Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3 - 05
trova una breve storia del contrappunto e la notizia de' più dotti
contrappuntisti. Io l'ho avuta per le mani: e mi è sembrata eccellente
per il fondo; ma vi sarebbe a desiderare un miglior ordine: la
distribuzione delle materie non può essere più cattiva, e questo ne
rende molto difficile l'intelligenza. Abbiamo in oltre di lui scritte in
tedesco le seguenti opere: _Il musico critico_, 1749; _L'arte di sonar
di cembalo, e sul basso continuo_, 2 vol. in 4.º 1750-1755. Quest'opera
è stata tradotta in francese, e ve ne ha una terza edizione del 1760;
_Nuovo metodo di sonare il cembalo conforme al miglior gusto moderno_,
con 18 rami, 1755 in 4.º; _Memorie storiche e critiche per servire a'
progressi della musica_, 5 vol. in 8vo dal 1754 sino al 1762; _Elementi
di musica teorica_, 1757 in 4.º; _Introduzione sistematica all'arte
della composizione secondo i principj di M. Rameau_, non è che la
traduzione dal francese degli Elementi di d'Alembert con alcune note,
1758 in 4.º; _Introduzione all'arte del canto_, 1759 in 4.º; _Lettere
critiche sulla musica_, 3 volumi, 1763. Opera eccellente, piena delle
più interessanti materie, in cui si trovano molte dissertazioni di altri
gran maestri, come Agricola, Kirnberger ec.; _Introduzione critica
all'istoria ed ai principj della musica antica e moderna_, 1756 in 4.º;
_Introduzione alla musica in generale, ed in particolare all'arte del
canto_, 1763 in 8vo; _Istruzione sul basso continuo, e l'arte della
composizione di Sorge_, con note di Marpurg, 1760 in 4.º; _Saggio sul
temperamento in musica, con una Dissertazione sul basso fondamentale di
Rameau e di Kirnberger_, Breslavia 1776, in 8vo: “La migliore opera sul
temperamento, che io conosca, dice M. Chladni, (_Acustic. p. 40_), e di
cui ho adottate alcune idee, si è il Saggio di Marpurg.” Alla fine di
questo Saggio annunzia egli un'opera periodica col titolo di _Archivj di
musica_, ma non ne comparve nulla. Il suo ritratto si ritrova in sul
frontispicio dell'_Introduzione critica_ ec. del 1756. Si ha ancora di
Marpurg molta musica sì vocale che strumentale impressa in Berlino.
MARQUET (Franc. Nicolò), cel. botanico, e medico di Nancy sua patria,
scrisse un ghiribizzoso trattato col titolo di _Nouvelle méthode facile
et curieuse pour connoître le pouls par les notes de la musique_, Paris
1769, 2 edit. in 12º. Egli morì nel 1759.
MARSH (Narcisso), nato a Hennington d'un'antica famiglia nel 1638, fu
prima Vescovo di Dublino e nel 1703, arcivescovo d'Armagh e primate
dell'Irlanda; morì di 75 anni, nel 1713. Egli era uomo dottissimo, ed
autore di molte opere, di cui non citeremo che il suo _Saggio sulla
dottrina de' suoni_, Dublino 1683, che si trova ancora nelle Transazioni
filosofiche.
MARSIA, figlio di Janide, rinomato musico dell'antichità, fu l'inventore
delle doppie tibie, unendo due flauti grande e piccolo, e facendoli
sonare in diverso tuono al tempo stesso; nella quale invenzione era
necessario si servisse delle misure della corda armonica trovate da suo
padre. L'accompagnamento de' gravi cogli acuti suoni rese più
dilettevole il canto; e così l'arte di parlare co' flauti s'ingentilì.
Piacque all'estremo il ritrovato alla greca nazione, ed il plauso che si
fece a Marsia, suscitò l'invidia de' suonatori e cantori, per cui fecero
essi ingegnose satire, onde levargli la gloria d'inventore ed avvilirlo.
Spogliando delle favole, con cui cercaron gl'invidi di oscurare la sua
memoria, si conchiude esser egli stato un celebre suonatore, il quale,
benchè oppresso dalla malignità de' rivali, fece mentre che potè
l'ufficio di buon cittadino, educando nell'arte musica in allora bambina
i giovani imparziali, che lo coltivarono. “Molti de' miei leggitori poco
avvezzi all'esame dell'antichità, dice il dotto ab. Requeno, da cui si è
tratto quest'articolo, contenti d'uno studio superficiale, crederanno
essere favoloso il nome di Marsia, di Olimpo di lui principale
discepolo, e quanto di essi io ho detto, a' quali altro non risponderò,
che quello che dice Platone (Dial. min. 318), _che conservavansi cioè
all'età sua le cantilene dello scolaro di Marsia, Olimpo, e che i suoi
canti tibiali struggevano i cuori_. Vedano i critici seguaci di certi
superficiali francesi, se le arti ed i professori descritti da Omero
sieno invenzioni di quel poeta, e se debbano riputarsi romanzesche le
memorie storiche de' cantori cavate da questo scrittore, e rischiarate
con l'autorità de' posteriori autori.” (_t. 1, p. 45._)
MARTIGNONI (Ignazio) era ancor giovane quando pubblicò in Milano nel
1783, le sue _Opere varie_ in 8vo. Contengono queste alcuni bei Saggi
sulla poesia, sulla _musica_, e sul disegno. “In essi (dicesi nel Giorn.
de' letter. in Modena) egli si mostra scrittore ingegnoso, erudito,
elegante, e il filosofo non meno che l'uomo sensibile in essi trova di
che pascersi ed istruirsi”.
MARTIN (Vincenzo), detto lo Spagnuolo, maestro di cappella del principe
delle Austrie verso il 1785, nacque in Valenza nella Spagna l'anno 1754.
Vien egli con ragione riguardato come uno de' migliori, e de' più
graziosi compositori di musica drammatica. Le sue opere sono
l'_Ifigenia_, l'_Ipermestra_, il _Barbaro di buon cuore_, 1784, _La cosa
rara_, 1786. Dopo quest'anno sino al 1790, dimorò egli in Vienna, e per
ordine del re di Prussia, vi scrisse un'opera per il teatro di Berlino.
Il suo _Albero di Diana_ composto in Vienna nel 1787, e la _Cosa rara_
sonosi rappresentate in Palermo nel R. teatro di S. Cecilia con estremo
successo. Nel magazino di musica di Ricordi in Milano vi ha di lui
impressa la _Capricciosa corretta_, opera buffa nel 1802. La musica di
Martin è brillante, nuova e d'una facilità estrema per l'intelligenza e
l'esecuzione.
MARTINN (Giac. Gius.), figlio del maestro di musica del principe di
Lignè, nacque in Anversa nel 1775. Cominciò a comporre dall'età di 10
anni, e di 12 fece sentire una gran messa in musica, che nel 1793 fu
richiesta dalla direzione Batava per l'apertura de' tempj cattolici.
Egli si è stabilito di poi in Parigi, e vi è professore di musica
nell'imperiale Liceo. Vi sono di lui degli eccellenti quartetti, e nel
1811 annunziò per soscrizione la pubblicazione di dodici gran quartetti
da sortire di mese in mese.
MARTINELLI è l'autore delle _Lettere critiche sulla musica_ pubblicate
in 2 vol. nel 1760, che contengono dei dettagli assai interessanti.
Hiller nelle sue notizie sulla musica ne ha fatto grand'uso. Nel 1762 se
n'è fatta una traduzione francese, che si trova in un libro sotto questo
titolo: _L'Amateur, ou Nouvelles pièces et dissertations françaises et
étrangères_, in 12º, parte prima.
