docet omnia, teste
Joanne, de daemone autem incerti, unde acceperim et stultos esse illos,
qui in se hunc Spiritum non sentientes, negant aliis quod dant: et
tribuunt diabolo sapientiam, coeteraque dona Dei. Secundo accusatus
quod tempore nocturno quid contra praelatum paraverim, quod sane mihi
non modo propter philosophiam id non admittenti, sed visus defectu
laboranti impossibile erat. Adde quod propriam aedem non habens,
cum alio hospes ego dormiebam, et dixi: interrogate eos qui mecum
dormierunt. Si enim ego peccavi, et ipsi peccarunt. Sed iniquitas non
quaerebat dolictum, sed me facere delinquentem. Deinde accusarunt me
quod composuerim librum de tribus impostoribus: qui tamen invenitur
typis excusus annos triginta ante ortum meum ex utero matris. Deinde
quod sentirem cum Democrito: quoniam (_fors_. quum) ego jam contra
Democritum libros edideram. Item quod de ecclesiae Republica et
[58] Berti, Lettere inedite di T. Campanella e Catalogo dei suoi
scritti, Roma 1878, pag. 71 in nota.
[59] Deposizioni di fra Giuseppe Bitonto e fra Francesco Merlino; ved.
Doc. 297 e 352, pag. 232 e 332.
[60] Meno esattamente il D'Ancona (op. cit. pag. 78) con la scorta
forse del Fontana lo disse eletto il 1589. Quétif ed Echard (Scriptores
ordinis Praedicatorum, Lutet. Paris. 1721, t. 2, pag. 292) lo dicono
veramente Commissario gen.^le dell'Inquisizione nel 1588, e nello
stesso anno Generale dell'Ordine. Nell'iscrizione funeraria, che è
del 1600, leggesi «assumptionis suae anno XII a die XX maii». Questa
iscrizione si trova nella Cappella de' Brancacci in S. Domenico,
sormontata dal ritratto del Beccaria, opera di Carlo Sellitto; un viso
lungo, magro e pallido, con sorriso sforzato, fisonomia come quella che
suol darsi a Mefistofele: avremo ancora a parlare di lui in relazione
col Campanella.
[61] Jani Nicii Erythraei, Pinacotheca imaginum, Coloniae 1642, tom.
1.º pag. 42.
[62] Ved. Fiorentino, Bernardino Telesio, v. 2.º pag. 23.
[63] Ved. nell'Arch. di Stato la così detta _Scuola Salernitana_, vol.
4.º fasc. 2.º (anno 1614), e vol. 188.º fasc. 4.º (anno 1601-1603). I
cartoni, che quivi si conservano, riflettono una disputa in filosofia
sostenuta da Gio. Bernardino Pasanisi di Manduria, una in medicina da
Francesco Costa di Salerno, una in legge dal nobile Marcello Macedonio
di Napoli: nella disputa in legge figura da preside il lettore
pubblico delle _Instituta_ Francesco Fenice alias Abate Aristotile, che
soleva firmare con l'aggiunta di questo soprannome. Le proposizioni
in filosofia sono non meno di 50, distinte sotto più rubriche: Ex
metaphysica; Corporis naturalis principia; Caussae; Affectiones; Corpus
simplex; Rerum generatio et corruptio; Corpus vivens; Instrumentum
sciendi.
[64] Ved. nell'Arch. di Stato la lettera del Cappellano maggiore D.
Girolamo della Marra, per la nomina del lettore Baldassarre Paglia, in
data del 31 agosto 1672.
[65] Vedi la _Descrizione di tutti i luoghi pii di Napoli_, con
l'importantissima _Numerazione e' fuochi ed anime di Napoli e suoi
borghi_, fatta a 7bre 1591, ottobre 93, giugno 96, e 7bre 98, ms. che
si conserva in copia nella Biblioteca di S. Martino. — La numerazione
fu eseguita dall'autorità ecclesiastica, non essendovi per Napoli una
numerazione di fuochi governativa: e possiamo assicurare, sapendolo
da altre fonti, che l'originale di quel documento fu scritto da
Notar Francesco di Napoli nel 1598, e diretto al Card.^l Gesualdo ad
occasione di una nuova circoscrizione parrocchiale che allora si fece.
La popolazione di Napoli e borghi vi si trova notata in anime 225,769;
quella de' Monisteri e Conservatorî in anime 7,365.
