Ettore Fieramosca: ossia, La disfida di Barletta - 01

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ETTORE FIERAMOSCA.


ETTORE FIERAMOSCA
OSSIA
LA DISFIDA DI BARLETTA,
DI
MASSIMO D'AZEGLIO.
FIRENZE.
FELICE LE MONNIER.
1850.


ETTORE FIERAMOSCA.


CAPITOLO PRIMO.

Al cadere d'una bella giornata d'aprile dell'anno 1503 la campana
di San Domenico in Barletta sonava gli ultimi tocchi dell'avemaria.
Sulla piazza vicina in riva al mare, luogo di ritrovo degli abitanti
tranquilli che, nelle terricciuole dei climi meridionali specialmente,
sogliono sulla sera essere insieme a barattar parole al sereno per
riposarsi dalle faccende del giorno, stavano col fine medesimo
dispersi in varj gruppi molti soldati spagnuoli ed italiani, alcuni
passeggiando, altri fermi, o seduti, od appoggiati alle barche tirate
a secco, delle quali era ingombra la spiaggia, e, com'è costume delle
soldatesche d'ogni età e d'ogni nazione, il loro contegno era tale
che pareva dire: il mondo è nostro. Di fatto, lasciato loro il campo
migliore, si tenevano i terrazzani in disparte, dando così a questa
loro burbanza tacita approvazione. Chi per figurarsi questo quadro si
volesse rappresentare una simile radunata de' nostri soldati moderni
nella loro misera _uniforme_, sarebbe lontano assai dall'averne una
giusta immagine. L'esercito di Consalvo, le fanterie specialmente,
quantunque le meglio in arnese, e le migliori di tutta cristianità,
non conoscevano però, più di qualunque altra milizia del secolo XVI,
la stretta disciplina moderna, che è giunta a render simili un soldato
all'altro dalle scarpe al cappello. Qui invece, ogni uomo che facesse
il mestier dell'arme a piede o a cavallo, poteva vestirsi, armarsi ed
adornarsi come più gli piacesse; onde nasceva fra questa turba una
mirabile varietà e vaghezza nelle fogge, ne' colori e nel portamento,
dal quale si poteva facilmente conoscere a qual nazione appartenesse
ogni individuo. Gli Spagnuoli, per lo più serii, immobili, atteggiati
da bravacci, ed avvolti (o com'essi dicono _embozados_) nella _capa_
nazionale, dalla quale si vedeva uscir per di sotto la lunga e sottil
lama di Toledo; gl'Italiani loquaci e pronti al gestire, in sajo od in
farsetto colla daga pistolese appesa dietro le reni.
Al sonare della campana era cessato il susurro, e scomparendo la
maggior parte de' cappelli, le teste eran rimaste scoperte, perchè in
quel tempo anche i soldati credevano in Dio, e talvolta lo pregavano.
Dopo piccola pausa tornarono a luogo i cappelli, ricominciò il
bisbiglio; e benchè quella turba presa insieme avesse al primo aspetto
un non so che di gajo e di vivace, si poteva tuttavia facilmente
avvedersi, girando fra i diversi crocchi, esservi un motivo comune di
tristezza e di scoramento, al quale erano volte le menti e le parole
di tutti. Infatti il motivo era vero e possente. La fame cominciava
a farsi sentire fra i soldati ed anche fra gli abitanti di Barletta,
ove il gran Capitano, aspettando i tardi ajuti di Spagna, teneva
chiuso l'esercito di troppo inferiore a quello dei Francesi perchè
s'arrischiasse commetter la somma delle cose alla fortuna d'una
giornata.
Tre lati della piazza erano chiusi da certe povere case di marinaj e
pescatori, dalla chiesa e dall'osteria. Il quarto s'apriva alla marina,
ingombro, com'è costume di tali luoghi, di barche, reti e di altri
attrezzi pescherecci; ed all'ultima linea dell'orizzonte si vedeva
sorgere dal seno delle acque la bruna forma del monte Gargano, sulla
cui vetta andava morendo l'ultimo raggio del sole cadente.