MARTINEZ (Marianna) nacque in Vienna verso il 1750 e nella casa stessa,
ove abitava il Metastasio intimo amico del di lei padre: così che è una
novelletta quel che racconta il nostro Sig. Ab. Scoppa, che ella era la
figlia di un giardiniere, che il Metastasio incontrolla piccolina per le
strade di Vienna, che tutta gaja e vivace cantava con bella voce e
prometteva molto: che l'arresta, l'interroga, la chiede a' parenti e si
addossa la cura di sua educazione (_Les vrais principes etc._ t. 3). Fu
ella in vero educata sotto gli occhi di quel gran poeta, ed alla morte
del padre suo nulla trascurò perchè ne formasse il cuore e lo spirito.
Fornita di un'eccellente voce, fecele ancora apprender la musica: ella
ebbe la fortuna di prender lezioni di cembalo e di canto dal famoso
Haydn (_V. Carpani Letter. 5_). Le cognizioni, e la straordinaria
abilità che essa vi acquistò in pochissimo tempo compensarono le pene,
che si era dato il Metastasio per istruirla, e colmarono di piacere gli
estremi anni di sua vita. Riuscì ella non solo peritissima nel suono di
varii stromenti e nel canto, ma eziandio nel comporre; dopo il 1773, fu
essa annoverata tra' membri della società filarmonica di Bologna. Il
d.^r Burney, che l'anno 1772 la sentì cantare ed eseguire sul
forte-piano alcuni pezzi da lei composti, assicura che gli mancavan le
parole per dipingere il suo canto, espressivo del pari e tenero: che
ella aveva delle cognizioni profonde nel contrappunto, e tra le altre
grandiose di lei composizioni, egli cita un _Miserere_ a 4 voci, e molti
salmi tradotti in volgar poesia del Mattei, a 4 e 8 voci, con
istrumenti. L'ab. Gerbert nella sua storia (nel 1773) dice ancora,
ch'egli possedeva una solenne messa da lei composta nel vero stile di
chiesa. Compose eziandio molta musica per camera sulle parole del
Metastasio, e mottetti e sonate per cembalo piene di vivacità e di
brillanti motivi. Metastasio, che riguardavala come sua figliuola, non
la chiamava che la sua S. Cecilia.
MARTINI (Giorgio Enrico) di Tanneberga nella Misnia, è autore di due
buone opere di erudizion musicale, 1. _De' conflitti di musica degli
antichi_; 2. _Che i giudizj de' moderni sulla musica degli antichi non
possono esser giammai decisivi_, Ratisbona 1764, in 4º.
MARTINI (il P. Giov. Batt.), tenuto con ragione in tutta l'Europa come
l'oracolo della musica, nacque in Bologna nel 1706, ed entrò giovane
nell'ordine de' conventuali. M. Fayolle, non so a quali memorie
appoggiato, dice che il gusto dell'erudizione e l'amore dell'antichità
gli fecero intraprendere de' viaggi sino nell'Asia; ciò nol trovo però
presso i di lui biografi: chechè ne sia egli si diè interamente alla
musica, e prima e dopo che si fosse fatto religioso studiò quest'arte
sotto più maestri, tra' quali annovera egli stesso il cel. Ant. Perti. I
suoi progressi nella composizione furono così rapidi, che in età di 19
anni fu maestro di cappella del convento del suo ordine in Bologna,
posto che egli occupò sino alla morte. Esercitò in questa qualità le
funzioni di professore, e la sua scuola, la più dotta tra quelle che a
suo tempo esistevano in Italia, ha prodotto un considerabilissimo numero
di gran compositori ed artisti di somma rinomanza, che si sono meritati
i più brillanti successi; e i più grand'uomini in quell'arte recavansi
ad onore e a dovere di chiedere i suoi consigli, e di seguire le sue
lezioni; tali furono il cel. Rameau, il gran Jommelli e più altri. Al
talento di formare de' buoni allievi, il P. Martini univa quello di
comporre una dotta musica. “Ma uomo più d'arte che d'ingegno, dice il
Mattei, era come Lucrezio, i di cui poemi al dir di Cicerone, _non erant
lita multis luminibus ingenii multæ tamen artis_: o come Callimaco, di
cui diceva Ovidio: _Quamvis ingenio non valet, arte tamen_, era un
_Casa_ e non un _Ariosto_, se non era felicissimo nel creare un motivo,
lo era poi in distender di mille maniere diverse un motivo già creato:
secco un poco nell'inventare, abbondantissimo nel mettere in opera.”
(_Letter. al P. della Valle_). Così il Jommelli, intendentissimo ch'egli
era in tal materia, diceva che _al Martini mancava il genio, e che
suppliva coll'arte laddove mancava la natura_. Sono ciò non ostante
pregevoli le di lui composizioni per la purità, la saviezza e la
dottrina che ne fanno il carattere. Ma i primarj titoli della
riputazione del Martini sono i Trattati ch'egli ha scritto sopra le
diverse parti della musica. Nel 1758 presentò una sua dissertazione
all'Accademia dell'istituto di Bologna, di cui era socio, col titolo:
_De usu progressionis geometricæ in musicâ_, che si trova inserita nel
5º vol. de' Commentarj di quell'Accademia; opera più erudita che utile,
come quella che ha per titolo: _Compendio della teoria de' numeri per
uso del musico_, 1769. Merita maggior attenzione il suo _Saggio
fondamentale pratico di contrappunto sopra il canto fermo_, Bologna
1774, e _Saggio ec. di contrappunto fugato_, 1776. Nel primo percorre
gli otto tuoni ammessi generalmente nel canto fermo, reca intorno ad
ogn'uno di questi un esempio di contrappunto, preso per lo più dalle
composizioni del P. Costanzo Porta, e molti esempj di canto fermo fugato
del Palestrina: fa a questi delle note per ispiegarli, e vi fa precedere
una breve esposizione delle regole di contrappunto. Nel secondo _Saggio_
dà delle regole della fuga e del canone con alcuni pezzi fugati nel
genere madrigalesco, e sacri e profani a due dapprima sino ad otto voci,
alle volte col basso continuo, e con alcune sue annotazioni. Ciò che vi
ha più a lodarsi è senza dubbio la scelta degli esempj estratti da'
migliori maestri, e che danno bene a conoscere il genere di lor
composizione: tranne questo, secondo l'attuale stato della musica,
quest'opera ci sembra d'altronde di un assai mediocre profitto. In
fatti, rapporto al contrappunto sul canto fermo, gli esempj citati dal
Martini, sono scritti sopra un sistema di tonalità che non è più
conforme alla maniera di sentire de' nostri giorni, e che per
conseguenza non può essere trattato con successo; riguardo a' pezzi
fugati, sono piuttosto de' _ricercari_ anzichè delle fughe propriamente
dette, e per conseguenza anche di poca utilità. In quanto al testo, di
cui il Martini accompagna siffatti modelli, troppo ristrette ne sono le
introduzioni, e perciò inutili a' principianti, che non le capiscono, ed
a' maestri, che debbono saperne più di quel che esse contengono. Le
digressioni, in cui si spazia fuor di cammino il comentatore, nulla
hanno che ne faccia sopportar la lunghezza, e si potrà da tutto ciò
inferirne soltanto, che il maggior merito dell'A. in quest'opera, si è
di aver dato a divedere ch'egli conosceva perfettamente l'antichità
italiana, cioè la migliore scuola de' secoli 16, e 17; e che per la
buona scelta de' capi d'opera quivi recati in esempio, è giunto a farla
egli stesso apprezzare al suo lettore. Si sa, che il dotto Eximeno
levossi contro a questi Saggi del Martini con una ben ragionata critica,
sebbene come confessa egli stesso, _lascio scorrer la penna con qualche
amarezza_, che non meritava quell'uomo di singolare dolcezza, e che non
ne trasse altra vendetta se non di mostrarglisi bramoso della sua
amicizia, e di riporre il di lui ritratto nella galleria da lui formata
de' più valenti scrittori, _cosa, che quasi mi levò di senno_, scrive lo
stesso Eximeno, _ed avrei voluto gettare al fuoco la penna, anzichè
lasciarla trascorrere a nessun tratto, che potesse amareggiare un uomo,
che tanta dolcezza d'animo univa a tanto sapere_. (_Lett. del 1785 al P.
