Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3 - 10

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magazzino di musica del Ricordi si trovano di lui i seguenti drammi
burleschi: _le Nozze chimeriche_; _la Dama soldato_; _i Raggiri
amorosi_; _l'Amor stravagante_; _la Pupilla scozzese_; _i Furbi alle
nozze_; _il Sarto declamatore_; e le farse _l'Amico dell'uomo_; _il
Baloardo_; _il Matrimonio per svenimento_.

OTTANI (Bernardo), nato a Torino nel 1748, studiò il contrappunto sotto
il P. Martini, nel tempo del pubblico esercizio de' compositori di
Bologna l'anno 1770, fecevi eseguire un _Laudate pueri_, che a parere
del d.^r Burney ivi presente era pieno d'idee vivaci. Ottani fu
ammesso tra' membri della società filarmonica di Bologna: e tornato in
Torino divenne maestro di cappella della cattedrale. Vi ha di lui molte
composizioni per teatro e per chiesa: la sua musica del dramma burlesco
_il Maestro di Cappella_ si eseguiva su i teatri di Germania verso il
1790. Ottani è nel tempo istesso un abile pittore.
OTTO (Stefano), di Frieberg, è autore di più opere teoriche sulla
musica, di cui non ne rammenteremo che quella riferita da Mattheson, col
titolo di _Principj della musica poetica_, in 4 parti; la prima tratta
della natura dell'armonia; la seconda della cognizione de' suoni; la
terza delle divisioni, delle distinzioni, delle conclusioni, delle fughe
ec.; e la quarta de' modi, e della loro trasposizione. Mattheson dice
che quest'opera è stata scritta con molta profondità riguardo al tempo,
in cui comparve al pubblico. L'autore fioriva nel secolo 17.

OUVRARD (Renato), maestro in Parigi della S. Cappella, e quindi canonico
di S. Graziano di Tours, valentuomo nelle belle lettere, nella
filosofia, nelle mattematiche, nella teologia e nella musica, morì a
Chinon sua patria nel 1694. Le sue opere sulla musica sono: _Secret pour
composer en musique par un art nouveau_, Paris 1660. Egli avrebbe fatto
meglio, dice _Laborde_, di non svelare questo secret; _Historia musices
apud Hebræos, Græcos, Romanos_. Quest'opera mediocre è rimasta
manoscritta, come si vede dal catalogo dei MSS. della cattedrale di
Tours, stampato nel 1706.

OVERBECK (Giov. Daniele), rettore del ginnasio di Lubecca nel sec. 18.
Tra il gran numero de' suoi scritti non citeremo, che i seguenti i quali
hanno rapporto alla musica: _Risposta al cantante Ruez sulle espressioni
di M. Batten intorno alla musica_, 1754. _Vita di Gasp. Rung direttore
di musica_, Lubecca 1765, in fol. (_V. Marpurg, Lett. crit, t. 1_).


P

PACCHIAROTTI (Gaspare), soprano rinomatissimo nato in un villaggio
presso Roma nel 1750; cominciò la sua carriera musicale nel 1770. I suoi
talenti, la cultura del suo spirito, la sua bella figura lo fecero
brillare successivamente su' teatri di Palermo, di Napoli, di Lucca, di
Torino e di Londra. “Pacchiarotti, dice _M. Bridon_, vale moltissimo nel
patetico, che troppo oggidì vien negletto sulla più parte de' teatri,
più che altri dà egli dell'espressione alle arie, e fa maggiore
impressione su i spettatori, perchè sente profondamente quel che dice:
eccita le grida della sorpresa, e strappa le lacrime. Egli è cosa da
rimarcarsi, come l'espressione non lo allontani mai dalla misura: ha
ancora il merito di accentuar bene i recitativi.” Dopo essersi molto
arricchito, nel 1801 è tornato in Italia, e risiede abitualmente in
Padova.