Nello spazio frapposto, veleggiava chetamente un legno sottile; e si
volgeva tratto tratto per cercare il vento che soffiava incostante in
quel golfo, increspando qua e là a lunghe strisce la superficie del
mare. La distanza tuttavia della nave e la dubbia luce del crepuscolo
non lasciavano distinguere qual fosse la sua bandiera.
Uno Spagnuolo, che insieme con molti soldati era presso alla riva,
la guardava fisso, aguzzando le ciglia, ed attorcigliandosi certi
grandissimi baffi più bigi che neri.
--Che cosa guardi che sembri una statua, e non dai retta a chi discorre
con te?--
Quest'apostrofe d'un soldato napoletano, che non avendo ottenuta
risposta ad una prima domanda, se l'aveva per male, non mosse nè punto
nè poco l'imperturbabile Spagnuolo. Alla fine con un sospiro che pareva
uscire più da un mantice che dal petto d'un uomo, disse:
--_Voto a Dios que nuestra segnora de Gaeta_, che manda buon vento e
buon cammino a tanti che la pregano in mare, potrebbe mandar ora questa
fusta a noi che la preghiamo in terra, e non abbiamo da metter sotto i
denti altro che il calcio dell'archibuso! Chi sa che non porti grano e
provvisioni a quei _descomulgados_ di Francesi che ci tengono stretti
in questa gabbia per farci morir di fame...... _Y mala Pasqua me de
Dios y sea la primera que viniere, si a su gracia el segnor Gonzalo
Hernandez_[1] quando ha ben pranzato e meglio cenato gl'importa di noi
più che del _cuero de sus zapatos_[2].
--Che cosa può far Consalvo?--rispose con istizza il Napoletano,
contento di contraddire:--dovrà diventar pane per entrar in corpo ad
una bestia come te? Quando ne avrà, ne darà; e le navi che il malanno
loro ha portate nelle secche di Manfredonia, chi l'ha divorate?
Consalvo, o voi altri?--
Lo Spagnuolo un po' mutato in viso mostrava di voler rispondere, ma
fu interrotto da un altro del crocchio, il quale, battendogli sulla
spalla, scuotendo la testa, ed abbassando la voce, come per dar maggior
peso alle parole,
--Ricordati Nugno--gli disse--che il ferro della tua picca era a tre
dita dal petto di Consalvo il giorno che in Taranto per esser pagati
si fece quello strano scherzo.....; e se v'è stata volta in cui abbia
creduto che quel tuo collo nero dovesse far amicizia collo spago, è
stata quella..... Ti ricordi che si faceva schiamazzi da sbigottir un
leone? Si muove là il torrione del castello? (ed additava la torre
maggiore della rocca che mostrava il capo al disopra delle case) tanto
si mosse Consalvo, e freddo freddo..... mi par di vederlo..... con
quella sua mano pelosa scansò il ferro e ti disse: _mira que sin querer
no me hieras_......[3].--
A questo punto il volto bruno del vecchio soldato diventò più bruno la
metà, e per rompere un discorso che poco gli garbava, tagliò la parola
all'altro dicendo:
--Che cosa m'importa a me di Taranto, della picca, o di Gonzalo?
--Che t'importa?--ripigliò il primo sorridendo--Se vuoi dar retta a
Ruy Perez, e serbar libero il passaggio al pane per quando Dios _fuere
servido_ di mandarcene, non parlar tant'alto che Consalvo ti senta e
si ricordi di Taranto... Mezza parola è poco, e una è troppo, dice
l'italiano; ed uomo avvisato, mezzo salvato.--
Nugno rispose con un certo garbuglio, al quale la sua mente non pareva
avesse gran parte: l'avviso ricevuto lo metteva in pensiero suo
malgrado; volse con dubbio l'occhio in giro per veder se l'idea di
denunciare le sue poco misurate parole era nata in qualche cervello.