[66] Ved. nell'Arch. Mediceo, scritture Strozziane, Carteggio del
Nunzio Aldobrandini, filz. 222, la lett. del Nunzio al Sig. Statilio
Paolini de' 5 giugno 1592. Vi si legge: «Io trovo qua un modo di vivere
molto licentioso di quasi tutti i Regolari, che con molto scandalo
et querela di questa città vanno giorno e notte soli et accompagnati
dove lor piace, e tal'hora, quanto intendo, con armi proibite, nè
solo in casa Donne sospette, ma alle pubbliche Commedie, sì che nel
signor Vice Re et in questi Ministri Regii è venuto concetto che non si
faccia eccesso notabile in questo Regno, che non c'intervenga o Preti
o Frati. Ho pensato che sia bene darne notitia a N. S.^re acciò S.
S.^ta possa commandare sopra il rimedio che gli par meglio, perchè se
bene tengo il Breve contro à quelli che stessino alla strada (_intend_.
datisi al brigantaggio), non di meno quanto alle cose soprascritte,
che ho trovato per molti riscontri vere, et non ho lasciato occasione
d'avertirne i loro superiori, non ho autorità alcuna, rispetto a'
Privilegii di detti regolari».
[67] Ved. per tutti i particolari del tumulto e ribellione de' frati
principalmente i dispacci del Residente Veneto in Napoli, testimone
oculare e non sospetto di partigianeria; essi furono già pubblicati dal
Mutinelli, Storia arcana ed aneddotica d'Italia, Venez. 1855 tom. 2.º
pag. 166 e seg.^ti Ved. inoltre nel Carteggio del Nunzio Aldobrandini,
filz. 208, la lett. del Card.^l S. Giorgio al Nunzio del 6 giugno
1595. — Il Residente Veneto fu realmente testimone oculare, poichè il
palazzo di Venezia aveva alle spalle il giardino del convento di S.
Domenico, ed una terrazza di esso esistente in fondo al cortile dava
facile passaggio a quel giardino. Come è noto agli amatori delle cose
napoletane, il Palazzo di Venezia era quello che vedesi alla strada
Trinità Maggiore (già strada del Seggio di Nido) un po' più in là del
Palazzo del Principe della Rocca, dirimpetto all'imbocco della strada
de' Pignatelli: era stato donato alla Serenis.^ma dal Re Ladislao nel
1412, e fu specificatamente capitolato e restituito dopo le guerre
d'Italia nella pace fatta a Bologna il 1529; si potrebbe tessere
tutta la storia de' successivi mutamenti che vi furono introdotti con
le notizie in gran numero che ne abbiamo incontrato nell'Archivio di
Venezia. Oggi ancora vi si vede in fondo al cortile una terrazza, che
all'epoca della quale trattiamo era guarnita di un portico a colonne
e trovavasi ad un livello molto più basso, tanto che non una volta fu
saltata da individui che scappavano innanzi a' birri e cercavano un
asilo nel giardino de' frati: il portico fu poi guasto dalla cannonata
dell'8bre 1647, durante l'insurrezione; avendo anche il popolo rotte le
mura interne di questo Palazzo e degli altri contigui, per inoltrarsi
da S. Domenico, dove si era barricato, verso il locale de' Gesuiti e il
campanile di S. Chiara, dove aveano presa posizione gli spagnuoli.
[68] Ved. Lett.^e del Nunzio del 20 10bre 1602 e 3 7bre 1604.
[69] Ved. Doc. 361, art. 48-49, pag. 354.
[70] Ved. nell'Arch. di Stato i Registri _Privilegiorum_ vol. 41 an.
1546-47 fol. 35.
[71] Ved. il brano del _Syntagma_ sopra riportato, a pag. 22. Per la
deposizione che attestò avere il Campanella dimorato presso Mario del
Tufo ved. il Doc. già citato, n.º 352, pag. 332.
[72] Ved. i Registri _Privilegiorum_ vol. 86, an. 1587-88, fol. 262.
[73] Ved. Registri _Privilegiorum_ vol. cit. fol.º 82; e Registri
_Sigillorum_ vol. 31, an. 1595, data 17 marzo.
