Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3 - 12

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arti, e con ispezialità per la musica, fu chiamato circa 1550 a Bergamo
per maestro di cappella della cattedrale, donde passò in Milano, e
quindi fè ritorno in Parma, ove morì nel 1596. Abbiamo di lui
_Ragionamento di musica_, Parma 1588, dedicato al conte Bevilacqua di
Milano, gran partigiano della musica. _Dialogo, ove si tratta della
teoria e pratica di musica_, dedicato all'accad. filarmonica di Verona,
Parma 1595. Egli è diviso in quattro libri, e sono gli interlocutori il
conte Alessandro Bevilacqua, il conte Sarego, ed il conte Marco Verità:
opera pregevolissima per la dottrina di quel tempo.
POPE (Alessandro), celebre poeta inglese del secolo 18, di cui vi ha
un'_Ode sulla musica_, per la festa di S. Cecilia, che è un'imitazione
di quella di Dryden sullo stesso soggetto: M. Hennet nella sua _Poétique
Anglaise_ (3 vol. in 8, Paris 1806), e M. de Valmalète nel 1808, ne
hanno data la traduzione francese.
PORFIRIO, filosofo nato a Tiro l'anno di G. C. 223, dimorò per alcun
tempo in Sicilia, donde passò in Roma, ove morì sul cominciare del 4.º
secolo. Egli scrisse molto sulla musica, alla maniera de' nuovi
platonici, ne' suoi _Commentarj sugli Armonici di Tolomeo_, che il Dott.
Wallis pubblicò il primo, benchè imperfetti, a Oxford nel 1699.
PORPORA (Niccolò), uno de' più celebri maestri di Napoli, dove stabilì
una scuola di canto, che ha forgiati i più gran cantanti del 18º secolo,
come Farinelli, Cafarelli, Salimbeni, Hubert detto il Porporino, la
Gabrieli ec. che si sono fatti ammirare in Europa quai prodigi di
melodia. Egli era inoltre profondo nella teoria, e nella pratica del
contrappunto, ed ebbe la gloria, essendo in Vienna in casa
dell'ambasciatore di Venezia, d'insegnare al grand'Haydn la buona ed
italiana maniera di cantare, e quella pure di accompagnare al cembalo,
mestiere molto più scabroso di quello che si crede, e che pochi fra i
maestri medesimi possiedono perfettamente. Nell'articolo di Carlo VI, e
in quello di Haydn (tom. 2, p. 22, 199), abbiamo riferiti alcuni
aneddoti relativi al Porpora; egli fu inoltre maestro in Dresda della
principessa elettrice di Sassonia M. Antonia Valburga, alla quale dedicò
poi l'Eximeno l'opera sua sulla musica. In questa corte ebbe tale stima
il Porpora, che ne divenne infin geloso lo stesso Sassone: in Londra fu
il rivale di Hendel. La chiesa, la camera e 'l teatro sono stati
arricchiti da' suoi capi d'opera, e spesso i Pontefici hanno creduto di
fare un dono gradito ai principi regalandoli di un originale di Porpora.
Il carattere generale della di lui musica è il grande ed il serio: ma si
è di accordo nel dire che quanto è maraviglioso nel _cantabile,_
altrettanto è egli stentato negli accompagnamenti delle sue arie. Ciò
però gli è comune con tutti i buoni maestri del suo tempo, Vinci, Leo,
Pergolesi ec., perchè la semplicità e l'economia delle note, che
costituiscono la grazia, e l'espressione del canto, rendono la musica
instrumentale arida e scipita; ma tutti i compositori lo riguardarono
sempre come loro modello nel recitativo, Porpora può dirsene il padre,
egli trovò la vera declamazione musicale. Morì tuttavia in Napoli
nell'estrema indigenza nel 1767, di 82 anni.
PORPORA, altro maestro italiano dello scorso secolo, di cui raccontava
il Jommelli, che sebbene non fosse stato sprovveduto di merito in
riguardo alla cognizione teorica e pratica della musica, si rese però
ridicolo per non capire il senso delle parole che metteva in note.
