Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3 - 07

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musica de' suoi drammi, di prepararne gli affetti, sulla buona scuola
del canto, sugli abusi e la maniera di evitarli, sulla musica degli
antichi comparata con quella de' moderni, ed altri soggetti relativi
all'arte, che possono leggersi con profitto da' poeti e da' musici (_V.
Opere Postume del Metastasio, 3 vol. in 8vo 1796_). Vi sono in oltre di
lui due _Lettere_ o piuttosto _Dissertazioni sulla musica_ dirette da
Vienna a Loudun nel 1765 al Caval. de Chastellux. Tratta ancora
dottissimamente dell'antica musica de' Greci nel suo _Estratto della
poetica di Aristotele_ (_v. cap. 1-4-26_). Metastasio finalmente è anche
autore di musica pratica. Vi ha di lui impressa in Vienna la musica di
alcune _Canzoni, d'Arie sciolte, e coro con sinfonia_, e manoscritta a
due la cel. palinodia _Grazie agl'inganni tuoi_. In una sua lettera del
1750 alla principessa di Belmonte, parla egli stesso della musica da lui
composta sopra la _partenza di Nice_. “Sa già V. E. ch'io non so scriver
cosa, che abbia ad esser cantata senza (o bene o male) immaginarne la
musica. Questa che le trasmetto è musica per verità semplicissima, ma
pure quando si voglia cantare con quella tenera espressione, ch'io ci
suppongo, vi si troverà tutto quello, che bisogna per secondar le
parole.” Malgrado le sue frequenti malattie egli giunse agli anni 84 di
età, e morì in Vienna li dì 12 aprile del 1782. Tra' suoi biografi il
migliore per lo stile, per l'esattezza delle notizie e per le
riflessioni saggie sulla poesia e la musica con cui le accompagna, vien
riputato _Giov. Adamo Hiller_, direttore e professore di musica in
Lipsia, dove pubblicò questa vita nel 1786.
MEUDE-MONPAS, letterato ed amatore di musica in Parigi, fece quivi
imprimere verso il 1786, sei concerti pel violino a 9, da lui composti.
Egli avrebbe dovuto non passar oltre, ma pensò di pubblicare ancora
un'opera didattica col titolo di _Dictionnaire de musique_, piena da
capo a fondo di errori, per cui meritò giustamente una severa critica di
M. Framery nel num. 26 del Mercurio del 1788. Costui lo accusa, non
ostante che si dica egli stesso partigiano _della bella semplicità_, di
molte incoerenze, di espressioni ricercate, strane e fantastiche, oltre
a più trivialità e difetti di lingua.
MEUSEL (Giov. Giorgio), dottore di filosofia, e professore di storia a
Erlang, pubblicò un'opera in 8vo col titolo: _Teutsches_ ec., ossia
_Dizionario degli Artisti allemanni, o Catalogo di tutti gl'Artisti
viventi_: la seconda edizione accresciuta è del 1787. In essa trovansi
molte interessanti memorie su i principali musici della Germania. In
un'altra sua opera intitolata _Miscellanee per rapporto alle Arti_, dal
1779 sino al 1786, si trovano delle biografie di molti musici, come
ancora nel suo _Museo per gli artisti ed amatori delle arti_, a Manheim
1787.
MEZIERES (M. de), è l'autore di un'opera col titolo: _Effets de l'air
sur le corps humain, considérés dans le son, ou de la nature du chant_,
1760 in 12º. Questo libro non risponde in nulla al suo titolo, e non
contiene che delle viste superficiali e false. (_V. Journal des
Savans_).

MICHAELIS, dotto musico a Osnabruck, di cui nella gazzetta filarmonica
di Lipsia 1805, n. 8 si trova l'eccellente trattato: _Über frühe_, ec.
cioè _Sulla prima formazione in musica_, che vien molto commendato dal
d.^r Lichtenthal (pag. 66).