[74] Tutte queste notizie intorno a' detti Signori Del Tufo sono state
rilevate dagli scrittori patrii in materia di nobiltà, segnatamente da
Gio. Batt. Del Tufo, Cronologia dell'Ill.^ma famiglia del Tufo, Nap.
1627. Vero è che questa Cronologia manca appunto di date; ma, come
si è visto, le Scritture dell'Archivio di Stato ce le hanno fornite
a sufficienza. Vogliamo intanto anche porre qui alcuni specchietti
genealogici da noi compilati, per facilitare a' lettori la conoscenza
dei Signori del Tufo e loro parenti co' quali il Campanella fu in
comunicazione; tale conoscenza potrà forse aprire la via a qualche
ulteriore ricerca.
_A._ — Giovanni del Tufo Sig.^re di Lavello, 2.º genito di Giacomo e
Mariella della Valle m. a Vincenza Capece-Latro.
|- Giacomo, creato nel 1536 Marchese di Lavello m. a Lucrezia della
| Tolfa.
|- Paolo Gov.^re di Milano etc. etc. (v. sotto).
|- Maddalena m. a Lodov. d'Abenavolo de' 13 di Barletta.
|- Antonia m. a Adriano Carafa della Spina.
|- Gio. Geronimo 2.º March. di Lavello m. a Isabella di Guevara;
| poi ad Antonia Carafa della Spina.
| |
| |- Mario (v. sotto)
| |- Giacomo
| |- etc. etc.
| |- Beatrice m. a Ettore Pignatello poi a Fulvio Costanzo M.^se di
| | Corleto.
| |- etc. etc.
| |- Gio. Geronimo 4.º M.^se di Lavello m. a Beatrice di Sangro
| | f.ª di Fabrizio Duca di Vietri.
| |- Innico.
| |- Emilio.
| |- Isabella m. a *Gio. Milano M.^se di S. Giorgio e Polistina.
| |- Costanza m. a *Geronimo del Tufo f.º di Fabrizio.
| |- etc. etc.
| |- Francesco 5.º M.^se di Lavello m. a Costanza Pappacoda f.ª
| | del M.^se di Capurso
| |- Isabella m. a Gio. di Sangro 1.º genito di Fabrizio Duca di
| | Vietri.
|- Giovanni 3.º March. di Lavello m. a Caterina Caracciolo sorella
| del Duca d'Airola.
|- Paolo Barone di Vallata e Vietri.
|- Gio. Antonio.
|- Gio. Francesco.
|- etc.
_B._ — Mario del Tufo Sig.^re di Minervino, f.º di Gio. Geronimo 2.º
M.^se di Lavello, m. a Fulvia Persona e divenuto Barone di Matina.
|- Ascanio m. a Antonia Guarina.
|- Giacomo.
|- Francesco.
|- Paolo.
|- Antonia m. a Innico del Tufo f.º di Giovanni 3.º M.^se.
|- Giovanna m. a Franc. del Tufo Bar. di Vallata.
_C._ — Paolo del Tufo 2.º genito di Giovanni Sig.^re di Lavello m. a
Violante Caracciolo.
|- Marcello m. a Giov. Carafa di Montenegro.
|- Fabrizio m. a Porzia Muscettola.
|- Ascanio.
|- Ottavio.
|- Orazio.
|- Giulia.
|- Aurelia m. a Alfonso del Tufo f.º di Giacomo d.º _della Bandiera._
. . .
|- Geronimo m. a Costanza del Tufo f.ª di Giovanni 3.º Marchese.
|- Camilla m. a D. Carlo Siscara.
|- Camillo
|- Marcantonio Vesc. di Melito.
|- Placido.
[75] Moltissimi documenti intorno a Mario del Tufo si trovano sparsi
nelle scritture del Grande Archivio di Napoli. Pe' fatti qui asserti
ci basterà citare solamente i Reg.^i _Partium_ vol. 1208, 1288, 1380,
1485: quanto alla razza di cavalli di Mario, e alle sue relazioni col
Gran Duca di Toscana, abbiamo nell'Arch. Mediceo rinvenute molte sue
lettere anche autografe, e di esse ci riserbiamo di parlare più oltre
con maggiore opportunità.