Obbligato una volta a mettere in musica il _Credo_, alle parole
_Genitum, non factum,_ credette a proposito l'introdurvi il coro, il
quale, mentre un cantante diceva da una parte, _genitum, non factum_,
rispondeva, _factum non genitum_. Il pezzo fu eseguito, ed applaudito:
ma qualcuno dinunziò Porpora all'Inquisizione come empio. Egli si difese
con dire che non sapeva il latino, e sembrò di tanta buona fede, che i
giudici, meno severi allora, che non l'erano trent'anni avanti,
rimandarono via l'accusato. Un'altra volta dovendo mettere in musica
l'aria _Superbo di me stesso_, fece che l'attore dopo aver detto questo
primo verso, gridasse poi con enfasi, _Andrò portando in fronte:_
seguiva una gran pausa, e non si sapeva ancora _cosa andasse costui
portando in fronte_, quando con una uscita di corno gliela fece
annunziar chiaramente in mezzo alle risa di tutto il teatro.
PORTA (Costanzo), francescano di Cremona, fu condiscepolo del Zarlino
sotto Adriano Willaert, e uno de' primi compositori del suo secolo per
la musica di chiesa: il P. Martini facevane gran conto, comechè fosse
più adatta a soddisfar l'occhio anzichè l'orecchio. Egli fu maestro di
cappella a Padova, a Ravenna, e finalmente a Loreto, dove morì nel 1601.
PORTA (Berardo), nato in Roma circa 1760, fu allievo del Magrini che lo
era stato del cel. Leo. Egli fu dapprima maestro di cappella a Tivoli e
direttore d'orchestra: compose molte opere, oratorj, e musica
strumentale. Tornò quindi in Roma al servigio del principe di Salm
ch'era prelato in quella corte, ed ebbe la sopravvivenza di Anfossi sì
per i teatri, che per le cappelle, ma la rivoluzione gli fè perder
tutto, e nel 1798 venne in Parigi, dove ha scritto più opere per quel
teatro: egli vi si è stabilito, e vien riputato colà come uno de'
migliori maestri di composizione.
PORTOGALLO, compositore portoghese per teatro stabilito da più anni in
Italia: nel magazzino del Ricordi in Milano vi ha di lui impressa la
musica de' seguenti drammi: _Il ritorno di Serse_; _Idante_, opere
serie. _Lo spazza camino_; _la Donna di genio volubile_; _Oro non compra
amore_; _I due gobbi_, burlesche. _Il filosofo_; _la maschera
fortunata_; _il Ciabattino_, farse.
POULLEAU (M.) è l'inventore di un nuovo stromento a tasti, detto
l'_orchestrino_, che è brillante, espressivo e canta assai bene. A
siffatte pregevoli qualità unisce inoltre il vantaggio di potere imitare
il violoncello e la viola in maniera a produrre una compiuta illusione.
Benchè l'imitazione del violino sia di minor effetto, tuttavia un
suonator di forte-piano produce con questo strumento egli solo l'effetto
di un _quintetto_ composto di due violini, viola, violoncello e basso.
Poichè l'_orchestrino_ sostiene e fila i suoni per mezzo di un arco, e
fa passar quelli gradatamente dal _piano_ al _forte_, e dal _forte_ al
_piano_, egli ha perciò la varietà di esecuzione del pari che gli
stromenti ad arco nei canti, che esiggono delle note legate, staccate,
sostenute, o pizzicate. La di lui forma è di un piccolo clavicembalo; le
sue corde sono di budelli, ed il suo arco riceve movimento per mezzo di
una ruota che si fa girare col piede.

PRANDI (Girolamo), pubblico professore di filosofia morale, e di dritto
di natura nell'università di Bologna, nel 1805 all'occasione del solenne
aprimento delle scuole comunali filarmoniche di quella città recitò una
dotta _Orazione sulla musica_. Rintraccia in essa l'origine prima di
quest'arte, ne segue i progressi da filosofo osservatore, e tutti i
vantaggi descrive di questo mirabile ritrovato, ch'egli attribuisce al
tedio ed alla noja: il tutto è descritto con istile purgato e sublime.