MIDIA era maestro di musica in Atene quattro secoli innanzi G. C. Di lui
ci narra il famoso oratore Demostene, che essendo egli incaricato dalla
sua tribù di mandare a' giuochi pubblici, coll'occasione d'un premio
proposto, i giovani più abili nel canto, scelto aveva Midia per
perfezionarli nell'armonia. Era però costui un occulto nemico di
Demostene, senza che questi, non ostante la sua penetrazione, se ne
fosse mai accorto: egli invece di disporre i giovani pel concorso, e
così aspirare al premio, trascurava la loro educazione per fare
scomparire il suo rivale, e fargli incorrere la indegnazione della
tribù. Ma avvertito Demostene del pravo suo animo, cacciò Midia da
quella scuola, e sostituì a lui il bravo Telefano, come diremo nel suo
articolo.
MILIZIA (Francesco) diè per la prima volta al pubblico nel 1771, in Roma
il suo _Trattato completo, formale, e materiale del teatro_ i di cui
esemplari furono tutti ritirati per ordine del maestro del Sacro
Palazzo, e passati in potere del Sig. _Odescalchi_, mecenate del libro a
condizione di non fargli vedere più luce. L'autore dopo avervi corretto
varj passi, e fattevi alcune aggiunte lo pubblicò in Venezia nel 1794,
in 4.º. Egli impiega quattro ben lunghi capitoli _sulla Musica_ dal
quinto sino all'ottavo del suo libro. Fa dapprima la storia dell'opera
in musica rinnovata in Italia sul cominciare del sec. 17. Tratta quindi
dell'argomento di dramma in musica, e non trascura di fare il dovuto
elogio al gran Metastasio, i di cui drammi, egli dice, sono le vere
regole dello stile lirico, e che egli sarebbe in tutto un legislatore
perfetto, se vi avesse sparso meno amore, e se avesse goduto più di
libertà in condurre e snodare i soggetti tragici. Il cap. 7 tratta della
musica, della sua origine, dell'influenza che ella ha grandissima sul
fisico e sul morale dell'uomo: della sua essenza. Dopo queste
preliminari nozioni della musica in generale, ne considera
l'applicazione alle varie parti del Dramma: e nel cap. 8 tratta
finalmente degli Attori. Noi rapporteremo alcune riflessioni dell'A.
sullo stato dell'attuale dicadimento della musica teatrale. “Dacchè la
nostra musica, egli dice, ha scosso il giogo della poesia, non è più
imitativa, nulla più esprime, e niun effetto più produce. _È divenuta
una raccolta di pensieri, eccellenti bensì, ma senza connessione, senza
significato, e senza convenienza_, appunto come gli arabeschi vaticani
di Raffaello tanto pregiati e tanto irregolari. La musica la meglio
calcolata in tutti i suoi tuoni, la più geometrica ne' suoi accordi, se
non ha alcuna significazione, sarà come un prisma, che presenta i più
bei colori, e non fa quadro: divertirà l'orecchie, ed annojerà
sicuramente lo spirito... Bisogna o che il Poeta sia Compositore o che
il Compositore sia Poeta; e non riunendosi insieme questi due rari
talenti abbia almeno il Compositore la docile discretezza d'intendersela
col Poeta, e di persuadersi una volta per sempre, che la musica è
un'espressione più forte, più viva, più calda de' concetti e degli
affetti dell'animo espressi dalla Poesia..... Un altro gran male
dell'odierna musica italiana è nel troppo. Questo troppo ha cagionato
ornati, ritagli, tritumi, bizzarrie, che hanno fatto perdere di vista
l'oggetto principale della musica, il quale consiste in esprimere nella
maniera più naturale e più semplice i sentimenti della poesia, affinchè
ne sia il cuore più vivamente toccato. La bella semplicità può sola
imitare la natura... L'altro malanno è quello d'una novità continua.
Quella musica che piaceva venti anni addietro, ora più non si soffre.