Lavalle_). La _Storia della musica_ del P. Martini in tre vol. in 4.º
merita del pari elogj e censure: quest'opera dà veramente ad ammirare
una lettura immensa, una gran profondità di sapere, una prodigiosa
erudizione, ed un'eccellente pratica: ella è una vasta collezione di
memorie scritte con purità di lingua, e con qualche interesse; ma non vi
ha un oggetto fisso, un piano, un buon metodo, nè ombra di giudizio e di
critica. Egli si era proposto di compirla in cinque volumi: non sorpassa
frattanto l'epoca de' greci nei tre tomi che ne abbiamo, e continuando a
quel modo, non glie ne sarebbero bastati trenta e più ancora. Nella mira
di proseguire le sue fatiche egli aveva adunato un'enorme quantità di
materiali. Possedeva la gran biblioteca musicale del Bottrigari
contenente opere assai rare: la generosità del Farinelli gli somministrò
de' fondi considerevoli, e lo pose in istato di procacciarsi tutti gli
immaginabili materiali. Benedetto XIV con suo rescritto concesse al
Martini il poter estrarre que' libri dalla Biblioteca, de' quali
abbisognava: l'Imperatrice M. Teresa, il re di Portogallo, il Principe
Abate Gerbert lo provvidero in gran copia de' più rari manoscritti.
Questi materiali riuniti formavano una biblioteca di oltre a 17 mille
volumi, trecento de' quali erano MSS, essi occupavano quattro grandi
stanze: nella prima erano i manoscritti, nella seconda e terza le opere
in istampa, e nell'ultima le Opere di musica pratica dal rinnovamento
della medesima sino al suo tempo. Oltre alle opere già riferite del
Martini vi ha ancora di lui: _Lettera all'ab. Passeri sulla musica degli
Etruschi_, 1772; nel 2º vol. delle Opere di Doni in Firenze 1763,
_Onomasticum seu synopsis musicarum Græcarum atque obscuriorum vocum_
etc. Molti _articoli di musica_ inseriti in più Giornali italiani, e
alcune di lui _Lettere_ pubblicate nelle Memorie di sua vita dal P.
della Valle, Napoli 1785; ed oltracciò lasciò egli: _Commercio
letterario con diversi sopra questioni dell'arte: Giudizio di un nuovo
sistema di solfeggio comunicatogli circa 1745 dal Sig. Flavio Chigi
Sanese_. La dolcezza, la semplicità, e la modestia che formavano il
carattere del P. Martini, la premura ch'egli si dava di comunicare a chi
ne lo chiedeva, i tesori di scienza e di erudizione, ch'egli possedeva,
gli conciliarono la venerazione e la stima universale. Tutti coloro, cui
l'amor delle arti conduceva in Italia, venivano a visitarlo in Bologna,
e tornavano pieni di sentimenti d'ammirazione e di riconoscenza. Ebbe
non pertanto quivi stesso de' malevoli ed anche del numero de' suoi
allievi medesimi, che, come se ne lagna egli stesso in una lettera al
Sabbatini, tale guerra gli mossero che “levossi affatto dall'Accad. de'
Filarmonici per una delle loro solite insolenze fattagli” (_Gennaro
1782_). Questo valentuomo cessò finalmente di vivere, d'una idropisia di
petto a 23 agosto del 1784, in età di 78 anni. _G. B. Moreschi_ pubblicò
un'orazione in sua lode recitata nell'accad. de' Fervidi, Bologna 1786,
e il _P. della Valle_ le Memorie della sua vita, Napoli in 8vo 1785. Di
alcuni canoni berneschi del Martini lepidi e dotti leggasi il _Carpani_
letter. 6, p. 113.
MARTINI (Giov. Paolo), nato a Freystatt nel Palatinato, passò nel 1757
all'università di Friburgo per istudiarvi filosofia, dopo di avere
appreso la lingua latina e la musica. Portossi quindi in Francia, e
fermatosi a Nancy il suo talento per la musica e la franchezza del suo
carattere gli fecero molti amici, che presero particolar cura di lui.
Quivi applicossi mercè la meditazione, e i libri classici de' tedeschi
sulla composizione a perfezionarsi nella sua arte. Sotto la direzione di
M. Dupont costruttore di organi ebbe la fortuna di aver parte alla
costruzione dell'organo della chiesa primaziale di Nancy, di 50
registri, dalla prima disposizione de' materiali sino al compimento
totale del medesimo: ecco quel che gli somministrò l'idea della sua
opera intitolata _École d'orgue_, a Paris 1804. Ella è divisa in tre
parti, ed ha per iscopo di propagare i talenti degli organisti dietro i
sistemi de' più celebri tra costoro dell'Italia e dell'Allemagna; con
tanto più di ragione in quanto quest'istromento richiede molta scienza
musicale e contribuisce maggiormente a render musica un'intera nazione.
M. Martini, dopo una lunga esperienza e i giornalieri esempj, sostiene
che l'esecuzione ed il sentire i capi d'opera della musica di chiesa,
possono soli formare de' compositori, de' cantanti e delle voci. Nel
1764 egli venne a stabilirsi in Parigi e vi compose una solenne messa a
grande orchestra, ch'egli stesso riguarda come una delle migliori sue
opere per lo stile, e che si è eseguita per più anni a Vienna per la
festività di S. Stefano patrono di quella cattedrale. Entrò quindi come
direttore di musica al servigio del principe di Condé, e ne perdette gli
onorarj nella funesta rivoluzione del 1789. Nell'erezione del
Conservatorio fu egli uno de' cinque ispettori di quella scuola, ed ha
composta molta musica sì per chiesa, che per teatro applauditissima in
Francia. Egli è il primo che abbia introdotto l'uso di ridurre la musica
di più parti a due sole di violino e basso per il forte-piano, il che ne
rende più facile e l'esecuzione e l'acquisto, e contribuisce vie più a
diffondere il gusto della musica nelle famiglie, e a dilatarne il
commercio, che oggidì ne fa uno de' suoi rami principali; ed in ciò è
stato egli imitato in tutta l'Europa. Martini diè ancora al pubblico nel
1790, _La Mélopée Moderne_.
MARZIO (Giac. Federico), maestro di musica a Erlang, nel 1786 pubblicò a
Norimberga _Taschenbuch etc._ o _Manuale per gli amatori di musica
dell'uno e l'altro sesso_. Nell'introduzione egli promette di dare in
ciascun semestre una collezione di arie, minuetti, wals e di altri pezzi
per forte-piano: ed un'altra di brevi dissertazioni su varii oggetti di
musica, di biografie e aneddoti di musici, di lettere ec.
MASCARDIO (Guglielmo) viveva in Italia circa 1400. _Bendemaldo_ in un
manoscritto del suo comento al libro di Muris, che si conserva nella
libreria del P. Martini, fa di costui menzione come di un musico di
grido a' suoi tempi, ma le cui opere sono state avvolte insieme con
tanti altri depositi delle umane cognizioni nella irreparabile
dimenticanza dei secoli. _V. Arteaga T. 1._
MASSON, maestro di cappella in Francia sulla fine del sec. 17, di cui
abbiamo: _Nouveau Traité des regles pour la composition de la musique_,
1699, 2 ediz. in 8vo. Quest'opera veniva riguardata come classica
all'epoca, in cui non vi era in Francia verun trattato ragionevole sulla
composizione, quindi ebbe molte edizioni, di cui la quarta è del 1738.
MATTEI (Stanislao), nato in Bologna nel 1750 da un artigiano, dopo di
avere studiato la lingua latina e la geometria, entrò in età di 15 anni
nell'ordine de' conventuali, e dal 1767 sino al 1784 applicossi alla
composizione sotto la direzione del dotto P. Martini. Sin dal 1772, era
stato nominato di lui successore nella cappella di S. Francesco in
Bologna, e ne esercitò le funzioni dopo il 1784, epoca della morte del
suo precettore, sino alla soppressione del suo convento nel 1798.