PRATI (Alessio), nato a Ferrara circa 1736, fu un gran maestro,
compositore di molto gusto e generalmente stimato. Nel 1767 venne a
Parigi e scrisse per quel teatro con molto successo, si rese quindi a
Pietroburgo, ove fu similmente applaudita la sua musica. Dopo un'assenza
di 17 anni tornò in Italia, e scrisse in Firenze l'_Ifigenia_ nel 1784,
che ebbe uno straordinario incontro, nè meno prodigioso fu quello che
riportò in Monaco di Baviera per la sua _Armida abbandonata_ nel 1785,
per cui divenne maestro di cappella dell'elettor palatino. Non godette
molto però della sua fortuna, poichè finì di vivere in Ferrara sul
principio del 1788. Vi ha di lui molta musica sì vocale, che strumentale
impressa in Parigi, a Lione, in Berlino ed in Londra.
PREDIERI (Luca-Ant.) da Bologna, fu quasi per tutto il corso di sua vita
al servigio della corte di Vienna. Tenuto in conto de' più valenti
maestri del suo tempo, fu uno di quelli che più felicemente han saputo
unire l'antico gusto al moderno. Fornito di bella immaginazione e di una
gran verità di espressione, aveva moltissimo spirito, e la sua
conversazione si rendeva molto piacevole: l'Imperatore Carlo VI, che
aveva particolare stima di lui, si prendeva spesso piacere di contender
seco lui. Egli fu il primo a mettere in musica gli Oratorj del
Metastasio, _il Sagrifizio di Abramo_ nel 1738, e _l'Isacco_ nel 1740,
come ancora più drammi dello Zeno e del Silvani. Morì egli in Bologna
sua patria nel 1743.
PRETORIO (Michele), il di cui vero nome di famiglia era _Schulze_, fu
priore del monastero de' benedettini a Ringelheim, e maestro di cappella
dell'elettore di Sassonia e del duca di Brunswick; celebre come
compositore ed autore altresì di più opere sulla musica, morì a
Wolfenbuttel nel 1621. La sua principale opera è il _Syntagma Musicum_,
in 3 vol. in 4º ch'è divenuta rarissima.
PRINZ (Wolfango), distinto contrappuntista ed autore di musica, morì nel
1717 di 76 anni. Scrisse egli stesso la sua vita, di cui ve ne ha un
estratto presso Mattheson e Walther: ecco il catalogo delle sue opere,
che sono in gran pregio presso i tedeschi. 1. _Instruzione nell'arte del
canto_, 1686; 2. _Compendium musicæ, etc._ o _Compendio di tutte le cose
necessarie a quelli che vogliono imparare la musica vocale_, Lipsia
1714; 3. _Descrizione istorica dell'arte del canto_, Dresda 1690; 4. _Il
compositore satirico_, 3 vol. 1679; 5. _Exercitationes musicæ
theoretico-practicæ_, Dresda in 4º, 1689, oltre più opere manoscritte
teoriche e didattiche sulla musica.
PROFILIO (Giuseppe), nato in Palermo nel 1718, fu prete e dottore
nell'uno e nell'altro dritto: studiò la musica sotto la direzione del
maestro Pozzuolo profondo contrappuntista di que' tempi. All'età di 42
anni il suo amore per la solitudine abbracciar gli fece il posto di
organista, e maestro di cappella offertogli dai PP. Benedettini
dell'insigne monastero, di S. Martino, alcune miglia lontano da Palermo.