Fosse anche Apollo il compositore d'un'_Opera_, fatta ch'ella è una
volta in un teatro, Dio vi guardi che vi ritorni la seconda nemmeno in
capo a trent'anni. Questo è uno de' più grandi motivi, per cui essa
musica è divenuta come una moda passeggiera, piena di arzigogoli, e di
capricci; e viene tacciata, che sia caduta oggidì, come l'architettura
nel Borrominesco, cioè che per desiderio di sorprendere colla novità
abbia smarrito il dritto sentiero d'imitare la bella natura, per piacere
e giovare.” L'ultima che rapporteremo delle riflessioni di questo
scrittore filosofo è sulla bizzarria nuovamente introdotta di sostituire
al recitativo musicale (invenzione che fece tanto onore a' nostri
antichi musici) la declamazione parlante. “Eseguire il recitativo, dice
il N. A., nella maniera consueta (cioè cantando e trillando), è un
sonnifero; parlarlo semplicemente, no, _un'Opera ora parlata, ora
cantata, farebbe una discrepanza come tra gelo e fiamma_.” Sarebbe
desiderabile che i Compositori ed il pubblico per correggersi de'
moderni sviamenti e rientrare nel buon cammino, seguissero i saggi
consigli, e le vedute veramente filosofiche di questo autore.
MILLICO (Giuseppe), nato in Milano verso il 1739 è stato riguardato come
uno de' migliori cantanti da teatro sulla fine del p. p. secolo per la
sua maniera nobile insieme e piena di espressione e di sensibilità. A
siffatte qualità dovette egli l'onore di essere scelto da Gluck,
allorchè era in Vienna nel 1772, per insegnare alla sua nipote l'arte
del canto, e sotto la di lui direzione divenne ella in pochissimo tempo
oggetto dell'ammirazione di tutta la città. Da Vienna Millico fu a
cantare in Londra nel 1774, e tornò alla sua patria come musico di
camera del nostro sovrano Ferdinando III, nel 1780. Si dice che riunendo
i suoi straordinari talenti all'astuzia e all'ambizione di cortigiano,
egli perseguitava Marchesi e gli altri virtuosi esteri, che trascuravano
di andare in cerca della sua protezione. Egli viveva ancora sino al
1790.
MILLIN (Albino-Luigi), membro dell'Istituto nazionale, e noto abbastanza
per un gran numero di opere sulle arti e l'antichità. Egli sin dal 1795,
ha la cura di compilare una collezione periodica assai preziosa per la
storia delle scienze e delle lettere, intitolata le _Magasin
Encyclopédique_, dove molti interessanti opuscoli si trovano relativi
alla musica, e di M. Millin e d'altri autori (_V. i num. di maggio e di
agosto 1810_). Egli è anche autore di _un Dictionnaire des Beaux-Arts_,
in 3 vol. in 8vo 1806: ove si trovano molti articoli assai pregevoli
sulla musica e sugli stromenti, che per lo più sono tradotti dalla
teoria generale delle belle arti di Sulzer.
MINERMO musico-poeta greco, di cui Ateneo (_lib. 13_) parla con somma
lode. Inventò egli nelle tibie le diesis quadruntali per cantare il
molle pentametro, _dulces, reperit sonos, et mollis pentametri cantum_.
Properzio nella 9ª elegia del 1.º lib. lo fa superiore ad Omero ne'
versi amatori. Da questo poeta e da Orazio si conchiude, che le
composizioni di Minermo duravano ancora nel secolo di Augusto con gran
credito; e Camaleone presso Ateneo (_lib. 14_) afferma, che i Greci eran
soliti a cantare i versi di Minermo non men che quelli di Omero, di
Esiodo, di Archiloco, e di Focilide. In un suo Poema egli introdusse il
primo le nove muse celesti anteriori a Giove: invenzione, di cui
Pausania (_Beot._) fece gran conto, e di cui tanto parlarono i
grammatici del cinque cento. Frequentando Minermo, benchè già vecchio,
le allegre adunanze, e' conviti de' grandi, abbandonò la severità del
costume propria allora sempre de' musici; e nella più inoltrata età fu
colpito dall'amore della cantatrice Nano. Il povero vecchio sentendosi
ringiovenire, acceso d'insolito fuoco ravvivò l'ardore pel canto, e
compose e _notò_ in vaga musica canzoni piene di quelle delicatezze, di
cui abbondano i feriti cuori. Ma divenuto l'oggetto de' scherzi di
spiritosi giovani disingannossi della sua sognata felicità, e diessi a
comporre della musica sopra più serj soggetti; così Stobeo cita di lui
un'egloga, il di cui argomento era non doversi in modo alcuno collocar
negli amori la felicità dell'uomo; trovandosi nelle vicende di questa
passione più tormento che piacere. Secondo Laerzio (_in vitâ Solon._) fu
egli contemporaneo di Solone, visse cioè sei secoli innanzi l'era comune
(_V. Requeno tom. 1_).