PACHYMERES (Giorgio), nato nel 1242 a Nicea, ove suo padre di una delle
prime famiglie di Costantinopoli erasi rifugito, allorchè questa città
fu presa da' Latini. Dopo la costoro espulsione tornò colà non avendo
allora che 19 anni. Per più anni coltivato egli aveva tutte le scienze,
ed entrato nello stato ecclesiastico pervenne tosto alle più eminenti
cariche. Morì circa 1310. Oltre la sua storia ed altre opere
interessanti, abbiamo di lui _De armonicâ et musicâ. De quatuor
scientiis mathematicis, arithmeticâ, musicâ, geometriâ et astronomiâ_
(_v. Fabric. B. Gr. t. 6_).
PAER, o PER (Ferdinando) nacque in Parma nel 1774; dopo aver fatti i
suoi studj nel seminario di questa città, mostrando de' gran talenti e
sommo trasporto per la musica, andò a studiarla in Napoli sotto
Ghiretti, napoletano e compagno del cel. Sala, nel conservatorio _della
Pietà_. Egli cominciò assai giovane a scrivere per i teatri d'Italia, in
Venezia, a Padova, in Milano, a Firenze; a Napoli, a Roma, a Bologna ec.
Il duca di Parma, suo patrino diegli una pensione, e gli permise di
andare in Vienna, per comporvi delle opere. Alla morte di Naumann nel
1801, fu chiamato a Dresda come maestro della corte. La morte del duca
di Parma lo mise in libertà di accettare quel posto che l'Elettore gli
offrì per tutta la sua vita. Dopo la battaglia di Jena, Napoleone volle
Paer presso di se, e la di lui moglie eccellente cantatrice: egli si è
stabilito in Parigi in qualità di Direttore della musica e di compositor
della corte. Paer oltrepassa appena i 40 anni di sua età; è membro
dell'Accademia delle Belle-Arti di Napoli, e di quelle di Bologna e di
Venezia, ed ha già compito oltre a 38 opere, senza numerarvi le cantate,
le arie, le sinfonie, sonate ec. In Vienna egli scrisse _Bacco ed
Arianna_; _la Conversazione armonica_; _il trionfo della Chiesa_; _il S.
Sepolcro_; cantate per uso della difonta Imperatrice M. Teresa, figlia
del nostro Sovrano Ferdinando III, con la quale egli aveva l'onore di
cantarle, e quindi fu maestro per il canto della di lei figlia M.
Aloisa, principessa nata per tutte le arti, e principalmente per la
musica. Le sue opere per teatro sono note abbastanza per il pieno
successo, che da per tutto han meritato, e specialmente nella Germania
dopo i capi d'opera del Mozart. Noi ci dispensiamo di recarne il
catalogo, non essendovi teatro in Europa dove non si siano eseguite. La
facilità, che egli ha nello scrivere, mostra il genio, di cui a piene
mani lo ha arricchito la natura. “Paer, _dice il Carpani_, celiando fra
gli amici, parlando di mille cose, sgridando i domestici, disputando
colla signora e co' figli, ed accarezzando il cane, scrisse la
_Camilla_, il _Sargino_ e l'_Achille_” (_Lett. 13_). Il suo primo
figlio, che non ha al presente più di 13 anni, è già abilissimo sul
forte-piano: a nove anni eseguiva le più difficili sonate di Dussek, e
mostra di calcar le tracce di suo padre, ch'è insieme sonator
valentissimo, e compositore di prima sfera.