Quest'indagine per fortuna fu o gli parve rassicurante.
La piazza intanto era rimasta quasi deserta: l'ora di notte sonava in
castello, onde questo gruppo imitò gli altri che già s'erano andati
sciogliendo, e si disperse fra le strette ed oscure vie della città.
--Diego Garcia tornerà stasera--diceva camminando Ruy Perez--le buone
lance del suo terzo avran trovato da far caccia in campagna, e forse
avremo domani un pranzo migliore della cena d'oggi.--
I pensieri suscitati da una tale speranza troncarono a tutti le parole,
ed ognuno tornò in silenzio al proprio alloggiamento.
Nel tempo che si facevano questi discorsi, il legno che dapprima pareva
passasse al suo viaggio, s'era piano piano venuto accostando. Pose in
mare una barchetta nella quale scesero due uomini, che prestamente
vogarono verso la spiaggia; ed appena scostati, il legno maggiore,
spiegate tutte le vele, s'allontanò; nè più si rivide. Approdò il
battello nella parte più oscura della piazza, ed i due rematori
saltarono a terra. Il primo di questi stranieri, visto che in quel
luogo non v'era persona, si fermò ad aspettare il compagno che rimaneva
addietro occupato a caricarsi d'una valigia e di cert'altri impicci;
fatta la qual cosa condusse la barca alla punta d'un picciol molo
che serviva allo sbarco de' legni maggiori, quindi raggiunse quello
che, per quanto accennava la presenza ed una cert'aria d'arrogante
superiorità, non sembrava di condizione eguale alla sua, e che gli
disse come conclusione de' discorsi fatti durante il tragitto:
--Michele, è tempo dunque d'essere accorto; sai chi sono, e più non ti
dico.--
Michele intese benissimo la forza di queste poche sillabe; accennò col
capo che farebbe, e s'avviarono all'osteria.
Davanti alla porta principale di questa, sei pilastri sottili di
mattoni rozzi sostenevano un pergolato, sotto il quale erano parecchie
tavole disposte all'uso degli avventori. L'oste (il cui nome era Baccio
da Rieti, ma che per certi sospetti aveva dal popolo il soprannome di
Veleno, e così veniva chiamato da tutti) avea fatto dipingere fra due
finestre un gran Sole in rosso, al quale il pittore, secondo nozioni
astronomiche che non sono perdute ancora, aveva attribuito occhi,
naso e bocca, con certi raggi color d'oro, fatti a coda di rondine,
che di giorno si vedevano un miglio lontano. L'interno della casa
era diviso in due piani: uno stanzone terreno serviva di cucina e
di camera da mangiare; per una scala di legno si saliva al secondo,
ove l'oste abitava colla famiglia, e con qualche disgraziato quando
capitava a passar ivi la malanotte. L'uso comune d'Italia era in quei
tempi di cenare alle ventitrè: a quest'ora pertanto non si trovavano
colà che pochi soldati o capisquadra seduti sulla porta al fresco,
della compagnia del signor Prospero Colonna, che seguiva la fortuna di
Spagna: tutti giovani arditi, che quivi cogli altri bravi dell'esercito
avean costume di ripararsi. L'oste, che sapeva il suo mestiere, non
lasciava mancar loro nè carte nè vino; ed essendo uomo sollazzevole e
pieno di grilli, sempre piacevolmente ad ognuno diceva la sua; e così
intrattenendoli spillava loro i danari. Stava appunto Veleno ritto
sull'uscio, facendosi vento colla berretta, il grembiule alzato sul
fianco; e le parole, le risa e il romore andavano alle stelle.