MINGOTTI (Regina) nacque in Napoli circa 1726, da un padre uffiziale al
servigio dell'Austria, che bambina di pochi mesi seco la condusse a
Gratz nella Silesia; alla di lui morte un suo zio la mise in un Convento
di Orsoline, dove apprese la musica: a 14 anni di sua età ella tornò in
casa di sua madre, e la sua bella voce e la grand'arte con cui la
regolava, fecele al mondo la più brillante fortuna. Sposò pochi anni
dopo il Sig. Mingotti veneziano, impresario del teatro a Dresda:
Porpora, che era allora al servizio del re, la produsse come una giovane
delle più belle speranze, e per la sua raccomandazione le si offrì di
cantare in quel teatro insieme con la cel. Faustina moglie del Sassone.
Gli applausi e la riputazione, che quivi acquistossi pe' suoi talenti,
la resero celebre anche fuori, e al di là delle Alpi. Essa fu invitata
in Napoli a cantare sul gran teatro di S. Carlo nel 1750, e passando per
Vienna ottenne dal Metastasio una commendatizia alla Principessa di
Belmonte: egli la chiama nella sua lettera, _uno dei più distinti
ornamenti della schiera canora di Dresda_. Ella si era applicata con
tanto zelo allo studio della lingua italiana, che allorquando cantò per
la prima volta la parte di Aristea nell'Olimpiade del Galuppi, sorprese
gl'Italiani sì per la purezza della pronunzia, come per il suo canto
melodioso, e la sua maniera espressiva e naturale. I teatri di tutte le
grandi città della Germania, della Francia, dell'Inghilterra e
dell'Italia risuonarono degli applausi dovuti alla sua arte. Nel 1763
ella ritirossi a Monaco nella Baviera, dove godeva della stima generale
della corte e della città. Burney la sentì colà nel 1772, ella
conservava ancora tutta la bellezza della sua voce, e ragionava sulla
musica con molta profondità e giudizio: cantò dinanzi a lui per quattro
ore intiere, accompagnandosi ella medesima sul forte piano. La sua
conversazione era gaja e piacevole, parlava il tedesco, il francese e
l'italiano con tanta perfezione, che riusciva difficile il distinguere
qual fosse il suo patrio idioma. Nella galleria di Dresda vedesi il di
lei ritratto dipinto da Rosalba a pastello ad essa rassomigliante
mentr'era giovane (_V. Burney's Travels, tom. II, p 111_).
MINOJA (Ambrogio), uno de' più celebri maestri d'Italia d'oggi giorno, e
membro onorario del conservatorio di Milano, nacque a Lodi nel 1752.