Tra le altre rarità, di cui abbonda questo monastero vi ha un magnifico
organo, opera in origine del cel. Lavalle, indi dal peritissimo
costruttore di questi stromenti Baldassare di Paola palermitano, alcuni
anni sono defunto, migliorata ed accresciuta sino al numero di 72
registri, fra' quali sonovi molti strumenti di orchestra bene imitati,
l'intera banda militare, l'eco, un armoniosissimo e sonoro ripieno coi
contrabbassi a tuono di quaranta, e quattro tastature per suonarsi in
concerto da tre diverse persone. L'ab. Profilio mostrò una particolare
abilità nella maniera di suonare questo grand'organo, l'armonia che
sapeva trarne, e 'l possesso con cui lo maneggiava, dilettava e
sorprendeva del pari. Persuaso della massima, che ripeteva sovente, cioè
che _allora suona bene l'organo quando canta_, volle sempre suonando
imitare la voce che canta: egli aveva la grand'arte di sapere adattare
ad ogni registro, secondo lo strumento che egli rappresenta, quel genere
di musica che più gli conveniva, non usando tuttavia altro stile se non
il più analogo alla maestà del luogo, ed alla gravità delle auguste
cerimonie della religione; pregio assai raro agli organisti de' nostri
giorni, i quali o per non sapere produrre improvvisando, o per voler
solo solleticare gli orecchi, ripetono sull'organo ariette di teatro,
rondò, balletti: il che è a mio avviso una profanazione del luogo santo.
Profilio aveva fatti, stando in città, molti allievi, il suo metodo
particolare di solfeggio formò de' buoni artisti e non pochi dilettanti
eziandio di ragguardevol nascita: proseguì a dar lezioni in quel
monastero a' religiosi giovani di suono e di canto, e ad alcuni di
composizione ancora, fra' quali merita il primo luogo il P. D. Bernardo
Platamone, oggidì Priore degnissimo, che alle altre sue profonde
cognizioni in più scienze unisce quella della musica sì teorica, che
pratica. Abbiamo del Profilio delle _Regole di accompagnamento_ ordinate
con buon metodo, ed alcune composizioni per chiesa che dimostrano più
scienza che gusto. Dopo una dimora di 23 anni in quel monastero, ove per
la regolarità di sua condotta, e la dolcezza de' suoi costumi erasi
conciliata la venerazione e la stima di tutta quella rispettabile
comunità, finì quivi i suoi giorni in età di 65 anni nel 1783.
PROVEDI (Francesco). Sanese, di cui nel tomo 50 degli opuscoli
scientifici e filologici Ven. 1754, vi ha _Paragone della musica antica
e della moderna_ in quattro ragionamenti. Nel primo tesse brevemente la
storia della musica, fa vedere l'uso e la stima che ne facevano i Greci,
e 'l pensiero che si prendevano per conservarla nella sua purezza: ne'
due seguenti ragionamenti passa egli a paragonare la musica greca colla
moderna: nel quarto prova, che una delle prime cagioni che imperfetta
rendono la musica moderna, è stata la poco propria maniera, colla quale
trattata è da' suoi scrittori. Il Giornalista di Modena credette per
isbaglio che Provedi fosse stato _Coltellinajo_ di professione; questo
era un secondo nome di famiglia (_Stor. letterar. d'Ital. t. X, 1757_).
Nel 1743 nacque in Siena una questione fra _Fausto Fritelli_ maestro di
cappella della cattedrale, e _Francesco Provedi_ circa il sistema di
musica più perfetto, e se debba preferirsi quello di Guido Aretino, o
quello di Anselmo Fiammingo. Il _Coltellinajo_ ad istanza degli amici
pubblicò il suo parere in una _Lettera_ in favore di Guido, e da essi ne
furono mandate copie in diverse parti; ma _Provedi_ persuaso del
profondo sapere del P. Martini, a lui rimise il giudizio della sua
_Lettera_ e della risposta del Fritelli suo avversario. Non sappiamo in
favore di chi sia stata la decisione del Martini.

PSELLO (Michele), scrittore greco del secolo XI sotto l'Imperatore
Costantino Ducas, del cui figlio Michele fu precettore, morì nel 1078.
