Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3 - 06

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serviva più chiese per l'organo; applicavasi al dritto, e alle lingue;
scriveva per teatro: a ciò si aggiungano le sue occupazioni come
secretario di legazione, e come direttore di musica alla cattedrale. Ciò
non ostante compose egli per quel che concerne solo la musica 88 opere,
e lasciò alla morte assai manoscritti e sufficienti materiali per la
pubblicazion d'altrettante, oltre al gran numero di musica pratica per
teatro e per chiesa. Morì egli nel 1764, in età di 83 anni, e lasciò
alla chiesa di S. Michele di Hamburgo una somma di 44 mille marche per
la costruzione di un organo, che secondo il di lui piano fu costruito da
Hildebrand con 64 registri, e tre tastiere lavorate di madreperla. Ecco
il catalogo delle di lui opere teoretiche da lui scritte in latino o in
tedesco. _Critica musica_, Hamb. 2 vol. in 4º, 1722-1725. _La grande
scuola del basso continuo_, in 4º, 1719-1731. _De eruditione musicâ,
schediasma epistolicum_, Hamburgi 1732 in 4º. _L'arte della melodia_,
1737 in 4º. _Progetto e principio d'un Archivio di musica contenente la
vita e le opere de' più celebri maestri, e compositori_, 1740 in 4º.
_Esame delle nuove opere_, in 4º. _Aristoxeni jun. Phthongologia
systematica_, ossia _Trattato sulla teoria del suono_, 1748 in 8vo.
_Nuova accademia musica_, più vol. in 8vo. _Riflessioni sul
rischiaramento di un problema di musica_, in 4º. _Il Patriota musico_,
in più volumi. Quest'opera è rimarchevole per molti curiosi dettagli, e
meriterebbe una nuova edizione. _Il perfetto maestro di cappella_, 1739
in fol. ec. Omettiamo a bello studio le sue opere polemiche sulla
musica, perchè piene d'ingiurie grossolane, che fanno rivoltare i
lettori. (_V. Walther, Heumann et Fabric._)
MAUPERTUIS (Pier-Luigi Moreau de), nativo di San Malò, cel. geometra,
membro delle accad. delle scienze di Parigi e di Berlino, morì in
Basilea nel 1759. Nelle memorie dell'accademia di Parigi per l'anno 1724
vi ha di lui un'opera relativa _agli strumenti di musica, alle corde e
a' suoni_.
MAUROLICO (Francesco), nato di nobil famiglia in Messina; abbate di S.
Maria del porto in Sicilia passò la più gran parte di sua vita nella
patria; ove fu pubblico professore di matematiche. Egli era così
profondo in questa scienza che divenne celebratissimo in tutta l'Europa.
Carlo V, l'onorò in Messina della sua amicizia, e molti forestieri di
distinzione vi si recarono per conoscerlo: coltivò in oltre le belle
lettere, e la musica; riconcentrato sempre in se stesso ed assorto nella
più profonda meditazione, se gli strappava a stento qualche parola sopra
altri soggetti oltre a quello de' suoi studj. Benchè fosse stato di una
complessione mal sana, giunse non per tanto sino all'età di 80 anni, e
morì in una casina di campagna nel 1575. Tra le sue opere di matematica
stampate in Venezia nel 1573 vi ha un suo trattato sulla _Scienza
musicale_ (_V. Tiraboschi, e Landi Hist. de la litterat. d'Ital. t. 4.
Martini Stor. t. 1_).
MAYER (Giov. Simone), nato in Baviera è stato pur nondimeno educato in
Italia, e quivi dalla prima età stabilito ha saputo destramente unire il
brio ed il gusto dell'armonia tedesca con la dolcezza e l'espressione
del canto italiano. Nella sua musica egli ha preso per modello lo stile
del gran Mozart, con adottarne spesso i più bei soggetti, ma in maniera
a comparir veramente originale. Nel 1796 prese in moglie una sua scolara
figlia di un ricco gentiluomo veneziano il Sig. Giuseppe Venturali, ed
in quest'occasione l'abb. _Rubbi_ impiegò il suo coltissimo estro in
undici sonetti sull'_armonia_ che servon di parafrasi al celebre sonetto
sullo stesso argomento, del _Mazza_, e di epitalamio a quelle nozze. “Un
fausto momento di vostra famiglia (scrive l'abb. Rubbi al padre della
sposa) ha dettato alla mia amicizia alcuni sonetti che io vi trascrivo,
e che d'ora innanzi son vostri. Nell'atto che io leggeva il bel sonetto
del _Mazza_ sull'_armonia_, mi vien data la nuova, che la Sig.