All'età di 14 anni cominciò per suo diporto a coltivare la musica, e la
professò meno per necessità che per gusto. Fece il suo corso di studj in
Napoli sotto la direzione di Sala; e tornato alla sua patria, fu il
successore del cel. Lampugnani, come primo maestro di cembalo al teatro
_della Scala_ in Milano. Egli compose allora alcuni pezzi di musica
strumentale, sei quartetti col titolo di _Divertimenti della Campagna_,
e due opere serie, una pel teatro di Argentina in Roma, mentre colà
soggiornava, e l'altra per quello della _Scala_, in Milano, ove al suo
ritorno fu scelto maestro di cappella dei Padri _della Scala_, e diessi
interamente alla musica di chiesa. Poco tempo dopo, l'armate francesi
occupato avendo l'Italia, riportò egli il premio d'una medaglia d'oro
del valore di 100 Zecchini, per una marcia e una sinfonia funebre in
onore del gen. Hoche; scrisse ancora due messe di _Requiem_ che si
conservano negli archivj del governo: un _Veni creator_ e un _Te Deum_,
che fu eseguito nella cattedrale di Milano da un'orchestra di 250
musici. Egli ha fatta la musica di molti Salmi a più voci, con
accompagnamento di pochi stromenti, in cui la scienza nulla pregiudica
all'espressione ed al gusto. Minoja in oltre è autore di alcune _Lettere
sul canto_, Milano 1813. L'opera è divisa in tre parti. Tratta la prima
dello scopo del canto, quale, secondo lui, consiste in commovere, ed
istruire gli uditori per mezzo dell'espressione. Nella seconda s'occupa
egli del gusto che ha regnato nella musica vocale ad epoche differenti
del secolo passato. Nella terza finalmente i principali ed i più proprj
mezzi vengono esposti, atti a formare il canto, come l'intuonazione, il
solfeggio, le grazie, la pronunziazione, e la qualità del tuono (_V.
Giorn. Italico, Londra dicembre 1813_).
MIRABEAU (Gabr. Riquetti, conte de). A questo grand'oratore
vien'attribuito un opuscolo di 95 pagine relativo alla musica: _Le
Lecteur y mettra le titre_, Londra 1777, in 8vo (_Veggasi Dictionaire
des anonymes de M. Barbier, t. num. 34, 27_). Questo scritto è pieno di
eccellenti viste sulla musica stromentale, e contiene l'analisi
ragionata di una gran sinfonia di Raimondi col programma di Avventure di
Telemaco eseguita in Amsterdam li 15 gennaro del 1777.
MIRABELLA (Vincenzo), nobile siracusano, dell'Accademie di Roma e di
Napoli, assai dotto nelle belle lettere e nella musica, morì in Modica
nel 1624. Molti de' suoi scritti sulla musica trovansi impressi in
Palermo nel 1603; come nel 1606, il primo libro de' suoi madrigali.
MISLIWECHEK (Giuseppe), detto il _Boemo_ in Italia, era nato in un
villaggio vicino a Praga, ove secondo l'uso delle scuole di campagna
nella Boemia ebbe le prime lezioni di musica. Questa prima istruzione
svegliò i suoi talenti e 'l suo amore per la medesima, cosichè
immediatamente dopo la morte di suo padre portossi in Praga, per
prendervi le lezioni del cel. Segert, che quivi allora dimorava. Egli si
applicò a questo studio con tanto zelo e successo, che poco dopo compose
sei sinfonie che furono generalmente applaudite. Animato da questo primo
buon incontro, nel 1763 partì per Venezia, e vi studiò il contrappunto
sotto il maestro Pescetti: quindi si rese a Parma, ove scrisse la sua
prima opera, che piacque talmente che fu chiamato in Napoli. Il
_Bellerofonte_, ch'egli vi scrisse per il giorno natalizio del re
Ferdinando, lo rese così celebre, che per un intero decennio compose
nove opere per quel teatro; tra le quali si distingue l'_Olimpiade_ da
lui scritta nel 1778, principalmente per l'aria _Se cerca, se dice_, che
vien riguardata universalmente come un capo d'opera. A Venezia, a Pavia,
a Monaco ebbe del pari una favorevole accoglienza. Ma la fortuna
cominciò a voltargli le spalle nel 1780, allorchè diede in Milano la sua
_Armida_ che spiacque al segno, che dovette cambiarsi la musica sin
dalla prima rappresentazione, nè altro si ritenne della sua che un'aria
di bravura cantata dal _Marchesini_. Andò quindi in Roma, ed incontrò
anche peggio nell'opera che vi scrisse: egli morì quivi nell'estrema
miseria a' dì 4 febrajo del 1782 di 45 anni. In Italia aveva scritto
oltre a 30 opere, molti oratorj, sinfonie e concerti. Dodici delle sue
_overture_ sono state impresse in Germania. Nelle biografie degli uomini
celebri della Boemia e della Moravia si trova il suo ritratto.