Divenuto prete secolare, fu scelto nel 1805 maestro di contrappunto
della Società Filarmonica di Bologna. Tutte le composizioni del Mattei
sono per chiesa senza stromenti, sullo stile del Martini. Costui morendo
lasciò al Mattei molti materiali per compire la Storia della musica, e
già ne aveva terminato il quarto volume sulla musica degli Etruschi,
allorchè ne fu impedita la pubblicazione per i disastri politici
sopraggiunti in Italia. Puossene leggere un Saggio nelle Memorie del
Martini (_pag. 38 e seg._). Nel 1786, trovandosi in Roma il Mattei, gli
venne offerta la cappella di Loreto e quella di Padova, ch'egli ricusò
non potendo rinunziar quella di Bologna: in Torino scrisse una solenne
messa per il giorno di S. Francesco, che piacque moltissimo. Quest'abile
professore dal 1784 sino al giorno d'oggi conta circa 150 allievi.
MATTEI (Saverio), letterato di gran merito ed avvocato in Napoli, ha
reso molti importanti servigj alla musica con le sue dotte opere, e con
la sua poetica traduzione eziandio de' salmi imitando perfettamente la
dolcezza e la fluidità della poesia lirica del suo intimo amico il gran
Metastasio. Alla sua versione de' Salmi pubblicata in Padova nel 1780,
in 8 volumi fa egli precedere delle _Dissertazioni_, alcune delle quali
debbonsi a giusto titolo quì annoverare. Nel 1º vol. _Della musica
antica, e della necessità delle notizie alla musica appartenenti, per
ben intendere e tradurre i salmi_. Nel 2º vol. _Salmodia degli Ebrei_.
Nel 5º vol. _La filosofia della musica, o sia la musica de' salmi_, che
Metastasio chiama dottissima. In questa si lagna a ragione il Mattei di
non esservi tra' moderni, come non vi è stata per l'innanzi, una buona
scuola di musica. “S'insegna a' giovani il contrappunto, egli dice, e
questo si crede bastare a fare un gran maestro di cappella: il
contrappunto in musica corrisponde alle concordanze, e il saperle giova
per non fare errori piuttosto. Ma non ci è chi insegni la _Rettorica_ e
la _Poetica_ (dirò così) della musica, e restiamo solo nella Grammatica.
Alla _rettorica_ della musica apparterrebbe l'insegnare a' giovani, che
ogni sinfonia, ogni aria, ogni composizione costi delle sue parti: che
vi ha da essere il _proemio_, e questo dee trarsi _ex visceribus causa_;
che sussiegue la _proposizione e divisione de' punti_, o sia de' motivi
principali, che poi si dilateranno nel corso del componimento; che
questa dilatazione de' motivi forma la _narrazione_: che indi ne viene
una specie d'_Argomentazione_, o sien conseguenze, che da quella
deduconsi, cioè i passaggi da un tuono all'altro, le proposte e le
risposte, e un certo contrasto fra gli stromenti; che poi riunendosi
formano l'epilogo di tutto il componimento. Alla _poetica_ della musica
apparterrebbe insegnare a' giovani le diversità degli stili, _il tenue_,
_il mediocre_, _il sublime_, e fare osservare, come i migliori scrittori
si son serviti in diverse maniere di essi stili: che il _Sublime del
Sassone_, per esempio non è il sublime del _Jommelli e del Piccini_, e
che in quel primo ci è un'epica maestà, gravità, sobrietà, e saviezza
simile allo stile dell'Eneide di Virgilio, niente ci manca, niente
soverchia, e scorre qual fiume reale, che non altera il corso. Nel
_Jommelli_ ci è un fuoco, una fantasia lirica simile allo stile delle
odi d'Orazio, anzi di Pindaro: scorre qual impetuoso torrente, che
allaga i campi, e seco porta tutto nel mare: maraviglioso nell'uscite
inaspettate, improvvise, e veramente Pindariche: nuovo nell'invenzione
de' motivi, nuovo nell'esprimerli, nuovo nell'union delle parti. Nel
_Piccini_ all'incontro, come era nel _Pergolesi_ la sublimità non va mai
disgiunta dall'amenità, e dalla venustà. Qual è il miglior di costoro?
Ecco lo spirito di pedante. Tutti son ottimi nel lor genere: e bisogna
lasciar andare i giovani per quella via, ove il genio e la natura gli
guida, e non ridurli a forza di servile imitazione ad esser attaccati
più a questo, che a quello.” Nell'ottavo volume de' salmi si trova
finalmente un erudito carteggio del Mattei col Metastasio e con
Mons.^r Pau sulla celebre questione della musica de' Greci
dottissimamente da tutti e tre agitata: ma non sono tutte che
congetture, come ne conviene lo stesso Mattei, sostenendo egli la
superiorità dell'antica musica sulla moderna contro di loro. “Le vostre
conghietture, egli scrive, e le mie son tutte egualmente fondate sopra
incerti supposti, e per quanto si vogliano fortificare con riflessioni,
sempre saran conghietture” (_Lett. a Metast. del 1770_). Intorno a tal
questione supera tutti l'ab. Requeno dandone le più convincenti prove
tratte dagli sperimenti, e dal testo medesimo de' greci scrittori di
musica, a cui non giunsero mai tutti coloro che prima di lui avevano
trattato siffatta materia, e che era frattanto l'unica maniera di
pervenire allo scioglimento della questione. Dà in oltre il Mattei de'
migliori rischiaramenti sull'antica musica de' Greci nella
_Dissertazione_ ch'egli scrisse _sul nuovo sistema d'interpetrare i
Tragici Greci_. La malevolezza de' suoi emuli pretese pur nondimeno di
porre in ridicolo questo grand'uomo sulle scene di Napoli, coll'allusivo
dramma burlesco del _Socrate immaginario_, messo in un'assai bella
musica da Paisiello. Negli _Elogj del Metastasio e del Jommelli_ da lui
pubblicati nel 1785, si trova una storia esatta del rinnovamento della
musica, e de' progressi ch'ella ha fatto specialmente nel genere
drammatico mercè i sforzi di quel divino Poeta: e dei compositori di
musica, che dirsi possono alla di lui scuola formati. Vi ha finalmente
pubblicata in Napoli, _Se i maestri di cappella son compresi fra gli
artigiani, probole di Sav. Mattei, in occasione di una tassa di fatiche
domandata dal maestro Cordella_, in 4.º 1784. Forkel ne ha dato
l'estratto nel suo Almanacco di musica del 1789. Mattei è morto in
Napoli nel 1802.