_Angioletta_ vostra primogenita è promessa sposa. Interrogando con chi,
mi si rispose, col Sig. _Simone Mayer celeberrimo giovine compositore di
musica_. Parve che le circostanze della lettura concorressero ad
aumentare la mia allegrezza. Un'amabil donzella che _ha tanta parte nel
regno musicale, un valente calcolatore di note, ammirato in Italia e
fuori_, che seppe al tempo medesimo _ispirarle scienza ed amore_, fanno
l'oggetto dolcissimo e fertile de' miei versi. Mi rinserro nei limiti
del sonetto del Mazza, che abbraccerebbe volentieri un lungo poema, ec.”
Questi eccellenti _sonetti_ del _Rubbi_ possono leggersi nel _Mercurio
Storico-Letterario d'Italia_ per l'anno 1797. Mayer è maestro di
cappella a Bergamo: le sue composizioni per teatro, che sono giunte a
nostra cognizione, e che trovansi nel Magazzino del Ricordi in Milano,
sono _Adelasia ed Aleramo_, che ebbe il più gran successo nel teatro
della Scala di Milano, e che si trova disposta anche per il forte piano
presso M. Le Duc impressa in Parigi; _Ginevra di Scozia_; _Adelaide_;
_la Lodoiska_; _i misteri Eleusini_, e _l'Elena_ che si è rappresentata
in quest'anno nel nostro R. teatro Carolino. Le opere buffe di Mayer
sono in oltre: _L'equivoco;_ _Nè l'un, nè l'altro_; _un pazzo ne fa
cento_; _il venditor d'aceto_, farsa; _un vero originale_; _amor non ha
ritegno_; _le due giornate_; _il pazzo per la musica_, eseguita con
sommi applausi in Parigi nel 1805 e _le finte rivali_ nel 1810. Altre di
lui farse sono: _Il pittore astratto_; l'_Elisa_; _l'intrigo della
lettera_; _l'amor conjugale_.
MAZZA (Angelo), rinomatissimo poeta italiano di Parma, tra le cui poesie
oltre al sonetto, del quale si è parlato nello scorso articolo, vi sono
di lui _Tre Odi sull'armonia_. In una sua lettera scritta da Parma, al
di lui amico Cesarotti, del 1772, “Tre odi sull'armonia, egli dice, mi
fanno istanza di presentarsi a voi, del cui favorevole orecchio ove
possan gloriarsi non ambiranno che altri le ascolti. Sentirò volentieri,
anzi vi prego a non la mi tacere, l'opinion vostra ec.” Alla quale così
rispose il cel. professore di Padova. “Le tre vostre _Odi_ hanno tutte
le ragioni di andarsene superbette anzi superbissime; ed io lungi dallo
sgridarle, mi compiaccio d'incoraggiarle maggiormente, e di farle
_conoscere ed applaudire da chiunque ha gusto in queste materie_.” Altre
ne scrisse poi il Mazza sullo stesso soggetto, e nel 1793 chiesene con
un'altra lettera il giudizio dell'amico Cesarotti: “Due Signori
Bolognesi, han riprodotto alcune _Odi mie sulla Musica_ fiancheggiate
dall'autorità del vostro giudizio: ne riceverete un esemplare ec.”
