Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - 07

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co' numeri, nè divisi negli strumenti. Tolomeo lo scrittore di Musica ci
ha conservate le serie dei numeri, con cui Archita notò gl'intervalli
dell'ottava ne' tre generi. Il dottissimo ab. _Requeno_ ne ha fatti gli
esperimenti, ed avendo formata e suonata più volte sullo stromento
_Canone_ la serie diatonica di Archita, ne trovò armonici i tetracordi,
e graziose le terze, e le quinte. (_Saggi ec. tom. 1._) Archita si
allontanò da' più antichi Greci: prese la metà, il terzo ed il quarto
della corda armonica, come aveva prescritto Pitagora. Tutti i Greci
anteriori avevano diviso il tuono in quattro parti eguali: egli il
divise in dieci parti: quelli avevano divisa la corda armonica in 48
eguali porzioni: Archita in 120; nell'antica serie i tuoni ed i
semituoni erano eguali; in questa di Archita erano fra loro disuguali.
Questa di lui serie non è in tutto spregevole, come vuol farla credere
Tolomeo. “Paragonando io, dice il surriferito autore, la serie de'
tetracordi di Archita con quella degli antichissimi Greci, osservo che
sono più graziose e sonore le antiche corde di quattro in quattro, che
queste di Archita: ma che prese le corde di otto in otto, sono più
confacenti al nostro moderno fare queste di Archita che quelle de' Greci
più antichi. Ognuno potrà farne la prova, e giudicare da se.” La maniera
con cui questo accurato scrittore le ha sottoposto all'esame
dell'orecchio, è da lui spiegata nel _Saggio pratico delle serie
armoniche_, tom. 2 della dotta sua Opera. La pubblicazione di questo
sistema reso più scientifico da Archita con la scorta del calcolo, lo
rese così plausibile dentro e fuori della Grecia, che fin lo stesso
Dionigio tiranno di Siracusa fu curioso di trattare con uno de' giovani
suoi scolari, non essendogli facile di parlare con Archita, e tra
quelli scelse egli Platone il più favorito de' suoi discepoli.
Aristosseno, al riferire di Ateneo (_Lib. IV. Dipnos._) aveva scritto la
vita di questo Musico-Filosofo. L'istesso Ateneo rapporta in oltre, che
Archita aveva composto un libro intitolato _de Tibia_. Egli fioriva
verso l'anno 430 prima dell'era cristiana.
ARDALO, al riferir di Pausania, fu l'inventore del flauto. Se gli
attribuisce in oltre la maniera di accompagnare il canto e le voci col
suono dei flauti (_V. Plinio sen._). Egli fioriva dieci secoli innanzi
G. C.
ARDORE (Marchese di san Giorgio e principe d') ambasciadore del re di
Napoli in Parigi dal 1767 sino al 1780, era un dilettante assai abile
nella musica. Egli ha pubblicate molte pregevoli cantate. “Il principe
d'Ardore, ambasciadore di Napoli, dice Rousseau, nell'arte di suonar un
preludio sull'organo o 'l clavicembalo ha sorpassati in Francia i due
eccellenti suonatori Claviere e Daquin, per la vivacità dell'invenzione,
e la forza dell'esecuzione in maniera a riscuotere l'ammirazione de'
conoscitori in Parigi.” (_Art. préluder._)
ARIBO, scolastico o maestro di scuola, e monaco dell'ordine di san
Benedetto, alla fine dell'undecimo secolo, scrisse un trattato _della
musica_, che l'ab. Gerbert ha inserito nella sua collezione, t. 1, p.