[76] Ved. Fiorentino, Della vita e delle opere di Giovan Battista
de la Porta, nella Nuova Antologia vol. 51º maggio 1880 pag. 251. —
I fonti a' quali alludiamo nel testo sono: 1º Bart.º Chioccarello,
De illustribus scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis
floruerunt, libro pubblicato in parte (Neap. 1780, vol. 1.º) ed
in parte rimasto manoscritto e così acquistato dalla Bibl. Naz.
di Napoli; il Chioccarello conobbe personalmente Gio. Battista
Della Porta e frequentò la casa di lui e le conversazioni che vi si
tenevano; consacrò un art.º speciale a Gio. Vincenzo Della Porta.
2º Lettera di Gio. Battista Longo intorno a' fratelli Della Porta e
segnatamente intorno a Gio. Vincenzo, annessa al libro inedito di Gio.
Battista Della Porta, intitolato «Taumatologia, Criptologia, Calamita,
Chironomia», libro già appartenuto alla Bibl. Albani ed ora esistente
nella Bibl. della Facoltà di Medicina di Montpellier: questa lettera,
che insieme al detto Codice abbiamo potuto esaminare in una delle
nostre escursioni a Montpellier, vedesi scritta da Napoli in data 11
agosto 1635, e forse venne diretta a Cassiano Del Pozzo, in origine
proprietario del detto Codice, il quale non fu ignoto al Chioccarello,
e fu fatto vagamente conoscere dal Libri (Histoire des sciénces
mathematiques en Italie, Paris 1841, t. 4º, nota VIII, pag. 406).
[77] Pel privilegio che conferisce l'ufficio sud.^to a Nard'Antonio
della Porta, ved. i Registri _Privilegiorum_ vol. 34, an. 1540-42 fol.
94. Pel privilegio nobiliare di tutta la famiglia, ved. i medesimi
Registri, vol. 30, an. 1534-49 fol. 241; esso è in data di Bruxelles
31 10bre 1548, e un po' più concisamente riproduce quello che diamo in
esteso pe' De Rinaldis (risc. Doc. 2 b, pag. 6): non sapremmo poi dire
se tale privilegio sia conciliabile col fatto che vediamo asserto, che
cioè i Della Porta sieno stati nobili fin dal tempo degli Angioini.
[78] Intorno a Gio. Antonio Pisano maestro del Porta, siamo in grado di
dare qualche altra notizia al di là di quella raccolta dal Fiorentino
presso l'Allacci: poichè fu lettore pubblico in medicina «pratica»,
e nell'Archivio di Stato non mancano documenti che lo ricordano.
Cominciò le sue lezioni nel 1557 succedendo al Bozzavotra, con la
provvisione di D.^ti 80 annui, e vi rinunziò per vecchiaia il 18 8bre
1585, succedendogli per pochi giorni D. Antonio Alvarez, e quindi,
morto costui, Gio. Geronimo Polverino. Ma nel frattempo diè lezioni
anche di anatomia, la qual cosa dimostra la sua grande cultura, poichè
nessuno aveva osato insegnarla dopo Gio. Filippo Ingrassia (1548-53).
Vide stentatamente accresciuta la sua provvisione a D.^ti 123 l'anno,
con qualche altro meschino sussidio talvolta, come ad occasione della
morte di Gio. Leonardo Colombino senese, lettore di jus civile, quando
insieme ad altri lettori ne fece dimanda con un suo memoriale di cui
ci resta una relazione così concepita: «Memoriale del magnifico ar. et.
me. do. Jo. Antonio pisano lector ordinario de la lectura de la pratica
con provisione de la R.ª Corte de docati cento vinti tre lo anno sub
data Neapoli xiij. Januarij 1567. in lo quale memoriale se expone
per sua parte che havendo lecto multi anni la lectura de medicina con
satisfactione de li audienti, et la provisione esser poco, et questo
anno voler di novo fare la anatomia senza pagamento alcuno ad bono
publico, per sua parte supplica V.ª Excell.^tia che delli denari del
studio che avanczano per la morte de Colombino se li faczia gratia di
qualche aiuto di costa di quanto restarà servita V.ª Excell.^tia».
Il Pisano fu anche Protomedico dal 1570 in poi, e non lasciò alcuna
opera ma molte ricchezze, come tanto spesso è accaduto e continuerà ad
accadere in Napoli: nel 1586 divenne Barone di Pascarola, comprando
questa terra da D.ª Popa Carafa Marchesa di S. Elmo (ved. i Registri
_Privilegiorum_ vol. 79, an. 1586-87 fol. 32 e 192).