Tradusse egli ancora le odi di Pindaro in versi italiani, e lagnavasi
col Cesarotti de' pochi lumi che si hanno della greca musica, da cui
tanto dipender dovette il buon esito di quel poeta-musico. “Vivo mi
punge il desiderio (scrive egli al medesimo) di ascoltar Pindaro
ragionare tra noi. Ben mi fa pena lo sconosciuto musicale andamento
della espressione e del numero, da cui risultava un precipuo vantaggio
alle odi di quell'_Immenso_. Se i principj della musica greca fossero
meno oscuri, sarebbe men duro l'indovinarlo. Ma io credo che vaneggiasse
largamente _Brazzuolo_, e seco lui il Tartini, quando l'uno colle
attitudini affannate della persona, e gli sfinimenti della voce, l'altro
co' variati e insensibili ricercamenti del violino si adulavano di
riuscirvi.”
MAZZANTI (Ferdinando), rinomatissimo cantante di soprano, compositore di
gusto e buon sonator di violino, dopo aver cantato con incredibili
applausi su i primi teatri di Europa, andò a stabilirsi in Roma. Molti
vi ha tuttora viventi in Palermo, che son testimoni dell'entusiasmo
ch'egli vi produsse per la bellissima voce, per l'eccellente sua maniera
di cantare, e di rappresentare con singolar espressione sulla scena,
sicchè rapiva, e trasportava fuor di se i suoi ascoltanti. Il dott.
Burney afferma di avere avuto occasione di applaudire a' suoi talenti,
ed alle sue vaste cognizioni in diversi rami dell'arte, allorchè il vide
in Roma nel 1770. Egli possedeva una considerevolissima biblioteca di
libri impressi e manoscritti. La sua collezione di opere pratiche era
per la più parte composta delle composizioni del Palestrina. Egli mostrò
al dot. Burney un _Trattato di musica_ che era già sul termine di
compire. Compose in oltre la musica di più opere, mottetti, e trio,
quartetti, quintetti, ed altri pezzi pel violino. Morì egli in Roma
circa 1786.
MAZZOCCHI (l'Abbate) fu verso il 1779 in Italia l'inventore di un nuovo
strumento di musica, consistente in una cassa di due piedi di lunghezza,
e la cui larghezza è in proporzione di quella de' campanelli che
contiene, essendo in arbitrio dell'artista il dare alla cassa come a'
campanelli qualsivoglia posizione. Il suono si tira da questi per mezzo
di un arco da violino, di cui il crine è impiastrato o con pece, o con
trementina, o con cera, o con sapone. In tal maniera si ottengono non
che de' suoni così dolci come quelli che se ne traggono colle dita
sull'armonica, ma si fa render suono eziandio da' campanelli, che non ne
darebbero del tutto sotto le dita. L'abb. Mazzocchi si è provato in
oltre di sostituire alle campane di vetro altre campane di metallo, ed
anche di legno, e quest'ultime, per quanto si assicura, rendono de'
suoni poco diversi da quelli del flauto. Questo strumento può sonarsi
con uno o due archetti. _Lo stromento di musica fatto in Italia
dall'Abate Mazzocchi_, dice M. Chladni, _mi fè concepire l'idea di
servirmi d'un arco di violino, per esaminare le vibrazioni de'
differenti corpi sonori._ (_Prefac. a l'Acoustiq._)
MAZZOCCHI (Domenico), maestro della scuola romana sulla prima metà del
sec. 17, fu il primo a far uso del semituono enarmonico, e dei segni di
_crescere_, _diminuire_, del _piano_, del _forte_ nell'esecuzione della
sua musica d'onde passarono ben presto nella musica di chiesa.