92. Aribo siegue nel suo trattato i principj di Guido aretino.
ARIONE Musico e Poeta Greco, la cui epoca viene stabilita nella 38
Olimpiade, cioè l'anno 628 prima di G. C. Egli era di Metimno città
dell'isola di Lesbo, che produsse una serie d'uomini di genio, i quali
sorpassarono tutti gli altri musici della Grecia, massimamente nell'arte
di sonare la cetra. (_Plutarc. de Musica._) Ei fu l'inventore del
ditirambo, e segnalossi più che in altro nella Lirica poesia:
accompagnava i suoi versi col suono della sua lira, come allora usavano
di fare tutti gli altri poeti: venne in Sicilia, e vi riportò il premio
in un musicale conflitto. Raccontasi, che guadagnato avendo rilevanti
somme di danaro alla corte di Periandro tiranno di Corinto, avvisossi di
ritornarsene alla patria, ed imbarcossi in una nave corintia, in cui i
marinari congiurarono di gettarlo in mare per dividersi fra loro le sue
ricche spoglie; ma avendo chiesto _Arione_ grazia di sonare alcun poco
la lira, e tentato indarno di placarli colla melodia della sua voce,
precipitossi da se stesso nell'onde, dove un delfino più sensibile della
gente di mare, accolselo sul proprio dorso, e lo trasportò, per quanto
si dice, al promontorio di Tenaro. Eliano riferisce che _Arione_
attestava il fatto in un suo inno, e la statua di questo Poeta-Musico
veniva rappresentata assisa sopra un delfino: narrasi ancora che tornato
egli in Corinto, Periandro aveva posto a morte i perfidi marinari
(_Erodot. l. 1, c. 24._).
ARIOSTI (Attilio) dell'ordine dei serviti, di Bologna, nel 1698 era
maestro di cappella dell'elettrice di Brandeburgo a Berlino, ottimo
suonatore di cembalo. Fu chiamato in Londra nel 1717, e due sue opere in
musica _Coriolano_ e _Lucio Vero_ furon quivi stampate; ma non potè egli
lottar lungamente contro Hendel. Il secondo atto di _Muzio Scevola_,
ch'egli compose nel 1721, ed a cui Hendel fece il terzo, sembra essere
stata l'ultima sua opera ed aver decisa per sempre la superiorità di
Hendel; ma non ne conservò meno tutto il suo credito. Egli viveva ancora
nel 1727, il suo carattere era dolce sommamente, ed amabile; al tempo
del suo primo viaggio a Berlino, diede egli al giovane Hendel delle
lezioni sul clavicembalo, tenendolo su le sue ginocchia per ore intere:
ma siffatte qualità in nulla influirono su le sue composizioni, che sono
molto aride e pesanti.
ARIOSTO (Giov. Batt.) musico bolognese, viveva verso il 1687. Egli è
autore di un _Metodo per suonare il sistro_, dove si trovano alcune
notizie intorno a questo strumento.
ARISTOCLE greco scrittore di musica, di cui fa menzione Ateneo (_in
Dipnos. l. XIV_), e di cui egli dice esservi stati al suo tempo due
libri, uno intitolato _della Musica_, e l'altro _dei Cori_, che oggidì
più non esistono. Ignoriamo l'epoca in cui egli visse.
ARISTOCLIDE, famoso suonatore di flauto e di lira, ai tempi di Serse,
riportò il primo la corona ne' giuochi che celebravansi in Atene.
Fioriva cinque secoli innanzi G. C.
ARISTOSSENO “il più grande ed il più celebre di tutti i scolari di
Aristotile dopo Teofrasto, o piuttosto così grande e così celebre quanto
Teofrasto” (_Meiniers Hist. des scienc. dans la Grèce. tom. 1, a Paris
1812_) nacque a Taranto verso la 114ª Olimpiade 320 anni innanzi G. C.