PAESIELLO (cav. Giovanni), nacque a Taranto nel 1741, e studiò per
cinque anni la musica in Napoli sotto il cel. Durante nel conservatorio
di S. Onofrio. Nel 1763 scrisse la sua prima opera per il teatro di
Bologna, e quindi molte altre e serie e buffe per quelli di Venezia, di
Roma, di Napoli, di Milano, e finalmente nel 1766, partì per la Russia
al servigio di Caterina II, con quattro mila rubbli di appuntamento, ed
altri nove cento come maestro della gran duchessa, l'attuale
imperatrice. Oltre a più composizioni per teatro, fece egli imprimere a
Pietroburgo le sue _Regole per l'accompagnamento sul forte-piano_, per
servigio di quella principessa. Di ritorno in Napoli, il Sovrano
Ferdinando III lo nominò suo maestro di cappella, con 1200 ducati
d'annuo stipendio. Dopo la rivoluzione in Napoli del 1799, venne egli in
Palermo, e dopo alcun tempo col permesso della corte si portò in Parigi,
dove era stato chiamato con le più magnifiche offerte, e dove fu
direttore della cappella, ch'egli provide de' più celebri artisti, e per
la quale scrisse sedeci gran messe, mottetti, ec. Dopo due anni e mezzo
di soggiorno in Francia, gli fu d'uopo tornare in Napoli, non
confacendosi il clima di Parigi alla sua salute; e tosto fu nominato
membro di quell'Accademia delle Belle-Arti, presidente della direzione
musicale del R. Conservatorio, con 1800 ducati d'onorario, e maestro
della cattedrale di Napoli. Egli è anche membro di più dotte società,
come dell'Accademia italiana residente in Livorno, di quella di Lucca,
della società detta _des Enfans d'Apollon_ di Parigi, e nel 1809 è stato
adottato onorario dell'Istituto Nazionale di Francia. Le sue
composizioni sono innumerabili sì per teatro, che per chiesa. “Il genere
del suo talento, le qualità che caratterizzano la sua musica, sono una
gran fertilità d'invenzione straordinaria, ed una facilità felicissima
nel trovare de' motivi pieni di naturalezza insieme e di originalità, un
talento unico a svilupparli per via della melodia medesima, e ad
abbellirli di dettagli sempre interessanti; una condotta piena sempre di
estro e di saviezza: un gusto, una grazia ed una freschezza di melodia,
per le quali ha sorpassato di molto gl'altri compositori, ed ha servito
di modello a tutti coloro, che han dopo di lui faticato. Il suo stile,
semplicissimo e senza alcuna affettazione di scienza, è sempre corretto
insieme ed elegante: i suoi accompagnamenti nitidi sempre e chiari sono
ad un tempo stesso brillanti e pieni d'effetto. In riguardo
all'espressione, comechè la soavità sembri essere il tratto principale e
dominante del suo carattere, sa egli tuttavia variare perfettamente i
suoi tuoni, abbracciare tutti i generi, e passare dal burlesco, dal
semplice, dal ridicolo al grandioso, al serio, ed anche al terribile,
senza perder mai nulla non pertanto della grazia e dell'eleganza, da cui
par che non si sappia dipartire. Tali sono le qualità, che hanno riunito
tutti i suffragi a suo pro, sì quelli del pubblico e degli amatori, come
quelli de' dotti e degli artisti: e che gli hanno assicurato gli omaggi
del suo secolo, e quelli della posterità” (_Choron, elog. de
Paesiello_). Il cel. Paesiello, dice Carpani, quando aveva disposta la
tessitura di una composizione, soleva dire come _Cornelio_ stesso, che
avesse lo scheletro d'una tragedia: _L'opera è fatta: non mi resta che a
scriverla._ Egli inculcava a' suoi scolari _che tutto sta nella
condotta, e che nelle sue composizioni nulla gli costava più di essa_.
L'artificio di scegliere da principio un passo gradevole, ed adottarlo
come caratteristico di tutta la composizione, è divenuto a lui tanto
proprio, che quasi forma la base del suo stile. “Questa ripetizione
dello stesso passo serve a dare un'unità, una tinta, un'armonia tale
all'opera, sia sacra, sia profana, che l'orecchio e il buon senso ne
restano ugualmente appagati.” (_Lett. 9_). Ho voluto a bello studio
riferire questa dotta riflessione del Carpani, perchè molti ho inteso io
lagnarsi scioccamente di tali ripetizioni del Paesiello, come di un
difetto. Graziosa è in oltre la maniera usata da questo grand'uomo nello
scrivere secondo lo stesso Carpani. “Il Paesiello, egli dice, non
saprebbe staccarsi dal suo letto componendo, e nacquergli fra le
lenzuola la _Nina_, _il barbier di Siviglia_, _la Molinara_, e
tant'altri capi d'opera di quel genio inimitabile” (_Lett. 13_).