Giunsero i due forestieri, e per non parer tali camminavano passo
passo, fermandosi spesso e cicalando fra loro; quando furono rimpetto
all'uscio, e 'l chiarore del focolare di dentro percosse loro nel
volto, apparvero vestiti nè più nè meno come ogni altro che fosse
quivi. Poco badò loro la brigata quando entraron dentro; se non che
uno, che era seduto più lontano, e stando all'oscuro aveva meglio
veduto costoro, non potè far che non desse in un _oh_! di grandissima
maraviglia, e dicesse mezzo rizzandosi: _il duca_!.... Il suono col
quale fu pronunziata questa parola mostrava dovesse esser seguita da
un nome; ma un leggiero volger d'occhio di colui che entrava, bastò a
rimandare questo nome in gola al soldato. Nessuno avea posto mente a
questo suo sbigottimento: un solo compagno che gli era presso gli disse:
--Boscherino! Che duca ti vai sognando? Pure non t'ho visto bere oggi.
Ti par egli luogo da duchi codesto?--Non parve vero a Boscherino di non
trovar fede, e d'esser tenuto pazzo o briaco; e senza entrar in altro,
volse destramente le parole, ritornando ai discorsi di prima.
Dietro i due entrati nell'osteria s'avviò Veleno colla sua rotonda e
bisunta persona e con una cera olivastra, barbuta e maliziosa, nella
quale si vedea un miscuglio che teneva del coviello e dell'assassino.
Senza molto scomporsi fece l'atto di far di berretta, e disse:
--Comandate, signori.--
Quegli che già sappiamo chiamarsi Michele, fattosi avanti, disse:
--Si vorrebbe cenare.--
L'oste si scontorse, e rispose con tuono afflitto, che si sforzò di far
apparire sincero,--Cenare? Vorrete dire mangiar un boccone alla meglio,
se pure si potrà metter insieme... Dio sa che cosa v'è rimasto in casa
in questa stretta d'assedio! Che prima un pane valeva un cortonese, ed
ora sta mezzo fiorino, e tanto lo pago io al forno.... A ogni modo
per signori pari vostri si ripiegherà.... m'ingegnerò....--E con
quest'esordio destinato, secondo l'usanza degli osti, a far pagar dieci
quel che val due, aperse un armadio, e trattone un tegame lo pose sul
fornello; e coll'ajuto del vento fatto col grembiule, e che alzava la
cenere sino al soffitto, fu presto riscaldato uno spezzato di capretto,
che al dir dell'oste era la sola vivanda che fosse a quell'ora in
Barletta, e dovea servir di cena ad un caporale che veniva per essa a
momenti; ma signori pari loro non si potevano mandar a letto a digiuno.
Comunque ella fosse, la vivanda fu gradita, e venne recata in
istoviglie di terra a fiori, insieme con un boccale dell'istessa
materia a larga pancia, e con un mezzo cacio pecorino duro come un
sasso, nel quale eran impressi i colpi di coltello degli avventori
antecedenti che avean già fatte le loro prove contro di lui. Il desco
al quale sedevano era in fondo alla sala, se si può dar un tal nome a
questa spelonca affumicata. Al capo opposto un gran cammino, con una
cappa da dodici persone, avea dalle due parti tre o quattro fornelli:
davanti era la tavola del cuoco; e dal mezzo di questa, a guisa di un
T, un tavolone stretto s'estendeva quant'era lungo il luogo, quasi
fino al muro dirimpetto, ove i due stavano cenando. Dal trave maestro
pendeva nel mezzo una lucerna d'ottone a quattro bocchini quasi spenta,
bastante appunto perchè altri non si rompesse gli stinchi nelle panche
e negli scabelli che attorniavano il desco.