“Raffinandosi l'arte nel procedere degli anni, nel sec. 17 apparve un
genere nuovo: come esemplare in tal genere io eleggo fra tutti _Domenico
Mazzocchi_: il suo stile è limpidissimo, i pensieri sono espressivi
molto, e ben distinti. L'armonia è gratissima, e il movimento di
ciascuna voce tanto comodo e decente, che il più delicato orecchio de'
moderni non vi trova cosa da riprendere, anzi dirò meglio, da desiderare
in due bellissime di lui operette stampate in Roma, l'una delle quali ha
per soggetto un tratto di Poesie italiane, e l'altra diverse Poesie
latine di Urbano VIII. L'ultima è una parafrasi poetica del cantico de'
tre fanciulli composta a sei voci, così bene stabilita nel principio
suo, e condotta poi con tale avvedimento, che se io avessi a mostrare
altrui, in che consiste l'unità del disegno in un lavoro musicale, e
come le varie parti di esso a formare un tutto unico e indivisibile si
riducono, non crederei di potere usare altro esempio alcuno più
opportuno, e più utile di questo.” _Sacchi lett. al Conte Riccati._

MEHUL (Stef. Arrigo), membro dell'Istituto nazionale, e professore di
composizione nel Conservatorio di musica in Parigi, nacque a Givet nel
1763; apprese il contrappunto da Hauser professore allemanno, assai
valente contrappuntista. Essendo venuto in Parigi all'età di 16 anni, fu
dopo due anni presentato a Gluck, che degnossi iniziarlo nella parte
filosofica e poetica dell'arte musicale. Sotto la direzione d'un sì
sublime genio cominciò egli a scrivere per teatro, e sino al 1811 più di
trenta drammi e serii e buffi aveva egli composto, e fatto eseguire in
più teatri di Parigi. L'energia e l'eleganza caratterizzano la musica di
M. Mehul. Nel rapporto all'Istituto per il gran premio di seconda classe
alla musica delle opere comiche, ecco il giudizio che vien dato di
quella di questo compositore: “M. Mehul particolarmente vi si è distinto
per alcune composizioni di un talento non men pieghevole che brillante.
_Stratonice_ ed _Euphrosine_ si accostano al sublime della tragedia,
_Ariodant_ nel 1790 è d'un tuono cavalleresco, e _Joseph_ nel 1807 di un
carattere religioso; l'_Irato_ nel 1801 è un'opera buffa che per alcun
tempo fu creduta una produzione italiana. _Une folie_ nel 1802 è una
commedia, che richiama alla memoria il genere vivace di Gretry.”
(_Rapport et Discussions etc. a Paris 1810_). Vi sono in oltre di Mehul
sonate di forte piano, e sei sinfonie impresse ed eseguite con successo
nel Conservatorio. Egli ha pubblicati i due rapporti, che ha letto
all'Istituto, il primo _Sur l'état futur de la musique en France_, e 'l
secondo _Sur les travaux des élèves du Conservatoire, qui sont
pensionnaires à l'Académie des Beaux-Arts, à Rome_.
MEI (Girol.), nobile fiorentino e letterato a' suoi tempi non
ispregevole; di cui si è parlato all'artic. di Gio. de' Bardi (T. 1, p.
82), nel 1602 diè alla luce in Venezia un libro col titolo di _Discorso
sopra la musica antica e moderna_, in 4.º ed un altro più considerevole
_De modis musicis_ inedito finora (_V. Notiz. letter. dell'Accad.
Fiorent._). Questi libri “quantunque abbondino di errori (dice a ragione
l'Arteaga), rispetto alla musica antica a motivo, che gli autori greci
appartenenti a siffatte materie non erano tanto illustrati in allora
quanto lo sono al presente; pure sono molto pregevoli per quella età.”