PALESTRINA (Gian Pierluigi), il più rinomato maestro della scuola
Romana, nacque nel 1529 nella piccola città di Palestrina, che è
l'antica _Preneste_. Dopo di avere studiata la musica, sarebbe egli
rimasto nell'oscurità e nell'indigenza, se il suo genio non fosse
concorso a metterlo nel primo rango dei compositori. Ecco quale ne fu
l'occasione. Era allora la musica un vero arzigogolo, privo di
significato intelligibile, un dottissimo romore che nulla diceva
all'anima, e nulla poteva dirle: un armonioso problema acustico
inestricabile per l'orecchio. Tutto era fuga, canoni, intrecci; nè vi
era musica che nelle chiese. I compositori trascuravano assolutamente
l'espressione, e non si occupavano che in quelle sole ricerche d'onde
altro non risultavane che fracasso e buffonerie molto indecenti. Questi
abusi eccitato avevano da gran tempo le lagnanze delle persone di pietà,
e più volte si erano proposte di bandire interamente la musica dalle
chiese, e ridurla al canto fermo. Finalmente, Papa Marcello II circa
1555 venne al punto di fulminare il decreto dell'abolizione, quando il
Palestrina, cantore allora della cappella pontificia, il quale aveva
certo fatta riflessione su i vizj della musica di quel tempo, e
concepito aveva l'idea di un genere più convenevole alla maestà del
luogo, chiese il permesso al Papa di fargli sentire una Messa da lui
composta. Avendoglielo questi concesso, la di lui messa sembrò così
bella e così nobile, che il Papa rinunziò al suo progetto, confermò la
cappella pontificia purchè si cantasse su quel gusto del Palestrina. A
questo genio immortale, dice il Carpani, devesi l'odierna melodia, fu
egli che scosse il giogo della barbara scuola de' maestri fiamminghi,
che solo signoreggiava in tutta l'Europa. “Profondo com'era nella sua
scienza, semplificò, purgò, ingentilì l'armonia, ed introdusse nel
contrappunto una cantilena, grave sì, ma sensibile, continuata e
naturale. Il suo esempio fu seguito da altri, ed avvenne allora la
felice rivoluzione della musica di chiesa, che in parte dura tuttora. Il
vero bello non invecchia mai. Ho sentito io stesso in S. Pietro di Roma
della musica sacra del Palestrina, che incanta e par fatta jeri.”
(_Letter. 9_). Palestrina nel 1562 divenne maestro di cappella di S. M.
Maggiore, e dopo la morte dell'Animuccia nel 1571, della chiesa di S.
Pietro, che egli arricchì di un gran numero de' suoi capi d'opera. “La
semplicità e naturalezza della modulazione colla giusta e varia distanza
delle voci per rendere chiara e varia l'armonia sono le proprietà
singolari, che faranno eterne le opere del Palestrina.” (_Eximen. l. 3.
c. 8_). Morì egli a dì 2 febbrajo del 1594 e gli si fece l'onore d'esser
sepolto nella chiesa medesima di S. Pietro con l'epitafio _Musicæ
Princeps_. I più gran maestri han fatto somma stima delle di lui opere,
Burney, Reichardt, Marpurg, Choron, Eximeno hanno di recente fatto
imprimere alcune delle sue composizioni, e viene eziandio assicurato che
un eccellente contrappuntista di Roma si occupa al presente di raccorre
e pubblicare tutte le opere del Palestrina.
PALIONE (Giuseppe), nato in Roma nel 1781, applicossi alla musica sin
dal 1792. Fontemaggi in Roma, e Finaroli a Napoli furono i suoi maestri
di canto, di forte-piano e di composizione. Egli scrisse _La Finta
amante_ in Napoli; _le Due rivali_; _la Vedova astuta_; e _la Villanella
rapita_ per il teatro del principe Aldobrandini in Roma, che
incontrarono moltissimo. Attualmente egli trovasi in Parigi, dove sin
dal 1810 ha composto molta musica sì vocale, che stromentale.