Egli si diede alla musica ed alla filosofia sotto il regno di Alessandro
il grande, e i di lui primi successori. Ci restano i suoi _Elementi
armonici in tre libri_, ne' quali prendendo quanto era pregevole da'
Pitagorici, ed unendolo al più antico sistema de' Greci, detto _eguale_,
volle fermare i pratici, e gli speculativi pitagorici, questi con gli
sperimenti dell'orecchio, quelli con la ragione. Aristosseno con
l'eccellenza del suo spirito ecclissò la gloria de' suoi maestri,
attaccò il sistema musicale di Pitagora, che voleva sottrarre la musica
dal rapporto dei sensi, per soggettarla al solo giudizio della ragione:
prova che quest'arte essendo fatta principalmente per l'orecchio, a lui
si appartiene il giudicare delle sue produzioni. (_Veggasi una dotta
nota sopra Aristosseno nella Biblioteca critica di Wittenbach, part. 8,
pag. III._) È curiosissimo il tratto conservatoci da Ateneo (_lib. 14_),
con cui in una delle sue opere smarrite ci spiegò la sua maniera di
pensare sullo stato in cui si trovava la musica al suo tempo. “Dacchè i
teatri, diceva Aristosseno, si guastarono con la barbarie, e dacchè
cominciò a farsi distinzione della musica pubblica e della privata: noi
pochi che restiamo amanti dell'antica educazione, ci vediamo obbligati
ad imitare que' Greci, i quali essendo stati fatti prigionieri da'
tireni e da' romani, si radunavano un giorno all'anno nella piazza a far
memoria delle usanze della loro patria, de' dolci loro costumi,
dell'onore dei loro maggiori, delle amabili loro maniere; e
riscaldandosi i cuori e l'immaginazione nell'amore della Grecia
prorompevano in gran pianto, e così si ritiravano alle case loro. Per
tal modo noi pochi rimasti dell'antica educazione rinnoviamo la memoria
di quello, che un tempo era la nostra armonia.” Tali parole manifestano,
non essere stato il secol d'oro dell'antica musica quello del grande
Alessandro, e che da Pitagora esclusivamente in poi l'arte era stata
guastata tra le mani de' filosofi; conservandosi pura ed intatta nelle
pubbliche scuole dei pratici. In queste circostanze Aristosseno
s'impegnò di accreditare l'antico _eguale sistema_, e dichiararsi contro
i pitagorici. Prima di pubblicare Aristosseno questo suo armonico
sistema, scrisse anche un _Trattato su i maestri più celebri nella
Musica_, del quale più volte fa egli menzione ne' libri armonici, che ci
rimangono. Da questi per altro intendiamo, che nessuno degli antichi
maestri aveva scritto di tutta l'arte. Con questa _Storia dei musici
compositori_ Aristosseno volle disingannare i riformatori della vecchia
armonia, facendo veder loro il gran numero di eccellenti compositori,
contro de' quali se la prendevano i pitagorici. Ma ciò non bastò
tuttavia a contenerli; imperocchè appena pubblicò Aristosseno i suoi
_tre libri Armonici_, ch'eglino si scatenarono contro a' medesimi; e
non potendo mordere l'autore, il quale procede in tutto per via di
dimostrazione aristotelica sillogizando, finsero che Aristosseno avesse
diviso il tuono in quattro eguali parti cantabili, talmente che in que'
libri, che ci sono rimasti, si lagna egli, che siagli stato affibbiato
quest'errore, dicendo: “Prima di tutto vogliamo avvertiti i leggitori
dell'errore da molti a noi attribuito, per avere questi creduto che noi
abbiamo insegnato, che il tuono diviso in quattro parti eguali fosse
cantabile; sbaglio che da costoro si è preso per non capire esser cosa
assai diversa il prendere la terza parte del tuono per cantarsi, dal
cantarsi il tuono in tre eguali parti diviso.” Tuttocchè però
Aristosseno facesse così l'apologia di questo creduto errore, _Tolomeo_
l'armonico fra gli antichi, e _Rousseau_ fra' moderni con altri ancora
hanno avuta la bontà, per non dire la mancanza di critica, di attribuire
ad Aristosseno lo stesso errore, e di riprenderlo del creduto fallo: il
che prova, che non si leggono gli autori criticati, o che non
s'intendono, quando si esaminano (_V. Rouss. Dict. de Mus. au mot
Tempérament, p. 500._). Deesi anche avvertire che i tre libri degli
_Elementi Armonici_ di questo autore sono nei manoscritti così
imbrogliati ed oscuri, che _Meursio_ primo editore del greco originale
disperò di poterli riordinare. _Meibomio_ con la sua solita arroganza si
credette in istato di poterlo fare, e pubblicò il greco con la sua
versione, facendoci avvertiti, che ogni libro era sul fine mancante. Ma
egli non si accorse, che gli originali di Aristosseno, da cui tradusse,
erano così viziati e rimescolati di modo dagli ignoranti copisti, che
l'introduzione dell'opera si trova nel secondo libro con la divisione
delle materie, di cui doveva quegli trattare, e nel primo libro si cita
il secondo, a cui Aristosseno si rapporta come a primiero; onde sono
obbligati i lettori a brancolar nelle tenebre, non ostante che l'Autore
riesca chiaro e metodico, unite che sieno bene e a dovere le sue parti.