MITZLER DE KOLOF (Lor. Cristiano), fece i suoi studj nel ginnasio di
Anspach, e sin da fanciullo apprese i principj della musica e 'l canto
sotto Ehrman. Dopo il 1734 consacrossi alle scienze nell'università di
Lipsia, e due anni dopo vi diè un corso pubblico di matematiche, di
filosofia, e di musica. La lettura degli scritti di Mattheson, l'assidua
sua frequenza al concerto musicale di Lipsia, ma soprattutto la
conversazione del gran Bach, formato avendo il suo gusto, egli volle
innalzar la sua arte alla dignità d'una scienza mattematica. Nel 1734,
pubblicò a tal disegno la sua dissertazione _Quod musica scientia sit_.
Nel 1738, co' soccorsi del conte Lucchesini, e del maestro di cappella
Bümler, stabilì una società corrispondente di scienze musicali, di cui
fu nominato secretario: tutte le memorie dovevano indirizzarsi a lui. Il
catalogo de' membri di questa società, e i di lei statuti trovansi nella
Biblioteca di musica. Il primario scopo della sua biblioteca era la
teoria musicale. Nel 1740, egli avventurò alcuni saggi d'odi da lui
composte, la di cui mediocrità mosse le risa di tutti. In uno scritto di
quel tempo per via di smodati encomj si misero in ischerno le sue
composizioni musico-matematiche, ed egli ebbe tuttavia la debolezza di
crederli sinceri, e di rispondere a quelle finte lodi con ringraziamenti
nella sua Biblioteca. Finì costui i suoi giorni in Varsavia col titolo
di matematico della corte di Polonia, nel 1778. Le sue opere di teoria
musicale sono: _Dissertatio quod musica scientia sit, et pars
eruditionis philosophicæ_, Lipsiæ 1734 in 4º. _Biblioteca di musica_, in
tedesco, o _notizie esatte ed analisi imparziali di libri e scritti
sulla musica_, 3. vol., in 4º 1738-1754. _Gli elementi del basso
continuo, trattati secondo il metodo matematico, e spiegati per mezzo di
una macchina, inventata a tale effetto_, Lipsia 1739 in 8vo. _Lo
speculatore in musica, che scuopre amichevolmente i difetti de' musici
ec._ Questa specie di Giornale comparve nel 1748, in 8vo. Alla fine del
medesimo aggiunse egli la traduzione dall'Italiano dell'Avviso a'
compositori ed ai cantanti di _Riva_, residente del duca di Modena in
Londra. E la _Traduzione dal latino del Gradus ad parnassum di Fux_, con
note, Lipsia 1742, in 4º.

MOJON (Giuseppe), dottore in medicina, membro dell'Istituto nazionale
ligure, e professore di chimica nell'università di Genova; delle molte
opere ch'egli ha dato alla luce non faremo menzione che di quella, cui
diè il titolo di _Memoria sull'utilità della musica, sì nello stato di
salute, come in quello di malattia_, Genova 1802. Il D. Muggetti,
medico-chirurgo di Pavia, e membro corrispondente della società medica
d'emulazione, e della galvanica di Parigi, ne ha pubblicata una
traduzione francese, Parigi 1803, in 8vo con alcune sue annotazioni.