PALMA, compositore napoletano, di cui Martinelli racconta il seguente
aneddoto. Un usurajo, al quale doveva egli una ragguardevole somma,
essendo venuto per farlo arrestare, Palma gli si mise a cantare dinanzi
accompagnandosi al cembalo. Il suo canto produsse tal effetto sul cuore
del creditore, che in vece di riscuotere il pagamento della somma,
consentì a prestargliene un'altra. Ciò che reca maggior maraviglia, come
osserva il Martinelli, si è che Palma fè quel prodigio tuttocchè fosse
infreddato: che non avrebbe egli fatto se avesse avuta la voce libera?
il che prova abbastanza il potere della musica. Costui fioriva nella
medietà dello scorso secolo. Vi ha vivente tuttora un altro cel.
compositore, Silvestro _Palma_, che verso il 1802 scrisse la musica del
dramma burlesco _La Pietra Simpatica_, nel quale si distingue una
graziosa polacca _Sento che son vicino_: vi ha ancora di lui una farsa:
_la Sposa contrastata_.
PAOLUCCI (P. Giuseppe), scolare del Martini in Bologna, era come costui
minor conventuale; fu dapprima maestro di cappella in Venezia e poi del
suo convento in Assisi, dove morì nel 1775. Egli è autore dell'_Arte
pratica di contrappunto_, 2 vol. in fol. Venezia 1765; che si ha in
conto d'una eccellente opera: rapporta degli esempj cavati da' migliori
maestri d'armonia, e vi unisce de' dotti comentarj. Eximeno, Sacchi, e
Martini lo citano con elogio.
PARENTI (Francesco), nato in Napoli nel 1764, studiò il contrappunto
nel conservatorio _della Pietà_ sotto Sala, l'ideale con Giac. Tritta, e
l'accompagnamento col maestro Tarantina. Egli ha scritto in Italia della
musica sopra drammi serj e burleschi, che ha avuto del successo,
principalmente in Roma dove si giudica a tutto rigore dei Compositori:
_Antigono_; _il Re pastore_; _la Nitteti_, e l'_Artaserse_; _la
Vendemia_; _il matrimonio per fanatismo_; _i Viaggiatori felici_. Nel
1790 egli portossi in Parigi, e dopo avere scritto per il teatro
dell'Opera Comica, nel 1802 ne divenne il maestro di cappella e direttor
della musica. Egli dà quivi lezioni di canto secondo il metodo di _la
Barbiera_, detto _il Siciliano_ e maestro della Pietà.
PARRAN (Antonio), gesuita, diè al pubblico _Traité de musique, contenant
les préceptes de la composition_, Paris in 4º, 1746. Quest'opera, male
ideata e peggio compilata, non ebbe che un'efimera riputazione.
PASQUALI (Niccolò) nel 1762 pubblicò in Amsterdam una mediocre
istruzione sull'accompagnamento, col titolo: _La Basse-continue rendue
aisée_. Lustig dopo dieci anni ne diè una seconda edizione con
aggiungervi molti esempj, in francese ed in olandese. Comparve anche in
Londra col titolo: _The thorough Bass made easy, by Pasquali_, in fog.
1780.
PASSERI (Giov. Battista) nacque in Farnese nel 1694, fu discepolo del
cel. Gravina in Roma; ed intimo amico del Metastasio, del Rolli, e
d'altri de' primi ingegni, che fiorivano in que' tempi in Roma. Egli è
celebre per le sue opere, noi non faremo menzione che di quella ch'egli
pubblicò in Roma nel 1770, _De Musicâ veterum Etruscorum_. Tra gli altri
suoi manoscritti lasciò un _Lexicon musicum_: fu anche l'editore delle
opere di musica del cel. Giambattista Doni, stampate in Firenze nel
1763; _absoluta studio et operâ Io. Bapt. Passerii._ Morì in Pesaro nel
1780.