[79] Poniamo qui una breve notizia di questo Codice tuttora non
studiato, desumendola dagli appunti che ne prendemmo in Montpellier.
In una lettera preliminare all'Imp. Rodolfo il Porta dice che gli
manda l'opera da lui chiesta, dandola in iscritto affinchè non muoia
seco, e ciò in cambio dell'amore che gli ha portato. La Taumatologia
vi è rappresentata da un Indice diffuso che comprende 11 libri, la
Criptologia è rappresentata da un libro in 15 capitoli, la Calamita da
un trattato unico di 40 pagine, la Chironomia da due libri, il primo
di 18, il secondo di 14 capitoli. Gli 11 libri della Taumatologia sono
così intitolati: 1.º della prospettiva (vi si parla del telescopio,
degli specchi etc.); 2.º delle cifre o numeri; 3.º de' veleni e
antitodi; 4.º i rimedii della medicina (trovati da lui che ha avuto un
corpo debole, e provati ogni giorno in sua casa su molti per cortesia);
5.º i più ascosi segreti della natura; 6.º della virtù de' numeri;
7.º della trasmutazione de' metalli; 8.º della medicina spagirica et
distillatoria; 9.º dell'iconomia et accrescer l'entrata; 10.º i segreti
della guerra; 11.º de varie operationi. Son distesi per intero soltanto
il libro 2.º de' numeri in capitoli 47, e il libro 4.º de' rimedii (per
errore detto pure 2.º) in capitoli 23, cominciando quest'ultimo con le
parole «est praesens liber medicus» etc. Abbiamo detto nel testo che
tra' segreti ve ne sono de' mostruosi: basterà citarne uno che per la
sua oscenità vedesi ricoperto da una carta incollatavi sopra, la quale
per altro non impedisce di poterlo leggere a trasparenza, spiegando
tutto il foglio contro una viva luce; esso ha per titolo «ut coles in
quantumvis magnitudinem et longitudinem excrescat; cap. 8»! Così nella
Criptologia si parla della liberazione de' Demoniaci, di segreti ad
amorem, di amuleti, di verghe che dimostrano tesori nascosti, e tutto
ciò con una iattanza delle più disgustose. Evidentemente il libro fu
scritto per uso e consumo dell'Imperatore, che si conosce essere stato
oltremodo ghiotto di simili cose. Riesce poi perfettamente giustificata
l'opinione del prof. Fiorentino, che la «Chirofisonomia di G. Batt.
della Porta tradotta da un ms. latino dal Sig. Pompeo Sarnelli,
Nap. 1677» rappresenti la traduzione della Chironomia del Codice di
Montpellier: non abbiamo avuto modo di farne il confronto letterale, ma
abbiamo rilevato il numero de' libri e de' capitoli che si riscontra in
modo soddisfacente.]
[80] Ved. _De sensu rerum_, lib. 3.º cap. 13.
[81] Ved. Campanellae, _Medicinalium juxta propria principia_, Lugduni
1635. — 1.º Nel libro 6º, cap. 6º, p. 395 si legge: «Utebatur Porta
mirifico collyrio statim sanante, cujus non memini, sed in libro
magiae suae inscriptum invenitur, et in mei repentinam oculi afflicti
et sanguinei sanitatem coram multis perfecit, suis ipse manibus
instillando». Infatti nella Magia del Porta, ediz. nap. del 1589, lib.