Nella sua opera _De quatuor mathematicis scientiis_, tratta egli della
musica. “Gli scritti di Psello, dice l'ab. Requeno, per il titolo e per
il contenuto mostrano la barbarie dell'età sua. Scrisse del quadrivio,
sotto il cui nome allora s'intendevano l'aritmetica, la musica, la
geometria e l'astronomia. Intorno alla musica, se ci deve servire di
regola uno scrittore per giudicare dello stato, in cui essa allora
trovavasi, si conchiuderà, o che all'età di Psello si erano cambiati non
solo i nomi tecnici, ma la sostanza altresì degli armonici intervalli, o
che era egli stesso sommamente ignorante dell'arte e de' differenti
sistemi” (_V. Saggi t. 1. c. 14_).

PUCCITTA (Vincenzo), eccellente maestro italiano, e compositore del
nostro tempo di molto buon gusto e di nuovo stile per teatro. Verso il
1807 egli fu in Londra; _le sue opere_, dice il Dottor Pananti, _trenta
volte e più ripetute in quel teatro hanno avuto i più meritati applausi,
la sua bella musica è stata avidamente accolta dal pubblico_ (_V. poeta
di teatro, t. 2, Londra 1809, pag. 332 not. 5_). Nel magazzino del
Ricordi si trova di lui impressa la musica dei drammi _Teresa e Wilck_;
_Zelinda e Lindoro_; _i Due Prigionieri_; _il Puntiglio_.
PUCKERIDGE, irlandese, fu il primo inventore dell'_armonica_. Nel 1760
avendo osservato il suono prodotto dallo strofinamento della sommità di
un bicchiere con un dito bagnato, provossi il primo a formare uno
stromento armonioso col porre sopra una tavola un certo numero di
bicchieri di varie grandezze e ripieni d'acqua a metà. Puckeridge morto
giovane non ebbe l'agio di perfezionare la sua scoverta, il che fece di
poi il Dottor Franklin.
PUGNANI (Gaetano), di Torino, fu scolare di Somis, suo compatriota ed
uno de' migliori allievi di Corelli. Trovandosi già ben fermo sul
violino, andò a visitar Tartini in Padova per consultarlo sulla sua
maniera di suonare, pregandolo di dirgli francamente il suo parere. Egli
ricominciò il suo studio sotto la direzione di questo gran maestro, e si
fermò per alcuni mesi in Padova. Viaggiò quindi in molti paesi
dell'Europa, e si fermò lungamente in Inghilterra, dove compose una gran
parte della sua musica pel violino, e fece eseguire in Londra la sua
opera _Annetta e Lubino_, e tornò in Italia verso il 1770. Fondò in
Torino una scuola di violino, come il Corelli a Roma, e il Tartini a
Padova; dalla quale sono sortiti i primi suonatori della fine dello
scorso secolo, come Viotti, Bruni, Olivieri ec. È da rimarcarsi che i
suoi allievi sono stati molto abili nel reggere l'orchestra: egli era
questo il principale talento del maestro, ed egli aveva l'arte di
trasmetterlo altrui. “Pugnani dominava nell'orchestra, dice Rangoni,
come un generale in mezzo a' suoi soldati. Il suo arco era il bastone di
comando, a cui ubbidiva ciascuno colla maggior esattezza, ed egli
richiamava tutti a quella perfetta unione, ch'è l'anima del concerto.
Penetrato dal principale oggetto, cui dee proporsi ogni valente
accompagnatore, cioè di sostenere e far distinguere le parti essenziali,
prendeva così prestamente e gagliardamente l'armonia, il carattere, il
movimento e 'l gusto della composizione, che ne imprimeva al momento
stesso il sentimento nello spirito dei cantanti e di cadaun membro
dell'orchestra.” (_Saggio sul gusto della musica, Livorno 1790_). I
dettagli della vita privata del Pugnani offrono dei curiosi aneddoti.