PAU (Monsign. Felice). Vescovo di Tropea nella Calabria, di cui abbiamo
alcune eruditissime lettere sull'antica musica dirette al Sig. Saverio
Mattei, nelle quali impugna la costui opinione sulla superiorità degli
antichi in quest'arte su i moderni. Anche il celebre Metastasio,
tuttochè amicissimo del Mattei, mostrò in alcune sue lettere le
difficoltà che aveva di abbracciare il suo sentimento. Questo carteggio,
nel quale da tre singolari ingegni viene discussa tal questione, si
trova nel tom. 8 delle opere del Metastasio dell'edizione di Napoli
1782. Nelle lettere di Mons. Pau e nelle risposte del Mattei oltre alla
pulitezza con cui vien agitato quel punto, si trova immensa erudizione e
dottrina. “Sommamente mi son dilettato, scrive il Metastasio al Mattei,
attentamente considerando il musico-filosofico carteggio, che si è
compiaciuta comunicarmi. Ho ammirate ed invidiate le forze di due
valorosissimi atleti, che non meno nell'assalire, che nello schermirsi
mostrano il lor magistero nell'arte. Mi hanno obbligato ad ondeggiar
lungo tempo fra le opposte loro sentenze: ciascuna di esse mi avrebbe
rapito sola ma avendomi assalito unite, l'una mi ha difeso dalla
violenza dell'altra: onde senza aver cambiato di sito, mi trovo tuttavia
fra le stesse antiche dubbiezze, ec.” Era necessaria la sveltezza
d'ingegno e la somma erudizione del savio Mattei per sciogliere le
difficoltà proposteli da due sì potenti contradittori, dice a questo
proposito l'Eximeno, presso il quale può vedersi dottissimamente
trattata la medesima questione. (_V. P. II. L. 1, p. 353._)
PAVESI, maestro di cappella vivente in Milano ha scritto molte opere,
che hanno avuto gran successo in diversi teatri d'Italia. Nel magazino
del Ricordi vi ha di lui _I Cheruschi_; _Elisabetta d'Inghilterra_,
drammi serii. _La festa delle rose_; _L'Incognito_; _Ser Marcantonio_,
buffi. _L'Avvertimento ai gelosi_; _L'Amante anonimo_; _L'accortezza
materna_; _La forza de' Simpatici_, farse.

PELLEGRINI (Anna Maria Celoni). Romana, donna assai culta ha fatti de'
profondi studj sulla musica: nel 1810 pubblicò ella in Roma
_Grammatica_, o _siano Regole di ben cantare_, dedicata a S. A. S. il
principe Federico di Saxe-Gotha, alla quale gli Editori hanno fatto
precedere il di lei ritratto inciso in rame dove viene rappresentata in
atto di cantare accompagnandosi al clavicembalo con l'epigrafe tratta da
Virgilio, _Cantu vocat in certamina Divos_. Quest'opera porta seco
l'approvazione di tre bravi maestri, del Guglielmi allora maestro della
cappella Giulia in S. Pietro, del Caruso maestro della cappella di
Perugia, e del Nicolini, dandole tutti e tre l'elogio di avere trovate
regole perfette in tutte le sue parti, ed atte a formare un bravo
cantante. La prefazione, che essa ha posto in fronte del libro è assai
ben pensata e scritta, eccone un saggio. “Innumerabili sono i cantanti,
essa vi dice, ma i Timotei sono rarissimi. Da due ragioni credo io, che
dipenda la scarsezza de' buoni cantanti: la prima dall'essere eglino la
maggior parte sforniti di quelle generali nozioni, le quali fanno
discernere ciò, che si canta: e l'altra dalla non sana maniera, che
tiensi da molti, i quali impunemente si arrogano il dritto d'insegnare
l'arte divina del canto, alla quale una volta si dedicavano solo i
filosofi ed i Poeti di non volgar nome dotati. Potrebbesi all'anzidette
ragioni aggiungere ancora la terza, ed è la sensibilità di cuore, la
quale non è certamente uno de' più frequenti doni, che fa la natura ad
un essere. Ciò posto sarà di mestieri, che in uno, che canta riuniscansi
le tre qualità succennate cioè _buon senso_, _buona maniera_, _e cuore
sensibile_, ec.”