L'oste, com'ebbe ammannita ogni cosa pel bisogno de' cenanti,
fischiando, com'era suo costume, se ne tornò sull'uscio, in quella
appunto che giungeva correndo sopra un muletto un uomo, il quale
balzato a terra senza toccare staffa, gridava:
--Su, giovanotti, allegri e coraggio, chè c'è buona novella: e tu
Veleno fatti in venti pezzi, e ci sarà da far per tutti. È tornato
Diego Garcia, e scavalcato a casa; ed or ora sarà qui per cenare:
saranno venti o venticinque buone spade, ed egli solo ne val quattro;
onde fa di trovarti all'ordine, e presto... Ebbene che fai? Sei
morto?... Muoviti.--
L'oste era rimasto a bocca aperta. Quei bravi rizzatisi attorniavano e
punzecchiavano il messo per sapere com'era andata la cavalcata.
--M'avrete morto--disse spingendoli e togliendosi loro di mezzo--e non
saprete niente. Parlate voi, o parlo io?
--Di' su, di' su--gridarono tutti insieme--che nuove abbiamo?
--Abbiamo la nuova, che torniamo stracchi morti ora proprio, che
siamo stati quattordici ore a cavallo senza un sorso d'acqua... (Ohè!
Veleno, una mezzetta da tre, fresco... ho la gola asciutta com'un pezzo
d'esca...) Ma quaranta capi di bestiame grosso, e settanta decine di
minuto già stanno in Barletta; e tre uomini d'arme prigioni, che, se
Dio vuole, sputeranno tanti bei ducati d'oro, come siamo cristiani
battezzati, se voglion riveder l'uscio di casa loro. Vi so dire che c'è
voluto del buono a scavalcarli ed averne le spade... (E questo vino lo
porterai prima di cascar morto?...) Menavano a due mani come saette:
uno, in ispecie, era in terra, e 'l cavallo ferito l'avea messo sotto,
e se gli gridava tutti: renditi, o sei morto; egli dava imbroccate con
un suo spadone, e se non gli si rompeva in un colpo che tirò al cavallo
d'Inigo, e che invece colse l'arcione ferrato, o ci bisognava finirlo
colle lance, o ci veniva ritolto. Pure al fine ha data a Diego Garcia
la mezza spada che gli era rimasta.--
Veleno in questa giunse col vino e versò da bere al narratore, il quale
gli disse:--Pur beato che sei venuto una volta!
--E come si chiama questo demonio?--domandò Boscherino.
--Non saprei... dicevano ch'è un gran barone franzese: un nome come
la Crotte... la... la Motta. Ora mi ricordo, sì, La Motta: un pezzo
di bestione, se vedi, che fa tremar la terra. Basta, la cosa è finita
bene, e sguazzeremo se Dio vuole.--Voltando poi l'occhio all'interno
dell'osteria:--E che fai?--gridava--traditore poltrone, che ancora non
metti al fuoco; vuoi che ti misuri le spalle con questa zagaglia?--
Ed entrava difatti per eseguir la minaccia, ma si fermò vedendo che un
gran pajuolo era già stato messo sopra una bracciata di quercioli, e
la fiamma andava prendendo, e s'innalzava crepitando, mentre l'oste
sudato e rosso, senza pensar più nè alla carestia nè all'assedio,
e sapendo che con Paredes ed i suoi compagni non era da scherzare,
correva per casa per dar ordine al tutto. In un lampo ebbe trovato
quanto gli faceva mestieri, e scotennando un agnello, parte ne mise
a bollire, e parte ne infilzò in due lunghi spiedi che pose a girare
sugli uncini de' capifuochi. La faccenda prendeva buona piega.
--Or bene--disse l'ordinator della cena--buon per te Veleno. Se costoro
giungevano, e non eri all'ordine, avresti provato quante libbre pesano
le cinque dita di Diego Garcia. Vado, e te li mando qui di volo.
--Oh Ramazzotto, non verrai tu con esso loro?--disse uno de' caporali.
--Come potrei venire? La compagnia sta tuttora a cavallo. Mi conviene
alloggiarla ed aver l'occhio al bottino, che è in piazza al castello;
e di notte le mani lavorano, ben sai; nè fra queste squadre manca chi
le sappia adoperare. Fieramosca, Miale Brancaleone e tutti i nostri
son costì all'erta, ed a noi è commesso che non nascano scandali; agli
Spagnuoli un'altra volta. A chi tocca, tocca.