Trovandosi un giorno _aux délices_ in Parigi, Voltaire recitò alcuni
suoi versi che Pugnani ascoltò colla più grande attenzione. Mad. Denis
pregò in seguito Pugnani a suonare alcun pezzo di musica sul suo
violino, ma inquietatosi che Voltaire proseguiva a parlar alto, e
turbava la sua esecuzione, rimettè lo strumento in sacca, _questo M. de
Voltaire_, egli esclamava, _sa far de' bei versi; ma per la musica non
se ne intende un diavolo_. Suonando una volta un concerto in una gran
compagnia, al far la cadenza, esce fuori di se, e credendosi solo si
mette a girar per la camera senza avvedersene, finchè alla fine della
sua cadenza sentì ripigliare tutta l'orchestra. La musica di Pugnani è
pregevole per una eloquenza nerboruta e brillante; le idee vi si
succedono con ordine senza allontanarsi dal soggetto: pochi artisti han
saputo meritare, com'egli, l'ammirazione per il loro talento e la stima
per la loro persona. La grandiosità della sua esecuzione rispondeva
perfettamente alla dignità del suo contegno. Morì in Torino nel 1798 in
età di 70 anni.
PUTEANO (Ericio), o _Enrico Dupuy_, governatore di Lovanio, e
storiografo del re di Spagna; fece i suoi studj in Colonia, a Padova, e
in Milano. Egli fu uno de' più dotti uomini del secolo 17. Delle molte
sue opere non citeremo qui che quella da lui pubblicata in Milano nel
1599, col titolo: _Pallas modulata sive septem discrimina vocum_ etc. in
8vo, di cui vi ha una seconda edizione in Lovanio del 1615, col titolo:
_Musathena_. Egli vi propose un nuovo metodo di solfeggio, con
aggiungervi una settima sillaba. Quest'innovazione recò scandalo ai
pedanti del suo secolo, ma trovandosi più utile il suo metodo fu quindi
generalmente abbracciato.


Q

QUADRIO (abbate Francesco) è autore di un'opera pubblicata in Bologna
1739 ed a Milano 1746 col titolo: _Della storia e della ragione d'ogni
poesia_, 4 vol. in 4.º, nella quale trovansi molti articoli concernenti
la letteratura della musica, tali sono quelli sul _merito di Guido
d'Arezzo sulla musica_ nel tom. 2, quello della _Cantata_ dell'_Opera in
musica_ degli _Oratorj_ nel tom. 3 ec. Ecco il giudizio che ne ha dato
l'Arteaga. “Il Quadrio, egli dice, uomo di lettura immensa, ma
d'erudizione poco sicura, di gusto mediocre e di critica infelice
impiegò un mezzo tomo della sua voluminosa opera nel trattare
dell'_Opera in musica_, ove il lettore altro non sa rinvenire che
titoli, che date e nomi di autori ammucchiati senz'ordine a spavento
della memoria, e a strazio della pazienza.” (_Disc. prelim._).
QUANZ (Gioacchino), celebre compositore, e scrittore di musica, fu il
maestro del gran Federico re di Prussia, con cui suonava insieme di
flauto, essendo stato eziandio virtuoso in quasi tutti gli instromenti.
Nel 1724 venne in Roma in compagnia dell'ambasciadore di Polonia, e 'l
suo primo pensiero fu di prendere quivi lezioni di contrappunto dal cel.