L'accurato critico _Wallis_ (_Comment. in Ptolom. harmon._) fu il primo
ad avvertire questo disordine, ed il dotto ab. _Requeno_ dà un'idea
chiara e precisa del sistema musicale di Aristosseno. Egli fu l'ultimo
de' musici di gran merito fra i Greci; incominciando dopo di lui il
catalogo de' rinomati _Specolativi_, come avvenir suole in tutte le
arti, già rovinata la loro pratica, o confusa la vera loro idea, per il
vanto di nuove mode, o per la diversità de' sistemi. Nella collezione di
opere inedite tratte dalla Biblioteca di san Marco in Venezia del ch.
ab. _Morelli_, ed ivi pubblicata nel 1795, trovasi ancora _Aristoxeni
rythmicorum elementorum fragmenta gr. ac lat._ in 8º. Il signor
_Meiniers_ (_loc. cit._) dice, che abbiamo di questo Scrittore molto più
di frammenti di quel che comunemente si crede, e che non se ne ha
ricercato finora.
ARISTOTILE figlio di Nicomaco ricco medico di Filippo re della
Macedonia, nacque in Stagira nella 99 Olimpiade, 384 anni innanzi G. C.,
fu discepolo di Platone, e quindi autore di una nuova scuola di
filosofia, detta poi peripatetica. Scrisse _della musica un libro_, ed
alcuni _problemi_ sulla medesima, da politico piuttosto, che da filosofo
o da pratico. Le liti suscitatesi sull'antico sistema de' suoni armonici
erano state accreditate da _Archita_ per la pratica, da _Platone_ per lo
studio della fisica, e da un immenso numero di trattati filosofici
sull'armonia della società, de' costumi, de' colori nella pittura,
sull'armonia delle proporzioni delle statue, degli edifizj, delle leggi,
a segno tale, che i filosofi in quest'epoca, quegli eziandio che non
furono di setta pitagorici; si rendono inintelligibili, se non si sanno
le leggi dei tetracordi, e le altre regole armoniche fondate sopra i
numeri de' musici pitagorici. Dall'altro canto i _Pratici_ seguaci del
sistema contrario a quello di Pitagora riempivano di diletto gli
ascoltatori ne' tempj, ne' conviti, e nei pubblici giuochi. Aristotele,
che non voleva discreditarsi co' filosofi, nè rovinare con la sua
autorità il credito e l'utilità della musicale educazione; desideroso
eziandio, scrivendo di tutto, di non lasciare intatta l'arte musicale,
pubblicò un _libro_ e certi _problemi_ pieni di metafisica, e di
dettagli sopra le consonanze, in cui egli mostrava di non essere
ignorante delle teorie di questa bell'arte, ma non si dichiarava per
alcun partito; libro e problemi inutili al ristabilimento dell'antica
armonia. Noi più non abbiamo il _Trattato della musica_ di questo gran
filosofo, non ce ne rimane che un solo frammento conservatoci da
_Plutarco_ nel suo _Dialogo sulla Musica_. “L'armonia, dice ivi
Aristotile, è celeste; la natura ne è divina, piena di una bellezza che
rapisce l'anima, e l'innalza sulla sua condizione. Divisibile
naturalmente in quattro parti, ha ella due medj, l'uno aritmetico,
l'altro armonico. Le sue parti, la loro grandezza e l'eccesso con cui
l'una sorpassa l'altra, o ne è sorpassata, si esprimono con numeri, ed
hanno un'egualtà di misura: inperocchè i canti si raggirano e sono
compresi nell'estensione di due tetracordi.” Kirchero dice, che nella
Biblioteca del Collegio romano aveva egli trovato fra gli antichi
armonici anche il _libro della musica_ di Aristotele, ma il Fabricio è
di parere, ch'egli dinotar voglia più tosto il di lui libro _De auditu_,
ossia dell'_Acustica_, conservatoci da Porfirio ne' suoi _Comenti su gli
armonici di Tolomeo_; e che il dotto Wallis tradusse in latino (_Tom. 3.