8, cap. 4, p. 153, è registrata la preparazione molto complicata di
tale rimedio, che al Porta medesimo fu applicato da un empirico, e che
egli si diè premura di acquistare dall'empirico «muneribus, praecibus,
dolo, aere». E poniamo qui che nel ms. della Taumatologia, lib. 2,
cap. 2, pag. 157 si trova invece registrato un collirio diverso,
fatto col vitriolo di Cipro traslucido, strofinato e triturato sul
fondo di uno scodellino di creta (fictile labellum) in cui vi sia
acqua di rose o di fonte, sino a che questa divenga di colore cianeo
florido, ovvero soltanto florido, da applicarsi poi nel seguente
modo: «bombice aqua madefacto, clauso infirmo oculo cilia madescant,
ut relaxato oculo, claudendo et reserando erebris ictibus versetur,
donec cornea leviter vigetur, vel humescat paulatim» (questo serva a
mostrare che la Taumatologia non è la riproduzione delle cose esposte
nella Magia). — 2.º Nel lib. 6º, cap. 5º, p. 381 si legge ancora:
«Ita evenit equitanti mihi tota die agitato incitatoque cursu: etenim
obtuso dolore coxendices dolere coeperunt. Coenavi ex cerebro porcelli,
inter coetera, quod fluxioni est aptum: dolui in profundis coxendicis
cum somno executerer; eram adolescens 23 annorum, non multum eruditus
in medicinalibus: bibebam frigidum, cum viro principe vescebar laute:
ingravescebat dolor, et per menses plures decubui. Sanguinis detractio,
in pede, et manu, spasmum fecit, abeante calore. Sanatus in balneis
et sudatoriis Puteolanis saepe cantatis, donec omisso frigido potu et
lauto vietu in peregrinationibus, exsiccatus, et per cauterium, incidi
in febrem tertianam, quae me prorsus sciatica, et cauterio liberavit
post duos annos». Successivamente, a pag. 383, si legge: «Sudatoria
Agnanae mihi profuerunt». — 3.º Infine a pag. 368 è registrato il caso
del P.^e Maestro Aquario da lui curato.
[82] Ved. nell'Arch. di Stato _Lettere Regie pe' lettori_ vol.
1.º, fol. 15 e 34. Da altro fonte abbiamo che l'Aquario sia morto
propriamente il 17 luglio 1591 (Chioccarello, De illustribus etc. parte
ms. che conservasi nella Bibl. nazionale di Napoli). Egli si chiamava
propriamente Mattia de Gibone della terra di Aquaro in Principato
Citra, ed era stato lettore in Torino, Milano, Venezia e Roma, dove
ebbe anche l'ufficio di Teologo del Card.^l di S.^ta Severina. Non
cessò mai di essere un peripatetico accanito: il Campanella lo disse
dottissimo, e tale veramente si mostrò nelle sue opere che furono
parecchie; Additiones libr. fratr. Sylvestri Ferrariensis Rom. 1576,
e Venet. 1605; Dilucidationes in 12 libros Aristotelis, Rom. 1584;
Commentaria in libr. fratr. Joannis Capreoli, con una Vita Capreoli, un
trattato De Controversiis in D. Thomam e un altro trattato De libris
S.^ti Thomae, Venet. 1589; Formalitates juxta doctrinam Angelici, op.
post. Neap. 1605. Oggi il suo nome è dimenticato!
[83] Per gli antecedenti di fra Serafino da Nocera ved. Quètif ed
Echard, Scriptores ordinis Praedicatorum, Lutet. Parisior. 1721, tom.
2, p. 451. Per la carcerazione e il processo sofferto, ved. nell'Arch.
di Stato in Firenze, Scritture Strozziane, Carteggio del Nunzio
Aldobrandini; lett. da Roma del 7 marzo 1597, e 8 9bre 1600; e lett.
da Napoli del 6 7bre 1596, 1º 1Obre 1600, 16 febb., 2 marzo, 16 maggio
e 28 10bre 1601, 20 9bre 1602, 9 maggio 1603. — Aggiungiamo qui che
nel nostro precedente lavoro sul Campanella (Il Codice delle Lettere
etc. pag. 18), parlando di fra Serafino, avevamo messa in dubbio la
sua qualità di lettore di S. Tommaso nello studio pubblico: ma nuovi
documenti da noi rinvenuti non ha guari ce l'hanno mostrato lettore,
bensì molto più tardi del periodo da noi contemplato, dal 1615 al 1627,
anno in cui fu fatto Vescovo di Mottola (il 14 aprile), e poi morì dopo
soli 5 mesi di Episcopato (29 7bre).
[84] Non manca pure un altro grave argomento atto a far determinare
la data e il luogo in cui questo trattato fu composto. Nell'opera _De
sensu rerum_ (lib. 4.º cap. 20) il Campanella disse che nella sua
adolescenza era stato nemicissimo degli astrologi ed avea scritto
contro di loro, ma che ne' suoi infortunii aveva appreso scovrirsi
da loro molte verità. Poi nella lettera a Mons.^r Querengo da noi
pubblicata (ved. Il Codice delle Lettere etc. p. 61) disse che avea
dannati gli astrologi «quando era di 19 anni», e in seguito avea
veduto «altissima sapienza intra molta stoltitia loro albergare». Così
questi due brani che si compiono a vicenda, mentre non contradicono
essenzialmente a ciò che si è visto intorno alle sue relazioni
coll'Ebreo astrologo in Cosenza ed Altomonte il 1588-89, fanno
conoscere che vi sia stato un primo scritto nel quale si condannavano
gli astrologi, naturalmente quello _De investigatione rerum_, composto
nel 1587 e naturalmente in Nicastro.