Nella sua prefazione egli dice di avere intrapresa l'intera traduzione
di quella Memoria, non essendo, suscettibile di estratto, a motivo
dell'estrema sua concisione, che non permette di toglierne una sola
parola; _Io desidero che la mia fatica, le osservazioni e riflessioni
dell'autore render possano più comune l'impiego della musica a
preferenza delle droghe, a cui spesso ripugna la natura, e che il più
delle volte ancora sono di notabil danno in certe malattie nervose, e
soprattutto nell'ipocondria e in diverse altre specie di delirio; se
questa massima fosse stata ben ponderata da' medici, il filosofo di
Ginevra non avrebbe contro di loro avanzato quel sarcasmo, dicendo:_ Io
non sò di quai mali ci guariscono; anzichè ce ne regalano dei più
funesti ancora, la pusillanimità, la lassezza, la credulità, il terror
della morte; se guariscono il corpo, essi uccidono il coraggio.
MOLINEUX (d.^r Tommaso), inglese, di cui vi ha nelle Transazioni
filosofiche del 1702, num. 283, _a Letter etc._, cioè _Lettera al Rev.
Saint-George, Vescovo di Clogher in Irlanda, sopra alcuni dubbj intorno
l'antica lira de' Greci e de' Romani, colla spiegazione d'un passo
oscuro di un'ode di Orazio_.
MOMIGNY (Girol. Gius. de), nato a Philippeville nel 1776, apprese sin da
fanciullo la musica, e i suoi progressi furono sì rapidi che di nove
anni egli improvvisava. Non lasciò frattanto di applicarsi alle scienze,
e venne a stabilirsi in Parigi nel 1800, dove compose la musica di due
opere, di alcune cantate, quartetti, sonate per forte-piano ec. La sua
opera principale è _Cours complet d'harmonie, et de composition_, in 3
vol. in 8vo. Il suo corso è una nuova e compita teoria della musica,
fondata in parte sul sistema di Ballière, sviluppato da Jamard, e sopra
alcune vedute dell'ab. Feytou, come può vedersi all'artic. _Cromatique_
(_t. 1 de la musique dans l'Encyclop. méthod._). Le altre scoperte
sparse in quel corso appartengono interamente a M. de Momigny. Sono esse
diametralmente opposte alle idee ricevute, benchè non sian meno
ingegnose, sovra tutto ne' capitoli sulla misura e il ritmo. Nel 1802
egli avea pubblicato il primo anno delle sue lezioni di forte-piano, che
ha avuto buon incontro.
MONOPOLI (Giacomo), il cui vero nome di famiglia era _Insanguine_,
veniva detto Monopoli, perchè nato in questa città nel regno di Napoli.
La sua musica per teatro ebbe al suo tempo gran successo; egli scrisse
la musica di _Calipso_ nel 1782 e quella del salmo 71, in versi lirici
di Sav. Mattei nel 1775. Rammentiamo solo quest'ultime sue composizioni
per dare a conoscere l'epoca in cui egli fioriva, non avendo intorno a
lui altre memorie.
MONSIGNY (Pier-Alessandro), a cui i francesi attribuiscono la
rivoluzione musicale del loro teatro, avvicinando vieppiù la loro musica
a quella degl'italiani; per il che gli danno il nome di Sacchini della
Francia. Tutta la sua musica, essi dicono, è d'istinto, tutti i suoi
canti tuttora si ritengono, e vien riconosciuto generalmente da tutti,
che egli ha portato al supremo grado il patetico e 'l canto di
espressione. In un _Rapporto_ della Classe delle Belle-arti del 1810,
Monsigny viene annoverato tra' gran maestri, che hanno dato al teatro
delle eccellenti opere in tutti i generi (pag. 55). “La sensibilità di
questo compositore (_scriveva nel 1811, M. Fayolle_), bisogna che sia
stata molto viva, perchè conservato ne abbia così gran dose all'età di
82 anni. Non ha guari, spiegandoci egli la maniera con la quale aveva
voluto dipingere nel suo dramma le _Déserteur_, la situazione d'Aloisa,
allorchè riviene gradatamente dal suo deliquio, e che le sue parole
singhiozzanti sono interrotte d'alcuni pezzi strumentali; egli proruppe
in un largo pianto, e cadde egli stesso nello sfinimento che dipingeva
della più espressiva maniera.”