Op. Mathem. Oxon. 1699._) Aldobrandini celebre letterato italiano vi
scrisse un dotto comentario. I _Problemi_ poi di Aristotele di musicale
argomento sono compresi in diciannove sezioni: e nella sua _Poetica_
tanto celebre parla ancora diffusamente della Musica, come può vedersi
nell'erudito e ben ragionato _estratto_, che ne ha dato al pubblico
l'illustre ab. Metastasio (_V. Tom. 13 delle di lui op. ediz. di
Napoli_).
ARNAUD (Francesco d') abbate di Grandchamp, dell'Accademia francese e
delle Iscrizioni, nato ad Aubignan presso Carpentras da un maestro di
musica, morì in Parigi li 2 decembre del 1784. Abbiamo di lui alcune
_Memorie_ lette all'Accademia sopra alcune questioni relative all'antica
musica. Egli riguardava i greci, come quelli che formavano un popolo a
parte, riunendo alla forza del genio ed alla vivacità dell'immaginazione
una squisita sensibilità. L'ab. Arnaud scorgeva tra la lingua, tra le
arti della Grecia, i suoi costumi, le sue leggi, la sua filosofia, una
catena che univa tra loro tutti questi oggetti, e che è stata rotta
dagli altri popoli. Abbiamo in oltre di lui _Lettre au Comte de Caylus
sur la musique_, a Paris 1754, in 8º. Lo spagnuolo Arteaga l'ha inserita
per intero nell'ultimo tomo della sua storia delle rivoluzioni. “Questa
lettera, egli dice, può chiamarsi un capo d'opera nel suo genere per le
eccellenti riflessioni, e per le viste utilissime che racchiude
concernenti la filosofia della musica, e delle arti rappresentative.
Essa contiene l'idea di un'Opera da eseguirsi intorno alla musica, ma
che per isventura della filosofia e del buon gusto non è stata finora
intrapresa. Essendo la suddetta lettera divenuta rarissima anche in
Francia ho creduto di non poter meglio terminare l'opera mia, che
dandola tradotta a' lettori italiani, e corredata d'alcune mie note a
maggior illustrazione dell'argomento... L'autore non è men rispettabile
per la sua filosofia, che per la sua critica e la sua erudizione.”
L'ab. Arnaud vi annunziò il suo entusiasmo per un'arte, che formò le
delizie della sua vita. Appassionato ammiratore di _Gluck_, egli diceva,
che il dolore antico era stato ritrovato da questo celebre musico; al
che l'ambasciadore di Napoli graziosamente rispose, che in quanto a se
amava meglio il piacere moderno. Arnaud, sopracchiamato _il
gran-pontefice dei Gluckisti_, dichiarò la guerra a _Marmontel_
partigiano di Piccini; e l'uno e l'altro la sostennero con degli
epigrammi. Egli aveva studiate le arti da filosofo, ne sentiva le
bellezze da uomo appassionato, vivamente commosso da tutto quello,
ch'era grande, semplice e vero; lodava gli artisti veramente degni di
questo nome con entusiasmo che sapeva farne parte agli altri. Il talento
nascente non aveva che a comparire a' suoi occhi per essere incoraggito
e fatto subitamente conoscere. Il giorno, che lo aveva scoperto era per
lui un giorno di allegrezza: egli ne parlava continuamente a tutto il
mondo, come si parla di una felicità, di cui si è ripieno; e l'artista
ancora oscuro, rimaneva sorpreso di una gloria così pronta, che doveva
ad un sol uomo. Egli piaceva agli artisti, perchè parlava loro piuttosto
degli effetti, che dei mezzi dell'arte loro: voleva accendere, sovvenire
al loro genio, e non guidarlo o prescrivergli delle leggi: così hanno
eglino confessato sovente, che la di lui conversazione accendeva il loro
entusiasmo, sollevava le loro idee troppo spesso impicciolite o
ristrette dagli giudizj e dal gusto degli amatori. I più celebri artisti
hanno compianto la sua perdita. Le di lui _Opere compite_ sono state
recentemente stampate in Parigi in 4 volumi in 8.º l'anno 1809, ove si
trova eziandio un'interessante _Memoria su la lira di Mercurio_.