PENNA (Lorenzo) da Bologna, carmelitano della congregazione di Mantova,
si applicò con successo allo studio della musica, e divenne membro della
società filarmonica di Bologna. Nel 1674, pubblicò quivi _Gli primi
albori musicali_, in 4.º di cui vi ha la quinta edizione del 1696.
L'opera è divisa in tre libri, contiene il primo 21 capitoli, ne' quali
tratta del canto figurato. Il secondo di 24 abbraccia la dottrina della
composizione. Il terzo in 17 capit. tratta del basso-continuo. Nel 1689,
pubblicò ancora in Modena il suo _Direttorio del canto_, in 4.º (_V.
Notizie sugli Scrittori di Bologna, tom. 6_).
PEREZ (David), figlio d'uno spagnuolo stabilito in Napoli, nacque colà
nel 1711, e studiò la musica nel Conservatorio di Loreto sotto i maestri
Gallo e Mancini. Terminati i suoi studj musicali con molto successo, il
suo protettore Naselli, nobile palermitano ed intendentissimo anch'egli
di musica (_V. suo art._), lo condusse seco in Palermo, ove fu tosto
eletto maestro della real cappella palatina, ch'egli arricchì di sue
egregie composizioni. Tra queste distinguonsi particolarmente i
Responsorj della settimana santa alla palestrina, dove si ammira la
singolare espressione delle parole, e la vera musica di chiesa. Scrisse
eziandio per il teatro di Palermo dal 1741 sino al 1748. Tornò in
Napoli, ove la sua _Clemenza di Tito_ ebbe il più gran successo nel
teatro di S. Carlo; la riputazione ch'egli si stabilì, lo fece chiamare
in Roma e in diversi teatri d'Italia. Nel 1752 fu invitato dalla corte
di Lisbona al servigio del re Giuseppe. Il _Demofoonte_ fu la prima
opera, che egli vi compose: il celebre Gizziello era il primo uomo, e il
gran Raff il tenore, la di lui musica ebbe gli applausi universali.
Scrisse ancora molta musica di chiesa per quella cappella reale, che è
rimasta celebratissima e con ispezialità i suoi Responsorj de' morti pei
funerali di quel monarca, che incisi superbamente in rame furono
pubblicati in Londra con in fronte la di lui effigie, dei quali egli
stesso ne mandò in dono una copia a mio padre.
PERGOLESI (Giambattista), detto così, perchè era di Pergoli nella Marca,
ove nacque nel 1707, il suo vero nome di famiglia era _Jesi_. In età di
14 anni venne in Napoli, e studiò la musica nel Conservatorio di
Sant'Onofrio. Gaetano Greco, che ne era allora il maestro, trovato
avendo in lui delle grandi disposizioni presene una particolar cura, e
fecegli fare particolarmente un profondo studio del contrappunto, e
della composizione. Secondo il gusto di que' tempi imparato egli aveva
dal maestro a non discostarsi in nulla dalla severità delle regole, ma
questo genio nudrito dalle Grazie e dalle Muse ebbe il raro talento di
trovarne a tempo le eccezioni. “Niuno meglio di lui ha saputo ottenere i
fini, che dee proporsi un compositore: niuno ha fatto miglior uso del
contrappunto, ove l'uopo lo richiedeva. Simile al Raffaello egli non
ebbe altra guida, che la natura, nè altro scopo, che di rappresentarla
al vivo, _l'arte che tutto fa, nulla si scopre_. Simile a Virgilio, ei
maneggiò con felicità incomparabile i diversi stili, de' quali si fa uso
nella musica, mostrandosi grave, maestoso, e subblime nello _Stabat
mater_; vivo, impetuoso, e tragico nell'_Olimpiade_, e nell'_Orfeo_;
grazioso, vario, e piccante nella _Serva Padrona_.” (_Arteaga tom. 2)_.