MONTECLAIR (Michele), imparò la musica e 'l gusto per quest'arte sotto
Moreau, ottimo maestro di cappella in quel tempo, e l'esercitò in Parigi
con buon successo, ove morì nel 1737. Tra le altre sue composizioni vi
ha il _Gefte_, che fu il primo Oratorio che si sia fatto sul teatro di
Parigi nel 1732. Vi ha in oltre di lui _Méthode pour apprendre la
musique_ in 8º, che vien tenuto in qualche pregio.
MONTEVERDE (Claudio), da Cremona, fu uno de' più gran musici del suo
tempo, e uno dei fondatori della scuola di Lombardia. Egli studiò la
composizione sotto M. Antonio Ingegneri, maestro di cappella del duca di
Mantova, nella di cui corte si era acquistato già molta stima come
violinista. Mal contento delle regole e della pratica de' suoi
predecessori, avventurò de' nuovi metodi; osò il primo di usare la
quinta diminuita, come consonanza: introdusse le dissonanze doppie con
preparazione, e provossi di praticare in nuove maniere le dissonanze di
passaggio. Benchè si sia egli ingannato in alcuni punti, come
chiaramente glie lo provò _Artusi_, può dirsi tuttavia certamente, che
di tutti i maestri egli è il primo a cui la tonalità e la moderna
armonia abbiano le maggiori obbligazioni. “Egli è indubitato, dice il
Carpani, che le dissonanze sono come il chiaro-scuro nella pittura. Col
mezzo dell'opposizione e del confronto danno esse più risalto ed effetto
all'accordo vero, ne accrescono il desiderio, e svegliano così
l'attenzione, operando a guisa degli stimolanti che si danno agli obesi
e sonnacchiosi. Quel momento d'inquietudine che producono in noi, si
trasforma in piacere vivissimo allorchè sentiamo poi l'accordo, quale
l'orecchio nostro non cessava di travederlo e desiderarlo. Non è a dire
perciò quanto vantaggio recassero alla musica, coll'introdurvi le
dissonanze, lo _Scarlatti_, e molto prima di lui il _Monteverde_,
_scopritor primo_ di questa miniera di bellezze” (_let. 3_). Monteverde
discolpossi intanto delle critiche, che se gli erano fatte, e rispose
con alcune _lettere_ stampate in fronte alle sue opere. Le bellezze
della sua musica attirarono in suo favore il pubblico, e la più parte
degli amatori. I suoi pretesi errori modificati cominciarono ad operare
la gran rivoluzione musicale in Italia, e furono generalmente adottati.
L'arte alleviata e disciolta da una quantità di severe regole, e dal
giogo della pedanteria, fece de' nuovi progressi, ed aprì nuova via a
tanti uomini celebri, che son venuti di poi. In ricompensa de' suoi
talenti e degli importanti servigj resi all'arte, Monteverde divenne
maestro di cappella di S. Marco in Venezia, posto occupato mai sempre
da' più grandi uomini. Egli quivi morì in età molto avanzata nel 1651.
Le sue composizioni per teatro e per chiesa, parte impresse in Venezia e
parte manoscritte, si conservano ancora in diverse biblioteche.
MONTÙ (M.), piemontese, dottissimo nella meccanica e nella teoria della
musica, morto immaturamente in Parigi nello scorso anno 1814. Egli è
autore di un'opera intitolata _Numerazione armonica per ispiegare le
leggi dell'armonia_: ed è inventore inoltre di due instromenti di
musica, detto l'uno _Sfera-armonica_, e _Sonometro_ l'altro. Può
leggersene la descrizione nel libro intitolato _Archives des
découvertes_ etc. Paris 1809, al num. 14. “Questi due instromenti, ivi
si dice, sono stati inventati da M. Montù, per dare una dimostrazione
matematica de' principj dell'armonia, ignoti o combattuti sinora.
Quest'instromenti e i loro accessorj sono d'una perfezione preziosa e
rara. I Sig. _Prony_, _Charles_, _Gossec_ e _Martini_, ne hanno fatto un
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