ARNE (Tomm. Agostino) dottore di Musica e compositore in Londra nel
1730, e ne' seguenti anni, è autore delle migliori opere inglesi. Egli
aveva dell'invenzione, della grazia e dell'espressione, nè caricava la
sua musica d'inutili ornamenti. Fu il primo ad abolire interamente il
_da capo_ nelle arie. Egli era stato dal padre destinato al foro, ma la
musica avendo per lui maggiore attrattiva dello studio delle leggi,
abbandonò Temi per la musica. Nel 1759, l'università di Oxford lo
proclamò pubblicamente dottore in musica. Oltre a molte sue opere per il
teatro assai pregevoli, vi ha di lui nove libri di canzonette inglesi,
ed il _May-Day_, cioè la _Giornata di maggio_ per canto e piano-forte.
Cessò egli di vivere nel 1778 in età di anni 68. Mad. Arne di lui sposa,
allieva di Geminiani era eccellente cantatrice, e morì verso il 1795.
Suo figlio Michele Arne fu ancora celebre per alcuni drammi da lui posti
in musica, e stampati per suonarsi col cembalo. Egli è morto verso
l'anno 1806.
ARNOLD (Samuele) dottore in musica, compositore della corte del Re
d'Inghilterra, ed organista a Londra; egli era nativo della Germania, ed
uno de' più degni discepoli e successori di Hendel. Vien riputato
universalmente come gran compositore e buon maestro di musica. _La
guariggione di Saulle_, Oratorio, ebbe nel 1767 il più gran successo. I
cori di quest'opera principalmente sono inavanzabili. _La Risurrezione_,
Oratorio eseguito nel 1770, ebbe eziandio uno straordinario incontro.
Egli ha scritto oltre a quaranta opere per il teatro, che si
rappresentano ancora, molti pezzi di musica instrumentale, che si sono
pubblicati per le stampe. Nel 1786, incaricossi della grande, e
magnifica edizione delle opere di Hendel, adattate per il cembalo. Egli
è inoltre autore di un _Dizionario di musica_ in idioma inglese stampato
in Londra 1786.
ARNOT (Ugo), dotto inglese, publicò nel 1679, in 4º _History of
Edinburgh_, ossia _la Storia d'Edimburgo_ ove si trovano moltissimi
curiosi monumenti sulla musica nazionale dei Scozzesi; e l'A. vi fa de'
sforzi per provare che gl'italiani medesimi hanno presa la loro musica
dai scozzesi.