Si può dire che Pergolesi niente abbia lasciato che migliorare a'
successori, e che da quell'epoca in poi abbia piuttosto la musica
perduto, che acquistato vigore. Egli in breve tempo dal mediocre stato,
in cui trovò la musica teatrale, la ridusse al sommo, al perfetto. Si
riformò il gusto universale a quell'incanto, si cominciò a distinguere
l'accento, il metro, la continuazione delle melodie, e il popolo corse
presso ad un giovine, lasciando i vecchi più accreditati, da' quali
perchè _turpe putant parere minoribus_, gli fu mossa un'orribile
persecuzione, la quale giunse a tanto, che si è creduto, esser egli
morto di veleno preparatogli da' suoi malevoli (_Mattei, elog. di
Jomm._). Quel ch'è certo si è, ch'egli morì di consunzione piuttosto
dopo quattro anni d'uno sputo di sangue, per cui era andato a Pozzuoli,
in età di 33 anni. Tuttavia è ancor certo, dice Arteaga, che Pergolesi
fu il bersaglio della invidia, e che sembra essersi avverata nella sua
persona quella severa e incomprensibil sentenza, che la natura in
creando gli uomini singolari ha, come dice un poeta francese,
pronunciato contro di loro: _Sois grand'homme, et sois malhereux_. Il
suo _Stabat mater_, ammirato in tutta l'Europa come un capo d'opera di
espressione e di sentimento, non invecchia mai, e finchè vi sarà musica
sarà sempre immortale. Tutte le sue composizioni sono tuttora i modelli
del buongusto, e della buona scuola, esse dovrebbero essere tra le mani
di tutti i giovani studiosi, se aspirar vogliono al sublime ed al
grande.
PERI (Jacopo) da Firenze, uno di quei letterati musici su i principj del
sec. 17.º, che radunandosi presso il conte Giovanni de' Bardi molto
contribuirono con le loro ricerche, co' loro lumi, e con le loro
composizioni eziandio, al miglioramento dell'arte (_Veggansi gli
articoli Bardi, Caccini, Corsi ec._) dopo che il Caccini ed il Peri
posto avevano in note la _Dafne_ del Rinuccini con incredibil successo,
fu dal Peri medesimo con più accuratezza modulata l'_Euridice_, altra
tragedia per musica di quel poeta, rappresentata in Firenze nel 1600
nell'occasione delle nozze di Maria de' Medici col re di Francia Arrigo
IV. Questa può dirsi l'epoca nella quale ebbe origine in Europa la
musica drammatica: trovansi nel dramma del Peri il recitativo, le arie,
i cori, come si usano al presente, e benchè non fosse possibile in sul
principio di trovar nella sua musica la perfezione dell'arte, vi regna
tuttavia una certa semplicità preferibile a molti riguardi alla
sfoggiata pompa della nostra. Nella prefazione a questa musica
dell'Euridice, che fu impressa nello stesso anno, possono leggersi con
profitto i principj filosofici che stabilisce il Peri ragionando sulla
sua arte (_V. Arteaga t. 1_).
PEROLLE (M.), professore di medicina della università di Monpelieri, e
membro dell'Accademia delle scienze di Torino, è autore di più
dissertazioni sull'Acustica, nelle quali ha fatto parte al pubblico di
molti importantissimi sperimenti sulla propagazione del suono. La prima
è del 1783, col titolo di _Dissertation anatomico-acoustique_, Paris in
8.º; l'altre possono leggersi nel Journal de Physique, e sono — _Sur les
vibrations totales des corps sonores_, 1789, t. 37; _Sur les experiences
acoustiques de Chladni et de Jacquin_, 1799, t. 48; _Recherches
physiques sur le son, contenant des experiences rélatives à la
propagation du son dans diverses substances tant solides que fluides_;
_et un essai d'experiences qui tendent a déterminer la cause de la
résonnance des corps_, 1799 t. 49. Chladni assicura che gli esperimenti
di M. Perolle intorno a questa materia sono i migliori (_de l'Acoustica
p. 321_).
PEROTTI (G. A.) di Vercelli, accademico filarmonico di Bologna, e primo
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