Gasparini: ebbe ancora occasione di sentire il gran Tartini. Nel 1727,
si rese a Napoli, ove trovò il Sassone che studiava allora sotto
Scarlatti: fece colà conoscenza co' più gran musici, come Leo, Mancini e
Feo. Quanz abitava insieme col Sassone, e lo pregò di presentarlo a
Scarlatti, ma questi, _tu sai_, gli disse, _che gli suonatori di
strumenti da fiato mi sono insoffribili, perchè sono stonatori_. Ma
Hasse fece tanto che lo persuase a riceverlo. Dopo avere inteso Quanz
sul flauto lo prese egli in tale affezione, che compose per lui molti _a
solo_ e lo introdusse nelle primarie case di Napoli. Quanz tornò in Roma
per sentire nella settimana santa il cel. _Miserere_ di Allegri:
proseguì quindi il suo viaggio per Firenze, Livorno, Bologna, Ferrara,
Padova sino a Venezia, dove trovò Vinci, Porpora e Vivaldi. Da lì passò
per Modena, Reggio, Parma, Milano e Torino, e si rese quindi a Parigi,
dove fece il suo primo Saggio di perfezionamento del flauto,
aggiungendovi una seconda chiave. Nel 1727 passò in Londra, e dopo avere
scorso l'Olanda, tornò in Dresda. La sua prima attenzione fu di porre in
ordine le nuove idee, che aveva acquistate ne' diversi paesi che aveva
percorsi: compose alcuni pezzi di musica sul gusto regnante; si diè a
comparare insieme tutti i suoi saggi, e ne separò quel che vi era di
buono, per formarne un tutto di un nuovo genere. Nel 1741 egli si
stabilì a Berlino, ove Federico II gli assegnò per suo onorario due mila
talleri, con pagargli a parte ciascuna delle sue composizioni, e cento
altri talleri per ogni flauto, che farebbe. Egli aveva cominciato a
costruirne in Dresda, e questo negozio valevagli molto. Morì egli assai
ricco a Potsdam nel 1773. Il re fece inalzare un monumento su la tomba
di questo celebre virtuoso. Sono le sue opere teoriche 1. _Essai d'une
méthode pour apprendre à jouer de la flûte traversière_, con 24 rami,
Berlino 1752, e Breslau 1781 tradotta in francese: ella vien citata dal
Sacchi nel suo libro delle Quinte successive p. 19. Quanz vi parla della
sua invenzione di quel pezzo o giunta, che serve ad alzare o abbassar
l'instromento senza cambiare il corpo del mezzo, e senza far torto alla
purezza del suono. M. Moldenit attaccò nel 1758 questo metodo, il che
diè occasione alla _Risposta di Quanz alle di lui oggezioni_, inserita
nelle notizie di Marpurg. 2. _Application pour la flûte avec deux
clefs_, in fol. 1760. Quest'opera è molto interessante: la sua utilità
non si limita solamente al suono del flauto, ogni musico ed il maestro
di cappella ancora vi troverà dei dettagli assai buoni a sapersi. 3.
_L'Histoire de sa Vie_. Questa memoria è compiuta, potrebbe chiamarsi la
Storia del virtuoso in generale. 4. _Diverse Lettere sulla musica_:
ambedue queste opere trovansi nel sullodato libro di Marpurg. Le
composizioni di Quanz portano seco l'impronta di una gran cognizione
delle leggi dell'armonia.
QUATREMERE de Quinci, ha fatto inserire nel Mercurio del 1789, un
articolo molto importante sotto il titolo _de la Nature des Opéras
bouffons, et de l'union de la comédie et de la musique dans ces poèmes_.
Questa dissertazione si trova eziandio nel tom. XVI, _des Archives
Littéraires_.
QUINTILIANO (Aristide), uno de' sette scrittori greci di musica della
collezione di Meibomio, che egli crede aver fiorito sotto l'imperatore
Adriano; ma il dotto critico l'abb. Requeno, “benchè non si sappia, egli
dice, dagli antichi storici nè la di lui patria, nè la nascita, nè l'età
con tutto ciò si può da' suoi libri conchiudere, ch'egli vivesse poco
dopo Cicerone, Virgilio ed Orazio. Atteso lo stile, attesa la sua
singolare perizia nell'antico sistema de' Greci, attesa la sua divozione
verso le false divinità, atteso il fine, per cui egli dice, che scrive;
io resto persuaso, esser egli vissuto o sul fine del secolo di Augusto,
o sul principio del seguente. Aristide è puro, eloquente, fluido,
naturale e grazioso nello scrivere; nè si trova così aureo scrittore
nell'età di Plutarco, nè molto prima. Nessuno de' posteriori autori ha
mostrata la metà di scienza musicale, di Aristide.” (_Saggi, t. 1, p.
267_). Il suo _Trattato della Musica_ è diviso in tre libri: egli
dichiara il fine per cui gli ha composti sul principio del terzo libro.