ARTEAGA (Stefano) Exgesuita spagnuolo, era in corrispondenza cogli
uomini li più distinti nelle scienze, nella letteratura e nelle belle
arti: egli stesso possedeva delle vaste cognizioni: scrisse in sua
lingua un _Trattato sul bello ideale_, e dopo l'abolizione della
compagnia stabilitosi in Italia pubblicò in lingua italiana _Le
Rivoluzioni del Teatro musicale italiano dalla sua origine sino al
presente_, Bologna 1783, e Venezia 1785, tom. 3 in 8º. “Quest'opera,
dice l'autore del nuovo _Giornale Enciclopedico di Vicenza_, mantiene
più di quel che promette il suo titolo, che annunzia una storia e non
altro. La storia vi è di fatti: ma non arida e stucchevolmente
ingrossata da ricerche frivole sopra le date e le vite di questo e
quello. Sana critica, libertà, forza di stile, sobria e bene scelta
erudizione, lontana da ogni futilità e pedanteria, sono i caratteri di
quest'opera, in cui rimane solo da desiderare un poco più di correzione
relativamente alla lingua, picciolo neo se si vogliano aver presenti,
come è di dovere, i pregi solidi che la qualificano.” Con franchezza
maestrevole, e con chiarezza filosofica tratta l'autore dell'indole del
Dramma musicale; dell'attitudine della lingua italiana alla musica:
della perdita dell'antica armonia e dei primi ripristinatori di cotesta
scienza applicata al divin culto: del passaggio ch'essa fece dai Tempj
ai teatri, condotta prima dagli stranieri in Italia, indi accoppiata
colla poesia drammatica, difettosa da prima e mal adattata alle leggi
dell'armonia, resa poscia perfezionabile verso il finir del secolo 15;
e della mediocrità della musica teatrale pel corso di lungo tempo
sopportata. Passa quindi al secolo d'oro della musica italiana, sviluppa
i successivi progressi della melodia: ed i più valenti compositori
italiani, le celebri scuole ivi stabilite di canto e di suono passano
successivamente la rassegna sotto la penna rapida dell'ab. Arteaga. Non
trascura di osservar quindi le cagioni dell'attual decadimento della
musica, che egli giustissimamente attribuisce alla mancanza di filosofia
nei compositori, e alla decadenza della buona scuola di musica,
massimamente in Italia. “I _Pratici_ di questa nazione, egli dice, non
hanno considerato finora la musica se non come un affare di puro istinto
e d'abitudine, nè si sono innalzati al di là della sua parte
grammaticale. I _Teorici_ non si sono occupati che di regole,
combinazioni e rapporti fra i suoni; in una parola, della sua parte
matematica o dottrinale. Io senza inoltrarmi in così spinose ricerche ho
creduto di far conoscere la _rettorica_ e la _filosofia_ dell'arte,
quelle parti cioè le più trascurate dai moderni musici, ma le quali io
giudico essere le più essenziali fra tutte, poichè c'insegnano l'uso che
dee farsi de' mezzi particolari ad ottenere nella maggior estensione
possibile il fin generale.” (_Avvertim. pag. IX._) Noi esortiamo i
professori, e gli amatori tutti di questa bell'arte ad avere ricorso a
quest'opera del signor Arteaga per trarre profitto delle vedute
veramente filosofiche, con cui egli tratta questa parte cotanto
interessante della musica. Oltre a questa così eccellente opera altre
ancora ne aveva scritto l'autore, che hanno qualche relazione alla
musica. Il suo manoscritto intitolato: _Del ritmo sonoro, e del ritmo
muto degli antichi_, (dissertazioni VIII) doveva essere un'opera della
più grande utilità: egli mise in contribuzione i più celebri scrittori
dell'antichità, e secondo il parere di più dotti uomini, le sue scoverte
sono assolutamente nuove, e molto essenziali all'arte: egli dà un idea
nuova e precisa di quel che chiamavasi ritmo presso gli antichi. Sono
alquanti anni, che si voleva fare stampare quest'opera a Parma coi
caratteri del famoso Bodoni; ma la rivoluzione impedì che questo
proggetto fosse eseguito. L'ab. Arteaga dopo quest'epoca aveva
accompagnato a Parigi il cav. Azara, ex-ambasciadore di Spagna: egli
affidò la traduzione in francese di così bel manoscritto a Mr.
Granville; ma la sua morte impedì ancora codesta intrapresa, allorchè
era a due terzi della sua esecuzione, a danno e svantaggio della
letteratura. L'ab. Arteaga morì in Parigi nel 1799. Il suo confratello e
compatriota Requeno il chiama a ragione “un elegante ed erudito
scrittore ben noto alla repubblica letteraria per la spiritosa ed
elegante sua storia delle rivoluzioni del teatro musicale italiano”
(_Saggi ec. tom. 2._). Forkel ha tradotta quest'opera in tedesco.