MATTHESON (Giov.), canonico e maestro di cappella della cattedrale di
Hamburgo, è celebratissimo del pari come scrittore e come compositore di
musica. Ebbe egli dal padre suo, che in lui riconobbe delle gran
disposizioni per quest'arte, la più felice educazione. Hanff, Woldag,
Brunmüller, Pretorio e Kerner furono i maestri, ch'egli gli diede, e
all'età di 17 anni compose la sua prima opera per teatro. Strinse egli
poi la più intima unione col cel. Hendel, e molto profittò de' consigli
di questo gran musico. Datosi allo studio delle leggi e delle lingue
inglese, francese, ed italiana divenne soprintendente all'educazione del
figlio dell'ambasciadore d'Inghilterra, e fece con esso diversi viaggi a
Amsterdam, a Lubecca, e a Brunswick: allora fu che cominciò a provare un
grande infiacchimento all'udito, che nello spazio di 30 anni degenerò in
una totale sordità. Nel 1706 quell'ambasciadore il nominò segretario di
legazione. Si capisce appena com'egli badar potesse a tante fatiche
insieme. Insegnava ad un tempo stesso la musica a più di venti scolari,
contrappuntisti. Io l'ho avuta per le mani: e mi è sembrata eccellente
per il fondo; ma vi sarebbe a desiderare un miglior ordine: la
distribuzione delle materie non può essere più cattiva, e questo ne
rende molto difficile l'intelligenza. Abbiamo in oltre di lui scritte in
tedesco le seguenti opere: _Il musico critico_, 1749; _L'arte di sonar
di cembalo, e sul basso continuo_, 2 vol. in 4.º 1750-1755. Quest'opera
è stata tradotta in francese, e ve ne ha una terza edizione del 1760;
_Nuovo metodo di sonare il cembalo conforme al miglior gusto moderno_,
con 18 rami, 1755 in 4.º; _Memorie storiche e critiche per servire a'
progressi della musica_, 5 vol. in 8vo dal 1754 sino al 1762; _Elementi
di musica teorica_, 1757 in 4.º; _Introduzione sistematica all'arte
della composizione secondo i principj di M. Rameau_, non è che la
traduzione dal francese degli Elementi di d'Alembert con alcune note,
1758 in 4.º; _Introduzione all'arte del canto_, 1759 in 4.º; _Lettere
critiche sulla musica_, 3 volumi, 1763. Opera eccellente, piena delle
più interessanti materie, in cui si trovano molte dissertazioni di altri
gran maestri, come Agricola, Kirnberger ec.; _Introduzione critica
all'istoria ed ai principj della musica antica e moderna_, 1756 in 4.º;
_Introduzione alla musica in generale, ed in particolare all'arte del
canto_, 1763 in 8vo; _Istruzione sul basso continuo, e l'arte della
composizione di Sorge_, con note di Marpurg, 1760 in 4.º; _Saggio sul
temperamento in musica, con una Dissertazione sul basso fondamentale di
Rameau e di Kirnberger_, Breslavia 1776, in 8vo: “La migliore opera sul
temperamento, che io conosca, dice M. Chladni, (_Acustic. p. 40_), e di
cui ho adottate alcune idee, si è il Saggio di Marpurg.” Alla fine di
questo Saggio annunzia egli un'opera periodica col titolo di _Archivj di
musica_, ma non ne comparve nulla. Il suo ritratto si ritrova in sul
frontispicio dell'_Introduzione critica_ ec. del 1756. Si ha ancora di
Marpurg molta musica sì vocale che strumentale impressa in Berlino.
MARQUET (Franc. Nicolò), cel. botanico, e medico di Nancy sua patria,
scrisse un ghiribizzoso trattato col titolo di _Nouvelle méthode facile
et curieuse pour connoître le pouls par les notes de la musique_, Paris
1769, 2 edit. in 12º. Egli morì nel 1759.
MARSH (Narcisso), nato a Hennington d'un'antica famiglia nel 1638, fu
prima Vescovo di Dublino e nel 1703, arcivescovo d'Armagh e primate
dell'Irlanda; morì di 75 anni, nel 1713. Egli era uomo dottissimo, ed
autore di molte opere, di cui non citeremo che il suo _Saggio sulla
dottrina de' suoni_, Dublino 1683, che si trova ancora nelle Transazioni
filosofiche.
MARSIA, figlio di Janide, rinomato musico dell'antichità, fu l'inventore
delle doppie tibie, unendo due flauti grande e piccolo, e facendoli
sonare in diverso tuono al tempo stesso; nella quale invenzione era
necessario si servisse delle misure della corda armonica trovate da suo
padre. L'accompagnamento de' gravi cogli acuti suoni rese più
dilettevole il canto; e così l'arte di parlare co' flauti s'ingentilì.
Piacque all'estremo il ritrovato alla greca nazione, ed il plauso che si
fece a Marsia, suscitò l'invidia de' suonatori e cantori, per cui fecero
essi ingegnose satire, onde levargli la gloria d'inventore ed avvilirlo.
Spogliando delle favole, con cui cercaron gl'invidi di oscurare la sua
memoria, si conchiude esser egli stato un celebre suonatore, il quale,
benchè oppresso dalla malignità de' rivali, fece mentre che potè
l'ufficio di buon cittadino, educando nell'arte musica in allora bambina
i giovani imparziali, che lo coltivarono. “Molti de' miei leggitori poco
avvezzi all'esame dell'antichità, dice il dotto ab. Requeno, da cui si è
tratto quest'articolo, contenti d'uno studio superficiale, crederanno
essere favoloso il nome di Marsia, di Olimpo di lui principale
discepolo, e quanto di essi io ho detto, a' quali altro non risponderò,
che quello che dice Platone (Dial. min. 318), _che conservavansi cioè
all'età sua le cantilene dello scolaro di Marsia, Olimpo, e che i suoi
canti tibiali struggevano i cuori_. Vedano i critici seguaci di certi
superficiali francesi, se le arti ed i professori descritti da Omero
sieno invenzioni di quel poeta, e se debbano riputarsi romanzesche le
memorie storiche de' cantori cavate da questo scrittore, e rischiarate
con l'autorità de' posteriori autori.” (_t. 1, p. 45._)
MARTIGNONI (Ignazio) era ancor giovane quando pubblicò in Milano nel
1783, le sue _Opere varie_ in 8vo. Contengono queste alcuni bei Saggi
sulla poesia, sulla _musica_, e sul disegno. “In essi (dicesi nel Giorn.
de' letter. in Modena) egli si mostra scrittore ingegnoso, erudito,
elegante, e il filosofo non meno che l'uomo sensibile in essi trova di
che pascersi ed istruirsi”.
MARTIN (Vincenzo), detto lo Spagnuolo, maestro di cappella del principe
delle Austrie verso il 1785, nacque in Valenza nella Spagna l'anno 1754.
Vien egli con ragione riguardato come uno de' migliori, e de' più
graziosi compositori di musica drammatica. Le sue opere sono
l'_Ifigenia_, l'_Ipermestra_, il _Barbaro di buon cuore_, 1784, _La cosa
rara_, 1786. Dopo quest'anno sino al 1790, dimorò egli in Vienna, e per
ordine del re di Prussia, vi scrisse un'opera per il teatro di Berlino.
Il suo _Albero di Diana_ composto in Vienna nel 1787, e la _Cosa rara_
sonosi rappresentate in Palermo nel R. teatro di S. Cecilia con estremo
successo. Nel magazino di musica di Ricordi in Milano vi ha di lui
impressa la _Capricciosa corretta_, opera buffa nel 1802. La musica di
Martin è brillante, nuova e d'una facilità estrema per l'intelligenza e
l'esecuzione.
MARTINN (Giac. Gius.), figlio del maestro di musica del principe di
Lignè, nacque in Anversa nel 1775. Cominciò a comporre dall'età di 10
anni, e di 12 fece sentire una gran messa in musica, che nel 1793 fu
richiesta dalla direzione Batava per l'apertura de' tempj cattolici.
Egli si è stabilito di poi in Parigi, e vi è professore di musica
nell'imperiale Liceo. Vi sono di lui degli eccellenti quartetti, e nel
1811 annunziò per soscrizione la pubblicazione di dodici gran quartetti
da sortire di mese in mese.
MARTINELLI è l'autore delle _Lettere critiche sulla musica_ pubblicate
in 2 vol. nel 1760, che contengono dei dettagli assai interessanti.
Hiller nelle sue notizie sulla musica ne ha fatto grand'uso. Nel 1762 se
n'è fatta una traduzione francese, che si trova in un libro sotto questo
titolo: _L'Amateur, ou Nouvelles pièces et dissertations françaises et
étrangères_, in 12º, parte prima.