[85] Ved. gli elenchi delle opere del Campanella annessi alle sue
lettere del 1606 pubblicate dal Centofanti, e al memoriale del 1611
pubblicato dal Baldacchini. Uno degli elenchi è riprodotto anche nel
Doc. 520, pag. 600.
[86] Op. cit. lib. 1.º, cap. 12: «nella prima compositione di questo
libro che feci latino, et mi fu rubato da falsi frati in Bologna con
altri libri, et hor mi bisogna refarlo per non haverli mai recuperato»
(_sic_; non diversamente si legge nella stess'opera tradotta in latino
e stampata).
[87] Op. cit. lib. 4.º, cap. 1.º
[88] Alludiamo alla lettera di Baccio Valori diretta al Gran Duca di
Toscana il 15 8bre 1592, che fu pubblicata dal D'Ancona e che a suo
tempo esporremo.
[89] Ved. nell'Arch. di Stato la così detta _Scuola Salernitana_
vol. 170 fasc. 3º fol. 59, e fasc. 4º, fol. 28, 29 e 83. Inoltre le
_Matricole dello studio_ an. 1587-88 e seg.^ti
[90] Il Berti (_Vita di Giordano Bruno_, Firenze 1868 pag. 45) molto
avvedutamente pensò che costui fosso Gio. Vincenzo Colle da Sarno,
autore dell'opera dal titolo singolare _Destructio destructionum
Balduini quas quidem destructor adimplevit_, Neap. 1554. Era
precisamente lui, e la sua qualità di medico trovasi dichiarata nel
_Rotulo delli magnifici lettori_ del 1566 esistente nell'Arch. di
Stato. Scrisse anche una _Expositio vera et facilis super quinque
textus lib. posterior. Aristotelis cum commentis Averrois_, oltre
le _Additiones et annotationes ad Hieronimi Balduini Expositionem
in lib. 1. posterior. Aristotelis dilucidatum a Jo. Thoma Zancha
studii Neapolitani rectore_, stampate prima in Napoli (raris.) e poi
in Venezia 1563 apud Hieronim. Scotum. Quivi pure s'intitola «Artium
lector», e nella dedica al Conte di Sarno dice avere impiegato molto
tempo «studendo aliosque docendo». Aveva per salario appena d.^ti
25 l'anno: nel 1567 si ebbe forse ad annoiare di questo meschino
trattamento, mancò alle letture e fu deputato in suo luogo, d'ordine
del Vicerè, Gio. Geronimo Provenzale, che essendo poi stato promosso
alla lettura della filosofia estraordinaria, venne sostituito dal
Vivolo. Questo Provenzale, che era anche dottore in Teologia, fu nel
1595 creato da Clemente VIII Vescovo di Minori, ma poi trattenuto in
Roma quale suo Archiatro fin quando non se ne trovò un altro, che
fu Giacomo Bonaventura, del quale avremo anche a parlare in questa
narrazione; egli allora, già promosso nel 1598 all'Arcivescovato di
Sorrento, potè andarsene alla sua Diocesi. Durante la sua permanenza
in Roma scrisse al Nunzio Aldobrandini varie lettere confidenziali, ed
una fra le altre merita di essere additata agli eruditi, trovandovisi
descritta la funzione eseguita in S. Pietro per l'abiura e la
benedizione del Re di Francia, una di quelle «attioni che non accadono
allo spesso» (Ved. nel Carteggio del Nunzio, filz. 209, Lett.^ra da
Roma del 24 7bre 1596).