_Mi ha incitato a scrivere_, dice egli, _prima di tutto la
disapplicazione universale all'arte armonica; a questi infingardi
insegnerò io quale sia cotest'arte da essi disprezzata: giacchè fra gli
antichi non era dozzinale questo studio, com'essi pensano a dì nostri;
per non intenderlo, che anzi era tenuto per principale ed utile alle
altre scienze ed arti._. Per ben intendere il fine, a cui sono
indrizzate queste espressioni, leggasi al libro 2, p. 70 l'obbjezione,
che Aristide si fa dell'autorità di Cicerone ne' dialoghi della
Repubblica; e si vedrà che tutti e tre i libri sono diretti a dileguare
i pregiudizj sulla musica de' Greci sparsi da' Romani. M. Tullio
introduce in que' dialoghi uno degli interlocutori a provare, che l'arte
musica era non che inutile, ma eziandio pregiudizievole. Aristide nel
_primo libro_ s'impiega in dimostrare, che la musica non è arte delle
persone dozzinali; nel _secondo_ ch'essa serve per l'educazione della
gioventù; nel _terzo_ che la medesima ha una particolare relazione con
tutte le scienze più sublimi e con le arti liberali. “Quest'opera, dice
_M. du Bos_, è la più istruttiva che si trovi nell'antichità intorno a
questa scienza: ella è a mio avviso la più metodica.” (_Reflex. crit. t.
3. p. 7_). Nessuno de' greci, o de' latini armonici ha trattato di tutta
la greca musica, fuori di lui, nè con tanta chiarezza ha esposto nessuno
il sistema armonico con tutte le sue variazioni, quanto Quintiliano.
“Egli comprende l'antico sistema, lo sminuzza, lo spiega, applicandolo
alla fisica, alla morale, all'astronomia, ed in questo si mostra
filosofo pittagorico: nel musicale sistema però seguace de' greci
anteriori a Pittagora. Io consiglierei chiunque, che tentasse
d'istruirsi a fondo ne' greci sistemi, a leggere prima questo autore per
poi passare a scorrere gli altri scrittori armonici, i quali senza la
scorta di Quintiliano compariranno imbrogliati ed oscuri.” (_Requeno
loc. cit._).
QUINTILIANO (M. Fabio), celebre oratore romano, cui Plinio il giovane
vantavasi di avere avuto per maestro (_lib. II, et VI epistol._) fiorì
nel secondo secolo dell'era cristiana. Nella sua eccellente _Istituzione
oratoria_ impiega egli un lungo capitolo sulla musica, nel quale
intraprende a provare, essere ella stata in ogni tempo un'arte
necessaria alle persone di educazione e di nascita (V. lib. 1, cap. X).
L'Ab. du Bos nelle sue _Riflessioni critiche sulla poesia, la pittura e
la musica_ rapporta molti estratti di Quintiliano intorno alla musica
tradotti nel francese.


R

RABANO (Mauro), monaco da prima nel monastero di Fulda e morto quindi
arcivescovo di Magonza sua patria l'anno 856, aveva studiato la musica,
e cercò d'inspirarne il gusto a' suoi allievi. Nella sua opera _de
Institutione clericorum_ egli dice che fa d'uopo a' chierici
l'apprendere la musica, e parlando nel secondo libro della Salmodia,
dice che i cantanti per avere la voce alta, chiara e dolce mangiar
dovrebbero non altro che legumi: come facevano gli antichi (_cap. 48_).
In tal caso costerebbe assai caro il talento di ben cantare. Nel terzo
libro, trattando delle cognizioni necessarie agli ecclesiastici,
raccomanda loro grandemente lo studio del canto. Parla ancora spesso
della musica nel suo trattato _de Universo_. Brossard annovera Rabano
tra gli autori di musica nel secondo ordine.
RAFF (Antonio), il primo tenore della Germania e dell'Italia verso la
metà dello scorso secolo, era nato a Bonn. Soggiornò lungo tempo in
Italia, e fu allievo della cel. scuola di Bernacchi. La dolcezza
singolare della sua voce, l'espressione del suo canto rapiva
mirabilmente il cuore di chi l'udiva; verso il 1759 egli cantò nel
teatro di Palermo, dove fecesi anche stimare moltissimo per una
regolarità di condotta non ordinaria fra le persone del suo mestiere.
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