--S'ell'è come tu di'--riprese Boscherino--ne verremo teco ed
ajuteremoti.--Su, di buona voglia, compagni; quest'uom dabbene ha più
miglia in corpo che non abbiam noi, e si vuole soccorrerlo.--Così
usciti dall'osteria s'avviarono parlando delle brighe del giorno verso
il luogo ove la compagnia di Ramazzotto lo stava aspettando. Questi
tirandosi dietro per la briglia la sua cavalcatura, se ne veniva
attorniato, narrando e rispondendo, e Boscherino seguiva tutto inteso
a ciò ch'egli sapeva dire; quando si sentì tirare per la cappa, e
volgendosi vide nell'ombra un uomo, che riconobbe per uno di que' due
che avea lasciati cenando nell'osteria.
--Boscherino--gli disse sottovoce fermandolo, mentre gli altri
seguivano la loro via--il duca ti vuol parlare: non ti sbigottire, chè
non vuol farti un male al mondo. Però sta sull'avviso, e sii accorto.
Andiamo.--
A Boscherino si mise la febbre addosso udendo queste parole, e disse
che appena si poteva udire:--Siete voi D. Michele?
--Sì, son io: taci, e portati da quel valent'uomo che sei.--
Boscherino era stato caposquadra del signor Gio. Pagolo Baglioni,
e di altri signori italiani, e nelle guerre del tempo s'era sempre
portato da valoroso; nè v'era uomo che curasse meno di lui mettersi ad
ogni sbaraglio, tanto che facendosi la compagnia di 500 fanti e 100
archibusieri per ordine del signor Prospero, onde condursi in ajuto di
Consalvo, era stato fermato con soldo ragguardevole, e si faceva di lui
grandissimo conto.
Ma l'animo suo, quantunque sicuro, nol potè regger tanto che le parole
udite da D. Michele, e 'l dover ritornare, sapendo a chi fra momenti
si sarebbe trovato innanzi, non gli facesse tremar le ginocchia; e se
avesse potuto scegliere, avrebbe tolto di scagliarsi piuttosto contra
dieci spade che andare dov'egli andava. Ripensando alle cose passate
poco prima, ben s'appose al vero, e disse fra se:
--Troppo son certo ch'egli m'ha udito quando dissi _il duca_... Il
diavolo dell'inferno mi mosse la lingua... eppure era discosto, e
non mi pare d'aver alzato tanto la voce. Ma dove non giungerebbe
quell'anima dannata... Ed ora che malanno sarà venuto a far qui?--
Con questi pensieri furono all'osteria. La sola gente di casa era in
cucina. Il duca s'era fatto condurre nella camera ove dovea dormire,
che era sopra il camerone della cena; e le tavole del soffitto essendo
mal connesse, lasciavano tanto di spazio che si poteva vedere ed udire
ogni cosa di sotto.
All'oste era bensì passato un sospetto pel capo che costui non fosse
quello che si mostrava; ma stretti dal nemico soltanto dalla banda di
terra, capitavano quivi per via di mare ogni qualità d'uomini; nè si
faceva gran caso d'un viso che non fosse appuntino degli ordinarj.