ARTUSI (Giovanni) canonico regolare della congregazione del S.
Salvadore, nato a Bologna nel 16º secolo: studiò le matematiche e
principalmente la parte che riguarda l'armonia. A costui dobbiamo I. un
eccellente _Tratt. del Contrappunto_, libro poco comune, ed in cui non
ostante i progressi che si sono fatti di poi nell'arte aggradevole della
musica trovasi molto per istruirsi: questo fu stampato in Venezia nel
1598 in fol. II. _Ragionamento su l'imperfezione della moderna musica_,
Ven. 1600, 1603, in fol. III. _Considerazioni musicali_, Ven. 1604.

ASHWELL (Tommaso) musico e compositore di Londra, de' tempi di Arrigo
8º, di Eduardo 6º e della regina Maria, verso il 1530. Conservansi
ancora, nella scuola di musica di Oxford, molte delle sue opere (_V.
Hawkins_).
ASIOLI (Bonifacio) nato a Correggio verso il 1760, fu discepolo di
Angelo Morigi da Rimini allievo di Tartini. Asioli è oggidì direttore
del real Conservatorio di Milano, maestro della cappella reale, ed ha
composto un gran numero di capricci, di variazioni, di sonate e di pezzi
in ogni genere per il forte-piano. Sono in oltre assai stimate le di lui
canzoncine, le notturne ed altri pezzi fuggitivi, ma sopra tutto il
superbo Monologo _Piramo e Tisbe_, con accompagnamento di piena
orchestra. Egli è stato tra' primi che si sia provato a porre in musica
sonetti, ottave, stanze di versi endecasillabi, e quegli che più d'ogni
altro vi sia riuscito: difficoltà, che sembrava pressocchè
insormontabile all'Eximeno e all'Arteaga. Nel magazzino di musica di
_Giov. Ricordi_ in Milano vi ha di lui impresso il _Pigmalione_, farsa
in musica, ed il _Ciclope_, cantata a due voci. Tutta questa musica è
briosa, bella espressiva e di un gusto eccellente. Egli pubblicò in
oltre a Milano nel 1811 _Principj elementari di musica addottati dal R.
Conservatorio per le ripetizioni giornaliere degli alunni_, con tre
tavole di esempj, in 8º. Avvengachè vi sia ridondanza anzi che no di tai
libri elementari, non pertanto son essi d'ordinario l'opera di mediocri
maestri, le di cui cognizioni finiscono laddove termina il loro libro, e
che per questa stessa ragione inetti sono a produrre in tal genere un
libro utile. Gli elementi musicali del Signore Asioli, ch'egli ha diviso
in diciotto sole lezioni, hanno, oltre il merito della chiarezza e della
concisione, quello di un metodo analitico e ben ragionato, mercè il
quale vie meglio e con maggior facilità s'imprimono nella memoria de'
ragazzi le prime nozioni di quest'arte. Sarebbe da desiderarsi che dalla
stessa mano maestra e con lo stesso metodo avessimo ancora i principj
della composizione, il che formerebbe un corso compito di
Elementi-musicali per i Conservatorj.
ASIOLI (Luigi) fratello del precedente, e anch'esso maestro di musica,
che da più anni ha fissata in Inghilterra la sua dimora. Il dottor
_Pananti_ nel suo Romanzo poetico, intitolato il _Poeta di teatro_
(Londra 1809, tom. 2.) mette Luigi tra' più dotti precettori della
musica italiana in Londra (_Canto III. stanza 18._) e nelle annotazioni
dice, “ch'ei, scrive molto bene che prende, e rende eminentemente il
senso e 'l carattere della musica e dell'autore” (_pag. 295_). Vi ha di
lui un inno patriotico a Dio in nome dell'Italia, a tre voci, stampato
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