(_Tom. 1, p. 225_)
MEIBOMIO (Marco), filologo, a cui si dee l'eccellente edizione
greco-latina de' sette antichi autori di musica con sue annotazioni in 2
vol. in 4.º Amsterdam 1652; un'_Epistola_ in oltre _de scriptoribus
variis musicis_ (nelle lettere di Gudio) e nel 1694 _Vitruvio_ in fol.,
ove nelle sue note applicossi principalmente a spiegare i passaggi di
quest'autore, che hanno rapporto alla musica: finalmente _Plutarchi
dialogus de musicâ cum vers. lat. et gallicâ_. M. Fayolle colla sua
usata inesattezza aggiunge a' travagli di Meibomio, intorno all'antica
musica, l'edizione di Tolomeo e di Briennio con la sua versione latina e
note: ma ciò è falsissimo, dovendosi questa all'inglese geometra Wallis
in supplemento alla collezione di costui de' sette greci scrittori di
musica. Meibomio era uno de' letterati della corte di Cristina regina di
Svezia, e fu obbligato a lasciarla per l'occasione di quell'avventura
con Bourdelot da noi riferita al costui articolo tom. 1, p. 149. Egli
morì in un'età molto avanzata a Amsterdam nel 1710. In quanto al merito
delle sue fatiche su gli scrittori antichi di musica, noi rapporteremo
il giudizio che ne reca il dotto critico _Requeno_, come di colui il
quale più profondamente che ciascun altro ha disaminata siffatta
materia. “Kirkero, egli dice, lasciò la rinnovazione dell'arte de' Greci
al vanaglorioso suo rivale _Meibomio_, e questi in fatti ne assunse
intrepidamente l'impegno: se non che desso cominciò bene, seguitò male,
e terminò peggio l'impresa. La prima cosa, ch'egli fece, fu la raccolta
de' greci scrittori di musica; la seconda la traduzione in latino de'
medesimi; la terza le annotazioni per ischiarimento dell'antica melodia;
terminate le quali, cantò un _Te Deum_ in ringraziamento all'Altissimo
per averlo illuminato a segno di poter _notare_ la musica di quell'inno
all'usanza de' Greci; e per istordire gl'ignoranti, acciò non lo
capissero, lo premise alla sua opera. Se però siamo obbligati al
_Meibomio_ di averci data una raccolta benchè incompleta de' greci
armonici, non possiam dire altrettanto relativamente alla sua
traduzione, in cui non si accorse di esser stati gli originali di
_Aristosseno_, da cui tradusse, viziati e confusi di modo, che parte del
primo libro si trova nel secondo, parte del secondo e del terzo nel
primo; onde sono i lettori obbligati a brancolar nelle tenebre. Nel
giudizio de' greci armonici noteremo altre mancanze di osservazione di
questo traduttore. Ov'egli però mi fa pietà, è nelle aggiuntevi
annotazioni: tutte s'impiegano in correzioni grammaticali, in citazioni
erudite, ma inutili all'intelligenza dell'autore interpretato, in
riprensioni frequenti degli altri interpreti; cose tutte da dissimularsi
a chi ricalcava le orme de' grammatici del seicento. Quello però, che
non si può perdonare a Meibomio, e per cui egli meriterebbe un'acre
riprensione, si è l'aver esso aggiunti, levati, cambiati gli originali
in molti luoghi sotto pretesto di renderli intelligibili, e di corregere
gli errori de' copisti: le note musiche de' Greci sparse quà e là ne'
diversi autografi soffrirono un totale rovesciamento. Orgoglioso
grammatico! Dopo d'essersi millantato d'avere il primo dilucidate le
_note_ del canto greco, stampa lo sproposito di non avere servito le due
righe di note prescritte in ogni verso da tutti i greci armonici, che
per i principianti, essendo l'una di esse a suo parere superflua. Del
rimanente Meibomio niente arreca di lume a' greci scrittori per
agevolarci la loro intelligenza. Meibomio certamente è autore di
mediocre talento, d'una sufficiente e mal digerita erudizione, e d'una
grande alterigia.” (_Prefaz. a' Saggi_). Puossene leggere la
confutazione, che dottamente fa di lui il _Requeno_ nel 2.º tomo pag.
165-180, 337-351.
MEISSONNIER (Antonio), nacque in Marsiglia nel 1783. I suoi parenti lo
destinavano al commercio, ma amante dell'indipendenza preferì di seguire
la carriera musicale. In età di 16 anni partì per l'Italia, e dopo aver
percorso tutto questo paese, venne in Napoli, e presentossi al famoso
Interlandi, che degnossi di dargli de' consigli sì per la lira, che per
la composizione. Egli fece sentirsi ben tosto in Napoli nelle più
distinte compagnie. Il nostro principe di Butera, che amava le belle
arti, con ispezialità la musica, e proteggeva gli artisti, fecegli
comporre un'opera buffa _la Donna corretta_, che eseguita nel suo
palazzo in Napoli fu moltissimo applaudita. Lasciò egli non per tanto
quella città, e si stabilì in Parigi, ove ha pubblicato _Méthode de
lyre_, e molti _Capricci, Divertimenti ed Ariette italiane_, da lui
composte per quest'istromento.