MARTINEZ (Marianna) nacque in Vienna verso il 1750 e nella casa stessa,
ove abitava il Metastasio intimo amico del di lei padre: così che è una
novelletta quel che racconta il nostro Sig. Ab. Scoppa, che ella era la
figlia di un giardiniere, che il Metastasio incontrolla piccolina per le
strade di Vienna, che tutta gaja e vivace cantava con bella voce e
prometteva molto: che l'arresta, l'interroga, la chiede a' parenti e si
addossa la cura di sua educazione (_Les vrais principes etc._ t. 3). Fu
ella in vero educata sotto gli occhi di quel gran poeta, ed alla morte
del padre suo nulla trascurò perchè ne formasse il cuore e lo spirito.
Fornita di un'eccellente voce, fecele ancora apprender la musica: ella
ebbe la fortuna di prender lezioni di cembalo e di canto dal famoso
Haydn (_V. Carpani Letter. 5_). Le cognizioni, e la straordinaria
abilità che essa vi acquistò in pochissimo tempo compensarono le pene,
che si era dato il Metastasio per istruirla, e colmarono di piacere gli
estremi anni di sua vita. Riuscì ella non solo peritissima nel suono di
varii stromenti e nel canto, ma eziandio nel comporre; dopo il 1773, fu
essa annoverata tra' membri della società filarmonica di Bologna. Il
d.^r Burney, che l'anno 1772 la sentì cantare ed eseguire sul
forte-piano alcuni pezzi da lei composti, assicura che gli mancavan le
parole per dipingere il suo canto, espressivo del pari e tenero: che
ella aveva delle cognizioni profonde nel contrappunto, e tra le altre
grandiose di lei composizioni, egli cita un _Miserere_ a 4 voci, e molti
salmi tradotti in volgar poesia del Mattei, a 4 e 8 voci, con
istrumenti. L'ab. Gerbert nella sua storia (nel 1773) dice ancora,
ch'egli possedeva una solenne messa da lei composta nel vero stile di
chiesa. Compose eziandio molta musica per camera sulle parole del
Metastasio, e mottetti e sonate per cembalo piene di vivacità e di
brillanti motivi. Metastasio, che riguardavala come sua figliuola, non
la chiamava che la sua S. Cecilia.
MARTINI (Giorgio Enrico) di Tanneberga nella Misnia, è autore di due
buone opere di erudizion musicale, 1. _De' conflitti di musica degli
antichi_; 2. _Che i giudizj de' moderni sulla musica degli antichi non
possono esser giammai decisivi_, Ratisbona 1764, in 4º.
MARTINI (il P. Giov. Batt.), tenuto con ragione in tutta l'Europa come
l'oracolo della musica, nacque in Bologna nel 1706, ed entrò giovane
nell'ordine de' conventuali. M. Fayolle, non so a quali memorie
appoggiato, dice che il gusto dell'erudizione e l'amore dell'antichità
gli fecero intraprendere de' viaggi sino nell'Asia; ciò nol trovo però
presso i di lui biografi: chechè ne sia egli si diè interamente alla
musica, e prima e dopo che si fosse fatto religioso studiò quest'arte
sotto più maestri, tra' quali annovera egli stesso il cel. Ant. Perti. I
suoi progressi nella composizione furono così rapidi, che in età di 19
anni fu maestro di cappella del convento del suo ordine in Bologna,
posto che egli occupò sino alla morte. Esercitò in questa qualità le
funzioni di professore, e la sua scuola, la più dotta tra quelle che a
suo tempo esistevano in Italia, ha prodotto un considerabilissimo numero
di gran compositori ed artisti di somma rinomanza, che si sono meritati
i più brillanti successi; e i più grand'uomini in quell'arte recavansi
ad onore e a dovere di chiedere i suoi consigli, e di seguire le sue
lezioni; tali furono il cel. Rameau, il gran Jommelli e più altri. Al
talento di formare de' buoni allievi, il P. Martini univa quello di
comporre una dotta musica. “Ma uomo più d'arte che d'ingegno, dice il
Mattei, era come Lucrezio, i di cui poemi al dir di Cicerone, _non erant
lita multis luminibus ingenii multæ tamen artis_: o come Callimaco, di
cui diceva Ovidio: _Quamvis ingenio non valet, arte tamen_, era un
_Casa_ e non un _Ariosto_, se non era felicissimo nel creare un motivo,
lo era poi in distender di mille maniere diverse un motivo già creato:
secco un poco nell'inventare, abbondantissimo nel mettere in opera.”
(_Letter. al P. della Valle_). Così il Jommelli, intendentissimo ch'egli
era in tal materia, diceva che _al Martini mancava il genio, e che
suppliva coll'arte laddove mancava la natura_. Sono ciò non ostante
pregevoli le di lui composizioni per la purità, la saviezza e la
dottrina che ne fanno il carattere. Ma i primarj titoli della
riputazione del Martini sono i Trattati ch'egli ha scritto sopra le
diverse parti della musica. Nel 1758 presentò una sua dissertazione
all'Accademia dell'istituto di Bologna, di cui era socio, col titolo:
_De usu progressionis geometricæ in musicâ_, che si trova inserita nel
5º vol. de' Commentarj di quell'Accademia; opera più erudita che utile,
come quella che ha per titolo: _Compendio della teoria de' numeri per
uso del musico_, 1769. Merita maggior attenzione il suo _Saggio
fondamentale pratico di contrappunto sopra il canto fermo_, Bologna
1774, e _Saggio ec. di contrappunto fugato_, 1776. Nel primo percorre
gli otto tuoni ammessi generalmente nel canto fermo, reca intorno ad
ogn'uno di questi un esempio di contrappunto, preso per lo più dalle
composizioni del P. Costanzo Porta, e molti esempj di canto fermo fugato
del Palestrina: fa a questi delle note per ispiegarli, e vi fa precedere
una breve esposizione delle regole di contrappunto. Nel secondo _Saggio_
dà delle regole della fuga e del canone con alcuni pezzi fugati nel
genere madrigalesco, e sacri e profani a due dapprima sino ad otto voci,
alle volte col basso continuo, e con alcune sue annotazioni. Ciò che vi
ha più a lodarsi è senza dubbio la scelta degli esempj estratti da'
migliori maestri, e che danno bene a conoscere il genere di lor
composizione: tranne questo, secondo l'attuale stato della musica,
quest'opera ci sembra d'altronde di un assai mediocre profitto. In
fatti, rapporto al contrappunto sul canto fermo, gli esempj citati dal
Martini, sono scritti sopra un sistema di tonalità che non è più
conforme alla maniera di sentire de' nostri giorni, e che per
conseguenza non può essere trattato con successo; riguardo a' pezzi
fugati, sono piuttosto de' _ricercari_ anzichè delle fughe propriamente
dette, e per conseguenza anche di poca utilità. In quanto al testo, di
cui il Martini accompagna siffatti modelli, troppo ristrette ne sono le
introduzioni, e perciò inutili a' principianti, che non le capiscono, ed
a' maestri, che debbono saperne più di quel che esse contengono. Le
digressioni, in cui si spazia fuor di cammino il comentatore, nulla
hanno che ne faccia sopportar la lunghezza, e si potrà da tutto ciò
inferirne soltanto, che il maggior merito dell'A. in quest'opera, si è
di aver dato a divedere ch'egli conosceva perfettamente l'antichità
italiana, cioè la migliore scuola de' secoli 16, e 17; e che per la
buona scelta de' capi d'opera quivi recati in esempio, è giunto a farla
egli stesso apprezzare al suo lettore. Si sa, che il dotto Eximeno
levossi contro a questi Saggi del Martini con una ben ragionata critica,
sebbene come confessa egli stesso, _lascio scorrer la penna con qualche
amarezza_, che non meritava quell'uomo di singolare dolcezza, e che non
ne trasse altra vendetta se non di mostrarglisi bramoso della sua
amicizia, e di riporre il di lui ritratto nella galleria da lui formata
de' più valenti scrittori, _cosa, che quasi mi levò di senno_, scrive lo
stesso Eximeno, _ed avrei voluto gettare al fuoco la penna, anzichè
lasciarla trascorrere a nessun tratto, che potesse amareggiare un uomo,
che tanta dolcezza d'animo univa a tanto sapere_. (_Lett. del 1785 al P.