[91] Trascriviamo qui il detto Breve inciso sulla lapide, della quale,
pel nuovo ed infelice destino dato al convento, non si potrebbe
garentire la durata. «Pius V. Pont. Max. Dilecti filii salutem et
Apostolicam Benedictionem. Exponi nobis nuper fecistis quod cum in
domo vestra Sancti Dominici Neapolitani ordinis fratrum praedicatorum
extet una Libraria seu Bibliotheca optimis libris diversorum generum
satis ornata. Vero quia permulti ex eis qui per Bibliothecas non
inveniuntur furto sublati reperiuntur et ignoratur an à fratribus
vel secularibus personis qui illuc studendi causa seu ficto colore
ingrediuntur surrepti sint, qui quidem libri eo in loco ad publicam
utilitatem conservantur adeo ut non videatur conveniens dictam
Bibliothecam seu Librariam perpetuo clausam teneri veruntamen opere
precium esset libros ipsos furandi vel auferendi occasionem tollere.
ut igitur tutè suis horis et temporibus cunctis dicta Libraria seu
Bibliotheca aperta remaneat et terror malefaciendi incutiatur pro
parte vestra nobis fuit humiliter supplicatum ut vobis in praemissis
oportune providere de benignitate apostolica dignaremur. Nos igitur
hujusmodi supplicationibus inclinati ad futuram dictae Librariae seu
Bibliothecae et illius librorum conservationem contra omnes et singulos
cujuscumque dignitatis status gradus ordinis vel conditionis existentes
tam seculares quam dictae domus et quorumvis aliorum ordinum regulares
ac tam laicos quam ecclesiasticos queslibet libros inde auferentes
seu extrahentes ex quacumque causa sine expressa nostra vel Romani
Pontificis aut saltem Magistri Generalis dicti ordinis pro tempore
existentis licentia in scriptis habita excomunicationis majoris latae
sententiae penam à qua à nemine praeterquam à nobis vel a Romano
Pontifice aut a Magistro Generali praefato pro tempore existenti nisi
duntaxat in mortis articulo constituti absolvi possint toties quoties
contra factum fuerint (?) Apostolica auctoritate tenore praesentium
perpetuo tulimus et promulgamus et quicquid secus super his a quoquam
quavis auctoritate scienter vel ignoranter attentari contingerit
irritum et inane decrevimus non obstantibus. c. Datum Romae apud
Sanctum Petrum sub annulo piscatoris (_sic_). Die XVI Junii MDLXXI.
Pontificatus nostri anno sexto. — B.º Melchiorius da Hanieri.
[92] Sarà bene avere sott'occhio fin d'ora i brani de' Documenti
principali che dànno notizia de' travagli del Campanella: essi si
riducono a quattro, e due ne sono stati già pubblicati da un pezzo,
ma non apparisce che sieno stati bene ponderati, due altri sono stati
pubblicati da noi recentemente. — 1.º Lettera proemiale annessa
alla copia dell'_Atheismus triumphatus_ inviata allo Scioppio nel
1607, trovata a Jena e pubblicata dallo Struvio il 1705 (Collectanea
manuscriptorum ex codicibus et fragmentis etc. excerpta, Jenae 1713,
fasc.^us 2.^us 1705): vi si parla di _cinque_ processi, ed a quanto
pare ordinatamente ma non completamente. «Quinquies citatus in
judicium, primo causam dixi interrogantibus, qui litteras scit cum non
didicerit? ergo no daemonium habes. At ego respondi me plus olei, quam
ipsi vini consumsisse, et mihi ab eis dictum fuisse sacra suscipienti,
accipe Spiritum Sanctum; de quo certi sunt, quod docet omnia, teste
Joanne, de daemone autem incerti, unde acceperim et stultos esse illos,
qui in se hunc Spiritum non sentientes, negant aliis quod dant: et
tribuunt diabolo sapientiam, coeteraque dona Dei. Secundo accusatus
quod tempore nocturno quid contra praelatum paraverim, quod sane mihi
non modo propter philosophiam id non admittenti, sed visus defectu
laboranti impossibile erat. Adde quod propriam aedem non habens,
cum alio hospes ego dormiebam, et dixi: interrogate eos qui mecum
dormierunt. Si enim ego peccavi, et ipsi peccarunt. Sed iniquitas non
quaerebat dolictum, sed me facere delinquentem. Deinde accusarunt me
quod composuerim librum de tribus impostoribus: qui tamen invenitur
typis excusus annos triginta ante ortum meum ex utero matris. Deinde
quod sentirem cum Democrito: quoniam (_fors_. quum) ego jam contra
Democritum libros edideram. Item quod de ecclesiae Republica et
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