MELANIPPE di Cuma, abilissimo non solo nel maneggio del flauto, ma della
lira eziandio. Pausania fa di lui menzione (_in Phocid._) e loda una
composizione cantabile di questo maestro da esso con le tibie
pronunziata in lode di Opi. Secondo Ferecrate citato da Plutarco
(_Dialog. de Music._), egli aumentò le corde negli strumenti,
accrescendo quelle della lira fino al numero di dodici, mentre era prima
di due tetracordi. Tale novità dispiacque allora ai severi Greci. I
seguenti versi che mette in bocca Ferecrate alla musica: _Melanippide fu
d'ogni mio male — Prima cagion; m'indebolì costui, — Dodici corde sopra
me ponendo_, due cose provano, come osserva il Requeno: 1. che Melanippe
sia stato il primo, che inventasse il sistema de' tre tetracordi; 2. che
li suonasse a mano, il che è lo stesso che avere rivolta la lira in
cetra; non distinguendosi questa da quella, che nel numero delle corde e
nel suonarsi senza plettro. Sono più molli i suoni delle corde suonate
con la mano, di quello che sieno quelli delle corde ferite col plettro.
Questa mollezza dispiacque dunque sul principio a' Greci, i quali,
avendo destinata la musica alla virile educazione, temettero, non si
snervassero gli animi de' giovani con la blanda cetra. Melanippe
impiegossi in educare giovani nell'arte musica: Filosseno fu suo
discepolo (_Saggi t. 1_). Egli fiorì presso a quattro secoli innanzi G.
C.
MELONE (Annibale), dotto contrappuntista in Bologna circa 1550; si è
reso utile alla storia della musica con la sua opera: _Desiderio di
Allemano Benelli_, che è l'anagramma del suo vero nome. Si credette
prima che Bottrigari ne fosse l'autore, e tanto più di verisimiglianza
acquistò allora quest'opinione, in quanto costui in cambio di
contradirla, fecene anzi pubblicare sotto il suo nome una seconda
edizione. Oltre la confutazione di un certo Patricio, quest'opera in
forma dialogistica, tratta principalmente de' concerti di musica, che
cominciavano ad essere allora in voga presso le persone del primo rango,
con ispezialità a Venezia e a Ferrara. Si resta sorpreso nel leggervi il
prodigioso numero di musici, che il duca di Ferrara aveva allora al suo
servigio, come eziandio la quantità e varietà d'instromenti che facevasi
sentire ne' suoi concerti. Nel progresso dell'opera, l'autore analizza,
a proporzione de' lumi di quel secolo eruditamente, i principj
dell'antica musica de' Greci e della moderna, riguardando questa come a
quella preferibile, secondo il pregiudizio di coloro che comparar
pretendono le cose note alle incognite.
MENESTRIER (Claudio Francesco), gesuita che allo studio degli antichi
seppe unir con profitto i viaggi, ch'egli fece per l'Italia, la
Germania, l'Inghilterra, e le Fiandre: morì in Parigi nel 1705. Tra le
sue opere distinguonsi: 1. _des Représentations en musique anciennes et
modernes_, Paris 1681, in 12º; 2. _Des ballets anciens et modernes_,
1682, in 12º.
MENGOLI (Pietro), professore di Meccanica nel collegio de' nobili in
Bologna, uomo distinto per la sodezza di sua dottrina, nel 1670 pubblicò
colà _Speculazioni di musica_, in 4.º: si trova alla fine una tavola
delle passioni, cui pretende l'autore, che ciascun modo, o ciascun tuono
della musica di chiesa possa calmare. “Vi sono ancora molte cose, che io
non ho potuto capire, dice M. de Boisgelou; per esempio, allorchè egli
parla de' tuoni di musica rossi, neri, verdi ec.” Nel t. 8 delle
Transaz. Filosofiche si trova un assai lungo estratto di quest'opera.