Salirono la scala D. Michele e Boscherino, e vennero alla camera
dov'era il duca. Un letto ricoperto di sargia bigia, un piccol desco,
e pochi sgabelli erano il solo mobile della stanza. La lucerna, che si
veniva smorzando, col vento che fece la porta aprendosi, si spense; e
Boscherino, mentre D. Michele andò per altro lume, si trovò quivi allo
scuro col duca. Rimase immobile dov'era, rannicchiandosi al muro, non
osando far parola e nemmeno quasi fiatare, e stupiva di ritrovarsi così
dappoco, egli che non stimava persona al mondo. Ma il sapere d'essere
alla presenza di quel maraviglioso e terribile uomo, il sentirselo
tanto vicino, che, nel silenzio in cui stavano amendue, poteva udirne
il respiro frequente, tutto ciò suo malgrado gli metteva tal brivido,
ch'egli si dolea d'esser vivo. Tornò D. Michele col lume e fu visto
il duca seduto sulla sponda del letto. La sua presenza era d'uomo che
non ha saputo mai che cosa sia riposo nè di mente nè di corpo. Ben
complesso ed asciutto di membra, di statura poco più dell'ordinaria,
aveva in ogni sua mossa un non so che di tremolo che non si potrebbe
descrivere. Vestiva una cappa scura con maniche a larghe strisce ed
a riprese. Una daga sottile in cintura, e la spada era sulla tavola
con un cappello adorno d'una sola penna nera. Teneva i guanti alle
mani, ed alle gambe stivali grossi da viaggio. Volse ai due venuti un
viso pallido, colle guance infossate e sparse di macchie livide, con
baffi e barba rossetta, piuttosto lunga, che scendeva sul petto in due
liste. Al suo sguardo poi sarebbe impossibile trovare al mondo nulla di
somigliante. A voglia sua, ora più saettante di quello d'una vipera,
ora dolce come l'occhio d'un bambino, ora terribile come la pupilla
sanguigna della jena.
Guardò Boscherino che s'era fatto la metà, e stava sempre nello stesso
luogo, come se avesse aspettato la sentenza del capo; e lo guardò in
modo da torgli ogni timore: ma Boscherino sapeva chi egli era, nè si
rassicurò punto.
--M'hai riconosciuto Boscherino--gli disse--e l'ho caro; sempre ti
tenni per uomo di fede e dabbene; e se non mi venivi innanzi t'avrei
cerco. Ben sapevo che eri qui. Non far parola con persona che m'abbi
veduto. Sai che posso rimunerarti de' tuoi servigi; nè il farmi
dispiacere ti gioverebbe gran fatto.--
Il caposquadra troppo sapeva ch'egli diceva il vero, onde rispose:
--V. E. Illustrissima può far di me ogni sua voglia, e le sarò come
le fui sempre fedel servitore. Nè la mia vita passata credo le possa
dare indizio contrario. Solo prego l'E. V. mi faccia degno di dirle due
parole con libertà.--
Avendogli il duca accennato che dicesse, riprese:
--Voi aveste la mia fede, glorioso signore, nè vi verrà meno mai in
eterno. Ma qualcuno può avervi veduto. Se la cosa si divulgasse, ed io
uscissi di qua, potrebbe venirmene dato carico, senza ch'io ci abbia
una colpa al mondo. Ond'è che non vedo strada d'uscirne coll'onor mio.
--Va--rispose il duca--sta di buona voglia, ed attendi ad esser uomo
dabbene, nè ti darò carico che non meriti. Al fatto mio accade lo star
nascosto soltanto per poche ore; passate queste, sappia ognuno e dica
ciò che vuole, però non esca mai dalla tua bocca, per quanto stimi la
grazia mia.--
Boscherino non rispose a queste parole; soltanto abbassò il capo in
atto riverente, facendo il viso di chi si vuol mostrar pronto ad
obbedire, e non ha altro timore che di non esser creduto obbediente
abbastanza. Tolse licenza, e camminando all'indietro con molti inchini,
uscì della camera, e gli parve mille anni d'essere in istrada. Dopo
alcuni minuti venne fuori anche D. Michele; trovò la camera che gli era
destinata, vi si chiuse; ed il piano superiore dell'osteria per quella
sera rimase tranquillo come se fosse disabitato.
NOTE:
[1] E Dio mi dia mala Pasqua, e sia la prima che verrà, ec.
[2] Del cuojo delle sue scarpe.
[3] Bada che senza volerlo non mi ferisca.


CAPITOLO SECONDO.