Lavalle_). La _Storia della musica_ del P. Martini in tre vol. in 4.º
merita del pari elogj e censure: quest'opera dà veramente ad ammirare
una lettura immensa, una gran profondità di sapere, una prodigiosa
erudizione, ed un'eccellente pratica: ella è una vasta collezione di
memorie scritte con purità di lingua, e con qualche interesse; ma non vi
ha un oggetto fisso, un piano, un buon metodo, nè ombra di giudizio e di
critica. Egli si era proposto di compirla in cinque volumi: non sorpassa
frattanto l'epoca de' greci nei tre tomi che ne abbiamo, e continuando a
quel modo, non glie ne sarebbero bastati trenta e più ancora. Nella mira
di proseguire le sue fatiche egli aveva adunato un'enorme quantità di
materiali. Possedeva la gran biblioteca musicale del Bottrigari
contenente opere assai rare: la generosità del Farinelli gli somministrò
de' fondi considerevoli, e lo pose in istato di procacciarsi tutti gli
immaginabili materiali. Benedetto XIV con suo rescritto concesse al
Martini il poter estrarre que' libri dalla Biblioteca, de' quali
abbisognava: l'Imperatrice M. Teresa, il re di Portogallo, il Principe
Abate Gerbert lo provvidero in gran copia de' più rari manoscritti.
Questi materiali riuniti formavano una biblioteca di oltre a 17 mille
volumi, trecento de' quali erano MSS, essi occupavano quattro grandi
stanze: nella prima erano i manoscritti, nella seconda e terza le opere
in istampa, e nell'ultima le Opere di musica pratica dal rinnovamento
della medesima sino al suo tempo. Oltre alle opere già riferite del
Martini vi ha ancora di lui: _Lettera all'ab. Passeri sulla musica degli
Etruschi_, 1772; nel 2º vol. delle Opere di Doni in Firenze 1763,
_Onomasticum seu synopsis musicarum Græcarum atque obscuriorum vocum_
etc. Molti _articoli di musica_ inseriti in più Giornali italiani, e
alcune di lui _Lettere_ pubblicate nelle Memorie di sua vita dal P.
della Valle, Napoli 1785; ed oltracciò lasciò egli: _Commercio
letterario con diversi sopra questioni dell'arte: Giudizio di un nuovo
sistema di solfeggio comunicatogli circa 1745 dal Sig. Flavio Chigi
Sanese_. La dolcezza, la semplicità, e la modestia che formavano il
carattere del P. Martini, la premura ch'egli si dava di comunicare a chi
ne lo chiedeva, i tesori di scienza e di erudizione, ch'egli possedeva,
gli conciliarono la venerazione e la stima universale. Tutti coloro, cui
l'amor delle arti conduceva in Italia, venivano a visitarlo in Bologna,
e tornavano pieni di sentimenti d'ammirazione e di riconoscenza. Ebbe
non pertanto quivi stesso de' malevoli ed anche del numero de' suoi
allievi medesimi, che, come se ne lagna egli stesso in una lettera al
Sabbatini, tale guerra gli mossero che “levossi affatto dall'Accad. de'
Filarmonici per una delle loro solite insolenze fattagli” (_Gennaro
1782_). Questo valentuomo cessò finalmente di vivere, d'una idropisia di
petto a 23 agosto del 1784, in età di 78 anni. _G. B. Moreschi_ pubblicò
un'orazione in sua lode recitata nell'accad. de' Fervidi, Bologna 1786,
e il _P. della Valle_ le Memorie della sua vita, Napoli in 8vo 1785. Di
alcuni canoni berneschi del Martini lepidi e dotti leggasi il _Carpani_
letter. 6, p. 113.
MARTINI (Giov. Paolo), nato a Freystatt nel Palatinato, passò nel 1757
all'università di Friburgo per istudiarvi filosofia, dopo di avere
appreso la lingua latina e la musica. Portossi quindi in Francia, e
fermatosi a Nancy il suo talento per la musica e la franchezza del suo
carattere gli fecero molti amici, che presero particolar cura di lui.
Quivi applicossi mercè la meditazione, e i libri classici de' tedeschi
sulla composizione a perfezionarsi nella sua arte. Sotto la direzione di
M. Dupont costruttore di organi ebbe la fortuna di aver parte alla
costruzione dell'organo della chiesa primaziale di Nancy, di 50
registri, dalla prima disposizione de' materiali sino al compimento
totale del medesimo: ecco quel che gli somministrò l'idea della sua
opera intitolata _École d'orgue_, a Paris 1804. Ella è divisa in tre
parti, ed ha per iscopo di propagare i talenti degli organisti dietro i
sistemi de' più celebri tra costoro dell'Italia e dell'Allemagna; con
tanto più di ragione in quanto quest'istromento richiede molta scienza
musicale e contribuisce maggiormente a render musica un'intera nazione.
M. Martini, dopo una lunga esperienza e i giornalieri esempj, sostiene
che l'esecuzione ed il sentire i capi d'opera della musica di chiesa,
possono soli formare de' compositori, de' cantanti e delle voci. Nel
1764 egli venne a stabilirsi in Parigi e vi compose una solenne messa a
grande orchestra, ch'egli stesso riguarda come una delle migliori sue
opere per lo stile, e che si è eseguita per più anni a Vienna per la
festività di S. Stefano patrono di quella cattedrale. Entrò quindi come
direttore di musica al servigio del principe di Condé, e ne perdette gli
onorarj nella funesta rivoluzione del 1789. Nell'erezione del
Conservatorio fu egli uno de' cinque ispettori di quella scuola, ed ha
composta molta musica sì per chiesa, che per teatro applauditissima in
Francia. Egli è il primo che abbia introdotto l'uso di ridurre la musica
di più parti a due sole di violino e basso per il forte-piano, il che ne
rende più facile e l'esecuzione e l'acquisto, e contribuisce vie più a
diffondere il gusto della musica nelle famiglie, e a dilatarne il
commercio, che oggidì ne fa uno de' suoi rami principali; ed in ciò è
stato egli imitato in tutta l'Europa. Martini diè ancora al pubblico nel
1790, _La Mélopée Moderne_.
MARZIO (Giac. Federico), maestro di musica a Erlang, nel 1786 pubblicò a
Norimberga _Taschenbuch etc._ o _Manuale per gli amatori di musica
dell'uno e l'altro sesso_. Nell'introduzione egli promette di dare in
ciascun semestre una collezione di arie, minuetti, wals e di altri pezzi
per forte-piano: ed un'altra di brevi dissertazioni su varii oggetti di
musica, di biografie e aneddoti di musici, di lettere ec.
MASCARDIO (Guglielmo) viveva in Italia circa 1400. _Bendemaldo_ in un
manoscritto del suo comento al libro di Muris, che si conserva nella
libreria del P. Martini, fa di costui menzione come di un musico di
grido a' suoi tempi, ma le cui opere sono state avvolte insieme con
tanti altri depositi delle umane cognizioni nella irreparabile
dimenticanza dei secoli. _V. Arteaga T. 1._
MASSON, maestro di cappella in Francia sulla fine del sec. 17, di cui
abbiamo: _Nouveau Traité des regles pour la composition de la musique_,
1699, 2 ediz. in 8vo. Quest'opera veniva riguardata come classica
all'epoca, in cui non vi era in Francia verun trattato ragionevole sulla
composizione, quindi ebbe molte edizioni, di cui la quarta è del 1738.
MATTEI (Stanislao), nato in Bologna nel 1750 da un artigiano, dopo di
avere studiato la lingua latina e la geometria, entrò in età di 15 anni
nell'ordine de' conventuali, e dal 1767 sino al 1784 applicossi alla
composizione sotto la direzione del dotto P. Martini. Sin dal 1772, era
stato nominato di lui successore nella cappella di S. Francesco in
Bologna, e ne esercitò le funzioni dopo il 1784, epoca della morte del
suo precettore, sino alla soppressione del suo convento nel 1798.