MENGOZZI (Bernardo), nato in Firenze nel 1758, cantante pieno di gusto e
pregevole compositore, era costantemente applaudito accanto de'
Viganoni, de' Rovedino, de' Mondini. Nelle opere di Paesiello e di
Cimarosa egli metteva alcuni pezzi di musica da lui composti, che
figuravano non meno che quelli di que' celebri autori: tra questi sono
principalmente da rimarcarsi un terzetto dell'_Italiana in Londra_, e la
deliziosa aria _Se m'abbandoni_. Dopo il 1792 stabilitosi in Parigi pose
in musica cinque opere buffe, e due comico-serie in quella lingua.
Scelto per maestro di canto in una delle classi del Conservatorio formò
molti buoni allievi. L'arte il perdette assai presto, essendo colà morto
nel 1800 di 42 anni.
MERCADIER DE BELESTA è autore di un'opera che ha per titolo, _Nouveau
Système de musique théorique et pratique_, in 8º, Paris 1776. Secondo M.
Chladni l'autore vi ha esposto molti oggetti intorno alla teoria
numerica dei suoni, meglio che molti altri, ed ha ottimamente confutato
alcune false asserzioni del Tartini sul fenomeno del terzo suono (_V.
Acoustiq. p. 15-254_).
MERSENNE (Marino), religioso minimo, cui la mordacità del Voltaire con
ingiusto scherno chiama il _minimissimo tra' minimi_, diessi allo studio
delle matematiche e della filosofia, e non lasciò di render loro de'
gran servigj, per il commercio che tenne sempre co' più distinti uomini
del suo secolo, di cui ne divenne il centro: a questo fine viaggiato
aveva in Italia, in Germania e ne' Paesi-Bassi; il suo carattere dolce,
pulito ed obbligante gli conciliò da per tutto degl'illustri amici. Tra
le scienze egli si attaccò specialmente alle matematiche ed alla musica,
e pubblicò molte opere in tutto o in parte relative a quest'ultima, come
1. _Quæstiones in Genesim_, dove a lungo tratta della musica e degli
stromenti degli Ebrei, 2. _Harmonie universelle contenant la théorie et
la pratique de la musique_, Paris 1636, 2 vol. in fog. con figure, opera
oggidì assai rara, secondo M. Fournier (_Dictionn. de Bibliograph._
1809), 3. _Harmonicorum Libri XII de sonorum naturâ, causis et
effectibus_, Paris 1648, in fol., quest'è in parte una traduzione
dell'opera precedente, che contiene molti pezzi, che non trovansi
nell'originale. L'A. vi tratta di tutte le parti teoriche dell'arte,
giusta le idee che a suo tempo avevasene in Francia, e nella quale dà
una meschina idea della sua propria istruzione, e dello stato dell'arte
in quell'epoca nella Francia. Quest'opera ebbe quivi gran corso, che
essa dovette alla singolarità piuttosto che al merito. 4. _Les préludes
de l'Harmonie universelle_, è una rapsodia, ove più si tratta di
Astrologia giudiziaria che di musica. 5. _Cogitata physico-mathematica
de Musicâ theoreticâ et practicâ_, in 4.º 1644. Mersenne giunse a
conoscere la coesistenza de' suoni acuti col suono fondamentale di una
corda, ma non l'ha spiegata bene (_V. Chladni, Acoust. p. 250_). Egli
aveva il talento di dir poco in molte parole, e non mostra gran giudizio
ne' suoi scritti. Morì in Parigi nel 1648 d'anni 60, tornando dalla casa
del suo intimo amico Descartes, ove aveva bevuta molt'acqua fredda per
dissetarsi.