La brigata per la quale era allestita la cena, giunse a casa di Veleno
verso le due ore di notte, ed empiè in un momento lo stanzone terreno
ov'era apparecchiato. L'oste per farsi onore s'era ingegnato d'imbandir
con tovaglie di bucato la tavola, sulla quale oltre i piattelli e
le posate di stagno e d'ottone che spiccavano meglio del solito per
essere state strofinate con maggior diligenza, v'erano qua e là
foglie di vite sparse ad uso di piattini per porvi su i boccali ed i
bicchieri, sui quali scintillavano al chiarore di molti lumi, infinite
goccie d'acqua, rendendo testimonianza ch'eran stati risciacquati di
fresco. Diego Garcia di Paredes entrò il primo e dietro lui i baroni
francesi prigioni. Jacques de Guignes, Giraut de Forses, e La Motta. Lo
Spagnuolo, l'uomo più audace e di maggiori forze di tutto l'esercito, e
forse di tutta Europa, pareva formato apposta dalla natura pel mestiere
dell'arme, pel quale tanto meglio si poteva riuscire quanto maggiore
era la robustezza e la forza muscolare. La sua statura superava di
non poco quella de' suoi compagni, e l'affaticarsi di continuo in un
temperamento qual'era il suo, togliendo alle membra la pinguedine,
avea dato tal grossezza ad ogni muscolo, che appariva nel petto, nelle
spalle, e nell'altre parti somigliante ai colossi dell'antica scultura,
di forme atletiche e bellissime nell'istesso tempo. Il collo grosso
come quello del toro reggeva una testa piccoletta, ricciuta, coi
capelli piantati alti nella collottola, ed un volto virile e sicuro,
senz'ombra però d'arroganza. L'aspetto di Don Garcia non mancava d'una
certa grazia; e gli si leggeva in viso l'animo semplice, leale e pieno
d'onore. Avea già deposta l'armatura, ed era rimasto in giustacore
e brache di pelle strette alla carne, in guisa che ad ogni suo moto
si vedevano i muscoli sorgere e guizzare come fossero scoperti: un
mantello corto alla foggia spagnuola gettato su una spalla compiva tale
schietto vestire.
--Signori baroni--disse mettendo dentro con cavalleresca cortesia i
prigionieri--noi Spagnuoli diciamo:--_Duelos con pan son menos_[4]. La
fortuna oggi v'ha trattati male; domani forse toccherà a noi: in tanto
qui siamo amici: ceniamo, che por _Dios Santo_, credo in questo saremo
tutti d'accordo: più d'una lancia è andata in pezzi, e per oggi basta:
non ci potranno rimproverar certamente di lasciar rodere le armature
dalla ruggine. State di buon animo, e domani si ragionerà della
taglia, e vedrete che D. Garcia sa come si trattano cavalieri pari
vostri.--
Il contegno di La Motta a queste parole era quello di chi avendo la
stizza non la vuol mostrare. Valoroso, buon soldato e molto fiero
coll'arme in mano, nè d'aspetto inferiore all'esser suo, era però
superbissimo quant'uomo del mondo, e non poteva patire d'aver a ricever
cortesia da chi l'avea fatto prigione. Tuttavolta conoscendo quanta
villania sarebbe stata il mostrarsi acerbo, rispose più lietamente che
potè:
--Se la vostra mano è leggiera nel porre una taglia come nel calare
un fendente, il re cristianissimo pagherà della sua borsa se ci vuol
riavere, o vi terrò compagnia il resto de' miei giorni.
--Inigo--disse Paredes volgendosi ad un bel giovine di venticinque
anni che, aspettando la cena, avea già posto mano al pane--se vogliamo
parlare di colpi di spada, domanderemo al tuo cavallo, che sapore hanno
le stoccate di questo barone.--
Poi dirigendo il discorso a La Motta:
--M'accorgo un po' tardi che siete disarmato: eccovi la mia spada (e
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