Divenuto prete secolare, fu scelto nel 1805 maestro di contrappunto
della Società Filarmonica di Bologna. Tutte le composizioni del Mattei
sono per chiesa senza stromenti, sullo stile del Martini. Costui morendo
lasciò al Mattei molti materiali per compire la Storia della musica, e
già ne aveva terminato il quarto volume sulla musica degli Etruschi,
allorchè ne fu impedita la pubblicazione per i disastri politici
sopraggiunti in Italia. Puossene leggere un Saggio nelle Memorie del
Martini (_pag. 38 e seg._). Nel 1786, trovandosi in Roma il Mattei, gli
venne offerta la cappella di Loreto e quella di Padova, ch'egli ricusò
non potendo rinunziar quella di Bologna: in Torino scrisse una solenne
messa per il giorno di S. Francesco, che piacque moltissimo. Quest'abile
professore dal 1784 sino al giorno d'oggi conta circa 150 allievi.
MATTEI (Saverio), letterato di gran merito ed avvocato in Napoli, ha
reso molti importanti servigj alla musica con le sue dotte opere, e con
la sua poetica traduzione eziandio de' salmi imitando perfettamente la
dolcezza e la fluidità della poesia lirica del suo intimo amico il gran
Metastasio. Alla sua versione de' Salmi pubblicata in Padova nel 1780,
in 8 volumi fa egli precedere delle _Dissertazioni_, alcune delle quali
debbonsi a giusto titolo quì annoverare. Nel 1º vol. _Della musica
antica, e della necessità delle notizie alla musica appartenenti, per
ben intendere e tradurre i salmi_. Nel 2º vol. _Salmodia degli Ebrei_.
Nel 5º vol. _La filosofia della musica, o sia la musica de' salmi_, che
Metastasio chiama dottissima. In questa si lagna a ragione il Mattei di
non esservi tra' moderni, come non vi è stata per l'innanzi, una buona
scuola di musica. “S'insegna a' giovani il contrappunto, egli dice, e
questo si crede bastare a fare un gran maestro di cappella: il
contrappunto in musica corrisponde alle concordanze, e il saperle giova
per non fare errori piuttosto. Ma non ci è chi insegni la _Rettorica_ e
la _Poetica_ (dirò così) della musica, e restiamo solo nella Grammatica.
Alla _rettorica_ della musica apparterrebbe l'insegnare a' giovani, che
ogni sinfonia, ogni aria, ogni composizione costi delle sue parti: che
vi ha da essere il _proemio_, e questo dee trarsi _ex visceribus causa_;
che sussiegue la _proposizione e divisione de' punti_, o sia de' motivi
principali, che poi si dilateranno nel corso del componimento; che
questa dilatazione de' motivi forma la _narrazione_: che indi ne viene
una specie d'_Argomentazione_, o sien conseguenze, che da quella
deduconsi, cioè i passaggi da un tuono all'altro, le proposte e le
risposte, e un certo contrasto fra gli stromenti; che poi riunendosi
formano l'epilogo di tutto il componimento. Alla _poetica_ della musica
apparterrebbe insegnare a' giovani le diversità degli stili, _il tenue_,
_il mediocre_, _il sublime_, e fare osservare, come i migliori scrittori
si son serviti in diverse maniere di essi stili: che il _Sublime del
Sassone_, per esempio non è il sublime del _Jommelli e del Piccini_, e
che in quel primo ci è un'epica maestà, gravità, sobrietà, e saviezza
simile allo stile dell'Eneide di Virgilio, niente ci manca, niente
soverchia, e scorre qual fiume reale, che non altera il corso. Nel
_Jommelli_ ci è un fuoco, una fantasia lirica simile allo stile delle
odi d'Orazio, anzi di Pindaro: scorre qual impetuoso torrente, che
allaga i campi, e seco porta tutto nel mare: maraviglioso nell'uscite
inaspettate, improvvise, e veramente Pindariche: nuovo nell'invenzione
de' motivi, nuovo nell'esprimerli, nuovo nell'union delle parti. Nel
_Piccini_ all'incontro, come era nel _Pergolesi_ la sublimità non va mai
disgiunta dall'amenità, e dalla venustà. Qual è il miglior di costoro?
Ecco lo spirito di pedante. Tutti son ottimi nel lor genere: e bisogna
lasciar andare i giovani per quella via, ove il genio e la natura gli
guida, e non ridurli a forza di servile imitazione ad esser attaccati
più a questo, che a quello.” Nell'ottavo volume de' salmi si trova
finalmente un erudito carteggio del Mattei col Metastasio e con
Mons.^r Pau sulla celebre questione della musica de' Greci
dottissimamente da tutti e tre agitata: ma non sono tutte che
congetture, come ne conviene lo stesso Mattei, sostenendo egli la
superiorità dell'antica musica sulla moderna contro di loro. “Le vostre
conghietture, egli scrive, e le mie son tutte egualmente fondate sopra
incerti supposti, e per quanto si vogliano fortificare con riflessioni,
sempre saran conghietture” (_Lett. a Metast. del 1770_). Intorno a tal
questione supera tutti l'ab. Requeno dandone le più convincenti prove
tratte dagli sperimenti, e dal testo medesimo de' greci scrittori di
musica, a cui non giunsero mai tutti coloro che prima di lui avevano
trattato siffatta materia, e che era frattanto l'unica maniera di
pervenire allo scioglimento della questione. Dà in oltre il Mattei de'
migliori rischiaramenti sull'antica musica de' Greci nella
_Dissertazione_ ch'egli scrisse _sul nuovo sistema d'interpetrare i
Tragici Greci_. La malevolezza de' suoi emuli pretese pur nondimeno di
porre in ridicolo questo grand'uomo sulle scene di Napoli, coll'allusivo
dramma burlesco del _Socrate immaginario_, messo in un'assai bella
musica da Paisiello. Negli _Elogj del Metastasio e del Jommelli_ da lui
pubblicati nel 1785, si trova una storia esatta del rinnovamento della
musica, e de' progressi ch'ella ha fatto specialmente nel genere
drammatico mercè i sforzi di quel divino Poeta: e dei compositori di
musica, che dirsi possono alla di lui scuola formati. Vi ha finalmente
pubblicata in Napoli, _Se i maestri di cappella son compresi fra gli
artigiani, probole di Sav. Mattei, in occasione di una tassa di fatiche
domandata dal maestro Cordella_, in 4.º 1784. Forkel ne ha dato
l'estratto nel suo Almanacco di musica del 1789. Mattei è morto in
Napoli nel 1802.
MATTHESON (Giov.), canonico e maestro di cappella della cattedrale di
Hamburgo, è celebratissimo del pari come scrittore e come compositore di
musica. Ebbe egli dal padre suo, che in lui riconobbe delle gran
disposizioni per quest'arte, la più felice educazione. Hanff, Woldag,
Brunmüller, Pretorio e Kerner furono i maestri, ch'egli gli diede, e
all'età di 17 anni compose la sua prima opera per teatro. Strinse egli
poi la più intima unione col cel. Hendel, e molto profittò de' consigli
di questo gran musico. Datosi allo studio delle leggi e delle lingue
inglese, francese, ed italiana divenne soprintendente all'educazione del
figlio dell'ambasciadore d'Inghilterra, e fece con esso diversi viaggi a
Amsterdam, a Lubecca, e a Brunswick: allora fu che cominciò a provare un
grande infiacchimento all'udito, che nello spazio di 30 anni degenerò in
una totale sordità. Nel 1706 quell'ambasciadore il nominò segretario di
legazione. Si capisce appena com'egli badar potesse a tante fatiche
insieme. Insegnava ad un tempo stesso la musica a più di venti scolari,
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