MERULA (Cavalier Tarquinio), uno de' più profondi contrappuntisti del
sec. 17, e 'l più grave compositore per la musica di chiesa, non lasciò
tutta volta di scrivere delle bambocciate musiche, e fu anche in questo
genere il primo. “Immaginò una _fuga_ di ragazzi che recitano, senza
saperlo ben a mente, e declinano il pronome _qui quæ quod_. Gl'imbrogli,
le confusioni, le sconcordanze, e i scerpelloni, che pigliano que'
poveri ignorantelli, e il pedagogo che li sgrida, formavano il soggetto
di questo componimento, e facevano smascellare delle risa cantori, ed
uditorio. L'esito felice di questa prima prova diè coraggio al Merula di
comporne una consimile sul _hic hæc et hoc_, che non riuscì men
saporita.” (_Carpani lett. 7_). Nelle sue opere stampate in 10 vol. in
Venezia nel 1635 si trova un duetto intitolato _sopra la ciacona_, detto
così per imitar forse il canto limitato e monotono de' ciechi, d'onde è
derivato il nome di _ciacona_, in francese _chaccone_. La cantilena è
sopra un basso ristretto di 5 battute, che continua sempre a ripetersi
mentre quella va cambiando. Ghiribizzi di que' tempi senza gusto (_V.
Encycl. méthod. p. 222_).
METASTASIO (Abb. Pietro) nacque in Roma l'anno 1698, all'età di 10 anni
ebbe la fortuna di tirare a se, cantando per le strade con grazia, e con
espressione alcuni versi da lui composti, l'attenzione dell'ab. Gravina
celebre giureconsulto e letterato di prima riga: costui lo adottò in suo
figlio, e gli diè un'educazione degna de' suoi talenti, ma contro al suo
gusto lo destinò al foro, e non fu se non dopo la di lui morte che con
maggiore trasporto tornò egli alle Muse. Nel 1729, egli fu nominato
poeta _laureato_ dell'imperial corte di Carlo VI amatore intendentissimo
di musica, e che sosteneva con magnificenza il suo teatro lirico.
Metastasio fissò la sua dimora in Vienna dall'età di un poco più di 30
anni sino alla sua morte. Egli aveva studiato a fondo anche la musica: e
contribuì moltissimo co' suoi consigli a formar de' grand'uomini per la
composizione, e a dare un nuovo aspetto a quest'arte. Haydn, Jommelli,
il Sassone e più altri confessarono di aver più profittato della
conversazione di questo grand'uomo, che dello studio e delle lezioni de'
loro maestri. La musica è assolutamente debitrice della massima
perfezione, a cui è giunta in quest'ultimi tempi, ai drammi
dell'immortal Metastasio. Egli, dice l' ab. _Andres_, “ha avuta la
malizia poetica e musicale di schivare tutte le parole meno acconcie pel
canto, di studiare una felice combinazione di sillabe per la soavità ed
armonia de' tuoni, di variare adattamente i metri nelle arie, di
applicare dappertutto quella cadenza, quei salti, quei riposi, quegli
accenti, che più lirica e cantabile rendono la poesia. I suoi versi sono
di una tale fluidità, sonorità ed armonia, che sembra non si posson
leggere che cantando. La rapidità del recitativo dà maggiore forza alle
cose che vi si dicono, e maggiore fuoco e calore all'azione, e serve
insieme di grande ajuto e facilità per il canto. La sua penna sembra
intinta nel latte di Venere. Il Dio d'Amore se volesse discendere a
parlare cogli uomini, non si servirebbe, no, d'altra lingua, che di
quella del suo vate l'immortale Metastasio.” Egli ha posti i compositori
di musica in quello stato che richiede Orazio nel Poeta per comporre di
gusto. “Se i tuoi occhi si riempion di lacrime, dice a' giovani
compositori il Rousseau, se tu senti palpitare il tuo cuore, se
l'espressione ti soffoca ne' tuoi trasporti, prendi _Metastasio_ e
fatica, il suo _Genio_ accenderà il tuo, tu a suo esempio diverrai
creatore.” (_Dictionn. art. Génie_). Metastasio manteneva un commercio
di lettere con Farinelli, Hasse, Diodati, Martini e con Sav. Mattei,
nelle quali trovansi delle riflessioni sulla maniera di disporre la
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